Categoria: Storie

Stage all'Agenzia europea per i diritti, le voci degli «ex»: Emanuele Cidonelli, ecco la mia esperienza a Vienna

Mi sono laureato a 21 anni in Scienze umanistiche alla Sapienza di Roma con una tesi sul cinema siciliano, visto anche come potenziale risorsa economica dell’isola. Il cinema è la mia passione, da sempre. Così come la Sicilia, da dove vengo e dove torno per trovare la mia famiglia, a Gela. L’esperienza che ho fatto presso l’Unione europea, però, mi ha aperto le porte dell’internazionalizzazione, la voglia di continuare la mia esperienza in Europa. Certo, la scelta di fare uno stage presso la Fondazione per i diritti umani a Vienna non rientrava negli sbocchi del mio curriculum e può sembrare strana. In un primo momento, in effetti, è stato solo un tentativo: ho letto il bando su internet, ero incuriosito ma anche consapevole di avere poche possibilità di accedervi. Il mio titolo di studio non sembrava il più adatto per un’agenzia di questo tipo, potevo puntare solo sulla conoscenza dell’inglese e del francese grazie ai mesi passati all’estero, soprattutto in Francia, durante gli anni dell’università. Ma ero consapevole che tanti avrebbero chiesto di essere ammessi a fare un tirocinio tanto prestigioso e ben pagato: mille euro al mese, pagate tramite bonifico, oltre al rimborso delle spese per i viaggi da e per l'Italia. Un sogno, nel nostro Paese dove avevo sempre svolto stage non retribuiti, ma dove anche i lavori offerti ai neolaureati sono meno vantaggiosi.Superate le selezioni, sono partito per Vienna lo scorso febbraio: sono stato inserito nella sezione che si occupava di comunicazione per rilanciare il sito internet. Chi aveva esaminato il mio curriculum non si era fermato agli studi, al titolo di laurea, ma aveva visto la mia passione per l’informatica e le mie conoscenze da smanettone dei pc, curioso di trovare nuovi programmi utilizzarli. Il primo approccio è stato subito positivo, non mi sono mai sentito uno “stagista” nel senso che si intende spesso qui da noi: niente fotocopie, per capirci, ma la partecipazione attiva alle riunioni anche con i delegati dei diversi Paesi dell’Unione europea. Ogni proposta era ben gradita, in sei mesi mi hanno sempre messo a conoscenza di ogni aspetto dell’attività condotta dall’agenzia, ben sapendo che non ci avrebbero mai assunti (essendo un organismo pubblico vara dei bandi di concorso), ma considerandoci a tutti gli effetti parte del team. I diritti degli stagisti erano rispettati: ferie, rimborsi, percorsi realmenti formativi che mi hanno permesso di arricchire il mio curriculum, il bonifico mensile che arrivava addirittura in anticipo. Ma il mio stupore per questa trattamento appariva strano ai miei colleghi inglesi o tedeschi che non avevano un giudizio altrettanto positivo: per loro tutto questo era normale, avviene regolarmente per gli stage, è quanto hanno già vissuto durante l’università. Adesso il mio futuro lo vedo in Europa, magari in Francia. Dopo questa esperienza, che si è conclusa lo scorso 31 luglio, sono tornato ad occuparmi di cinema, facendo tesoro di tutto quello che ho imparato sul fronte della comunicazione presso l’Agenzia per i diritti umani. Ma non solo: l’esperienza di Vienna mi ha aperto le porte arricchendo il mio curriculum e offrendomi maggiori possibilità di trovare un’occasione all’estero. Al momento non ho progetti ben precisi, ma sto approfondendo la mia tesi per una possibile pubblicazione.testo raccolto da Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Opportunità di stage all'Agenzia europea per i diritti fondamentali con rimborso spese di mille euro al mese- Valeria Setti: «Da Rovereto a Vienna per mettere la diplomazia al servizio dei diritti umani: la mia esperienza alla Fundamental Rights Agency»  

Un lettore alla Repubblica degli Stagisti: grazie a voi ho vinto un tirocinio Schuman al Parlamento europeo

