Categoria: Storie

Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Cristina Cervio, oggi dipendente di Kellogg Italia.Mi chiamo Cristina Cervio e ho 26 anni. Sono originaria di Mortara, un piccolo paese della provincia di Pavia dove ho frequentato il liceo linguistico. Ho continuato con la triennale in Scienze della comunicazione all’università di Pavia, dove mi sono laureata nel settembre del 2006, per concludere nel marzo 2009 con una magistrale in Brand management alla IULM di Milano. Durante gli studi ho lavorato in un agriturismo in un paese nei pressi di Mortara: con questo lavoretto sono riuscita a coprire alcune spese universitarie.Nel 2005, al termine del primo triennio universitario, ho fatto un breve stage presso una piccola azienda del mio paese che si occupava di cartellonistica e grafica; avevo 21 anni. Lavoravo per lo più nel laboratorio di realizzazione dei prodotti finiti come addetta allo spellicolamento, alla plastificazione e stampaggio del materiale pubblicitario. Ero l’unica stagista all’opera, vista la piccola dimensione dell’azienda: 5 dipendenti più una stagista – io! L’esperienza è durata da ottobre a dicembre: non percepivo alcun rimborso spese e alla fine c’è stata solo una stretta di mano – del resto, fin dall’inizio non si prospettavano possibilità di inserimento.Mentre studiavo non ho fatto Erasmus perché volevo concentrarmi sui libri e laurearmi il prima possibile: fremevo per entrare nel mondo del lavoro. E infatti nel 2008, all’ultimo anno di specialistica, ho iniziato a cercare uno stage che mi permettesse di sostenere il mio progetto di tesi: è così che sono entrata in contatto con Kellogg Italia. Ho mandato il mio cv, sono stata chiamata per un colloquio e quasi subito mi è arrivata la proposta: un tirocinio di sei mesi, con la possibilità di un eventuale prolungamento di altri sei. Ho subito accettato e nell’aprile del 2008 ho cominciato: inizialmente ricoprivo il ruolo di assistant brand manager presso il reparto marketing dell’azienda e mi dedicavo principalmente ai progetti di packaging, al sito internet e alla reportistica di Special K – la prima brand dell’azienda! Il rimborso spese era ottimo, 850 euro più i buoni pasto, così come il rapporto con la mia tutor e i colleghi. Al termine dei primi sei mesi sono stata riconfermata, passando alle brand Kids (Coco Pops, Rice Krispies, Frosties). Per la seconda parte dello stage il rimborso spese è aumentato di cento euro, arrivando a 950. Una cifra che tanti stagisti non osano neanche sognare! Il rimborso però non dovrebbe essere un optional: per me per esempio è stato indispensabile perché per Kellogg ho dovuto trasferirmi a nord di Milano, in provincia di Lecco. Vivevo da sola e pagavo un affitto di 500 euro al mese: il rimborso mi permetteva di coprire le spese legate all’affitto e alla casa, anche se poi, non lo nascondo, i miei genitori continuavano a sostenermi economicamente.Giunta al termine del mio anno in azienda, non c’è stata possibilità immediata di un contratto. In questo periodo di fermo sono tornata a vivere con i miei e a lavorare in agriturismo per assicurarmi un’entrata minima, e chiaramente a guardarmi intorno facendo colloqui. Ma la primavera-estate 2009, periodo di piena crisi, non prospettava grandi opportunità. Per fortuna dopo circa sei mesi sono stata richiamata da Kellogg: si erano aperte posizioni  nel ramo commerciale, e me ne hanno offerta una per il ruolo di in-store sales representative  sul territorio del Friuli Venezia Giulia / Veneto Orientale. Dal novembre dell’anno scorso sono assunta a tempo determinato con un contratto di 18 mesi, con uno stipendio base di 1.200 euro + incentivi trimestrali. Dal punto di vista economico sono completamente autonoma, anche se i miei genitori non smettono di darmi una mano ogni tanto. Mi sono trasferita a Udine, dove ho preso in affitto un appartamento che mi costa 450 euro al mese. Lavoro in modo molto indipendente: non ho un ufficio di base, faccio parte di un team di area – quella Nord Est – in cui operano altre figure che ricoprono il mio stesso ruolo, e tutti noi facciamo riferimento ad un capo area che ci coordina. In concreto mi occupo di assortimento dei singoli punti vendita, velocità di inserimento di nuovi prodotti, disposizione dei prodotti sullo scaffale, negoziazione e pianificazione di fuori banco, out of stock, attività promozionali. Lavorare in ambito commerciale mi piace molto: voglio crescere e raggiungere una buona professionalità. Nel lungo periodo, poi, mi piacerebbe tornare ad occuparmi di marketing.Riflettendo sulla situazione dei giovani italiani, penso di essere stata fortunata perchè il mio secondo tirocinio mi ha portato un lavoro e un buon stipendio; in generale lo stage purtroppo non è un trampolino di lancio per i neolaureati nel mondo del lavoro. Spesso, a causa di aziende poco rispettose, esso si riduce semplicemente a una sosta in attesa della giusta occasione. La Carta dei diritti dello stagista e il Bollino OK Stage, di cui Kellogg fa parte, sono strumenti utilissimi che la Repubblica degli Stagisti mette a disposizione dei giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro; loro dovrebbero però fare la loro parte – e non accettare qualunque proposta, bensì fare una cernita delle aziende e del valore aggiunto che queste sanno dare allo stage. Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

Mirko Armiento, ex stagista alla Commissione europea: «A Bruxelles i cinque mesi più intensi e belli della mia vita»

