Categoria: Storie

Quando la passione per l'estero diventa un lavoro: Roberta D'Amore racconta il suo tirocinio per traduttori al Parlamento Ue

Rimangono aperte fino alla mezzanotte di lunedi 15 novembre le candidature per sessanta tirocini nella Direzione generale della traduzione del Parlamento europeo. Tre mesi, a partire dal primo aprile, a Lussemburgo, con un rimborso lordo mensile di quasi 1.200 euro, più spese di viaggio e trasferta pagate. Roberta D'Amore, giovane romana con la passione per l'estero e le lingue, ci è (felicemente) già passata e racconta così alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza. Direttamente da Lussemburgo, che l'ha trattenuta anche dopo lo stage.   Ho 26 anni e sono di Roma. Qui ho frequentato il liceo linguistico e poi la Libera Università degli Studi "S. Pio V", dove ho ottenuto la laurea triennale in Mediazione linguistica e culturale e quella specialistica in Interpretariato di conferenza. Durante il triennio ho svolto un Erasmus di sei mesi all'università Humboldt di Berlino, ma non era la mia prima esperienza importante fuori dall'Italia. Dai tredici anni in poi ogni estate ho partecipato a soggiorni-studio all'estero di almeno un mese, organizzati da istituti di lingua o dal mio liceo in Paesi di lingua inglese, tedesca o spagnola. I costi degli studi universitari li hanno coperti in gran parte i miei genitori, ma io ho lavorato per pagarmi le piccole spese: ho dato ripetizioni, fatto l'hostess, ma anche l'interprete e la traduttrice. In particolare l'esperienza in un'agenzia di traduzione a Roma è stata una buona palestra per il tirocinio al Parlamento europeo: ho imparato a usare i programmi di traduzione assistita e a rispettare i tempi stretti di consegna dei lavori. Prima però, altri stage. A fine 2008 ho vinto un bando Mae-Crui e da gennaio ad aprile 2009 ho lavorato all'Istituto di Cultura di Francoforte, in Germania, senza alcun rimborso: la mia università non ne prevedeva. In tutto, tra affitto in un appartamento condiviso e spese varie, lo stage mi è costato circa 1500 euro, 500 al mese. È stata però un'occasione importante: ho collaborato all'organizzazione degli eventi culturali, preparato brochure informative, fornito informazioni alle persone che visitavano l'Istituto. Ho anche fatto l'interprete per vari scrittori e artisti intervenuti durante gli eventi. Proprio uno di questi incontri mi ha portato al secondo stage, sempre a Francoforte: due mesi presso l'Istituto Cervantes, da aprile a giugno, con un rimborso simbolico di 120 euro al mese. Ho di nuovo partecipato all'organizzazione di eventi e in più mi sono occupata della rassegna stampa dei principali quotidiani tedeschi. Infine, da ottobre 2009 a marzo 2010, lo stage nell'unità italiana di traduzione del Parlamento Europeo, a Lussemburgo. Un'esperienza unica, molto formativa, che per la prima volta mi ha fatto sentire davvero partecipe del contesto europeo e mi ha fatto toccare con mano la complicata e affascinante burocrazia che c'è dietro. Lo stage era molto ben strutturato e i rapporti con i due tutor ottimi: sono sempre  stati disposti a dare spiegazioni sulle traduzioni e sulle pratiche d'ufficio. Oltre ai 1070 euro di rimborso base mensile, puntualmente versati sul conto bancario, ho ricevuto un contributo viaggio sull'andata e sul ritorno, 100 euro ciascuno. Durante i sei mesi abbiamo anche partecipato a due missioni, una  a Strasburgo e una a Bruxelles, entrambe retribuite [per il bando attuale sono rispettivamente previsti contributi pari a 170 e 130 euro]. Adesso lavoro ancora a Lussemburgo: ho un contratto annuale presso un'azienda di traduzione, a cui sono arrivata tramite un annuncio web. Esattamente il percorso lavorativo che desideravo, per di più all'estero. Ho il divieto tassativo di rivelare l'entità del mio stipendio, ma posso dire che è lontano dai classici mille euro dei giovani italiani e mi consente di vivere serenamente senza dipendere dalla mia famiglia. Divido l'appartamento con una ragazza estone e mi posso concedere anche la palestra e tutti i corsi di lingua che voglio. La vita a Lussemburgo è più cara rispetto a Roma, ma anche le retribuzioni sono molto più alte. Ed è una città sicura, anche di notte. I miei amici in Italia invece vivono una situazione spiacevole. Sono tutti laureati e la maggior parte di loro è costretta ad accontentarsi di stage per nulla o poco pagati, che raramente offrono prospettive lavorative reali. Il problema è che questo strumento è percepito da aziende ed enti come un'opportunità di sfruttare per pochi spiccioli quanti hanno appena finito l'università, o stanno per farlo. I ragazzi iniziano con le migliori intenzioni, ma poi si sentono presi in giro. Il loro potenziale non è utilizzato. Invece lo stage dovrebbe essere un trampolino di lancio nel mondo del lavoro, specie per i ragazzi con delle capacità, che è poi nell'interesse di ogni azienda tenere. Testo raccolto da Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Stage, ti voglio in tutte le lingue dell'Ue: 60 tirocini da 1200 euro per traduttori al Parlamento europeo. Candidature fino al 15 novembre - Tirocini Schuman, un lettore vince e ringrazia la Repubblica degli Stagisti: «Ho saputo del bando grazie alla vostra Newsletter» - Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?

Valentina Rossi, dallo stage al lavoro in Ferrero il passo (di danza) è stato breve