Pubblichiamo la lettera arrivata nel febbraio del 2009 alla Repubblica degli Stagisti (quando ancora era un "semplice" blog) da parte di un lettore che, scoperta l'esistenza dei tirocini Schuman proprio su queste pagine, decise di provare a candidarsi e vinse.Ciao Eleonora!Mi chiamo Alessandro Gigante e sono uno dei fortunati che a marzo partiranno per i tirocini Schuman offerti dal Parlamento Europeo. Ti scrivo per dirti grazie, perchè se ho la possibilità di andare a fare questo stage pagato (la prima volta in vita mia, dopo altri tre totalmente gratuiti) il merito è tutto del tuo sito che me l’ha fatto conoscere!Sono capitato sulla Repubblica degli Stagisti il 13 ottobre scorso, due giorni prima che scadessero i bandi di iscrizione, reduce dall'ennesimo stage gratuito e disoccupato a tempo pieno. Dopo centinaia di curriculum andati a vuoto ovunque, il click sul link che segnalavi e l'ennesimo tentativo: «Sarà la volta buona?». Un tirocinio pagato oltre mille euro al mese mi sembrava quasi irraggiungibile, troppo bello per essere vero. E la concorrenza serrata che avevo letto nelle cifre del post certo non incoraggiava. Con una laurea, un master e tre anni di esperienza varia nel mondo del giornalismo ero stato rifiutato da troppe parti per non credere che finisse ancora una volta nello stesso modo.Dopo l'invio del modulo, infatti, come sempre era calato il silenzio. Nessuna risposta per mesi. Nessun contatto. Silenzio.Fino a che il 23 dicembre aprendo la mia casella di posta trovo una mail: «Dear Mr Gigante, you've been selected for a paid Traineeship...». Preso, nell'opzione giornalismo! Cinque mesi nell'ufficio del Direttorato centrale per le comunicazioni del Parlamento Europeo, a 1135 euro al mese! Con possibilità, magari, di essere tenuto anche per più tempo... Ho appena finito di inviare via raccomandata tutta la miriade di documenti richiesti, ed ora attendo solo di sapere quando di preciso dovrò presentarmi a Milano.Il tutto grazie a te, e alla Repubblica degli Stagisti! Per ora ti posso dire solamente questo: grazie. Ti prometto che ti terrò informato su tutti gli sviluppi futuri.Continua così con il blog. Spero possa dare anche a tanti altri ottime opportunità lavorative come quella a cui potrò accedere io, ma soprattutto spero possa contribuire a riformare - anche se un poco - un mercato del lavoro che per ora si può definire tutto tranne che onesto, almeno per chi cerca un primo impiego.GigPs: aspettando il primo di marzo, quando comincerò lo stage, per ora sono finito a distribuire volantini, tutti i giorni dalle 8:30 alle 16:30 a 3 euro netti all'ora, con 7 gradi sotto zero. Con una laurea, un master e l'esperienza che ho, è stata l'unica cosa che sono riuscito a racimolare - anche appoggiandomi a tutte le società di lavoro interinale esistenti qui. Meno male che dove non arriva l'Italia a sostenere i suoi giovani arrivano il Parlamento Europeo e… la Repubblica degli Stagisti!

Tecnologie fisiche innovative, facoltà poco conosciuta ma molto utile per trovare lavoro: la storia di Michela

