Normativa sui tirocini, restano delle iniquità: il dibattito durante Best Stage 2018
Il quadro normativo è uno degli aspetti più importanti quando si parla di stage. Per questo motivo è stato il tema di apertura dell’evento annuale Best Stage, dedicato all’occupazione giovanile qualche giorno fa. A intervenire al dibattito moderato dalla direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina c’erano Pietro Bussolati, segretario metropolitano del Partito Democratico eletto al Consiglio regionale della Lombardia, Massimo Ungaro, segretario del circolo PD Londra UK, eletto alla Camera dei deputati nella Circoscrizione Estero, e Marta Pepe, sindacalista della Cisl che ha seguito da vicino la scrittura della nuova normativa lombarda sugli stage entrata in vigore il 9 giugno.Il dibattito si è aperto partendo dall’approvazione nel 2017 delle nuove linee guida della conferenza Stato - Regioni che hanno cambiato la regolamentazione dei tirocini extracurriculari. Ed è bene ricordare la differenziazione che da alcuni anni c’è tra stage extra curriculari e curriculari, con regole diverse e la conseguenza, come ricorda la direttrice Eleonora Voltolina, che «quando si è deciso di normare i tirocini meglio, lo si è fatto solo per gli extracurriculari con ventuno normative diverse».Non tutte le regioni, però, sono state virtuose, e nonostante avessero sei mesi per adeguarsi alle nuove linee guida approvate a maggio 2017, hanno quasi tutte sforato. Anzi, peggio: Umbria, Molise, Puglia, Sardegna e provincia autonoma di Bolzano, un anno dopo, non hanno ancora aggiornato la normativa.Tra le regioni ritardatarie c’è anche la Lombardia che solo a gennaio 2018 ha approvato la sua delibera regionale; e si è dovuto attendere addirittura il 9 giugno perché divenisse operativa. «Ci sono alcuni passi in avanti, ma restano delle iniquità» spiega Pietro Bussolati: «La prima: c’è, cosa incomprensibile, una differenza sostanziale tra stage privati e pubblici con un rimborso spese minimo di 500 euro per quelli nelle imprese privati e di 300 per quelli negli enti pubblici. Noi proporremo di unificarli perché riteniamo che l’impegno in un’attività di formazione sia uguale in entrambi i casi. La seconda: l’intervento adottato rispetto alle limitazioni anche temporali soprattutto per quanto riguarda i livelli di Eqf, european qualification network, che definiscono le diverse tipologie di stage in base al livello formativo da cui si accede alle qualifiche, alla formazione e al lavoro è a nostro avviso troppo blando. La Regione vieta gli stage sul livello 1, il più operativo, e prevede limitazioni a sei mesi per i livelli 2 e 3. Dal sesto livello a salire sono quelli relativi alle lauree. Per noi si deve iniziare a limitare gli stage a sei mesi non solo per i primi tre livelli, ma fino al sesto».I livelli di cui parla Bussolati sono stati “l’escamotage” con cui Marta Pepe, sindacalista Cisl che ha seguito le sedute del tavolo di confronto regionale che ha portato alla costruzione delle nuove linee guida lombarde, ha evitato che ci si trovasse ad avere un massimo di 12 mesi per tutti i tirocini extracurriculari, indistintamente dai panettieri agli amministrativi. È stata sua, infatti, l'idea di utilizzare il quadro regionale degli standard professionali, già esistente, che definisce le competenze professionali in otto livelli. «Una proposta che è stata parzialmente approvata, anche se la Cisl proponeva anche un rimborso spese più alto», osserva Voltolina.Il dibattito che ha portato a quell’approvazione è durato mesi – indicativamente tutta la seconda metà del 2017 – e non certo facile. «In commissione erano presenti l’assessore della Regione Lombardia e tutto lo staff, le parti sociali e tutti i rappresentanti delle associazioni datoriali. Quindi una vasta pluralità di interessi. La discussione è stata lunga e tortuosa», racconta Marta Pepe. Per due motivi in particolare: la bassa soglia di attenzione che c’è su questo tema e le linee guida nazionali che hanno fatto un passo indietro rispetto al passato dando un colpo di coda alla discussione. Così inizialmente la Regione aveva proposto un’indennità minima di 300 euro e 12 mesi per tutti: «Infischiandosene anche delle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea che nel 2014 ha detto chiaramente che uno stage di qualità in termini di durata non deve superare i sei mesi». Così il sindacato ha provato a trovare una strada diversa, ha studiato e trovato la soluzione nel qrsp per porre dei limiti alla durata, prevedendo che per le mansioni più semplici fosse previsto un massimo di sei mesi solo gli stage per mansioni più complesse potessero