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Valentina Rossi, oggi dipendente di Ferrero.Sono nata nel 1983 in provincia di Piacenza, a Fiorenzuola d’Arda, dove i miei gestiscono un negozio di abbigliamento. Nella vita ho sempre lavorato: ho cominciato a 18 anni con un mese in fabbrica – ero operaia sulla linea del mais della Conserve italia, il mio compito era controllare un nastro che sigillava le lattine – e non ho più smesso: barista, promoter… In più, avendo fin da bambina studiato danza, nel 2001 ho aperto una scuola amatoriale insieme ad altre due colleghe: la scuola aveva circa 60 allievi, io insegnavo classica e modern-jazz. Per me questo ha rappresentato per anni un lavoretto continuativo, da settembre a giugno. Durante i mesi estivi invece facevo la bagnina, lavorando come responsabile presso una piscina privata ogni anno da aprile a settembre. Risultato? Di vacanze ne ho sempre fatte poche: una settimana ritagliata qua e là, magari qualche weekend. Con la piscina avevo un contratto di collaborazione: lo stipendio dipendeva dalle ore che facevo, più o meno 8,50 euro all’ora il fine settimana e 6,50 durante i feriali. In più a vent’anni avevo il sogno di fare la giornalista, e quindi avevo cominciato a collaborare con la Cronaca di Piacenza: gli articoli me li pagavano poco, forse nemmeno 20 euro l’uno… Ma al di là di quello ho smesso abbastanza in fretta, non era il lavoro che faceva per me.Ho sempre considerato tutti questi piccoli lavoretti come strumenti per gravare il meno possibile sulla famiglia: riuscivo infatti a pagarmi i viaggi in treno per andare all’università, i libri, le serate con gli amici, qualche giornata di shopping. Nel 2004 sono anche stata quattro mesi a Londra: di giorno lavoravo come barista e la sera frequentavo un corso di inglese. Vivevo con altre persone che studiavano e lavoravano come me e con il mio ragazzo di allora. Pagavo 240 sterline al mese di affitto; la scuola mi costava più o meno 150 sterline a settimana.A livello di studi, dopo il diploma al liceo scientifico sperimentale ho frequentato la triennale in Scienze della comunicazione all’università di Modena e Reggio Emilia, presso la sede di Reggio: era appunto l’epoca in cui pensavo di diventare giornalista. Pochi mesi prima di laurearmi ho fatto il mio primo stage: tre mesi alla Parmalat, nel reparto marketing. Ero assegnata al progetto Jeunesse; a parte che non percepivo alcun rimborso spese, purtroppo anche dal punto formativo non sono riuscita ad apprendere quanto avrei voluto, ma la nota positiva è che in quei mesi sono riuscita a capire cosa mi sarebbe piaciuto fare e quali conoscenze mi mancavano per poter lavorare nel marketing di un’azienda del largo consumo. Nell’aprile del 2006 ho preso la laurea triennale e subito mi sono iscritta alla specialistica in Progettazione e gestione della comunicazione d’impresa, sempre a Reggio Emilia. Nel 2008 ho partecipato con due amiche e colleghe universitarie al concorso nazionale Premio marketing organizzato dal SIM [nell'immagine a destra, l'homepage del sito], e a giugno ci è arrivata la bella notizia: ci eravamo classificate tra le prime venti squadre in Italia. Da quel giorno hanno iniziato a chiamarci i master con cui il premio SIM era convenzionato: così durante l’estate ho partecipato alle selezioni per quello in Marketing management del Sole 24 Ore presso la sede di Parma. Passate le selezioni, mi hanno proposto di concorrere all’assegnazione di una delle tre borse di studio – le aziende che proponevano le borse erano Barilla, Siram e Ferrero – mandandomi a fare il colloquio alla Ferrero. Ricordo ancora la data, 29 settembre 2008: ero a Pino Torinese al colloquio, era successo tutto talmente in fretta che mi sentivo catapulatata in una realtà che non mi ero costruita io, quasi irreale. Non che non ne fossi contenta – ma ero totalmente annebbiata! All’inizio di ottobre a Milano sono andata a fare la finale del premio Sim, la mia squadra si è classificata seconda, ho ricevuto una telefonata in cui mi hanno comunicato che ero stata presa e che di lì a tre giorni avrei iniziato il master, con la retta interamente pagata dalla Ferrero. Beh… Fantastico no?Ho frequentato il master mentre finivo gli ultimi due esami della specialistica e preparavo la tesi, e alla fine mi sono laureata una settimana dopo la fine del master. Quei mesi sono stati i più belli della mia vita. Mi sono trasferita a Torino a maggio 2009, in una casa trovata all’ultimo momento dove pagavo 600 euro di affitto… troppo! In azienda sono entrata come assistente brand manager di Kinder Cereali e Kinder Maxi: all’inizio non è stato facile capire dove ero finita, cosa dovevo fare, qui si viaggia alla velocità della luce, tutti lavorano a ritmi supersonici. La fase iniziale di assestamento è stata un pò traumatica ma appassionante: sono stata da subito coinvolta in ogni aspetto del business, dalle analisi di dati – quotidiane ed alla base di ogni ragionamento di marketing – alla comunicazione, dagli aspetti economici all’organizzazione di attività sui punti vendita… I sei mesi sono volati: un’esperienza lavorativa e di vita che mi ha fatto maturare, rendendomi molto più consapevole di me, dei miei limiti e delle mie capacità. L’ansia della fine dello stage si è trasformata in felicità quando mi hanno proposto di restare in azienda con un contratto di inserimento di quattro anni e uno stipendio di circa 1400 euro al mese, che mi permette di essere completamente autonoma. Ora vivo in una casa più grande insieme a un’amica e collega; a Torino mi trovo bene, non mi manca Fiorenzuola, ma la mia famiglia e i miei amici sì… e anche la danza! Sono consapevole di essere stata fortunata: a tanti miei coetanei non viene nemmeno riconosciuto un rimborso spese, le aziende cambiano stagisti ogni 6 o 12 mesi, a rotazione, sfruttandoli per poi lasciarli a casa. In Ferrero la musica è ben diversa: gli stagisti che entrano sono pochi e, se dimostrano di valere, hanno la prospettiva concreta di ottenere un posto di lavoro. Per me è stato così; l’impegno richiesto è tanto ma io ho passione per quello che faccio e non mi pesano le ore di lavoro. Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo e questo è stimolante, in più l’azienda mi dà davvero la possibilità di realizzare le mie idee se sono buone e questo è importantissimo e non così scontato da trovare. Penso che si debba essere sempre umili e pronti ad assorbire tutto il meglio dai colleghi: anche una volta assunti si può sempre imparare… anche dallo stagista appena entrato! testo raccolto da Eleonora VoltolinaE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Davide Villa: «Sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo hanno capito»- Francesca Gerli: «Che fortuna: subito dopo la laurea ho trovato in Dompé uno stage da 700 euro al mese, e poi sono stata assunta»- Biagio Bove: «In piena crisi, uno stage per crescere e ripartire. E oggi alla M&G ho un contratto da 24mila euro all'anno»- Francesco Giordano: «Da subito avevo intuito che quello in Everis sarebbe stato uno stage diverso. E così è stato»- Chiara Chino: «Tre giorni dopo la laurea ho cominciato lo stage in Ferrero. E tre giorni dopo la fine dello stage sono stata assunta»- Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

La testimonianza di Francesca Esposito: «Ho interrotto il mio praticantato presso l'Inps perchè non mi davano un euro»

Non solo agli stagisti è dedicato il servizio di Help. Lo aveva ben chiaro Francesca Esposito quando ha inviato alla redazione la sua email, che più che una richiesta di aiuto sembrava un grido di battaglia.«Vi scrivo per segnalarvi le irregolarità relative al praticantato che svolgo presso l'ufficio legale dell'Inps» esordisce Francesca [nella foto a destra], che nel cv ha una laurea in Giurisprudenza all'università di Lecce conseguita nel 2006, 18 mesi di master in studi europei in Germania finanziato dalla Regione Puglia, uno stage presso la Corte di giustizia di Lussemburgo e la conoscenza certificata di quattro lingue. Ad aprile del 2009 decide, «a malincuore, perchè già sapevo che sarebbero stati due anni di sfruttamento», di iniziare il praticantato forense. Dapprima in uno studio importante di Firenze, «solita storia del compenso pari all'apporto professionale, che tradotto significa zero euro». Così decide di partecipare al bando Inps e viene presa: dal 14 settembre del 2009 entra come praticante, insieme ad altri cinque giovani, nell'ufficio legale Inps di Lecce. I sei  vengono subito messi al lavoro: «Partecipiamo ad un numero di udienze quattro volte superiore a quello richiesto dall'Ordine per la compilazione semestrale del libretto di pratica, scriviamo tantissimi atti e svolgiamo ricerche… L'Inps ha deciso di utilizzare, per la prima volta, dei praticanti per far fronte alla mole del contenzioso». Del gruppetto di praticanti Francesca è la più combattiva, e già dall'inizio del 2010 comincia a premere perché sia riconosciuto a lei e ai suoi colleghi non solo il rimborso delle spese quotidianamente sostenute per svolgere la pratica, ma anche quel famoso «compenso» previsto dal codice deontologico forense. A maggio Francesca elabora e indirizza al coordinatore regionale dell'Inps Franco Monaco - e per conoscenza agli avvocati dell'ufficio: Salvatore Graziuso, Giuseppe Maggio e Maria Teresa Petrucci - una «istanza scritta di rimborso/compenso».  Il documento è firmato da tutti e sei i praticanti dell'Avvocatura distrettuale Inps di Lecce: «Premesso» vi si legge «che i sottoscritti collaborano in maniera significativa alla gestione del contenzioso legale; che si recano in Tribunale, al fine di partecipare alle udienze e di svolgere attività di cancelleria, con i propri mezzi; che permangono nella sede dell’Istituto anche durante l’orario della pausa pranzo, sopportandone i relativi costi; che i costi per svolgere tali attività (tra cui benzina, parcheggio auto, ricariche telefoniche, pasti) sono ad esclusivo carico dei sottoscritti» e sopratutto «che ai sensi del I comma dell’art. 26 del Codice deontologico forense “L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto”», premesso insomma tutto questo, i praticanti chiedono che venga loro riconosciuto «un rimborso per le spese sostenute e da sostenere ed inoltre un compenso proporzionato all’apporto professionale offerto». Specificando: «non per sole ragioni economiche, ma anche come gratificazione per il fondamentale contributo prestato». Nell'istanza si dice senza troppi giri di parole che questi soldi Francesca e i suoi colleghi se li meriterebbero ampiamente: «Come evidenziato più volte dagli stessi avvocati, i sottoscritti, in considerazione dell’enorme mole del contenzioso legale e del numero esiguo di avvocati in organico presso questa avvocatura distrettuale, apportano un significativo contributo in termini quantitativi e qualitativi». In più alcuni di loro sono già anche abilitati al patrocinio legale, e possono quindi già assistere i clienti nelle cause di valore non superiore a 25mila euro. Ma l'istanza cade letteralmente nel vuoto, e per due mesi Francesca non riceve risposta. Fino a che decide di chiamare direttamente a Roma: «Ma l'avvocato responsabile disse che nessuno ci aveva puntato la pistola alla tempia per fare questo tipo di pratica, e che avremmo potuto invocare non solo il Codice deontologico, ma finanche la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: dall'Inps non avremmo ottenuto un centesimo». A questo punto Francesca decide di attuare una controffensiva e di rifiutarsi, da quel momento in poi, di sostenere spese o effettuare lavoro extra. Il 10 luglio invia una email agli avvocati del suo ufficio e ai colleghi praticanti, riportando ampi stralci del libro «La Repubblica degli stagisti - Come non farsi sfruttare» e chiudendo così: «Sono cosciente che purtroppo non cambierà nulla, ma allo stesso tempo sono felice di aver detto tanti no… NO all’acquisto di una nuova chiavetta usb solo perché i computer non erano collegati ad una stampante. NO alle pause pranzo in ufficio in mancanza di buoni pasto. NO alle corse in Tribunale per le urgenze con la mia auto, la mia benzina. Se non riusciamo a tutelare i nostri diritti, come possiamo pretendere di tutelare quelli dei nostri futuri ed eventuali clienti?».A sorpresa, il «dominus» di Francesca inoltra l'email a Roma e finalmente scoppia un piccolo terremoto. Francesco Miscioscia, direttore dell'ufficio Inps di Lecce, convoca i praticanti nel suo ufficio: è la prima volta che ci parla faccia a faccia. L'esordio è sulla difensiva: il rimborso ai praticanti non viene erogato, dice Miscioscia, perchè almeno fino a dicembre 2010 l'Inps non ha fondi; e poi la pratica insomma l'hanno fatta tutti (e qui Francesca osserva a margine: «Sì, anche i nostri nonni hanno fatto la guerra, ma non significa che ciò sia giusto!»). Alla fine ringrazia i praticanti per il contributo apportato alla gestione del contenzioso: un grazie, in fondo, non costa nulla.L'epilogo della vicenda? Lo scorso 14 settembre Francesca ha lasciato l'ufficio legale Inps, decidendo di portare altrove a termine gli ultimi sette mesi di praticantato: «Con un preavviso di pochi giorni ho comunicato la mia volontà di svolgere la pratica presso uno studio privato, perché non potevo accettare di lavorare ulteriormente per un ente pubblico senza ricevere alcun rimborso o compenso. Il giorno dopo è stato pubblicato, a livello nazionale, un bando per avvocati domiciliatari e/o sostituti d'udienza». All'inizio di ottobre ha sostenuto l'esame per il patrocinio legale, e a giorni usciranno i risultati: se tutto va bene presto dovrà prestare giuramento. Dei dodici mesi passati all'Inps le rimane però l'amaro in bocca: «È inaccettabile che un ente pubblico che vigila sul lavoro nero non sia in grado di offrire delle condizioni accettabili ai propri praticanti legali».Eleonora VoltolinaPer saperne di più, leggi anche:- L'Inps viola il codice deontologico forense, non paga i suoi 75 praticanti avvocati e ne cerca altri 400. Ed è in buona compagniaE anche:- Da grande voglio fare l'avvocato - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti- «Praticanti, ora la retribuzione è obbligatoria: ma è giusto non fissare un minimo» - Intervista al presidente dei giovani avvocati

