Categoria: Storie

«Grazie allo Sve ho imparato ad apprezzare il valore formativo delle difficoltà»

La Repubblica degli Stagisti prosegue la rubrica sullo Sve, con l'obiettivo di raccogliere e far conoscere le esperienze dei giovani che hanno svolto il Servizio volontario europeo, una particolare - e ancora poca conosciuta - opportunità offerta dal programma europeo Erasmus+ ai giovani tra i 17 e i 30 anni. Grazie allo Sve, che copre i costi di viaggio, vitto, alloggio e garantisce un “pocket money” mensile per le spese personali, è possibile svolgere un'attività di volontariato, per un periodo dai 2 ai 12 mesi, in uno dei Paesi dell’Unione europea o in altri Paesi del mondo che hanno aderito al programma. Sono molti i settori nei quali i giovani possono impegnarsi: arte, sport, ambiente, cultura, assistenza sociale, comunicazione, cooperazione allo sviluppo e altri ancora. Per partire - dopo essersi candidati al progetto - è necessario avere un’organizzazione di invio in Italia (sending organization) e una di accoglienza nel Paese ospitante (hosting organization). Per avere maggiori informazioni sul Servizio volontario europeo, consigliamo di leggere la sezione dedicata dell’Agenzia nazionale per i giovani. Ecco la storia di Rita Pereira. Sono nata 23 anni fa a Viseu, una città nel nord del Portogallo non lontana da Porto. Per molto tempo ho pensato che la mia strada sarebbe stata quella della giurisprudenza, avendo un padre avvocato, ma poi ho scoperto altri interessi e sono soddisfatta della scelta che ho fatto sei anni fa. Ho infatti frequentato l’Università Nova di Lisbona e, nel 2014, mi sono laureata in Scienze della comunicazione. Durante i miei studi universitari non ho avuto, purtroppo, la possibilità di fare un progetto Erasmus ma, giunta all’ultimo anno di corso, ho deciso di candidarmi nella mia università al programma Leonardo da Vinci e, nel settembre 2014, sono partita per la Grecia per fare il mio primo stage finanziato.Questa prima esperienza vissuta ad Atene è stata per me molto significativa, perché mi ha dato modo di scoprire tante cose di me e di chi mi circondava. Devo dire che è stato strano ma molto interessante il fatto di aver avuto il mio primo contatto con il mondo lavorativo in un paese dove, purtroppo, non riuscivo a comunicare che in inglese. Il poco greco che ho imparato non bastava infatti a fare grandi conversazioni. Il mio stage era finanziato da una borsa del programma Leonardo e l’ente ospitante era il Consiglio Internazionale della Danza Unesco, che costituiva allo stesso tempo un importante teatro di danze greche. Dopo questi quattro mesi in Grecia sono tornata in Portogallo, pronta a iniziare un secondo stage, questa volta a Porto, delle durata di tre mesi e non remunerato. Il mio compito era occuparmi della parte relativa alla comunicazione per un progetto finanziato dall’Unione europea all’interno di un’università. È stata un’esperienza molto diversa rispetto a quella vissuta ad Atene: dovevo essere più autonoma e riuscire a gestire da sola il mio lavoro, dato che non veniva seguito e controllato molto spesso. Due esperienze diverse, quindi, e con qualche punto negativo, ma che sono servite a farmi capire cosa mi piace fare e in quale tipo di ambiente lavorativo mi sento meglio. Ho capito che vorrei continuare a lavorare nel settore del non-profit, con associazioni o reti di associazioni a livello internazionale, e nell’area della cooperazione e dello sviluppo. Per questo comincerò tra qualche mese una specialistica proprio in quest’ambito, sperando mi apra più porte a livello lavorativo.Determinante però nel raggiungere questa consapevolezza è stato lo Sve che ho fatto qua in Italia. Sono venuta a contatto con questo programma nel 2014, mentre facevo un corso di formazione in Italia durante il quale ho conosciuto ragazzi che avevano già fatto quest’esperienza. Avevo terminato i due stage ad Atene e Porto e stavo ormai finendo l’università; ero rimasta molto impressionata dall’Italia e per questo ho deciso di iniziare a cercare opportunità di volontariato qui. Per alcuni mesi non sono riuscita a trovare nulla e così ho deciso di contattare un’associazione portoghese che mi fosse di supporto nella ricerca di un progetto e fungesse da organizzazione d’invio. A luglio 2014 ho trovato Dinamo, un’associazione di Sintra che mi ha inviato diversi progetti, tra cui quello di Eufemia qua in Italia. Essendo molto interessata ho inviato la mia lettera di motivazione per la candidatura  e, dopo qualche settimana, mi hanno detto che ero stata scelta.Ho svolto il mio Sve a Torino, da aprile 2015 a marzo 2016, con l’associazione Eufemia, per la quale ho operato come volontaria in diverse aree, sia a livello locale che internazionale. Il mio progetto aveva appunto una durata di dodici mesi, ma ho deciso di rimanere più tempo e ancora adesso mi trovo a Torino. A livello locale ho lavorato soprattutto nei doposcuola, dove facevamo attività con i ragazzi del quartiere, aiutandoli a fare i compiti e a prepararsi per gli esami scolastici. Ho collaborato anche a varie attività nelle scuole e al progetto Invenduto, che mi ha portata in uno dei mercati rionali di Torino, dove ogni sabato prendevamo frutta e verdura invendute e le ripartivamo tra le persone e le famiglie più bisognose. A livello internazionale, invece, ho lavorato nel punto informativo Erasmus+, dove partecipavo agli incontri di preparazione per i gruppi di ragazzi che partivano per scambi all’estero e all’organizzazione degli scambi verso Torino coordinati dall’associazione. Abitavo nella sede dell'associazione, dove ho inizialmente convissuto con un altro volontario spagnolo, che ha però interrotto il progetto anzitempo tornando in Spagna. Così è venuta una ragazza tedesca che svolgeva un tirocinio all'Istituto tedesco, con la quale mi sono trovata molto bene. Sono stata molto soddisfatta della mia esperienza e non credo che, anche tornassi indietro, cambierei qualcosa: mi ha aperto tante porte e penso che anche le difficoltà che ho incontrato abbiano contribuito a rendere quest’avventura così importante per me. Il lascito più bello sono le persone che ho conosciuto: ognuna mi ha insegnato qualcosa di nuovo e mi ha aperta a realtà che non conoscevo. Consiglio assolutamente a tutti di vivere quest’esperienza perché, anche se non va sempre tutto liscio, permette di vivere qualcosa di totalmente diverso e d’imparare ad affrontare cose del tutto nuove. Anche dal punto di vista economico, inoltre, lo Sve è assolutamente sostenibile: avevo un rimborso spese di 300 euro e casa e bollette pagate. Credo inoltre che lo Sve sia un’esperienza molto professionalizzante. L’inserimento all’interno di una struttura (che può essere un’associazione, una scuola o un’azienda) permette al volontario di entrare in contatto con un ambiente professionale e d’imparare la gestione dei diversi rapporti in tale ambito. Io spesso ho usato l’inglese, ma in sei mesi ho anche imparato l’italiano. Tuttavia non credo che, da questo punto di vista, sia l’aspetto linguistico il più importante, quanto piuttosto tutte le competenze trasversali che un volontario acquisisce durante il suo Sve.Adesso sto collaborando per la maggior parte dei casi a progetto, anche perché non posso prendermi impegni a lungo termine. Con l’associazione con cui ho iniziato a lavorare qui in Italia durante lo Sve ho appena promosso il mio primo scambio culturale in Portogallo, nella città in cui sono nata. In questo momento faccio avanti e indietro tra Portogallo e Italia, ma a settembre inizierò il mio Joint Master Degree in Cooperazione Internazionale che si svolgerà in tre università di Repubblica Ceca, Francia e Italia. Lo scorso novembre ho preso parte anche all’evento realizzato dall’Agenzia Giovani, dove ho avuto modo di conoscere tanti ragazzi italiani interessati al programma Erasmus+ e alle sue opportunità, e di assistere alla presentazione in cui individui e gruppi esponevano i loro progetti. Questo è stato per me, come credo per molti altri, di notevole ispirazione.Per questo, dico ai miei coetanei non perdete tempo. Godetevi tutti i momenti, anche quelli che possono sembrare inizialmente meno buoni, perché vi porteranno sempre qualcosa. E dite sì, tante volte. Perché spesso un “sì” può portarvi qualcosa a cui non avete mai pensato e che, una volta sperimentato, vi cambierà la vita. Testo raccolto da Giada Scotto

