Categoria: Storie

Pietro Canale, il commercialista stagista

Trentasei anni, laureato in Economia dal 1998, Pietro di professione fa il dottore commercialista nello studio che qualche anno fa ha aperto insieme a un un collega. Oggi e per i prossimi 24 mesi sarà un commercialista-stagista (e non è certo l’unico). «Ho deciso di aderire al Programma Stages» spiega «perché è compatibile con la mia professione. Non ho certo bisogno di “completare la mia formazione”, né punto ad essere contrattualizzato dall’ente ospitante; però per me è un’occasione buona per entrare in contatto con nuove realtà con cui magari potrò lavorare in futuro. E poi il mio guadagno attuale non è così brillante: 8-900 euro al mese in più mi daranno tranquillità e sicurezza».Ma come farà a conciliare uno stage a tempo pieno con l’impegno in studio? «Ora stiamo facendo i corsi di formazione, riesco a seguirli e contemporaneamente a lavorare. Quando cominceremo gli stage, si vedrà: non sappiamo ancora niente di preciso su dove verremo mandati e cosa ci verrà richiesto di fare – il livello di informazione è scarso, tutto è sempre organizzato in maniera informale. Comunque non credo che potranno chiederci di fare un tempo pieno».Secondo Pietro, ai superstagisti infatti il consiglio regionale finirà per dare grande autonomia rispetto all’impegno dello stage: «Per esempio nelle sedi disagiate, quelle a 150-200 km dal capoluogo, nessuno ci vuole andare e nessuno ci manderanno. E poi mi è stato detto» continua «che potremo fare richiesta per andare a fare esperienze altrove utilizzando il nostro rimborso mensile». Sarà vero? Lui ci spera: «A me interesserebbe frequentare una summer school alla London School of Economics».Da esperto di fisco, Pietro non manca poi di muovere una critica ai balzelli applicati al rimborso spese (i mille euro promessi saranno decurtati del 34%: 24,5% di Irpef, 8,5% di Irap, 1% di Inail): «In realtà l’Irap è un onere di riflesso a carico dell’amministrazione, ed è giusto che il consiglio regionale debba pagarlo: ma non è giusto che lo faccia ricadere su di noi! Poi c’è anche un problema di ordine contributivo: per due anni noi non saremo coperti da nessuna forma previdenziale. E ci sono almeno due ragazze incinte nel nostro gruppo: mi chiedo come si comporteranno con loro».Però alla fine, riflettendo sulla sua condizione di commercialista-stagista, ammette: «Andare a fare uno stage dopo 11 anni dalla laurea effettivamente è un controsenso. Modestia a parte, io sono dieci anni che lavoro!».

Stagisti in eterno, il momento di dire basta - la storia di Elena

Elena di stage non ne può più. A 27 anni ne sta facendo un altro, l'ennesimo: il quarto. E certo non si può dire che si sia svegliata tardi: il primo l'ha fatto a soli 17 anni, quando studiava Ragioneria alle superiori. Due mesi d'estate, tra il quarto e il quinto anno, in un'azienda del suo paese. Durante la triennale (facoltà di Scienze della Comunicazione) un altro stage, stavolta di tre mesi, nella biblioteca comunale: «Oltre al semplice prestito e restituzione dei libri» racconta «ho aiutato ad organizzare incontri con gli autori, facevo animazione ai bambini dell’asilo in visita alla biblioteca e aggiornavo il sito». Di rimborso spese, però, neanche parlarne. Altro giro, altra corsa: e durante la specialistica (per la quale Elena nel frattempo si è trasferita da Verona a Milano) ecco il terzo: tre mesi a fare l'ufficio stampa in un’agenzia di comunicazione. «Anche in questo caso non era previsto nessun rimborso, per mangiare mi portavo il pranzo da casa. Concluso lo stage, mi sono resa conto che questa agenzia continuava a prendere stagisti per poter avere un aiuto a costo zero». Elena non demorde, finisce l'università, ma una volta laureata si accorge che... l'unica prospettiva sembra essere, ancora una volta, lo stage. «Non ne posso più! Quest'ultimo che sto facendo ora, di sei mesi, l'ho trovato da sola cercando su Internet: però l'azienda ha chiesto di coinvolgere l'università per poter avere l'assicurazione. L'università mi ha proposto di aderire al Progetto Fixo, di cui io non avevo mai sentito parlare: in questo modo almeno percepisco 200 euro al mese. L'azienda invece non mi dà niente: né un rimborso spese per il viaggio, anche se ho 40 km per raggiungere il posto di lavoro, né per il pranzo. Avevo letto sul tuo blog che è importante svolgere gli stage mentre si studia» conclude: «È giusto. Però a volte, come nel mio caso, si rischia di continuare a fare stage anche dopo la laurea. Bisognerebbe mettere un limite». Il limite per ora, purtroppo, non c'è. Però ciascuno di noi, nel suo piccolo, può cercare di metterne uno: per esempio, trovando la forza di dire in sede di colloquio «Come vede, nel mio curriculum ci sono già tre stage. Non ho bisogno di altra "formazione": ora cerco un lavoro».

