Categoria: Storie

«Assunta con una bimba appena nata, in Sapio mi hanno aspettata tre mesi»

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Eleonora Garbin, 39 anni, Persona qualificata per Sapio, società di produzione e fornitura di gas industriali e medicinali.Sono nata e cresciuta in provincia di Verona. Al liceo – ho fatto lo scientifico – le materie mi risultavano tutte facili, eccetto la chimica. E così ho deciso di sfidare me stessa scegliendola per l’università, consapevole che fosse un settore che garantisce buoni sbocchi professionali.Contro le attese in facoltà, almeno nel mio caso, la presenza femminile non era scarsa, tutt'altro: c'era circa il 40% di studentesse donne. Mi sono laureata in Chimica all’università di Padova, nel primo ciclo della riforma 3+2. Ho anche fatto un dottorato di ricerca in Scienze molecolari, sempre a Padova, durante il quale ho trascorso sei mesi alla Humboldt University di Berlino per alcuni esperimenti legati alle mie ricerche. Mi occupavo di ottica non lineare e di spettroscopia ultraveloce.Subito dopo la tesi di dottorato sono stata presa per un contratto a progetto con Ossigas, una piccola azienda familiare campana che un paio di anni prima aveva aperto un sito in provincia di Padova per la produzione e distribuzione di gas compressi industriali. Volevano assumere una “Persona qualificata” per produrre ossigeno medicinale, quindi per i primi sei mesi, mentre imparavo a conoscere il mondo dei gas, ho fatto esperienza nella sede principale di produzione e controllo qualità. Nello specifico mi occupavo della logistica delle consegne ai clienti. Nel frattempo ho seguito e superato i sei esami universitari che mi mancavano per fare richiesta all'Agenzia italiana del farmaco per la nomina come appunto “Persona qualificata”. Il mio ruolo, quello che ho tuttora, è proprio questo, ed è definito da un decreto legge. Si riferisce a chi ha la responsabilità di rilasciare un medicinale che sia reperibile in Europa. Il mio compito è di controllare che ogni lotto di medicinale sia prodotto secondo le normative e che il sistema di qualità sia implementato secondo gli standard. Dopo un anno in Ossigas il mio contratto è stato rinnovato per un ulteriore anno, per poi diventare dopo pochi mesi a tempo indeterminato. Devo molto al mio responsabile di allora e anche al titolare dell’azienda, perché mi hanno sempre coinvolto nelle scelte aziendali, permettendomi di comprendere meglio questo mondo e di averne una visione globale. Insegnamenti che mi hanno aiutato molto poi in Sapio a capire di più le esigenze dei colleghi e le diverse funzioni aziendali. In Ossigas sono rimasta per sei anni; poi, durante la maternità, l’azienda è stata acquisita da un’altra molto più grande. Temevo che ciò avrebbe portato alla chiusura del sito in cui lavoravo, e quindi ho iniziato a guardarmi un po’ in giro per trovare un’alternativa. Il sito Sapio di Padova cercava proprio una figura come la mia e allora ho inviato il cv. Mi hanno scelto, spiegandomi di aver subito bisogno che entrassi a lavorare, ma la mia bimba all'epoca aveva solo cinque mesi, e iniziare subito non mi era proprio possibile! Mi ha reso molto orgogliosa il fatto che abbiano deciso di aspettare tre mesi, pur di assumere proprio me. In Sapio lavoro da quasi cinque anni, con un contratto a tempo indeterminato. Mi sarebbe piaciuto proseguire con la ricerca, ma dopo la Riforma Moratti e quindi l’abolizione della figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato, l’idea di passare almeno un’altra decina di anni dopo il dottorato con contratti di uno o due anni mi ha fatto desistere . Avevo voglia di farmi una famiglia, comperare una casa, non di cambiare città ogni due anni alla caccia di contratti a tempo, in attesa di un concorso per diventare professore associato. Quanto alle difficoltà riscontrate per il fatto di essere donna, sarà perché nello stabilimento in cui lavoro sono l’unica con una figlia piccola, ma la maggiore è quella di dover chiedere ferie o permessi per stare con lei quando le scuole sono chiuse. Non perché me le neghino ma con venti giorni l’anno è durissima, non bastano mai, alla fine è sempre mio marito che se ne occupa: fortunatamente lui ha un lavoro in università che gli permette una certa flessibilità. Inoltre sono l’unica in ufficio che a una certa ora deve scappare via per recuperarla all’asilo. E adesso con l’inizio delle scuole elementari è ancora più dura. Speriamo di farcela!Non ho neppure esperienze di gender pay gap. Il mio primo stipendio, con un contratto cocopro, è stato di 900 euro, meno dei 1200 che prendevo durante il dottorato. Ma non perché fossi donna. Ora le cose vanno molto meglio, ma questo perché con la mia professionalità ho dimostrato di valere molto di più. Purtroppo le aziende non conoscono molto il dottorato di ricerca, ma credo che a posteriori riconoscano la differenza tra un laureato e chi possiede un PhD, soprattutto per quanto riguarda l’autonomia operativa. Ci sono state donne che hanno inciso nel mio percorso. Una è la mia relatrice di dottorato, una persona schietta, che non mi ha illuso promettendomi garanzie di un posto in università, ma che mi ha spinto a lasciare la comfort zone di un ambiente in cui ero conosciuta e in cui lavoravo bene, ma che non mi permetteva di essere artefice del mio futuro.  Alle giovani ragazze consiglio di fare di tutto per essere loro stesse padrone del loro futuro e delle loro scelte, prima di tutto bilanciando le loro passioni con le effettive possibilità nel mercato del lavoro, ma anche decidendo di cambiare se quello che hanno non le soddisfa più o sta loro stretto. Testimonianza raccolta da Ilaria Mariotti

