Cinque Paesi in cinque anni: la storia di Daniela Amadio e il racconto del suo stage alla Commissione europea

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 27 Ago 2010 in Storie

Dal 1° luglio al 1° settembre è aperto il bando per candidarsi agli stage presso la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Daniela Amadio.

Sono nata a Faenza, in provincia di Ravenna, nel 1981. Mentre studiavo Scienze internazionali e diplomatiche a Forlì ho passato sei mesi a lavorare in un resort in Egitto come animatrice turistica; tornata in Italia, ho finito gli studi nel marzo 2005 con una tesi sulla guerra in Cecenia. Già durante l’università avevo seguito corsi di russo e avevo passato un periodo a San Pietroburgo: la tesi quindi è stata un’occasione per andare a Mosca e raccogliere materiale alla biblioteca nazionale. Lì mi sono resa conto di quanto l’instabilità sociale causata dal terrorismo avesse effetti sulla vita quotidiana: gli operatori della biblioteca cercavano continuamente di impedirmi di reperire e fotocopiare i volumi… ma alla fine comunque ce l’ho fatta!
All’università avevo scoperto l’esistenza del master in «International relations & European Management» all’Universiteit van Amsterdam. L’autunno successivo alla laurea, nel settembre 2005, mi sono iscritta e sono partita per l’Olanda. Il corso è costato circa 9mila euro: le borse di studio erano riservate a studenti non europei (nella mia classe eravamo una trentina: 20 con borse di studio e 10 “sfigati” come me dall'Europa occidentale). Il master è durato un anno; vivevo in un appartamento universitario – due bagni e due docce per 17 persone, eppure non ho mai fatto la fila per il bagno! In compenso la cucina era grande, avevamo internet e una donna delle pulizie che veniva due volte alla settimana per pulire gli spazi in comune. La sistemazione era offerta agli studenti stranieri dall'università a 350 euro mese, che per me pagavano i miei genitori, ovviamente.
Finito il master, su internet ho trovato l’offerta di uno stage di tre mesi alla sede dell’Università delle Nazioni Unite [Unu-Cris, nell'immagine a fianco il logo dell'ente] a Bruges. Mi sono candidata e mi hanno preso: non era previsto però nemmeno un euro di rimborso spese, quindi sono stati i miei a continuare a mantenermi in tutto quel periodo. In Belgio ho trovato un ambiente professionalmente e umanamente eccezionale, e avrei voluto rimanere lì per fare un dottorato in relazioni internazionali – ma il caso ha voluto che una vacancy vista per caso su internet si trasformasse in proposta di lavoro.
Sono così finita all’inizio del 2007 ad Atene, allo European Public Law Center, con una fellowship del governo italiano di circa 1500 euro al mese. Mi occupavo di cooperazione nei paesi in via di sviluppo: monitoravo i bandi, preparavo i progetti, formavo legami professionali con altre organizzazioni all’estero e, una volta vinto il bando, gestivo il progetto. Dal punto di vista professionale è stata una svolta in tutti i sensi. Positivi perché ho imparato un nuovo lavoro, che tutt’ora faccio e mi piace, e perchè ho avuto la soddisfazione di preparare dei progetti vincenti che ho poi gestito in Vietnam, Lituania...
Negativi perché ho scoperto il lato oscuro della cooperazione internazionale: l’esistenza di organizzazioni con un mandato no-profit il cui unico scopo è invece quello di ottenere fondi da enti esterni per gli interessi di poche persone ai vertici.
Sono rimasta in Grecia dal gennaio del 2007 alla fine di febbraio del 2008. All’inizio vivevo da sola in un appartamento a sud di Atene, 800 euro al mese di affitto, un  posto favoloso a 5 minuti dalla spiaggia; poi mi sono trasferita in centro. Nota a margine: penso che il governo italiano dovrebbe essere più accurato nel fare accordi con organizzazioni estere per programmi di scambi e di mobilità dei giovani - non sempre le operazioni risultano trasparenti e professionali. Alla fine del primo anno mi hanno rinnovato il contratto per altri 12 mesi, alle stesse condizioni, ma io non ero soddisfatta dell’ambiente professionale, e quindi ho fatto domanda per uno stage alla Commissione europea. Mi hanno presa e a marzo 2008 ho fatto i bagagli e mi sono trasferita a Bruxelles. Metà del rimborso (mille euro) mi consentiva di pagarmi l’affitto e col resto potevo far fronte alle altre spese; avevo trovato una stanza su internet in una casa con un enorme parco all’esterno e con altri 3 conquilini belgi: che divertimento! In Grecia avevo lavorato su un programma di finanziamento della Commissione chiamato Programma Quadro che prevede, in parole povere, un sacco di soldi per progetti che promuovano la ricerca e l’innovazione in Europa. Anche nel mio stage quindi sono rimasta in questo ambito e sono stata assegnata alla Direzione generale per la Ricerca, in una unità che si occupava dei contratti che la Commissione stipulava con gli istituti che vincevano i bandi.
