Categoria: Storie

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: Michele Bertolini, l'artista della computer graphic sospeso tra Milano e Los Angeles

In occasione della pubblicazione del nuovo bando del progetto Master dei Talenti della Fondazione CRT, che quest'anno mette in palio 75 stage in giro per il mondo lautamente rimborsati dalla Fondazione e destinati ai migliori neolaureati degli atenei del Piemonte e della Valle d'Aosta, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto le storie di alcuni ex. Ecco quella di Michele Bertolini.Sono nato a Saluzzo nel 1981. Da sempre vado matto per i videogiochi: con l'età della ragione (mia) e con l'evoluzione tecnologica (loro), trovo che alcuni, al giorno d'oggi, possano emozionare tanto quanto un film o un'opera d'arte. Fin dal liceo il mio obiettivo era chiaro: andare a lavorare in questa industria. Ho fatto il Politecnico di Torino nella facoltà di Vercelli: avere un’università prestigiosa a pochi passi da casa mi ha permesso di continuare a fare pallavolo a livello agonistico – ho giocato fino alla serie C, oggi alleno i giovani. Dopo la laurea di primo livello in ingegneria elettronica decisi di passare all'informatica pura e cominciai a valutare la possibilità di diventare un artista della computer grafica.  Diciamo che lavorare per dodici ore su un modello di un aeroplano fu un discreto campanello di allarme su cosa mi piacesse veramente fare!Da queste considerazioni all'iscrizione al master in Digital entertainment del Virtual Reality e Multimedia Park, ente legato all'università del Piemonte orientale che organizza corsi di computer grafica, il passo fu breve. Il master costava la bellezza di 6mila euro: fortunatamente io pagai solamente la metà perchè vinsi una delle due borse di studio a disposizione. Per la tesi andai in stage in Milestone, attualmente la più grande azienda di videogiochi in Italia. Già alla fine del secondo mese di stage il grande capo mi propose un contratto annuale: e proprio mentre mi crogiuolavo nella mia nuova occupazione ricevetti la fatidica mail dalla Fondazione CRT. Inizialmente del bando del Master dei Talenti avevo notato solo le posizioni più tecnico-scientifiche, ma poi leggendo meglio vidi due posizioni patrocinate dalla View Conference che prevedevano la frequentazione della prestigiosa Gnomon School Of Visual Effects di Hollywood… Il mio sogno da anni! Immediatamente il mio interesse crebbe a dismisura e passai due settimane buone di notti insonni per poter mettere insieme uno showreel – cioè un video di pochi minuti che presenta il meglio dei lavori di un CG artist – degno di questo nome. Ad aprile del 2008 feci a Torino un colloquio con la presidentessa della View Conference, Maria Elena Gutierrez. La comunicazione dell’esito della selezione mi arrivò per telefono mentre ero in automobile, e infatti rischiai un incidente... Dopo alcuni mesi di sincopata preparazione di visti, autorizzazioni e documenti vari, a metà settembre fui pronto a partire – anzi, fummo: insieme a me c’era Silvia Colonna Romano, l'altra vincitrice della borsa di studio, una persona stupenda con cui da quel momento in poi condivisi difficoltà e dubbi e feci il salto nel vuoto verso Los Angeles.L'impatto con LA fu, ovviamente, devastante: la città è gigantesca ed assolutamente folle, un melting-pot di culture ed etnie. Dopo alcune settimane di difficoltosa ricerca trovammo una bella casetta a ridosso di West Hollywood, non molto distante dalla scuola. I 3300 euro lordi di rimborso spese della Fondazione CRT bastavano ed avanzavano: per l’affitto pagavamo 2000 dollari, circa 1400 euro.Il corso alla Gnomon School durò tre mesi, da ottobre a dicembre. Eravamo in dodici: una filippina, un tedesco, un inglese, un giapponese, due italiani, un indiano… Gli insegnanti erano tutti veterani dell'industria del cinema o dei videogiochi, una vera manna per imparare e per trovare occasioni d'impiego. A marzo cominciò lo stage vero e proprio, in EntityFX, una casa di produzione di effetti visuali per il cinema e la tv: venimmo immediatamente catapultati in produzione, prima su uno show per la tv americana, Jesse James is a Dead Man, poi in un paio di piccole produzioni. Infine, il colpo grosso: fummo presi lavorare agli effetti speciali per la serie di concerti di Michael Jackson. Sfortunatamente, la morte dell'artista bloccò per un periodo la produzione, ma i nostri sforzi sono stati comunque premiati perchè tutto ciò a cui lavorammo è stato incluso nel film This is it. Il giorno della morte di Jackson eravamo ad LA: la notizia fu uno shock per tutti, noi ci trovammo da un momento all’altro in mezzo ad un ingorgo causato da un assembramento di persone venute a ricordarlo sulla sua stella in Hollywood Blvd [nell'immagine].La EntityFX si sarebbe dimostrata ben disposta a confermarci, ma purtroppo lo stop alla produzione ed i problemi di visto lavorativo bloccarono il discorso sul nascere. Venni però contattato appena prima del mio ritorno in patria dalla mia vecchia azienda, che mi offrì una nuova posizione ed ovviamente uno stipendio superiore al precedente. Avevo mantenuto i contatti con i miei ex colleghi: in occasione dell'Electronic Entertainment Expo di LA, la più importante fiera del videogioco al mondo, i due inviati dall'azienda erano anche venuti a trovarmi. Decisi dunque di tornare in Italia e riprendere l'avventura in Milestone. Non posso parlare del mio stipendio, ma la mia nuova posizione è decisamente più di responsabilità della precedente e le prospettive di carriera sono ben più rosee. Oggi riesco a mantenermi completamente da solo, anche se vivendo a Milano – tra affitti salati e costo della vita – non metto via molto.In questo momento sono combattuto per il mio futuro. Sto bene nella mia azienda e stiamo crescendo a vista d'occhio, ma le sirene di Hollywood continuano a farsi sentire, ed è difficile resistere al richiamo...testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT- Marketing al gusto di nutella: c'è anche Ferrero nel bando Master dei Talenti 2010 - «Con due tutor e un mentor, seguiremo i tirocinanti CRT passo per passo nella loro avventura spagnola»: quest'anno anche Everis è nel bando del Master dei TalentiE anche le storie di altri ex tirocinanti CRT:- Antongiuseppe Stissi, un ingegnere piemontese sul treno per Pechino - Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata- Nicola Rivella, un anno alla World Bank di Washington per studiare i paesi in via di sviluppo- Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: Nicola Rivella, un anno alla World Bank di Washington per studiare i paesi in via di sviluppo

