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Trovare lavoro, ecco come i centri per l'impiego possono servire ai giovani

In Italia il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni purtroppo è soltanto del 30%, ben 15 punti percentuali sotto la media europea; peraltro, il lavoro giovanile è caratterizzato dal fenomeno dell'over-education (essere troppo istruiti per il lavoro che si svolge). Anche lato stipendio i dati non sono buonissimi: l'andamento delle retribuzioni medie della fascia d’età 15-29 anni dal 1975 al 2019 è stato sempre decrescente. Quindi i giovani italiani trovano lavoro con dfifficoltà; e anche quando lo trovano, fanno fatica a mantenersi e ad andare a vivere da soli. Cosa fa lo Stato per aiutarli a trovare non solo lavoro, ma anche un buon lavoro? In questo episodio del podcast della Repubblica degli Stagisti, registrato live all'università Cattolica di Milano, parliamo di centri per l'impiego – e più in generale dei servizi e i programmi che le politiche attive del lavoro mettono a disposizione dei giovani – con Francesco Maresca, responsabile del Settore Lavoro della Provincia di Varese dopo essere stato per quasi vent’anni responsabile del Centro per l’impiego di Gallarate.«L'attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro dovrebbe essere il core-business dei centri per l'impiego!» esordisce Maresca: «Perché un giovane si reca al cpi? Per trovare lavoro! Un'azienda, perché lo fa? Perché ha bisogno di trovare personale giusto da assumere! Quindi dovremmo concentrarsi su questa funzione. Anche se le leggi nazionali ci caricano spesso purtroppo di incombenze molto burocratiche». «I giovani vengono presso le nostre strutture, ma non nascondo che spesso non le conoscono bene», dice Maresca: «Recentemente sono andato a fare Orientamento in una scuola superiore e ai cinquanta ragazzi che avevo di fronte ho chiesto chi sapeva cos'era un centro per l'impiego: ha alzato la mano un solo ragazzo». Quindi questo episodio serve anche a far conoscere l'esistenza di questi uffici, e i servizi che offrono: si parla di tirocini (anche estivi), delle opportunità di Eurodesk, dei JobDay Eures, dei servizi che un centro per l'impiego offre ai giovani, dell'utilizzo dei social network per entrare in comunicazione coi potenziali utenti più giovani. Maresca approfondisce il funzionamento di GOL, il nuovo servizio per la "garanzia di occupabilità dei lavoratori» finanziato con i fondi del Pnnr, «che permette di accedere a servizi di accompagnamento al lavoro ma anche l'aiuto per le start-up e la formazione». GOL, ricorda Maresca, adesso è aperto anche ai giovani e in qualche modo è andato a sostituire la Garanzia Giovani. Qualche numero rispetto alla realtà dei servizi al lavoro gestita da Maresca, nella provincia di Varese in Lombardia: 8mila patti di servizio sottoscritti ogni anno, di cui 2.200 che coinvolgono giovani; e in media 5-600 tirocini attivati. Il tirocinio in particolare «è uno strumento che utilizziamo molto» specifica Maresca: «sia l'extracurricolare sia il tirocinio estivo, e abbiamo anche quello di inclusione sociale. E abbiamo anche un ottimo risultato occupazionale sulla nostra provincia: arriviamo  al 70% di assunzione dopo i tre mesi di tirocini». Dato che sul territorio nazionale la media è ferma intorno al 30%, si tratta di una performance notevole: «Credo che sia dovuto anche al fatto che siamo molto attenti a far applicare le norme e quindi evitare tirocini che a volte sono un po' seriali» ragiona Maresca. Il cpi di Varese ha anche un ufficio preselezione che copre circa 2mila vacancy all'anno, «e nel 35% dei casi riusciamo a coprire la richiesta aziendale col nostro servizio».La direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina parla con Francesco Maresca anche del tema del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, che secondo il dirigente «sta aumentando: le aziende denunciano sempre più spesso la difficoltà di trovare personale. Noi abbiamo un tavolo provinciale dove abbiamo messo insieme tutte le parti sociali; abbiamo fatto un patto per le competenze; stiamo facendo un report con l'analisi dei fabbisogni formativi e lavorativi sul nostro territorio, per dare delle risposte».Le competenze più richieste «sono in assoluto le digitali, le tecniche e le linguistiche» dice Maresca, che dedica anche una riflessione al tema della scala di priorità dei giovani: «Da una indagine che ha fatto la nostra Confartigianato risultava che per i giovani la cosa più importante in assoluto è lo stipendio, addirittura più della stabilità del lavoro. Questo mi ha molto colpito». Il messaggio di Maresca è che «il lavoro non è solo guadagnarsi da vivere. È quello che faremo per la maggior parte della nostra vita, ed è una dimensione sociale fondamentale per trovare anche soddisfazione dalla nostra esistenza: quindi è importantissimo che nel lavoro ci si esprima, si riesca a soddisfare le proprie aspettative».Il libro del cuore di Francesco Maresca? Per scoprirlo dovrete ascoltare l'episodio! Un piccolo indizio: è un saggio scritto da una donna «di intelligenza straordinaria». (Ma del resto, a questa descrizione rispondono in molte, eh eh!).

Un nuovo modo di parlare di temi importanti a scuola: le assemblee d'istituto “memorabili” di Assembleiamo