Dal 1° luglio al 1° settembre è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Mirko Armiento.Sono nato nel 1984 a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, e fino a 16 anni sono vissuto a Manfredonia. Per gli ultimi tre anni di liceo mi sono trasferito a Milano, alla scuola militare Teulié; poi ho fatto per sei mesi il pilota in Accademia Aeronautica, ma nel gennaio del 2003 ho scelto di lasciarla per iniziare l’università. Prima della maturità avevo provato a fare i pre-test in Bocconi e li avevo passati: così mi sono iscritto alla triennale in Discipline economiche e sociali della facoltà di Economia. In quel periodo ho fatto tanti lavoretti, dal pierre in discoteca al cameriere alle ripetizioni di matematica; principalmente però mi sono mantenuto con le borse di studio dell’ISU Bocconi. Nel 2004 ho fatto uno scambio di sei mesi alla Fundaçao Getulio Vargas di San Paolo, in Brasile; l’anno dopo mi sono laureato e ho proseguito con la specialistica in Economia dei mercati internazionali e delle nuove tecnologie condendola con altre due esperienze all’estero: New Delhi dal giugno all’ottobre del 2006, con uno stage presso l’Asian Pacific Centre for Transfer of Technology delle Nazioni Unite, e poi altri sei mesi in Erasmus a Goteborg, in Svezia, da gennaio a giugno del 2007 presso il Chalmers university of technology. Lo stage in India non prevedeva rimborso, ma una borsa di studio ISU-Bocconi da 1.500 euro più biglietto a/r mi ha permesso di coprire parte delle spese.Alla fine del 2007, grazie alla mia tesi sul fotovoltaico, ho ottenuto un cococo come assistente di ricerca presso lo IEFE – il Centro per la ricerca sull’economia dell’energia, l’economia ambientale e la politica energetica della Bocconi – con i classici mille euro di stipendio. Pochi mesi prima di laurearmi avevo fatto domanda per gli stage alla Commissione europea: a novembre avevo saputo di essere stato inserito nel «Blue Book», la prima selezione. Durante la prima metà di gennaio mi hanno comunicato che ero stato scelto, ed è stato un gioco a incastro: il contratto mi è scaduto il 28 febbraio 2008 e lo stage a Bruxelles (da mille euro netti al mese!), è cominciato il 3 marzo. Dall’IEFE è arrivata la proposta di continuare la collaborazione a distanza, per un altro progetto sui costi del nucleare in Italia: non richiedeva moltissimo tempo e quindi sono riuscito a conciliare i due lavori, portando a casa altri mille euro al mese. A Bruxelles – dove condividevo l’appartamento con tre studenti pagando circa 300 euro per una singola – ho passato i cinque mesi più intensi e belli della mia vita. Molti ritengono che lo stage in Commissione sia un Erasmus “da grandi” con in più il benefit di avere uno stipendio – ma detto così è limitante! Al lavoro si parlavano tre lingue contemporaneamente, tutta gente molto giovane e alla mano, io ero nell’ unità P5 - Cultura presso l’Eacea, l’agenzia per la Cultura, gli audiovisivi e l’educazione. Ma la cosa straordinaria di questa esperienza è l’interazione con gli altri 600 stagisti [nella foto di gruppo qui a fianco, tratta dal gruppo «50 Years of Traineeships at the European Commission» su Facebook, Mirko è uno dei puntini sulla sinistra] con culture, valori, background diversi. E mille attività da fare insieme: io personalmente ho fatto parte del gruppo Teatro, preparando uno spettacolo prima della fine dello stage, organizzato il torneo di calcio per stagieres, frequentato due corsi di lingua (gli stagieres su base volontaria erano sia studenti che insegnanti), partecipato a comitati di cucina, wine tasting e all’organizzazione di una mostra fotografica. E poi c’erano proiezioni di film seguiti da dibattiti, corsi di disegno, viaggi organizzati, insomma un’infinità di attività… Un’esperienza a 360 gradi.Il mio stage si è concluso alla fine di luglio del 2008, e sempre a Bruxelles ne ho trovato subito un altro: sei mesi presso l’EICTA (ora DigitalEurope), un’associazione industriale di ICT. Ma ubi maior minor cessat, e dopo poche settimane ho abbandonato per accettare una proposta dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) per un contratto di inserimento di 18 mesi a Roma, in particolare per una posizione in distacco presso il Gabinetto del ministro dello Sviluppo economico, nell’ufficio del Consigliere diplomatico e degli affari internazionali. Per un anno e mezzo mi sono occupato di politica energetica internazionale al ministero, poi di recente sono stato richiamato dalla società e assunto a tempo indeterminato in organico. Ora faccio parte dello staff dell’amministratore delegato del GSE e lavoro sulle tecnologie per lo sfruttamento delle energie rinnovabili;  la mia R.A.L. [retribuzione annua lorda, ndr] è di 27.500 euro all'anno, più o meno 2300 al mese – a cui poi vanno aggiunti gli straordinari, i bonus e i buoni pasto. Non mi sento “arrivato” ma credo di essere sulla strada giusta: vivo in una città che mi piace e sono soddisfatto del mio tenore di vita, del lavoro che faccio, insomma... della mia vita in generale!Rispetto ai “cervelli in fuga” di cui si parla spesso io ho compiuto un percorso inverso: ho scelto di tornare in Italia – anche se per gli stipendi siamo agli ultimi posti, abbiamo livelli di tassazione più alti e tanti altri problemi… Amo l’Italia e gli italiani, ma quando vedo i commenti su Facebook di amici espatriati che sputano sul nostro Paese, senza avere mai provato a cambiare le cose, non mi sorprende che siamo un Paese in decadenza. Con ciò non voglio dire che non li giustifico, ognuno ha il diritto di agire come meglio crede, e di vivere dove e come vuole, però non capisco chi si ostina a parlar male dell’Italia, della sua classe dirigente, a lamentarsi di tutto, senza contribuire minimamente a cambiare anche solo qualche piccola cosa che non va all’interno del sistema. Ultimamente vedo troppi giornalisti e poca gente attiva nella realtà. Penso che il contributo di ognuno sarebbe prezioso, soprattutto delle persone che avendo visto sistemi più equi e corretti potrebbero prenderne spunto: raccontare e criticare è sacrosanto, e sono io il primo a farlo, ma non è sufficiente a cambiare le cose.Certo, io sono tornato perché ne ho avuto la possibilità: non lo avrei mai fatto da “disoccupato” o a condizioni troppo troppo svantaggiose. E il mio consiglio ai giovani è questo: viaggiare più che si può e poi tornare in Italia.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Seicento stage da 1070 euro al mese alla Commissione europea: bando aperto fino al 1° settembre

Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Luca Bonecchi, oggi dipendente di Giochi Preziosi.Mi chiamo Luca Bonecchi, sono nato nel 1982 e vivo a Legnano, a metà strada tra Milano e Varese. Dopo la maturità scientifica ho studiato  Economia aziendale e poi General management presso l’università Bocconi, laureandomi nel dicembre 2006. Fin dal liceo ho sempre fatto lavoretti estivi – dall'operaio all'addetto pulizie aeromobili – per poter guadagnare qualcosa e pesare meno sulla mia famiglia: tutte esperienze che mi hanno aiutato a capire il mondo del lavoro.Nel 2005, durante l'ultimo anno di specialistica, grazie al supporto dell'ufficio Relazioni internazionali dell'università ho fatto uno stage di tre mesi e mezzo in India – da settembre a dicembre – presso la Camera di commercio indo-italiana di Mumbai. Lo stage non era retribuito, se non per i pasti del mezzogiorno, e tutte le spese erano a mio carico: a conti fatti ho dovuto tirare fuori più o meno 3200 euro (considerando però anche un breve “giro di piacere” a Delhi e Kolcata). La metà di questa cifra poi è stata coperta da una borsa di studio di 1700 euro messa a disposizione dall'università. L'esperienza comunque è stata estremamente positiva. Lo stage era focalizzato su un progetto specifico: il supporto all'organizzazione di un evento promozionale del made-in-Italy, «Festa Italiana 2005» della durata di dieci giorni, sulle cinque principali metropoli indiane (Mumbai, Delhi, Kolkata, Bangalore e Chennai), che coinvolgeva molte aziende italiane. Il mio tutor, il segretario generale della Camera, mi lasciava molta libertà d'azione e responsabilità su diversi aspetti dell'evento tra cui la logistica, la gestione dei rapporti con i diversi partner e l’organizzazione di singoli sub-eventi. In quel periodo alla Camera c’erano altri due stagisti – uno insieme a me presso la sede di Mumbai, un’altra alla sede di Kolcata – a fronte di circa 35 dipendenti, quattro italiani e una trentina di indiani. Io alloggiavo presso una famiglia indiana, in una stanza affittata in condivisione con l’altro stagista; al mese spendevamo circa 200 euro a testa, 400 per l’intera stanza.All’inizio del 2007, con una laurea e uno stage nel curriculum, ho iniziato a cercare opportunità nel settore marketing, e ho risposto a un annuncio pubblicato nella bacheca online dell'ufficio Placement dell'università per un tirocinio nel marketing di Electronic Arts Italia, filiale italiana della multinazionale del videogioco. Dopo tre colloqui, a marzo sono entrato nella società come PR assistant per supportare la PR manager nella gestione degli eventi legati ai lanci dei videogiochi, nell'organizzazione delle presentazioni alla stampa e nella gestione dei rapporti con i giornalisti. Lo stage era retribuito con un rimborso spese di 500 euro mensili più buoni pasto; già dal primo colloquio mi era stato anticipato che non era previsto un inserimento in azienda ma che, essendo la filiale giovane e in continua evoluzione, si sarebbero potute aprire altre opportunità in seguito. Il carico di lavoro era alto ma lo stage non è mai stato un semplice "sfruttamento": la responsabile dedicava spesso dei momenti alla formazione e mi coinvolgeva in attività non solo operative. La filiale contava una cinquantina di persone: oltre a me c’erano altri due stagisti, uno nel marketing e uno nella supply chain. Ad agosto, allo scadere dei primi sei mesi, lo stage mi è stato prorogato per altri sei: ho iniziato a valutare altre opportunità e, grazie a un evento di placement organizzato dalla Bocconi, sono entrato in contatto con diverse aziende tra cui Giochi Preziosi che, dopo un colloquio con le Risorse umane e con il manager responsabile dell'ufficio Licensing, mi ha offerto uno stage di tre mesi con rimborso spese di 800 euro e buoni pasto più la possibilità, una volta terminato lo stage, di passare ad un contratto di inserimento di 18 mesi. Ho quindi deciso di interrompere anticipatamente lo stage presso Electronic Arts; la mia responsabile era dispiaciuta ma, non avendo budget per farmi una “controfferta”, mi ha dovuto lasciar andare per la mia strada.Fin dall'inizio l’esperienza in Giochi Preziosi [nell'immagine, l'homepage del sito] mi è sembrata proiettata oltre i tre mesi di stage: le attività di lavoro venivano impostate per darmi la possibilità di imparare a muovermi nel settore delle licenze e acquistare progressivamente autonomia. Ho cominciato lo stage a gennaio 2008 e ad aprile la promessa del contratto di inserimento è stata mantenuta, con l’accordo che se l'azienda fosse stata soddisfatta sarebbe stato poi convertito in contratto a tempo indeterminato. A gennaio del 2009, la sorpresa: il contratto di inserimento è stato trasformato nel tempo indeterminato con otto mesi di anticipo! Oggi ho uno stipendio di circa 1500 euro netti al mese; vivo ancora con i miei, ma ho intenzione di andare presto a stare per conto mio. Giochi Preziosi è un’azienda che offre grandi opportunità di crescita professionale; per i giovani oggi è difficile trovare società disposte ad investire su di loro in un’ottica di lungo periodo. Per questo mi reputo una persona fortunata: ho un lavoro che mi piace, una retribuzione buona e soprattutto un'azienda che ha voluto investire nella mia formazione e crescita. Però una cosa che ho imparato è che oltre alla fortuna serve la voglia di impegnarsi e mettersi in gioco. È vero che lo stage a volte è utilizzato dalle aziende come un semplice sfruttamento dei giovani appena usciti dalla scuola o dall'università; però spesso viene preso anche da noi giovani come un parcheggio temporaneo in attesa che dal cielo cali qualche opportunità migliore. Invece le opportunità bisogna conquistarsele con le unghie e con i denti!Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

Tirocini UNV, la testimonianza di Alice Michelazzi: «Un ottimo punto di partenza per conoscere il mondo della cooperazione»

Mi chiamo Alice Michelazzi, ho 31 anni e sono di Milano. Attualmente vivo in Africa, a Njombe, una cittadina nel sud-ovest della Tanzania, dove lavoro con una organizzazione non governativa a un progetto di elettrificazione e sviluppo rurale. Da sempre ho la passione per le politiche dello sviluppo e della cooperazione internazionale: ho iniziato ad avvicinarmi sul piano teorico a queste tematiche studiando scienze internazionali e diplomatiche alla sede di Forlì dell'università di Bologna. Durante il periodo universitario ho scoperto l'Internship Program dell'UNV sul sito UN/DESA, il portale del dipartimento di affari economici e sociali delle Nazioni Unite.Ho partecipato, appena laureata, al bando del 2004 che prevedeva la partenza nella primavera successiva. Nel 2003 a Milano avevo svolto il servizio civile per l'ong CeLIM, Centro laici italiani per le missioni, ma il mio desiderio era di spostarmi all’estero: per questo mi ero già messa in contatto con diverse ONG. Fino a quando sono stata selezionata e, a marzo 2005, all’età di 26 anni, è iniziata la mia esperienza UNV: destinazione Eritrea. Il tirocinio, come previsto, è durato un anno: ho firmato un contratto e ho ricevuto un rimborso spese mensile di 1300 dollari [equivalenti all'epoca più o meno a 975 euro], commisurato al costo della vita del Paese che mi ospitava. Avevo poi anche diritto all’assicurazione sanitaria e a un viaggio a/r dal luogo di origine. In Eritrea ero l'unica tirocinante: lavoravo presso l’ufficio UNV di Asmara, affiancando la UNV project manager in tutte le attività di competenza di quella sede: dalla gestione dei volontari in arrivo e in partenza, alla redazione di una newsletter, dall’organizzazione degli eventi legati allo UNV Day, fino alla partecipazione alle attività della sede UNDP Eritrea. [A questo link, l'articolo «Volunteering for human rights in Eritrea and Ethiopia» scritto da Alice nel novembre 2005 e pubblicato sul sito UN Voluteers, nella sezione «Volunteer Voices»]Nonostante le normali difficoltà e le mille problematiche che si incontrano in un paese straniero ritengo la mia esperienza molto positiva, perché mi ha dato la possibilità di scoprire “dall’interno” il mondo delle Nazioni Unite in tutte le sue sfaccettature. In più un tirocinio del genere rappresenta un  elemento importantissimo per il proprio curriculum, oltre ad essere una buona carta da giocare per successive opportunità professionali. Ad esempio, nel mio caso, dopo il periodo di tirocinio UNV, ho trovato lavoro con la ong Iscos - Istituto sindacale per la cooperazione e lo sviluppo - sempre in Eritrea, da maggio a dicembre 2006, seguendo un progetto di sicurezza alimentare. In seguito sono arrivata a quella che è la mia occupazione attuale, in Tanzania: oggi torno in Italia solo un paio di volte l'anno. A chi sogna di lavorare nell’ambito della cooperazione consiglio vivamente di fare questa esperienza. Innanzitutto perché vivere per un periodo così lungo all’estero permette di toccare davvero con mano un certo tipo di contesto, con tutte le sue criticità: sperimentare in maniera diretta determinate realtà, a mio avviso, è fondamentale per svolgere al meglio un lavoro del genere. E poi i tirocini UNV, avendo un limite d’età abbastanza basso [si può fare richiesta entro i 26 anni] sono un ottimo punto di partenza per entrare a contatto con questo mondo.Testo raccolto da Chiara Del PriorePer saperne di più su questo argomento, leggi anche gli articoli:- UNV Internship Programme: trenta tirocini in Paesi in via di sviluppo finanziati dal ministero degli esteri- Valeria Setti: «Da Rovereto a Vienna per mettere la diplomazia al servizio dei diritti umani:la mia esperienza alla Fundamental Rights Agency»

Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Mariella Mulè, oggi dipendente di M&G - Chemtex.Il mio nome è Mariella Mulè, ho 27 anni e sono un ingegnere chimico. Sono originaria di un paesino in provincia di Agrigento; dopo il liceo classico ho deciso di iscrivermi al corso di laurea in Ingegneria chimica presso l’università di Palermo. In quel periodo abitavo con altre ragazze, pagando 150 euro al mese di affitto: chiaramente erano i miei genitori a mantenermi. La laurea triennale è arrivata nel novembre 2006, la specialistica (col massimo dei voti) nel novembre 2008: credevo a quel punto che trovare lavoro non sarebbe stato difficile, che sarebbe bastato mandare qualche curriculum vitae e fare qualche colloquio. In realtà non è stato così semplice. Dopo aver trascorso i primi quindici giorni a mandare cv via e-mail e ricevere solo qualche chiamata, ho deciso di fare le valige e raggiungere il mio ragazzo a Milano, in cerca di opportunità. Ricordo che uscivo tutte le mattine con il freddo, con una lista di società interinali e la cartina  della città e andavo a consegnare personalmente i miei curricula; poi da casa continuavo a mandarne altri via e-mail. Ma ai colloqui era sempre la stessa storia: le aziende non erano disposte ad assumere subito in quel periodo di crisi.Dopo tre mesi a Milano mi sono spostata in Piemonte, a casa di una zia, e lì ho ricominciato la mia ricerca di lavoro "porta a porta", sempre affiancata a quella via internet. Un giorno ho ricevuto un’email con la notizia che il gruppo M&G - Chemtex stava cercando uno stagista, e mi sono candidata. Nello stesso periodo avevo avuto anche un’altra proposta di stage grazie ad una società interinale: superati i colloqui per entrambe le posizioni, ho optato per quella di M&G perchè mi avrebbe permesso di entrare a far parte di una grossa realtà.All’inizio dello stage il tutor mi ha spiegato il tipo di lavoro che avrei dovuto fare, dimostrandosi sempre molto disponibile; così è cominciata la mia esperienza in Chemtex. Studiavo una particolare sezione dell’impianto pilota per la produzione di bioetanolo, vagliando le possibili soluzioni per risolverne i problemi. Quindi ho cominciato anche la fase sperimentale, correlata di rielaborazione dei dati. E’ stato un lavoro molto coinvolgente e che mi entusiasmava: l’unico problema rimaneva il compenso economico. Si trattava di una cifra molto contenuta, che non mi permetteva di coprire completamente le spese: pagavo 200 euro di affitto, 100 euro di benzina, 150 euro per mangiare, 100 euro tra luce, acqua etc... insomma 450 euro non erano sufficienti.Ho iniziato lo stage nel maggio del 2009: la durata prevista era di 6 mesi, ma io ne ho fatti solo quattro. Ho interrotto in anticipo perchè avevo ricevuto da un’altra azienda una proposta irrifiutabile: un contratto a tempo indeterminato. Ubi maior minor cessat! Ho lavorato in questa nuova realtà per un paio di mesi; dopo di che Chemtex mi ha richiamata, offrendomi uno stipendio equivalente e un contratto a tempo determinato di due anni. Ho meditato a lungo sul da farsi: in sostanza avrei lasciato una prospettiva a lungo termine per una a medio termine. Ma alla fine ho voluto seguire l’istinto: sono ritornata a fare un lavoro che mi piaceva molto di più e mi permetteva di mettere in pratica tutto ciò per cui avevo studiato.Il mio contratto alla M&G – Chemtex è cominciato a novembre 2009 e scadrà a novembre 2011. Oggi posso dire di fare un lavoro che mi soddisfa, e sono a contatto con persone che possono insegnarmi veramente tanto. Vivo da sola: in un paesino qui vicino a Rivalta Scrivia sono riuscita a trovare un bilocale a 200 euro, non che sia il massimo, ma mi accontento. Penso che lo stage possa essere un buon punto di partenza per iniziare la propria carriera lavorativa, e fare quell’esperienza che manca al percorso universitario. Il grande errore che alcuni neolaureati commettono è quello di credere di sapere già tutto. In realtà gli studi sono semplicemente la base: la cosa più importante è l’umiltà e la disponibilità ad imparare sul campo, anche dopo aver chiuso i libri.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE anche le testimonianze degli altri stagisti col Bollino:- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Sara Cestrilli, oggi dipendente di Ferrero.Mi chiamo Sara Cestrilli, sono nata 25 anni fa a Velletri – uno dei più grandi castelli romani – e dopo il liceo classico ho fatto Scienze politiche alla Sapienza di Roma: il corso in Economia e istituzioni sintetizzava più di ogni altro le miei passioni per la storia ed il diritto. A febbraio 2007 ho conseguito la laurea con lode con una tesi in Politica economica europea e poi mi sono iscritta alla specialistica in Economia e istituzioni dell’integrazione europea ed internazionale presso la facoltà di Economia. Malgrado i cinque esami debito per il cambio di facoltà e la stanchezza dovuta ad un lavoretto come cassiera nei fine settimana, dopo meno di due anni mi sono laureata con lode con una tesi che analizzava le cause della crisi dei mutui subprime e la nazionalizzazione delle banche. Con un unico rimorso: non aver accettato la borsa Erasmus – perchè quando mi hanno comunicato che sarei potuta andare in Spagna avevo già terminato gli esami, la tesi era quasi pronta e non me la sono sentita di partire e laurearmi fuori corso.Dopo la laurea sono incappata nel sito del Crui che permette di candidarsi per stage presso ministeri. Dopo qualche settimana sono stata contattata da quello dello Sviluppo economico e a fine aprile ho iniziato un tirocinio al dipartimento per la valutazione degli investimenti pubblici per occuparmi di un progetto di ricerca sul capitale sociale tra nord e sud Italia. Durata prevista: sei mesi. Una bella esperienza, il mio tutor era particolarmente preparato ed entusiasmato dal progetto, ma al terzo mese ho interrotto lo stage: il ministero non mi dava un rimborso, neanche per l’abbonamento dei mezzi pubblici, costringendomi a dipendere ancora dai miei – cosa che mi stava ormai stretta – e in più le prospettive occupazionali erano inesistenti.Gli stage sono uno strumento meraviglioso: per noi giovani rappresentano un approccio immediato al lavoro, e per aziende ed enti pubblici un modo economico per valutare e trovare nuove risorse. Si corre però il rischio di deprimere le aspettative di chi si è appena laureato: lavorare senza percepire un rimborso, seppur minimo, è un sacrificio che si sopporta se si ha la certezza che mettendo in pratica le conoscenze e sviluppando le competenze si avrà una possibilità lavorativa più concreta. Lavorare senza percepire soldi e avere la certezza che nessuno, dopo, potrà offrirti una possibilità debilita il giovane e le sue prospettive.La mia esperienza in Ferrero è nata un pò per caso: quando al JobMeeting di Roma nel maggio 2009 ho visto lo stand ho pensato di lasciare il mio curriculum con la speranza di ricevere un campioncino di Nutella. Niente campioncino, ma in cambio due colloqui e poi la proposta di uno stage di sei mesi nella sede di Pino Torinese, a una decina di chilometri da Torino. Il rimborso spese di mille euro che mi avrebbe permesso di mantenermi senza dover chiedere soldi ai miei genitori e la possibilità di fare una prima esperienza fuori casa mi hanno indotto a dire sì: ho interrotto lo stage al ministero e all’inizio di luglio ho iniziato l’avventura piemontese. Inizialmente mi hanno fatto fare esperienza con i clienti medio/piccoli: dovevo rispondere alle loro segnalazioni e trasmettere quanto appreso a delle operatrici di un call center a cui la Ferrero avrebbe poi esternalizzato il servizio clienti. Fin da subito sono stata iniziata al lavoro operativo: se inizialmente temevo di dover fare un lavoro eccessivamente meccanico, pian piano ho apprezzato il beneficio di un contatto continuo con il cliente, la piacevole sensazione di saper rispondere a domande insidiose. L’alloggio per il primo mese mi è stato offerto dalla Ferrero in un residence nel centro di Torino. Poi ad agosto mi sono fatta tre settimane di ferie – avevo già prenotato un viaggio e sono stata fortunata, non mi hanno chiesto di annullarlo – e al mio ritorno ho iniziato a condividere un appartamento insieme ad altre tre ragazze, una calabrese, una cinese ed una rumena (sì, lo so, sembra sempre l’inizio di una barzelletta…). Pago 350 euro al mese: non è poco ma le spese sono incluse e abito in una posizione strategica per godere della città, tra il centro ed il parco del Valentino. Torino ha soltanto due difetti: la mia famiglia e i miei amici non vivono qui – spesso quando rientro a casa ho la tentazione di non volermene andare più – e il clima è freddissimo d’inverno e caldissimo l’estate. Quest’inverno siamo arrivati anche a -13° e uscire la mattina non è stato facile!Lo stage sarebbe dovuto terminare a gennaio ma è stato prolungato fino a metà marzo per permettermi di subentrare alla mia tutor, che nel frattempo era rimasta incinta e quindi di lì a poco sarebbe entrata in maternità. Devo dire grazie a lei due volte: prima per avermi insegnato con pazienza (tanta pazienza!) ogni dettaglio del lavoro fino a rendermi indipendente, e poi per aver creato, con la sua gravidanza, lo spazio per me. Il contratto di sostituzione terminerà al rientro della neomamma: oggi guadagno 1600 euro lordi al mese, poco meno di 1200 euro netti. Faccio un lavoro di controllo sul servizio clienti esterno e rappresento il loro secondo livello, ossia gestisco le segnalazioni che loro non sono in grado di risolvere. Quando mi fermo a riflettere sul mio percorso, mi rendo conto di fare tutt’altro rispetto a quel che avevo progettato. Mi ero iscritta a scienze politiche e poi a economia con il sogno di lavorare in qualche organizzazione internazionale, magari all’estero, e viaggiare in continuazione. Ora invece i miei obiettivi sono cambiati, ma non è cambiata la mia voglia di crescere professionalmente e umanamente. Una cosa che ho imparato nell’ultimo anno è proprio la variabilità delle aspettative: il mondo del lavoro è ormai talmente flessibile che anche i nostri obiettivi devono diventarlo.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le testimonianze di altri stagisti col bollino:- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»- Alberto Riva: «Un master, sei mesi di stage e ora un contratto in M&G, una delle aziende del Bollino»