Uno stage di sei mesi e poi un vero contratto di lavoro in Banca PSA

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Giulia Maiellaro, 24 anni, oggi con un contratto a tempo indeterminato in Banca PSA.Vivo a Milano dove mi sono diplomata nel 2015 al liceo linguistico Artemisia Gentileschi. Alle superiori ho avuto la mia prima piccola esperienza di studio all’estero: ho frequentato per due settimane l’Emerald culture institut a Dublino per migliorare la conoscenza della lingua inglese. Il corso era organizzato dalla scuola e mi sembrava molto formativo. In totale pagai intorno ai mille euro; alloggiavo presso una famiglia inglese ed è un’esperienza che rifarei assolutamente!Finito il liceo non avevo le idee ben chiare su cosa fare da grande: mi sarebbe piaciuto studiare psicologia ma anche lavorare all’interno di società finanziarie. Alla fine mi sono iscritta alla facoltà di Scienze internazionali ed istituzioni europee con ramo di commercio internazionale presso l’università Statale di Milano.Ho sempre voluto avere una mia indipendenza economica, per questo ho cercato subito qualche lavoretto per non pesare interamente sui miei genitori e contribuire alle spese universitarie: così ho fatto la babysitter e lavorato ai seggi elettorali più volte come scrutatrice.Nell’estate del 2018, un po’ per curiosità, ho iniziato a inviare il mio curriculum in giro: volevo capire come poteva rispondere il mondo del lavoro e fare un po’ di esperienza sul campo. Quello che studiavo sui libri non mi bastava, avevo bisogno di qualcosa che mi spronasse a proseguire il percorso iniziato.A novembre sono stata chiamata per uno stage di sei mesi presso Aler, società che si occupa di edilizia popolare sul territorio lombardo. Dopo il colloquio per una posizione nel settore amministrativo sono stata inserita all’interno della sede di Rozzano; avevo un rimborso spese di 500 euro mensili più i ticket pranzo. Ricevevo gli inquilini che presentavano difficoltà economiche nel far fronte alle rate degli alloggi in cui abitavano, li aiutavo dilazionando i pagamenti e creando dei piani di rientro personalizzati. E nei casi più estremi raccoglievo e analizzavo la documentazione da presentare al consiglio generale per avanzare richieste di congelamento debiti. Il rapporto con la mia tutor e i miei colleghi è sempre stato molto collaborativo, mi sono trovata bene e questa esperienza mi ha permesso di mettermi alla prova e riuscire ad affrontare la mia timidezza che è stata spesso un grande ostacolo non consentendomi di dimostrare le mie reali capacità.È stata sicuramente un’esperienza impegnativa dal punto di vista emotivo perché ho dovuto toccare con mano certe realtà umanamente molto difficili, spesso ricevevo inquilini anziani in grande difficoltà economica, non era così semplice trovare una soluzione per poterli aiutare e trovare anche le parole giuste per confortarli. Capitava anche, però, di ricevere persone molto prepotenti ed è davanti a questa aggressività che ho dovuto tirar fuori il lato del mio carattere più solido. È stata un’esperienza importante perché man mano che affrontavo il quotidiano riuscivo a superare con disinvoltura le paure e difficoltà iniziali.  Questo stage mi ha fatto capire che volevo continuare l’università e che la strada intrapresa degli studi internazionali mi avrebbe aperto molte porte. Finito il tirocinio ho ottenuto un rinnovo per altri sei mesi ma nel frattempo avevo continuato a mandare curriculum in giro e, proprio in quei giorni, sono stata chiamata da un’altra società finanziaria, Banca PSA Italia, che lavora a stretto contatto con i tre brand del gruppo Stellantis, Peugeot, Citroen e DS, per cui offre soluzioni finanziarie disponibili direttamente presso le concessionarie. Mi è stato proposto uno stage di sei mesi con un rimborso spese di 750 euro per la posizione di Middle office a Milano: le mansioni proposte in fase di colloquio mi avevano incuriosita e così a maggio del 2019 ho cominciato questa nuova avventura. All’inizio del mio stage Banca PSA mi ha offerto la possibilità di avere un quadro generale delle attività che vengono svolte all’interno di tutti gli uffici: sono stata affiancata a colleghi del settore crediti, risk, marketing, aml e vendite che mi hanno mostrato le macro attività che vengono svolte. La mia attività, dopo, si è incentrata sul controllo documentale per pratiche di immatricolazione e liquidazione di veicoli in leasing e dei finanziamenti con contatto diretto con i concessionari e con l’agenzia di pratiche auto. La mia tutor mi ha seguita fin dall’inizio e mi ha formata a 360 gradi per poter svolgere le attività che poi mi sono state assegnate. Ricordo il mio primo giorno di stage: nonostante non fosse la mia prima esperienza di lavoro... ero tesissima! Era un ambiente completamente diverso dal precedente e le sensazioni molto positive e calorose che ho provato quando ho conosciuto i miei colleghi sono rimaste tali. C’è sempre stato un rapporto molto stretto con la mia tutor e gli altri membri del team, soprattutto con la mia responsabile, molto severa ed esigente, grazie alla quale sono cresciuta e ho compreso le mie capacità.Terminati i sei mesi di stage ho firmato il rinnovo per altri sei, quindi sulla carta fino a maggio 2020, ma dopo qualche giorno ecco che a dicembre 2019 il mio tirocinio si è trasformato in un vero contratto di lavoro: nello specifico, un contratto di somministrazione a tempo determinato di un anno – sempre come middle office all’interno dello stesso team e con una retribuzione di circa 25mila euro lordi. È stata una sorpresa, non me lo aspettavo assolutamente: la mia responsabile mi ha convocata e mi ha comunicato questa bella notizia.Allo scadere del contratto, e siamo arrivati a questo punto ai primi di dicembre del 2020, ho avuto un altro rinnovo di sei mesi, fino a giugno 2021. Poco prima del termine, però, la mia responsabile ha fatto il mio nome per una posizione lavorativa diversa sempre all’interno del gruppo e così ad aprile di quest’anno il mio contratto di somministrazione è diventato un tempo indeterminato presso PSA Renting Italia nella posizione di Customer Care Specialist e anche la mia retribuzione è aumentata arrivando a circa 26mila – 27mila euro l’anno, a seconda degli incentivi.Oggi mi occupo dei contratti di noleggio sempre per i marchi Peugeot, Citroen, Ds, delle pratiche di sinistro in cui vengono coinvolte le nostre vetture, gestisco i clienti telefonicamente, trasmetto la documentazione alla compagnia assicurativa e sono in contatto con le carrozzerie per la riparazione dei veicoli sinistrati. Inoltre soprattutto nel fine mese – periodo in cui l’attività di immatricolazioni e liquidazioni è molto concentrata – supporto i miei colleghi e questo mi permette di poter mantenere le competenze acquisite durante i mesi di stage.Il passaggio alla mia nuova attività in PSA Renting è avvenuto in modalità smart working durante la pandemia mondiale, un contratto che mai mi sarei aspettata di poter avere proprio per tutte le difficoltà che il periodo in questione ha creato. Sono stata molto fortunata anche perché oggi molto spesso i ragazzi giovani che percorrono i primi passi nel mondo del lavoro non hanno una continuità all’interno delle stesse aziende e per diversi anni gli vengono proposti solamente tirocini, molto spesso senza alcun rimborso. La tecnologia ha aiutato molto in questo caso anche nel mio inserimento all’interno del nuovo gruppo di lavoro: giornalmente abbiamo riunioni per poterci coordinare e affrontare le varie problematiche che si presentano, scambiare le nostre idee per migliorare il risultato a cui miriamo.Credo che lo smart working abbia aspetti positivi per quanto riguarda il recupero dei tempi di viaggio e anche per lo studio, per chi come me sta terminando il suo percorso universitario. Non ho, infatti, ancora conseguito la laurea triennale, dovendo conciliare i tempi studio con quelli del lavoro, ma sto portando a termine il mio percorso con un’iscrizione part time. Ci sono però anche aspetti negativi nello smart working: il contatto con i colleghi – e non solo del proprio team! – è fondamentale per crescere. La carriera non è solo formata dalle mansioni da svolgere e ruoli da ricoprire, ma anche di percorsi personali interiori. Oggi lavoriamo prevalentemente in smart working e abbiamo la possibilità di tornare qualche giorno in sede su scelta volontaria.Un aspetto interessante del lavoro in Banca PSA è la possibilità data ai dipendenti di effettuare una job rotation all’interno dei vari uffici per conoscere l’attività svolta e, nel caso fosse di interesse,  al momento del colloquio di sviluppo che si tiene annualmente con il responsabile segnalare una richiesta di spostamento per la crescita professionale e personale.In futuro mi aspetto di approfondire la conoscenza di altri settori all’interno dell’azienda più inerenti al mio percorso di studi. Mi incuriosiscono in particolare l’area delle risorse umane come gestione e reclutamento del personale e l’ambito dei rischi con tutte le varie analisi e reportistiche volte a controllare l’andamento della società.Le mie scelte di vita oggi mi hanno portato a ottenere un contratto stabile in età così giovane e a superare tanti limiti, credendo in me stessa. Ammetto che non è facile lavorare e al tempo stesso studiare, serve molta determinazione e forza di volontà, ma questa decisione la riprenderei altre mille volte perché oggi sono diventata la persona che sono grazie al percorso che ho fatto. Attualmente vivo ancora con i miei genitori, la mia esclation lavorativa è stata così rapida che quasi non me ne rendo ancora conto! Questa stabilità economica mi permetterà sicuramente in un futuro anche non lontano di programmare la mia vita in modo diverso.Credo che sia molto interessante il lavoro che fa la Repubblica degli Stagisti, diffondendo le storie di chi si è già affacciato al mondo del lavoro e vedendo come si è evoluto tutto il percorso all’interno dell’azienda. È un supporto fondamentale per aiutare i ragazzi a comprendere come muovere i primi passi. Anche perché nel mondo degli stage in Italia restano due problemi: il rimborso spese molto basso e l’incertezza di non avere un contratto alla fine. In questo senso io sono stata molto fortunata in Banca PSA, sia per il rimborso spese avuto durante il periodo di tirocinio sia per aver avuto la possibilità di una continuità contrattuale all’interno della stessa azienda.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Tanti stage e contratti con poche prospettive: poi è arrivata la buona occasione in Giappichelli»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Valerio Vigino, 30 anni, oggi con un contratto di apprendistato in Giappichelli.Sono della provincia di Torino e dopo aver frequentato il liceo linguistico Einstein nel capoluogo piemontese ho avuto qualche dubbio sulla facoltà universitaria da scegliere. Mi hanno sempre appassionato le lingue e pensavo che studiarle fosse la mia strada, ma avevo tanti interessi diversi tra loro e alla fine ho scelto la facoltà di storia. Pensavo poi di cercare in futuro lavoro all’estero, possibilmente in Inghilterra, visto che avevo già fatto due settimane di studio a Londra nell’estate 2007 e mi ero trovato molto bene.Entrato alla facoltà di Storia a Torino nel settembre 2009 mi sono però trovato in difficoltà. Ho iniziato a riflettere su cosa mi piacesse realmente e per non rimanere senza fare nulla ho cominciato a dare ripetizioni di inglese, francese, italiano e storia in modo da mettere da parte anche qualche risparmio. Nel frattempo mi sono reso conto che mi interessava molto il settore turistico e dell’accoglienza e a settembre 2010 mi sono iscritto a Lingue e culture per il turismo, sempre a Torino.Durante l’ultimo anno della laurea triennale ho fatto un tirocinio curriculare di due mesi presso la biblioteca Malchiorri della Facoltà di Lingue, da febbraio ad aprile 2014: mi occupavo di front office, assistenza utenti, segreteria e gestione deposito e catalogo libri. Era uno stage curriculare, quindi nessun rimborso spese. Finita la laurea triennale ho frequentato un master di promozione e organizzazione turistico culturale del territorio perché mi sarebbe piaciuto lavorare in quell’ambito. Aveva una durata annuale, da gennaio a dicembre del 2015. Purtroppo non è andata così: le offerte turistiche a Torino non erano molte e il settore era parecchio saturo. Sono stato molto fortunato, perché i miei genitori hanno sempre potuto pagarmi gli studi e io ho continuato con le ripetizioni private, guadagnando circa 20 euro a lezione, due volte alla settimana, per avere una certa indipendenza. Cosa che ho potuto fare finché il carico di studio e i tirocini curriculari me lo hanno permesso.Ad aprile 2015, mentre frequentavo il master, ho cominciato a fare volontariato presso l’Ufficio del turismo di Torino per approfondire le mie esperienze in quell’ambito. Ero assegnato all’ufficio informazioni ma mi sono anche occupato di promozione dei prodotti turistici durante il Salone del Libro di Torino o all’Expo a Milano. In tutto sono stato lì un anno, ricevendo come compenso dei buoni pasto del valore di sei euro al giorno. La mia era un’attività part-time: lavoravo 4 ore al giorno, di mattina o pomeriggio, in base ai turni che venivano stabiliti settimanalmente.Nell'autunno del 2015, sempre mentre frequentavo il master, ho fatto un tirocinio di due mesi presso l’Associazione Ylda, che ogni anno organizza Paratissima, una manifestazione artistica nata come spin-off di Artissima. Mi occupavo di accoglienza, logistica e assistenza degli ospiti stranieri, ma era sempre un tirocinio curriculare quindi non avevo alcun rimborso spese. Finito lo stage mi è stato proposto di proseguire la collaborazione con Paratissima, andata avanti fino ad aprile 2016, con alcune traduzioni dall’italiano all’inglese per il sito ufficiale della manifestazione. Per questo lavoro ho ricevuto un compenso forfettario, più o meno 500 euro per tutte le traduzioni.Mi trovavo bene, ma le traduzioni erano solo occasionali e avevo ancora voglia di cercare lavoro nell’ambito turistico culturale, così all'inizio del 2016 mi sono candidato spontaneamente presso un'associazione culturale torinese e nel giro di un mese ho cominciato uno stage con un rimborso spese di 300 euro. L’offerta era per un tirocinio di un mese a cui è seguito poi un contratto di apprendistato part time: mi occupavo principalmente di attività di segreteria e biglietteria, di comunicazioni e social media management, gestione e aggiornamento del sito dell’associazione, ufficio stampa, coordinamento attività dei volontari. Ufficialmente era un contratto part-time, ma alla fine rimanevo in ufficio molte più ore – e ricevevo solo 450 euro al mese. Purtroppo non è andata come speravo: il contratto prevedeva un aumento graduale della retribuzione, ma invece non solo lo stipendio in quasi un anno e mezzo non è mai aumentato, ma in più a volte tardava anche ad essermi pagato... dunque a un certo punto ho dato le dimissioni. I soldi, infatti, erano troppo pochi e visti gli orari irregolari – a volte anche la notte o nei week end – sono stato costretto a prendere questa scelta anche perché volevo andare a vivere per conto mio e con quella retribuzione non era possibile. Per fortuna, lo stesso mese sono entrato in contatto con la responsabile dell’accoglienza ospiti del Lovers Film Festival di Torino, che mi ha proposto un contratto di prestazione occasionale per tutta la settimana dell’evento. Mi occupavo della gestione di arrivi e partenze degli ospiti internazionali, dell’accoglienza e assistenza ospiti e degli incontri nell’ambito del festival. Alla fine ho ricevuto 500 euro pagati con ritenuta d’acconto. Mi era stato detto da subito che la collaborazione non sarebbe potuta proseguire, ma l’esperienza è stata molto bella e i miei rapporti con colleghi e superiori ottimi.A quel punto ho iniziato a cercare di nuovo lavoro nell’ambito turistico culturale, ma ho capito che le possibilità erano davvero ridotte. E ho realizzato che il lavoro di segreteria e assistenza clienti mi piaceva molto, soprattutto se abbinato alle lingue straniere. Sapevo già che quell’autunno sarei andato a convivere, quindi mi serviva un impiego che mi permettesse di mantenermi. Dopo aver cercato a lungo senza trovare nulla ho accettato una proposta di un contratto a somministrazione presso un’azienda di pratiche auto, Carta Bianca. Era un lavoro principalmente di data entry, con un orario full time e una paga molto buona, 1.300 euro al mese. Mi sono trovato bene con colleghi e capi ma dall’inizio mi era stato detto che gli impiegati presi in somministrazione non venivano tenuti di solito più di tre o quattro mesi. E infatti anche la mia collaborazione è durata solo da settembre a dicembre 2017. Ormai già convivevo e per non rimanere senza nulla ho cercato lavoro nell’ambito della segreteria e assistenza clienti e tramite passaparola trovato un impiego presso Appen, una compagnia internazionale che si occupa di migliorare le prestazioni dei siti web. Mi occupavo di valutare e analizzare i risultati delle ricerche web e i contenuti di determinate pagine. Era abbastanza lontano dal settore che mi interessava, ma l’esperienza è stata utilissima per approfondire ulteriormente la mia conoscenza dell’inglese, visto che la ditta ha sede a Seattle e tutte le comunicazioni erano in lingua inglese. Avevo un contratto da collaboratore indipendente e venivo pagato a ore, riuscendo a guadagnare alla fine del mese circa 1.100 euro.Dopo circa un anno e mezzo ho saputo che Giappichelli stava cercando una persona per la segreteria editoriale. La mia fidanzata conosceva, infatti, una dipendente dell’azienda e le ha consegnato il mio curriculum. Poco dopo, nell’aprile 2019, sono stato chiamato per un colloquio con il responsabile commerciale e la direttrice di produzione. A questo è seguito dopo circa due settimane un secondo colloquio che ha avuto un esito positivo. Così ho interrotto la collaborazione con Appen: non ero più in grado di lavorare per le ore richieste!In Giappichelli ho cominciato con uno stage: ricevevo 500 euro mensili, e dopo due mesi il rimborso spese è salito a 750 euro al mese. Ero affiancato da una collega e mi occupavo di mansioni di segreteria, gestione dell’archivio, supporto al reparto editoriale e gestione dei rapporto con case editrici straniere. Nel frattempo a novembre del 2019 mi sono sposato: era già nei nostri programmi, ma molto dipendeva dalla situazione lavorativa. E sapere di avere in quel momento una posizione più sicura in un posto che mi piaceva è stato determinante per fare questa scelta. Poi, prima delle vacanze di Natale, quando ormai il mio tirocinio volgeva al termine, mi è stato proposto un contratto di apprendistato di durata triennale con una retribuzione pari a quasi 1.100 euro al mese. Sono una persona cauta per natura quindi non davo per scontata l’assunzione, ecco perché ho dato sempre del mio meglio sul lavoro. Le mie mansioni in Giappichelli oggi sono in parte le stesse avute durante lo stage a cui si aggiunge la cura del processo di pubblicazione di volumi in collaborazione con le case editrici straniere, le ricerche di mercato, l’assistenza clienti e il supporto alla promozione dei prodotti della casa editrice. La mia giornata lavorativa comincia alle 9 del mattino e va avanti fino alle 18.45 con due ore di pausa pranzo, dalle 13 alle 15. Il mio lavoro mi permette di sviluppare l’utilizzo delle lingue straniere, anche in ambiti specialistici come l’editoria e il commercio, di migliorare il rapporto con i clienti e la gestione e organizzazione delle attività di supporto alla produzione editoriale.Quando è scoppiato il Covid per i primi tempi abbiamo continuato ad andare in ufficio, mettendo in pratica tutte le misure previste dai regolamenti. Con il peggiorare della situazione contagi, però, siamo stati messi tutti in smartworking, da marzo a maggio 2020. Per fortuna nei mesi precedenti mi erano state insegnate parecchie cose quindi ho potuto lavorare in maniera abbastanza autonoma. L’esperienza di smartworking non è stata la prima, già quando collaboravo con Appen ero abituato ad autodisciplinarmi e a non perdere di vista il confine tra la giornata di lavoro e il resto del tempo. Proprio in quel periodo avevo studiato diverse offerte di lavoro in ambito segreteria e turismo all’estero, in particolare Inghilterra e Repubbliche Baltiche, pensando di trasferirmi per un periodo lì. Ma in tutti i casi era richiesta la residenza in loco, e non mi sentivo di compiere un passo così definitivo. Per ora sto bene in Italia e con il mio attuale lavoro, ma se le cose dovessero all’improvviso cambiare in peggio tornerei senza dubbio a prendere in considerazione l’espatrio, anche perché mia moglie lavora da freelance e sarebbe in grado di spostarsi.Al momento, però, non lo prendo in considerazione perché mi trovo molto bene in Giappichelli: più vado avanti più mi rendo conto di quanto mi stimoli utilizzare le lingue nel lavoro e occuparmi dell’assistenza clienti e del supporto ai colleghi. Quindi spero di poter continuare qui anche dopo la fine dell’apprendistato.Guardando indietro al mio percorso professionale e ai tirocini fatti, penso che lo stage possa essere molto utile se fatto come si deve e davvero finalizzato all’assunzione. Purtroppo, però, è spesso usato come metodo tappabuchi per far svolgere qualche lavoro, noioso, a persone giovani che possono essere pagate poco. Per fortuna non è andata così in Giappichelli! Credo che la modalità più valida sia l’abbinamento del tirocinio all’apprendistato: così la persona ha tempo di acclimatarsi e capire bene i vari compiti e il funzionamento del posto di lavoro. Magari in alcuni casi accorciando il tirocinio da sei a tre mesi. Il vero problema è che sul mercato c’è una grande richiesta di tirocinanti che nella grande maggioranza dei casi al termine dell’esperienza non sono assunti; e molte persone si trovano a cominciare un lavoro, all’inizio sotto forma di stage, anche ben oltre i trent’anni.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Girl Power: «IT ancora un ambito maschile, bisogna trovare la forza per emergere in mezzo agli uomini»