Usare le assemblee d’istituto – quei momenti, una o due volte l’anno, in cui tutti gli studenti di una scuola si riuniscono per una sorta di “conferenza” – per affrontare tematiche che normalmente non sono discusse a scuola ma che possono invece interessare molto i ragazzi, come l’intelligenza artificiale, i social media, le problematiche sociali, la sostenibilità, le tematiche di genere o lavori “del futuro”, meno conosciuti. E farlo portando volti noti come la pallavolista Paola Egonu, il cestista Marco Belinelli, il musicista youtuber Pietro Morello, l'attore Alex Polidori (noto anche per essere la voce italiana di Tom Holland e Timothée Chalamet!), il ricercatore di chimica e divulgatore Barbascura, lo youtuber Leonardo Decarli, o ancora Aurora Caporossi, fondatrice dell'associazione Animenta che supporta i giovani con disturbi alimentari, la modella e influencer Ludovica Pagani, il fisico teorico e TedX speaker Cristiano De Nobili. Non necessariamente persone famosissime, ma che possono dare un valore importante agli studenti in termini di engagement, conoscenze e impatto generato. È la scommessa di Assembleiamo, associazione creata da Matteo Spreafico, che quando tutto è partito – nel 2020, poco prima del Covid – era al primo anno di università. Le assemblee sono spesso organizzate all’interno delle scuole stesse, ma anche in teatri, aule magne, cinema. «La nostra sfida giornaliera è rendere l’argomento di cui si parla, l’evento, interessante, avvincente. Uno dei modi per farlo è attraverso gli ospiti» dice Spreafico alla Repubblica degli Stagisti, che quest'estate lo ha anche invitato al suo evento Best Stage 2023 per raccontare l'iniziativa: «Se a parlare di social media faccio venire un esperto 50enne sconosciuto o della polizia postale non riscuoterò la stessa attenzione di quando invito un influencer. In questo secondo caso non solo gli studenti saranno interessati, ma anche emozionati, fieri di avere quella persona ospite a scuola. Cambia proprio l’approccio. E poi bisogna essere interattivi: parlare due ore frontalmente non funziona  in classe, figuriamoci con 500 persone. Bisogna prevedere delle attività interattive, sondaggi, work cloud, quiz che interrompono le varie fasi», continua a spiegare Spreafico: «Portiamo i ragazzi sul palco, diamo grandissimo spazio alle domande. Coinvolgiamo i giovani. Anche i temi più complessi possono essere affrontati nel giusto modo. E cerchiamo sempre il feedback al termine dell’assemblea, chiediamo cosa è piaciuto e cosa no per costruire l’evento futuro».In tre anni il progetto ha raggiunto circa 350mila studenti, non solo attraverso assemblee ma anche con dei tour strutturati su più giorni. «Visto che siamo di Busto Arstizio abbiamo cominciato con le scuole del nord, ma siamo presenti in tutta Italia: abbiamo scuole in Sicilia, Campania, Puglia, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna, Veneto. Certo, le scuole del Nord sono più avvantaggiate perché sono spesso più comode da raggiungere per gli ospiti degli eventi. Mentre per quelle del Sud si deve organizzare anche il viaggio dell’ospite, il che comporta dei costi. Ma cerchiamo comunque di garantire equità tra i diversi territori. Quindi magari sosteniamo le spese di viaggio, in questo caso più alte anche per i pernottamenti, oppure organizziamo dei tour/incontri in successione tra più scuole per ridurre i costi».Quando tutto è cominciato «eravamo giovanissimi: siamo partiti senza un vero modello di business, solo con l’idea di provarci», ricorda Spreafico: «Abbiamo poi visto che funzionava, che raggiungevamo tanti ragazzi, avevamo un impatto e c’erano tantissime aziende interessate a supportarci per raggiungere meglio la Generazione Z. Dall’associazione iniziale è nata School Innovation Lab, una start up che collega le aziende con i ragazzi delle scuole superiori per creare valore attraverso progetti educativi. Per ora è tutto autofinanziato, siamo partiti con i nostri risparmi. Dalla fee che chiediamo ai nostri partner aggiungiamo ai costi una nostra parte di ricavo: questa è quella su cui generiamo il nostro utile che al momento, però, è  reinvestito in nuovi progetti, per crescere poco a poco».Come si sia passati da un’associazione a una vera e propria start up con un vero modello di business? «Abbiamo sempre creduto nel confronto tra i ragazzi e gli adulti. Passiamo intere giornate a confrontarci con i ragazzi, a capire le loro esigenze. Abbiamo parlato con circa 400 rappresentanti di scuole diverse e questo ci ha permesso di avere una posizione probabilmente unica sulle esigenze di questo target. Allo stesso tempo negli eventi che creavamo come associazione coinvolgevamo professionisti e aziende che erano entusiasti e ci dicevano “Siamo interessati a venire in più scuole e investiremmo anche dei soldi perché ci crediamo e vogliamo che i giovani siano formati su questo tema”. E allora ci siamo detti: perché non mettere insieme le due cose? Aiutare le aziende a comunicare meglio con gli studenti e portare social employability e allo stesso tempo fare attività con i ragazzi sempre in un’ottica educativa». Il passaggio, in pratica, è stato naturale: «Possiamo fare molto di più di un’assemblea, possiamo lavorare con aziende e studenti, connetterli per creare valore per i ragazzi, per la scuola e per l’azienda stessa».Oggi all’interno della start up sono quattro soci, di cui tre operativi: Spreafico, oggi 25 anni, che ha la maggioranza delle quote, e poi Andrea Pasini e Lorenzo Perotta, entrambi classe 2002, che si occupano dello sviluppo dell’app e della parte amministrativa. A questi si aggiungono altri cinque collaboratori che lavorano su vari progetti.Ma per farsi venire un’idea del genere, Matteo Spreafico ha subìto, nella sua adolescenza, assemblee d’istituto terribili? «Alcune erano anche belle, ma in molte come in tutta Italia si finiva a vedere un film. Si lascia tutto in mano a ragazzi di 16-17 anni, e spesso l’organizzazione non è il massimo. La mia domanda quando siamo partiti è stata: perché non trasformare questa giornata in qualcosa che li coinvolga davvero? Questo è il segreto: quando i giovani si sentono coinvolti ascoltano chi hanno di fronte. E la cosa che ci fa più piacere, oggi, è quando i docenti ci dicono “non ho mai visto i ragazzi così attenti per due ore”». L’attenzione dei ragazzi si cattura portando speaker di valore e tematiche a loro vicine con un approccio innovativo, quindi molto interattive.E poi c’è la questione dell’impatto sociale sui giovani: «È la prima cosa che guardiamo. In tutti i progetti che facciamo per noi il feedback di ragazzi, docenti e scuole è un nodo centrale. Organizziamo eventi nelle scuole che spesso coincidono con le assemblee perché è lo spazio migliore per rappresentarli. Quindi possiamo portare l’atleta a cui si può ispirare il ragazzo, l’azienda che porta determinate tematiche affrontate dai suoi professionisti. E poi facciamo anche tante attività di formazione per i ragazzi. Per esempio collaboriamo con Canva, uno strumento gratuito di progettazione grafica online, per fare informazione agli studenti su questo tema, oltre a  progetti legati all’orientamento, al benessere psicologico, al confronto tra docenti e ragazzi».È possibile contattare School Innovation Lab attraverso qualsiasi canale (qui i loro profili Linkedin, Instagram, e il loro sito). E possono farlo sia gli studenti sia l’istituzione scolastica. «Dipende da cosa si vuol fare. Per fare solo l’assemblea ci può contattare direttamente il rappresentante di istituto: ci piace avere un primo rapporto con i rappresentanti o con loro e il preside insieme. Poi in base ai progetti spesso c’è bisogno anche di avere un contatto con la dirigenza, ma partiamo di solito con i ragazzi: raccontiamo loro cosa facciamo e cerchiamo di capire di cosa hanno bisogno».Tutto questo logicamente ha un costo, ma non sono le scuole a pagare. «Per politica aziendale non vendiamo servizi alle scuole. Il nostro cliente sono le aziende che hanno interesse a comunicare in modo più efficace con la Generazione Z, e noi le aiutiamo a farlo in un contesto a forte impatto sui ragazzi. È il patto sociale che cerchiamo di creare tra le aziende, dove ci sono soldi e fondi che servono alla scuola per fare progetti, e le scuole e gli studenti che hanno bisogno di questi progetti ma non hanno la liquidità per finanziarli. La nostra strategia è che a finanziare questi eventi siano le aziende o i privati. Il prezzo che le aziende pagano cambia a seconda di cosa si sta parlando: possono essere progetti molto grandi e allora facciamo preventivi ad hoc. Di solito non sono cifre elevate, ma cambia tutto se si decide di supportare progetti per raggiungere 40-70mila studenti». Ad oggi sono state coinvolte una trentina  di aziende, cucendo sempre progetti ad hoc in base all’interesse dell’impresa e agli obiettivi di impatto di Assembleiamo. «Ognuna ha obiettivi diversi: responsabilità sociale di impresa, brand&awareness, marketing&sales. Per questo in base alle esigenze andiamo a strutturare la loro partecipazione e contributo agli eventi. In alcuni casi sono solo sponsor o supporter, in altri  alcuni loro dipendenti intervengono in qualità di esperti sul tema».  Più della metà degli eventi, tra il sessanta e il settanta per cento, sono fatti puramente a impatto – quindi senza alcun finanziamento esterno.Per il suo impegno con lo School Innovation Lab Matteo Spreafico è stato selezionato tra i 25 giovani changemaker da Agenzia nazionale per i giovani e Ashoka Italia. «Sicuramente questo mi ha aiutato ad avere una prospettiva più sistemica sull’impatto che possiamo avere, un approccio molto più strutturato e professionale. Mi ha permesso di capire cosa significhi essere esperti, mi ha dato un metodo, una mission, aiutato a focalizzare meglio il nostro focus che è quello di voler modernizzare la scuola» osserva Spreafico: «Certo, un conto è dirlo, un altro crederci e lavorare con tutte le energie su questo. E Ashoka ci ha dato una mano proprio grazie al confronto con il loro team, alla possibilità di ampliare i nostri contatti, di parlare in conferenze, fare workshop. E ci ha messo in contatto con molti partner che ci possono supportare». Oggi Spreafico lavora a tempo pieno su questo progetto e dopo anni senza guadagni, visto che il poco incassato era reinvestito, adesso inizia ad avere anche un primo ritorno economico.In questo momento è in programmazione «il prossimo anno scolastico, per continuare a fare eventi nelle scuole sempre più strutturati e coinvolgenti. A settembre lanceremo un’applicazione per i rappresentanti e i loro studenti, che li supporti a creare una migliore comunità studentesca e a vivere meglio l’esperienza scolastica. Non solo, stiamo lavorando a un progetto che si chiama Agenda Scuola 2030, puramente a impatto sociale che ha un chiaro rimando all’Agenda Onu 2030 ma dedicata alle scuole. Quindi lavorare in primis con gli studenti e con insegnanti e presidi per andare a immaginare come potrà essere la scuola del futuro, individuando le problematiche di oggi e da lì andando a lavorare per trovare le soluzioni». Per farlo sarà necessario elaborare i temi durante le assemblee con gli studenti e il tutto «verrà elaborato nella piattaforma di School Innovation Lab, dove poi le taskforce composte da docenti, ragazzi ed esperti del mondo della scuola andranno a sviluppare un elaborato finale che sarà messo a disposizione di Regioni, ministeri e di tutti gli enti che lavorano nella scuola, come riferimento finale. Un po’ come fa l’Agenda Onu per tantissimi altri temi. È il nostro grande progetto: ci crediamo molto».Marianna Lepore

Career service, uffici stage - tirocini - placement: cosa sono e perché sono utili agli universitari