"Il mio anno di liceo all'estero: un'esperienza che mi ha cambiato"

Ogni anno oltre 2.000 giovani tra i 15 e i 18 anni trascorrono un periodo di studio all’estero durante le scuole superiori, attraverso i programmi di Intercultura. La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccogliere le loro storie: questa è quella di Federica Brando.Ho 21 anni e studio Scienze biologiche all’università di Salerno. Il quarto anno di liceo scientifico l’ho frequentato in America. Mia mamma voleva farmi fare un corso di inglese avanzato in estate, poi un giorno in classe sono venute due persone a parlare di Intercultura. Al bando si concorreva con Intercultura o con un ente finanziatore.  Ho pensato di tentare e ho vinto una borsa di studio della Deutsche Bank negli Stati Uniti del valore di 13mila euro. Un solo posto in tutta Italia: non mi sembrava vero!Compilare l’application form è stato piuttosto complesso: richiedeva un test psico-attitudinale, un test e un tema in inglese, la testimonianza di un docente. Inoltre per partecipare era necessaria una buona condotta scolastica – nessun debito o bocciatura.  La destinazione nel mio caso era già stabilita, ma in genere si hanno a disposizione fino a dieci scelte.Una volta selezionata, ho partecipato a un campo di formazione Intercultura: una serie di incontri preparatori all’esperienza, in cui sono state affrontate tematiche come i pregiudizi, le diversità culturali etc. Poi, arrivata negli Usa, ho partecipato a un week end di formazione itinerante in alcune località del Maine, organizzato sempre da Intercultura.Ho trascorso negli Stati Uniti il periodo da settembre a luglio. Sono partita a 17 anni e sono tornata a 18. La mia destinazione è stata Gardiner, nel Maine, una cittadina di 6mila anime. A ospitarmi è stata una famiglia di volontari di origine ebraica composta da madre, padre e due figli, un maschio e una femmina, di 16 e 13 anni. Non era New York, ma Gardiner mi ha accolto nel migliore dei modi.Certo le difficoltà non sono mancate. In America c’è un forte individualismo, i rapporti sono più freddi e stringere amicizie è più difficile di qui. Altre differenze che mi hanno pesato sono il cibo, le abitudini. La mattina il bus per la scuola partiva alle 6.20 e le lezioni iniziavano alle 7.30.A scuola sono stata inserita in una tipica classe americana, solo due ragazzi erano Exchange Student, uno della Cina e uno di Hong Kong. Ho scelto le mie materie: matematica, fisica, storia. C’era persino un corso in cui si imparava a tenere i bambini con un finto bebè: il voto dipendeva dalla capacità di non farlo piangere. Il modello scolastico era più dinamico, interattivo (laboratori, visione documentari e film) e la mole di studio più leggera. Non esistevano le classiche interrogazioni ma solo quiz e test, che culminavano nel test finale di fine semestre, valutato in centesimi. Nel corso dell’anno ho svolto anche tante attività: ho fatto sport (pallavolo, basket e tennis), suonato il clarinetto nell’orchestra della scuola.Nei nove mesi sia io che la famiglia ospitante siamo stati seguiti da un tutor, che ogni mese si confrontava con noi. Io stilavo un report mensile che dovevo inviare a Intercultura e alla Deutsche Bank.  Poi, al ritorno in Italia, ho dovuto sostenere un colloquio con i miei insegnanti per verificare le competenze acquisite e per l’attribuzione dei crediti, sulla base di un programma concordato.L’anno di studio all’estero lo consiglio per tanti motivi. Sicuramente per la conoscenza della lingua: io sono partita da un livello intermedio, non avevo certificazioni, ma in tre mesi parlavo fluentemente. Per le relazioni che ancora mantengo, ma soprattutto perché mi ha cambiato come persona. Quando sono partita ero timida, alla fine dell’esperienza mi sono ritrovata a parlare davanti a tutta la scuola al Graduation Day in una lingua non mia. I miei, che erano venuti a trovarmi, non ci potevano credere. Ancora oggi non mi sembra vero di aver vissuto quell’esperienza, è tuttora difficile da metabolizzare. Il rientro non è stato facile. Ho partecipato a un campo finale di Intercultura in cui i volontari aiutavano i ragazzi a rielaborare l’esperienza. Ma il riadattamento culturale ha richiesto del tempo. La prima sera sono uscita con i miei amici e mi annoiavo, la mattina dopo a colazione sono scoppiata a piangere: nove mesi sono tanti e ti abitui a una realtà diversa.In America avevo deciso di fare Ingegneria aerospaziale. Finite le superiori, mi ero iscritta al Politecnico di Milano, ma le cose erano diverse da come mi aspettavo. Tutta teoria, nessun laboratorio. Così ho deciso di cambiare e iscrivermi a Scienze biologiche, dove l’insegnamento è molto più pratico. Il mio sogno? Lavorare nella Scientifica. Se vedo il mio futuro ancora all’estero? Sono pronta a partire e a trasferirmi, ma solo se strettamente necessario.Testo raccolto da Rossella Nocca

Due stage e oggi un contratto di apprendistato in un’azienda internazionale come Bosch Rexroth

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Antonio De Luca, 29 anni, oggi con un contratto di apprendistato in Bosch. Sono nato a Messina e ho 29 anni. Dopo aver preso il diploma al liceo classico ho deciso di intraprendere un percorso di studi universitario non proprio attinente all’ambito umanistico: l’ingegneria. Così nel settembre 2006 mi sono iscritto alla laurea triennale in Ingegneria industriale presso l’università di Messina, dove mi sono laureato nel marzo 2012. Una volta presa la laurea di primo livello ho deciso di trasferirmi a Modena per specializzarmi in ingegneria meccanica. Sono state due le principali considerazioni che mi hanno spinto a scegliere questa città: la prima è stata l’offerta formativa e il livello di insegnamento della facoltà di Modena, polo di eccellenza e meta ambita per chi vuole approfondire gli studi ingegneristici. La seconda sono state le possibilità lavorative offerte da un territorio che accoglie numerosissime realtà industriali.Ambientarsi in una nuova città non è stato particolarmente difficile, forse anche perché mi sono trasferito insieme ad altri due colleghi provenienti dal mio stesso ateneo. E poi probabilmente anche perché l’80% dei partecipanti ai corsi all’università a Modena era fuori sede, quindi già frequentare le lezioni costituiva momento di aggregazione facilitando l’inserimento.Durante il periodo di specializzazione modenese, grazie a due professori ho potuto effettuare un tirocinio formativo alla Bosch Rexroth di Nonantola dal marzo al dicembre 2015 in cui mi sono occupato dello sviluppo di un modello di simulazione virtuale di componenti elettroidraulici a cartuccia, con lo scopo di individuarne le criticità, permettendo un intervento mirato per il miglioramento delle performance. In questo caso non stavo in ufficio tutti i giorni, ma avevo incontri programmati settimanali per seguire lo sviluppo degli studi.A dicembre dello stesso anno ho preso la laurea magistrale e subito dopo ho svolto uno stage di sei mesi dal gennaio al luglio 2016 sempre presso la Bosch Rexroth ma questa volta di Vezzano sul Crostolo. Avevo un rimborso spese di 500 euro mensili più i buoni pasto del valore di 8,24 euro.Durante questo secondo stage ho potuto mettere in pratica ciò che avevo imparato nell’ambito dell’oleodinamica. In quei sei mesi, in sostanza, mi sono occupato del miglioramento delle prestazioni di componenti già esistenti, grazie all’individuazione delle criticità tramite le simulazioni fluidodinamiche, ma ho anche acquisito competenze nuove utilizzando software di disegno che non conoscevo e cimentandomi nella progettazione di componenti oleodinamici ex novo.All’interno dell’azienda sono stato accolto in maniera stupenda e ho avuto la possibilità di incontrare un gruppo di lavoro affiatato, competente e disponibile, in particolare il mio diretto responsabile, un ingegnere che sin dal primo momento si è messo a completa disposizione insegnandomi a muovermi in una realtà che non conoscevo.Finiti i sei mesi di stage e grazie anche alle “insistenze” del mio responsabile in seguito al buon lavoro svolto, mi è stato proposto un contratto di apprendistato