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Laura Gatti, Demand and delivery manager per Sapio, società di produzione e fornitura di gas industriali e medicinali. Sono nata a Milano 56 anni fa, da una famiglia meravigliosa che è stata la prima a darmi la carica. Quando sono nata mio padre ha detto: «Peccato, una femmina!». C'era un motivo: aveva un’officina Alfa Romeo e preparava auto da corsa, quindi sperava nascesse un maschio che lo affiancasse nel mestiere. È finita che mentre mia mamma mi vestiva con gli abiti ricamati a punto smock io crescevo tra motori roboanti, e invece di giocare con la bambole pulivo carburatori. La passione per i motori non si è però mai spenta, covavo anche il sogno di diventare pilota. Ma infine ho scelto una strada più concreta, quella di saper far conto e conoscere i processi aziendali. Mi sono diplomata in Ragioneria, e poi iscritta a Economia aziendale alla Cattolica di Milano. Ma non l'ho mai terminata perché ho subito iniziato a lavorare.Erano gli anni Ottanta e le aziende ti rincorrevano. Così, a vent'anni, ho iniziato facendo la contabile in una piccola azienda vicino casa che mia aveva assunto per una sostituzione maternità. Poco dopo è arrivato il mio primo lavoro in consulenza, in una software house in cui facevo di tutto: dall’installazione dei sistemi al supporto contabile e gestionale. E ovviamente, ero la sola donna! Ma il mantra che mi ha accompagnato in tutte le mie tappe di vita, è 'Sei una donna ma non ti manca nulla e puoi competere con gli uomini'. Non ho mai pensato che in quanto donna non potessi fare qualcosa, ma al contrario che bastava volerlo. Ne ho fatto uno stimolo per cercare di eguagliare e superare quello che gli altri colleghi facevano. E non mi sono mai sentita messa da parte per il fatto di appartenere a un genere.E non mi sono neanche persa la meravigliosa opportunità di avere un figlio. All'epoca il direttore generale mi chiese di pianificare insieme il tutto, visto che mi ero sposata: mi chiese di cercare di far coincidere la maternità con i momenti di minor intensità lavorativa. Così mi sono trovata a essere l'unica donna a rientrare in ufficio dopo la sola maternità obbligatoria! Ma non potevo perdere la corsa. Avevo voglia di fare e la fortuna di avere una figlia molto buona. Non è stato facile, a volte i sensi di colpa c'erano. Potevo contare su nonni e un marito che rientrava prima di me a casa, intorno alle cinque. Ma era dura, perché lasciavo la bimba al nido la mattina e la riprendevo la sera. Poi però con l'esperienza ho capito che l'importante è poter contare su un tempo di qualità e non sulla sola quantità. Nonostante la bambina fosse ancora molto piccola, ho scelto di cambiare ancora azienda, pur avendo avuto nella mia una promozione. Sono così entrata in una multinazionale, e ho iniziato a gestire progetti importanti e a conoscere diversi business. L’asticella si era alzata: maggiori responsabilità, team da coordinare, per la maggior parte composti da uomini e ovviamente sfide quotidiane che mi hanno dato buona visibilità, grandi soddisfazioni e opportunità di carriera che mi hanno poi portato nella società in cui lavoro attualmente, Sapio. Qui sono entrata nel 2007 come braccio destro del direttore generale, da consulente.Non è semplice definire il mio lavoro, sono un po' una prezzemolina, ho tante mansioni che vanno da quelle informatiche a quelle più organizzative, da manager. In Sapio inizialmente ho avuto il compito di occuparmi dell'implementazione di Oracle e di analisi dei costi. Non sono sempre stati tempi facili, all'inizio sono stata poco amata perché ho avuto tra gli altri l'onere di 'fare pulizia'. E lì, sì, mi è capitato di avvertire dell'astio, forse proprio per il fatto di essere donna. Ma è acqua passata. Ho costruito tanto nel frattempo, grazie alla fiducia dei soci e della direzione.Ho creato il team  IT, dato vita a procedure, riorganizzato processi. Ho seguito progetti di riorganizzazione aziendale con l’obiettivo di ottimizzare i nostri processi, avendo la fortuna di non annoiarmi mai. Ora mi occupo principalmente di progetti internazionali in ambito business intelligence e di implementazione nelle società del gruppo.Ho raggiunto livelli importanti anche sul piano retributivo: rispetto ai primi anni  di consulenza, oggi ho raddoppiato il mio reddito. Ammetto comunque che il mio settore, quello dell'IT, continua a essere un ambito maschile. Nel mio team c'è una sola donna, che ho scelto io, molti anni fa, perché aveva molta grinta e carattere. Mi ricordava me stessa, sono le caratteristiche che servono per emergere in mezzo a tanti uomini.Il suggerimento che do alle giovani è di cercare di mantenere sempre un certo equilibrio e non mollare mai. Il segreto è la resilienza, non fermarsi davanti alle esperienze che inizialmente possono sembrare sconfitte. Se ci dormi sopra, ti rendi conto che nel tuo zaino sei riuscito comunque a raccogliere qualcosa di positivo, che ti servirà sicuramente la prossima volta.Testimonianza raccolta da Ilaria Mariotti