Master dei Talenti CRT - Le voci degli stagisti più fortunati d'Italia

Molti ragazzi che stanno partecipando o hanno partecipato al progetto Master dei Talenti della Fondazione CRT hanno scritto in  questi giorni alla Repubblica degli Stagisti per raccontare la loro esperienza. Minimo comune denominatore: l'entusiasmo. A riprova del fatto che, se organizzato con scrupolo e ben remunerato, lo stage può essere la migliore delle esperienze possibili per un neolaureato. C'è Daniela, ventiseienne laureata "magna cum laude" nel 2006 in Scienze politiche all'università del Piemonte orientale, che ha vinto la stage nel 2007 al UNSSC - United Nations System Staff College: «La sede era a Torino, ma sono anche stata per un mese in Rwanda: una delle esperienze più emozionanti e costruttive della mia vita». Daniela aveva già alle spalle uno stage di sei mesi, assolutamente gratuito, presso un prestigioso istituto di ricerca: pertanto il rimborso - di 1200 euro netti mensili - erogato dalla Fondazione CRT le è sembrato un sogno. C'è poi Vito, classe 1981, originario di Polignano a Mare in provincia di Bari, che dopo la laurea in Ingegneria informatica al Politecnico di Torino ha vinto lo stage ed è volato in Finlandia, presso il Technology Centre Hermia di Tampere: «Il compenso lordo era, euro più euro meno, di 2100 euro al mese. Al termine del tirocinio sono stato assunto con un contratto a tempo determinato, e attualmente sono ancora in Finlandia». Nota a margine: Vito oggi guadagna 2800 euro al mese. E un'altra testimonianza è quella di Manuela, 26 anni, laureata in Relazioni internazionali all’università di Torino e stagista per un anno al Centro internazionale di formazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (un'agenzia dell'Onu). Che racconta: «Dei 12 mesi, quattro li ho trascorsi all'headquarter di Ginevra. Compenso mensile: 1750 euro lordi». E chiude con un'osservazione importante: «Credo che un po’ tutti, compilando il modulo di partecipazione, abbiamo pensato “sarà difficile, per vincere questo posto bisognerà sicuramente avere qualche raccomandazione o conoscenza!” Ma lo garantisco, io non l’avevo». E ce l'ha fatta.

Estate, gli stagisti sono di stagione

Scrive Claudia alla Repubblica degli Stagisti: «Quattro anni fa ho avuto un'esperienza tremenda di stage estivo presso un'agenzia interinale. Lo stage durava tre mesi. Ad agosto, malgrado fossi solo una stagista, sono rimasta da sola a tenere aperta una delle tante filiali del territorio». Il motivo è semplice: con l'arrivo dell'estate arrivano anche le ferie del personale. E sempre più spesso, dato che la legge è molto elastica in tema di stage, le imprese non fanno più contratti di sostituzione estiva: preferiscono risolvere il problema piazzando uno o due stagisti al posto degli assenti. In questo modo, però, gli stagisti vengono caricati di responsabilità troppo grosse, che non gli spetterebbero assolutamente: come, in questo caso, tenere aperta da sola una filiale per un mese. Continua Claudia: «Mi sono ritrovata sola - con l'unico supporto della persona che si occupava dell'amministrazione - a gestire tutto il front-office: rapporti commerciali con le aziende, visione dei candidati, selezione del personale da inviare in missione, reportistica verso la sede centrale». Claudia specifica anche che nel resto dell'anno in quella filiale erano impiegate ben tre persone per svolgere quelle mansioni. «Per una settimana sono addirittura rimasta completamente sola, perchè anche la signora dell'amministrazione se n'era andata in vacanza: e quindi mi sono dovuta occupare anche di mansioni non previste nel progetto formativo e di alta responsabilità, per esempio cessazioni e assunzioni di personale, presenze, assenze, buste paga, infortuni, comunicazioni amministrative e burocratiche al centro per l’impiego. Tutto questo per un rimborso spese di 100 euro al mese più i buoni pasto». «Questa pratica» conclude Claudia «è ultracomune: fateci caso, a giugno spuntano annunci di ricerca e selezione per stagisti su tutte le bacheche delle agenzie. E perchè? Per sostituire il personale che se ne va in vacanza». Ma a chi spetta controllare che queste cose non accadano? Come mai non capita mai che un ispettore faccia una capatina, ad agosto, negli uffici e nelle agenzie, e chieda alla persona che lavora in solitudine "Ma lei, che contratto ha?". Eleonora Voltolina