Finite le scuole superiori Michela Pola si è posta l'interrogativo di tutti i neodiplomati: quale facoltà scegliere? Da un lato la passione per la fisica, dall'altro la preoccupazione per il futuro e la possibilità concreta di trovare un'occupazione. Oggi, a 22 anni, è in procinto di discutere la tesi per la laurea triennale e un posto di lavoro non farà fatica a trovarlo, proprio grazie alla scelta fatta tre anni fa: «Il mio interesse era già rivolto all'ambito scientifico, ma una laurea in fisica temevo che mi avrebbe aperto solo le porte della ricerca» racconta alla Repubblica degli Stagisti «poi ho scoperto l'esistenza del nuovo corso  in Tecnologie fisiche innovative dell'università di Ferrara e mi è sembrata la giusta soluzione per cominciare a entrare nel mondo del lavoro già durante il triennio». Dopo tre anni tra lezioni accademiche e tirocini in azienda si è arrivati alla fine del percorso: «Ho fatto stage in Ducati, Kpl Packaging e, infine, nella G.D di Bologna [una delle aziende che, tra l'altro, hanno aderito all'iniziativa del Bollino OK Stage, ndr], specializzata in packaging, dove ho lavorato alla mia tesi sui fenomeni di tipo elettrostatico legati al confezionamento: le sperimentazioni sono state condotte in azienda durante l'ultimo stage e, dopo la discussione della tesi in facoltà, è proprio in G.D che presenterò il lavoro fatto».  Il futuro di Michela potrà essere proprio in azienda, a seguire quello che è stato cominciato negli anni universitari: «Le proposte di lavoro non mancano, ma sto valutando anche altre possibilità» racconta Michela, un po' agitata per la discussione della tesi che si avvicina e l'ansia di una risposta che attende da tempo: «Vorrei andare all'estero, aspetto una conferma a giorni». Sono gli stessi tutor aziendali della G.D ad averla incoraggiata a giocarsi questa carta, cogliendo al volo la possibilità di lavorare in un centro europeo di alto livello, a Londra o a Stoccolma, per specializzarsi sui materiali naturali per il confezionamento. Un modo per incrementare le proprie competenze e riportarle, tra qualche mese, in Italia. L'attività all'estero è finanziata dal programma Quadrifoglio che  mette a disposizione borse di studio per i neolaureati del corso più meritevoli: alcune aziende emiliane hanno accettato di farne parte per sostenere, insieme all'università, i giovani professionisti. La stretta connessione tra ateneo e azienda è confermata dal fatto che il corso laurea scelto da Michela, Tecnologie fisiche innovative, è nato proprio su specifica richiesta delle aziende dei distretti industriali dell'Emilia Romagna, che non riuscivano a reperire sul mercato le competenze di cui avevano bisogno. Un'intera area che si è mossa insieme all'università per creare maggiori opportunità di incontro tra domanda e offerta aprendo un canale diretto tra gli studenti e le imprese, e facilitare il più possibile il passaggio dalla formazione al lavoro.Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Ingegneria ma non solo: quali sono le lauree più utili per trovare lavoro?- Laurea in psicologia, ma con qualcosa in più: il cinese. La storia di Alessandro, «cool hunter» tra Pechino e Shangai

Laurea in psicologia, ma con qualcosa in più: il cinese. La storia di Alessandro, «cool hunter» tra Pechino e Shangai

La passione per il «cool hunting» è nata nel 1996, ancora prima del diploma. Il termine inglese significa «cacciatore di tendenze» ed è un vero e proprio lavoro: il lavoro perfetto per chi è curioso e ama rincorrere  – anzi, precorrere  – le novità e i cambiamenti culturali. Proprio per questo Alessandro De Toni  [nella foto, insieme a un gruppo di bambini cinesi] a diciott'anni ha deciso di iscriversi a Psicologia all'università Cattolica di Milano. Una facoltà che, secondo le statistiche, non offre molte opportunità di lavoro – a meno che non te lo inventi usando le tue passioni e le esperienze che sei riuscito a mettere insieme durante gli anni universitari. Come ha fatto lui, che oggi a 31 anni ha una carriera di cool hunter ben avviata. «Lo studio e l'analisi delle tendenze di consumo mi hanno sempre incuriosito moltissimo» racconta alla Repubblica degli Stagisti «un interesse cresciuto all'università durante i corsi di psicologia sociale». Accanto alle materie previste dal piano di studi, Alessandro frequenta anche lezioni di mandarino: e proprio parlare il cinese si rivelerà l'arma vincente per supportare una laurea che, forse, da sola non sarebbe bastata per fargli trovare subito un lavoro, diventare un cacciatore di tendenze e per schiudergli le porte del Far East. Oggi gira il mondo per lavoro, fiutando ciò che  sarà di moda tra qualche anno. Ha vissuto a Pechino come borsista dell'Hsk, Chinese Profiency Test, per migliorare la lingua e la conoscenza del Paese. «Moda, design e food sono le mie passioni e così ho cominciato a fare questo mestiere: conoscere il cinese è stato il mio vantaggio competitivo per entrare nel settore». Un lavoro nato per gioco che si è trasformato in un'occupazione a tempo pieno: «Viaggio tra Pechino, Shangai e Milano analizzando le nuove tendenze. Ma non basta saper intuire cosa accade, fotografare e scegliere» aggiunge «è fondamentale saper costruire un report che si basi sulla sistematizzazione dei dati raccolti, la suddivisione in categorie e tag delle immagini raccolte, l'analisi dei temi correnti, le specificità locali e influenze internazionali». Un metodo scientifico, insomma, per il quale sono fondamentali le basi di psicologia sociale studiate all'università. Mentre la conoscenza della cultura cinese è stata importante per lavorare e integrarsi: «Si devono capire i punti di riferimento di questa società per poterla analizzare da un punto di vista antropologico e di mercato» conclude Alessandro «La differenza con la cultura occidentale è forte ed anche i modelli di riferimento sono diversi: va vissuta da dentro per riuscire a capirla». Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Ingegneria ma non solo: quali sono le lauree più utili per trovare lavoro?

