Davide Villa: «Sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo hanno capito»
Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Davide Villa, oggi dipendente di Dompé FarmaceuticiSono nato a Milano nel 1984 e il primo stage della mia vita l’ho fatto a 17 anni, nell’estate tra la 3ª e la 4ª superiore: si trattava di un’esperienza scuola-lavoro di un mese presso l’ufficio fornitori della Air Liquide, organizzata dall’istituto tecnico Schiaparelli – Gramsci. Anche grazie a questa esperienza ho capito che il lavoro di ragioniere non era quello che avrei voluto fare nella mia vita… e quindi nel 2003, dopo la maturità, mi sono iscritto all’università. Non a Milano bensì a Pavia: primo perché offriva un corso di laurea che mi interessava – Economia e strategie di mercato – e che non era presente nelle offerte didattiche delle facoltà di economia milanesi, e poi perché ero curioso di andare a studiare in una città diversa, pur da pendolare (il tragitto con il treno dura circa mezz’ora). Ho concluso la specialistica nel luglio 2009, giusto in concomitanza col mio 25esimo compleanno.L’università arricchisce non solo a livello tecnico ma anche umano: io ho avuto modo di scambiare opinioni ed idee con molti studenti e docenti, e penso che questo sia stato possibile anche grazie alla dimensione relativamente modesta della facoltà, rispetto a quelle di grandi città come Milano. La sensazione era di trovarmi in mezzo a persone “con il mio stesso destino”, ma senza per questo essere in conflitto o in competizione: temo che sia difficile ritrovare queste sensazioni nel mondo del lavoro!Durante l’università, per pagarmi le piccole spese, ho fatto dei lavori part-time tipici degli studenti: call center, data entry, riordino di archivi, per un periodo – sfruttando la mia passione per l’informatica – anche il webmaster per dei siti. Ma la mia priorità è sempre stata lo studio: nel momento in cui mi accorgevo che un lavoro non mi consentiva di dedicare abbastanza tempo ai libri, anche se in compenso avevo delle entrate, lo lasciavo. Quando mi sono classificato per un Erasmus in Danimarca purtroppo avevo quasi finito gli esami: partire avrebbe significato andare fuori corso, senza contare il notevole sforzo economico che avrei dovuto chiedere ai miei genitori, e quindi ho scelto di rinunciare. Nel frattempo – era la primavera del 2009 – avevo iniziato il praticantato presso lo studio di un commercialista; ma dopo otto mesi, capito che quella non era la mia strada, ho cominciato a inviare curriculum a destra e a manca alla ricerca di un impiego che rispecchiasse di più le mie passioni e aspettative. Non avrebbe avuto molto senso fare i sacrifici necessari per ottenere l’abilitazione (tre anni di praticantato a 300 euro al mese e un durissimo esame di Stato), se tanto già sapevo che non avrei voluto fare la professione di commercialista. In realtà appena dopo la laurea sognavo un lavoro all’estero, anche di pochi mesi: non avendo fatto l’Erasmus, mi era rimasta la curiosità di provare a vivere in un Paese straniero. Tuttavia la crisi economica globale del 2009 ha azzerato questa possibilità: soprattutto Londra, la mia meta favorita, è stata duramente colpita dalla recessione, con la conseguenza che le aziende hanno bloccato le assunzioni e anche i semplici stage. Ho quindi proseguito la mia ricerca di lavoro in Italia, concentrandomi sugli annunci per il settore del controllo di gestione, e a un certo punto sulla bacheca online del Centro orientamento universitario dell’università di Pavia sono riuscito a trovare un’occasione in Dompé. Ho mandato il curriculum vitae e dopo un mese circa sono stato ricontattato per i classici tre step di selezione: ho fatto il colloquio di gruppo ed individuale con la direzione del personale, dopo qualche settimana il colloquio con quella che sarebbe stata la mia responsabile, e dopo pochi giorni sono