con inserimento 5° livello metalmeccanico, con avanzamento ogni anno e mezzo e una Ral iniziale di 26mila euro. Proposta che ho accettato perché mi piace molto l’ambiente di lavoro che ho trovato e di cui oggi faccio parte. Così a luglio 2016 ho cominciato l’apprendistato, che durerà tre anni. Sono soddisfatto anche della formula di inserimento che mi è stata proposta perché mi è stata data la possibilità di crescere all’interno del gruppo Bosch in un arco di tempo che ritengo ragionevole.Oggi mi occupo della progettazione e dello sviluppo di valvole oleodinamiche di nuova produzione e ho la possibilità di rapportarmi giornalmente con i colleghi degli altri plant, con i fornitori e i commerciali. La crescita professionale è continua perché ogni giorno ho l’occasione di vedere cose nuove e di assorbire un know how fortemente radicato nello staff di Vezzano.Credo però di essere ancora all’inizio di un percorso lavorativo che vorrei si consolidasse nell’ambito dell’oleodinamica. Vorrei avere la possibilità di apprendere continuamente e vedere sul campo l’applicazione dei miei studi e, perché no, avere in futuro la possibilità di trasmettere quello che ho imparato. Mi piacerebbe, infatti, restare in contatto con l’ambiente universitario per non abbandonare il ramo della ricerca, continuando però a mantenere un risvolto pratico e concreto delle applicazioni teoriche.Non ho mai inviato il mio curriculum all’estero e a parte un periodo di vacanza studio a Dublino non ho avuto contatti con il mondo del lavoro straniero. Ma non perché non mi interessasse la prospettiva di un lavoro fuori dall’Italia, ma perché ho iniziato a lavorare praticamente subito dopo il conseguimento della laurea e, oggi, visto il respiro internazionale di un’azienda come la Bosch Rexroth, la possibilità di esperienze estere non è certo preclusa!Per tornare al merito dello stage in Italia, credo che il sistema sia decisamente migliorabile. Il problema fondamentale, oltre al rimborso spese che spesso non è adeguato alla scolarizzazione o alle capacità personali, è l’abuso possibile di questa forma di contratto che di fatto non dà stabilità al lavoratore e permette a chi ne usufruisce di avere forza lavoro, anche molto qualificata, praticamente gratis e con ricambio continuo. Per fortuna non è stato il mio caso in Bosch! Ma altri miei amici e colleghi universitari si sono ritrovati, nonostante le capacità, a cambiare lavoro con frequenza semestrale numerose volte prima di essere assunti. Per questo penso che la Repubblica degli Stagisti sia utile, perché aiuta a informare chi si avvicina al mondo del lavoro per la prima volta e che, almeno nel mio settore di competenza, avrà sicuramente a che fare con la formula dello stage.A quelli che si apprestano ad entrare nel mio ambito lavorativo posso dare un consiglio: abbiate sempre fame di conoscenza e non perdete occasione di vedere e toccare con mano tutto quello che viene realizzato all’interno di un’azienda. Perché a prescindere dalla formula contrattuale con la quale si è assunti, la passione, la competenza e l’esperienza sul campo alla fine verranno sempre riconosciute e apprezzate. Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Consiglio lo Sve a chiunque sia curioso e voglia fare un'esperienza che apra mente e orizzonti»

La Repubblica degli Stagisti prosegue la rubrica sullo Sve, con l'obiettivo di raccogliere e far conoscere le esperienze dei giovani che hanno svolto il Servizio volontario europeo, una particolare - e ancora poca conosciuta - opportunità offerta dal programma europeo Erasmus+ ai giovani tra i 17 e i 30 anni. Grazie allo Sve, che copre i costi di viaggio, vitto, alloggio e garantisce un “pocket money” mensile per le spese personali, è possibile svolgere un'attività di volontariato, per un periodo dai 2 ai 12 mesi, in uno dei Paesi dell’Unione europea o in altri Paesi del mondo che hanno aderito al programma. Sono molti i settori nei quali i giovani possono impegnarsi: arte, sport, ambiente, cultura, assistenza sociale, comunicazione, cooperazione allo sviluppo e altri ancora. Per partire - dopo essersi candidati al progetto - è necessario avere un’organizzazione di invio in Italia (sending organization) e una di accoglienza nel Paese ospitante (hosting organization). Per avere maggiori informazioni sul Servizio volontario europeo, consigliamo di leggere la sezione dedicata dell’Agenzia nazionale per i giovani. Ecco la storia di Daniele Barnaba.Ho 26 anni, sono nato a Roma e cresciuto a Fiumicino, dove vivo tuttora con i miei genitori. Ho frequentato il Liceo scientifico pni a Maccarese per poi proseguire con gli studi universitari a Roma, all’Università degli Studi di Tor Vergata, dove mi sono laureato alla triennale in Economia europea e ho poi svolto il Master of Science in Economics. La mia scelta dell’università è stata dettata da motivi "pratici": ciò che volevo fare era infatti il Dams musicale ma poi, pensando che il futuro sarebbe stato troppo travagliato, ho fatto un altro tipo di scelta. Nonostante ciò, devo dire che non mi pento affatto della strada presa: questa facoltà mi ha insegnato molto e mi ha dato la possibilità di svolgere un Erasmus studio a Stoccolma e un Erasmus traineeship di quattro mesi in Scozia. L’azienda ospitante era la Global Voices Ltd, un'impresa internazionale di traduzione e interpretariato che hasede a Stirling, nel Regno Unito, dove mi occupavo del controllo del credito e delle principali funzioni amministrative dell’azienda verso il mercato italiano. Economicamente non ho avuto problemi, grazie alla borsa di studio Erasmus traineeship, e anche il rapporto con i colleghi era abbastanza buono. L’ambiente di lavoro risultava invece molto stressante e disorganizzato, con responsabili veramente poco sensibili ai problemi e alle esigenze dei dipendenti. Nonostante ciò, ho portato a termine lo stage, imparando molto e centrando quelli che erano i miei obiettivi. Queste esperienze all’estero mi hanno fatto capire che mi piacerebbe lavorare in un’azienda o compagnia a livello internazionale. Per questo mi trovo ora a quello che considero un “punto di svolta”, in cui vorrei trovare un lavoro gratificante e ben pagato ma anche in linea con il mio livello d’istruzione e le mie esperienze.L’idea di fare lo Sve non mi aveva inizialmente convinto. Ho saputo dell’esistenza di questo programma al ritorno in Italia dopo il mio primo Erasmus, ma non avevo mai preso seriamente in considerazione l’idea di farlo. Le cose sono però cambiate quando, nel dicembre scorso, dopo essere tornato dalla Scozia convinto di iniziare un nuovo lavoro, sono venuto a sapere, a una settimana dall’inizio previsto, che non avrei più potuto svolgerlo. A quel punto, trovatomi improvvisamente libero, ho iniziato a valutare la cosa e a pensare che fosse il momento giusto per intraprendere quest’esperienza. Ho cominciato ad inviare qualche richiesta e, nel giro di una settimana, sono stato contattato per due progetti. Ho svolto così vari colloqui, ma il progetto che più mi aveva convinto era da subito quello che prevedeva la partenza immediata (a marzo) e la permanenza di quattro mesi in Romania. La mia sending organization era l'associazione Link di Altamura, mentre l'hosting organization era la Ofensiva Tinerilor di Arad.Così sono partito alla volta di Arad. La situazione che ho trovato era abbastanza problematica: alloggiavo in un monolocale con un ragazzo armeno e uno spagnolo; la casa era decisamente fatiscente e per questo ero costretto a dormire su un divano letto nel soggiorno. Ho cambiato casa per bene due volte ma, alla fine, mi sono trovato bene. Il mio Sve prevedeva attività con persone ipovedenti e bambini con problemi fisici e comportamentali: collaboravo infatti con un’associazione di persone cieche, che seguivo e aiutavo nelle attività quotidiane, e andavo quattro giorno giorni alla settimana per un’ora e mezza in una scuola speciale per bambini ipovedenti e con altri tipi di problemi, svolgendo con loro attività ricreative. La principale difficoltà che ho incontrato in questi quattro mesi è stata abituarmi allo stile di vita rumeno. Essendo tuttavia abituato a viaggiare e avendo una capacità di adattamento molto alta, dopo due settimane dall’arrivo avevo già iniziato ad ambientarmi. Se