Eugenio Bertozzi: il fisico musicista vincitore del premio per la didattica della Fisica nel 2007

In occasione dei bandi per i premi della Società italiana di Fisica, la Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze dei precedenti vincitori. Ecco quella di Eugenio Bertozzi, che nel 2007 si è aggiudicato quello per la Didattica o la Storia della Fisica, e oggi a 32 anni è direttore scientifico del museo del Balì. Sono di Saltara, un piccolo centro della provincia di Pesaro-Urbino. Dopo essermi diplomato nel 1997 al liceo scientifico di Fano, seguendo un certo trend dell’epoca che sembrava prescrivere successo e carriera agli ingegneri e stenti e calamità ai fisici e ai matematici mi ero iscritto ad Ingegneria prima a Bologna e poi ad Ancona, ma con poca convinzione. Finalmente al terzo anno mi sono deciso a passare a Fisica, a Bologna. Gli esami – pochini – che avevo fatto mi sono stati convalidati: mi sono laureato a marzo 2004 con una tesi in fisica teorica dal titolo “Self-similarità e collasso gravitazionale in relatività generale”. Quasi sette anni per laurearsi non sono pochi, ma di mezzo c’è stato un po’ di tutto: oltre al cambio di facoltà, gli studi di violino, pianoforte e composizione ai conservatori di Pesaro (dove mi sono diplomato in violino) e Bologna. In particolare l'esame di VIII corso nel 1999 e il diploma in violino nel 2001, per cui studiavo anche otto ore al giorno! E poi avevo i concerti con l’orchestra - insomma, per molte persone come me gli ultimi anni di conservatorio (i più duri perché oltre lo strumento c’era il quartetto, l’orchestra, la musica da camera…) coincidevano con i primi anni di una facoltà scientifica (fisica, ingegneria o medicina… ancora i più duri!) e il binomio era esplosivo.Appena laureato, al primo colloquio ricevetti una proposta lavorativa da una società di consulenza di Milano. Mi offrivano 1200 euro netti come primo stipendio. E… Rifiutai. Per fare la SISS, cioè la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario! Anatema generale: la SISS, a Bologna, ti occupava quasi tutti i pomeriggi per due anni, allo stesso prezzo delle tasse universitarie,  senza sicurezza di lavorare e senza un minimo di rimborso (io in effetti per mantenermi facevo il tutor di matematica e fisica in una scuola privata); tuttavia sentivo che, al di là del risvolto immediato, potesse fare al caso mio. E così è stato: fu una delle esperienze migliori che mi siano capitate.  Penso che come insegnante me la caverei bene: l’abilitazione, che non ho mai sfruttato, mi ha fatto conoscere un approccio alla fisica più riflessivo e maturo. Da lì ho capito in che gruppo avrei potuto fare il dottorato di ricerca.Nel 2006 ho tentato quindi questa carta, ho vinto il concorso e sono diventato dottorando nel gruppo di ricerca di didattica della Fisica con una borsa di studio inizialmente di 848 euro al mese, poi lievitata a mille euro. Col dottorato è arrivata anche l’esperienza all’estero, tre mesi presso l’università Ebraica di Gerusalemme, toccante dal punto di vista umano e importante da quello professionale: nel mio settore, la science education, lì c'è uno dei  gruppi di ricerca più attivi e interessanti al mondo. Mi ha aiutato ad affrontare le spese una borsa Marco Polo dell’università: qualche centinaio di euro in più che sono servite per il viaggio e l’alloggio a Gerusalemme, città abbastanza cara. E proprio quando ero in Israele ho saputo, via Skype, di essere stato nominato dalla Fondazione «Villa del Balì»  direttore scientifico del museo… Ma qui devo fare un passo indietro. Dopo la laurea avevo iniziato a lavorare come animatore scientifico al neonato museo del Balì, un science centre di ultima generazione con planetario e osservatorio aperto proprio nel paesino di Saltara. Il mio compenso era "a chiamata" con una media di poche centinaia di euro al mese - e lo integravo con le lezioni di tutorato alla scuola privata e qualche minuscola ma intraprendente operazione in borsa  per pagare affitto della casa e rate della SISS; insomma, dal punto di vista economico, non è che si facesse sempre in pari.  Col passare del tempo l’attività mia e del museo è aumentata e nel 2006 ho avuto una borsa di studio di 10mila euro netti all'anno dalla provincia di Pesaro-Urbino per condurre un lavoro di ricerca sulla figura di Giuseppe Occhialini - fisico dei raggi cosmici nato a Fossombrone, ad un tiro di schioppo dal museo, che sfiorò per due volte il premio Nobel. Ne nacquero una mostra e una serie di attività che nel 2007 celebrarono il centenario della nascita, col coinvolgimento delle università milanesi Statale e Bicocca, dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare, dell'Istituto nazionale di Astrofisica, dell'Agenzia spaziale italiana, della European Space Agency e dell'Alcatel Alenia Space Italia. Oggi mi occupo del "benessere" scientifico di tutto il museo del Balì: mi piace molto, ma non voglio "chiudermi" in una struttura museale; ho concluso il dottorato nel maggio scorso e mi piacerebbe continuare la carriera universitaria, tentando per esempio il concorso per ricercatore. Ho partecipato per la prima volta al congresso SIF nel 2006, a Torino. Da lì sono sempre stato aggiornato via mail dei vari premi e ogni tanto davo un’occhiata al sito; appena ho visto quello sulla didattica e la storia della Fisica ho partecipato e ho vinto l’edizione 2007. Cosa ho fatto dei tremila euro di premio? Una vita piena di attività è anche piena di spese, quindi non mi ci sono potuto comprare una moto: li ho investiti in quello che stavo facendo. Mi sento refrattario alle definizioni, sono un fisico ma anche un musicista. Dopo il diploma ho appeso il violino al chiodo per nove anni e mi sono concentrato sul pianoforte. Ma proprio qualche mese fa, non so proprio perché - le vie dell’inconscio sono proprio imperscrutabili - l’ho ripreso in mano e ora lo suono tutti i giorni.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Montepremi di 20mila euro per giovani laureati in Fisica: aperti fino al 25 giugno i bandi della Sif- Fisica che passione: la testimonianza di Marco Anni, vincitore del premio Sergio Panizza nel 2009