stato ricontattato perché che ero stato scelto. Ero al settimo cielo!Lo stage, cominciato nel dicembre del 2009, è andato oltre ogni più rosea aspettativa, sia dal punto di vista economico (800 euro lordi al mese: visti i tempi che corrono non avrei potuto trovare di meglio!), sia soprattutto dal punto di vista formativo. L’attività di controllo di gestione si è rivelata molto interessante: mi sono occupato gradualmente – prima da osservatore, poi in affiancamento, e talvolta in autonomia – di chiusura mensile, analisi dei costi e degli scostamenti tra consuntivo e previsione, analisi per centro di costo, definizione e revisione del budget, reportistica ed analisi ad-hoc, manutenzione e sviluppo di sistemi informativi di gestione, elaborazione ed analisi dei dati. Alla fine dei sei mesi di stage, nella primavera di quest’anno, ho firmato un contratto a tempo determinato di un anno: oggi, a 26 anni, guadagno più o meno 1900 euro lordi al mese.Insomma me è andata bene, ma in Italia purtroppo la maggior parte delle aziende usa lo stage per sfruttare i giovani, che hanno un debole potere contrattuale e non possono fare altro che subire questa situazione. Ed è proprio per questo malcostume che sono utili la Repubblica degli Stagisti e l’iniziativa del Bollino OK Stage, per consentire ai ragazzi di individuare le aziende virtuose che invece usano in maniera corretta lo strumento dello stage, rendendole distinguibili dalle altre. Un’ulteriore mia personale considerazione riguardo le aziende “non virtuose” che usano lo stage come uno strumento di turnover è che esse non hanno una visione di lungo periodo: è vero che c’è un risparmio nel sottopagare una persona proponendole uno stage anziché un contratto, ma in realtà questo saving è solo apparente. Infatti lo stagista verrà affidato a un tutor, cioè un dipendente dell’azienda che userà un’importante parte del proprio tempo per formare il nuovo arrivato, diminuendo la propria produttività. Ciò può trasformarsi in un guadagno per l’azienda solo se lo stagista, una volta terminato il percorso formativo, viene inglobato nell’organizzazione, e si crea in questo modo un circolo virtuoso. Agendo in senso opposto si genera invece un circolo vizioso: il tutor ha sprecato il suo tempo e il calo di produttività non ha generato frutti. Insomma, sfruttare gli stagisti non conviene a nessuno: Dompé e le altre aziende del Bollino lo sanno e agiscono in maniera virtuosa, quand’è che lo capiranno anche le altre?Testo raccolto da Eleonora Voltolina Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Buon compleanno alla Carta dei diritti dello stagista e al Bollino OK Stage, e avanti tutta per il futuroE le storie degli altri "stagisti col Bollino":- Francesca Gerli: «Che fortuna: subito dopo la laurea ho trovato in Dompé uno stage da 700 euro al mese, e poi sono stata assunta»- Biagio Bove: «In piena crisi, uno stage per crescere e ripartire. E oggi alla M&G ho un contratto da 24mila euro all'anno»- Francesco Giordano: «Da subito avevo intuito che quello in Everis sarebbe stato uno stage diverso. E così è stato»- Chiara Chino: «Tre giorni dopo la laurea ho cominciato lo stage in Ferrero. E tre giorni dopo la fine dello stage sono stata assunta»- Cristina Cervio: «A sei mesi dalla fine dello stage Kellogg mi ha richiamato per assumermi»- Luca Bonecchi: ieri tirocinante in Giochi Preziosi, oggi assunto a tempo indeterminato- Mariella Mulè, ingegnere chimico tra Sicilia e Piemonte (passando due volte per M&G)- Sara Cestrilli: «Al Jobmeeting volevo un campioncino di Nutella, ho trovato uno stage da mille euro al mese e poi un lavoro»- Alberto Riva: «Laurea, master e sei mesi di stage: ecco il mio percorso per arrivare al contratto in M&G»- Laura Pagani: «Durante il primo stage lavoravo tantissimo e non prendevo un euro. Ho ritentato e sono stata più fortunata: in Nestlé mi hanno anche assunto!»