rifletto però su ciò che mi è piaciuto meno di quest’esperienza, penso soprattutto al comportamento delle associazioni: pur di risparmiare sull’affitto, facevano alloggiare nello stesso appartamento 5/6 persone. Inoltre non è stata fatta, secondo me, un’adeguata selezione dei volontari: vi erano ragazzi che non riuscivano a comunicare per nulla in inglese e altri con poca voglia di fare; le regole erano state spiegate in modo chiaro ma, essendoci scarsi controlli e nessuna conseguenza per le varie infrazioni, tanti volontari non rispettavano gli orari e i giorni liberi o non partecipavano agli eventi a cui la presenza era, in teoria, obbligatoria. Nonostante ciò, posso dire che l’esperienza che ho vissuto è stata positiva. Ho accresciuto la mia conoscenza della cultura rumena, ho imparato le basi della lingua e migliorato la mia conoscenza dello spagnolo. Infine ho conosciuto persone da ogni parte d’Europa. Per questo, consiglierei a chiunque sia curioso e voglia fare un’esperienza che apra mente e orizzonti, di cogliere quest’opportunità.Trovo inoltre che lo Sve sia un’importante esperienza anche dal punto di vista delle competenze professionali. Oltre ad aver potenziato le mie conoscenze linguistiche, ho incrementato le mie capacità di organizzazione e di gestione di un gruppo, ho approfondito la mia conoscenza delle problematiche inerenti le persone ipovedenti e imparato come relazionarmi con loro. Penso che ciò che ho imparato mi sarà utile sia a livello personale che professionale per lavorare poi in Italia.Anche dal punto di vista economico, infine, il progetto è assolutamente vantaggioso, visto che è tutto coperto: viaggio, alloggio e pocket money mensile, fino ai soldi dell’assicurazione medica.Consiglio ai giovani di provare un’esperienza come lo Sve. All’inizio sono necessarie pazienza e capacità di adattamento, ma poi vengono ripagate. Questo tipo di esperienze inizia con le lacrime, quando si arriva, e finisce con le lacrime, quando si riparte. Quello che si impara vivendo in un paese straniero a contatto con persone provenienti da tutto il mondo è qualcosa che nessuna università potrà mai insegnare.Testo raccolto da Giada Scotto

«Colloquio in Everis grazie alla Repubblica degli stagisti, in tre mesi avevo già un contratto a tempo indeterminato»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Matteo Greselin, 25 anni, oggi assunto con un contratto a tempo indeterminato in Everis.Ho 25 anni e vengo da Schio, in provincia di Vicenza. Dopo il diploma all’istituto tecnico industriale indirizzo elettrotecnica e automazione mi sono trasferito, nel settembre 2011, a Milano e mi sono iscritto alla laurea triennale in Ingegneria informatica presso il Politecnico. Sarei potuto andare all’università di Padova come quasi tutti i ragazzi della mia zona, ma ho scelto di trasferirmi perché avevo voglia di “cambiare aria” e vedere qualcosa di nuovo. L’inserimento nella realtà universitaria a Milano è stato molto rapido e sono stato contento fin da subito della scelta fatta. Certo, i momenti di difficoltà non sono mancati, ma con l’appoggio dei miei genitori e delle nuove amicizie fatte non ho mai pensato di tornare indietro!Ho preso la laurea di primo livello nel febbraio 2016 e poco dopo, tra aprile e maggio, sono stato contattato da Everis tramite il portale del Career service del Politecnico di Milano. Prima di allora non avevo fatto altri stage né altri lavori anche perché la mia vita di studente è sempre stata affiancata allo sport agonistico ad alto livello: il nuoto, nello specifico.Quando sono stato ammesso al Politecnico mi sono informato sulle squadre presenti nel milanese e ho preso i primi contatti. Non è stato difficile trovare una nuova squadra. Ma il nuoto è uno sport molto impegnativo, soprattutto se si vuole competere ai vertici nazionali. E questo mi ha obbligato a rallentare il percorso di studi. Ma mi ha anche insegnato ad affrontare ogni difficoltà senza arrendermi. Sono convinto che senza una cultura sportiva in diverse occasioni non avrei saputo reagire. Penso, infatti, che il nuoto affiancato allo studio universitario, mi abbiano formato molto.Quando Everis mi ha contattato per il colloquio di gruppo ho accettato con una buona dose di curiosità: sentivo forte la necessità di confrontarmi con la realtà, con il mondo del lavoro e con tutto quello che non fosse sport e studio!Per prepararmi al colloquio mi sono documentato su internet e ho chiesto ad alcuni amici che già avevano affrontato i primi colloqui per capire come comportarmi e cosa aspettarmi. È stato proprio in questa fase che ho conosciuto la Repubblica degli Stagisti! Ha giocato un ruolo importante quando ho dovuto decidere se andare al primo colloquio: leggere le esperienze di chi era già passato mi ha aiutato a capire un po’ che ambiente mi aspettava. In un paese come l’Italia, in cui la meritocrazia è un optional, è bello sapere che c’è ancora qualcuno che prova a fare qualcosa per garantire ai giovani la possibilità di mettere in mostra le proprie potenzialità in modo dignitoso. Perché praticare la professione gratis equivale ad affermare che il proprio lavoro non vale nulla.Così anche grazie alle informazioni trovate sulla Repubblica degli Stagisti, ho deciso di andare al colloquio: al primo, generale, ne sono seguiti altri nei quali lo staff Everis ha cercato di conoscere la persona che aveva davanti, non solo le sue competenze tecniche. E alla fine mi è stato proposto uno stage di sei mesi con un rimborso spese di 1000 euro netti e 20 buoni pasto mensili. Così, dopo un mese dal primo colloquio, ho iniziato lo stage il 7 giugno 2016.Appena entrato in Everis sono stato affiancato ad un dipendente con diversi anni di esperienza che mi ha seguito e guidato. Non mi è stata fatta pesare l’incompetenza su come gestire determinate situazioni, dovuta anche al fatto che si trattava della mia prima esperienza lavorativa. Mai un richiamo o una risposta sgarbata, nemmeno alle domande più banali. Sono stato coinvolto fin da subito dai colleghi con diversi anni di esperienza tanto da trovarmi in una situazione in cui al mattino arrivavo volentieri in ufficio, come se lavorassi lì da sempre.Gia a fine luglio in azienda erano tutti molto soddisfatti di come mi fossi messo in gioco e di come fossi proattivo nel ricercare soluzioni per il progetto, tanto da pensare di farmi una proposta di assunzione. Che è arrivata subito dopo aver effettuato gli adempimenti amministrativi impossibili ad agosto. Così il 5 settembre 2016 ho firmato il contratto a tempo indeterminato!Oggi lavoro con una Ral da poco più di 22mila euro, standard per chi ha una laurea di primo livello, più buoni pasto e pc aziendale. E all’interno di Everis è previsto anche un percorso di crescita costante che ti permette di migliorare sotto tutti i punti di vista.Inizialmente mi sono occupato di sviluppi di Business process management, che è un gestore di flussi e può essere integrato, per esempio, con un portale web e permettere di spostare la logica su questo applicativo in modo che una volta cliccato su un pulsante sarà il BPM a decidere qual è l’azione successiva e quale utente dovrà eseguirla. A questo si è successivamente aggiunto lo sviluppo di un applicativo Java e ho poi dovuto prendere dimestichezza anche con i database. Mi sono anche trovato a tu per tu con il cliente e a gestire situazioni critiche dei diversi ambienti di lavoro.Penso di aver avuto modo di vedere una bella panoramica delle cose che possono accadere nel campo della consulenza IT, sia nei momenti più tranquilli che in quelli più di stress. Oggi mi occupo di sviluppo a 360 gradi all’interno dello stesso progetto in cui sono stato inserito durante lo stage. Ed essere sullo stesso progetto da parecchi mesi mi ha portato ad avere un’ottima conoscenza generale dei vari sistemi utilizzati.Nel frattempo, però, pur lavorando mi sono iscritto nel febbraio 2016 alla laurea magistrale in Ingegneria informatica al Politecnico di Milano. Certo la fine è ancora lontana! Ma vorrei riuscire a portare a termine questo percorso, ovviamente con i tempi dettati da un lavoro full time. Ho deciso di specializzarmi in Intelligenza artificiale, un campo che sicuramente avrà un notevole sviluppo in futuro. Mi piacerebbe, infatti, arrivare