In occasione della pubblicazione del nuovo bando del progetto Master dei Talenti della Fondazione CRT, che quest'anno mette in palio 75 stage in giro per il mondo lautamente rimborsati dalla Fondazione e destinati ai migliori neolaureati degli atenei del Piemonte e della Valle d'Aosta, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto le storie di alcuni ex. Ecco quella di Nicola Rivella.Ho 27 anni e sono originario di Alba, in provincia di Cuneo, anche se ho vissuto la maggior parte della mia vita a Genova. Ho iniziato a studiare le lingue straniere e a viaggiare molto presto: da quando avevo dieci anni ho passato ogni estate qualche settimana all’estero – Marburg in Germania, Malahide in Irlanda, Hastings, Salsbury, Londra e Oxford in Inghilterra. A quel punto sapevo abbastanza bene l’inglese e quindi gli anni seguenti sono stato in Inghilterra a fare un po’ di lavoretti estivi per mettere due soldi da parte – ai tempi la sterlina aveva un cambio molto vantaggioso nei confronti della lira…Al momento di scegliere l’università ho deciso di puntare su economia perché mi interessava capire e studiare la globalizzazione. I primi tre anni li ho fatti presso la facoltà di Genova, partecipando anche al programma Erasmus: sei mesi in Svezia presso la Umea Business School of Economics. Sebbene il posto fosse piuttosto freddo e parecchio a nord (un’ora di volo da Stoccolma!) è stata un’esperienza fantastica che mi ha consentito di entrare in contatto con culture molto diverse dalla nostra: brasiliani, australiani, americani, spagnoli, svedesi, francesi, tedeschi… Dopo la laurea breve ho deciso di seguire i due anni di specialistica alla facoltà di economia di Torino perché mio zio, che è commercialista lì, mi aveva proposto di provare a fare praticantato presso di lui. Sapevo già che quella del commercialista non era la mia strada, anche perché avrei dovuto rinunciare al “respiro internazionale” che mi piace tanto, però ho colto l’opportunità con entusiasmo: era un’ottima occasione per entrare in contatto con il mondo del lavoro.  Dopo i tre anni di praticantato – ora mi manca solo l’esame di stato, conto di farlo il prima possibile! – e la laurea specialistica, nel gennaio 2007 ho trovato un contratto da cocopro biennale negli uffici amministrativi della Coop. Nel mentre, però, avevo notato la pubblicità del Master dei Talenti sui tram di Torino: incuriosito, sono andato sul sito per avere più informazioni ed ho subito deciso di candidarmi. Per la verità inizialmente ero piuttosto scettico: credevo che sarebbe stata la solita cosa all’italiana, cioè che il processo di selezione non sarebbe stato meritocratico e che avrebbe favorito persone raccomandate: invece per fortuna ho dovuto ricredermi.Avevo messo in cima alla lista delle candidature la World Bank [nell'immagine qui a fianco, l'homepage del sito], ma mi ero candidato a diverse posizioni, visto che per i laureati in economia c’erano varie opportunità. Oltre al colloquio con la World Bank ne ho fatto uno anche con ABN Ambro (ora Royal Bank of Scotland), e ne ho addirittura rifiutati due – con Novamont e SKF – perché in quel momento stavo lavorando diviso tra Lombardia e Liguria e non mi era facile chiedere del tempo per andare a Torino! Il colloquio con la World Bank, per esempio, l’ho fatto una sera di fine aprile alle 19, al telefono, dopo una giornata di lavoro. Due settimane dopo mi hanno fatto sapere via e-mail che mi avevano preso. Ci ho messo un po’ a partire per Washington perché la World Bank è parecchio burocratica, e poi c’erano le procedure per il visto... L’impatto con gli States, nell'autunno del 2007, è stato piuttosto arduo, anche perchè gli americani – apparentemente così cordiali e gentili – sono in realtà piuttosto superficiali nelle relazioni umane. Alla World Bank comunque sono stati molto collaborativi, mi hanno anche aiutato a trovare un alloggio attraverso un italiano che lavora lì e che ha una casa che affitta. Con il passare del tempo mi sono inserito benissimo sia dal punto di vista professionale che da quello personale, anche se le persone che frequentavo fuori dal lavoro erano quasi tutte non americane.Alla banca sono stato inserito nella divisione Sviluppo umano e protezione sociale; la mia mansione era di eseguire analisi statistico quantitative su paesi in via di sviluppo. Per la maggior parte del tempo ho analizzato la relazione statistica tra disabilità e povertà in Yemen, Bosnia-Herzegovina, Vietnam, Guatemala e Nicaragua, collaborando anche alla scrittura di un paper sui risultati della ricerca.Lo stage è durato un anno: la borsa della Fondazione CRT, 3mila euro al mese, è stata più che sufficiente per mantenermi a Washington e anche per mettere qualcosa da parte. Condividevo la casa con un ragazzo americano e pagavo sui 700 dollari al mese. Sono tornato in Italia due volte, due settimane a fine febbraio ed una settimana verso fine aprile. Al termine dello stage la World Bank mi aveva proposto una collaborazione a progetto di un altro anno con un ottimo compenso – 40mila dollari netti all'anno [equivalenti più o meno a 2500 euro al mese, ndr], certamente superiore a qualsiasi compenso che è possibile trovare in Italia per una persona della mia età – ma per ragioni personali ho deciso di rifiutare e di rientrare in Italia. A quel punto ho avuto un periodo di transizione, perchè mentre cercavo un nuovo lavoro sono dovuto tornare a vivere a casa con i miei. Dopo quattro mesi di ricerca – un tempo molto breve, considerata la crisi – a febbraio 2009 ho trovato un impiego a Genova, nel controllo di gestione della ABB, multinazionale nel campo dell’ingegneria. I miei compiti principali sono aiutare la preparazione del budget della divisione e occuparmi del reporting relativamente ai costi sostenuti, di modo da tenere sotto controllo il consuntivo rispetto al budget. Ho un contratto di lavoro interinale e guadagno 25mila euro lordi all'anno: uno stipendio che mi permette di vivere per conto mio, in un mini appartamento in affitto, e di non dover chiedere più nulla ai miei.Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT- Due parole con Andrea Martina, ideatore della campagna di comunicazione Master dei Talenti 2009E anche le storie degli ex tirocinanti:- Antongiuseppe Stissi, un ingegnere piemontese sul treno per Pechino- Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata - Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: Antongiuseppe Stissi, un ingegnere piemontese sul treno per Pechino