Davide Villa: «Sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo hanno capito»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Davide Villa, oggi dipendente di Dompé FarmaceuticiSono nato a Milano nel 1984 e il primo stage della mia vita l’ho fatto a 17 anni, nell’estate tra la 3ª e la 4ª superiore: si trattava di un’esperienza scuola-lavoro di un mese presso l’ufficio fornitori della Air Liquide, organizzata dall’istituto tecnico Schiaparelli – Gramsci. Anche grazie a questa esperienza ho capito che il lavoro di ragioniere non era quello che avrei voluto fare nella mia vita… e quindi nel 2003, dopo la maturità, mi sono iscritto all’università. Non a Milano bensì a Pavia: primo perché offriva un corso di laurea che mi interessava – Economia e strategie di mercato – e che non era presente nelle offerte didattiche delle facoltà di economia milanesi, e poi perché ero curioso di andare a studiare in una città diversa, pur da pendolare (il tragitto con il treno dura circa mezz’ora). Ho concluso la specialistica nel luglio 2009, giusto in concomitanza col mio 25esimo compleanno.L’università arricchisce non solo a livello tecnico ma anche umano: io ho avuto modo di scambiare opinioni ed idee con molti studenti e docenti, e penso che questo sia stato possibile anche grazie alla dimensione relativamente modesta della facoltà, rispetto a quelle di grandi città come Milano. La sensazione era di trovarmi in mezzo a persone “con il mio stesso destino”, ma senza per questo essere in conflitto o in competizione: temo che sia difficile ritrovare queste sensazioni nel mondo del lavoro!Durante l’università, per pagarmi le piccole spese, ho fatto dei lavori part-time tipici degli studenti: call center, data entry, riordino di archivi, per un periodo – sfruttando la mia passione per l’informatica – anche  il webmaster per dei siti. Ma la mia priorità è sempre stata lo studio: nel momento in cui mi accorgevo che un lavoro non mi consentiva di dedicare abbastanza tempo ai libri, anche se in compenso avevo delle entrate, lo lasciavo. Quando mi sono classificato per un Erasmus in Danimarca purtroppo avevo quasi finito gli esami: partire avrebbe significato andare fuori corso, senza contare il notevole sforzo economico che avrei dovuto chiedere ai miei genitori, e quindi ho scelto di rinunciare. Nel frattempo – era la primavera del 2009 – avevo iniziato il praticantato presso lo studio di un commercialista; ma dopo otto mesi, capito che quella non era la mia strada, ho cominciato a inviare curriculum a destra e a manca alla ricerca di un impiego che rispecchiasse di più le mie passioni e aspettative. Non avrebbe avuto molto senso fare i sacrifici necessari per ottenere l’abilitazione (tre anni di praticantato a 300 euro al mese e un durissimo esame di Stato), se tanto già sapevo che non avrei voluto fare la professione di commercialista. In realtà appena dopo la laurea sognavo un lavoro all’estero, anche di pochi mesi: non avendo fatto l’Erasmus, mi era rimasta la curiosità di provare a vivere in un Paese straniero. Tuttavia la crisi economica globale del 2009 ha azzerato questa possibilità: soprattutto Londra, la mia meta favorita, è stata duramente colpita dalla recessione, con la conseguenza che le aziende hanno bloccato le assunzioni e anche i semplici stage. Ho quindi proseguito la mia ricerca di lavoro in Italia, concentrandomi sugli annunci per il settore del controllo di gestione, e a un certo punto sulla bacheca online del Centro orientamento universitario dell’università di Pavia sono riuscito a trovare un’occasione in Dompé. Ho mandato il curriculum vitae e dopo un mese circa sono stato ricontattato per i classici tre step di selezione: ho fatto il colloquio di gruppo ed individuale con la direzione del personale, dopo qualche settimana il colloquio con quella che sarebbe stata la mia responsabile, e dopo pochi giorni sono stato ricontattato perché che ero stato scelto. Ero al settimo cielo!Lo stage, cominciato nel dicembre del 2009, è andato oltre ogni più rosea aspettativa, sia dal punto di vista economico (800 euro lordi al mese: visti i tempi che corrono non avrei potuto trovare di meglio!), sia soprattutto dal punto di vista formativo. L’attività di controllo di gestione si è rivelata molto interessante: mi sono occupato gradualmente – prima da osservatore, poi in affiancamento, e talvolta in autonomia – di chiusura mensile, analisi dei costi e degli scostamenti tra consuntivo e previsione, analisi per centro di costo, definizione e revisione del budget, reportistica ed analisi ad-hoc, manutenzione e sviluppo di sistemi informativi di gestione, elaborazione ed analisi dei dati. Alla fine dei sei mesi di stage, nella primavera di quest’anno, ho firmato un contratto a tempo determinato di un anno: oggi, a 26 anni, guadagno più o meno 1900 euro lordi al mese.Insomma me è andata bene, ma in Italia purtroppo la maggior parte delle aziende usa lo stage per sfruttare i giovani, che hanno un debole potere contrattuale e non possono fare altro che subire questa situazione. Ed è proprio per questo malcostume che sono utili la Repubblica degli Stagisti e l’iniziativa del Bollino OK Stage, per consentire ai ragazzi di individuare le aziende virtuose che invece usano in maniera corretta lo strumento dello stage, rendendole distinguibili dalle altre. Un’ulteriore mia personale considerazione riguardo le aziende “non virtuose” che usano lo stage come uno strumento di turnover è che esse non hanno una visione di lungo periodo: è vero che c’è un risparmio nel sottopagare una persona proponendole uno stage anziché un contratto, ma in realtà questo saving è solo apparente. Infatti lo stagista verrà affidato a un tutor, cioè un dipendente dell’azienda che userà un’importante parte del proprio tempo per formare il nuovo arrivato, diminuendo la propria produttività. Ciò può trasformarsi in un guadagno per l’azienda solo se lo stagista, una volta terminato il percorso formativo, viene inglobato nell’organizzazione, e si crea in questo modo un circolo virtuoso. Agendo in senso opposto si genera invece un circolo vizioso: il tutor ha sprecato il suo tempo e il calo di produttività non ha generato frutti. Insomma, sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo sanno e agiscono in maniera virtuosa, quand’è che lo capiranno anche le altre?Testo raccolto da Eleonora Voltolina Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Francesca Gerli: «Che fortuna: subito dopo la laurea ho trovato in Dompé uno stage da 700 euro al mese, e poi sono stata assunta»- Biagio Bove: «In piena crisi, uno stage per crescere e ripartire. E oggi alla M&G ho un contratto da 24mila euro all'anno»- Francesco Giordano: «Da subito avevo intuito che quello in Everis sarebbe stato uno stage diverso. E così è stato»- Chiara Chino: «Tre giorni dopo la laurea ho cominciato lo stage in Ferrero. E tre giorni dopo la fine dello stage sono stata assunta»- Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»  