Stage all'estero senza assicurazione sanitaria: le storie di chi ci è passato

Per approfondire il tema degli stage al di fuori dell'Unione europea e in particolare di cosa succede se malauguratamente ci si ammala – o si ha un incidente – senza essere coperti da un'assicurazione sanitaria, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto alcune storie di ex stagisti costretti a pagarsi da soli le spese mediche o a stipulare assicurazioni private. Lo ha fatto Cesare, 27 anni di Melzo, in provincia di Milano, che con il progetto Mae-Crui è andato a Los Angeles da aprile ad agosto del 2007 in quella che si può definire la Camera di commercio italiana per la California. «Gran bella esperienza di vita, un po' meno dal punto di vista professionale». Cesare ha pagato duecento euro per garantirsi una copertura sanitaria («un mese sono rimasto scoperto, ma avrei dovuto pagare ancora di più») attingendo ai cinquemila euro del prestito d'onore col quale si è finanziato lo stage negli Usa. Soldi che adesso sta restituendo con un lavoro precario alla Camera di commercio di Lodi. Dice che è chiaro che «chi va negli Stati Uniti la prima cosa che deve fare è l'assicurazione sanitaria». Ricorda però di un'altra «stagista dell'istituto di cultura di Los Angeles che ha avuto dei problemi di salute e non aveva coperture. S'è vista recapitare un conto di duemila euro».A Clarissa, trentenne di Roma, è andata meglio. Nell’aprile del 2005, appena arrivata a New York per uno stage di tre mesi all’Istituto di cultura conosce per caso la coppia che di lì a poco l’avrebbe aiutata a curarsi. Dopo pochi giorni nella Grande  Mela,  infatti, viene colpita da un’otite. È senza assicurazione, cerca aiuto e lo trova in proprio in quei due ragazzi conosciuti qualche giorno prima. La portano in un ospedale a Brooklyn, la fanno visitare da un amico medico che scarica su uno di loro le spese del controllo e quelle dei farmaci. «Non ricordo bene perché non feci l’assicurazione – racconta oggi la giovane romana – forse perché ero troppo ottimista. Ricordo però che il bando non diceva nulla a riguardo. Invece credo che sia importante che i ragazzi vengano informati prima, così da potersi organizzare».Di questi e altri problemi si discute – e non poteva essere altrimenti – anche su Facebook, che ospita due gruppi che parlano di stage all’estero: “Teste di M.A.E.” e “Stagisti ed ex stagisti Mae-Crui”.Tanti i commenti entusiasti e tante le richieste di consigli da parte di chi deve partire. Sul primo, tra gli ultimi post c’è anche quello di Elena che scrive: «Sono stata presa x la rappresentanza permanente presso l'UE a Bruxelles, ma leggendo questi wall mi sto scoraggiando… davvero é un'esperienza così inutile cm sembra leggendo i vostri post?».Giuseppe VespoPer saperne di più su questo argomento, leggi anche l'articolo «Stage all'estero, Mae-Crui ma non solo: attenzione all'assicurazione sanitaria»

Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Claudia Girolametto, alla Corte dei conti tra magistrati e udienze

Mi sono laureata in Giurisprudenza nel 2005, a ventiquattro anni non ancora compiuti, all'università di Trento. Durante gli studi avevo fatto le 150 ore presso l'Opera universitaria; poi ho svolto il biennio di pratica forense, il primo anno presso uno studio legale di Bassano e il secondo a Venezia, dapprima all'Avvocatura di Stato e poi alla Corte dei Conti. Qui una dirigente mi accennò  alla possibilità di effettuare uno stage presso la sezione giurisdizionale della Corte: non avevo mai fatto un'esperienza simile e quindi decisi di prendere l'occasione al volo. Lo stage era promosso da Veneto Lavoro e inserito nel progetto GoTraining, per cui percepivo anche dalla Fondazione di Venezia una borsa lavoro di 400 euro al mese. Inizialmente il tirocinio doveva durare sei mesi, dal dicembre del 2007 al giugno del 2008: poi però mi fu prorogato fino alla fine del 2008, con un cambio di progetto e di tutor. In totale un anno: a dispetto di quel che si potrebbe pensare, in Corte dei Conti si lavora sempre, anche durante i mesi estivi! Però il vantaggio è che avevo la possibilità di gestirmi l'orario, 36 ore settimanali, con assoluta discrezionalità. Durante lo stage collaborai con i magistrati della sezione e i funzionari addetti alla preparazione delle udienze relative ai giudizi in materia pensionistica, e anche con il funzionario responsabile della procedura per i ricorsi per equa riparazione ex legge 89/2001. In più effettuavo ricerche giurisprudenziali mirate, predisponevo le relazioni sui fascicoli processuali e assistivo alle udienze. Fu stata un'esperienza positiva e interessante soprattutto dal punto di vista professionale, anche grazie al vivace clima di collaborazione che si era instaurato con il personale della segreteria e con i magistrati.Oggi ho un contratto a tempo determinato con la Camera di commercio di Venezia presso la sede di Marghera: ho trovato questo lavoro rispondendo al bando pubblicato sul sito della Camera di Commercio.  Insieme ad altre colleghe gestisco l'albo dei Promotori finanziari del Veneto, del Friuli e della provincia di Trento: un'attività a livello impiegatizio, che mi impegna dalle otto e mezza del mattino alle cinque e mezza del pomeriggio. Lo stipendio che prendo mi basta, anche perchè vivo ancora coi miei: da Bassano del Grappa a Marghera sono 75 km, un'oretta di viaggio all'andata e un'oretta al ritorno. Per spostarmi uso il treno, come quando facevo lo stage in Corte dei Conti, perchè è il mezzo più economico. E intanto continuo a studiare per l'esame di Stato: dovrò ritentarlo a dicembre perchè quest'anno la commissione di Firenze non è stata clemente coi candidati!Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, vedi anche gli articoli:- «GoStage e GoTraining, le opportunità di stage promosse da Fondazione di Venezia e Veneto Lavoro»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Elena Bovolenta e la biblioteca della Venice International University»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Aureliano Mostini, lo stage mi ha aperto la strada del lavoro»

Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Aureliano Mostini, lo stage mi ha aperto la strada del lavoro

Sono originario della provincia di Novara e ho frequentato l'università Statale di Milano, dove mi sono laureato nel luglio del 2004 in storia medievale. Come spesso accade, finita l'università - soprattutto se di indirizzo umanistico - uno non sa bene cosa fare. Io avevo venticinque anni e volevo andare via un po' da casa: cercando su Internet ho visto la possibilità di fare uno stage a Venezia con il progetto GoTraining. Ho mandato il mio curriculum a Veneto Lavoro e sono stato chiamato una prima volta per un colloquio e una seconda per cominciare lo stage.Mi sono trasferito quindi in laguna per caso, con l'idea di fare una breve esperienza e tornare subito a casa. Invece poi sono rimasto abbagliato non solo dalla bellezza della città ma anche dallo stile di vita, dalla continua e stimolante presenza dei turisti, dalla facilità con la quale è possibile fare nuove conoscenze: in breve tempo mi sono creato un gruppo di amici con i quali esco ancora oggi. Tornando allo stage: feci sei mesi, dall'ottobre del 2004 al marzo del 2005, presso la biblioteca di archeologia di Ca' Foscari. Il mio compito era affiancare una signora che si occupava della gestione delle pratiche dei dottorandi e dell'organizzazione di eventi. Il lavoro non mi dispiaceva - anche perchè, appena laureato, avevo voglia di fare qualsiasi cosa -  ma ritenevo che come esperienza fosse troppo poco formativa. Così chiesi al direttore e al mio tutor interno di poter affiancare, in alcuni momenti, i bibliotecari in modo da imparare a catalogare e a effettuare servizio al pubblico. Cominciai a studiare catalogazione, i bibliotecari mi insegnarono gli standard e l'utilizzo del software: in pochi mesi divenni autonomo. Come rimborso spese percepivo circa 100 euro al mese, che mi venivano erogati dall'università [Aureliano ha avuto un pizzico di sfortuna: il suo stage è capitato in un periodo in cui  la convenzione di collaborazione annuale tra Veneto Lavoro e la Fondazione di Venezia non era ancora stata rinnovata, e quindi non ha potuto godere della borsa di studio, ndr].Questo è stato il mio unico stage. Alla fine inviai molti curricula, e nel settembre del 2005 mi contattò una cooperativa che mi propose di lavorare nella biblioteca di architettura di Venezia, presso la quale loro avevano un appalto per i servizi al pubblico. Un lavoro che svolgo tuttora a tempo pieno: non richiede una grande specializzazione, ma a me piace molto. Ora sono socio della cooperativa e ho un contratto a tempo inderminato. Sono fortunato perchè la cooperativa è piccola ma solida: sono regolarmente versati i contributi, abbiamo ferie e malattie pagate e anche la tredicesima. La retribuzione oraria non è molto alta, ma con la catalogazione riesco ad arrivare  ad uno stipendio che mi permette di vivere decorosamente, anche se sono ancora costretto a condividere l'appartamento. La fortuna è stata che da ormai due anni, grazie alla cooperativa, svolgo - seppur non in modo continuativo - attività di catalogazione del libro antico presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia.  Il lavoro mi piace, e l'obiettivo è quello di essere assunto in qualche biblioteca universitaria. Ma  non è facile trovare lavoro nel campo, e soprattutto entrare negli enti tramite concorso! Comunque, tirando le somme,  sono contento di aver fatto l'esperienza di GoTraining: oggi posso dire di fare una cosa che mi piace proprio grazie allo stage.Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, vedi anche gli articoli:- «GoStage e GoTraining, le opportunità di stage promosse da Fondazione di Venezia e Veneto Lavoro»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Elena Bovolenta e la biblioteca della Venice International University»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Claudia Girolametto, alla Corte dei conti tra magistrati e udienze»

Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Elena Bovolenta e la biblioteca della Venice International University

Ho preso la laurea triennale in Lettere a Bologna nel 2007. Come molti, ho fatto tantissimi lavori per potermi mantenere all’università: cameriera, telefonista,  hostess ai congressi, educatrice ai centri estivi. Appena laureata ho cominciato uno stage di sei mesi in una piccola emittente radiofonica locale, dove scrivevo testi per pubblicità. Fortunatamente era retribuito con un rimborso spese di 700 euro al mese… Ma intendiamoci: io lavoravo otto ore al giorno, non mancavo mai e per me era un lavoro vero e proprio. Anzi, a dire il vero inizialmente mi era stato proposto come lavoro, non come tirocinio: poi si sa come vanno le cose, parlando con il proprio commercialista a volte un'azienda scopre delle possibili modalità di "assunzione esentasse" – poco importa se il riciclo del personale (anche bravo, può succedere!) deve poi essere continuo…E comunque, il lavoro alla radio non realizzava pienamente le mie attitudini. Per una serie di circostanze fortunate, esattamente alla fine di quello stage ricevetti una proposta da Veneto Lavoro, a cui avevo inviato un cv seguendo il link dal sito della Regione Veneto. Venni contattata per uno stage di sei mesi alla Venice International University, un consorzio di università straniere situato su una piccolissima isola della laguna, San Servolo. Ero entusiasta, ma anche spaventata: accettare avrebbe significato, per me che provengo da un paesino della provincia di Rovigo, un trasferimento (affitto, spese, ecc.) con un sostegno di 400 euro mensili. Decisione difficile da prendere, ma l’istinto diceva che era l’occasione giusta, così accettai – grazie anche all’ennesimo sacrificio di una famiglia fantastica che ha sempre scelto di appoggiarmi e aiutarmi in questi mesi. Venezia è una città difficile, io non la conoscevo per nulla, non sapevo come muovermi e arrivare in pieno inverno con acqua alta, freddo, pioggia e tutto grigio non aiutò di certo... Poi pian piano tutto iniziò ad avere un senso. VIU è un ambiente giovane, coi colleghi ho instaurato un bellissimo rapporto, le mie idee per migliorare la biblioteca sono state accolte con entusiasmo e a poco a poco ho iniziato ad abituarmi ai vaporetti, ai labirinti, all’acqua alta e rilassandomi ho imparato a provare la magia che solo  questa città riesce a trasmettere.Lo stage è durato sei mesi, dal gennaio al luglio del 2008. Le mie mansioni erano gestire la biblioteca e affiancare la responsabile del front office. Ho imparato molte cose indispensabili per qualsiasi lavoro impiegatizio di amministrazione: gestione di documenti, utilizzo del pc, ma soprattutto opportunità di migliorare la conoscenza dell’inglese, lingua franca in un ente che ospita in media duecento studenti all’anno, provenienti da varie parti del mondo. Per quanto riguarda la biblioteca, ho potuto avvicinarmi per la prima volta in maniera pratica alla catalogazione di libri e di materiale multimediale, alla gestione del prestito e soprattutto ho potuto sviluppare un progetto ideato proprio durante il periodo di stage. VIU mi ha dato infatti la possibilità di cercare un software più adeguato alle esigenze della sua piccola biblioteca che però possiede un particolarissimo patrimonio di libri – circa 4mila volumi – tutti in lingua inglese. Da questa idea è scaturito un contratto a progetto di un anno. Un’occasione per mettermi in gioco e per avere il tempo di realizzare qualcosa a cui tengo: al giorno d’oggi è forse quanto di meglio una giovane laureata in lettere possa aspettarsi come inizio, no? Devi abbassare il tiro, essere umile, crearti aspettative che durino il tempo di un contratto e prendere tutto ciò che questa condizione ti può offrire, il buono e il meno buono.  Ovviamente lo stipendio è appena sufficiente a coprire le spese, soprattutto in una città come Venezia dove tutto ha prezzi alti. Non ce la faccio da sola: i miei genitori mi “coprono le spalle” perché alcuni mesi me la cavo, altri devo chiedere “l’aiuto a casa” – ma sono convinta di voler arrivare fino in fondo.È difficile descrivere in breve i sogni, le speranze, le delusioni, le prospettive di una normale ragazza di ventott'anni. Il tirocinio è stata un’esperienza positiva e mi ha anche cambiato la vita: trasferirsi in una città nuova, iniziare un nuovo lavoro, riuscire a vivere con uno stipendio che non arriva ai mille euro non è sfida da poco! A parte questo però sono molto felice e mi ritengo fortunata. Ora, oltre a seguire il mio progetto, sono iscritta alla laurea magistrale in biblioteconomia. Il mio contratto scadrà alla fine di questo mese; da settembre dovrei averne un altro, di circa 11 mesi. Non durerà per sempre: io userò questo anno per guardarmi intorno, di sicuro però più forte di due anni fa e molto più sicura di me stessa e delle mie capacità.La mia è una di quelle storie che non vengono mai raccontate perché non ci sono particolari drammatici o episodi miracolosi, ma sono sicura che in molti si ritroveranno e capiranno cosa io abbia voluto trasmettere: semplicemente la voglia di una straordinaria quotidiana normalità, fatta di un lavoro che ti piace e per cui hai sudato, e tutto ciò che questo di conseguenza ti permette di realizzare.Testimonianza raccolta da Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, vedi anche gli articoli:- «GoStage e GoTraining, le opportunità di stage promosse da Fondazione di Venezia e Veneto Lavoro»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Aureliano Mostini, lo stage mi ha aperto la strada del lavoro»- «Progetto GoTraining, le voci degli «ex»: Claudia Girolametto, alla Corte dei conti tra magistrati e udienze»

Proroghe allo stage, maneggiare con cura: la durata massima non è un'opinione

Quanto può durare al massimo uno stage? Secondo la normativa di riferimento, il decreto ministeriale 142 del 1998, ci sono quattro casi di durata massima a seconda di chi è lo stagista. Il limite più breve è per gli studenti delle scuole superiori: per loro la durata massima è fissata a 4 mesi. Poi si passa a 6 mesi: questo è il limite per i disoccupati, gli allievi di scuole professionali o di corsi di formazione post-diploma o post-laurea. Il gradino successivo è quello più affollato: durata massima di 12 mesi per gli studenti universitari, i dottorandi e masterizzandi, i neolaureati, i soggetti svantaggiati. E infine 24 mesi per i disabili.Sì, ma c’è la proroga – dirà qualcuno. Attenzione: la proroga certamente può esserci, ma deve rientrare in quei limiti. La legge lo dice chiaramente: «Le eventuali proroghe del tirocinio sono ammesse entro i limiti massimi di durata indicati nel presente articolo». E se qualcuno cerca di stiracchiare il concetto, intendendo che è la durata della proroga che, a sua volta, deve rispettare i tempi massimi, prende una cantonata. Insomma, gli stage di 12 mesi non ammettono proroghe, quelli di 6 ammettono proroghe solo di 6, e così via.«A me invece è capitato che, dopo uno stage di un anno, l’impresa proponesse una proroga di altri 6 mesi» racconta Giulio, 23enne laureato in Biotecnologie mediche. Il tirocinio l’aveva fatto da studente, per la tesi di laurea, presso una piccola azienda – una quindicina di dipendenti – operante nel settore della diagnosi allergologica. Compiti complessi, gran mole di lavoro, e nemmeno un minimo di rimborso spese: ma lui aveva stretto i denti pensando alla tesi. Quando però l’azienda invece di fargli un contratto gli ha detto “Abbiamo ancora bisogno di te per finire il progetto, dai, resta altri 6 mesi in stage…” non ci ha visto più: anche perché per lui avrebbe significato dover posticipare la laurea. E così ha detto di no. Trovando poi poco dopo un’occasione migliore: uno stage con un buon rimborso spese – 600 euro per i primi tre mesi, 800 per gli altri tre – al termine del quale ha ottenuto un contratto di collaborazione.Insomma, più di 12 mesi in stage non si può stare. Nella stessa azienda, quantomeno.

Partire è un po' morire? Qualche volta, per i giovani italiani invece è l'unico modo per vivere

Andare, restare. Tanti giovani italiani si trovano di fronte a questa scelta. Alcuni preferiscono rimanere qui, accettando le magre offerte del mercato del lavoro italiano o impegnandosi per cambiare la situazione. Altri partono.Scrive la 29enne Matilde in una lettera a Beppe Severgnini pubblicata oggi su Italians: «A 24 anni mi sono laureata in economia a Roma con il massimo dei voti e lì è iniziata la mia avventura come stagista: ho totalizzato più di due anni di contratti di stage, in tre aziende diverse, a 300 euro al mese, lavorando accanto a incompetenti, dirigenti annoiati e anziani che guardandomi la scollatura mi chiedevano dove fosse il tasto per accendere il pc. Mentre loro si guadagnavo i loro 5 mila euro al mese» racconta amara la ragazza «io facevo le loro telefonate e scrivevo le loro email». Matilde a un certo punto si ribella, va all'estero e fa uno master. Ora vive e lavora a Parigi: con «un lavoro fantastico e uno stipendio che nessun mio coetaneo rimasto in patria si sognerebbe mai di guadagnare». E a tornare in Italia non ci pensa neppure.Matilde non è sola. Per le pagine della Repubblica degli Stagisti sono passati e passano tanti altri come lei, cervelli in fuga. Olimpia, 24enne volata in Olanda per afferrare un contratto da 37mila euro all'anno - quando qui in Italia continuavano a offrirle solo stage. Riccardo, a cui dopo un anno e mezzo di regolari contratti l'azienda propose di tornare a fare lo stagista e che oggi, a 26 anni, ha un bel tempo indeterminato in Germania che gli permette di mantenersi da solo e anche di affrontare serenamente il grande passo del matrimonio. Vito, vincitore del Master dei Talenti nel 2007, che dopo lo stage si sentì offrire un contratto da 2800 euro al mese e quindi decise di rimanersene in Finlandia invece che tornare in Italia a racimolare qualche contratto a progetto da milleurista.Sono i più bravi? Chissà. Sicuramente sono i più intraprendenti. Prendono in mano la loro vita e scappano da questa Italia che non sa offrire opportunità e retribuzioni adeguate alle loro competenze. Certo però non è accettabile che la situazione rimanga questa: dobbiamo lavorare, tutti, per invertire la tendenza. Per far venire a Matilde e a Riccardo e a Vito la voglia di tornare, con la loro grinta e la loro intelligenza e il loro bagaglio di esperienza.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)- Trentenni italiani, la sottile linea rossa tra umili e umiliati nel libro «Giovani e belli»