Oggi in Italia vivono 5 milioni e 800mila giovani tra i 15 e i 24; gli iscritti all'università – anche al di fuori di quella fascia di età, che resta però comunque preponderante – sono più o meno 1 milione 800mila; nel 2021 si sono laureate 370mila persone. Ma chi aiuta tutti questi giovani a orientarsi per trovare un impiego? Per gli universitari esistono uffici che fungono da connettori col mondo del lavoro. Il nome cambia a seconda dell'ateneo: in alcuni  è chiamato career service, in altri ufficio tirocini, oppure ufficio stage, o ancora servizio placement... Tanti nomi per intendere un solo concetto: aiutare i giovani a trovare stage – e talvolta anche lavoro.In questo episodio del podcast della Repubblica degli Stagisti Giovanni Castiglioni, Academic Career Officer presso il Servizio Stage & Placement dell'università Cattolica, fa una panoramica delle opportunità e dei servizi che sono a disposizione di uno studente universitario che vuole, mentre studia, già avvicinarsi al mondo del lavoro.  Gli uffici di questo tipo organizzano molte attività di orientamento. Per esempio, l'università Cattolica ospita ogni anno «una serie di eventi attraverso cui gli studenti possono farsi un'idea di che tipo di lavoro potranno andare a svolgere, incontrare dei professionisti del mercato del lavoro, e iniziare capire qual è la loro strada». E poi ci sono i career day, organizzati dalle università o da enti esterni, per mettere in contatto diretto aziende e candidati. Servono davvero? Castiglioni è convinto di sì: «E' una buona occasione. Il career day è un evento fieristico: ogni azienda ha il suo stand, ed è un modo per portare fisicamente il cv stampato, alla vecchia maniera. Conoscere un recruiter dal vivo è un'altra cosa rispetto a fare un incontro online o spedire un cv!».Gli uffici stage-placement universitari si occupano poi degli stage, sia curricolari sia extracurricolari: «Noi seguiamo tutto l'iter di attivazione, dalla compilazione del form alla verifica che il progetto formativo sia stato compilato e il tirocinio possa iniziare e poi concludersi nella data indicata» dice Castiglioni. Ogni anno il Servizio Stage & Placement della Cattolica attiva circa 10mila tirocini – dei quali «poco più di 500 sono extracurricolari, quindi per neolaureati», per i primi 12 mesi dopo la laurea –  e organizza più di 400 eventi complessivamente su tutte le sedi dell'università, rivolti ai 40mila studenti iscritti: «più di uno al giorno!». Ovviamente alcuni attirano più pubblico, altri meno: in totale l'anno scorso ci sono state 25mila presenze di studenti a questi eventi. «Negli anni ci siamo un po' "tarati", abbiamo capito quali sono quelli che funzionano di più» ride Castiglioni; per esempio «le presentazioni aziendali, in cui l'azienda viene in università e si presenta, non le facciamo quasi più. Funzionano molto di più i field project, i workshop, le company visit».Il consiglio di Giovanni Castiglioni per i giovani: «Non aver paura di sbagliare» e poi «essere curiosi». E quello per le aziende: «È come se ci fosse un nuovo mercato del lavoro, come se la pandemia avesse messo i riflettori su tutta una serie di aspetti che prima non venivano approfonditi: penso per esempio al benessere sul luogo di lavoro, all'importanza di stare bene in azienda, di avere degli orari conciliabili con la propria vita privata. Studenti e neolaureati oggi sono più sensibili a queste tematiche. La fatica che fanno le aziende a ricercare i cosiddetti talenti sta in questo: adesso un grande brand non è più sufficiente ad attrarre le persone, quindi bisogna raccontarsi di più e raccontare meglio il luogo di lavoro».E il libro scelto da Giovanni Castiglioni come consiglio di lettura? Per scoprirlo dovrete ascoltare la puntata fino alla fine. Un indizio: nessun altro ospite prima di lui aveva scelto un'opera di questo tipo!

Corte di giustizia UE, oltre cento tirocini con indennità di quasi 1500 euro al mese: come candidarsi

Un'esperienza di "learning by doing" in uno dei luoghi più richiesti dai giovani italiani per qualità dello stage e per il rimborso spese: il 15 settembre scade il termine per fare application per un tirocinio presso la Corte di giustizia dell’Unione europea. Se selezionati, i giovani saranno impegnati per sei mesi, dal 1° marzo al 31 luglio del prossimo anno.«Sono disponibili fino a 130 tirocini per sessione», spiega alla Repubblica degli Stagisti Sofia Riesino, assistente dell’Unità Stampa e informazione. Quindi visto che ogni anno ci sono due sessioni di stage, si arriva a una “capienza” di 260 stagisti. Gli italiani sono da sempre tra i più numerosi a far domanda, probabilmente attirati dal buon rimborso spese e dall’esperienza internazionale. E infatti anche per la seconda sessione del 2023 – che prenderà il via a inizio settembre – hanno battuto tutti: «Abbiamo ricevuto 609 domande entro il termine di metà aprile e di queste 174 erano italiane», spiega Riesino. Vale a dire che oltre una candidatura su quattro, per la precisione il 28,5%, proveniva dall’Italia: più del doppio del secondo Paese in questa classifica di application, la Francia, con 78 domande; in terza posizione poi la Spagna con 71. Proporzioni che non rispecchiano il numero di giovani che accedono effettivamente a questi stage, visto che la Francia batte tutti per tirocinanti selezionati – 15 – seguita a stretto giro dall’Italia, con 14 e poi dall’Irlanda con 11. Gli italiani sono piuttosto assidui nel far domanda, tanto  da mantenere costante nel tempo la loro percentuale di application. E anche per la sessione  cominciata a marzo di quest’anno, infatti, sono arrivate dall’Italia 146 domande su un totale  di 488 (pari a un 30% tondo) e i Paesi con più stagisti selezionati sono stati ancora una volta la Francia, l’Italia e la Spagna.La sessione per cui è possibile al momento partecipare è quella che di solito riceve più domande perché è l’unica nel corso dell’anno che raccoglie le application anche per la direzione dell’Interpretazione, in questo caso della durata variabile da dieci a dodici settimane. Qui il bando è rivolto principalmente a giovani diplomati in interpretazione di conferenza. Questo tipo di stage ha l’obiettivo di «permettere ai giovani interpreti di essere seguiti nel loro perfezionamento di interpretazione, in particolare giuridica, che comporta la preparazione dei fascicoli, un lavoro di ricerca terminologica ed esercitazioni pratiche in cabina muta». In questo caso la selezione dei candidati avviene una sola volta l’anno, a metà settembre appunto, per l’intero anno giudiziario. «Quest’anno il numero totale di posti disponibili è di circa 8-10: saranno distribuiti tra la sessione primaverile e quella autunnale del prossimo anno», conferma Riesino, con la raccolta delle candidature solo in questo periodo estivo.Inutile dire che anche in questo campo la competizione è altissima e la selezione molto accurata. Nel 2022, infatti, sono arrivate 56 richieste per fare uno stage in questa Direzione, «17 dall’Italia, 8 dalla Francia e 7 dalla Spagna», ma un solo tirocinante, di nazionalità spagnola, è stato alla fine selezionato. Per tutti il rimborso spese mensile è di 1.468 euro, a cui vanno aggiunti un contributo di circa 150 euro per spese di viaggio destinato agli stagisti che abitino a più di 200 chilometri dalla sede della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ovvero il Lussemburgo. L’indennità mensile negli anni è aumentata, passando dai poco più di 1.100 euro del 2011 ai 1.200 del 2021 fino ai quasi 1.500 per il 2024.Rispetto agli anni del Covid, non è più possibile chiedere di svolgere parte o tutto lo stage in smart internshipping, possibilità che era stata introdotta per evitare il blocco del programma e che è stata eliminata vista la natura prettamente formativa di questi tirocini, che può meglio realizzarsi frequentando dal vivo i palazzi della Corte – il cui compito è quello di garantire l’osservanza del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati fondativi dell’Unione europea.Nelle ultime due sessioni le richieste di partecipazione da parte dell’Italia sono tornate a circa il trenta per cento sul totale, in linea con quanto succedeva una volta. Ma nel 2020 invece, probabilmente a causa della pandemia Covid che colpì inizialmente l’Italia più degli altri Paesi europei, le candidature dall’Italia erano scese a poco più del venti per cento. Per quanti siano interessati a provare questa esperienza, le opzioni di scelta sono tre: un tirocinio nei servizi, oppure negli uffici dei membri della Corte, o ancora nella Direzione dell’interpretazione. Per partecipare è necessario essere in possesso di un diploma di laurea in giurisprudenza, scienze politiche, economia o un settore affine, o per gli stage presso la Direzione dell’interpretazione di un diploma di interprete di conferenza.La domanda si fa attraverso l’applicazione Eu Cv online: si deve prima fare la registrazione, poi selezionare il tirocinio di interesse e infine completare in inglese, francese o tedesco, prima la lettera di motivazione e poi le altre sezioni sui propri studi. Per tutte le selezioni è gradita una buona conoscenza della lingua francese e i candidati non devono aver già usufruito di uno stage presso un ente, un’agenzia o un organismo dell’Unione europea. L’esito della procedura di selezione sarà pubblicato, in questo caso, a fine dicembre. Così si entrerà a far parte, anche se solo temporaneamente, di una grande macchina organizzativa che secondo i dati aggiornati al dicembre 2022 conta oltre 2.200 dipendenti, di cui oltre il sessanta per cento donne, con un’età media di 46 anni.Val la pena ricordare che la Corte offre anche un altro tipo di tirocinio per magistrati nazionali nell’ambito del programma di scambi organizzato dalla Rete europea di formazione giudiziaria, per un massimo di 15 all’anno. La selezione, però, è affidata alla European Judicial Training Network e quindi le informazioni sono disponibili sul loro sito internet. A chi, invece, è alla ricerca di nuove opportunità e trova interessante la possibilità di svolgere uno stage all’estero presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, conviene far domanda ricordando, però, che lo stage non è un eventuale trampolino per una futura assunzione, che avviene solo tramite concorso. Il rimborso spese, l’ambiente e l’esperienza sono, però, molto allettanti!Marianna Lepore