In occasione della pubblicazione del nuovo bando del progetto Master dei Talenti della Fondazione CRT, che quest'anno mette in palio 75 stage in giro per il mondo lautamente rimborsati dalla Fondazione e destinati ai migliori neolaureati degli atenei del Piemonte e della Valle d'Aosta, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto le storie di alcuni ex. Ecco quella di Antongiuseppe Stissi.Sono nato a Torino nel 1980 e lì ho vissuto fino all’età di 27 anni. Dopo lo scientifico scelsi il famigerato Politecnico, facoltà di ingegneria informatica: studiavo e contemporaneamente gestivo un cocktail bar, in cui lavoravo sei giorni la settimana dalle nove di sera fino all’una - e di venerdì e di sabato anche fino alle tre! A gennaio 2006, subito dopo la laurea, cominciai come tutti a mandare cv in giro e dopo qualche colloquio in aziende non troppo convincenti ad aprile venni assunto in Booz Allen Hamilton, una società di consulenza direzionale di matrice statunitense con sedi italiane a Roma e Milano. Non mi proposero uno stage, ma direttamente un contratto a progetto. Lo stipendio non era nulla di eccezionale, circa 1500 euro al mese, ma il lavoro era interessante; mi assegnarono come cliente Fiat Powertrain, e così potei anche restare a vivere a Torino. Le attività erano le più disparate: piccole ricerche di mercato, creazione di survey interne, consulenza per la formalizzazione di alcuni processi aziendali… Dopo qualche mese cominciai a manifestare interesse per essere spostato all’estero, ma purtroppo non si presentavano proposte concrete. Nel frattempo nell’estate del 2006 feci il mio primo viaggio in Cina, un po’ per caso: capitò che un amico di famiglia che da qualche anno aveva cominciato a lavorare lì si trovasse in quel periodo in Italia e avesse lasciato un appartamento vuoto a Shanghai. Senza pensarci troppo presi un biglietto e partii in solitaria, per venti giorni. Tornato in Italia cominciai a cercare opportunità di lavoro in Cina – ma nulla si mosse fino a quando, nel gennaio 2007, si aprì il bando del Master dei Talenti della Fondazione CRT e decisi di candidarmi, focalizzandomi sui tirocini in Cina: in particolare ce n’erano due «papabili» per il mio profilo. Feci i colloqui di rito e ad aprile mi comunicarono che avevo vinto la posizione di stage in Fata, azienda del gruppo Finmeccanica. Accettai al volo e comunicai alla Booz Allen Hamilton le mie dimissioni, che diventarono effettive un paio di mesi dopo. Se ebbi qualche ripensamento a lasciare un contratto per uno stage? Assolutamente no, anche se il lavoro BAH era molto interessante: dal punto di vista economico, lo stipendio che percepivo era decisamente inferiore rispetto alla borsa che avrei ricevuto dalla Fondazione CRT. Una decina di giorni per preparare la partenza e a fine giugno partii alla volta di Pechino dove il 1° luglio iniziai il mio stage in Fata.Lo stage prevedeva uno stipendio mensile di 3300 euro lordi, che ripuliti facevano circa 2400 netti; si svolse al 99% a Pechino, tranne per una fiera a Shanghai. Le mansioni prevedevano principalmente ricerche di mercato in ambito logistica (porti) ed energia (fonti rinnovabili). In Fata, trattandosi di un ufficio di rappresentanza, le persone erano davvero poche, due italiani e cinque cinesi; ma proprio mentre mi trovavo a Pechino un’altra azienda del gruppo, Ansaldo STS, cominciò ad appoggiarsi a noi per seguire una gara di appalto per una linea ferroviaria ad alta velocità in Cina e il caso volle che questo contratto arrivasse alla firma proprio quando il mio tirocinio stava per scadere. Così, poco prima che finisse il mio periodo con la Fondazione, Ansaldo mi offrì un lavoro: tornai di corsa in Italia a firmare il contratto e ritornai in Cina ad agosto. Rimasi a Pechino fino a settembre, dopodiché tornai a Genova per esigenze di progetto e lì rimasi, a parte un paio di trasferte cinesi di alcune settimane, fino a marzo 2009. Da quel momento sono tornato nuovamente, e questa volta (semi)definitivamente, in Cina. Il mio contratto attuale è locale (cinese), ma con un trattamento praticamente pari a quello di una trasferta. Aggiungendo allo stipendio base la diaria e i rimborsi vari arrivo a guadagnare una cifra abbastanza soddisfacente, in linea con quelle rilevate nella survey della Fondazione CRT [lo stipendio medio per gli ex tirocinanti MdT rimasti all'estero è 2400 euro al mese, con punte oltre i 3mila, ndr]; inoltre le tasse in Cina sono più basse di quelle italiane, si risparmia circa un 8%. Però i contributi non sono recuperabili, perchè da quel che ho capito non esistono al momento accordi tra Italia e Cina in questo senso. Per questo in futuro vorrei riuscire a farmi pagare, specialmente se continuerò a lavorare all'estero, una sorta di pensione privata.Del MdT ho sicuramente un bellissimo ricordo: un anno davvero divertente, spensierato, in un paese tutto nuovo (che ancora oggi mi riserva sorprese e sfide quotidiane) e con una disponibilità economica, considerato anche il più basso costo della vita locale, davvero superiore alla media. Vivevo spendendo circa 1400 euro al mese, con un tenore di vita che sicuramente in Italia non avrei potuto mantenere nemmeno dando fondo completamente alla lauta borsa del MdT. Avevo preso in affitto di un monolocale e pagavo più o meno 350 euro al mese, più una trentina di euro per spese tipo internet, acqua calda ed elettricità.Non avendo fatto altri stage precedentemente mi è difficile fare paragoni, ma immagino che quello che differenzia il Master dei Talenti dagli altri sia il trattamento economico di tutto rispetto e l’attenzione con la quale la Fondazione segue gli stagisti per garantire in caso di problemi con l’azienda ospitante una pronta soluzione. Difficile dire se la mia vita è stata cambiata dal MdT o se ho scelto il MdT perchè volevo cambiare vita: sicuramente è stata una fantastica opportunità, capitata proprio nel momento giusto, e  ha dato una “accelerata” al mio percorso.Tornare in Italia? Per il momento non è in programma e credo che non lo sarà ancora per molti anni. Vengo una volta all'anno a trovare parenti e amici; di solito però preferisco godermi le vacanze da queste parti, ci sono ancora molti posti che voglio visitare. I miei genitori soffrono un po' la distanza ma sono convinto che, soprattutto osservando lo sconsolante panorama lavorativo italiano, siano contenti della mia scelta.Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta- Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT- Due parole con Andrea Martina, ideatore della campagna di comunicazione Master dei Talenti 2009E anche le testimonianze di altri ex tirocinanti CRT:- Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata- Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa

Master dei Talenti, le voci degli «ex»: Chiara Santi, grazie alla CRT ho scoperto la sicurezza sul lavoro e me ne sono innamorata

In occasione della pubblicazione del nuovo bando del progetto Master dei Talenti della Fondazione CRT, che quest'anno mette in palio 75 stage in giro per il mondo lautamente rimborsati dalla Fondazione e destinati ai migliori neolaureati degli atenei del Piemonte e della Valle d'Aosta, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto le storie di alcuni ex. Ecco quella di Chiara Santi.Sono originaria di Bubbio, un paesino della langa astigiana. A luglio del 2006, a venticinque anni, mi sono laureata al Politecnico di Torino in Ingegneria per l’ambiente e il territorio. Durante gli anni di università ho volutamente evitato periodi all’estero: ci tenevo a compiere interamente in Italia il mio percorso, sapendo che la mia era una delle università più importanti d’Europa. Nella scelta della tesi mi sono orientata sulla materia che più mi aveva appassionato: l’ingegneria degli acquiferi. Ottenuto il tanto agognato 110 e lode, stavo iniziando a chiedermi che cosa volevo fare da grande quando il professore mi ha proposto una borsa di studio. Così sono rimasta per otto mesi al dipartimento Territorio, ambiente e geotecnologie del Politecnico, occupandomi del monitoraggio acquiferi a Punta Sabbioni, la lingua di terra di fronte a Venezia, dove erano cominciati da alcuni anni i lavori per la costruzione del MOSE. La borsa, 1100 euro netti al mese, mi permetteva di mantenermi e mi dava l’opportunità di andare spesso a Venezia: i viaggi di lavoro, data la destinazione, mi sembravano ogni volta delle piccole vacanze. L’esperienza all’estero non fatta, però, cominciava a mancarmi e sentivo crescere forte dentro di me la voglia di partire. La lettera della Fondazione CRT che illustrava il progetto Master dei Talenti, arrivata a casa a dicembre 2006, è stata come pioggia nel deserto. Mi sono candidata per una sola posizione, la Saint Gobain Vetrotex International di Chambéry, in Francia: ho superato la selezione e sono partita ad aprile 2007, sapendo che avrei avuto a disposizione 1900 euro lordi al mese – un’enormità rispetto alle cifre a cui ero abituata! – ma con un’idea un po’ vaga di ciò che avrei dovuto fare là. La posizione infatti prevedeva di lavorare nell’ambito della sicurezza sul lavoro, a me quasi completamente sconosciuta. Fortunatamente sono sempre stata molto seguita; la struttura che mi ospitava è un centro di ricerca e sviluppo su materiali compositi fabbricati con fibra di vetro e polimeri. La quantità di sostanze e preparati che utilizzano è impressionante. Per conoscere meglio la realtà produttiva, per i primi mesi mi sono dedicata alla riorganizzazione dello stoccaggio dei prodotti chimici. In seguito mi sono occupata della valutazione del rischio chimico e della definizione delle priorità d’azione e dei possibili interventi migliorativi ai fini di aumentare la sicurezza dei lavoratori. Il lavoro mi ha permesso di interfacciarmi con il responsabile dei laboratori, con l’animatore sicurezza (come simpaticamente i francesi chiamano quello che da noi è più pragmaticamente l’addetto sicurezza) e con chi quotidianamente era a contatto diretto con le sostanze e i prodotti oggetto della mia valutazione: gli operatori, dai quali ottenevo le informazioni più interessanti e utili per compiere il difficile salto dalla teoria alla pratica. Lo stesso salto che ho dovuto compiere con la lingua francese, che pensavo di conoscere abbastanza bene; ho capito invece che tra leggerla sui libri ed utilizzarla tutti i giorni c’è una bella differenza. Superato lo shock iniziale, però, mi sono impegnata con passione per impararla al meglio e a marzo del 2008 ho ottenuto il certificato DALF C2, il più avanzato.A parte la lingua, rispetto ad alcune destinazioni molto più esotiche dei miei colleghi, io che ero nella vicina Savoia potevo dirmi quasi a casa. Mi sono ambientata molto in fretta anche grazie agli altri tirocinanti – tutti francesi – che in quel periodo erano alla Vetrotex, con cui ho passato serate e weekend indimenticabili e con cui ancora oggi mantengo stretti contatti. Mi ero sistemata in un bilocale in centro, che pagavo 545 euro al mese. Il costo della vita lì era nel complesso un po' più alto rispetto all’Italia, ma i 1900 euro al mese del MdT mi bastavano a mantenermi completamente e anche a mettere qualcosa da parte; bisogna però dire che io non rientravo in Italia molto spesso.I 12 mesi più belli della mia vita sono passati molto in fretta, ed io ero impaziente di rientrare in Italia. In pieno spirito Master dei Talenti, infatti, volevo cominciare finalmente ad essere produttiva nel mio Paese! Devo essere sincera: il ritorno è stato una grossa delusione. Inizialmente sono tornata a casa dai miei: una scelta obbligata, in attesa di trovare lavoro. Dopo decine di curriculum inviati e quasi altrettanti colloqui, mi ero sentita proporre solo stage a 600 euro al mese, quando andava bene. Sarà che focalizzavo l’attenzione sulle offerte per ingegneri ambientali, che non sono poi così numerose, sarà che cercavo un contratto “vero”, rifiutando quindi tutte le altre forme contrattuali (stage, collaborazioni a progetto, ecc.), ma mi sembrava che non ne sarei mai venuta a capo, ed avevo cominciato a pentirmi della mia scelta di ritornare in Italia. Finalmente, la scorsa primavera, l’offerta tanto attesa è arrivata. Ora ho un contratto a tempo determinato come ispettore sicurezza e qualità alla Carlo Gavazzi Impianti, un’azienda di progettazione e realizzazione di impianti elettrici industriali, di produzione energia, oil&gas, chimici e petrol-chimici, di infrastrutture. La parte più bella del mio lavoro sono gli audit in cantiere, che mi permettono di veder nascere e crescere i progetti dal vivo. La Gavazzi tra l’altro lavora molto con il nord Africa, per cui la conoscenza del francese che ho acquisito a Chambéry mi è spesso di grande aiuto. La sede è a Marcallo con Casone, circa 30 km ad ovest di Milano: mi sono trasferita a vivere a Castano Primo, e impiego solo un quarto d'ora per andare in ufficio. Guadagno più o meno 1300 euro netti, con i quali riesco a mantenermi completamente da sola. Mi sento di dire che il Master dei Talenti ha influito più che positivamente sulla mia vita, determinando molte delle mie scelte successive. Se non fossi stata introdotta al settore della sicurezza sul lavoro, ad esempio, non avrei nemmeno mandato il curriculum alla mia attuale azienda. Alla Gavazzi sto imparando tanto e sono consapevole che tanto ho ancora da imparare. Tra pochi mesi mi scade il contratto, ma quello che poco più di anno fa era un lontano miraggio – un contratto a tempo indeterminato - oggi mi sembra sempre più vicino.Tra l’altro, sono anche riuscita a creare una sinergia tra la mia attuale azienda e la Fondazione CRT: ho fatto conoscere il progetto MdT alla dirigenza della Gavazzi, e loro hanno deciso di partecipare mettendo a bando per il 2010 una posizione di stage di 12 mesi in Egitto, nell’ambito del project management.Testo raccolto da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Da oggi aperto il nuovo bando del Master dei Talenti: 75 stage a cinque stelle per i migliori neolaureati di Piemonte e Val D'Aosta - Occupati e ben pagati: ecco l'identikit di chi ha partecipato al Master dei Talenti della Fondazione CRT - Due parole con Andrea Martina, ideatore della campagna di comunicazione Master dei Talenti 2009E anche le altre storie di ex tirocinanti CRT:- Francesco Imberti, dalla Cina con amore (per il cibo italiano)- Paola Laiolo, da Torino a Bruxelles inseguendo l'Europa