Girl Power, laureata “per caso” in Statistica e assunta appena uscita dall'università: a 32 anni!

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Federica Rossomando, Data Analyst per T4V, società di consulenza ICT specializzata in progetti di Big Data Analytics con specifica focalizzazione nelle tecnologie e nelle piattaforme SAS, Cloudera e Microsoft Azure.Ho trentatré anni e sono nata a Battipaglia, in provincia di Salerno, ma è da più di vent’anni che vivo a Roma. Diplomata al liceo classico, mi sono poi iscritta alla facoltà di Scienze Statistiche alla Sapienza. La mia è una storia per molti versi atipica, anche se fortunatamente a lieto fine, a partire proprio dalla scelta della facoltà. A diciott'anni non avevo le idee chiare su cosa volessi fare o chi volessi diventare. Mi sarebbe piaciuto farmacista, o medico... Ma senza nessuna influenza da parte dei miei genitori, essendo l'una casalinga e l'altro geometra.Inizialmente mi ero orientata su Biotecnologie e Medicina, però non sono passata ai test di ingresso. Così ho virato su una facoltà un po' strana per me che su matematica e altre materie scientifiche non avevo una preparazione solida. Mi incuriosiva, specie perché all’incontro di presentazione ci dissero che avrebbe permesso di trovare facilmente lavoro, essendo richiesta in svariati campi. Decisi di provarci, e in effetti è andata proprio così!Il primo anno non è stato facile, ho avuto difficoltà a superare l’esame di Analisi matematica e spesso ho pensato di cambiare facoltà; ma poi grazie anche al mio professore di allora che mi ha seguito ho preso poco a poco fiducia in me stessa e mi sono a sbloccata. Di ostacoli ne ho trovati anche negli anni seguenti, ad esempio con un altro professore che proprio non voleva saperne di farmi passare l’esame. Non so, forse mi aveva preso in antipatia o chissà. Sta di fatto che mi fece perdere più di un anno. Mi sono capitati momenti di sconforto, a un certo punto avevo anche pensato di farmi aiutare iscrivendomi a un istituto privato di preparazione esami. Ma alla fine non ho ceduto, non mi sono abbattuta e ho continuato fino alla fine. Ho alternato lo studio con qualche lavoretto, ripetizioni private e baby sitter. I miei guadagni erano pochi, sui 300 euro al mese, ma non avendo un impegno fisso potevo continuare a studiare in tranquillità, che era ciò che mi premeva. Per stare sui libri ho anche rifiutato proposte di stage.Finita la triennale, ho preso la strada più difficile e mi sono iscritta alla magistrale di Scienze attuariali e finanziarie, in cui mi sono laureata a gennaio 2020 nel giorno del mio 32esimo compleanno! È stata un’altra bella soddisfazione per me. Pure qui il percorso è stato tosto ed impegnativo, perché non essendo la magistrale collegata al mio corso di studi della triennale – avevano soppresso corsi per via dei tagli all’università – ho dovuto colmare alcuni gap e familiarizzare con tutto un altro ambiente di applicazione della statistica, dalle aziende alle assicurazioni. Non a caso eravamo appena in venti iscritti al mio corso, tra cui non poche donne, anche se in maggioranza uomini.E tutti hanno trovato lavoro dopo poco. Essendo profili molto richiesti e quasi introvabili, il fattore età – per cui mi ero molto preoccupata, avendo conseguito la laurea dopo i trent'anni – non viene considerato dai recruiter. Tanto che appena un paio di settimane dopo la laurea, ho trovato un annuncio su LinkedIn per uno stage nel campo Big Data Analytics in T4V. Ho inviato la candidatura e il 2 marzo 2020 ho iniziato presso la sede di Roma. Stage con rimborso spese, della durata di tre mesi. In presenza però è stato di una sola settimana, perché il 9 marzo è iniziato il lockdown.  Poi il tirocinio mi è stato poi prorogato causa Covid fino a ottobre, e quello stesso mese mi hanno assunto con contratto a tempo indeterminato e una ral di 23mila euro. Questo è il mio primo vero contratto lavorativo. È stato un percorso molto particolare, data la pandemia che ci ha colpiti. L’azienda è stata capace di organizzarsi e di fornirci, al meglio delle possibilità, una preparazione per svolgere le diverse attività. Ha creduto in tutti noi stagisti e ci ha permesso di continuare il percorso intrapreso. La mia occupazione è quella dell'analisi dei dati, e mi sto trovando bene, continuo a imparare ogni giorno, anche se la strada è lunga. L’ambito della statistica e informatica è parecchio stimolante, ti apre la mente, è sfidante. Poi ovviamente mai dire mai nella vita. In futuro si vedrà, ancora sento di essere in cerca del mio 'posto nel mondo'.Il fatto di essere una donna con un lavoro in ambito scientifico non ha avuto nessun risvolto negativo finora. Nella mia breve esperienza non mi è mai capitato di pensare “questo non accadrebbe se fossi un uomo”. Le difficoltà che ho incontrato sono dovute più alla situazione che stiamo vivendo. Lo smart working è molto comodo su parecchi aspetti, però non può compensare il confronto e l’aiuto che si può avere lavorando insieme ai colleghi in ufficio. Anche se in futuro non credo avrò una postazione fissa a una scrivania, perché il mio è un tipo di lavoro che si svolge andando dai clienti. Non ho sperimentato neppure il gender pay gap, ma forse perché sono stata avvantaggiata dal punto di vista contrattuale ed economico per la scelta di studi che ho fatto. Mi rendo conto che non è una cosa scontata trovare subito lavoro, per di più con contratto a tempo indeterminato, da appena laureata e superati i trent'anni. Il consiglio che do alle giovani che si approcciano al mondo del lavoro o che devono ancora scegliere cosa studiare è di credere in se stesse e non sentirsi inferiori a nessuno. Perché nonostante questa società spesso ci penalizzi, noi abbiamo tutte le carte in regola per poterla migliorare e realizzare ciò che desideriamo. Inoltre suggerisco di orientarsi su un percorso informatico o scientifico: offre più sbocchi e opportunità di trovare occupazione. Testo raccolto da Ilaria Mariotti 