Fisica che passione: la testimonianza di Marco Anni, vincitore del premio Sergio Panizza nel 2009

In occasione dei bandi per i premi della Società italiana di Fisica, la Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze dei precedenti vincitori. Ecco quella di Marco Anni, classe 1976, che si è aggiudicato nel 2009 il premio «Sergio Panizza». Oggi è ricercatore presso il dipartimento di Ingegneria dell'innovazione dell'università del Salento.Ho studiato Fisica nella mia città, Lecce, in quella che oggi si chiama università del Salento. Mi sono laureato con lode nel luglio del 1998: avevo soltanto 22 anni perchè sono anticipatario – mi ero iscritto a 18 – e perchè ci ho messo solo tre anni e mezzo a finire. Tre mesi dopo la laurea ho cominciato un dottorato nel settore di ricerca della Fisica della materia: tre anni, con una borsa di studio che allora ammontava a un milione di lire. Studiavo alcune molecole simili alle plastiche in grado di emettere luce in determinate condizioni: quella tecnologia che, per capirci, sta alla base delle tv led e dei laser. Fino alla fine del 2000 ho vissuto con i miei, poi mi sono trasferito in una casa tutta mia. Concluso il dottorato nel 2001, a 25 anni, ho partecipato a un concorso e sono diventato ricercatore a contratto; dopo i tre anni di prova sono stato confermato in ruolo e quindi ricercatore a tempo indeterminato. Continuo a fare ricerca e parte del mio tempo la dedico alla didattica, anche se è un malcostume dell’università italiana che i ricercatori debbano insegnare: una legge del 1980 dice che non lo dovremmo fare se non su nostra espressa richiesta... Ma all’epoca in cui ho fatto il concorso io era stato appena introdotto il 3+2 ed erano stati attivati nuovi corsi di laurea, quindi l’università aveva bisogno di più docenti e aveva fatto con noi ricercatori un accordo: vi assumiamo, ma voi vi prendete anche l’impegno di fare alcune ore di didattica. I fondi sono quelli che sono: io fino al 2006 ho fatto parte di un gruppo di ricerca molto grande che fortunatamente aveva a disposizione cospicui finanziamenti e strumentazioni adeguate, ma non bisogna dimenticare che ci sono tanti altri studiosi bravi e meritevoli che fanno molta più fatica, e lo status di «ricercatore» spesso diventa perenne. Per esempio ora io, a 34 anni e con quasi un decennio di esperienza alle spalle, potrei ambire a un posto da professore associato: peccato però che i concorsi siano rarissimi! Per i circa 150 fisici della materia oggi esistenti in Italia sono stati messi a bando solamente nove posti dal 2004 a oggi.Il mio lavoro mi piace moltissimo: all’inizio ero capace di passare anche 12 ore al giorno in laboratorio. Del resto si sa che i fisici sono stakanovisti... Ora però non reggo più quei ritmi: forse sono  un po' invecchiato, e poi ho anche messo su famiglia. Del mio stipendio non mi lamento, mi permette di vivere dignitosamente. Certo però il mio "gemello di dottorato", che è andato a lavorare nell’industria, oggi guadagna almeno dieci volte più di me. E non parliamo poi dell’estero…Del premio Panizza ho saputo via internet, sul sito della Società italiana di fisica. Mi sono candidato nell'edizione del 2009 e ho vinto: a fine settembre, in occasione del congresso annuale della Sif a Bari, sono stato premiato con un assegno di 2mila euro netti [nell'immagine, un momento della premiazione]. La motivazione della mia vittoria dice così: «Per gli originali risultati ottenuti nello studio di eterostrutture epitassiali monodimensionali (Quantum Wires), di materiali organici coniugati e di nanocristalli colloidali di semiconduttori». Facendo un primo bilancio, posso dire di essere contento di aver studiato Fisica e di averla studiata qui, a Lecce, perchè c’è un’università di eccellenza: prova ne sia che molti di quelli che si laureano qui fanno strada, sia in Italia sia all’estero. Certo è un periodo difficile per questo mestiere: le università sono in affanno, ogni cinque professori anziani che vanno in pensione ne viene assunto solamente uno giovane, e andando avanti di questo passo non so che fine faremo. Comunque il consiglio principale che mi sento di dare ai giovani, specialmente ai molti che spesso si ritrovano indecisi tra le facoltà di Fisica e di Ingegneria e tendono a scegliere quest’ultima perché pensano che porti più lavoro, è questo: scegliete quello che vi appassiona di più. La passione non lascia rimpianti.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Montepremi di 20mila euro per giovani laureati in Fisica: aperti fino al 25 giugno i bandi della Sif- Eugenio Bertozzi: il fisico musicista vincitore del premio per la didattica della fisica nel 2007