Giorgia Dattilo, praticante consulente del lavoro: «Un lavoro scelto per passione e curiosità»

«Perché ho scelto di diventare consulente del lavoro? Per pura passione, e perché sono un po’ impicciona». Sono stati la curiosità e lo spirito polemico a guidare Giorgia Dattilo, una ragazza romana di 29 anni, sulla via del praticantato per la professione di consulente del lavoro. Quando era impiegata come receptionist in un albergo della capitale, sull'Aurelia, quelle buste paga indecifrabili non le andavano proprio giù. Da brava laureata in scienze della comunicazione (alla Lumsa, con 108/110), esigeva un po’ di chiarezza almeno nei rapporti con il suo datore di lavoro. E così ogni volta si recava dai due consulenti locali per avere spiegazioni su cifre, dati e voci del proprio salario. Una curiosità un po’ pignola che si è presto trasformata in vera e propria passione, «anche grazie al supporto dei due professionisti che fornivano consulenza all’hotel, persone veramente in gamba che mi hanno esortata ad approfondire le tematiche del lavoro».È stato così che ha deciso di abbandonare il lavoro per diventare praticante?Sì, ma non è stata una decisione semplice, anche perché avevo un contratto a tempo indeterminato. Ho parlato con degli amici, che mi hanno spiegato come funzionassero il praticantato e l’esame di ammissione. Ci ho pensato a lungo e alla fine ho chiesto a uno studio di prendermi come praticante.Come è stata la sua esperienza nello studio? Ho iniziato con un orario full time, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19, con un rimborso spese mensile di 250 euro. Sono partita dalle basi: mi occupavo dell’archivio, per imparare a “maneggiare” e a conoscere i documenti Inps e Inail. Dopo qualche mese ho cambiato studio per passare a un praticantato part-time mattiniero: spero di superare l’esame al primo colpo, e ho preferito dedicare più tempo allo studio. Fra l’altro la paga è aumentata a 400 euro al mese.Uno stipendio piuttosto basso, anche per un part-time…Sì, in effetti devo ringraziare mio marito e la sua famiglia, che mi hanno sostenuto quando ho abbandonato uno stipendio sicuro per rimettermi a studiare. La passione è tale che avrei svolto il praticantato anche gratuitamente, ma mi rendo conto che studiare per due anni senza uno stipendio adeguato è un problema per molti. Parlando con altri ragazzi, ho avuto l’impressione che la maggior parte di loro siano sfruttati sino a che non diventano professionisti.Come vede il suo futuro?Ho da poco sostenuto lo scritto dell’esame di abilitazione e sto aspettando di conoscerne i risultati. Anche se mi sono rimessa in gioco piuttosto tardi – ci sono ragazzi di 20-22 anni che già hanno intrapreso questo percorso – credo che aspetterò qualche anno prima di aprire uno studio mio. Ho molto da imparare da professionisti con maggiore esperienza. Al momento collaboro con degli avvocati che seguono cause di lavoro, ed è una cosa che mi piace moltissimo. Spero di trovare un percorso che mi possa portare a unire la giurisprudenza e la consulenza del lavoro come faccio adesso. Non ho mai pensato al mio salario futuro, ma da quel che ho visto potrebbe attestarsi tra i 5mila e i 7mila euro al mese. Andrea Curiat Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Valentina Crippa, praticante consulente del lavoro: «Sin dal liceo tra buste paga e lettere di assunzione»- Consulenti del lavoro: in arrivo un «patto formativo» tra praticanti e tutor - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quinta puntataE anche:- Gianfranco Orlando, vincitore della borsa di studio notarile: «Teoria e pratica devono andare di pari passo»-  Elena Lanzi, vincitrice della borsa di studio notarile: «Dopo un anno e mezzo il mio secondo concorso, senza ancora conoscere i risultati del primo»- Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»- Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista

Valentina Crippa, praticante consulente del lavoro: «Sin dal liceo tra buste paga e lettere di assunzione»