Girl Power, dalla carriera accademica all'impresa: «Il tetto di cristallo? Sopratutto in università»

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Elizabeth Jane Casabianca, senior economist per Prometeia, società di consulenza, sviluppo software e ricerca economica, tra le principali nelle soluzioni per il Risk e il Wealth Management, e nei servizi per gli investitori istituzionali a livello europeo.Ho 36 anni e vengo da Pesaro. Come si intuisce dal mio nome, ho un papà italiano e una mamma inglese, originaria del Kent, una regione a sud di Londra. Sono quindi cresciuta in un ambiente internazionale: da piccola, durante le vacanze estive, venivo messa su un aereo e mandata in Inghilterra a passare l'estate con i nonni materni. I miei non sempre stati molto aperti in questo, e pur essendo figlia unica non mi hanno mai tenuta nel nido, ma sempre spronato a andare via.E infatti, nel mio percorso, le esperienze all'estero sono state tante. Innanzi tutto l'Erasmus di nove mesi in Germania, a Kiel, al confine con la Danimarca. Una scelta un po' controcorrente, i miei colleghi andavano tutti in Spagna! Ma sono sempre stata un po' l'anticonvenzionale del gruppo. Quella esperienza che mi ha fatto capire come, nonostante le diverse culture, siamo tutti uguali in quanto persone. Ne è valsa la pena, ho ancora amici con cui mi sento. Sempre nel corso dell'università ho soggiornato per un altro periodo all'estero, sei mesi alla Camera di Commercio di Monaco di Baviera: si trattava di un progetto universitario chiamato Campus World.Negli anni a seguire, perché all'università sono rimasta con il dottorato, sono stata due volte alle Nazioni Unite di Ginevra. La prima mentre scrivevo la tesi di dottorato come visiting professor, per sei mesi, per approfondire il tema degli effetti del commercio internazionale sulla povertà in America Latina. E in seguito, sempre alle Nazioni Unite, ho avuto un incarico come consulente, per due anni, al termine del quale sono rientrata in Italia per l'assegno di ricerca. Subito dopo la laurea avevo anche fatto un piccolo stage in un'azienda metalmeccanica, che si occupava di commercio estero. Ma è durato solo un mese, sentivo il richiamo dello studio.Ed è grazie alla mia carriera accademica che è arrivata l'opportunità di entrare in Prometeia, dove sono ora inquadrata come senior economist nell'ufficio Practice e analisi economiche. Mi occupo di studi economici focalizzati su come le politiche economiche possano influire su redditi e disuguaglianze. Ed è stato il classico caso in cui ci si trova al posto giusto al momento giusto. Una ragazza del mio team attuale venne all'università a tenere un seminario su un argomento della mia ricerca. Erano a caccia di qualcuno che collaborasse con l'azienda su quelle tematiche. Io attraversavo un periodo di riflessione: all'università il lavoro resta in astratto, mentre in quel momento io cominciavo a sentire il bisogno di una maggiore praticità e dinamicità. Volevo che la mia ricerca avesse risvolti pratici più immediati: all'università i tempi tecnici sono lunghi tra ricerca vera e propria fino poi alla pubblicazione del paper. Così mandai il mio curriculum a Prometeia.A gennaio 2016 sono entrata con un contratto a tempo determinato, poi trasformato a settembre in indeterminato, con una ral di circa 30mila euro annuali. All'università il lavoro resta in astratto, mentre io sentivo il bisogno di una maggiore praticità e dinamicità. Volevo che la mia ricerca avesse risvolti pratici più immediati, all'università i tempi tecnici sono lunghi tra ricerca vera e propria fino poi alla pubblicazione del paper. Quello che faccio oggi con il mio team è orientare i clienti negli investimenti attraverso i nostri rapporti di previsione su come andrà l'economia italiana nel breve periodo.La mia propensione alla matematica è innata, tanto che alla superiori ho scelto Ragioneria, con specializzazione informatica. In quella sezione c'erano più ragazzi che ragazze, a differenza del ramo basato sulle lingue, considerato più “da femmine”. Una scelta tutta mia, avendo papà operaio metalmeccanico e mamma casalinga. Ma pensavo che in questo modo, se non avessi fatto l'università, avrei potuto lavorare da subito. Poi invece mi sono iscritta alla triennale in Economia e commercio internazionale di Ancona, laureandomi con 110 e lode, anche se nel frattempo ho sempre lavoricchiato come hostess e promoter per arrotondare e pesare meno sui miei.Sono poi passata alla specialistica in Economia e impresa con specializzazione in Management internazionale. Il voto è stato 107, un po' penalizzato dal periodo dell'Erasmus in cui avevo avuto difficoltà con la lingua. E questo nonostante il bilinguismo mi abbia invece agevolato sul lavoro. Ma non me ne pento perché si tratta comunque, per l'Erasmus, di un passaggio molto ben visto dai selezionatori: non tutti si mettono in gioco partendo da soli per un paese nuovo. Fa parte della mia personalità mettermi in gioco e non mollare mai. Così è stato nel corso degli anni accademici. Quelli in cui ho più percepito forse di più lo squilibrio di genere, anche se nel mio gruppo di lavoro ci sono sempre state molte donne. All'università eravamo quasi tutte ricercatrici, e anche attualmente in Prometeia, nel mio team, siamo in maggioranza. La presenza femminile però si sfoltisce man mano che si sale di grado. Non a caso all'università non vi erano professoresse ordinarie nel mio dipartimento. All'università le studentesse sono in tante, anzi forse la maggioranza. Poi piano piano se ne vedono di meno, non vanno avanti, e lì si avverte il famoso tetto di cristallo. Difficile dire perché: forse tendono a svalutarsi, ad accontentarsi, a gettare la spugna, condizionate dal clima esterno. Nel caso per esempio della carriera accademica temono il fatto di dover affrontare anni di precariato, di non potersi stabilizzare fino a oltre i trent'anni e mettere così in discussione gli altri progetti di vita.Si tende così a essere meno ambiziose e a fermarsi prima. Io, per fortuna, non ho mai sperimentato nessun tipo di discriminazione sulla mia pelle, e non ho mai fatto caso al fatto di essere in minoranza in alcuni contesti, come per esempio alle superiori. Anche forse per il fatto che le mie supervisor sono sempre state donne. Solo in ambito accademico mi è capitato di pensare che avrei avuto una carriera diversa se fossi stata un uomo, perché lì sì si avverte la resistenza verso le carriere femminili.A volte mia mamma, che è molto fiera di me ma fa parte di un'altra generazione, mi rimprovera bonariamente che mi vorrebbe più “ferma”, che non macinassi così tanto. Forse parla così perché vorrebbe un nipotino. Che è anche nei miei progetti e in quelli di mio marito, non penso la mia carriera possa essere di ostacolo quando arriverà il momento. Specialmente ora che siamo in smart working e abbiamo tutti guadagnato in tempo e produttività. Avendo più spazi sono perfino riuscita a riprendere un incarico accademico, e adesso, sempre da remoto, tengo un corso online presso la Cattolica in Scienze Bancarie.  Mi sento molto fortunata a essere arrivata fin qui. Vedo tra i miei amici che molti di quelli che hanno scelto l'università fanno fatica a trovare un lavoro, forse di più di quelli che si sono fermati al diploma. Abbiamo attraversato in pieno gli anni della crisi, ma va detto che ora molto di più rispetto al passato le materie scientifiche offrono maggiori opportunità di impiego. Ai miei tempi ancora si pensava che andando a studiare Ragioneria l'unico sbocco fosse l'insegnamento. Devo ringraziare anche mio padre che mi ha sempre insegnato che nella vita bisogna sempre studiare. È la curiosità che mi ha spinto fin dove sono, e per questo consiglio alle ragazze di oggi di lavorare sempre per raggiungere i propri obiettivi, di non tirarsi mai indietro perché abbiamo delle capacità uniche, come quella di essere determinate e saper fare bene più cose contemporaneamente. È proprio questo che ci contraddistingue. Testo raccolto da Ilaria Mariotti 