Salario minimo, in Gazzetta Ufficiale la proposta di legge popolare «per una battaglia dal basso»

Mentre continua il braccio di ferro sul salario minimo tra maggioranza e opposizione (il tutto ormai rimandato a settembre) arriva un possibile testo di legge a cui guardare. Il 15 luglio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale una proposta di legge di iniziativa popolare sottoscritta dal comitato promotore lanciato da InOltre Alternativa progressista. «Il nostro scopo è dare un contributo al testo di legge delle opposizioni in Parlamento» spiega alla Repubblica degli Stagisti – anch'essa tra i promotori – Giordano Bozzanca, presidente dell'associazione: «E fare pressioni sul governo con una battaglia che parta dal basso nel Paese». La questione, per Bozzanca è da inquadrare da un punto di vista più ampio, che comprenda anche la contrattazione collettiva, «lo strumento principe».Bisogna intervenire «per coprire tutti i lavoratori non riconosciuti dai contratti collettivi nazionali» gli fa eco in un post su Instagram Fabio Gibertoni, tesoriere di InOltre. «Può essere solo che un intervento migliorativo nei confronti dei lavoratori in nero, oppure di chi pur lavorando vive al limite, o addirittura al di sotto della soglia di povertà». L'importo del salario minimo? Secondo la proposta di legge dieci euro, dunque più dei nove che chiedono le opposizioni. E «che sia al lordo di contributi previdenziali e assistenziali, inclusi Tfr, tredicesima, nonché indennità accessorie e fisse» si legge nel testo. Il tema, secondo i rappresentanti di InOltre, «va trattato insieme alla riforma della rappresentanza sindacale perché non si può slegare una questione dall'altra». Non a caso, spiega Bozzanca, al testo si è arrivati «collaborando con i giuristi della Cgil, e partendo da quanto già ai tempi del ministro del Lavoro Orlando, lo scorso anno, era stato formulato: un salario minimo in base ai diversi comparti del lavoro», a loro volta regolamentati dalla contrattazione collettiva. L'assunto da cui si parte nella proposta di legge (all'articolo 18) è che «il salario minimo orario è valido e vincolante laddove un contratto collettivo nazionale di lavoro sia assente o preveda compensi orari minimi inferiori al salario minimo determinato ai sensi della presente legge». Del resto parte della polemica sul salario minimo è incentrata proprio sulla presenza di una contrattazione collettiva nazionale, che è già sufficiente – si dice – a regolamentare le retribuzioni. Secondo il comitato promotore però, non si dovrebbe in nessun caso scendere sotto la soglia dei dieci euro, e qualora sia previsto – come capita che accada – un compenso inferiore, «i contratti collettivi nazionali devono essere oggetto di nuova contrattazione entro il limite dei dodici mesi». Il rischio del boomerang, e di aprire cioè una porta a chi furbescamente cercasse di usare il salario minimo per scendere al di sotto di quanto già previsto dal ccnl abbassando retribuzioni superiori, è stato preso in considerazione: «Abbiamo inserito una clausola, quella del 'fatti salvi gli effetti del maggior favore'». Un altro aspetto su cui «abbiamo voluto calcare la mano» dice Bozzanca, «è l'ultrattività dei contratti, e cioè che restino in vigore quelli in scadenza fino al rinnovo». Almeno due gli altri punti focali del testo. Il primo, l'estensione del salario anche ai lavoratori non subordinati. Lo si ripete in più punti, per esempio all'articolo due della proposta di legge, sull'ambito di applicazione, in cui si avvisa che il salario minimo va applicato anche alle collaborazioni, incluse quelle che riguardino iscritti agli ordini professionali, e al lavoro autonomo. Con la postilla che «la remunerazione sia riferita al tempo o esistano parametri temporali». Insomma, i lavoratori autonomi dovrebbero quantificare il tempo della propria prestazione, e non essere pagati meno del salario minimo per ciascuna ora di lavoro.Ancora, nella proposta di legge sono inclusi i lavoratori domestici e i professionisti dei beni culturali. Per loro, specifica Bozzanca, «abbiamo previsto l'applicazione del contratto di Federculture, e non quello della Multiservizi». Questo perché, prosegue l'attivista, «nella proposta di legge si afferma che va applicato alle categorie di lavoratori il contratto leader del settore merceologico più prossimo».C'è poi il punto delle sanzioni, «su cui invece il testo delle opposizioni rimane evasivo». Sottolinea Bozzanca come sia stato inserito quanto previsto dal Gdpr «e cioè sanzioni rapportate al fatturato, fino al dieci per cento». All'articolo 22 si stabilisce infatti che il datore di lavoro dispone di tre mesi per adeguarsi al salario minimo, altrimenti «si applica la sanzione amministrativa fino ad euro 100.000, ovvero fino al 10 per cento del fatturato annuo globale del datore di lavoro se superiore». Le controversie del lavoro autonomo andranno poi risolte davanti al Tribunale del lavoro, «per riconoscere i freelance come lavoratori e non come imprese» sottlineano in un comunicato da Acta, l'associazione che rappresenta i lavoratori autonomi nel terziario avanzato, altro membro del comitato promotore. «Abbiamo contribuito ai lavori preparatori della proposta di legge con lo spirito di  rafforzare i diritti per i freelance», dichiara infatti il presidente di Acta Giulio Stumpo. Adesso bisogna però procedere con la raccolta delle firme. Ne servono per legge 50mila affinché la proposta approdi in Parlamento. «Abbiamo ritenuto opportuno partire da settembre 2023 per dispiegare al meglio la campagna senza di mezzo la pausa estiva» si legge nel comunicato diramato da InOltre. Nel frattempo, fa sapere Bozzanca, «ci siamo riuniti con esponenti delle opposizioni come Nunzia Catalfo del M5S con l'idea di arrivare a formulare nuovi disegni di legge a partire dal nostro testo». Quello delle opposizioni «è blindato, per decisione dei capigruppo». A settembre si giocherà la partita più importante: «I numeri in Parlamento rendono di minoranza una battaglia che invece noi sappiamo essere di maggioranza» sostengono da InOltre. Va creato un clima di «ebollizione culturale che il Governo non può più ignorare, palesando la posizione regressiva e conservatrice che non  vuole  confessare, mascherandosi da destra 'sociale'». Il Paese è invece fatto di «persone che vivono in condizioni di precariato e difficoltà economica». Le persone che questa proposta di legge si ripromette di proteggere dal rischio di sfruttamento e di sottoretribuzione. Ilaria Mariotti 