a lavorare in quei settori innovativi che stanno cambiando la società in cui viviamo, come i big data, la robotica, l’analisi dell’immagine.A me lo stage ha portato subito all’assunzione, ma spesso non è così, perciò i giovani sono scoraggiati dal fatto che manchi la certezza del risultato. I ragazzi vogliono veder fruttare gli anni che hanno speso sui libri e l’idea di poter buttare del tempo in uno stage mal retribuito sapendo magari fin da subito che l’assunzione non verrà mai proposta, li porta a non provarci nemmeno. E poi, diciamolo, spesso le aziende fanno la loro parte, presentando proposte veramente indecenti. Viene da chiedersi se si rendano conto di cosa propongono e se, a parti invertite, loro le accetterebbero.Un consiglio, però, ai miei coetanei voglio darlo: mettetevi in gioco. Se le cose vanno male avrete sei mesi di stage in curriculum e imparato qualcosa di reale e concreto diverso dalle teorie lette sui libri. Se invece va bene, nel giro di qualche mese avrete un contratto e le vostre prospettive prenderanno una piega diversa. Nulla però viene regalato e una laurea non basta per essere assunti. Bisogna darsi da fare, far vedere la voglia di mettersi alla prova e quando sarà il momento il vostro impegno verrà sicuramente riconosciuto. Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Un incontro all'università mi ha aperto la strada in Tetra Pak e oggi ho un lavoro che mi piace tantissimo

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Eleonora Paolini, 28 anni, oggi assunta con un contratto a tempo indeterminato in Tetra Pak.Ho 28 anni e sono nata a Montecchio Emilia; oggi vivo a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, e ormai da un anno e mezzo per conto mio. Durante gli studi superiori al liceo linguistico con indirizzo bilingue inglese e tedesco dell’istituto Piero Gobetti di Scandiano, ho dato lezioni private a studenti dalle elementari alle superiori – in particolare in matematica. Questo lavoretto occasionale mi ha consentito di sostenermi nello sport che ho praticato per ben vent'anni: pattinaggio artistico a rotelle. Con il passare degli anni ho realizzato di avere una predisposizione verso le materie scientifiche. Così al termine dell’ultimo anno avevo ben chiaro che mi sarei iscritta a ingegneria – sia per soddisfare la mia passione sia per inserirmi nel mondo del lavoro con maggiore facilità. Ed ero consapevole che il nostro territorio era ben integrato con la facoltà di Modena e Reggio Emilia!   Questa scelta è stata pienamente supportata dai miei genitori che mi hanno aiutato a scegliere il tipo di ingegneria: meccanica, scelta principalmente perché la mia regione rappresenta la culla della metalmeccanica e perché a livello italiano è ritenuta tra le migliori. Una scelta che è stata motivo di orgoglio per loro.Ho conseguito la laurea triennale e specialistica in corso, in entrambi i casi con un punteggio di 108: la prima nel novembre 2011 la seconda nel dicembre 2013. Il fatto di studiare a Modena mi ha consentito di non trasferirmi e poter continuare a praticare il pattinaggio a rotelle a livello agonistico, allenandomi anche quattro-cinque volte a settimana a Reggio Emilia. Non ho fatto l’Erasmus perché il mio obiettivo era finire l’università in corso, e temevo che un’esperienza di quel tipo mi avrebbe “distratto” in un momento di studio molto intenso. Ho avuto, però, la fortuna di viaggiare molto anche all'estero grazie alla mia famiglia e questo mi ha proiettata verso un’eventuale esperienza fuori casa da fare durante il mio periodo lavorativo.Le uniche collaborazioni che ho avuto prima del lavoro in Tetra Pak sono state con l’Istituto Piero Gobetti, nel quale ho studiato, dove sia nel 2012 sia nel 2013 ho tenuto i corsi di recupero, nel primo caso estivi di sistemi di automazione industriale in due terze superiori per circa sei ore per classe, nel secondo caso per corsi di recupero infraquadrimestrali di sistemi di fisica e meccanica in una terza e quarta superiore, sempre per circa sei ore per classe. Il tutto retribuito circa 35 euro lordi all’ora. Un’esperienza che ha confermato il mio interesse verso l’insegnamento, opzione che non escludo in futuro. Non solo perché vedo in questo lavoro una missione sociale importante, ma anche perché penso che per una donna con un’eventuale famiglia da gestire sarebbe un ottimo compromesso tra impegni personali e lavoro.L’unico tirocinio precedente all’esperienza in Tetra Pak è stato dal giugno al novembre 2013 presso l’azienda Atos Spa di Modena, attiva nella produzione di componenti e sistemi idraulici. Era un tirocinio finalizzato alla preparazione della tesi di laurea specialistica e l’azienda mi era stata consigliata dal team di professori che mi seguiva. Ho avuto la possibilità di lavorare sia in ufficio che in officina ed è stata un’esperienza molto formativa sia da un punto di vista lavorativo che personale. È stato il mio primo ingresso nel mondo del lavoro e ho avuto modo di conoscere le dinamiche di un’azienda di media dimensione. Non percepivo però un rimborso spese e, proprio durante lo svolgimento di quel tirocinio, ho iniziato i colloqui in Tetra Pak.Durante lo stage in Atos ero, infatti, andata in università per correggere la tesi e proprio in quei corridoi ho incontrato un professore della laurea triennale che mi disse di mandargli il curriculum perché c’era una posizione aperta in un’azienda che poteva interessarmi. Così il mio curriculum è arrivato all’ufficio HR di Tetra Pak che aveva contattato l’università per dei nominativi. Ho iniziato i colloqui il 2 ottobre 2013 e alla fine del terzo colloquio mi hanno comunicato che mi avevano scelta. Mi sono quindi laureata il 12 dicembre di quell’anno presentando il mio lavoro anche davanti agli occhi soddisfatti del mio tutor in Atos, che a causa della crisi non poteva prolungare il contratto, e il 7 gennaio 2014 ho cominciato in Tetra Pak.La posizione era quella di Technical Administrator e il gruppo in cui sono entrata e sono tutt’ora è l’“Equipment Legislation”. Tetra Pak non produce solo packaging material, ma anche macchine per l’impacchettamento e il nostro team si occupa di assicurare che da un punto di vista progettuale e di scelta dei materiali le macchine siano conformi alle legislazioni europee e locali. Una delle mie principali mansioni è redigere il fascicolo tecnico degli equipments, documentazione necessaria per poter apportare il marchio CE. Sono stata seguita e aiutata fin da subito e mi sono stati lasciati adeguati gradi di libertà nel portare a termine alcune analisi e attività commissionatemi dalla mia tutor, nonchè mia manager attuale. Ho instaurato un ottimo rapporto di collaborazione coi colleghi e il carico di lavoro che mi veniva assegnato era sempre ben bilanciato. Il rimborso spese era di circa 800 euro mensili e ho potuto anche sfruttare alcuni benefit offerti dall’azienda come la flessibilità di orario e l’utilizzo della palestra e della sauna all’interno del plant.La prospettiva era l’assunzione con contratto a tempo determinato di due anni tramite un’azienda interinale, Randstad, che collabora con Tetra Pak. Opportunità che si è concretizzata nel luglio 2014, al termine del tirocinio. Ho continuato a lavorare nel mio team svolgendo in modo più completo quanto appreso durante lo stage. In questo caso avevo una retribuzione di 2mila 300 euro lordi mensili.In questi due anni ho partecipato ad alcune trasferte in Svezia presso la casa madre e l’esperienza più bella è stata da maggio a luglio 2015 quando ho collaborato a un progetto con colleghi in Brasile e mi è stata proposta una job rotation di tre mesi a Campinas, città a un’ora da San Paolo. Lì ho incrementato le mie competenze in materia di legislazione brasiliana legata alla sicurezza e supportato i colleghi locali in alcune attività già portate avanti con la mia manager. Un’esperienza che mi ha dato la conferma di quanto apprezzi lavorare in un’azienda multinazionale. Tornata in Italia si è iniziato a parlare di contratto a tempo indeterminato che è cominciato il primo di aprile, con il timore che fosse solo uno scherzo! E invece quel giorno ho cominciato la mia avventura in Tetra Pak come dipendente: il mio stipendio attuale è di circa 3mila 200euro lordi mensili. Sono molto