Girl Power: «Io, promossa dirigente in Nestlé mentre ero in maternità»
Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti vuole dare voce alle testimonianze di donne - occupate nelle aziende dell’RdS network - che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" e/o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Alessandra Fazio, 41 anni, Head of Quality per Nestlé.Ho 41 anni e sono nata e cresciuta in provincia di Como. Ho studiato al liceo scientifico e dopo il diploma misono iscritta al corso di laurea magistrale in Scienze e tecnologie dell’alimentazione presso la facoltà di Agraria della Statale di Milano. Frequentavo da pendolare e nel frattempo lavoravo in un negozio di alimentari e in una palestra. Ho sempre avuto interesse per le materie scientifiche, per mia attitudine personale ma anche favorita da alcuni esempi intorno a me come mio zio, laureato in chimica industriale, “mosca bianca” della famiglia. I miei genitori non sono andati all’università: mio padre faceva l’operaio, mia madre l’impiegata, ma mi hanno sempre sostenuta. La passione e soprattutto la curiosità per le scienze alimentari è arrivata studiando in filosofia Feuerbach con il suo motto “L’uomo è ciò che mangia”. Ad influenzarmi è stato anche un modello femminile importante: la mia nonna materna, classe 1923. Lei si laureò in Lingue e letterature straniere sotto il fascismo: da un paesino della provincia di Cremona si trasferì a Parigi per studiare alla Sorbonne! Dopo la laurea ho cominciato subito a lavorare. Ho trovato una sostituzione maternità come Quality Specialist in uno stabilimento Parmalat, ma era il 2003, l’anno del crac, quindi è stato chiaro sin da subito che non c’erano prospettive. Poi un’altra sostituzione maternità in uno stabilimento della provincia di Bergamo di un’azienda che è stata successivamente acquisita dalla multinazionale angloirlandese Kerry. Lì ho lavorato in laboratorio, occupandomi della parte analitica di ricerca e sviluppo sul prodotto, per poi diventare responsabile del controllo qualità dello stesso sito. Dopo il periodo di sostituzione, sono stata assunta a tempo indeterminato come Quality Assurance Manager prima degli stabilimenti italiani e poi dell’intera divisione europea, ruolo che mi ha portato a viaggiare tanto e a studiare la lingua inglese.Nel 2010 sono stata contattata da Nestlé per la figura di Quality Manager dello stabilimento di Moretta, in provincia di Cuneo. Non è stata una scelta semplice, perché comportava un trasferimento da sola. Allora convivevo e non è stato facile spiegare ai miei genitori e ai miei suoceri l’importanza di quel passo. Inoltre sarei tornata “indietro” da un ruolo europeo a un ruolo di stabilimento. Tuttavia si trattava della prima multinazionale alimentare al mondo, della possibilità di crescere e di passare dal business to business al prodotto per il consumatore finale. Non potevo rifiutare, così mi sono buttata, pienamente sostenuta - in quell’occasione così come in tutte le mie successive scelte di carriera - dal mio compagno Andrea.Mi sono trasferita a Saluzzo, dove ho vissuto per tre anni e mezzo. Svolgevo un ruolo con le “mani in pasta” nella fabbrica. Poi l’azienda mi ha proposto di diventare Regulatory & Scientific Affair Specialist, quindi di occuparmi della conformità alle leggi dei prodotti commercializzati sul territorio italiano. Si trattava di passare da un ruolo operativo a un incarico dietro la scrivania, ma anche lì ho visto un arricchimento. Così mi sono trasferita a Milano, dove tutt’oggi vivo. Ad aprile 2015, all’ottavo mese di gravidanza, sono andata in maternità. Durante questo periodo sono stata contattata dall’azienda perché si era liberata la posizione di Head of Quality per l’Italia e per Malta. Una scelta “controcorrente”, perché significava puntare su una donna, una madre e una persona giovane, entrata in azienda da soli cinque anni e mezzo. Lavorare in una multinazionale alimentare con un ruolo di responsabilità in un ambito tecnico era il sogno della mia vita e inaspettatamente l’ho realizzato quando sono diventata mamma. Per questo oggi sono felice di portare la mia testimonianza nei convegni su diversità e inclusione e in interviste come questa!Oggi ho la responsabilità della salute dei consumatori che acquistano i prodotti Nestlé. Il mio lavoro è dinamico, viaggio molto, ogni giorno non è mai uguale al precedente. Da donna e da mamma porto in esso l’empatia con cui mi relaziono con tantissime persone sia in azienda, dalle vendite alla comunicazione, sia fuori, dalle associazioni di categoria al Ministero della Salute alle Asl. Il futuro? La mia volontà è di consolidarmi in questo ruolo, da cui sento di poter imparare ancora tanto. In futuro mi vedrei bene anche in un altro ruolo tecnico, oppure nelle risorse umane, dove mi piacerebbe occuparmi di diversità e inclusione. Mi piace far sì che le persone siano messe nelle condizioni di dare il meglio di sé e di trovare un equilibrio tra vita e lavoro. Ora però devo pensare prima di tutto al secondo figlio, che è in arrivo a luglio! In Nestlé non avverto particolari differenze di genere, il mio ambiente di lavoro è piuttosto bilanciato, anche se la direzione tecnica è prevalentemente maschile. Se ci sono differenze salariali, sono dovute al fatto che le donne - per occuparsi della famiglia - tendono ad accettare meno trasferimenti all’estero. Qui il bilanciamento tra vita privata e lavorativa è favorito da diversi strumenti di gestione degli spazi e del tempo, dal lavoro agile allo smart working fino all’asilo nido aziendale, per fare solo alcuni esempi. A volte mi capita di riuscire a finire prima e andare a prendere mio figlio al nido e poi, tornata a casa e sbrigate le faccende domestiche, accendere il computer per lavorare. Negli altri giorni mi appoggio a una tata, visto che non posso contare sui nonni, che vivono lontano. Possono capitare settimane in cui sono fuori quattro giorni su cinque di lavoro e, visto che il mio compagno fa il pendolare su Varese e rientra tardi, la tata si debba fermare anche a dormire. No so se consiglierei alle ragazze di scegliere Scienze e tecnologie alimentari come ho fatto io. È vero, è un corso interessante e particolare, e mi ha permesso di realizzare il mio sogno, ma è anche molto vincolante, perché è molto specifico e settoriale e non ci sono aziende alimentari ovunque. Altre lauree più trasversali si possono spendere in molti più ambiti.Tuttavia continuo a consigliare in maniera convinta alle ragazze una carriera tecnica e dico loro di non porsi mai dei limiti. Non c’è niente che sia appannaggio degli uomini. Non fate l’errore che ho fatto io che, quando il mio capo mi ha proposto la promozione durante la maternità, gli ho detto “Sei sicuro che io ce la possa fare?”. Non c’è niente che noi donne non possiamo fare... se abbiamo voglia di farlo!Testimonianza raccolta da Rossella Nocca