Dal matematichese all'italiano, con Fex Math la matematica non ha più segreti

“Derivate, equazioni, integrali, funzioni, matrici… Io non ci capisco niente!”. Perché così tante persone considerano la matematica come la materia scolastica più ostica? Se l’è chiesto anche Federico Sangalli, ventisei anni, una laurea magistrale in Industrial Management al Politecnico di Milano e due lavori: uno come ingegnere industriale in un’azienda di automotive e l’altro, da autonomo, come ideatore e fondatore di Fex Math, dove concentra la sua passione per la matematica e l’insegnamento. Fex Math nasce nel 2020 per rivoluzionare un preconcetto tante volte sentito tra i più e i meno giovani – “la matematica non fa per me” – da un’idea lungimirante di Federico Sangalli, tra i 25 giovani changemaker selezionati da Ashoka Italia e Agenzia Nazionale per i Giovani, ovvero i talenti che hanno avviato un cambiamento positivo per la società.Sangalli ha raccontato la sua avventura all’evento Best Stage della Repubblica degli Stagisti, a fine giugno a Milano. Tutto è cominciato poco prima dello scoppio del Covid. «Mi è sempre piaciuta l’idea di fare dei video e condividerli. Volevo aprire un canale Youtube e mi sono chiesto di cosa avrei potuto parlare per interessare il pubblico. Invece di guardare all’esterno, quindi a ciò che era più richiesto sul mercato tipo la cucina o il mondo dei telefoni, ho guardato dentro di me». Sangalli, all’epoca 22enne, si è chiesto quindi dove stesse, a livello di comunicatore, il suo valore aggiunto. «Dopo sette anni di ripetizioni private a tanti studenti ho realizzato che forse non avevo solo competenze matematiche ma anche la capacità di trasmetterle e ho iniziato a fare video di matematica», racconta alla Repubblica degli Stagisti.I video, nati quasi per gioco, iniziano a collezionare qualche decina di visualizzazioni: a Sangalli «già sembrava impensabile». In mezzo si infila la pandemia che rallenta il progetto, anche solo perché «in quel momento la scuola non era molto importante e la matematica era passata in secondo piano. Nessuno è stato bocciato», in effetti, nell’anno scolastico più interessato dal lockdown, «e se avevi un’insufficienza in matematica non era un problema. C’è stato, però, anche un aspetto positivo: la gente si è avvicinata molto al mondo dell’online. Prima della pandemia fare ripetizioni online era visto molto male. Dopo le cose sono cambiate completamente».Sangalli quindi ha cominciato, come tanti, pubblicando contenuti su Youtube con un investimento iniziale praticamente nullo, «forse 50 euro». All’inizio usava semplicemente «un telefono e un treppiedi dalla mia camera. Poi pian piano sempre all’interno della casa in cui vivevo mi sono spostato in un’altra stanza, creando uno studio più dedicato. Ho migliorato per qualità video, microfono, attrezzatura. Avrò speso qualche centinaia di euro, ma non credo che arriviamo a mille euro».Inaspettatamente, Sangalli raggiunge quasi 10mila iscritti e comincia ad essere contattato da tante persone che hanno bisogno di una mano per capire qualche concetto. «In quel periodo continuavo a fare ripetizioni ai ragazzi nel mio paesello per arrotondare e mi son detto: se facessi ripetizioni come FexMath? L’idea era: spiego le cose nei video, che sono e restano gratuiti, e poi do una mano aggiuntiva facendo ripetizioni». Decide quindi di aprire la partita Iva e durante tutto il 2021 inizia a fare ripetizioni online a studenti in tutta Italia. «Sono arrivato a un punto in cui non mi bastava più il tempo: dedicavo venti ore a settimana a fare ripetizioni! Così e ho deciso di assumere un primo collaboratore, pescando dalla mia cerchia di conoscenti».Il passaggio non è, però, stato semplice. «Gli studenti mi dicevano: ho capito più cose in dieci minuti di video con te che con la mia professoressa, quindi voglio fare ripetizioni solo con te. È stato difficile far passare il concetto che Fex Math è la realtà importante. Non sono io a fare la differenza, ma il metodo. Ho un modo di spiegare la matematica molto diretto: traduco il linguaggio matematico, che sembra sempre molto complesso, in qualcosa di comprensibile. Lo dico sempre: alcune definizioni sono scritte in matematichese e dobbiamo tradurle in italiano. Divido il lavoro in una prima parte solo teorica a cui seguono tanti esercizi per fissare i concetti. E la parte fondamentale: spingo sul dare fiducia al ragazzo che ho di fronte».Sangalli oggi conta una dozzina di collaboratori dai 20 ai 26 anni, tutti formati da lui e inquadrati come lavoratori autonomi con partita Iva. Nel frattempo va avanti con i progetti: per ora è ancora una partita iva individuale ma il prossimo anno dovrebbero cambiare molte cose. Ed è arrivato a 40mila follower sui vari canali social, di cui il principale è Youtube.Nel frattempo è nato anche il sito Fex Math, una nuova piattaforma che aggrega tutto. «Abbiamo i video su Youtube, le ripetizioni private, i videocorsi. Si accede al sito, si crea una un’area personale, ci sono i videocorsi e le ripetizione private. Il costo della singola lezione va dagli 8,99 ai 12,99 euro, c’è il modulo sulle derivate con 14 lezioni che costa 89 euro, ci sono le ripetizioni private che costano circa 30 euro all’ora. Si possono anche fare ripetizioni di gruppo dividendosi la quota».L’obiettivo è sempre quello di far capire la matematica e aiutare tutti quelli che per qualche motivo quando l’hanno incontrata non ci hanno fatto amicizia. «Quando mi sono guardato indietro ho capito che il mio essere stato bravo a scuola sempre con voti alti in matematica, aver preso due lauree al Politecnico, derivava da un solo fattore: ho sempre avuto fiducia massima in chi me l’insegnava».Insomma, la chiave sta proprio nel fidarsi e affidarsi all’insegnante, e anche nella propria capacità di apprendere: «Nel corso degli anni attraverso l’interazione con i miei clienti mi sono reso conto che chi non capiva i concetti matematici in realtà aveva dei problemi di fiducia. Perché dall’inizio non avevano ricevuto supporto». Capitando male, insomma, con insegnanti non all’altezza, o non abbastanza pazienti.«E poi c’è un altro problema» aggiunge Sangalli: «Una persona può sapere benissimo chi sono i Romani e conoscerne la storia senza sapere chi sono i Sumeri. La matematica non è così, perché è incrementale. Non puoi sapere una cosa del programma di terza se in prima avevi quattro. È una disciplina che ti dà delle conferme. Perciò ho voluto costruire FexMath: per dare delle conferme a chi ci chiede aiuto. La cosa più bella si realizza quando i clienti capiscono il concetto. Per noi l’obiettivo non è far prendere sei o sette all’esame. Quello è il focus base. L’obiettivo è dire: “non è vero che non sei portato per la matematica, puoi farcela benissimo, dipende solo da come ti è stata insegnata”».Visto l’obiettivo primario di Fex Math – far capire la matematica – si potrebbe pensare che i clienti siano solo giovani. E invece il sessanta – settanta per cento della platea va dai 17 ai 22 anni, ma c’è poi una gran bella fetta di adulti dai 28 ai 55 anni, persone che si rimettono in gioco con università online e sono una percentuale importante della clientela, «circa un quarto». A questi si aggiungono poi le eccezioni: «i ragazzini di 13-14 anni che ci fanno contattare dai genitori e gli adulti anche sopra i 70 anni».Nessuna difficoltà, però, a gestire anche clienti di età “matura”. «Il mio modo di approcciare la matematica è sempre lo stesso. Certo, devi valutare chi hai di fronte. Con qualcuno scherzi e parli di calcio, con altri sei più professionale. Lavoro spesso con persone più grandi di me per il mio lavoro primario, e ho imparato che è tutta una questione di come ci si atteggia e interfaccia. Ai miei collaboratori dico sempre che non siamo nel mondo e nel business della matematica ma nel mondo e business delle persone. Risolviamo i loro problemi, cerchiamo di dargli una mano per quelle situazioni che spesso da un punto di vista psicologico sono molto pesanti. La matematica è un contorno. Noi siamo lì per chi c’è dall’altra parte».Oggi Sangalli potrebbe tranquillamente vivere solo grazie al fatturato di Fex Math: l’anno scorso ha superato i 40mila euro e le proiezioni di quest’anno sono in crescita. «Ma ho la sfortuna, si fa per dire, di avere dall’altro lato un lavoro che ho sempre voluto fare, quello dell’ingegnere, per cui ho studiato tanti anni. Quindi per ora continuo con entrambi, mi piace e riesco a gestirli».La nomina tra i 25 giovani changemaker da Agenzia nazionale per i giovani e Ashoka Italia ha aggiunto qualcosa nel suo cammino: «Mi ha permesso di entrare in un network di persone interessanti. Dalla premiazione di fine novembre ho partecipato ad alcuni altri eventi organizzati da Ashoka e nei quali si parlava di education. Questa nomina mi ha consentito di accrescere il mio network e mi ha permesso di conoscere persone incredibili. Con alcune di queste è nato qualche progetto che presto lanceremo. E poi è stata una bellissima esperienza». Prossimi obiettivi di Fex Math: «diventare effettivamente una start up e completare la nostra offerta. Riuscire a dare tutte le armi per far affrontare al meglio la matematica. E poi, certo, far crescere la nostra community». Con un obiettivo: cancellare l’idea che la matematica è difficile. «Chi lo pensa semplicemente non ha avuto un buon insegnante».Marianna Lepore