«Quando frequentavo il quarto anno del liceo ho deciso quale sarebbe stata la mia strada: mi sarei iscritta alla facoltà di economia con specializzazione in servizi professionali per l’impresa. Mio zio è consulente del lavoro e ho voluto seguire le sue orme. Quello stesso anno ho effettuato uno stage presso uno studio di consulenza a Nervano [in provincia di Milano, ndr], la mia città: mi sono trovata molto bene e subito dopo il diploma sono andata a lavorare lì con un contratto da dipendente part-time. Per metà giornata frequentavo l’università Cattolica, e per l’altra metà svolgevo la mia attività nello studio.  Il praticantato vero e proprio, però, l’ho iniziato soltanto dopo la laurea». Valentina Crippa ha 25 anni: il suo ingresso nel mondo della consulenza del lavoro è stato decisamente precoce. La passione che ha per il mestiere, confessa, è pari soltanto a quella per l’Inter, la sua squadra del cuore - di cui non perde una partita. Ama anche la giurisprudenza: «ho scelto la mia specializzazione anche perchè aveva molti esami in più rispetto a una normale facoltà di economia». Adesso Valentina è in attesa di poter dare l’esame di abilitazione all’albo, non prima del novembre dell’anno prossimo.Di cosa si occupa nello studio? Seguiamo sia la contabilità sia la gestione delle paghe per conto delle aziende clienti. Dopo i tanti anni di lavoro, ci sono alcuni compiti che svolgo in piena autonomia, salvo la revisione finale dei miei capi: elaboro i cedolini paga, preparo le lettere di assunzione per i dipendenti e altro ancora. Ci sono poi delle attività più delicate, per le quali invece assisto i professionisti. In tempi di crisi, dobbiamo spesso seguire le procedure per la cassa integrazione, dalla richiesta alla compilazione dei documenti necessari. Mi reputo fortunata, perché in studio mi hanno sempre spiegato tutto dall’inizio alla fine, e ho avuto modo di vedere ogni tipo di lavoro. L’attività del praticantato si somma a quella da dipendente? E lo stipendio? No, sto svolgendo il praticantato approfittando proprio del contratto da dipendente. Non ho ore aggiuntive, e prendo in tutto mille euro al mese. Quali sono i suoi piani per il futuro? Ha intenzione di aprire uno studio in proprio?Per ora penso solo a superare l’esame. Non ho fatto piani precisi per il futuro, ma in questo studio mi trovo molto bene e spero di restare qui anche negli anni successivi. Come professionista, ovvio.   Andrea Curiat Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Consulenti del lavoro: in arrivo un «patto formativo» tra praticanti e tutor - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quinta puntata - Giorgia Dattilo, praticante consulente del lavoro: «Un lavoro scelto per passione e curiosità»

Attenzione agli stage negli asili nido, spesso sono un paravento per lo sfruttamento: la testimonianza di Michela Gritti

Dopo il diploma ad indirizzo psico-pedagogico, mi sono laureata l'anno scorso - a 24 anni - in scienze e tecniche psicologiche (triennale) all'università di Bergamo. Già mentre studiavo mi  ero resa conto che non mi sentivo portata per la psicologia: lo psicologo osserva molto e interviene poco, io invece avrei preferito un lavoro più a contatto con le persone. Per questo motivo ho abbandonato l'idea della specialistica e mi sono avvicinata all’idea di lavorare nel mondo del sociale: ho fatto qualche mese di volontariato con gli anziani di una casa di riposo, un anno di volontariato coi bambini ospedalizzati e un tirocinio universitario in un centro diurno per disabili. Dopo la laurea ho deciso di svolgere il servizio civile presso il Telefono Azzurro. Per un anno ho risposto al telefono, sono andata nelle scuole primarie a promuovere dei laboratori di prevenzione al bullismo e all’abuso sessuale, ho fatto assistenza presso un istituto a custodia attenuata per mamme detenute con prole fino a tre anni. Insomma a settembre 2009, terminato il servizio civile, mi sono buttata alla ricerca di un lavoro con la consapevolezza di non essere proprio priva di esperienza. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma non volevo demoralizzarmi prima ancora di aver iniziato. Ho risposto a una cinquantina di annunci ma non ha richiamato nessuno, se non per dirmi che avrebbero tenuto buona la mia candidatura (eventualmente) in futuro.Finchè, cercando sconsolata su internet, ho trovato un annuncio di un nido milanese che diceva testualmente: «Stage retribuito per aspiranti educatori asilo nido»: senza specificare durata, orari, retribuzione. Il termine “stage” non mi convinceva ma associato al termine “retribuito” mi ha fatto sperare in qualcosa di più consistente di un semplice rimborso. Ho deciso di contattare l’asilo per avere informazioni e mi hanno risposto così:  «L'impegno per lo stage sarà di un tempo non inferiore ai sei mesi e con un impegno giornaliero dal lunedì al venerdì per 5 ore su turni, e verrà retribuito con un rimborso spese forfaittario». Mi offrivano 200 euro al mese: una proposta irricevibile, tenendo conto che solo l’abbonamento alla metropolitana ne costa 64. Ho rifiutato. Poco dopo, ecco la seconda proposta, sempre trovata su internet. Nella sezione “Lavora con noi” del sito di un'associazione che si occupa di bambini c'era un annuncio che diceva: «Cerchiamo due persone per uno stage di 6 mesi a partire da gennaio 2010, da inserire in un progetto di accoglienza per bambini 0-3 anni a Milano. E’ previsto un rimborso spese. Mansioni principali: assistenza personale educativo e assistenza nella progettazione educativa. L’impegno è full time da lunedì a venerdì dalle ore 8:30 alle ore 17:30. Requisiti fondamentali: età 20-27 anni; laurea o studi universitari, ambito psicologico e/o pedagogico; esperienza di lavoro con bambini; buona conoscenza scritta e parlata della lingua inglese; conoscenza del sistema operativo Windows e delle sue principali applicazioni; predisposizione ed interesse personale verso i temi della giustizia, della pace e della solidarietà; spirito di iniziativa, auto-motivazione, flessibilità, capacità di lavorare individualmente e in gruppo, buone doti relazionali, entusiasmo e spirito di squadra». Niente di meno! Ho mandato anche a loro una e-mail per chiedere precisazioni sul rimborso spese e sull’orario. La risposta è stata: «Lo stage si svolge presso un asilo nido a Milano che per le caratteristiche è molto più vicino ad un centro di  accoglienza. Il rimborso spese è previsto sui 200 euro circa al mese». Ho rifiutato anche questa proposta.Qui aggiungo una riflessione: non bisognerebbe mai dimenticare che c'è differenza tra lavoro e volontariato. E invece questa offerta di stage in cui mi sono imbattuta, considerando anche che veniva proposta da una onlus, sostanzialmente era più una ricerca di volontari che di stagisti. Prova ne sia che la persona che mi ha risposto via email era il responsabile della sezione Volontari dell'associazione! A mio avviso, attraverso questi stage loro cercano di pilotare la situazione, e di reperire volontari "extraqualificati". Invece cioè di accogliere persone qualunque che vogliono fare volontariato, mettono l'annuncio di stage e così potranno trovare persone già esperte, come nel mio caso, e poter in questo modo disporre volontari di un certo tipo, dando loro l'illusione di essere "stagisti".Ma perché a me, che ho già una buona formazione e una discreta esperienza, offrono uno stage anziché un lavoro? Ne ho davvero bisogno? Capire quali requisiti servono per lavorare negli asili nido è un'impresa. Conosco quattro ragazze che lavorano in questo tipo di strutture, e ognuna ha un titolo diverso: istituto alberghiero, istituto professionale "operatore dei servizi sociali", triennale in psicologia, laureanda in psicologia… un tempo esistevano solo le magistrali, ora quanta confusione inutile! Una di queste mie conoscenze, quella con il diploma di istituto professionale che in asilo nido ci lavora da sei anni, mi ha consigliato vivamente di «evitare le esperienze di tirocinio-sfruttamento» parole sue «anche perchè di solito lo fanno le persone che stanno ancora frequentando l'università, e in ogni caso non sarà quell'esperienza che ti farà entrare nel mondo del lavoro al nido». Io giro questo consiglio a tutti i lettori della Repubblica degli Stagisti interessati, come me, a questa professione. Diffidate degli asili che vi offrono stage molto lunghi con rimborso spese molto basso: quello che cercano nella maggior parte dei casi è un'educatrice a costo zero!Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stagisti sfruttati, i casi finiti in tribunale- Far west degli stage, la grande inchiesta della Repubblica degli Stagisti- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce- Stagista, perfavore, mi affetta due etti di crudo?

Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»

Ho iniziato la mia esperienza di praticantato presso l'università Iulm di Milano nell´autunno del 2007. Dopo aver effettuato tre differenti prove di selezione (Ifg, Cattolica e Iulm) sono partito da Livorno, dove vivevo, per trasferirmi a Milano e iscrivermi a questo master, l´unico dove ho superato il test  d'ingresso. L´esperienza di praticantato è stata tutto sommato buona anche se, avendo già avuto esperienze di lavoro come collaboratore nella redazione pisana del Tirreno, molti aspetti della didattica per me non erano una novità. I momenti più intensi di questa esperienza sono stati senza dubbio i cinque mesi di stage (tre nel 2008 e due nel 2009) presso la redazione milanese del quotidiano Repubblica. Qua, mi sono trovato di fronte ad un ambiente accogliente, stimolante e pieno di persone disponibili. Ho avuto modo di mettere alla prova le mie capacità e di confrontarmi con ambienti e realtà cui non avevo mai avuto accesso. In quei mesi ho imparato moltissimo e di questo sarò sempre grato alle persone che mi hanno seguito. Sin dal primo giorno sono stato nella redazione della cronaca di Milano, seguendo soprattutto la "bianca", cioè gli eventi istituzionali, ma soprattutto ho potuto raccontare i fatti della città vissuta per strada, tra la gente.  Ho lavorato con entusiasmo portando in redazione l'esperienza del master e, quando possibile, affiancando ai pezzi "cartacei" anche i contributi video per l'online. Certo, dal punto di vista lavorativo non ho ricevuto nessuna sicurezza: tuttavia bisogna dire che anche sotto questo aspetto le persone con cui ho avuto a che fare sono state molto oneste e chiare fin da subito. Io stesso sono sempre stato consapevole di ciò che facevo.Tornando all´esperienza di praticantato allo Iulm, ci sono almeno altre tre cose da sottolineare: una positiva e due negative. Quella positiva riguarda l'attenzione per gli aspetti multimediali della professione: l'università e il master forniscono mezzi e strutture (fra cui quelle Mediaset) che garantiscono una didattica efficiente su questo versante. Quelle negative invece riguardano il costo molto elevato (si parla di 19 mila euro in due anni) e la promessa di un "100 per cento placement" che purtroppo, a conti fatti, si rivela soltanto una chimera. Adesso sono diventato giornalista professionista, collaboro per l'edizione milanese di Repubblica e sono in cerca di lavori "aggiuntivi" che possano consentirmi di integrare ciò che sto facendo. La strada da fare è lunga, so che ci vorrà tempo, ma le energie non mi mancano. E poi sono sempre stato un tipo ottimista.testo raccolto da Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quarta puntata- Giornalisti praticanti, intervista a Roberto Natale della Fnsi: «L'accesso alla professione va riformato al più presto»- Il Fortino, una riflessione di Roberto Bonzio sui giornalisti di domani: «Oggi chi è dentro le redazioni è tutelato, ma fuori ci sono troppi sottopagati»E altre storie di praticantato vissuto:- Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista- Praticantato in redazione: l'esperienza di Caterina Allegro in un service editoriale

Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista

«Oggi sono professionista e ho un contratto giornalistico, ma arrivare ad ottenere il tesserino non è stato semplice. Ho iniziato la mia esperienza da giornalista dopo la laurea in giurisprudenza, vincendo un concorso indetto dalla Mondadori in collaborazione con l'università Cattolica di Milano. Era il 2005 e grazie a quell'occasione ho fatto uno stage di sei mesi nella redazione di Tv sorrisi e canzoni: un tirocinio che probabilmente non ho vissuto a pieno per la mancanza di esperienza, ma che mi ha aperto la strada verso questa professione. Non avevo rimborsi, ma solo buoni pasto e la vita in redazione aveva luci ed ombre: partecipavo alle riunioni, ma non avevo un ruolo attivo, forse anche per poco spirito di iniziativa da parte mia. Dopo lo stage ho continuato a collaborare con la rivista e pian piano ho allargato i miei contatti ad altre testate. Dopo due anni sono diventato pubblicista. Ormai avevo deciso che volevo fare il giornalista: ho continuato a collaborare in maniera continuativa con diverse riviste, tra cui Benefit e Selezione, e a fare articoli per collaborazioni più occasionali. Al di là di qualche vaga promessa, però, sapevo che sarebbe stato impossibile avere un contratto. Io comunque ero deciso: volevo diventare professionista. Avevo tentato l'esame per entrare alla scuola Ifg di Milano, ma non ho superato l'orale  e non volevo aspettare altri due anni per tentare di nuovo. Sapevo che, probabilmente, diventare professionista mi avrebbe reso ancora più difficile entrare in una redazione [alle aziende costa più un professionista di un praticante, ndr], ma era una questione di soddisfazione personale. Passati 18 mesi, durante i quali ho lavorato per queste riviste, sono andato all'Ordine dei giornalisti di Milano per farmi spiegare l'iter da seguire per il riconoscimento del praticantato d'ufficio. Lì il presidente dell'Ordine, Letizia Gonzales, mi ha spiegato nel dettaglio quello che serviva sia da un punto di vista tecnico (documenti, relazione del praticantato, articoli pubblicati, etc.) che da un punto di vista giornalistico, ovvero come presentare una domanda in maniera corretta. Dopo aver incontrato con i direttori delle testate con cui collaboravo e essermi fatto riconoscere i pezzi pubblicati ma non firmati, c'era un altro problema: i soldi. Perché il guadagno necessario per il riconoscimento del praticantato d'ufficio sono 17/18 mila euro in 18 mesi. I miei pezzi non erano stati pagati così tanto: dovetti aspettare di mettere insieme quella cifra e attendere qualche altro mese, anche perché all'Ordine non mi riconoscevano alcuni servizi considerati non prettamente giornalistici. Anche un libro d'inchiesta sul mondo del calcio, scritto a sei mani con due colleghi, ho scoperto non essere equiparabile ad un articolo giornalistico. Non ho mai ben capito i criteri con cui venivano considerati validi gli articoli al fine del riconoscimento e così ho dovuto presentare i documenti più volte, fino a che non hanno accettato la mia domanda. Dopo un lungo calvario ce l'ho fatta: a novembre 2007 sono diventato professionista. A gennaio 2008 è arrivato il primo contratto, a tempo indeterminato, full time: forse un premio alla mia tenacia».Testimonianza raccolta da Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quarta puntata- Giornalisti praticanti, intervista a Roberto Natale della Fnsi: «L'accesso alla professione va riformato al più presto»- Il Fortino, una riflessione di Roberto Bonzio sui giornalisti di domani: «Oggi chi è dentro le redazioni è tutelato, ma fuori ci sono troppi sottopagati»E altre due storie di "praticantato vissuto":- Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»- Praticantato in redazione: l'esperienza di Caterina Allegro in un service editoriale

Praticantato in redazione: l'esperienza di Caterina Allegro in un service editoriale

Caterina Allegro, 27 anni, ha un contratto di praticantato giornalistico presso un service editoriale a Milano e sta preparando l'esame per diventare professionista. Ecco cosa racconta della sua esperienza alla Repubblica degli Stagisti:«Ho lasciato Roma per Milano, anzi, per un lavoro in un service editoriale. Da un giorno all'altro il titolare del service editoriale mi ha offerto un contratto a progetto come "tuttofare": rispondevo al telefono, tenevo nel cassetto un faldone di contabilità e correggevo le bozze di un femminile. Era l'ottobre 2004 e l'azienda aveva solo pochi mesi di vita. Siccome in redazione c'erano poche persone e il lavoro abbondava, dopo un paio di mesi mi hanno chiesto di aiutare con i testi, scrivendo qualcosa ogni tanto. Naturalmente si trattava dei pezzi più facili: la ricetta del mese piuttosto che una pagina doppia dal titolo "Diecidomande". Dopo un anno il femminile ha chiuso, ma nel frattempo erano entrati altri lavori, ed essendo sempre in pochi, tutti facevamo tutto. E anch'io. Ho scritto articoli, ho "cucinato" pezzi altrui, ho corretto le bozze e ho cercato le foto di una serie di guide di Milano, di un trimestrale di andrologia, di un mensile per over 50 e di tanti altri "esperimenti". Nel frattempo continuavo a fare la segretaria e la custode della contabilità, ma sono comunque riuscita a diventare pubblicista. Alla fine del 2007 l'azienda ha attraversato un periodo di difficoltà, tutti temevamo il peggio. Per fortuna l'anno nuovo ha portato un lavoro importante: l'inserto di televisione di Famiglia Cristiana. Su quello il mio direttore ha deciso di farmi un contratto di praticantato giornalistico, che all'inizio, lo confesso, ho accolto con scarso entusiasmo; un po' perché il mio stipendio, tra contributi all'INPGI e alla Casagit (l'ente di previdenza e la cassa integrativa dei giornalisti, ndr), diminuiva, un po' per lo spettro dell'esame da professionista, che a quel punto avrei dovuto fare per forza e che mi angosciava non poco.Il mio periodo di tirocinio, lavorativamente parlando, non è stato molto diverso dal precedente: scrivevo e correggevo bozze. Da un altro punto di vista, invece, è stato molto speciale, perché a gennaio del 2008 ho scoperto di aspettare un bambino. I contributi Inpgi e la Casagit, a cui ho diritto proprio in virtù del contratto, si sono rivelati preziosi. Andrea è nato il 21 settembre e adesso è qui con me: sta imparando ad afferrare il carillon e io sto imparando la differenza fra richiamo e civetta.  All'esame manca poco più di un mese. Siccome da luglio non lavoro per via della maternità, sono un po' fuori allenamento; in compenso sono diventata bravissima a scrivere tenendo mio figlio in braccio. Peccato che quest' abilità non faccia punteggio ai fini del voto finale».Testimonianza raccolta da Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quarta puntata- Giornalisti praticanti, intervista a Roberto Natale della Fnsi: «L'accesso alla professione va riformato al più presto»- Il Fortino, una riflessione di Roberto Bonzio sui giornalisti di domani: «Oggi chi è dentro le redazioni è tutelato, ma fuori ci sono troppi sottopagati»E altre storie di praticantato vissuto- Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»- Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista