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Elezioni, dieci nuovi candidati sottoscrivono il Patto per lo stage 2018

In questa campagna elettorale che prosegue a suon di slogan, frasi fatte e promesse che spesso non è chiaro come si potrebbero mantenere, la Repubblica degli Stagisti prova a riportare la mira sui contenuti, sulle proposte politiche, e in particolare sul tema dell’occupazione giovanile. Lo fa con una sua piattaforma programmatica, il Patto per lo stage, che racchiude in alcuni punti ciò che si potrebbe fare a livello regionale e nazionale per assicurare ai giovani dei percorsi di transizione dalla formazione al lavoro migliori, più tutelanti,  più dignitose ed eque. Ai primissimi sei candidati che hanno scelto di aderire al Patto (Giorgio Gori, candidato alla presidenza della regione Lombardia per la coalizione di centrosinistra; Lia Quartapelle, parlamentare uscente e ri-candidata alla Camera nel collegio uninominale Milano est per il Partito Democratico; Valerio Federico, capolista al Senato collegio Lombardia 1 e al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Milano per la lista +Europa; Elisa Gambardella, capolista alla Camera dei Deputati nel collegio Liguria 2 per la lista "Insieme”; Pietro Bussolati, candidato PD al consiglio regionale della Lombardia nella circoscrizione di Milano; e Massimo Ungaro, candidato PD alla Camera nella circoscrizione Estero-Europa) se ne sono aggiunti in questi giorni altri dieci: persone impegnate in politica, in alcuni casi già con una significativa esperienza alle spalle.Si tratta di otto candidati al consiglio regionale della Lombardia e due candidati al parlamento. Ancora nessuna sottoscrizione, purtroppo, da parte di nessun candidato alle elezioni regionali in Lazio; e inoltre nessuna sottoscrizione da parte di candidati del centrodestra e del Movimento 5 Stelle, né sul fronte nazionale né su quelli regionali, malgrado l’appello di Eleonora Voltolina ai microfoni di Radio Radicale.Nel dettaglio, ecco chi sono i dieci nuovi sottoscrittori che, se eletti, si sono impegnati a portare avanti i punti della “piattaforma programmatica” proposta dalla Repubblica degli Stagisti attraverso il Patto.Sul fronte della Regione Lombardia, due dei neosottoscrittori corrono con la lista Lombardia Progressista nella circoscrizione di Varese per un posto il consiglio regionale: si tratta di Carlo Castiglioni, mediatore linguistico e culturale e attivista dell’Arcigay, e Andrea De Felice, laureando in Scienze Politiche che sogna di lavorare nel campo della ricerca e selezione del personale.C’è poi, sempre per la Regione Lombardia, una candidata della Lista Gori presidente, Francesca Ulivi, presente nelle liste di due circoscrizioni (Milano e Mantova): giornalista e manager di una multinazionale del settore media, malata di diabete di tipo 1 e altre malattie autoimmuni e croniche, si batte per i diritti dei malati.Due dei nuovi sottoscrittori sono candidati della lista Lombardia Progressista nella circoscrizione di Milano: Chiara Cremonesi, che ha già una esperienza di consigliata regionale alle spalle con Sinistra ecologia e libertà, e Davide Fracasso, fondatore di Lenius.it e volontario a sostegno di rifugiati politici e vittime di tortura all’interno del Naga. Sempre per la Regione e sempre nella circoscrizione di Milano, ma stavolta nelle liste del PD, a sottoscrivere sono anche Paola Bocci, già consigliera comunale a Milano con Giuliano Pisapia e dal 2016 consigliera in Città metropolitana, e Alfredo Zini, imprenditore nel campo della ristorazione e coordinatore del Club Imprese Storiche di Confcommercio.Per Liberi e Uguali corre invece Giacomo Negri, candidato al consiglio regionale lombardo nella circoscrizione di Milano, insegnante alle scuole superiori e tra i portavoce di Possibile a Milano.Sul fronte nazionale, invece, la Repubblica degli Stagisti ha raccolto l’adesione al Patto da parte di Franco D’Alfonso, candidato al Senato nel collegio uninominale Milano 2 per la coalizione di centro-sinistra, socialista e già assessore al commercio e turismo del Comune di Milano nella giunta Pisapia; e di Anna Ascani, deputata uscente, responsabile del Dipartimento Cultura dell’esecutivo nazionale del PD, candidata capolista alla Camera in Umbria.Tutti i candidati che desiderino a loro volta sottoscrivere il Patto per lo stage 2018 possono farlo scrivendo una mail all'indirizzo direzione [chiocciola] repubblicadeglistagisti.it

Campania, la nuova legge sugli stage ancora non c’è e i sindacati denunciano: “La Regione va avanti da sola”

In Campania il numero di tirocinanti extracurriculari cresce ogni anno. Stando ai dati del Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro, dal 2014 al 2016 gli stage sono più che raddoppiati, passando da poco più di 9mila a quasi 22mila nel 2016. Peccato, però, che a fronte di questi crescenti numeri non sia ancora disponibile una normativa aggiornata. L’amministrazione regionale, infatti, non ha ancora approvato il nuovo regolamento per i tirocini, nonostante la Conferenza Stato-Regioni avesse fissato lascadenza per il recepimento delle linee guida nazionali a fine novembre 2017. In verità non è nemmeno chiaro se i lavori siano stati avviati: da diverse settimane la Repubblica degli Stagisti tenta di mettersi in contatto con l’assessorato al Lavoro e alle risorse umane, guidato da Sonia Palmeri, per avere informazioni, ma i telefoni squillano a vuoto, alle email non risponde nessuno, e anche dalla III Commissione regionale la palla viene rimbalzata alla giunta. I sindacati non ne sanno niente, non essendo stati chiamati a partecipare ad alcuna discussione fino a questo momento. «Sui tirocini non siamo stati coinvolti» conferma Luca Barilà, segretario nazionale della Cisl Felsa (la Federazione Lavoratori somministrati autonomi atipici) alla Repubblica degli Stagisti. «Di solito prendiamo parte ai tavoli di discussione, ma stavolta non c’è stata occasione di confronto. Sono diverse le partite su cui siamo fermi, negli ultimi tempi stiamo faticando ad avere un dialogo più costruttivo. La Regione sta andando avanti da sola». Elisa Laudiero, componente della segreteria Cgil Campania e responsabile del Nidil, il sindacato dei lavoratori atipici in Regione, gli dà manforte: «Non siamo proprio stati contattati. Sono rimasta interdetta perché di solito c’è un confronto con le parti sociali, e io stessa vorrei avere qualche informazione in più. Abbiamo chiesto più volte un confronto, ma non c’è mai stato. Grosso modo sulle altre tematiche abbiamo contatti con la Regione, ma su alcune questioni, soprattutto quando si tratta di giovani e lavoro, il confronto manca. Abbiamo sollecitato e inviato richieste formali di incontro, però ogni volta la discussione viene rimandata».In Campania la normativa vigente è costituita dalla Delibera della Giunta regionale n. 243/2013 e dal regolamento regionale n. 7/2013. Secondo le disposizioni attuali i tirocini formativi e di orientamento hanno una durata massima di sei mesi, proroghe comprese; mentre quelli di inserimento e reinserimento 12 mesi. L’importo minimo dell’indennità mensile è di 400 euro lordi, che però non vengono erogati nel caso in cui il tirocinante sia un lavoratore in regime di cassa integrazione speciale o di cassa integrazione cosiddetta in deroga. Per i tirocinanti che già ricevono un sussidio di disoccupazione, invece, «la percezione dell’indennità di partecipazione non comporta la perdita dello stato di disoccupazione eventualmente posseduto dal tirocinante» riporta il testo della Dgr 243. Il punto è: questi elementi cambieranno nella nuova normativa? Rispetto alle linee guida del 2017, tra le differenze più importanti saltano all’occhio i limiti di attivabilità dei tirocini, doppi rispetto al testo nazionale: le aziende con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra uno e quattro possono ammettere un tirocinante, due con un numero di dipendenti compreso tra cinque e otto, tre se i dipendenti sono tra 9 e 12, quattro fra 13 e 16, cinque fra 17 e 20. Per le aziende con oltre 21 dipendenti, infine, il numero di tirocinanti non può superare il 20% del totale dell’organico (a differenza del 10% indicato nelle linee guida). Nella nuova normativa questi limiti potrebbero essere cambiati, riprendendo il testo emanato dalla Conferenza Stato-Regioni, oppure riconfermati: la scelta starà alla Regione. Certo è però che dei limiti più stringenti contribuirebbero a ridurre il rischio di abuso dello strumento stage per mascherare lavoro sottopagato.Il regolamento attuale della Campania si può considerare tutto sommato abbastanza completo, però alcuni dei suoi limiti rimangono evidenti: stabilire un aumento del compenso minimo previsto e una omogeneizzazione della durata massima a sei mesi per entrambe le tipologie di tirocini, per esempio, sarebbero già dei passi avanti. Per questo una nuova normativa è necessaria, visto anche il ritardo che la giunta sta accumulando. Laudiero, poi, sottolinea un aspetto strutturale della questione (e centrale nelle rivendicazioni del sindacato): «La critica principale che muoviamo è la mancata efficienza del tirocinio ai fini di occupazione stabile: l’esigenza più grossa è che la formazione attraverso il tirocinio non resti fine a se stessa, ma che ci sia una continuità lavorativa». In più, la sindacalista nota un secondo aspetto problematico, quello dei tirocinanti della pubblica amministrazione: «Oltre a non avere continuità [non possono essere assunti, perché alle carriere nel settore pubblico si accede solo tramite concorso, ndr], i ragazzi si trovano senza riconoscimento, perché chi fa tirocini nella pubblica amministrazione non ha punteggi superiori agli altri quando viene organizzato un concorso». (Questa, in effetti, è una proposta che la Repubblica degli Stagisti porta avanti da quasi 10 anni...)Laudiero promette che, se la situazione non dovesse sbloccarsi dallo stallo attuale, le parti sociali prenderanno provvedimenti. A tre mesi dalla scadenza e a nove dall’approvazione delle linee guida, sarebbe proprio il momento che dalla giunta provvedessero perlomeno ad avviare un confronto: in fondo, ne va dello status e delle tutele di migliaia di tirocinanti. La Repubblica degli Stagisti continuerà a seguire l’iter di recepimento delle linee guida in Campania; nel frattempo, qui potete dare un’occhiata a tutti gli aggiornamenti pubblicati finora sulle varie Regioni. Sperando che quelle che ancora non hanno aggiornato la propria normativa lo facciano presto.Irene Dominioni

Paese che vai usanze che trovi, suggerimenti per colloqui all'estero

La ricerca di un lavoro all’estero non è più una novità tra i giovani italiani. A certificarlo, se mai ce ne fosse bisogno, anche l’ultimo Rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, presentato a fine 2017. Lì nero su bianco si scrive che in dieci anni la mobilità italiana è aumentata del 60% e che gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono quasi 5milioni. A questi vanno poi aggiunti quelli che temporaneamente – per periodi che vanno dai 3 ai 12 mesi – risiedono all’estero per motivi di studio o lavoro e non sono registrati in alcun elenco.Proprio a questi italiani che ogni anno cercano in altri paesi la soddisfazione professionale che in Italia spesso non arriva, è dedicata la guida CV around the world pubblicata da Viking blog, un sito di cui è proprietario la Viking office Products srl, società che è stata acquisita nel 1998 da Office Depot, primo rivenditore in Europa, e più importante al mondo, di prodotti e servizi per l’ambiente lavorativo. Office Depot ha registrato nel 2016, ultimi dati disponibili, un fatturato annuo di circa 11miliardi di dollari, impiegando circa 38mila dipendenti. Viking, però, non si occupa solo di vendere prodotti per ufficio, ma cerca anche di creare dei messaggi più ampi, motivo per cui ha creato il blog per cui è stata realizzata la guida. Che è stata concepita su iniziativa del team inglese, in cui lavorano una ventina di persone che si occupano principalmente di comunicazione e digital marketing, e poi tradotta e messa a disposizione anche nel mercato italiano. L’obiettivo del blog è quello di «aumentare il traffico del sito, allargare i lettori e il target, ma soprattutto essere protagonista in una community di persone dove i valori sono quelli legati al mondo del lavoro. E quindi a tematiche su correttezza e onestà, su bilanciamento tra lavoro e vita personale e sull’integrazione tra colleghi e culture», spiega alla Repubblica degli Stagisti Francesco Grottola, international digital marketing executive di Viking blog.La guida CV around the world rientra quindi in questa strategia e il suo obiettivo è stato quello di indagare come funzioni il processo di candidatura nei paesi esteri per dare alcuni suggerimenti e curiosità a quanti decidono di intraprendere questa strada. Perché un lavoro o uno stage all’estero comincia per prima cosa da un’autocandidatura e poi da un processo di selezione e allora conoscere quelle che sono le differenze rispetto ai procedimenti italiani può dare una mano.«Durante i miei viaggi di lavoro mi sono imbattuto in usi e costumi piuttosto singolari, molto diversi tra loro, in vigore nei mercati del lavoro», ha dichiarato Chris Evans, Seo e Social media marketing manager di Viking per l’Europa presentando la guida. Un assaggio delle abitudini che a noi italiani potrebbero risultare stravaganti la dà proprio la guida: ad esempio raccontando che in Cina arrivando a un colloquio, dove è buona norma presentarsi almeno con 15 minuti di anticipo, non si deve stringere la mano al proprio intervistatore, al massimo si può fare un leggero inchino se la persona di fronte a sé fa lo stesso.La guida prende in esame le abitudini di 12 paesi del mondo, Italia inclusa. La scelta è andata su Germania, Austria, Francia, Paesi Bassi, Spagna, Regno Unito, Cina, Russia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Corea del Sud. «Perché proprio questi? Perché nel nostro team tra dipendenti e collaboratori riuscivamo a coprire questi Paesi, quindi non solo avevamo la testimonianza diretta di chi essendoci passato aveva già le informazioni sull’argomento, ma poi per questi dipendenti era più facile la ricerca in lingua», spiega alla Repubblica degli Stagisti Francesco Grottola.Così combinando l’esperienza personale con fonti locali, e queste informazioni con nuove ricerche sui singoli paesi e con i dati ricevuti dai siti di recruiting, lavoro e risorse umane, si è arrivati a costituire questo documento.Una guida che ha un doppio target di riferimento. Da una parte i giovani tra i 25 e i 30 anni che stanno finendo di studiare o stanno già cercando attivamente lavoro. E che «possono usare le informazioni presenti per candidarsi, perché non avendo ancora molta esperienza su curriculum e colloqui o magari non essendosi mai spostati per lavoro, conosceranno poco le usanze e prassi in altri paesi. Quindi parliamo a una platea di giovani professionisti e stagisti», spiega Grottola. Dall’altra parte i professionisti nella fascia 40 – 45 anni, «un pubblico con una maggiore esperienza nel mondo del lavoro che però potrebbe essere interessato a consultare l’infografica per avere degli spunti e scoprire qualcosa che ancora non sapeva».Per entrambi i target di riferimento, la buona conoscenza della lingua inglese è data per scontata per trovare un lavoro e per alcuni dei paesi esaminati, come Russia, Cina e Corea un grande vantaggio è dato dalla conoscenza della lingua di destinazione.Essendo una infografica e dovendo privilegiare alcune info su altre, si è deciso di adottare un criterio abbastanza schematico, rispondendo per tutti i Paesi a due domande base: cosa devi inserire nel cv e come funziona il processo di selezione. Poi per ognuno è stato inserito uno schema con le cose da fare e quelle da non fare. Per esempio in Francia e nei Paesi Bassi è preferibile avere un curriculum di una sola pagina, per la Corea del Sud è consigliabile una lettera di presentazione in cui includere informazioni sul proprio passato, anche sulla propria infanzia, mentre nel Regno Unito è meglio non dare troppo risalto al titolo della laurea, tranne per i neo laureati, ed è preferibile focalizzarsi sull’esperienza lavorativa. La guida ha preferito focalizzarsi più sui consigli legati alla fase del colloquio e del primo impatto con il datore di lavoro che alla fase della scrittura del curriculum. Motivo per cui, pur essendoci indicazioni generiche su cosa scrivere o no, non c’è alcun riferimento per esempio alle normative in vigore nei 12 paesi presi in esame in materia di recruiting. Anche perché, spiega Grottola, «una disamina degli aspetti legali sul recruiting in generale non rientrava negli obiettivi dell’iniziativa», che invece mira a dare qualche consiglio in più per scrivere un cv efficace e conoscere qualche trucco in fase dei colloqui. Tanto che è lo stesso Grottola a dire che «io stesso non pubblicherei mai questa infografica su una rivista scientifica o di settore». E per quanto l’obiettivo non sia quello di riferirsi alle normative in vigore, ma solo di dare un consiglio in più, bisogna certo apprezzare il suggerimento dato per gli Stati Uniti, – dove soprattutto per alcune figure professionali è preferibile usare il resumé invece del cv - di includere brevi dichiarazioni personali o frasi descrittive evidenziando le azioni portate a termine nei ruoli precedenti. Però in questo caso una lacuna nella guida è il non aver fatto alcuna menzione al divieto di inserire foto o informazioni come età, sesso e razza: informazioni che in base alle leggi contro le discriminazioni presenti nei vari stati non è possibile richiedere in fase di recruiting. Anche se proprio negli Stati Uniti alcuni osservatori hanno fatto notare come divieti di questo tipo siano oggi anacronistici, visto che qualsiasi candidato inserisce i suoi contatti Linkedin, dove ognuno ha anche la foto.Tra le informazioni inserite nella guida, molto utile lo spazio alle curiosità, dove si svelano particolari a cui un italiano non penserebbe mai per un colloquio. Per esempio che in Corea del Sud bisogna essere preparati ad affrontare anche un check fisico, che in Russia è meglio non sorridere troppo durante il colloquio, mentre in Cina, ma questo in linea di massima vale per tutti, conviene non mentire in nessuna parte del curriculum perché le aziende fanno verifiche dettagliate sui candidati.Insomma un’utile infografica, a cui non si esclude di far seguire un secondo appuntamento focalizzato sugli altri Paesi al momento esclusi nella prima tornata, che può aiutare tanti giovani curiosi che hanno in progetto di cercare fortuna e lavoro all’estero.  Marianna Lepore

#MaiPiùSenza (donne), un piano contro le disuguaglianze di genere nell’economia

Secondo il Global Gender Gap Report redatto dal World Economic Forum, nel 2017 l’Italia è scivolata  dalla 50esima all’82esima posizione relativamente all’indice generale di partecipazione delle donne all’economia. Dietro il nostro Paese ci sono solo Malta e Ungheria. L'eurodeputata Alessia Mosca  e le docenti universitarie Paola Profeta e Paola Subacchi si sono interrogate su cosa possa essere successo e su come sia possibile provare a cambiare concretamente le cose, e hanno deciso di lanciare un’iniziativa al quale è stato l’hashtag #MaiPiùSenza e una petizione su change.org, sottoscritta a oggi da oltre 2.300 persone, per chiedere a tutti un impegno concreto a favore della partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, della parità salariale e di un’organizzazione del lavoro basata sulla condivisione tra uomini e donne. «L’iniziativa nasce dopo numerosi momenti di scambi di idee, in primo luogo con le altre due promotrici, Paola Profeta e Paola Subacchi, poi con le tante donne e i tanti uomini impegnati da anni nel cercare di raggiungere risultati concreti e, soprattutto, stabili in merito agli argomenti trattati nel Piano d’azione che abbiamo pubblicato su Change.org» racconta Alessia Mosca: «Da qualche anno il dibattito pubblico ha assorbito sempre più la questione della parità di genere ma, è evidente, è stato fatto troppo poco, troppo lentamente. Ci siamo interrogate su cosa sia successo e pensiamo manchi un piano organico, una visione di sistema che parta dal presupposto che ogni politica pubblica ha una dimensione e un impatto di genere. Se la si ignora, inevitabilmente si finisce per esacerbare le disuguaglianze già esistenti». Quale è la situazione nel resto dell’Europa? «Secondo la classificazione del WEF, solo Malta e Ungheria seguono l’Italia, nell’indice generale. Per quanto questo tipo di studi varino molto a seconda degli indicatori presi in considerazione e delle metodologie di rilevamento utilizzate, il dato secondo me rimane significativo. Ovviamente i paesi scandinavi sono estremamente avanzati in termini di welfare, servizi alla famiglia e occupazione femminile, ma anche la Francia, per esempio, si sta muovendo molto su questo.  Al riguardo, ci tengo a segnalare il grande lavoro svolto dall’Eige, l’agenzia europea per la Gender Equality, in particolare nella raccolta delle buone prassi, una attività che consiglio sempre di consultare e che offre importanti spunti di riflessione sulle azioni attuabili sia a livello nazionale sia a livello locale».L’iniziativa #MaiPiùSenza tocca ovviamente diversi temi, ma uno dei più sensibili è quello del congedo parentale. Sull’astensione obbligatoria dal lavoro per i papà sono stati fatti passi in avanti in Italia, con l’aumento a partire da quest’anno da due a quattro giorni obbligatori più uno facoltativo: «Si tratta di un tema centrale perché tocca diversi punti importanti: lo squilibrio nella suddivisione dei lavori di cura all’interno della famiglia, la maternità vista come ostacolo alla professione invece che come suo arricchimento, gli stereotipi sui ruoli di genere ancora estremamente radicati nella nostra società» dice Mosca: «Tutto questo rappresenta un enorme ostacolo al lavoro femminile e si basa su un assunto fondamentale: le donne sono deputate a occuparsi dei figli, gli uomini a portare lo stipendio a casa. Un pensiero ancora esistente, in diverse forme e con diverse intensità, certo, nella mentalità della stragrande maggioranza degli italiani. Questo porta con sé una serie di conseguenze, a partire dalla difficoltà maggiore per le donne di accedere al mercato del lavoro che si intensifica quando si parla di avanzamento di carriera. Assumere una donna, secondo molti datori di lavoro, significa mettere in conto cinque mesi di congedo di maternità obbligatorio più, probabilmente, sei di congedo facoltativo, a cui si aggiungono i giorni di malattia presi quando si ammala il bambino, ad esempio, o il fatto che si suppone che sia la donna a correre a prendere il bambino a nuoto o a preparargli la cena, il che significa che difficilmente si fermerà sul posto di lavoro più di quanto strettamente richiesto dal contratto. È ancora largamente diffusa la convinzione che, quando si assume una persona, se ne stia acquistando il tempo. E il tempo degli uomini è, sempre e solo per ragioni culturali, molto meno vincolato di quello delle donne».Ma dove nasce questa disuguaglianza, e perché non si riesce a sradicarla? «Questa è una domanda estremamente interessante, e non sono ancora riuscita a trovare una risposta razionale» risponde l'eurodeputata, «... forse perché non esiste. L’eliminazione delle disuguaglianze di genere è, oltre che una questione di giustizia sociale, un tema di crescita economica. Sono molti ormai gli studi che quantificano il beneficio economico di una maggiore occupazione femminile e dell’eliminazione delle barriere fondate sugli stereotipi di genere. A livello internazionale il dibattito è molto sviluppato; tuttavia si fa ancora fatica nel passare dalle parole ad azioni concrete, soprattutto nel nostro Paese.  