Francesca Gerli: «Che fortuna: subito dopo la laurea ho trovato in Dompé uno stage da 700 euro al mese, e poi sono stata assunta»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Francesca Gerli, oggi dipendente di Dompé Farmaceutici.Mi chiamo Francesca Gerli, ho 25 anni e sono di Como. Mi sono diplomata al liceo scientifico con indirizzo minisperimentale bilingue, inglese e tedesco; fin dai primi anni del liceo sono rimasta colpita dalla passione che mio padre ha sempre messo nella gestione dell’azienda presso cui lavorava e questo mi ha portata ad interessarmi agli studi economici. Così nel 2003 mi sono iscritta alla facoltà di economia dell’università Cattolica di Milano, con indirizzo gestionale; durante il mio percorso universitario non ho fatto Erasmus poichè avevo già avuto la possibilità di rafforzare il mio inglese negli anni delle superiori grazie ad un soggiorno in Irlanda. Un'esperienza di carattere non scolastico bensì sportivo: ero andata infatti per tre estati di fila nei pressi di Dublino, da un cavaliere irlandese, vivendo con sua moglie e i suoi figli e seguendolo tutto il giorno tra gare e lezioni a cavallo – e riuscendo così a conciliare la mia passione per l’equitazione con l'opportunità di imparare l'inglese! Poi nei due anni che hanno preceduto la laurea magistrale ho avuto la possibilità di collaborare alla redazione del business plan mensile in un’impresa tessile nel comasco. Andavo lì saltuariamente, non come stagista ma come «ospite», perché mia madre era una loro dipendente: grazie a questa esperienza ho iniziato a comprendere le dinamiche economico-finanziarie che caratterizzano una realtà aziendale. Sempre più sicura della mia passione per l’economia ho deciso sviluppare la mia tesi analizzando la forte espansione che ha avuto negli ultimi anni un’azienda di valigeria comasca, la Bric’s Spa: in questa occasione ho trovato la massima disponibilità da parte della proprietà, cioè la famiglia Briccola, che mi ha concesso la possibilità di trascorrere qualche giorno in azienda a seconda delle informazioni che avevo necessità di reperire.Una volta laureata, nel luglio del 2009, mi sono subito iscritta alla newsletter della Repubblica degli Stagisti e al gruppo su Facebook. Credo sia un ottimo mezzo di comunicazione e di supporto per approcciare il mondo del lavoro ed evitare le fregature. Così magari certe aziende la smetteranno di sfruttare  i neolaureati invece che formarli! Contemporaneamente ho iniziato ad inviare il mio cv tramite il sito della Cattolica, indirizzandomi principalmente verso gli ambiti della consulenza e del controllo di gestione. Ed è così che dopo tre mesi sono arrivata in Dompè, proprio una delle aziende che partecipano all’iniziativa Bollino OK Stage. Ho fatto i tre step della selezione – colloquio di gruppo, colloquio individuale ed infine il colloquio con il mio futuro responsabile. L’esperienza di stage è iniziata a dicembre: sei mesi nella direzione Controllo di gestione, con un rimborso spese mensile di 700 euro netti più la mensa gratuita.Dopo alcuni giorni di «infarinatura generale» su programmi informatici, struttura aziendale e mansioni da svolgere, sono stata subito coinvolta dalla mia responsabile nelle attività quotidiane della direzione: chiusura mensile, forecasting, budgeting e reportistica… Poco alla volta mi è stata lasciata autonomia nello svolgimento di alcune cose, naturalmente sotto stretta supervisione. È stata un’esperienza formativa dal punto di vista lavorativo e anche personale: mi hanno fatto sempre sentire parte della squadra. Al termine dello stage ho ricevuto la proposta di un contratto a tempo determinato di un anno, con una retribuzione a mio giudizio adeguata: 1.950 euro lordi al mese.Dopo nove mesi trascorsi in Dompè posso dire di essere davvero soddisfatta: se mi confronto con i miei coetanei credo di aver avuto una grande fortuna sia per il contratto che ho avuto sia per l’effettiva possibilità di formazione che questa esperienza mi sta offrendo. Il mio desiderio è quello di continuare a crescere; non nascondo che mi piacerebbe fare un’esperienza all’estero, ma al fine di poter portare in Italia ciò che in altri Paesi sanno fare meglio di noi – insomma il mio futuro professionale lo vedo qui.È davvero un peccato che lo stage venga spesso e volentieri utilizzato dalle aziende per coprire posti temporaneamente vacanti spendendo poco o niente, invece di essere considerato un’investimento per l’azienda stessa e per il futuro del nostro Paese. Non è certo il modo giusto per aiutare i giovani ad affacciarsi con fiducia e passione al mondo del lavoro.Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Biagio Bove: «In piena crisi, uno stage per crescere e ripartire. E oggi alla M&G ho un contratto da 24mila euro all'anno»- Francesco Giordano: «Da subito avevo intuito che quello in Everis sarebbe stato uno stage diverso. E così è stato»- Chiara Chino: «Tre giorni dopo la laurea ho cominciato lo stage in Ferrero. E tre giorni dopo la fine dello stage sono stata assunta»- Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

Da Parigi a Betlemme tra giornalismo ed impegno sociale: Maria Chiara Rioli racconta il suo servizio civile in Israele-Palestina

Dal direttore dell'Unsc ad un'ex volontaria: dopo l'intervista a Leonzio Borea, la testimonianza di Maria Chiara Rioli, attivissima 26enne fresca di ritorno dal suo servizio civile all'estero. Chi vuole presentare domanda per uno dei 20mila posti disponibili nel nuovo bando deve assolutamente affrettarsi: il termine massimo è fissato per le 14:00 di oggi, lunedì 4 ottobre. Sono nata nel 1984 a Modena e ho una laurea specialistica in storia all'università di Bologna. Ho frequentato l'ultimo anno all'interno del programma di doppio diploma italo-francese siglato tra la mia università  e l'Université de Paris VII. Dal settembre 2007 al giugno 2008 ho quindi studiato nella capitale francese e grazie a una convenzione con il Collegio superiore di Bologna - al quale ero stata ammessa per la specialistica - ho frequentato alcuni corsi della Scuola normale superiore. In Francia ho anche scritto la tesi, con tema le commissioni per la verità e la riconciliazione, ambito nel quale avevo già svolto ricerche nella primavera 2006, in Sierra Leone - dove tornavo per la seconda volta dopo un'esperienza di volontariato internazionale. La tesi è anche diventata un libro, pubblicato dall'EMI nel 2009 col titolo «Guarigione di popoli» [a fianco, la copertina], con cui ho vinto l'anno scorso il premio Giuseppe Toniolo [sociologo ed economista, ndr], che premia la migliore tesi specialistica in diritto internazionale per la pace. La mia passione è sempre stata il giornalismo e ho ottenuto il tesserino da giornalista pubblicista nel 2007 collaborando con un quotidiano modenese. Ho scritto anche per Peacereporter e Nigrizia, e svolto tre tirocini in redazione, uno dopo l'altro. Il primo a Parigi, ne Le monde diplomatique, a partire da ottobre 2008 - tre mesi dopo la laurea - e con una borsa di studio della mia università: mille euro al mese, a cui si aggiungevano i 350 del "Diplo". Subito dopo, il secondo e terzo stage: prima tre mesi, non retribuiti, in una redazione locale di Repubblica, poi altri tre, dal febbraio all'aprile 2009, nella sede bolognese de Il regno, dove mi venivano coperte le spese e pagati gli articoli. Infine, da maggio a luglio 2009, il quarto e ultimo stage, presso una casa editrice, non retribuito ma vissuto con la speranza che si potesse trasformare in un vero e proprio lavoro. Ho trascorso l'estate nell'ansia e nell'attesa di una chiamata, che però non è arrivata. Volevo continuare sulla strada del giornalismo, e affiancarvi l'impegno sociale, ma si presentava la necessità di mantenermi da sola, e certo non volevo iniziare il quinto stage. Pensavo al servizio civile già alla fine della triennale, mentre ero in Sierra Leone. Ho sempre creduto nel significato dell'obiezione di coscienza e il rimborso spese mi sembrava equo [433,80 euro in Italia, circa 900 all'estero]. Poi durante il periodo al "Diplo" ho scoperto la possibilità di prestare servizio presso la ong fondata dal giornalista e attivista franco-israeliano Michel Warschawski, l'Alternative Information Center [sotto, una foto dell'ingresso], che dal 1984 fa informazione sul conflitto tra Israele e Palestina. Ho fatto domanda e ho vinto uno dei due posti disponibili. Nello stesso periodo ho saputo di essere stata accettata anche per un dottorato alla Scuola normale di Pisa - circa mille euro al mese - che ho potuto «congelare» e che inizierò il prossimo mese. Dall'ottobre 2009 ho quindi svolto due mesi e mezzo di formazione, in parte presso una casa-famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, associazione di lotta contro emarginazione povertà, che sostiene l'AIC in Italia. Un'esperienza molto intensa, che mi ha insegnato cosa significhi davvero «accogliere». Infine sono partita a metà dicembre per Beit Sahour, nell'area di Betlemme. Nell'AIC ho redatto rapporti sugli episodi di violenza dei coloni, una pubblicazione sulla resistenza popolare palestinese, video, traduzioni e ho collaborato con testate italiane come il Redattore sociale e Peacelink. Ho scoperto un modo differente di fare informazione e capito il valore dell comunicazione in luoghi così complessi: i miei articoli li ho firmati quasi tutti con nome falso, per evitare problemi di visto. Sono tornata in Italia circa due settimane fa ed è tempo di bilanci. L'anno appena concluso è stato molto intenso, ricco di incontri e ancora tutto da metabolizzare. Ci sono stati momenti duri, ma ho imparato moltissimo e ho sempre avuto il sostegno dei miei cari. Ho anche realizzato davvero l'importanza del servizio civile e scoperto che è proprio nella difesa non violenta della patria che l'Italia spicca come uno degli Paesi più avanzati al mondo. Ho legato molto con l'AIC e il distacco mi fa paura, ma ho bisogno di tornare a una normalità senza muri e checkpoint. Adesso l'Italia - con il suo quadro desolante di prospettive per i giovani - rappresenta una piccola sfida, ma se dopo un anno tra il Muro e l'occupazione militare non riesco a lottare per sconfiggere la nostra condizione di generazione senza futuro, a cosa sono serviti questi mesi? Anche per questo non farò altri stage gratuiti: questa esperienza mi ha insegnato il senso e l'importanza della giustizia, anche nei rapporti di lavoro.   Testo raccolto da Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:  - Al via il nuovo bando per il servizio civile: 20mila posti a disposizione in Italia e all'estero, 433 euro il rimborso spese mensile - Leonzio Borea, direttore dell' Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi» - Giovanni Malservigi: «Il servizio civile in una casa di riposo mi ha aperto un altro mondo»    