contenta e soddisfatta del percorso di questi pochi anni in Tetra Pak e ringrazio ancora il professore che mi diede questa grande occasione.Oggi ricopro il ruolo di Expert advisor: rispetto al passato non sono cambiate molto le mie mansioni, ma il mio coinvolgimento all’interno dei progetti che è sempre crescente. Appartengo a un gruppo molto trasversale: non seguo un unico progetto di sviluppo ma sono coinvolta in tutti quelli portati avanti all’interno dell’organizzazione. E questo mi consente di collaborare con persone sempre diverse in differenti posizioni. Uno dei task che compio maggiormente è redarre il risk assessment delle macchine: lavoro spesso fatto direttamente nella test hall. Così posso toccare con mano quello che vedo nello schermo del mio pc. Dal punto di vista professionale sto acquisendo sempre maggior competenza in materia legislativa legata alla sicurezza e questo mi consente anche di vedere la meccanica che ho studiato sui libri.Mi trovo molto bene nel mio team e mi piace moltissimo il mio lavoro. Sento di avere ancora molto da imparare e il mio futuro lo vedo ancora con la mia attuale manager: nel corso del tempo la sicurezza, intesa sia come human che come food safety, sarà sempre più importante perciò vedo ancora un ottimo margine di crescita in questo settore. Non escludo però di cambiare in futuro la mia posizione e di applicare in gruppi diversi dal mio: mi incuriosiscono in particolare quelli di gestione progetti e di allocazione delle risorse.Condivido in pieno i principi della Carta dei diritti dello stagista elaborata da voi della Repubblica degli Stagisti! Leggendo alcune delle interviste riportate sulla testata penso che l’utilità del lavoro che fate sia nel dare maggior consapevolezza di diritti e doveri dello stagista, ma anche nel dare fiducia a chi è in corso di valutazione di un’esperienza di questo tipo. E poi è comodo, perché è possibile consultare e cercare possibilità di stage in modo rapido ed efficace. Certo in Italia sono ancora generalmente mal retribuiti, almeno sentendo opinioni di alcuni amici. Con Tetra Pak sono stata fortunata e ai giovani che come me si apprestano a entrare nel mio settore professionale do questi consigli: curiosità, determinazione, precisione e capacità di lavorare in team anche con chi ha una cultura diversa dalla propria. Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Stage in Bosch pre e post laurea, e oggi Angelo ha un contratto a tempo indeterminato

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Angelo Colucci, 26 anni, oggi assunto con un contratto a tempo indeterminato in Bosch.Sono di Martina Franca, in provincia di Taranto, ho 26 anni e dal settembre 2009 mi sono trasferito a Bari dove mi sono iscritto al Politecnico al corso di laurea in Ingegneria Meccanica. Facoltà che ho scelto seguendo le mie passioni ed ambizioni. Perché proprio Bari? Avevo visto che quel Politecnico era da diversi anni in cima alle classifiche nazionali in termini di qualità dell’insegnamento e della ricerca. E chiaramente la comodità e la ridotta distanza da casa, quindi anche i costi minori, hanno contribuito a questa scelta. L’inserimento in città è stato rapido e indolore, tanto da costruire subito una cerchia di amicizie.Proprio quando ho dovuto scegliere l’argomento per la mia tesi di laurea c’è stato il primo contatto con Bosch. Tramite il professore del corso di motori a combustione interna del Politecnico ho infatti preso contatto con alcuni ingegneri del centro e svolto un primo stage di sei mesi in Bosch, dal gennaio al luglio 2015, con un rimborso spese di 550 euro al meseNon sono stato l’unico a fare un’esperienza del genere. Il politecnico, infatti, da diversi anni collabora con il centro studi Bosch di Bari e spesso arrivano ragazzi per stage semestrali mirati allo svolgimento di attività di ricerca che portano alla stesura della tesi di laurea e, molto spesso, a un ulteriore stage semestrale post laurea. Si organizzano anche giornate di presentazione della struttura in cui i ragazzi accompagnati dal professore di riferimento, visitano e apprendono le attività svolte nel centro.A distanza di due anni, oggi ricordo ancora il mio primo giorno di stage con piacere: la sensazione di entrare nel mondo del lavoro, anche se ancora da studente, ti fa prendere coscienza del fatto che gli anni di studio alle spalle si stanno concretizzando in qualcosa di utile. È stata una bella sensazione! L’intero stage e quindi tutte le attività svolte sono state finalizzate alla stesura della tesi, focalizzata sullo sviluppo di modelli di simulazione per sistemi di post trattamento di gas di scarico di motori diesel in ottica di normative anti-inquinamento sempre più stringenti. Finito lo stage, nel luglio di quell’anno mi sono laureato  in Ingegneria meccanica magistrale con 110.Due mesi dopo, a metà ottobre 2015, sempre da Bosch mi è stato proposto uno stage post laurea, in cui mi sono occupato di attività di ricerca e sviluppo seguendo i progetti in corso, con più responsabilità rispetto al primo stage. In questo caso avevo un rimborso spese di 770 euro al mese. Ho subito accettato e il mio tirocinio si è concluso anticipatamente, nel febbraio 2016, perché mi è stato proposto un contratto a tempo indeterminato! Oggi mi occupo, all’interno di un team, di progetti di ricerca e progetti cliente che coinvolgono attività nell’ambito dei motori diesel, sistemi di post trattamento e gestione motore. In pratica i progetti prevedono determinate attività da svolgere che possono essere appunto di ricerca, sviluppo eccetera e io insieme al mio team ci occupiamo di portare avanti le attività previste per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal progetto o dal cliente. Oggi ho una retribuzione che si aggira intorno ai 1600 euro netti al mese.Fino ad oggi non ho mai mandato il mio curriculum all’estero. L’idea però non mi dispiace! L’ideale sarebbe spostarmi per un’esperienza all’estero rimanendo nel gruppo Bosch. L’azienda dà, infatti, la possibilità ai suoi dipendenti più meritevoli di sviluppare la propria carriera all’estero presso altre sue sedi. E se potessi scegliere andrei in Germania perché quel Paese mi ha sempre affascinato e penso lì ci siano migliori prospettive.Oggi penso di essere ancora agli inizi del mio cammino professionale ma vedo ampi margini di carriera. Mi piacerebbe continuare nello stesso ambito e arrivare a gestire un team di lavoro, perché le attività manageriali mi interesserebbero molto. E a chi volesse tentare la mia stessa strada consiglio di essere sempre attenti a quello che gli altri, più esperti, fanno: ogni dettaglio può essere punto di interesse e motivo di curiosità per nuove scoperte o ricerche. E poi non credersi mai arrivati, anzi continuare sempre a studiare con umiltà.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Ho scoperto Everis grazie a una onlus e oggi lavoro in un ambiente giovane e stimolante

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa del Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Saverio Runza, 27 anni, oggi con un contratto part time in Everis. Ho 27 anni e sono nato a Milano dove ho frequentato la scuola Galdus, un istituto professionale accreditato presso la regione Lombardia. Nel 2008 ho acquisito un certificato di competenze professionali per operatori dei servizi d’impresa e nel 2010 un certificato di idoneità alla classe quinta dell’ITAS indirizzo dirigente di comunità.I primi contatti con il mondo dello stage li ho avuti durante il mio periodo di formazione scolastica: il primo anno, nel 2006, ho svolto uno stage di quattro mesi presso l’Opera Cardinal Ferrari di Milano. Avevo il compito di stare al centralino, smistare la posta e aiutare in sala pranzo. L’anno seguente ho svolto un nuovo stage presso la Flir Systems di Bovisio Masciago da marzo a maggio 2007, un’azienda che si occupava di termocamere e dove avevo il compito di archiviare documenti e rispondere al telefono. Mentre il terzo stage è stato dal marzo al maggio 2008 presso AEM Casa dell’energia elettrica di Milano, dove mi sono occupato di archiviare dati al computer. Erano tutti stage proposti come attività formativa della scuola e, infatti, non ho avuto alcun rimborso spese. Solo nel primo caso ho avuto una proposta lavorativa che poi però non si è concretizzata.Dopo aver ottenuto il certificato della Galdus ho svolto attività di volontariato presso l’Oratorio di Varedo della chiesa santi Pietro e Paolo dal 2008 al 2014 come animatore e dal 2012 al 2015 come attività di accoglienza al pubblico presso il cinema Ideal sempre a Varedo. Nel frattempo dal maggio 2014 al febbraio 2015 ho partecipato al corso social media manager e gestione a supporto dell’utente organizzato da Informatica Solidale di Milano, una onlus che promuove lo sviluppo sociale attraverso l’uso delle tecnologie informatiche e il volontariato. Mio padre mi aveva suggerito questo corso e cercando informazioni su internet avevo scoperto che mi interessava. Era principalmente indirizzato a fornire competenze di tipo informatico sui vari programmi di office e per la creazione di siti.