Specializzandi sanitari non pagati, arriva un disegno di legge per l'indennità

Uno stipendio di 1650 euro al mese per i medici specializzandi, zero per tutti gli altri laureati che si specializzano in area sanitaria non medica. Studenti-lavoratori che spesso si devono anche pagare le tasse universitarie o la retta delle scuole private.  Per mettere fine alla disparità di trattamento che subiscono coloro che svolgono tirocini professionalizzanti di area sanitaria non medica, lo scorso marzo è stato depositato un disegno di legge, il numero 583, il cui primo firmatario è il senatore del Pd Andrea Crisanti, microbiologo e volto noto della tv ai tempi della pandemia. Lo scopo è quello di prevedere per tutti i laureati in ambito sanitario, anche i non medici, un compenso che ripaghi delle ore di attività in ospedale una volta che ci si è abilitati.Il provvedimento riguarda circa un migliaio di specializzandi di area sanitaria all'anno, anche se il numero esatto non è uguale da un anno all'altro. In base al decreto 716 del 2016, sono le singole università a indire di volta in volta i posti a bando per le scuole di specializzazione a seconda del fabbisogno riscontrato. Il budget da stanziare per attuare la legge è di 15 milioni di euro. A sostenere insieme a Crisanti la battaglia per un compenso a tutti i tirocinanti in specializzazione sanitaria c'è l'associazione di psicologi Libera associazione di psicologia Lapsi: gli psicologi sono infatti una delle categorie escluse dal beneficio di una retribuzione (con perfino il divieto di ricevere una indennità mensile!) durante il tirocinio di specializzazione. Con loro ci sono «biologi, chimici, specialisti in fisica medica, veterinari, farmacisti ospedalieri» elenca Elisa Vassallo [nella foto], consigliera dell'associazione all'incontro 'Specializzazioni e disuguaglianze, 20 anni di disparità' che si è tenuto qualche tempo fa a Roma. Fino a non molto tempo fa, nemmeno i medici specializzandi venivano pagati a dir la verità. Solo nel 2005 con la legge 266 l'Italia si è adeguata all'Europa introducendo un compenso per i tirocini professionalizzanti che consentono di entrare, grazie alla specializzazione, nel Servizio sanitario nazionale. Da allora «si è creata una disuguaglianza inaccettabile per cui può accedere alla scuola di specializzazione solo chi se lo può permettere» sottolinea Crisanti. «Quando ero all'università di Padova» [dove insegnava al dipartimento di Medicina Molecolare, ndr] «ho toccato con mano il problema vedendo i biologi che venivano a chiedermi borse di studio». È una «grandissima ingiustizia da sanare», dice Crisanti. Durante i tirocini di tipo sanitario «a livello pratico non c'è differenza in termini assistenziali e giuridici tra le varie categorie di laureati» prosegue: «All'epoca del Covid abbiamo visto poi come le specializzazioni non mediche siano un pezzo importante del Servizio sanitario nazionale: grazie a loro i pazienti ricevono i farmaci e utilizzano strumentazioni che funzionano». In ballo ci sono tre articoli della Costituzione: «Il numero tre, che garantisce l'uguaglianza di tutti i cittadini, il 34, che tutela i meritevoli e li incoraggia a raggiungere il più alto grado di istruzione, e infine il 36, per il lavoro adeguatamente retribuito». Per i biologi, come per gli altri laureati di area sanitaria, il percorso che precede l'esercizio della professione è composto da varie tappe. Dopo la laurea triennale e specialistica c'è il tirocinio che porta all'abilitazione, e poi la scuola di specializzazione, obbligatoria per accedere alla dirigenza nel Servizio sanitario nazionale. Fino a lì «può ancora considerarsi formazione» sottolinea Vassallo, e si può chiudere un occhio sulla mancanza di rimborso. Non dopo però, una volta ottenuta l'iscrizione all'albo.«Se tutto va bene si arriva a iniziare la scuola di specializzazione a venticinque anni» ricorda Federica Serratore, consigliera del II municipio di Roma in quota Pd: «A quella età c'è la spinta a volersi costruire un futuro, ma non tutti hanno una famiglia che sostiene economicamente fino a trent'anni!». Il trasferimento, nel caso in cui si scelga una scuola di specializzazione fuori città, è lo scoglio principale, come sottolinea anche Luigi Manco dell'associazione nazionale di fisica medica e sanitaria Aifm: «Nei quattro anni siamo assorbiti dall'attività ospedaliera, e in più la fondamentale attività di ricerca di solito si fa nel tempo libero». Senza altre possibilità di introiti, le spese dei fuori sede ricadono tutte sullo specializzando e la sua famiglia.I più colpiti, evidenzia Crisanti, «sono non solo i fuori sede, ma anche le donne, che rappresentano l'80 per cento degli specializzandi in professioni non mediche». Aggiungendo un ulteriore tassello al gender gap salariale per le donne che vorrebbero anche diventare madri: «Si è visto che le donne fanno figli se possono lavorare e usufruire di servizi» afferma Elisa D'Elia, senatrice Pd e cofirmataria della legge. «Questi ostacoli vanno rimossi perché incidono direttamente sulla vita delle persone». «Chiediamo soldi allo Stato non per fare le vacanze» ironizza Seydou Sanogo della Renasfo, rete nazionale specializzandi in Farmacia ospedaliera: «La scuola di specializzazione non è un capriccio bensì un obbligo, e solo chi ha le possibilità economiche può affrontare il percorso, a prescindere dalle capacità che abbia».Insomma le passioni professionali in campo sanitario non sono tutte uguali, e quella di aspiranti biologi, psicologi, veterinari, farmacisti, chimici «non vale quanto» quella degli aspiranti medici, è il rammarico di Luca Torlai, rappresentante del Consiglio Universitario Nazionale. Torlai sottolinea l'ingiustizia della differenza con il trattamento economico a favore degli specializzandi medici, quando invece garantire un'entrata a tutti i sanitari «darebbe il segno dell'importanza del lavoro svolto». Oltre al fatto che «condizioni adeguate di lavoro si tradurrebbero in un migliore servizio sanitario per tutti i cittadini» commenta Vassallo. Le speranze di arrivare al traguardo sono concrete benché al momento il disegno di legge non risulti calendarizzato per essere oggetto di esame. «Abbiamo però trovato interlocutori anche nella maggioranza» rassicura Crisanti, per un provvedimento che si profila dunque come bipartisan. Ilaria Mariotti 