«Ragazze, non cercate di essere perfette ma coraggiose!»

La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso considerato “appannaggio maschile”. La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccontarle una a una attraverso una rubrica, Girl Power, che ha la voce di tante donne innamorate del proprio lavoro e fortemente convinte che, di fronte al merito, non ci sia pregiudizio che tenga. La testimonianza di oggi è quella di Antonella Puzzo, partner presso il gruppo EY.   Ho trentanove anni e sono nata e cresciuta in Sicilia, a Modica. Ho studiato  ragioneria diplomandomi come perito tecnico e programmatore. All’inizio non volevo andare all’università, così ho scelto un titolo “finito”, che mi permettesse di cominciare subito a lavorare. Poi invece ho deciso di iscrivermi a Economia e commercio all’università di Catania. Era l’ultimo anno del vecchio ordinamento. Nel luglio 2005 mi sono laureata e a fine agosto ho mandato quattro curriculum, sì solo quattro, alle big four: Deloitte, EY, Kpmg e PwC. La mia docente del corso di  Revisione aziendale era partner di una di queste e ci aveva fatto partecipare a un gruppo di lavoro in cui erano intervenuti diversi professionisti. Mi aveva colpito così tanto la loro passione che ho pensato: “Se non riesco a entrare nella Guardia di finanza voglio fare il revisore!”. Alla fine ho accantonato la prima opzione e sono quindici anni che faccio proprio il mestiere del revisore. La docente mi aveva procurato un colloquio con la sua società, che aveva una sede a Catania. Io rifiutai perché ero convinta che, per quello che volevo fare, Milano offrisse più possibilità. Lei mi disse che a Milano non avrebbero mai preso una che si era laureata in Sicilia: diventò per me una sfida. A settembre feci il colloquio a Milano per EY, la mia prima e finora unica azienda, e a ottobre iniziai a lavorare con un contratto di apprendistato, nella vecchia formula di diciotto mesi (con i canonici tre di prova), poi trasformato in tempo indeterminato. Da allora vivo a Milano e mi trovo bene, ma rifarei mille volte l’università in Sicilia.  Oggi faccio parte del dipartimento Assurance, che comprende 1.100 persone, nel team Audit. Nel luglio 2018, dopo i vari step di carriera, sono diventata socia. Importante è stato aver fatto anche altro rispetto al mio ambito e aver potuto accrescere le mie competenze: ad esempio per quattro anni ho fatto parte del gruppo di lavoro sul capital market, che seguiva società che volevano quotarsi in Borsa, operazioni straordinarie etc. Mi sento fortunata, perché quello che volevo fare si è dimostrato il lavoro vincente per me, quindi ho riscontrato nella professione le mie aspettative universitarie. Tuttavia, come dico sempre, la fortuna ci vuole ma sei tu a giocarti la partita! Quello che più mi piace del mio lavoro è che ogni giorno è diverso dall’altro: sono infatti una persona che si annoia molto facilmente. Altro punto di forza è il contatto umano: lavoro in un’azienda il cui asset sono le persone e io ho deciso di improntare la mia carriera sul cercare di valorizzare il contatto umano. E poi l’audit è un lavoro fondato sulla fiducia: io firmo la relazione di revisione sulla base di una strategia ideata e strutturata in condivisione con tutti i membri del team, un lavoro di squadra a 360 gradi. Seguo tanti clienti, dal consumer product, all’energy, passando dalle realtà di prodotti industriali diversificati, e ognuno prevede un team da tre a dieci persone, quindi lavoro con un centinaio di persone diverse.Non ho mai avvertito differenze di genere, mi trovo in una realtà molto meritocratica e, riguardo il bilanciamento, da quando sono entrata a oggi sono stati fatti passi da gigante. Io stessa, con altre partner, partecipo a un progetto sul talento femminile che coinvolge donne di EY e di altre realtà per capire perché a un certo punto della carriera, spesso coincidente con la maternità, le donne si auto escludano. La mia idea è che le donne aspirano a essere perfette, quando invece dovrebbero solo essere coraggiose! A differenza degli uomini, non alzano la mano se non hanno la risposta perfetta e questo toglie loro la possibilità di poter giocare la partita. Io non sono sposata e non ho figli, ma non perché abbia scelto di dedicare tutto alla mia vita professionale, anzi. E non per questo mi sento una donna meno completa: ho tanti interessi e, per seguirli, ho dovuto sviluppare una forte capacità organizzativa, che è la chiave vincente. Così sono sempre riuscita a non rinunciare a nulla di quello che mi faceva stare bene, dall’andare a correre al seguire un corso di teatro o di fotografia.  Oltre alla revisione, da dieci anni mi occupo di formazione: sono partita da quella interna e oggi curo anche delle collaborazioni di EY con le università (Cattolica, Bicocca, Bocconi), con l’ordine dei dottori commercialisti, con le business school etc. Uno dei progetti di cui vado più fiera è il Talent Lab EYF – Empower Your Future, un set di lezioni su tematiche legate al bilancio (capital market, crescita sostenibile, fiscale) rivolte a un gruppo selezionato di venti ragazzi. Nella mia esperienza il ponte tra mondo dell’università e del lavoro è stato decisivo, anche questo mi ha spinto a contaminare i ragazzi della mia professione: io all’epoca non sapevo nemmeno di cosa si parlasse e mi si aprì un mondo!Oltre alla formazione, faccio parte del team di recruiting e partecipo alla fase finale delle selezioni, quella dei colloqui motivazionali. A settembre le assunzioni sono riprese, anche se le selezioni avvengono totalmente da remoto e anche i neo assunti lavorano in smart working, con tutte le difficoltà del caso.       Da noi lo smart working è sempre esistito e negli ultimi anni c’è stata una forte innovazione sia in azienda sia nella revisione in particolare: questo ci ha permesso, da febbraio a giugno, di riuscire a chiudere tutti gli audit per la scadenza di bilancio del 31.12. Tuttavia il mio lavoro in questo momento storico ne risente: è difficile ingaggiare i ragazzi, fare il training on the job... Inoltre il rapporto con i clienti dura molti anni: con le società quotate addirittura nove, si diventa una famiglia e lavorando in smart inevitabilmente si perde qualcosa. La vita in solitaria è un controsenso per l’attività di un revisore, soprattutto in una big four come la nostra. E può essere alienante se non ci si danno dei confini e non si creano momenti di stacco. Tra i consigli che mi sento di dare alle ragazze e ai ragazzi, c’è quello di attribuire la giusta importanza ai momenti di sconforto, senza nasconderli sotto il tappeto. Quante volte mi sono detta che avrei potuto fare tutt’altro nella vita – “Non è che dovevo fare la cuoca?” . Ma la forza sta nel cercare sempre di ascoltarsi e capire cosa non va e cosa si può fare per cambiarlo. Quello che mi ha sempre aiutato molto è stato lavorare per obiettivi e avere dei modelli di ispirazione. Sono riuscita a seguire un mix di modelli, prendendo da più persone i punti di forza, come coraggio, ambizione, tranquillità, grinta, ma anche avendo chiari i punti di debolezza e cosa non avrei mai voluto diventare. Altra cosa per me importante: il non dimenticare mai da dove sono partita. Solo se ti ricordi le difficoltà che hai vissuto puoi veramente riuscire a capire quelle dei giovani e aiutarli a superarle. Quando cresci velocemente, come accade in questa realtà, il rischio è proprio dimenticare da dove sei partito. Io non mi sento realizzata né arrivata, ho ancora tanti obiettivi da raggiungere. E poi ai ragazzi dico di essere coraggiosi, di non lasciare mai nulla di intentato, e di essere curiosi. Oggi con il nuovo accesso diretto alle informazioni non riusciamo ad acquisire realmente i concetti, non immagazziniamo nulla. Invece bisogna porsi e porre domande, saper conoscere quello che c’è dietro alle cose, e investire su se stessi. Apprezzo chi inventa qualcosa di nuovo, come una start up, o chi decide di restare nella sua terra – che è per me più coraggioso di chi parte – per trasformare una passione nella propria professione. Non esiste uno sbocco migliore di altri, ognuno ha il proprio, e oggi rispetto a prima spesso può prescindere da quello che si è studiato!Testimonianza raccolta da Rossella Nocca