Giovanni Malservigi: «Il servizio civile in una casa di riposo mi ha aperto un altro mondo»

Dal 3 settembre al 4 ottobre è aperto il bando per candidarsi a un progetto di servizio civile in Italia o all'estero. Giovanni Malservigi condivide con la Repubblica degli Stagisti la sua esperienza di ex volontario.   Ho 25 anni e sono di Punta marina Terme, in provincia di Ravenna. Ho frequentato il corso di laurea triennale in Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì, non molto distante dal paese dove abito. Mentre studiavo ho vinto una borsa Erasmus di cinque mesi per la Slovenia, un paese vicino all’Italia ma conosciuto da noi solo per ragioni turistiche. Eppure c'è molto altro da vedere e apprezzare là: una cultura che è un crocevia tra quella balcanica e quella austriaca, gente aperta al mondo e sempre in viaggio – tutti gli sloveni sanno almeno una seconda lingua, in genere inglese o tedesco, ma anche italiano – un'università all'avanguardia e tante associazioni che spesso sostituiscono i meccanismi farraginosi della politica. Ora sono al secondo anno della laurea magistrale in Economia e politiche dello sviluppo, sempre a Forlì, con in mente un progetto preciso: lavorare in Bosnia per la camera di commercio italo-bosniaca, che ha sede proprio a Ravenna. Il primo passo è vincere una borsa di studio Erasmus mundus [programma di mobilità e cooperazione nel settore dell'istruzione superiore promosso dalla fondazione Rui insieme al Ministero dell'Istruzione; nell'immagine sotto, il logo]. Così potrei frequentare in Bosnia il mio ultimo semestre di università. Fra un mese esce il bando: tengo le dita incrociate! Nel corso dei miei studi ho anche lavorato, quasi sempre in regola: tre stagioni al mare, tra le quali quella appena conclusa, un anno di lavoro a tempo pieno prima di iscrivermi all’università facendo il facchino e il magazziniere in un negozio di alimentari, e una stagione come commesso in ferramenta. Vivo in famiglia, perchè con i soldi che guadagno lavorando saltuariamente non riuscirei a essere autonomo: ma mi pago per intero gli studi. Nel tempo rimasto tra studio e lavoro, porto avanti un progetto da cantautore e sto incidendo il mio primo album-EP con una casa discografica indipendente di Ravenna. Stage finora non ne ho fatti, ma immagino che saranno d'obbligo una volta laureato e avrò bisogno dell'aiuto della Repubblica degli Stagisti. Quella del servizio civile invece è stata un'esperienza veramente bella. Io l'ho fatto presso l'Arci, come assistente degli animatori della casa di riposo "Orsi Mangelli" di Forlì, anche se non c'entrava molto con il mio titolo di studio. L'iter di candidatura è stato  semplice: sono stato preselezionato e ho dovuto sostenere un colloquio con i responsabili degli enti che promuovono il progetto. La mia impressione è stata quella di essere stato scelto essenzialmente sulla base del colloquio e del curriculum. Sinceramente, avevo deciso di candidarmi più che altro per lavorare un po' mentre scrivevo la tesi triennale: 433,60 euro al mese facevano comodo, e avrei lavorato al massimo trenta ore settimanali. Però una volta iniziato a prestare servizio si è aperto un altro mondo. Le figure di animatori sono importantissime, non solo per combattere la solitudine che colpisce la terza età, ma anche per aiutare persone in inevitabile declino fisico e mentale a mantenere il più a lungo possibile le loro capacità e i propri talenti, coltivando il ricamo, la poesia, il racconto (racconti di vita "avventurosa", lasciatemi questo aggettivo: la loro è stata una generazione di veri eroi, la cui memoria sta andando perduta). Tra queste persone c’erano anche i malati di Elzheimer. Il periodo trascorso nella casa di riposo è stato eccezionale sia dal punto di vista formativo che da quello umano, anche se il mio obiettivo rimane lavorare nel settore dello sviluppo socio-economico. Per due settimane ho anche prestato servizio in una tendopoli de L'Aquila, insieme alla protezione civile dell'Arci: quando si verifica un'emergenza di grande intensità, i volontari del servizio civile possono spostarsi dove serve. Un'esperienza indimenticabile! Passare del tempo con le inossidabili famiglie aquilane mi ha dato molto. Ai giovani vorrei dire di sentirsi orgogliosi di difendere la propria patria non con le armi, ma con il talento, che è esattamente l'obiettivo del servizio civile.   Testo raccolto da Annalisa Di Palo   Per saperne di più su questo argomento leggi anche:    - Al via il nuovo bando per il servizio civile: 20mila posti a disposizione in Italia e all'estero, 433 euro il rimborso spese mensile - Leonzio Borea, direttore dell' Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi» E anche: - Stage da mille euro al mese alla Fundamental Right Agency di Vienna: candidature aperte fino al 7 giugno  - UNV Internship Programme: trenta tirocini in Paesi in via di sviluppo finanziati dal ministero degli Esteri

Cinque Paesi in cinque anni: la storia di Daniela Amadio e il racconto del suo stage alla Commissione europea

