Praticantato d'ufficio, il calvario di A., giornalista free lance, per diventare professionista
«Oggi sono professionista e ho un contratto giornalistico, ma arrivare ad ottenere il tesserino non è stato semplice. Ho iniziato la mia esperienza da giornalista dopo la laurea in giurisprudenza, vincendo un concorso indetto dalla Mondadori in collaborazione con l'università Cattolica di Milano. Era il 2005 e grazie a quell'occasione ho fatto uno stage di sei mesi nella redazione di Tv sorrisi e canzoni: un tirocinio che probabilmente non ho vissuto a pieno per la mancanza di esperienza, ma che mi ha aperto la strada verso questa professione. Non avevo rimborsi, ma solo buoni pasto e la vita in redazione aveva luci ed ombre: partecipavo alle riunioni, ma non avevo un ruolo attivo, forse anche per poco spirito di iniziativa da parte mia. Dopo lo stage ho continuato a collaborare con la rivista e pian piano ho allargato i miei contatti ad altre testate. Dopo due anni sono diventato pubblicista. Ormai avevo deciso che volevo fare il giornalista: ho continuato a collaborare in maniera continuativa con diverse riviste, tra cui Benefit e Selezione, e a fare articoli per collaborazioni più occasionali. Al di là di qualche vaga promessa, però, sapevo che sarebbe stato impossibile avere un contratto. Io comunque ero deciso: volevo diventare professionista. Avevo tentato l'esame per entrare alla scuola Ifg di Milano, ma non ho superato l'orale e non volevo aspettare altri due anni per tentare di nuovo. Sapevo che, probabilmente, diventare professionista mi avrebbe reso ancora più difficile entrare in una redazione [alle aziende costa più un professionista di un praticante, ndr], ma era una questione di soddisfazione personale. Passati 18 mesi, durante i quali ho lavorato per queste riviste, sono andato all'Ordine dei giornalisti di Milano per farmi spiegare l'iter da seguire per il riconoscimento del praticantato d'ufficio. Lì il presidente dell'Ordine, Letizia Gonzales, mi ha spiegato nel dettaglio quello che serviva sia da un punto di vista tecnico (documenti, relazione del praticantato, articoli pubblicati, etc.) che da un punto di vista giornalistico, ovvero come presentare una domanda in maniera corretta. Dopo aver incontrato con i direttori delle testate con cui collaboravo e essermi fatto riconoscere i pezzi pubblicati ma non firmati, c'era un altro problema: i soldi. Perché il guadagno necessario per il riconoscimento del praticantato d'ufficio sono 17/18 mila euro in 18 mesi. I miei pezzi non erano stati pagati così tanto: dovetti aspettare di mettere insieme quella cifra e attendere qualche altro mese, anche perché all'Ordine non mi riconoscevano alcuni servizi considerati non prettamente giornalistici. Anche un libro d'inchiesta sul mondo del calcio, scritto a sei mani con due colleghi, ho scoperto non essere equiparabile ad un articolo giornalistico. Non ho mai ben capito i criteri con cui venivano considerati validi gli articoli al fine del riconoscimento e così ho dovuto presentare i documenti più volte, fino a che non hanno accettato la mia domanda. Dopo un lungo calvario ce l'ho fatta: a novembre 2007 sono diventato professionista. A gennaio 2008 è arrivato il primo contratto, a tempo indeterminato, full time: forse un premio alla mia tenacia».Testimonianza raccolta da Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Crisi dell'editoria: per i neogiornalisti il futuro è incerto - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / quarta puntata- Giornalisti praticanti, intervista a Roberto Natale della Fnsi: «L'accesso alla professione va riformato al più presto»- Il Fortino, una riflessione di Roberto Bonzio sui giornalisti di domani: «Oggi chi è dentro le redazioni è tutelato, ma fuori ci sono troppi sottopagati»E altre due storie di "praticantato vissuto":- Luca De Vito: «Alla scuola di giornalismo un praticantato stimolante, ma niente certezze per il futuro»- Praticantato in redazione: l'esperienza di Caterina Allegro in un service editoriale