Era come essere in Erasmus: ogni sera qualcosa da fare! A parte gli scherzi, lo stage rappresenta un modo per crearsi un network di conoscenze che rimane nel tempo e allo stesso tempo aiuta a capire se il mondo delle istituzioni europee ti piace o meno. Io ho scoperto per esempio che in Commissione è difficile vedere il risultato del proprio lavoro – come in una catena di montaggio, ognuno opera su una piccola parte senza sapere chi c’è e cosa fa prima o dopo – e che c’è poco spazio per la creatività. Così ho deciso di cambiare indirizzo e di buttarmi su enti più piccoli, per avere maggior spazio di manovra. Dopo lo stage avevo voglia di tornare in Italia e ho trovato un’opportunità in una fondazione di Roma, abbastanza rilevante nell'ambito no-profit. Il contratto era di sei mesi, a partire da agosto 2008, con uno stipendio di 800 euro al mese che prevedeva solo una decurtazione del 20% per l’IVA. Ancora non so bene se si trattasse di uno stage o di un contratto di collaborazione temporanea… In ogni caso l’esperienza è stata abbastanza negativa: il mio compito principale era fare copia-incolla per un database. Ogni altra mansione mi veniva sempre passata con molta cautela, come se fossi totalmente inesperta, appena uscita dall’università. Frustrante! Al termine dei sei mesi mi era stato offerto una continuazione della collaborazione con un contratto a progetto per altri sei mesi a mille netti mensili – ma ho rifiutato e ricominciato la mia ricerca di impiego in Italia e all’estero. L’unica risposta è venuta da Bruxelles, da Eurocities [nel'immagine a sinistra, l'homepage del sito]: sono andata là per un colloquio e assunta. La mia funzione era di project administrator per la gestione di un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europea sulle politiche di inclusione sociale. Il trasloco, nel marzo 2009, è stato molto più facile della prima volta: mi sono sistemata in una casa appena ristrutturata con cinque stanze individuali, due bagni, un giardino interno e una salotto perfetto per le feste; l’affitto costava 430 euro con tutte le spese incluse. Ho passato lì 15 mesi, questa volta con un obiettivo diverso rispetto allo stage: non più baldoria tutti i giorni, ma lavoro. Avevo un contratto di un anno e mezzo con uno stipendio di 2400 euro lordi mensili più buoni pasto, rimborso dei trasporti, straordinari, contributi. In ufficio eravamo una trentina, tutti giovani: potevamo seguire corsi di inglese, di excel avanzato, attività di team building...
Come succede però quando si lavora su progetti specifici finanziati da enti esterni, se il fondo viene tagliato o finisce anche il lavoro si estingue. In questo caso la Commissione europea ha deciso di tagliare, e così a marzo di quest’anno ho dovuto ricominciare a cercare lavoro. Allora ho fatto rotta verso Londra, per provare a vivere in una grande metropoli. L’università di East London mi ha chiamato per un colloquio e ho ottenuto il posto: l’esperienza in Commissione europea è stata fondamentale per vincere la concorrenza. Supporto l’università nella raccolta di fondi europei: la mia posizione è di European support research officer. Ho iniziato a giugno con un contratto a tempo indeterminato soggetto alla prova iniziale di sei mesi. Lo stipendio attuale è il più elevato che ho mai raggiunto fino ad ora, oltre 2mila sterline [2400 euro] al mese, e anche in questo caso sono previsti rimborsi spesa per i trasporti e compensazioni per le ore extra; la copertura previdenziale è migliore rispetto al Belgio e anche le tasse sono minori. L’orario di lavoro è dalle 9 alle 5, con un’ora di pausa pranzo. Al costo di circa 600 sterline al mese vivo in una tipica casetta vittoriana inglese di due piani, con la moquette e il cortile esterno, in una zona abbastanza periferica di Londra, Stratford, che si sta trasformando velocemente per accogliere le Olimpiadi del 2012. Gli altri cinque conquilini sono inglesi al primo lavoro e l’atmosfera è molto bella, sembra di stare in famiglia.
Ho sempre voluto lavorare per contribuire attivamente a migliorare il bene pubblico e la qualità di vita degli altri, sia su progetti di sviluppo nei paesi più poveri sia su progetti di ricerca per le università europee. Ancora non so cosa farò da grande e quanto resterò qui: dopo aver cambiato cinque Paesi nel giro di cinque anni, ora vorrei solo stabilizzarmi. Il sogno di tornare in Italia rimane sempre, ma vorrei un lavoro sicuro e un ambiente stimolante. Rinuncerei a  qualche euro in più pur di tornare, perché sento ancora l’Italia come casa mia. Tanti sono nella mia stessa situazione: Londra e soprattutto Bruxelles sono piene di italiani, in genere giovani laureati che non sono riusciti a trovare un lavoro decente in Italia e hanno deciso di spostarsi.
Del resto, un’esperienza all’estero è sempre consigliata da tutti. Io l’ho fatta e non me ne pento, ma a volte penso: cosa ho perso? Fossi rimasta in Italia, forse ora avrei un lavoro normale, una casa comprata dai miei, un fidanzato e il progetto di un bimbo. Forse. Invece ho un bel lavoro ma vivo in affitto in una stanza per studenti, i miei amici e familiari non sono qua e se penso alla mia vita affettiva mi sento ferma a 20 anni. Quando ero più giovane non ci pensavo… ma arriva un momento in cui ti chiedi quanto senso abbia stare all’estero quando la tua vita vera rimane in italia. Spero di scoprirlo presto.

testo raccolto da Eleonora Voltolina

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
- Seicento stage da 1070 euro al mese alla Commissione europea: bando aperto fino al 1° settembre

E le testimonianze degli altri ex stagisti:
- Carlotta Pigella, Torino-Bruxelles andata e ritorno: «Il mio stage alla Direzione generale Affari Marittimi della Commissione UE? Internazionale e professionalizzante»
- Pasquale D'Apice: «Rapporti umani e network di conoscenze, ecco il prezioso valore aggiunto degli stage alla Commissione europea»
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