Dal 1° luglio al 1° settembre è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Daniela Amadio.Sono nata a Faenza, in provincia di Ravenna, nel 1981. Mentre studiavo Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì ho passato sei mesi a lavorare in un resort in Egitto come animatrice turistica; tornata in Italia, ho finito gli studi nel marzo 2005 con una tesi sulla guerra in Cecenia. Già durante l’università avevo seguito corsi di russo e avevo passato un periodo a San Pietroburgo: la tesi quindi è stata un’occasione per andare a Mosca e raccogliere materiale alla biblioteca nazionale. Lì mi sono resa conto di quanto l’instabilità sociale causata dal terrorismo avesse effetti sulla vita quotidiana: gli operatori della biblioteca cercavano continuamente di impedirmi di reperire e fotocopiare i volumi… ma alla fine comunque ce l’ho fatta!All’università avevo scoperto l’esistenza del master in «International relations & European Management» all’Universiteit van Amsterdam. L’autunno successivo alla laurea, nel settembre 2005, mi sono iscritta e sono partita per l’Olanda. Il corso è costato circa 9mila euro: le borse di studio erano riservate a studenti non europei (nella mia classe eravamo una trentina: 20 con borse di studio e 10 “sfigati” come me dall'Europa occidentale). Il master è durato un anno; vivevo in un appartamento universitario – due bagni e due docce per 17 persone, eppure non ho mai fatto la fila per il bagno! In compenso la cucina era grande, avevamo internet e una donna delle pulizie che veniva due volte alla settimana per pulire gli spazi in comune. La sistemazione era offerta agli studenti stranieri dall'università a 350 euro mese, che per me pagavano i miei genitori, ovviamente. Finito il master, su internet ho trovato l’offerta di uno stage di tre mesi alla sede dell’Università delle Nazioni Unite [Unu-Cris, nell'immagine a fianco il logo dell'ente] a Bruges. Mi sono candidata e mi hanno preso: non era previsto però nemmeno un euro di rimborso spese, quindi sono stati i miei a continuare a mantenermi in tutto quel periodo. In Belgio ho trovato un ambiente professionalmente e umanamente eccezionale, e avrei voluto rimanere lì per fare un dottorato in relazioni internazionali – ma il caso ha voluto che una vacancy vista per caso su internet si trasformasse in proposta di lavoro.Sono così finita all’inizio del 2007 ad Atene, allo European Public Law Center, con una fellowship del governo italiano di circa 1500 euro al mese. Mi occupavo di cooperazione nei paesi in via di sviluppo: monitoravo i bandi, preparavo i progetti, formavo legami professionali con altre organizzazioni all’estero e, una volta vinto il bando, gestivo il progetto. Dal punto di vista professionale è stata una svolta in tutti i sensi. Positivi perché ho imparato un nuovo lavoro, che tutt’ora faccio e mi piace, e perchè ho avuto la soddisfazione di preparare dei progetti vincenti che ho poi gestito in Vietnam, Lituania... Negativi perché ho scoperto il lato oscuro della cooperazione internazionale: l’esistenza di organizzazioni con un mandato no-profit il cui unico scopo è invece quello di ottenere fondi da enti esterni per gli interessi di poche persone ai vertici.Sono rimasta in Grecia dal gennaio del 2007 alla fine di febbraio del 2008. All’inizio vivevo da sola in un appartamento a sud di Atene, 800 euro al mese di affitto, un  posto favoloso a 5 minuti dalla spiaggia; poi mi sono trasferita in centro. Nota a margine: penso che il governo italiano dovrebbe essere più accurato nel fare accordi con organizzazioni estere per programmi di scambi e di mobilità dei giovani - non sempre le operazioni risultano trasparenti e professionali. Alla fine del primo anno mi hanno rinnovato il contratto per altri 12 mesi, alle stesse condizioni, ma io non ero soddisfatta dell’ambiente professionale, e quindi ho fatto domanda per uno stage alla Commissione europea. Mi hanno presa e a marzo 2008 ho fatto i bagagli e mi sono trasferita a Bruxelles. Metà del rimborso (mille euro) mi consentiva di pagarmi l’affitto e col resto potevo far fronte alle altre spese; avevo trovato una stanza su internet in una casa con un enorme parco all’esterno e con altri 3 conquilini belgi: che divertimento! In Grecia avevo lavorato su un programma di finanziamento della Commissione chiamato Programma Quadro che prevede, in parole povere, un sacco di soldi per progetti che promuovano la ricerca e l’innovazione in Europa. Anche nel mio stage quindi sono rimasta in questo ambito e sono stata assegnata alla Direzione generale per la Ricerca, in una unità che si occupava dei contratti che la Commissione stipulava con gli istituti che vincevano i bandi.Era come essere in Erasmus: ogni sera qualcosa da fare! A parte gli scherzi, lo stage rappresenta un modo per crearsi un network di conoscenze che rimane nel tempo e allo stesso tempo aiuta a capire se il mondo delle istituzioni europee ti piace o meno. Io ho scoperto per esempio che in Commissione è difficile vedere il risultato del proprio lavoro – come in una catena di montaggio, ognuno opera su una piccola parte senza sapere chi c’è e cosa fa prima o dopo – e che c’è poco spazio per la creatività. Così ho deciso di cambiare indirizzo e di buttarmi su enti più piccoli, per avere maggior spazio di manovra. Dopo lo stage avevo voglia di tornare in Italia e ho trovato un’opportunità in una fondazione di Roma, abbastanza rilevante nell'ambito no-profit. Il contratto era di sei mesi, a partire da agosto 2008, con uno stipendio di 800 euro al mese che prevedeva solo una decurtazione del 20% per l’IVA. Ancora non so bene se si trattasse di uno stage o di un contratto di collaborazione temporanea… In ogni caso l’esperienza è stata abbastanza negativa: il mio compito principale era fare copia-incolla per un database. Ogni altra mansione mi veniva sempre passata con molta cautela, come se fossi totalmente inesperta, appena uscita dall’università. Frustrante! Al termine dei sei mesi mi era stato offerto una continuazione della collaborazione con un contratto a progetto per altri sei mesi a mille netti mensili – ma ho rifiutato e ricominciato la mia ricerca di impiego in Italia e all’estero. L’unica risposta è venuta da Bruxelles, da Eurocities [nel'immagine a sinistra, l'homepage del sito]: sono andata là per un colloquio e assunta. La mia funzione era di project administrator per la gestione di un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea sulle politiche di inclusione sociale. Il trasloco, nel marzo 2009, è stato molto più facile della prima volta: mi sono sistemata in una casa appena ristrutturata con cinque stanze individuali, due bagni, un giardino interno e una salotto perfetto per le feste; l’affitto costava 430 euro con tutte le spese incluse. Ho passato lì 15 mesi, questa volta con un obiettivo diverso rispetto allo stage: non più baldoria tutti i giorni, ma lavoro. Avevo un contratto di un anno e mezzo con uno stipendio di 2400 euro lordi mensili più buoni pasto, rimborso dei trasporti, straordinari, contributi. In ufficio eravamo una trentina, tutti giovani: potevamo seguire corsi di inglese, di excel avanzato, attività di team building...Come succede però quando si lavora su progetti specifici finanziati da enti esterni, se il fondo viene tagliato o finisce anche il lavoro si estingue. In questo caso la Commissione europea ha deciso di tagliare, e così a marzo di quest’anno ho dovuto ricominciare a cercare lavoro. Allora ho fatto rotta verso Londra, per provare a vivere in una grande metropoli. L’università di East London mi ha chiamato per un colloquio e ho ottenuto il posto: l’esperienza in Commissione europea è stata fondamentale per vincere la concorrenza. Supporto l’università nella raccolta di fondi europei: la mia posizione è di European support research officer. Ho iniziato a giugno con un contratto a tempo indeterminato soggetto alla prova iniziale di sei mesi. Lo stipendio attuale è il più elevato che ho mai raggiunto fino ad ora, oltre 2mila sterline [2400 euro] al mese, e anche in questo caso sono previsti rimborsi spesa per i trasporti e compensazioni per le ore extra; la copertura previdenziale è migliore rispetto al Belgio e anche le tasse sono minori. L’orario di lavoro è dalle 9 alle 5, con un’ora di pausa pranzo. Al costo di circa 600 sterline al mese vivo in una tipica casetta vittoriana inglese di due piani, con la moquette e il cortile esterno, in una zona abbastanza periferica di Londra, Stratford, che si sta trasformando velocemente per accogliere le Olimpiadi del 2012. Gli altri cinque conquilini sono inglesi al primo lavoro e l’atmosfera è molto bella, sembra di stare in famiglia. Ho sempre voluto lavorare per contribuire attivamente a migliorare il bene pubblico e la qualità di vita degli altri, sia su progetti di sviluppo nei paesi più poveri sia su progetti di ricerca per le università europee. Ancora non so cosa farò da grande e quanto resterò qui: dopo aver cambiato cinque Paesi nel giro di cinque anni, ora vorrei solo stabilizzarmi. Il sogno di tornare in Italia rimane sempre, ma vorrei un lavoro sicuro e un ambiente stimolante. Rinuncerei a  qualche euro in più pur di tornare, perché sento ancora l’Italia come casa mia. Tanti sono nella mia stessa situazione: Londra e soprattutto Bruxelles sono piene di italiani, in genere giovani laureati che non sono riusciti a trovare un lavoro decente in Italia e hanno deciso di spostarsi. Del resto, un’esperienza all’estero è sempre consigliata da tutti. Io l’ho fatta e non me ne pento, ma a volte penso: cosa ho perso? Fossi rimasta in Italia, forse ora avrei un lavoro normale, una casa comprata dai miei, un fidanzato e il progetto di un bimbo. Forse. Invece ho un bel lavoro ma vivo in affitto in una stanza per studenti, i miei amici e familiari non sono qua e se penso alla mia vita affettiva mi sento ferma a 20 anni. Quando ero più giovane non ci pensavo… ma arriva un momento in cui ti chiedi quanto senso abbia stare all’estero quando la tua vita vera rimane in italia. Spero di scoprirlo presto.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Seicento stage da 1070 euro al mese alla Commissione europea: bando aperto fino al 1° settembreE le testimonianze degli altri ex stagisti:- Carlotta Pigella, Torino-Bruxelles andata e ritorno: «Il mio stage alla Direzione generale Affari Marittimi della Commissione UE? Internazionale e professionalizzante»- Pasquale D'Apice: «Rapporti umani e network di conoscenze, ecco il prezioso valore aggiunto degli stage alla Commissione europea»- Dalla metafisica al trattato di Lisbona: la storia di Mauro Pedruzzi, filosofo stagista alla Commissione europea- Mirko Armiento, ex stagista alla Commissione europea: «A Bruxelles i cinque mesi più intensi e belli della mia vita»

Gianluca Sgueo: «Il mio stage all'ufficio del Mediatore europeo a Strasburgo mi ha aiutato a trovare lavoro»