Dare voce ai giovani, una prima analisi della ricerca sul mondo dei tirocini

Quanto è importante lo stage nel percorso formativo e lavorativo dei giovani, quali sono i criteri con cui scelgono un’azienda piuttosto che un’altra, quali i problemi che i tirocini curriculari ed extracurriculari presentano? Sono alcuni degli aspetti che una nuova ricerca svolta dagli studenti del Laboratorio di ricerca sociale qualitativa della facoltà di Sociologia dell’Università cattolica di Milano ha messo in luce e sono stati presentati nel corso dell’evento Best Stage 2023 della Repubblica degli Stagisti.Il campione preso in considerazione era molto esteso: oltre 100 giovani tra i 21 e i 28 anni – che stavano facendo uno stage o l’avevano appena terminato – sono stati intervistati individualmente e poi coinvolti in focus group. I risultati finali si avranno in autunno. Al momento, precisa la professoressa Cristina Pasqualini che ha guidato gli studenti, «manca ancora il lavoro di analisi della ricerca. Le interviste dei focus group erano ampie, e ci sono molti dati che vanno presi in considerazione». Ci sono centinaia e centinaia di trascrizioni di parole da fare, visto il numero di interviste. Tutto è partito dalla costruzione del campione: «Attraverso una call abbiamo chiesto ai giovani che avessero fatto uno stage di almeno otto mesi in tutta Italia di dare la loro disponibilità ad essere contattati. Il campione finale è stato messo insieme grazie alle reti dei nostri studenti, che frequentando l’università a Milano hanno più contatti in questa città, e grazie a chi ha risposto alla call. Abbiamo intervistato tutti: su 94 studenti abbiamo collezionato 103 interviste». Il campione non è bilanciato per aree territoriali: è prevalentemente del nord. Ma «nell’analisi dettagliata cercheremo di far esplodere le differenze. Quella tra tirocinio curriculare ed extracurriculare, ma anche la componente di genere, territoriale e di età. E valorizzeremo i pochi casi collezionati dal Sud e dal Centro per capire se da quelle esperienze si riescono a intuire delle differenze identificative». In futuro potrebbe certamente essere interessante cercare di avere un campione più rappresentativo territorialmente, «ma poi queste persone bisogna trovarle!», dice Pasqualini, e non è sempre facile. La ricerca è nata come attività universitaria di formazione per gli studenti che imparano a fare, appunto, ricerca sociale.«Da giornalista so che la ricerca qualitativa risulta un po’ meno “sexy” di quella quantitativa per il grande pubblico, perché riporta un quadro più complesso: non ci sono quasi mai facili percentuali, tutto il lavoro sta nell’approfondimento», osserva Eleonora Voltolina, direttrice e fondatrice della Repubblica degli Stagisti. «I ricercatori intervistano le persone in profondità, a volte per ore, e poi trascrivono meticolosamente tutto, anche le esitazioni. Ne emergono ritratti più contraddittori, ma estremamente significativi per capire le emozioni delle persone rispetto a una determinata situazione. Alcune delle risposte registrate sono più diplomatiche, timide, altre più sfrontate. Non si può generalizzare: bisogna accogliere questa ricchezza senza forzare e il filo di senso emerge forte». Tra i primi dati al momento disponibili colpisce la cifra minima di rimborso spese che secondo i giovani dovrebbe essere garantita per uno stage extracurriculare: 450 euro al mese, in controtendenza con le tante battaglie portate avanti negli anni dalla Repubblica degli Stagisti. «Avrei tanto voluto che dicessero che l’indennità minima-minima per uno stage dovrebbe essere più alta di questa, che è una somma minore persino  di quella prevista dalle normative di quasi tutte le Regioni», dice Eleonora Voltolina: «Ma sono consapevole che dietro quel numero c'è un mondo di senso: probabilmente i giovani sono ormai talmente abituati ad accettare condizioni al ribasso che fanno fatica a rivendicare condizioni migliori, anche in una situazione “protetta” come quella di una intervista anonima». Lettura simile data da Cristina Pasqualini: «C’è un sentimento di perdita di fiducia in questa generazione di giovani, anche nelle proprie capacità. Sono stati spesso messi da parte, ostacolati nei processi di crescita professionale e hanno sviluppato questa tendenza a pensare che “in fin dei conti ci sta che lo stage sia gratuito, che ci vogliano molti anni prima di avere una posizione lavorativa, che si facciano cose non coerenti con il titolo di studio”…», riflette Pasqualini: «Ci sta però fino a un certo punto: perché è una logica un po’ da profezia che si autoadempie. Quando tu pensi in qualche modo di valere poco alla fine realmente ti svaluti. I giovani devono riprendere un po’ di fiducia e capire che quello che stanno facendo è importante per loro ma anche per le aziende. Mi pare che lo spirito di Best Stage sia stato proprio valorizzare le aziende che investono su questi giovani perché sono energie positive. Gli stagisti imparano uno stile, come si sta sul lavoro, come ci si relaziona in un team, quali sono le capacità richieste, anche un certo grado di umiltà, tutti elementi importanti». Dovrebbero solo  «prendere più forza e consapevolezza di quello che sono».E anche maggiore conoscenza dei loro diritti su cui, invece, c’è poca attenzione. «Il fatto che, dopo 15 anni di esistenza e di battaglie della Repubblica degli Stagisti, ci sia ancora tanta confusione tra stage e contratti di lavoro, e che i giovani non siano ancora pienamente consapevoli dei loro diritti e del quadro normativo di riferimento, è molto preoccupante» osserva la direttrice Voltolina. «La situazione va affrontata attraverso l’informazione: tutti coloro che sono coinvolti nell’attivazione di un tirocinio, da lontano o da vicino, devono prendersi questa responsabilità. Informare i giovani, permettere loro di arrivare al primo giorno di stage preparati. La conoscenza dei propri diritti è la condizione base per non rischiare di essere sfruttati». «Credo che a loro interessi prima di tutto fare l’esperienza, a prescindere da quello che faranno, dai diritti e doveri» è la considerazione di Pasqualini:  «A loro lo stage interessa perché fa curriculum. E più che il contributo economico danno importanza al nome dell’azienda: vale più di tutto. Se faccio lo stage in un’azienda prestigiosa sarà un tassello importante del mio curriculum da spendere in futuro: indipendentemente dal fatto che io conosca il progetto formativo, o da quello che farò». I giovani cercano le aziende giuste per loro: «Al contrario delle passate generazioni, quella attuale ha dei valori precisi, come il rispetto per l’ambiente e l’attenzione ai più fragili. Quindi se un’azienda ha una reputazione e si impegna in progetti di un certo tipo per loro è un nome importante. C’è, quindi, un vero e proprio cambiamento culturale: non sono disposti a fare qualunque lavoro, ma quello che rispecchia i valori per loro importanti». L’indagine mostra anche come i giovani trovano le opportunità di stage: in autonomia, attraverso Linkedin, poi sul portale Almalaurea e tramite amici e parenti. «Sono bravi a cercare e trovare quello che a loro interessa. All’interno dell’ateneo in cui lavoro, noi docenti dedichiamo delle attività formative per spiegare ai nostri studenti l’importanza di inserire uno stage curriculare nel percorso, come farlo, diamo valore a un’esperienza come questa». Forse anche per questo i giovani utilizzano un portale dedicato al networking nel mondo del lavoro, perché così hanno modo di scoprire molte informazioni sull’azienda, su chi ci lavora. Chiusa la fase di realizzazione della ricerca, ora l’analisi si sposterà sulle 100 storie raccolte, tutte diverse tra loro. Questa è la parte difficile ma estremamente interessante del lavoro qualitativo: leggere e rielaborare le singole storie. A quel punto saranno tirati fuori dei profili e si ragionerà per trarne fuori il variegato mondo dei tirocinanti. E ne uscirà fuori un volume, a disposizione di tutti, per dare “voce ai giovani”. Marianna Lepore

AwaRdS 2023, ecco le best practice verso stagisti e neoassunti: alcune aziende sono gioielli nascosti da conoscere

«Sappiamo che il mondo reale non è tutto così!» scherza Eleonora Voltolina, giornalista e fondatrice della Repubblica degli Stagisti, davanti al parterre di rappresentanti delle aziende premiate con gli AwaRdS 2023. Il motivo del riconoscimento è aver brillato per le condizioni di stage e lavoro offerte ai giovani. «Questo che premiamo è il migliore dei mondi possibili» ha proseguito Voltolina. La premiazione, rivolta alle aziende appartenenti al network della testata, ha come «obiettivo alzare l'asticella» spiega Voltolina, «innescare un processo di emulazione». Di solito le aziende «centellinano le informazioni circa le condizioni di stage offerte, le prospettive di assunzione post stage, le tipologie contrattuali utilizzate, divulgandole con grande fatica e spesso con opacità». Le aziende dell'RdS network no: loro forniscono «ogni anno un set di dati disponibili a tutti sulle pagine del sito». La base da cui si parte per l'assegnazione degli AwaRdS. Per il miglior rimborso spese il premio è andato a Cefriel, specializzata in progetti di innovazione digitale, e Arval, che opera nel campo del noleggio a lungo termine, che offrono entrambe mille euro al mese agli stagisti. E pensare che «quando abbiamo cominciato ad assegnare i nostri AwaRdS, «bastava offrire 750 euro al mese o giù di lì» sottolinea Voltolina. Negli ultimi anni le condizioni proposte sono migliorate al punto che entrambe le aziende offrono ai proprio stagisti un rimborso che in alcuni casi supera le retribuzioni 'entry level' dei contratti  nazionali. E senza fare differenze tra stage curricolari (svolti durante gli studi), che per legge non prevedono obbligo di rimborso spese, e stage extracurricolari. Ulteriore nota di merito. «Il tirocinio è un momento di crescita reciproca, prevedere un compenso adeguato significa valorizzare il contributo di ciascuno e creare nei giovani una prima possibilità di autonomia economica» afferma Roberta Letorio, capo risorse umane di Cefriel. «Bisogna venire incontro alle esigenze dei nostri colleghi a fronte della situazione economica attuale» fa eco Stefania Ercole, responsabile della Talent Acquisition di Arval. Privati e no profit dovrebbero in tal senso «mettersi una mano sulla coscienza». Un compenso di mille euro «è un bel segnale di attenzione verso le esigenze dei giovani» aggiunge Voltolina. Difficile non pensare alle recenti proteste per il caro affitti dei fuori sede a Milano. C'è poi l'award per chi raggiunge (o supera!) il 90 per cento di tasso di assunzione post stage – circa il triplo della media nazionale – facendo contratti di almeno 12 mesi. Il premio è andato a Marsh, Mercer e Bip. Nel caso di Marsh, multinazionale dell’intermediazione assicurativa, su 85 stage del 2022 gli assunti sono stati oltre il 90 per cento, quasi tutti con contratto di apprendistato. «Gli stage di Marsh non sono mai  fini a se stessi, ma rientrano nel nostro Graduate Programme proprio per garantire che siano esperienze di valore» è il commento di Alice Losa, Talent acquisition coordinator di Marsh. Mercer, società di consulenza specializzata nelle soluzioni tecnologiche, ha assunto – quasi tutti a tempo indeterminato – il 90 per cento dei suoi 15 stagisti. Stessa percentuale per Bip, la più grande società di consulenza a matrice italiana, che nel 2022 ha attivato 333 stage. «Per noi i giovani sono al centro, come è giovane la nostra azienda» dichiara Martina La Rosa, senior recruiter in Bip. «Abbiamo oltre il 41 per cento della popolazione aziendale sotto i trent'anni». Bip si è anche aggiudicata un secondo AwaRdS, quello dedicato alla miglior performance di assunzioni dirette di under 30 senza passare dallo stage, insieme a Spindox, T4V e EY. Per Bip sono state 508, di cui 492 a tempo indeterminato; per Spindox 108; per T4V venti. EY nel corso del 2022 ha effettuato 1.008 assunzioni dirette di under 30, di cui 616 in apprendistato. «Questo è solo uno degli investimenti di EY: siamo una realtà dinamica che ti dà opportunità di imparare» dice Silvia Zanella, responsabile per l'Employer branding and employee experience di EY: «Vogliamo dare la possibilità di un ottimo primo ingresso nel mondo del lavoro». Per EY quest'anno 'doppietta' di AwaRdS. L'azienda ha ricevuto anche il premio 'speciale apprendistato' insieme a Bene Assicurazioni e Booster Box. Nel 2022 la big della consulenza ha attivato 1.183 apprendistati, mentre Bene Assicurazioni ha registrato un tasso dell’83% di assunzione sui 14 stage attivati nel corso dell’anno, facendo tutti contratti di apprendistato: «Per noi è un contratto a tempo indeterminato a tutti gli effetti, che permette di formarsi da un punto di vista tecnico e teorico», afferma Martina Casa. Anche Booster Box, agenzia di marketing digitale, ha scelto il contratto di apprendistato per tutte le sue assunzioni post stage del 2022. Per Bianca Bennewitz, specialista Risorse umane di Booster Box, «i giovani sono il motore propulsore della nostra attività di business e per questa ragione siamo impegnati nella ricerca continua di talenti da formare». Menzioni speciali anche per Marsh e Spindox, rispettivamente 76 e 74 contratti di apprendistato tra assunzioni post stage e assunzioni dirette. E un festeggiamento, con l'AwaRdS speciale 'Dieci anni and counting', per i dieci anni di presenza di Arval nel network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti. Collaborazione che testimonia l'impegno dell'azienda sul fronte dell'occupazione giovanile di qualità e il sostegno alle battaglie per i diritti degli stagisti.Gli AwaRdS sono per Voltolina «segnali di speranza», perché «vogliono mostrare che le aziende non sono tutte uguali: che ci sono delle eccellenze, alcune magari molto note, altre che sono gioielli nascosti che vale la pena conoscere». I giovani devono poter scegliere e sapere «che non tutti i posti di lavoro sono uguali». Ed è anche giunto il momento, dice Paolo Costa, socio fondatore e direttore marketing di Spindox, «di dare loro voce: nelle nostre imprese il dialogo tra le generazioni è invece congelato». Scegliere è un potere che i ragazzi devono usare bene, «riponendo la fiducia nelle aziende che davvero se la meritano» conclude Voltolina, «e che lo provano coi fatti e non solo con le parole». Ilaria Mariotti