È stato proprio grazie a questo corso che sono venuto in contatto con Everis! Il mio responsabile mi aveva, infatti, parlato di questa multinazionale. Sono stato convocato per un colloquio e dal settembre 2015 sono stato preso come stagista per sei mesi con il compito di protocollare e scansionare fatture e con responsabilità di cancelleria.Terminato lo stage ho ottenuto una valutazione positiva per cui mi è stato rinnovato per altri sei mesi, fino al settembre 2016, sempre con un rimborso spese di circa 700 euro al mese.Poi, dopo un’ulteriore valutazione positiva della mia responsabile, a settembre dell’anno scorso mi è stato proposto un contratto di un anno part time, che ho subito accettato! Credo, infatti, nella politica di questa grande multinazionale che dà importanza ad ogni singola persona. Ho sempre desiderato di far parte di un gruppo come questo e qui mi sento in famiglia. Oggi guadagno circa 850 euro al mese e oltre ad essere responsabile della cancelleria e a protocollare fatture sono vice responsabile della manutenzione con proposta di progettare un’applicazione per gestirla.È passato un po’ di tempo ma ricordo ancora il mio primo giorno di stage in Everis: è stato molto emozionante anche perché era la mia prima esperienza lavorativa. Ma sono stato ben accolto sia dai colleghi sia dalla mia responsabile e questo mi ha subito tranquillizzato e fatto sentire a mio agio.Da poco mi è stato anche affidato il compito di monitorare le condizioni degli ambienti di lavoro rilevando le possibili criticità: in pratica devo valutare le temperature e la sicurezza dei vari ambienti con possibile sviluppo di un’applicazione che possa essere installata su smartphone in modo da avere un più rapido ed efficace controllo. Sono stato molto contento che mi fosse stato affidato questo incarico anche perché sono argomenti che mi interessavano già durante il periodo scolastico.Oggi continuo ad avere delle sensazioni positive verso Everis: l’azienda ha un personale molto giovane, stimolante e motivato. Ecco perché una volta terminato il contratto annuale spero di essere riconfermato a tempo indeterminato per continuare a lavorare qui ancora a lungo sempre con nuovi obiettivi e responsabilità.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Il mio primo giorno di stage in Tetra Pak: sembrava stessero aspettando solo me

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Jessica Benetti, 28 anni, oggi assunta con un contratto a tempo indeterminato in Tetra Pak.Ho 28 anni e vivo a Campogalliano, in provincia di Modena. I miei genitori hanno un’autofficina e concessionaria auto ed entrambi hanno fermato i loro studi alle superiori: mia madre è ragioniera e mio padre è meccanico, e attualmente gestisce l’azienda di famiglia.Una volta diplomata, nel 2008, al liceo scientifico Wiligelmo di Modena, ho tentato il test di ingresso a Medicina a Modena, ma non l’ho superato; così, visto che mi piacciono molto le materie scientifiche ho deciso di iscrivermi all’università di ingegneria Enzo Ferrari. E di scegliere il ramo meccanico. Perché proprio questo indirizzo? Durante il liceo mi piaceva in particolare la fisica meccanica e cinematica, quindi la scelta tra i tanti rami di ingegneria a disposizione si è ristretta tra civile/edile e meccanica. E a quel punto ho voluto fare una scelta lungimirante, optando per quello che mi avrebbe dato meno problemi a trovare lavoro un domani. E visto che mio padre ha un’autofficina ho pensato che se non avessi capito qualcosa avrei avuto la possibilità di vederla materialmente.Mi sono quindi iscritta alla triennale di meccanica all’università di Modena e nel novembre 2011 mi sono laureata con 106/110 con una tesi sperimentale in meccanica fredda. Anche per la specialistica ho scelto Ingegneria meccanica, perché questo indirizzo permette di avere una preparazione più ad ampio raggio rispetto a veicolo. A dicembre 2013 mi sono laureata in specialistica con 110 e lode, con una tesi in meccanica calda sviluppata durante un tirocinio in azienda. Lo stage trovato tramite l’università è durato sette mesi: l'ho svolto presso la Case New Holland di San Matteo a Modena. Non avevo un rimborso spese, ma ero curiosa di capire cosa succedesse nel mondo del lavoro e volevo mettermi alla prova. Ho avuto un ottimo rapporto con i tutor, sia quello in azienda che quello in università, tanto che ancora oggi ci sentiamo nonostante l’azienda non abbia avuto la possibilità di tenermi dopo lo stage, pur volendo farlo, per mancanza di risorse.Subito dopo la laurea è iniziata la mia avventura in Tetra Pak! Ho trovato sul loro sito internet un annuncio per un tirocinio semestrale, 36 ore settimanali, con un compenso di 800 euro al mese. Dopo una selezione in tre fasi, a gennaio 2014 ho cominciato. Avevo due tutor che mi hanno seguita fin dall’inizio aiutandomi a far vedere quello che valevo.Ricordo molto bene il mio primo giorno di stage in Tetra Pak: sembrava stessero aspettando solo me! Mi hanno dato un computer, un telefono aziendale, una scrivania solo per me e la chiavetta per la macchinetta: è stato molto bello. Poi il mio manager mi ha mostrato l’azienda, i vari stabilimenti spiegandomi le funzioni di ognuno. Avrebbero potuto passivamente dirmi «questa è la tua scrivania, buon lavoro». E invece mi hanno dato una bellissima accoglienza.Finito il tirocinio mi è stato proposto un contratto determinato di un anno, prolungabile per un altro anno, da uno dei miei tutor del tirocinio e tramite agenzia del lavoro esterna. L’inquadramento contrattuale era impiegata di livello 5 e la retribuzione di circa 1400 euro al mese. Nel luglio del 2015 mi è stato rinnovato il contratto con lo stesso inquadramento fino a giugno 2016. Quando ho applicato per una posizione a tempo indeterminato aperta dalla mia manager e fatto una nuova selezione. Da giugno 2016 lavoro con un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio mensile di circa 1800 euro.Oggi sono Package engineer nel dipartimento di ricerca e sviluppo a Modena: lavoro nel team di secondary packaging, quello che si occupa di come trasportare tutti i pacchetti che vengono ideati dall’azienda. Durante la mia giornata lavorativa mi occupo sia di attività di linea, quindi sviluppo nuovi metodi per misurare pacchetti, realizzazione specifiche eccetera, sia di attività di progetto per i nuovi pacchetti in via di sviluppo.Ho ancora tanto da imparare, ma l’importante penso sia sempre mettere del proprio nelle cose che si fanno. In futuro mi piacerebbe continuare a lavorare nel dipartimento ricerca e sviluppo di questa azienda, magari arrivando a gestire progetti o persone. Per il momento non penso all’estero: per fortuna la mia zona permette di trovare ancora un buon lavoro come ingegnere meccanico e anche tutti i miei amici che si sono laureati con me hanno trovato lavoro in Italia.Certo in Tetra Pak sono stata fortunata, nel mio ambito lo stage è stato molto utile: ho capito cosa il mondo del lavoro voleva da me e acquisito le basi per lavorare a pieno regime in azienda. La Repubblica degli Stagisti? Penso che sia utile e interessante perché dà una speranza a noi giovani che sentiamo solo storie tristi di coetanei che pur avendo studiato ed essendosi impegnati tanto non riescono a trovare un lavoro. O si trovano a fare tirocini in aziende che, a differenza di Tetra Pak, non danno un buon compenso.Questo demoralizza i giovani: si vedono sfruttati e percepiscono un solo messaggio, “il vostro lavoro non vale niente”. Quando invece il giovane che ha voglia di fare, lavora molto di più di persone che sono in azienda da anni. All’inizio impiega più tempo nello svolgere il lavoro rispetto a chi ha più esperienza, ma sono certa che ci mette il cuore. E proprio ai giovani che si apprestano a entrare nel  mio settore professionale consiglio di non pensare mai di aver imparato abbastanza: siate critici con voi stessi, curiosi e proattivi. Perché tutto, prima o poi, vi verrà riconosciuto.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Stage al Parlamento Ue: «A Lussemburgo una delle esperienze migliori che possano capitare a un neolaureato»