Girl Power: «Poche donne nella finanza: a volte gli stereotipi sono dentro di noi»

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Ilaria Rossato, analista per Prometeia, società italiana di consulenza, sviluppo software e ricerca economica per banche, assicurazioni e imprese.Ho 28 anni e sono nata in un paese in campagna in provincia di Padova, Montagnana. Mi è sempre piaciuta la matematica, qualcosa di innato e senza particolari influenze familiari dal momento che i miei genitori sono imprenditori. E neppure i miei fratelli, che sono molto più grandi di me, hanno fatto percorsi di tipo scientifico. Ma già dalle scuole medie i professori avevano individuato questa mia attitudine, tanto da suggerire alla mia famiglia un percorso per me in questo ambito. Mi sono così iscritta al liceo scientifico, impegnandomi sempre molto nello studio. A diciott'anni però non avevo un’idea precisa di ciò che avrei voluto fare nella vita o in quale città sarei finita. Sapevo tuttavia che qualsiasi strada avessi intrapreso di lì in avanti l’avrei percorsa fino alla fine, senza voltarmi indietro e senza ripensamenti, perché così ero cresciuta. E così in effetti è andata.In Prometeia Advisor Sim, a Bologna, sono entrata quando ancora ero all'università, alla facoltà di Finanza, proponendomi per un tirocinio di tre mesi finalizzato alla redazione della tesi di laurea e per cui mi è stato riconosciuto un rimborso di 500 euro mensili. Subito dopo la discussione mi hanno richiamato, offrendomi un tirocinio di sei mesi come analyst, qui con un rimborso di circa mille euro mensili. Il passo successivo è stato l'apprendistato e infine il contratto a tempo indeterminato. In azienda ho sperimentato cosa significasse davvero lavorare nel mondo della finanza.Sono stata inserita in un team che si occupa di consulenza per le fondazioni di origine bancaria, quindi enti con grandi patrimoni da investire su asset finanziari, dai 70 milioni in su. La formazione è stata lunghissima e dura tuttora. E le difficoltà ci sono state perché le responsabilità sono state subito grandi nonostante fossi appena uscita dall'università e l'inserimento fosse stato molto veloce. Ci si può sentire sotto stress e non all'altezza. A volte è difficile reggere le pressioni del mestiere, nonostante ci siano molti stimoli e una volta raggiunti gli obiettivi si provi parecchia soddisfazione: specialmente adesso che sono in una fase intermedia a metà tra la consulenza vera e propria, quella in cui si parla con il cliente, e l'analisi pura dei dati dei primi tempi.Serve carattere perché l'ambiente è prettamente maschile e a volte gli stereotipi, anche se non all'esterno, sono dentro di noi. Mi è successo di pensare in qualche occasione che se fossi stata un uomo sarebbe stato più facile perché avrei forse reagito in modo diverso, più razionale. Le ragazze della mia età nella mia squadra sono solo un paio, ma in azienda vedo tante donne che hanno svolto o stanno svolgendo una brillante carriera. Credo che questo sia dovuto anche al loro carattere deciso.Le ore di lavoro possono essere molte, a seconda delle giornate. Ma adesso, grazie allo smartworking, il problema è ridotto perché non serve spostarsi e si guadagna tempo che si può poi spendere per fare altre cose. Io per esempio ho delle passioni a cui mi sono sempre dedicata oltre la matematica, la danza e i viaggi, che mi piacerebbe riprendere superata la pandemia. Ho praticato anni di danza classica e moderna, e poi di recente mi sono specializzata nella salsa. Adesso sono in pausa per l'emergenza, ma non ho intenzione di abbandonare perché rappresenta una parte di me fondamentale! Lo stesso per i viaggi. Amo in particolare le barche e il mare, vorrei prendere una patente per guidarne una. Durante un viaggio in Argentina mi sono appassionata anche allo snorkeling, e sono riuscita a vedere un relitto in fondo al mare!Se guardo indietro al mio percorso, mi rendo conto che quando ho scelto l'università sono andata un po' controcorrente perché mi sono trasferita a Bologna, senza conoscere nessuno. E questo nonostante la facoltà che avevo scelto, Economia e Finanza, fosse anche disponibile presso l'università di Padova, che sarebbe stata più vicina a casa mia. Ma avevo voglia di buttarmi in un ambiente nuovo. Mi sono laureata nei tempi, e sono uscita dalla specialistica in Finanza, Intermediari e Mercati nel 2016 con il massimo dei voti, a 24 anni.In triennale, pur essendo un corso di finanza, c’erano molte ragazze. All’inizio della specialistica tuttavia mi sono resa conto che di ragazze ne erano rimaste pochissime e quando capitava di dover svolgere lavori di gruppo, raramente trovavo qualche altra ragazza. La spiegazione che mi sono data è che, pur essendo ambedue i corsi molto selettivi e a numero chiuso, la triennale è legata all'economia di base, per cui da lì si possono intraprendere percorsi a più ampio spettro come il marketing.Molte ragazze del mio corso hanno cominciato a lavorare subito dopo questa laurea. Per la specialistica invece, in cui si studiano temi come la borsa e gli investimenti finanziari, bisogna essere convinti fino in fondo. Si tratta di un ramo dell'economia più legato alla finanza, quindi alla matematica in senso stretto. Per quello la mia scelta è caduta lì: perché più vicino alla mia materia preferita, la matematica, ma al tempo stesso meno teorico e più legato alla realtà economica. Infatti amavo le materie più analitiche, e odiavo i corsi di diritto e le materie troppo slegate dalla realtà. In quegli anni mi sono dedicata soprattutto allo studio, a parte qualche lavoretto saltuario come promoter nelle profumerie.In tutto il mio percorso non ho mai avvertito di essere discriminata per il fatto di essere donna, né ho subito alcuna forma di gender pay gap. Non ho mai pensato “questo non accadrebbe se fossi un uomo”. Ho un carattere ribelle, sebbene nascosto dietro un temperamento tendenzialmente calmo, e non avrei permesso che mi fosse riservato un trattamento diverso in quanto donna. In fin dei conti sono sempre stata circondata da figure maschili e ho sempre avuto un temperamento un po' da leader. Ed è questo che serve nel settore della finanza, altrimenti è facile sentirsi fuori posto. In questo ambiente mi trovo bene, con i miei colleghi si respira un clima leggero. E meritocratico, perché non c'è uno sforzo che passi inosservato.Sul futuro non mi sono ancora veramente interrogata, né sento di aver messo radici fisse. Non penso che questo lavoro sarà di impedimento per costruirmi una famiglia. L'impegno va condiviso con il partner, non c'è motivo di sacrificare la carriera. Per questo alle ragazze consiglierei di fare ciò che più loro piace, indipendentemente dallo sforzo necessario per raggiungere l'obiettivo o dagli ostacoli che potranno incontrare nel loro percorso. La passione, la volontà e la determinazione nel lungo termine ripagano sempre.Testo raccolto da Ilaria Mariotti 

Flex Is Like a Big Family: My Experience as an Intern, and Now an Employee

Repubblica degli Stagisti collects the stories of young employees of those companies who have joined the RdS network. Here's Gabriella Mannara's, 28, Product Quality Engineer in Flex.I was born and raised in Cava de’ Tirreni, a little town near Salerno, and after high school I attended the University of Naples “Federico II” majoring in Biomedical Engineering. I chose that university because it was near my home town and it was possible for me to keep living at my parents' during those years. It was not so inconvenient: there were lots of students from Salerno, so we usually arranged carpooling. My parents offered to rent a house for me in Naples, but honestly, there was no need.After my first degree, in October 2015, I decided to shake things up and enroll at what's, in my opinion, the best university in Italy: Politecnico di Milano. I got my Master’s Degree in Biomedical Engineering in April 2018. During that time, I was not covered by a scholarship, so my parents supported me. If I'm here today I've got to thank them – they always helped me, economically and morally. It's not easy to live apart from your loved ones.During the first year in Milan I stayed in a student residence, 500 euro a month all included. Then I moved into a flat with other roommates. It was really not a problem to feel welcome in Milan: some high school friends also lived in the city, and I decided to be part of Svoltastudenti, one of Politecnico's Student Union. Thanks to this group I had the opportunity to organize and carry out activities and trips for students such as cultural and sporting trips, sports activities, contests and workshops. During those years I was involved in Institutional Offices at Politecnico as a Representative of the students of my course.I’ve chosen Biomedical Engineering because I wanted to be helpful to others. For the same reason since 2015 I have been an active member of AIRFA, Associazione Italiana Ricerca Anemia di Fanconi, as a volunteer: I've been responsible and coordinator for the "Gran Galà del Cuore", a charity event organized by me and a friend to raise funds for the Bambino Gesù Children's Hospital in Rome, Italy.People give a lot of importance to the most known pathologies – i.e. cancer – but they often forget the others, which are problematic too – even if they are rare. Furthermore, Fanconi anemia usually get diagnosed before patients turn 12 years old. We decided to be active and do something for them, especially for children of course. This is how “Gran Galà del Cuore” started. In March 2019 I've been elected as a member board and referent of Northen Italy for this association.The first time I heard about Flex was in 2018, thanks to Politecnico's Career Office. I submitted a spontaneous application, was called back, did two interviews in a row, and I was hired as an intern. Flex is a global design, engineering, and manufacturing company that is specialized in the design of Medical devices; it has its headquarter in San Jose in California. The internship started in August 2018 in Milan and lasted six months: I was part of the Quality Department, supporting the Senior Quality Engineer. I had the possibility to work on the whole product life cycle of medical devices, from the early stage of development through the final stages. I had the possibility to work on the whole product life cycle of medical devices, from the early stage of development through the final stages. The internship included a 1000 euro monthly stipend. I had a good relationship with my tutor, he helped me a lot in order to understand both internal procedures and project protocols. When the internship ended, Flex offered me a permanent contract with a Ral – an annual salary – of a little bit more than 26k euro.However, here in Milan rents are very high, and it is way too expensive to live by yourself; so for now, I still live with roommates and I get to spend my money on traveling – in December 2019, just before the Covid pandemic, I went to Florida! I recently got a pay raise, I now earn over 30k per year; my role has not changed, but I have more responsibilities. Today I’m a Product Quality Engineer at Flex: I mainly cooperate with customers and design teams in order to define test plans, execute test activities, coordinating operators, data analysis and release test reports; I also plan and develop methods and activities related to testing activities, following international medical standards. In the future I would like to grow and maybe change my role: I’d like to become a Project Manager. I really love Flex – it's like a big family – and I hope to continue working here, if my job aspiration will be met. Before the pandemic I thought about going abroad for a while, but now I really don’t want to go too far from my family. On the contrary, I would like one day to return to Salerno, to my city and family.Since the first case of Covid in Italy, Flex offered the possibility of working from home. It was difficult in the beginning, as I was working on the final phase of a project – so it was challenging to follow the operators that were on site. But in the end everything went well. There were a lot of online meetings with other workers: it is important to have the possibility to exchange ideas with colleagues, even if only virtually. The companies also organized many virtual events and initiatives to keep the employees engaged. I started to go back to the office in July 2020, but just periodically – when necessary. My advice to young people: try and choose an interesting internship, one that has a youth friendly and stimulating environment, one that can give you the opportunity to work with colleagues and customers from all over the world. Also, avoid the unpaid ones like the plague!Story collected by Marianna Lepore

Girl Power, assunta ancor prima della laurea: «Studiare statistica aiuta a trovare lavoro»

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Valeria Spano, Sas consultant per T4V, società di consulenza ICT specializzata in progetti di Big Data Analytics con specifica focalizzazione nelle tecnologie e nelle piattaforme SAS, Cloudera e Microsoft Azure.Ho 26 anni e vengo da Bari. Sin da piccola ho sempre avuto una forte passione per le materie scientifiche. Un'attitudine del tutto innata perché vengo da una famiglia che fa tutt'altro, sono commercianti nell'ambito dell'arredamento. Ma era una propensione da subito spiccata tanto che già alle medie correggevo i miei compagni mentre facevano equazioni e la professoressa di matematica non mi interrogava mai, diceva di non sapere cosa chiedermi! Nonostante ciò mi sono iscritta al liceo classico, anche se non mi piacevano per nulla le materie umanistiche, tanto che il mio punteggio finale è stato di 75. Ma sono riuscita a costruire basi solide per la mia formazione, ed è una scelta di cui non mi pento, perché mi ha reso capace di studiare qualsiasi cosa. Ho perfino dato ripetizioni di latino mentre studiavo all’università! Ricordo con grande affetto anche una docente, che mi ha trasmesso l’amore per la cultura in tutte le sue forme, ma soprattutto il concetto che l’impegno ripaga sempre. All'università ho avuto un percorso non lineare, che ho svolto interamente nella mia città, all'università di Bari. Mi sono inizialmente immatricolata alla facoltà di Economia. Ultimata la triennale, affascinata dal mondo della Data Science, ho deciso di concludere con il corso di Statistica. Il motivo per cui non ho scelto subito Statistica è stato che non sapevo dell’esistenza degli sbocchi lavorativi che potesse dare. In questo senso l'orientamento formativo al termine del liceo è stato piuttosto carente. Così, alla magistrale mi sono ritrovata in un piccolo gruppo di una quindicina di persone, di cui la maggior parte donne, un fatto certo non comune. Ma la spiegazione è che il mio era un piccolo ateneo, dunque non rappresentativo di quello che potrebbe succedere in una più grande università di Roma o Milano, dove sarebbe più raro trovare una maggioranza di ragazze in una facoltà scientifica.Ho scelto di scrivere la tesi di laurea in Machine Learning, nonostante questa non fosse una materia del corso, ottenendo un voto finale di 110 e Lode. Ma ancora prima di discutere la tesi, avevo già firmato il contratto di stage in Business Intelligence & Data Visual Management presso T4V a Milano, che prevedeva un rimborso di 1000 euro mensili. Avevo ricevuto anche un'altra proposta da parte di un'altra azienda, ma ho fatto questa scelta perché durante il colloquio ho avvertito di avere una maggiore comunanza di valori con la mia attuale azienda. E quindi lo scorso anno, a 25 anni, sono partita per Milano. Era gennaio 2020. Due mesi dopo il lockdown, e l'inizio dello smart working. Lo stage è durato quattro mesi, e subito dopo sono stata assunta come consulente in Business Intelligence & Data Visual Management con contratto a tempo indeterminato e una ral di 23mila euro. In questo anno, grazie alla mia costante curiosità e voglia di imparare e spingermi sempre oltre, e grazie a T4v che ha saputo coltivare queste qualità, ho lavorato a numerosi progetti, in diversi settori, quali Retail, Luxury e Bancari, dai quali ho cercato di apprendere ogni giorno qualcosa che potesse arricchire il mio bagaglio personale e professionale. Ad oggi, infatti, lavoro a un progetto di cui sono entusiasta, per il quale in genere sono richiesti più anni di esperienza rispetto ai miei. Di ciò sono onorata e spero di esserne all’altezza. Purtroppo a mancare è la vita di azienda, al momento infatti sono in smart working e lavoro da casa a Bari. Il lavoro a distanza ha reso più distante la collaborazione in team, in quanto la conoscenza delle persone è ormai virtuale. E ha anche complicato la comunicazione. Penso a chi come me è agli inizi della propria carriera. Agli stagisti in smart working, che si ritrovano nella condizione di affrontare “da soli” quelle difficoltà o perplessità che si incontrano agli inizi di un nuovo lavoro; non perché non si è seguiti, ma semplicemente perché si tende a  evitare di chiamare per non disturbare. Speriamo che in futuro si possa tornare alla normalità, perché una delle cose che mi piacerebbe fare è parlare in modo diretto con i colleghi, raggiungendoli quando necessario alla scrivania, senza passare per il telefono. La mia più grande aspirazione, e lo è sempre stata, è quella di essere una “donna in carriera”. Termine che per me implica soddisfazione e eccellenza nel lavoro svolto. Inoltre, ciò che ho sempre desiderato è che il lavoro rispecchiasse la mia più grande passione, e il mio sogno sarebbe diventare Data scientist. Ma non è qualcosa che arriva dal nulla, perché bisogna lavorarci su. La mia è stata una strada fatta di lunghe giornate di studio, anche dieci ore durante l'università. E ho sempre creduto nell'indipendenza economica, per cui all'università arrotondavo con lavoretti come baby sitter e ripetizioni a studenti di medie e liceo. Fortunatamente nella realtà aziendale in cui sono capitata e nei progetti sui quali ho lavorato, non ho mai incontrato difficoltà legate alla disparità di genere, sebbene la maggior parte dei colleghi è rappresentata da uomini. E di ciò posso ritenermi fortunata. Di sicuro Statistica mi ha facilitato nel trovare lavoro e altresì mi ha avvantaggiata da un punto di vista contrattuale ed economico. Ormai sempre più di frequente le donne ricoprono ruoli prima riservati esclusivamente alla figura maschile. E noi donne siamo altrettanto capaci, quindi ritengo più che giusto che ci sia uguaglianza anche a livello retributivo fra i due sessi. Va contrastato il fenomeno del gender pay gap, che personalmente non ho mai subito.  Il consiglio più grande che mi sento di dare è di credere sempre in sé stesse e non abbattersi ai primi ostacoli che si incontrano lungo il cammino, bensì di trarne sempre un insegnamento, anche minimo, e di farne tesoro. È proprio tramite gli errori o gli ostacoli che avviene la crescita di ognuno di noi. Inoltre vorrei suggerire di coltivare la propria passione e non trascurarla mai. E, perché no, fare di essa il proprio lavoro. Ilaria Mariotti