durare fino a 12 mesi. «Una proposta che è piaciuta alla Confindustria perché non sarebbe stata vissuta come un limite per le imprese. Grazie alla loro sponda siamo riusciti a trainare dalla nostra parte la Regione, che alla fine ha accettato».Certo, non ha accettato non tutto: la Cisl proponeva anche una modulazione dell’indennità in base alla complessità, partendo dai 500-600 euro per sei mesi fino a 700-750 per stage di 12 mesi, con un aumento della cifra superato il sesto mese. Una scelta che sarebbe stata anche coerente con i dati: visto che la percentuale media di assunzione post tirocinio sta tra il 10 e il 20%, la naturale conseguenza è che stage più lunghi generano maggiori aspettative e rischi di frustrazione.Sull’importanza delle indennità è d’accordo anche Massimo Ungaro, che da molti anni vive nel Regno Unito e oggi è deputato PD: da candidato, quattro mesi fa, ha sottoscritto il patto per lo stage con l’impegno di normare meglio gli stage curricolari. E ogni promessa è debito: Ungaro ha intenzione di presentare, probabilmente prima della pausa estiva, una proposta di legge che riguarda questa tipologia di tirocini; una proposta scritta anche grazie all'aiuto della Repubblica degli Stagisti. Il testo, grazie anche alle parlamentari Anna Ascani e Lia Quartapelle, dovrebbe essere incluso in un pacchetto di misure per i giovani che verrà presentato a settembre. Sugli stage curricolari Ungaro rimarca tre concetti fondamentali: l’indennità, «perché il lavoro non può non essere retribuito, e definire gli stage fino a quattro settimane e quelli superiori a tale periodo e per questi ultimi definire una quota minima di almeno 250 euro mensili», poi stabilire un limite di durata «e nel caso sia rivolto a studenti allora non più di tre/quattro mesi», e poi la figura di un mentore o tutor che «che accompagni lo stagista a scoprire l’azienda ed eviti che venga abbandonato a mansioni ripetitive». Ungaro non è poi contrario che in uno stage curricolare lo stagista si trovi a fare anche pratiche molto semplici, perché è la prima volta che si trova in un ambiente di lavoro e non si può applicare la stessa definizione di formativo in ogni contesto. C’è poi un altro elemento che Pietro Bussolati individua come criticità degli stage: la mancanza di trasparenza e soprattutto di monitoraggio delle politiche fatte e della soddisfazione degli utenti. «Chiediamo monitoraggi annuali per capire dove ci sono maggiori criticità per intervenire. Martedì formuleremo una proposta [ndr. in Consiglio regionale] per l’istituzione di un tavolo permanente sugli stage con tutti i soggetti coinvolti per orientare le politiche regionali a una più efficace e corretta applicazione e garantire qualità e dignità a un percorso che deve essere di reale crescita. Siamo nella discussione del piano regionale strategico che vale cinque anni e stabilisce cosa la Regione dovrà fare: e questo tema è completamente assente. Perciò presenteremo questo emendamento per avere un monitoraggio e accompagnare università e stagisti all’interno di un percorso di reale crescita, controllando dove questo strumento viene usato in modo non opportuno». Anche perché è proprio Bussolati a ricordare come troppo spesso gli stage diventino una somministrazione di lavoro sotto mentite spoglie: «dobbiamo disincentivarli a favore di contratti che prevedono un inserimento più diretto nel mondo del lavoro». Come ad esempio l’apprendistato, che da sempre la Repubblica degli Stagisti denuncia subire la concorrenza sleale degli stage eccessivamente più convenienti.Su un punto quindi tutti sembrano d’accordo, che il tirocinio non possa essere l’unico e obbligato passaggio di ingresso nel mondo del lavoro. La sindacalista Marta Pepe chiarisce «come Cisl sosteniamo da sempre l’apprendistato» e le fa eco Massimo Ungaro aggiungendo che «lo stage ha una funzione di scoperta. Non può essere usato per pagare meno: va disincentivato per permettere l’introduzione di veri contratti». Con vere retribuzioni.Così in conclusione della tavola rotonda esce fuori il tema della sostenibilità economica degli stage, da sempre un cavallo di battaglia della Repubblica degli Stagisti. Perché quando un tirocinio non prevede un dignitoso emolumento, automaticamente esce dalla portata di chi non ha una famiglia abbiente alle spalle, in grado di mantenere lo stagista per mesi (a volte anni...). E diventa classista. Come ricorda Bussolati, «dire che gli stage sono la farina del demonio porta a rovinare un pezzo importante dell’inserimento nel mondo del lavoro». Dunque lo stage è uno strumento prezioso: ma dev'essere normato il meglio possibile. Marianna Lepore