Chiudono il prossimo 15 ottobre le selezioni per i tirocini Schuman al Parlamento europeo. Circa 1.200 euro il rimborso spese in palio e tre le opzioni disponibili: generale, giornalismo e Premio Sacharov. Qui di seguito la testimonianza di di Ugo Cellamare, che ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza.Ugo Cellamare, 28 anni. Professione? Boh! No, non è uno scherzo: se mi chiedessero cosa faccia, non saprei rispondere in maniera più articolata. Laureato in Giurisprudenza all’università di Bari, la mia città natale, oggi sto svolgendo qui la pratica forense presso uno studio legale. Il tutto in attesa di tornare per un “vocational master” nel luogo dove ho vissuto l’esperienza più importante della mia vita. Troppe informazioni, peraltro confuse, tutte insieme: chiedo venia e ricomincio, mettendo un po’ di ordine.Una volta diplomato senza troppo brillare presso il liceo classico Socrate, uno dei due presenti in città, decisi di iscrivermi a Giurisprudenza, facoltà che consideravo uno sbocco fattibile per via dei miei interessi e delle mie attitudini. Si trattò di una scelta razionale, ma non “di cuore”. Abbastanza confuso sul da farsi, preferii optare per un indirizzo che potesse accontentarmi, piuttosto che concedermi un anno sabbatico per riflettere e ponderare la mossa successiva. A posteriori posso dire che fu un errore, ma il corso di studi è filato via in maniera piuttosto lineare, interrotto solo da due sbandate dovute alla poca convinzione di cui sopra. Una carriera universitaria ordinaria, conclusasi con un buon voto; non eccellente, ma tutto sommato soddisfacente.Chiuso il sipario sull’esperienza accademica mi sono ritrovato davanti all’annoso dilemma che affligge tanti ragazzi, soprattutto nel nostro Paese: cosa fare? Il prosieguo naturale sarebbe stato trovare uno studio legale presso cui svolgere il praticantato necessario per abilitarsi alla professione forense ma – sono sincero – non ho mai amato molto l’idea di diventare avvocato. In un’epoca di assoluta crisi per la professione, poi, la voglia era ancora meno. Ciò che ho fatto è cominciare a spulciare ogni sito possibile e immaginabile alla ricerca di annunci interessanti che potessero aprirmi le porte di qualche azienda. Come primo contratto, avrei accettato qualsiasi cosa – sempre nei limiti del dignitoso, s'intende. Nulla di nulla.Nel corso di una conversazione con un altro ragazzo laureato in Giurisprudenza venni a conoscenza della possibilità di svolgere un tirocinio presso una delle istituzioni comunitarie. Il giorno dopo, grazie ad una semplice “googlata” mi ritrovai sul sito ufficiale dell’Unione europea, per ciò che riguarda l’ambito “recruiting”. Tra i tanti annunci, scovai un link dedicato ai tirocini presso il Parlamento Europeo. Il primo pensiero fu: “Figurati se, tra i tanti, prenderanno proprio me!”. Il secondo, invece: “Diamine, devo sbrigarmi, perché oggi scade il bando!”. Dunque, senza troppa fiducia, inoltrai la mia candidatura per un tirocinio del tipo “Schuman”, corredata da un curriculum e una lettera motivazionale redatti in inglese, e qualche preferenza circa gli uffici in cui avrei voluto svolgere l’attività.Per qualche settimana dimenticai tutto, proseguendo la ricerca di lavoro. Una mattina di luglio, affaccendato nel disfare i bagagli di ritorno da un soggiorno in Germania, sento squillare il telefono. Numero anonimo. “Il solito call center”, penso. Nonostante ciò, rispondo e, nel giro di qualche secondo, vengo catapultato in uno stato di gioiosa confusione. «La chiamo dal Parlamento Europeo e questo è un colloquio conoscitivo che fa seguito alla sua candidatura per un posto da tirocinante». Venti minuti circa di telefonata con colui che sarebbe diventato il mio supervisor, qualche domanda sulla mia tesi – elemento che ha fatto la differenza nella sua scelta – e un piccolo test sulla mia conoscenza dell’inglese. Dopo un paio di settimane, ricevo la mail che non dimenticherò mai e che mi comunicava l’accettazione. Destinazione Lussemburgo, una città deliziosa, ma a molti quasi sconosciuta. Nel giro di un paio di mesi sono lì, al centro dell’Europa, pronto a vivere una delle esperienze migliori che possano capitare a un neolaureato. Per me si è trattato di un’esperienza pressoché perfetta. “Data Protection Service” era il nome dell’ufficio presso cui ho prestato servizio: una manna per me che avevo discusso la tesi in Diritto internazionale, concentrandomi proprio sull’ambito della privacy e della protezione dei dati personali in relazione alla minaccia terroristica. Non sono stato chiamato a svolgere un compito da 007, sia chiaro. Il mio normalissimo ma soddisfacente lavoro d’ufficio ha previsto un riordino generale del Registro delle notifiche del trattamento di dati personali.Passando all’ambito squisitamente organizzativo, tutto è studiato in maniera impeccabile. I tirocinanti sono messi a proprio agio fin dall’inizio, con i supervisor pronti ad aiutarli e guidarli in qualsiasi situazione. Inoltre l’ufficio addetto al programma di tirocinio ha personale attento, preparato e disponibilissimo. Onestamente non avrei potuto desiderare di meglio. Gli orari ed i ritmi di lavoro, poi, si sono rivelati tutt’altro che stressanti. Giornata lavorativa dalle 8:30 alle 17:45, con un’oretta a disposizione per il pranzo. La mia personale giornata iniziava alle 6:25, ora in cui suonava la sveglia. Un po’ prestino, certo, ma usando i mezzi pubblici occorre tener presente il traffico lussemburghese di prima mattina.Lussemburgo. Capitale di uno Stato minuscolo, ultimo Granducato al mondo. Città piccola, piccolissima, ma con uno charme da grande metropoli. Caotica in settimana, calma e godibile nei week-end. A fare la differenza è l'enorme quantità di transfrontalieri che ogni giorno passano i confini dei tre vicini Paesi per recarsi a lavorare nel centro finanziario, o nelle istituzioni. Il processo di ambientamento, per ciò che mi riguarda, è stato rapidissimo. Ho adorato la città e non ho avuto problemi a prendere confidenza con strade e locali. Per la mia stanza in affitto – neanche troppo grande e fornita – pagavo 680 euro al mese, una cifra non bassa, ma neanche il peggio che potesse capitarmi. La scholarship elargita dal Parlamento, 1225 euro al mese, mi ha permesso di vivere piuttosto tranquillamente e di mettere da parte qualcosina. Non ho navigato nell’oro, certo, ma non mi sono trovato affatto male.Gli aspetti positivi hanno di gran lunga superato quelli negativi. Consiglierei a qualunque neolaureato di svolgere un’esperienza di questo tipo, specie se non propriamente sicuro su cosa voglia dal proprio futuro. Al momento, come dicevo, sto svolgendo la pratica forense in uno studio legale della mia città, in attesa di volare nuovamente verso Lussemburgo per frequentare un corso organizzato dalla Camera di commercio italo-lussemburghese, istituzione prestigiosa e stimata per il ruolo che svolge sul territorio.Nulla contro il mio Paese, ma preferirei proseguire la mia carriera lavorativa all’estero. Non posso che rammaricarmi delle condizioni lavorative in cui versano tanti coetanei, impegnati in stage ed esperienze che dovrebbero formarli e che, troppo spesso, si rivelano autentici incubi. Purtroppo, troppi considerano stage e tirocini come occasioni per sfruttare il malcapitato, piuttosto che strumenti di formazione ed inserimento nel contesto lavorativo. Se ripenso ai cinque mesi trascorsi al Parlamento Europeo non posso che ritenermi fortunato.Testo raccolto da Rossella NoccaLa foto di apertura dell'articolo è di Cédric Puisney in modalità creative commons