Ricerca degli studenti della Cattolica sugli stage, i commenti: fondamentale ascoltare le istanze dei giovani

Chi conosce una situazione meglio di qualcuno che la sta vivendo? Chi ha più elementi per poter dire, di una data condizione, quali sono i fattori critici e quelli positivi, più di qualcuno che ha una esperienza diretta e recente di quella condizione? Proprio per questo quando si parla di mercato del lavoro e occupazione giovanile bisognerebbe sempre ascoltare i giovani. E più precisamente, quando si parla di stage, è indispensabile raccogliere le istanze direttamente dagli stagisti.Da questa premessa parte l’iniziativa che ha visto coinvolta la facoltà di Sociologia della Università cattolica di Milano, e precisamente il suo Laboratorio di ricerca sociale qualitativa, e la Repubblica degli Stagisti. Gli studenti del Laboratorio, guidati dalla professoressa Cristina Pasqualini, hanno infatti realizzato una ricerca qualitativa su un campione molto esteso: oltre 100 giovani tra i 21 e i 28 anni che stavano facendo in quel momento uno stage o che l’avevano appena terminato sono stati intervistati individualmente e poi coinvolti in focus group.L’anteprima dei risultati della ricerca è stata al centro dell’evento annuale della Repubblica degli Stagisti di quest’anno, il Best Stage 2023, che infatti aveva come titolo “Voce ai giovani“: cinque studenti, in rappresentanza di tutto il gruppo di lavoro, sono saliti sul palco a raccontare alcune delle più significative tendenze emerse dalla primissima analisi dei dati. Il quadro che emerge è abbastanza roseo: lo stage viene visto come opportunità più che come sfruttamento, e in particolare i giovani intervistati hanno dato un voto medio di 7 e mezzo alla loro sensazione di essere valorizzati durante il percorso di tirocinio. Tra le criticità emerse, una scarsa conoscenza del proprio progetto formativo individuale che solo la metà dei giovani dichiara di conoscere, e sopratutto una totale ignoranza del quadro normativo di riferimento: praticamente tutti ammettono di non conoscere le leggi che regolamentano il tirocinio, e quindi di aver svolto questa esperienza alla cieca, senza conoscere i propri diritti e i doveri e non di rado confondendo l'inquadramento in stage con un vero e proprio contratto di lavoro.A commentare questi spunti durante Best Stage una tavola rotonda che ha visto la partecipazione dell’assessora al lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello, della ricercatrice Delfina Licata, responsabile del Rim – il Rapporto Italiani nel Mondo – della Fondazione Migrantes, e della manager Stefania Ercole di Arval Italia.Delfina Licata ha sottolineato quanto la ricerca sociale svolga un ruolo chiave per permettere di capire la situazione dei giovani italiani, e quanto essa sia preziosa – indispensabile – anche per guidare le politiche e per costruire una narrazione pubblica più veritiera, meno semplificata e stereotipata. Sulla scorta della sua esperienza ormai quasi ventennale con il Rim, il Rapporto Italiani nel Mondo, Licata ha per esempio citato quanto si parli erroneamente di "cervelli in fuga" quando in realtà a espatriare ogni anno dall'Italia sono anche decine di migliaia di giovani senza alti titoli di studio; e quanto si tenda a idealizzare il percorso migratorio, dipingendolo sempre come soddisfacente e vincente, quando in realtà vi sono anche tanti casi di fallimento di questo percorso, o quantomeno di difficoltà nell'integrarsi in un Paese straniero.Alessia Cappello ha applaudito la scelta di ascoltare direttamente la voce dei giovani, anziché presumere di conoscere già le loro aspettative e bisogni, e ha auspicato che si intensifichi il dialogo tra mondo della ricerca e istituzioni, in modo da poter includere almeno alcune delle istanze delle nuove generazioni nelle policy pubbliche. Cappello ha anche raccomandato ai ragazzi di considerare lo stage non solo come un momento in cui loro offrono il loro tempo e la loro energia all’azienda a cui vengono destinati, ma anche come un momento in cui ricevono formazione dai loro tutor, che dedicano di converso il loro tempo e la loro energia per spiegare il lavoro e trasferire competenze e conoscenze. L'assessora ha poi ricordato due occasioni pensate dall'assessorato al Lavoro del Comune di Milano proprio per i giovani: il progetto “Mentorship Milano” per l’empowerment delle donne tra i 16 e i 30 anni partito a cavallo tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023 con il coinvolgimento di ben 800 donne (oltre 500 ragazze e quasi 300 mentor), e il nuovissimo “Osserva Lavoro Milano”, che prevede per i partecipanti – in questo caso senza un vincolo di genere – un impegno di cinque giorni nella modalità di "shadowing" mutuata dagli Stati Uniti, invitando ragazzi e manager a candidarsi, sul sito del Comune, rispettivamente come potenziali mentee e mentor.Stefania Ercole, sulla scorta delle migliaia di candidati che l'ufficio HR di Arval incontra e tra i quali seleziona i circa 150 giovani che ogni anno accoglie in stage, ha tracciato un identikit di chi oggi si affaccia al mondo del lavoro ed entra in contatto con le aziende. La manager ha sottolineato come la pandemia abbia costituto un momento di svolta anche rispetto ai comportamenti e alle aspettative dei giovani – che oggi sono più impazienti, più attenti a una coerenza molto specifica tra la loro formazione pregressa e le esperienze di lavoro; e che però, nel contempo, sono anche disponibili a scegliere aziende meno prestigiose, o posti con prospettive di crescita professionale più modeste, in cambio di una maggiore stabilità contrattuale. Arval, che proprio nel 2023 festeggia i dieci anni di presenza nel network delle aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti (un anniversario onorato anche attraverso l'AwaRdS "Dieci anni & counting"), durante l'evento ha anche ricevuto un AwaRdS per il miglior rimborso spese offerto agli stagisti: a partire dal 2022, infatti, l'azienda ha deciso di alzare da 720 a 1000 euro l'indennità mensile offerta agli stagisti (senza distinzione tra curricolari ed extracurricolari). Un elemento molto apprezzato ma non, secondo Ercole, il più importante per i ragazzi nel momento in cui si trovano a scegliere il proprio stage.Secondo i primi risultati dello studio del Laboratorio di ricerca sociale della Cattolica, in cima alla piramide dei fattori importanti per i giovani c'è il nome dell'azienda. «Una responsabilità importante» ha detto in chiusura Eleonora Voltolina, la fondatrice della Repubblica degli Stagisti, rivolgendosi ai manager presenti all'evento: «A questo punto sta a voi esserne all'altezza, e non deludere la fiducia dei giovani».