Valeria Setti: «Da Rovereto a Vienna per mettere la diplomazia al servizio dei diritti umani: la mia esperienza alla Fundamental Rights Agency»

Scade oggi il bando per candidarsi per uno dei tirocini da mille euro al mese presso la Fundamental Rights Agency (FRA) di Vienna. Per l'occasione, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto la testimonianza di una giovane italiana che sta facendo questa esperienza.Mi chiamo Valeria Setti, ho 24 anni e sono di Rovereto, in provincia di Trento. Dopo il liceo scientifico mi sono iscritta al corso di laurea triennale in Scienze internazionali e diplomatiche presso l’università di Trieste, nella sede di Gorizia: durante il terzo anno ho fatto anche un Erasmus a Nantes, in Francia.  Nessuno nella mia famiglia ha fatto carriera internazionale: la mia è stata una scelta indipendente, nata da una passione per i viaggi, le lingue e le esperienze in paesi diversi. Tra l’altro al momento dell’iscrizione pensavo solo alla carriera diplomatica: poi invece ho scoperto le tante possibilità che una laurea in relazioni internazionali può offrire, e ho maturato un interesse per le organizzazioni internazionali.Dopo la laurea – nel luglio del 2007, a 21 anni – anzichè la specialistica ho deciso di fare un master biennale in Advanced international studies presso l’Accademia Diplomatica di Vienna. La retta ammontava a 7mila euro all'anno – il primo me l’hanno pagato i miei, per il secondo invece grazie ai miei voti ho ottenuto una borsa di studio dall'Accademia. Durante il master ho fatto anche un tirocinio Mae-Crui di tre mesi alla Rappresentanza permanente d’Italia presso le Organizzazioni internazionali a Vienna. Collaboravo con il delegato per l’ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il crimine (UNODC), avevamo un buon rapporto, ma chiaramente dato che questo ufficio era gestito dal ministero degli Esteri non c’è stata nessuna possibilità di assunzione alla fine dello stage. Comunque è stata un’esperienza interessante: ho potuto vedere come funziona l’ONU – di cui, forse non tutti lo sanno, Vienna è il secondo quartier generale in Europa dopo Ginevra. Seguivo riunioni, scrivevo report e documenti per il ministero, facevo ricerca su tematiche specifiche… Purtroppo questo programma di stage non prevede rimborso spese. A mio parere dovrebbe essere strutturato diversamente: accogliere meno stagisti, ma offrire loro un periodo formativo più lungo e un rimborso.Ho conseguito il diploma di master nel giugno del 2009, a 23 anni, e dopo sono subito entrata come stagista nella l’ONG per i diritti umani Human Rights Watch, a Parigi. Quattro mesi nel settore advocacy e fundraising/comunicazione con un rimborso spese che prevedeva la copertura dei pasti (per un massimo di 10 euro al giorno) e l’abbonamento della metropolitana: in tutto circa 350 euro mensili, chiaramente non sufficienti a coprire tutti i costi della vita parigina. Lo stage però è stato davvero interessante, anzi direi illuminante per me: lì ho preso la decisione di voler lavorare nel settore dei diritti umani –da cui la mia domanda alla FRA. Avendo studiato a Vienna per due anni la conoscevo bene, e avevo utilizzato qualche sua pubblicazione per la mia tesi. Ho fatto domanda a novembre 2009, ed i primi giorni di gennaio 2010 ho ricevuto una email con l’esito positivo della mia application. In quel momento vivevo a Parigi, dove stavo terminando lo stage presso Human Rights Watch; avendo già dei contatti a Vienna, ho trovato casa facilmente. Vivo nell’ottavo distretto, uno dei più centrali: divido un appartamento grande e carino con altre due persone, un ragazzo che lavora come consulente all’ONU ed una ragazza che studia all’Accademia Diplomatica. Pago 350 euro spese e internet inclusi. Fortunatamente il rimborso erogato dalla FRA permette di mantenersi autonomamente, senza dover rinunciare ad uscire la sera: Vienna è una città piuttosto economica, e si può vivere bene anche con un budget limitato.   Alla FRA lavoro nel dipartimento di Relazioni esterne e networking: in particolare seguo un progetto sulla multi-level governance e uno sulla violenza sulle donne. Finora sono molto contenta dello stage, sia per quanto riguarda il lavoro che mi è stato assegnato sia a livello interpersonale: i miei due supervisor mi affidano compiti di responsabilità  e mi inseriscono in tutte le attività riguardanti i progetti su cui lavoro. Per il futuro, ancora non so se preferirei far parte di una ONG o di un’istituzione. Dopo lo stage a Human Rights Watch e quello alla FRA, mi piacerebbe fare un’esperienza sul campo in un paese in via di sviluppo, magari combinando questo con un progetto tipo UNV (United Nations Volunteers) o JPO (Junior Professional Officer) presso le Nazioni Unite. Le possibilità nel settore delle organizzazioni internazionali sembrano moltissime, ma in realtà questo è un campo dove la competizione è elevatissima – per ogni posizione competono persone provenienti dal mondo intero. Indipendentemente dal settore, i requisiti per intraprendere una carriera internazionale sono molti: però è una vita piena di stimoli, interessante, che ti permette di crescere moltissimo da un punto di vista personale. I cervelli italiani in fuga? Io me ne sono andata dall’Italia già dopo la laurea triennale, per ovvi motivi legati alla mia scelta professionale, e anche perchè, seppur molto contenta del percorso universitario a Gorizia, ritenevo che per intraprendere una carriera internazionale sia necessario studiare all’estero,  o quanto meno studiare in lingua straniera, in una classe dove ci si possa confrontare con studenti provenienti da altri paesi e con altri background, e questo a Gorizia mancava un pochino. Non penso tornerò, almeno non a breve: le prospettive nel settore delle organizzazioni internazionali in Italia sono limitate, come del resto in tutti gli altri settori. Il problema principale dell’Italia è che un giovane di 24 anni non viene nemmeno lontanamente considerato come un adulto, come una persona che ha conseguito un titolo accademico e che si merita di iniziare una vera e propria carriera professionale. Siamo abituati a laureati di 30 anni, che vivono ancora in famiglia… all’estero la mentalità è diversa, un 24enne con un buon master in mano ha tutte le carte in regola per ottenere un impiego di responsabilità .Ai miei coetanei mi sento di dare un consiglio: studiate all’estero, o comunque uscite dall’Italia per fare esperienza, e imparate veramente bene le lingue straniere.testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage da mille euro al mese alla Fundamental Rights Agency di Vienna: candidature aperte fino al 7 giugno- Stage all'estero, Mae-Crui ma non solo: attenzione all'assicurazione sanitaria