Fino a martedì 31 agosto è aperto il bando per candidarsi per uno dei tirocini presso l'Ombudsman dell'Unione europea, con un rimborso spese da 1100 a 1300 euro al mese. Per l'occasione, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto la testimonianza di un giovane italiano che ha fatto questa esperienza.Mi chiamo Gianluca Sgueo e sono romano. Nel lontano 1997, a vent’anni, mi iscrissi a Giurisprudenza alla Sapienza più per esclusione che per convinzione – mi interessava anche Scienze della comunicazione, all’epoca una novità nel panorama universitario italiano, ma gli sbocchi lavorativi erano un punto di domanda. E quindi scelsi una laurea forse più inflazionata, ma concreta e spendibile sul mercato… però che noia diritto civile! Finii gli studi nel 2004 e dopo una breve esperienza come praticante in uno studio legale capii che la professione forense non era adatta a me. Troppe attività noiose, ripetitive e poco gratificanti, e poi… Due anni di lavoro non pagato, più un terzo anno per il superamento dell’esame! Io invece avevo voglia di indipendenza. Partecipai ad una selezione organizzata da Nissan Italia, fui reclutato come stagista e collocato presso l’ufficio clienti. Il lavoro mi piaceva e lo stage, che inizialmente sarebbe dovuto durare cinque mesi, dopo appena due venne trasformato in contratto interinale. Con notevole incremento delle mie entrate: da 500 euro al mese di rimborso spese passai a 1100 euro di stipendio! Dopo poco però la dimensione aziendale cominciò a starmi stretta. Sentivo la mancanza di un piano di formazione, e avevo la sgradevole impressione che alla qualità fosse preferita la quantità del lavoro: così decisi di riprendere a studiare. Ma come ottenere una borsa di dottorato senza canali preferenziali? Dopo due tentativi andati a vuoto, a Roma e Bologna, vinsi nel luglio 2006 una borsa di studio triennale per un dottorato di ricerca in diritto amministrativo all’università di Lecce. Mi aveva sempre affascinato la natura trasversale di questa disciplina, in grado di abbracciare profili scientifici diversi: scienze economiche, dottrina politica, diritto internazionale… In concomitanza con l’inizio del dottorato conseguii una seconda laurea, triennale, in Scienza della pubblica amministrazione alla facoltà di Scienze politiche dell’università di Viterbo. Il professore con il quale discussi la tesi – in diritto amministrativo naturalmente! – mi propose di collaborare alla sua cattedra: cosa che mi consentì di rimanere a Roma, anziché trasferirmi a Lecce.Capii presto che se volevo far fruttare il mio dottorato era necessario studiare all’estero. Sfruttando la possibilità di stare 18 mesi complessivi fuori dall’Italia come parte integrante del programma mi trasferii negli Stati Uniti per un anno intero, il 2008, studiando alla Law School della New York University. Naturalmente con qualche sacrificio economico: la borsa di dottorato, circa 1200 euro mensili, da sola non era sufficiente a coprire le spese, quindi fui costretto a integrarla con i miei risparmi – all’incirca 8mila euro, faticosamente accumulati negli anni precedenti. Poi andai in Francia e ci rimasi per i primi sei mesi del 2009, in qualità di enseignant-chercheur invité presso l’Institut d’etudes politiques de Paris [nell'immagine a sinistra, l'homepage del sito]. Qui, un po’ perché restai di meno un po’ perché Parigi è meno cara di NY, riuscii a cavarmela con la sola borsa di dottorato. Al di là dei profili economici, comunque, entrambe le esperienze sono state fondamentali per la mia formazione: mi hanno consentito di imparare inglese e francese ma soprattutto dato una visuale “aggregata” del percorso professionale che avrei voluto svolgere. In contemporanea ho fatto il percorso per divenire giornalista pubblicista, ottenendo l’agognato tesserino nel 2009.  Lo stage presso il Mediatore europeo, iniziato nel settembre del 2009, è stato il frutto di un periodo di incertezze, dovute alla fine imminente del dottorato (e con esso della borsa di studio) e la conseguente necessità di trovare un lavoro. Ammesso alla discussione della tesi nel settembre 2009 – la discussione è poi avvenuta l’anno dopo – e scartata momentaneamente l’università italiana per la mancanza di opportunità tangibili, volevo un’esperienza professionale all’estero che mi consentisse di mantenere l’indipendenza economica. Sapevo già dell’esistenza dei tirocini presso le istituzioni europee: provai sia alla Commissione che al Mediatore. Alla Commissione riuscii ad essere selezionato per il blue book, la lista di candidati papabili, ma poi non venni chiamato; la procedura di selezione presso il Mediatore si concluse invece positivamente. Superai un breve quiz scritto via posta elettronica e un’intervista telefonica, e poi fui destinato alla sede di Strasburgo. Vi rimasi quattro mesi, intensi e proficui per la mia formazione, anche se a 33 anni ero tra i più anziani: in media gli stagiaire sono un po’ più giovani! Mi resi conto subito che il tirocinio al Mediatore non era affatto un “parcheggio”, come si dice avvenga alla Commissione. L’inserimento è molto ben strutturato: gli stagisti ricevono con largo anticipo informazioni dettagliate sul lavoro e sulla vita a Strasburgo. Dopo la prima settimana di formazione ciascun tirocinante viene affiancato a un tutor della stessa nazionalità e, quasi immediatamente, è posto nelle condizioni di lavorare indipendentemente. Il lavoro per un laureato in giurisprudenza è molto interessante: si gestiscono i reclami sulla cattiva amministrazione delle istituzioni presentati da cittadini e imprese. All’inizio si trattano quasi esclusivamente casi “not admissible”, ovvero denunce presentate da soggetti privi di legittimazione. Si fa presto ad imparare come gestire questi casi, e l’attività diventa ripetitiva: a questo punto sono l’intraprendenza del tirocinante e la disponibilità del tutor a fare la differenza. Non tutti, infatti, hanno l’opportunità di gestire casi più complessi, per i quali diviene necessario studiare la normativa con attenzione e ragionare sulle strategie più opportune. Io sono stato fortunato: la mia tutor mi ha coinvolto nella gestione di casi complessi e più in generale nella sua attività. L’ambiente è ideale: ciascuna stanza ospita due postazioni, le scrivanie sono spaziose. I dipendenti sono suddivisi in quattro unità: di solito nella stessa stanza vengono messe persone di nazionalità diversa, anche per agevolare le relazioni interpersonali. Tra gli stagiaire e con i funzionari c’è un clima cordiale; io sono ancora in contatto con due ex colleghi e sento periodicamente tutti gli altri, oltre alla mia tutor. Giocano a favore della creazione di buoni rapporti almeno tre fattori: l’età generalmente bassa dei dipendenti, il numero ristretto di persone (l’ufficio occupa solo due piani di una palazzina!), e le occasioni di incontro e i rapporti extralavorativi – accade spesso di trovarsi il sabato sera a bere una birra tutti insieme, stagisti, funzionari e occasionalmente i direttori delle unità. L’orario di lavoro è quello tradizionale, con il venerdì di mezza giornata ad eccezione della settimana che precede le sedute parlamentari. Il servizio mensa è ottimo e la retribuzione degli stagiaire è, almeno per noi italiani, decisamente elevata: abituati a rimborsi di poche centinaia di euro, i circa 1300 euro mensili offerti dal Mediatore consentono di pianificare con serenità le proprie spese. Nel mio caso ho trovato un piccolo monolocale a circa 500 euro mensili. Per gli spostamenti, poi, il mezzo ideale è la bicicletta. Tutti pedalano a Strasburgo!Ho concluso il tirocinio dopo quattro mesi perché ho trovato un posto in Italia, come addetto stampa alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Avevo saputo dell’esistenza di una procedura selettiva attraverso alcuni ex colleghi della Presidenza con cui avevo lavorato nel 2007. Ho inviato il curriculum e le mie esperienze all’estero, compresa quella presso il Mediatore europeo, sono state decisive per permettermi di vincere la selezione. Il contratto è di due anni e scadrà a fine 2011: anche per questo non ho smesso di cercare e guardarmi intorno, l’esperienza mi ha insegnato che è bene muoversi in anticipo per evitare di rimanere a spasso. Per fortuna lo stipendio è discreto, circa 2mila euro al mese, e mi consente di essere indipendente dalla mia famiglia.In conclusione, consiglierei l’esperienza all’ufficio del Mediatore a tutti quelli che hanno voglia di cimentarsi in un tirocinio concreto, dal quale è possibile ricavare un’esperienza utile alla propria carriera. E di non scoraggiarsi se non si viene selezionati alla prima occasione: le scelte del Mediatore sono legate all’esigenza di coprire tutte le lingue ufficiali. Accade dunque che, pur avendo un ottimo curriculum, la posizione di tirocinante italiano sia già occupata. Ultimo, ma non meno importante, è il fattore tempo. Sebbene non sia una regola fissa, la tendenza è quella ad ottenere il rinnovo del tirocinio per 12 mesi. Questo significa che si ha la possibilità di lavorare per un periodo sufficientemente lungo e nel frattempo pianificare attentamente le prossime mosse. Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Tirocini a Bruxelles e Strasburgo nell'ufficio dell'Ombudsman dell'Unione europea, rimborso spese da 1100 a 1300 euro al mese

Carlotta Pigella, Torino-Bruxelles andata e ritorno: «Il mio stage alla Direzione generale Affari Marittimi della Commissione UE? Internazionale e professionalizzante»

Dal 1° luglio al 1° settembre è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Carlotta Pigella.Mi chiamo Carlotta Pigella e sono nata a Torino nel 1983. Ho studiato al liceo classico Cavour e poi mi sono iscritta a Scienze della Comunicazione, finendo la triennale nel 2005 e la specialistica nel 2007. Probabilmente non si tratta dela facoltà più spendibile in Italia in questo momento sul mercato del lavoro: ma io rifarei la stessa scelta, quello che ho studiato mi interessava e interessa davvero. Sono la primissima laureata della famiglia: una sfida per me, vinta grazie anche all’appoggio dei miei.Nel 2006 sono stata per sei mesi in Erasmus in Francia, all’Université Paris 13; alloggiavo presso conoscenti, pagando sui 400 euro al mese. La borsa Erasmus mi ha coperto sì e no un paio di mesi perché la vita lì è piuttosto cara: per il resto ho integrato con soldi miei, e anche la famiglia mi ha aiutato! Mentre facevo l’università poi ho cercato di alternare alla teoria la pratica - anche attraverso gli stage. Il primo l’ho fatto nel 2005, mentre ero al terzo anno: era possibile sostituire un corso da 5 crediti con un’esperienza di stage e quindi mi sono autoproposta a una minuscola casa editrice, la F.lli Pistono Editori, che cercava qualcuno per occuparsi a tempo pieno della realizzazione di un libro fotografico. Il lavoro è durato tre mesi, da settembre a dicembre, e il mio nome è stato inserito come curatrice nelle note del libro. Non ho ricevuto nessun tipo di rimborso, ma era stato concordato così dall’inizio. Sempre nel 2005 erano venuti in ateneo alcuni rappresentanti della Tobo, Turin Olympic Broadcasting Organisation, che cercavano collaboratori per le dirette durante il periodo delle gare olimpiche. Servivano persone per seguire i giornalisti, assicurare il segnale audio/video, aiutare nell’organizzazione delle riprese. Dopo un training di una settimana, nel febbraio 2006 ci hanno selezionato e spedito nelle varie location delle gare: io ero a Pragelato, in montagna, per le gare del trampolino. È stata un’esperienza bella e significativa, internazionale e piena di soddisfazioni. Siamo stati pagati anche molto bene, così  sono riuscita a finanziarmi parte dell’Erasmus. Per finire il quadro di tutti i lavoretti che ho fatto mentre studiavo, per due volte, tra il gennaio e il giugno del 2007, ho fatto le cosiddette “150 ore”. Si tratta di collaborazioni pagate per gli studenti; io ero stata destinata all’Infopoint della mia facoltà e prendevo più o meno 8 euro e qualcosa all'ora.Un mese dopo la laurea ho iniziato uno stage di 6+6 mesi presso l’ufficio Offerta formativa della gestione didattica del Politecnico di Torino. Si trattava soprattutto di analisi e gestione di dati riguardanti corsi di laurea e offerta formativa; era prevista una borsa di studio mensile di 650 euro. Lo stage è finito nel gennaio 2009, e purtroppo non ha dato luogo a un’assunzione – del resto nel settore pubblico è difficile entrare in maniera stabile a meno di non superare un concorso… e al momento concorsi non ce ne sono! Ho scoperto l’esistenza degli stage presso la Commissione europea da amici che avevano già provato, con esiti diversi, a fare domanda. Mandare l’application è molto semplice: le finestre di candidatura vengono segnalate due volte all'anno sul sito della Commissione Europea. Se idonei, si viene inseriti in un database detto Blue Book: a questo punto sono i singoli uffici delle Direzioni generali a contattare ciascuno in base al profilo ricercato. Per iniziare a marzo 2009 (lo stage è finito a fine luglio), ho inviato l’application nell’estate 2008, sono stata inserita nel Blue book a novembre, contattata dal mio tutor per alcune interviste conoscitive tra dicembre e gennaio, e infine confermata. Sono finita nella Direzione generale Mare - Affari Marittimi, dove in effetti non avevo neppure fatto domanda, alla direzione Comunicazione: i miei compiti principali erano la rassegna stampa internazionale e la collaborazione nell’organizzazione di alcuni eventi internazionali – ho partecipato a SeaFood a Bruxelles in aprile e sono stata in missione a Roma per il Maritime Day in maggio. Ma i miei colleghi mi hanno coinvolto in moltissimo altro: dalla preparazione di elenchi dei nostri contatti alla realizzazione di pagine web, fino ad alcuni incontri con stakeholder del settore. Ho trovato casa a Bruxelles con una ragazza che era già lì – avevamo un’amica in comune. Pagavo più o meno 400 euro d’affitto e lo stipendio della Commissione, mille euro, mi permetteva di mantenermi autonomamente. Ci sono tantissimi aspetti interessanti nel programma di tirocinio: è internazionale ed estremamente professionalizzante, non sono stata certo relegata a fare fotocopie! Lo consiglierei a tutti, anche come occasione di confronto con gli altri giovani europei.A me in futuro piacerebbe lavorare nel settore istituzionale – enti, organizzazioni – nell’ambito stampa/eventi. Oggi in Italia, a parte qualche ottima eccezione, manca la figura del comunicatore dell’istituzione pubblica, si vedono i primi sforzi ma mancano le figure professionali di riferimento, e quando vengono importate dal settore privato spesso non funzionano perché sono abituate diversamente. Vorrei inserirmi in questo vuoto professionale, ma non è facile… Ma da qualche parte si deve pur cominciare. Quindi nell’autunno 2009, di ritorno da Bruxelles, ho iniziato uno stage di quattro mesi in Provincia a Torino, al Settore Cultura. Decisamente lo stage peggio retribuito (solo ticket restaurant da 7 euro), ma anche qui mi hanno coinvolto in una serie di eventi interessanti, per esempio la presenza della Provincia di Torino ad Artissima 09, e alcuni concerti d’organo organizzati tra Torino e provincia. In più, mi hanno chiesto di tenere aggiornato un sito di informazioni scientifiche: non ho un’impostazione giornalistica ma ho trovato questo lavoro molto utile, soprattutto la gestione dei comunicati stampa da cui ricavare le informazioni per aggiornare il sito. Perché ho accettato uno stage quasi gratuito, dopo averne fatto uno da mille euro al mese? Perchè mi piaceva molto il progetto: si trattava esattamente di quello che vorrei fare, quindi mi sembrava una buona opportunità. Avevo chiesto di fare un part-time, e nel frattempo avevo iniziato a lavorare l'altra mezza giornata nel posto in cui lavoro adesso: insomma con il lavoro part-time retribuito mi finanziavo lo stage part-time gratuito.Ora ho un contratto a tempo determinato di un anno per un’azienda che lavora in collaborazione di Aem Distribuzione. Ho iniziato a maggio: è un lavoro decisamente di stampo più logistico, ma benché non sia esattamente ciò per cui ho studiato, parlo con il pubblico, ho a che fare con l’azienda pubblica per coordinare il lavoro e metto a frutto il bagaglio di conoscenze che ho acquisito. Vivo ancora coi miei genitori: lo stipendio che percepisco, anche se non bassissimo, mi basterebbe appena per vivere da sola, invece così riesco a mettere qualcosa da parte. Ho mandato molti cv sempre segnalando che non sarebbe per me un problema, ma anzi un valore aggiunto, spostarmi all’estero. Mi è capitato di essere contattata da aziende italiane per sedi straniere, soprattutto in Europa, e l’ho sempre considerata una grande opportunità. Il problema dello stage oggi in Italia è uno, la retribuzione, in un doppio senso: non solo molti stage non sono pagati, ma anche il ritorno in termini di conoscenze e competenze acquisite è spesso insufficiente. Conoscevo la Repubblica degli Stagisti da quando era un blog, e credo che abbia un’enorme utilità: finalmente si possono reperire informazioni sulle aziende a cui si invia un curriculum in maniera organizzata ed efficiente. La cosa più difficile quando si invia un cv o un’application (come per esempio per la Commissione) è avere le informazioni giuste: quando si apre la finestra di iscrizione, chi assume, cosa cercano... Trovarle su un sito solo e affidabile è utilissimo. In assoluto ciò che trovo più furbo è l’iniziativa del Bollino OK Stage. È ora che anche le aziende si preoccupino degli stage che propongono: la cassa di risonanza della Repubblica degli Stagisti ormai è ampia e potrebbe cominciare a infastidire chi non si comporta in modo corretto.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Seicento stage da 1070 euro al mese alla Commissione europea: bando aperto fino al 1° settembreE leggi anche le testimonianze degli altri ex stagisti della Commissione europea:- Pasquale D'Apice: «Rapporti umani e network di conoscenze, ecco il prezioso valore aggiunto degli stage alla Commissione europea»- Dalla metafisica al trattato di Lisbona: la storia di Mauro Pedruzzi, filosofo stagista alla Commissione europea- Mirko Armiento, ex stagista alla Commissione europea: «A Bruxelles i cinque mesi più intensi e belli della mia vita»