Stagisti col bollino / Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»

In occasione del primo compleanno dell'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Laura Pagani, oggi dipendente di Nestlé.Mi chiamo Laura Pagani e sono di Brescia. Ho 26 anni e da quando ho cominciato l’università vivo divisa tra Brescia e Milano. Una volta diplomata al liceo scientifico ho tradito il mestiere di famiglia (entrambi i miei genitori sono medici) e mi sono iscritta alla triennale in Relazioni pubbliche e pubblicità alla Iulm: mi sono quindi trasferita a Milano, andando a vivere con mio fratello in una casa che è della nostra famiglia. In quel periodo ho fatto sporadicamente qualche piccolo lavoretto, ma erano comunque i miei a mantenermi. Ho proseguito poi con la specialistica in comunicazione e strategia della marca, laureandomi a marzo 2009. Mentre ancora studiavo ho fatto il mio primo stage nell’ufficio stampa di un’agenzia di comunicazione di Brescia, trovato tramite un annuncio su internet. Tre mesi, zero rimborso spese. Mi occupavo di realizzare e diffondere comunicati stampa ed elaborare la rassegna stampa, ma anche di copywriting e di organizzazione di eventi. Il mio tutor era una persona molto occupata, quindi devo dire che non mi seguiva molto… ma avevo un buon rapporto con gli altri colleghi e se avevo bisogno di aiuto c’era sempre chi mi dava una mano.Alla fine dei tre mesi mi hanno offerto un contratto a progetto di altri quattro mesi, part time per mia esplicita richiesta: in quel periodo stavo scrivendo la tesi e volevo concentrarmi su quello. La retribuzione era di 500 euro netti al mese. Alla fine del cocopro ho scelto di lasciare l’agenzia: ormai avevo capito che lì non avrei avuto prospettive di crescita professionale. E poi volevo avere l’occasione di provare altre realtà lavorative, più grandi e stimolanti.Ed è così che sono arrivata in Nestlé: ho risposto a un annuncio su internet, ho fatto i tre step della selezione (colloquio di gruppo, colloquio con il responsabile recruiting e infine colloquio con il mio futuro responsabile) e alla fine mi hanno proposto uno stage di sei mesi nella direzione Relazioni esterne di Nestlé Italiana, nella sede di Milano. Il rimborso spese mensile ammontava a 710 euro netti, e tra i benefit c’erano la mensa gratuita e l’accesso alla palestra.Ho cominciato a giugno 2009: mi occupavo del supporto alle attività di relazioni esterne sia corporate sia di brand, del monitoraggio delle attività di corporale social responsability e della diffusione interna della rassegna stampa. Ho avuto l’opportunità di collaborare all’organizzazione di diversi eventi, tra cui la conferenza stampa del lancio di Latte Perugina, e di partecipare a convegni come il Salone della responsabilità sociale d'impresa. Questi sei mesi sono stati molto intensi e produttivi, ho imparato tantissimo e sono stata subito coinvolta in progetti importanti. Poco prima del termine del mio stage si è aperta una posizione, sempre all’interno della divisione Relazioni esterne, e mi è stato offerto un contratto di apprendistato della durata di 24 mesi, partito a metà gennaio di quest’anno. Con molta soddisfazione quindi sto proseguendo il mio percorso qui in Nestlé. Guadagno 23mila euro lordi all’anno, più o meno 1300 euro netti al mese: dato che fortunatamente non devo pagare l'affitto posso dire di essere completamente indipendente.Quello della comunicazione esterna è un settore che mi appassiona, ma in futuro mi piacerebbe anche avere l’opportunità di vivere un’esperienza in altri ambiti, come il marketing ad esempio. Penso che lavorare in una grande multinazionale come Nestlé  permetta di avere maggiori possibilità di crescere professionalmente e di job rotation.Il problema principale dello stage oggi in Italia è che il più delle volte gli stagisti, laureati e spesso anche con master, ricevono un rimborso spese irrisorio, se non nullo, per svolgere mansioni che a mio avviso sono al pari dei dipendenti assunti. Mi è capitato più volte di sentire di esperienze di stage in cui la formazione era totalmente assente, e in cui i tutor pretendevano esperienza e conoscenze, ma al tempo stesso senza offrire retribuzione né garanzie di assunzione. Penso che questa sia una situazione inaccettabile. Ho scoperto la Repubblica degli Stagisti un anno e mezzo fa in un articolo su un giornale: l’ho trovata un’iniziativa importantissima e sono molto contenta che qualcuno dia finalmente voce a tutti gli stagisti d’Italia. Così come è importante, sia per le aziende che per i ragazzi in cerca di lavoro, avere un attestato di riferimento come quello del Bollino OK Stage che certifichi il rispetto dei diritti dello stagista e al tempo stesso valorizzi le aziende più virtuose. Il caso ha voluto che oggi sia proprio io ad occuparmi del Bollino, dato che Nestlé fa parte di questa iniziativa ormai da più di un anno, ed ha appena rinnovato l’adesione!testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuro- La testimonianza di Alberto Riva: «Un master, sei mesi di stage e ora un contratto in M&G, una delle aziende del Bollino»