Credo che le motivazioni siano tutte culturali, profondamente radicate nella nostra mentalità, nell’organizzazione della nostra società, che ancora oggi si basa su ruoli di genere piuttosto definiti». Per questo, se davvero si vuole incidere su questo tema e avviare un cambiamento profondo e destinato a durare, è necessario «abbandonare la logica degli interventi “spot”» dice Mosca «e comprendere la necessità di una visione sistemica, di un piano organico, che affronti il grande tema della disparità di genere da ogni prospettiva, agendo in maniera coordinata». L'eurodeputata cita il gender mainstreaming,  ossia l’inserimento di una prospettiva di genere all’interno delle politiche pubbliche, da tempo adottato nelle istituzioni europee - «anche se non ovunque con lo stesso impegno e la medesima costanza. Questa decisione tuttavia» aggiunge «si fonda sulla consapevolezza che ogni politica pubblica ha un suo impatto di genere: se si ignora questo, si finisce per perpetuare lo stato delle cose o persino per peggiorarlo, intensificando le disuguaglianze. Chiediamo che questa prospettiva venga attuata anche in Italia, a cominciare dall’implementazione sistematica, a tutti i livelli di amministrazione, del bilancio di genere».Cosa si può fare allora? Innanzitutto iniziare a parlare di genitorialità e non solo di maternità: «Cioè affermare che entrambi i genitori hanno il diritto e il dovere di prendersi cura dei propri figli. È importante che parliamo anche di diritti perché i ragazzi che oggi hanno trent’anni sentono questa come una necessità forte. Forse per la prima volta nella storia recente. Per questa ragione, adesso è il momento di cogliere questo bisogno maschile e utilizzarlo come leva per riequilibrare i ruoli e il tempo dedicato al lavoro retribuito e non retribuito, fino a questo momento completamente sbilanciato a danno delle donne».Per maturare un approccio del genere è però necessario che le aziende si impegnino per essere più flessibili nel rapporto con i dipendenti: «Per conciliare le esigenze dei lavoratori con quelle delle aziende la parola chiave è flessibilità: per questo nel nostro piano proponiamo un mese di congedo obbligatorio da fruirsi, previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, entro il primo anno di vita del bambino. Contemporaneamente proponiamo anche una flessibilizzazione del congedo di maternità, che resta sempre di cinque mesi ma ne lega solo tre al momento del parto, permettendo alle donne di usufruire degli altri due in momenti diversi, anche spezzandoli in settimane. In modo da avere la possibilità, se si vuole, di rientrare prima a lavoro e di poter avere uno strumento da utilizzare in momenti di necessità, che non necessariamente capitano nei primi mesi di vita del bambino».Al momento un dato positivo è stata la grande mobilitazione di associazioni e cittadini a favore di questa iniziativa. «La grande ambizione è però arrivare a tutti gli altri» sottolinea Mosca: «Far capire che si tratta di un argomento che riguarda tutti, una battaglia per la quale tutti dovremmo spenderci. Cerchiamo di insistere molto sul fatto che non si tratta di una “cosa da donne, per le donne”, ma di una preoccupazione di tutti per una società migliore. Il prossimo step sarà coinvolgere i candidati alle prossime elezioni, a tutti i livelli. Per poterlo fare sarà fondamentale la partecipazione delle donne e degli uomini: contattando i candidati del proprio collegio sui social, via email, per proporre loro l’iniziativa e sollecitare l’adesione, ad esempio. Oppure organizzando incontri sui territori per discutere delle proposte avanzate e, magari, metterne sul tavolo di nuove. Mancano poco più di venti giorni al voto e, ancora oggi, questo tema rimane il grande assente del dibattito elettorale, mentre persino a Davos è stato uno dei protagonisti. Abbiamo ancora una lunga strada da fare, in Italia, sul fronte dell’inclusione delle donne nell’economia e questa è l’occasione per cominciare la marcia, insieme».Chiara Del Priore

La Fondazione Franceschi premia i giovani ricercatori che studiano il disagio sociale

La Fondazione Roberto Franceschi è da sempre attiva in ambito giovanile e nel mondo della ricerca. La sua rete di studiosi, il Network Roberto Franceschi, riunisce ricercatori impegnati nello studio del disagio sociale e ogni anno la Fondazione mette a disposizione, in collaborazione con la Fondazione Isacchi Samaja, fondi di ricerca e borse di studio per studenti, dottorandi e ricercatori che focalizzano la propria attenzione su questo tema. Dal 2012 la Fondazione ha ricevuto complessivamente all'incirca 100 candidature, suddivise tra i Fondi di ricerca Roberto Franceschi e le borse di studio “Young Professional Grant”. I primi sono destinati a studenti di laurea magistrale e di dottorato degli atenei della Lombardia e a dottorandi di qualunque altra università che  abbiano conseguito la laurea magistrale in un ateneo lombardo, per finanziare la raccolta di dati originali nell’ambito della prevenzione, diagnosi e cura di patologie sociali e forme di emarginazione sociale. Le borse di studio “Young Professional Grant”, invece, consistono nell’assegnazione di assegni di sostegno alla ricerca sugli stessi temi a giovani laureati e dottorati, in collaborazione con il Network Roberto Franceschi e con il Centro Dondena dell’università Bocconi. I beneficiari sono under 35, non già percettori di altre borse di studio o assegni di ricerca al momento dell’avvio del finanziamento.Ecco i vincitori dell’ultimo bando 2017: per i fondi di ricerca sono Marco Marinucci, dottorando in Psicologia,linguistica e neuroscienze cognitive all’università di Milano Bicocca e Giacomo Battiston, studente di Ph.D. in Economics and Finance all’università Bocconi; per i Young Professional Grant Daniela Leonardi, dottoranda in Sociologia applicata e metodologia della ricerca sociale all’università di Milano-Bicocca e Martina Lo Cascio, dottoressa di ricerca in Scienze psicologiche e sociali, laureata all’università di Palermo. I progetti premiati analizzano tematiche legate al disagio sociale, in particolare la questione dei migranti, affrontata dal punto di vista psicologico, sociologico e delle politiche di integrazione.Marco Marinucci, 25enne di Colonnella (Teramo), alle spalle ha una laurea magistrale in Psicologia clinica all’università di Milano Bicocca. Il suo progetto di dottorato, intitolato “Fattori di rischio e protezione dall’esclusione sociale cronica nei rifugiati e richiedenti asilo” studia le cause e gli effetti dell’emarginazione dei migranti a livello psicologico e comportamentale. Alla Repubblica degli Stagisti racconta: «Ho intrapreso il dottorato perché l'attività di ricerca mi stimola molto e sono interessato ad occuparmi di persone e gruppi sociali svantaggiati». Marinucci prevede di finire il dottorato a novembre 2020.Giacomo Battiston, anche lui venticinquenne, svolge invece un progetto intitolato “Border Enforcement and Rescue Policy in the Central Mediterranean: Drivers and Consequences”. Lo studio analizza l’effetto delle politiche di soccorso sul numero di sbarchi di migranti sulle coste italiane e l’impatto dei media sulle politiche di soccorso adottate dal governo. «Mi sono avvicinato al tema come tutti, per via della rilevanza mediatica e per cercare di trovare un po’ di senso nella confusione che si respira. Il campo è minato ed è utilizzato male perché non c’è abbastanza ricerca» dice Battiston, originario di Mestre. Dopo una doppia laurea in Economia e Sociologia tra l’università Ca’ Foscari e la Georgia State University di Atlanta, anche lui programma di finire i suoi studi nel 2020.Il progetto di Daniela Leonardi, vincitrice della borsa di studio “Young Professional Grant”, si intitola “La discrezionalità degli operatori sociali nel modello di accoglienza per le persone senza dimora: dilemmi, tensioni, vincoli” e studia le politiche di accoglienza per le persone senza dimora a Torino. «Sostengo che coloro che lavorano quotidianamente a contatto con le persone homeless non siano semplici esecutori, bensì policymakers a tutti gli effetti» racconta alla Repubblica degli Stagisti. La ricercatrice è torinese, ha 32 anni e alle spalle ha una laurea magistrale in Sociologia e diversi anni di lavoro nei servizi per i senzatetto. «Oggi vediamo affacciarsi ai servizi persone che solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile incontrare. Nel nostro paese nel 2018 purtroppo si muore ancora di freddo per strada e non possiamo più accettare che accada». Martina Lo Cascio, infine, è una ricercatrice di 31 anni che ha già finito il suo dottorato in Scienze psicologiche e sociali all’università di Palermo. Da sempre studia i temi del mezzogiorno, dell’agricoltura e delle migrazioni, confermando la stessa inclinazione nel progetto con cui ha vinto la borsa di studio. La ricerca, dal titolo “Inclusione dei migranti e reti alimentari alternative nelle aree fragili. Una ricerca qualitativa nel sud Italia” analizza l’inclusione dei migranti nell’agricoltura sociale in Sicilia, Calabria e Puglia, dove la marginalità delle decisioni dei migranti e/o lavoratori emerge come un potenziale limite all’efficacia di molti percorsi. In che contesto si inseriscono queste nuove borse? «La Fondazione ha sempre finanziato la ricerca, prima con premi di laurea e poi dal 2013 con fondi di ricerca» spiega alla Repubblica degli Stagisti Carlo Devillanova, docente di Economia politica alla Bocconi e presidente del comitato scientifico della Fondazione. «Il programma ha due obiettivi, il primo è di cercare di introdurre i dottorandi nel mondo della ricerca, poiché molti di loro non hanno mezzi per continuare a sostentarsi, e quindi abbandonano l’accademia, e il secondo è di creare il network».Dal 2013 sono stati assegnati 12 fondi di ricerca, di cui 6 alla Bocconi, e 16 borse Young Professional Grant, mentre dal 1990 al 2012 sono stati assegnati 49 premi di laurea a studenti bocconiani per le migliori tesi. «Noi promuoviamo ricerche non direttamente con denaro liquido, ma finanziando i dottorandi, attraverso il network, con lavoro qualificato in ambito di ricerca» prosegue Devillanova. Ogni anno il Network organizza un convegno in Bocconi con ospiti nazionali e internazionali su un tema di interesse, sempre legato ai temi della povertà e del disagio sociale. In più, i dati originali raccolti attraverso le ricerche vengono resi facilmente accessibili a tutti tramite il sito della Fondazione. Negli anni il Network ha inoltre coinvolto istituzioni diverse non strettamente nel campo della ricerca, tra cui l’Unicef e alcuni istituti finanziari. L’ammontare dei fondi varia in base alle risorse a disposizione: quest’anno Young Professional Grant ha avuto un importo di 15mila euro e i fondi di ricerca 16mila. «Sono molto soddisfatto di entrambi i programmi» dice ancora il presidente del comitato scientifico, che raduna al suo interno alcuni dei maggiori esponenti dell’accademia milanese e lombarda. «Young Professional Grant in particolare è riuscito ad introdurre i ragazzi nel mondo della ricerca. Cerchiamo di diffondere ricerca nei convegni, ma anche nelle scuole superiori, perché è lì che si creano coscienze e cittadini». E aggiunge: «I temi della disuguaglianza sono stati drammaticamente sottovalutati; ora che anche l’accademia si è “svegliata”, i policymaker dovranno fare i conti con il problema. Ogni ricercatore spera che quello che fa possa cambiare il mondo: la Fondazione ci prova concretamente e quotidianamente». Il programma di finanziamenti è a rischio per questioni economiche, ma, fortunatamente, per il 2018 la Fondazione è riuscita a trovare i fondi necessari a premiare i giovani più meritevoli: i vincitori presenteranno i risultati preliminari delle loro ricerche il prossimo autunno, al convegno annuale del Network.Irene Dominioni

Patto per lo stage 2018 della Repubblica degli Stagisti, Giorgio Gori tra i primi sottoscrittori

È di nuovo tempo di elezioni. Quelle per il Parlamento più due elezioni regionali importantissime, quelle del Lazio e della Lombardia.Come già nel 2013, la Repubblica degli Stagisti parte da una premessa. E cioè che in campagna elettorale sono tutti molto bravi a promettere attenzione al tema dei giovani. «Se sarò eletto, lavorerò per i nostri giovani, l'occupazione giovanile è la mia priorità». Quale candidato non lo dice? Praticamente tutti, di qualsiasi schieramento politico, a ogni tornata elettorale. Ma la promessa è talmente generica che perde il suo significato. E poi chi può dire se sia stata rispettata o no da quelli che, anno dopo anno, sono stati eletti?Per questo la Repubblica degli Stagisti propone un'azione concreta, chiamando tutti coloro che dicono di voler attuare politiche pro giovani a dimostrarlo: e poi, in caso di elezione, a provare che alle parole stanno facendo seguire i fatti. Come? Attraverso un "patto per lo stage". Nel 2013 esso era rivolto solamente ai candidati al consiglio e alla presidenza delle due Regioni in ballo. Si trattava dunque di un documento programmatico con alcuni punti focali per una nuova gestione degli stage a livello regionale. Le Regioni hanno infatti una responsabilità enorme in materia di politiche giovanili, dato che a loro spetta la competenza in materia di formazione, e dunque di stage: e in Lombardia vengono attivati 90mila stage all'anno, in Lazio oltre 40mila. In questa nuova edizione 2018 del Patto per lo stage invece la Repubblica degli Stagisti apre anche ai candidati alla Camera e al Senato, ampliando la piattaforma di azioni concrete da realizzare e obiettivi da perseguire nel corso di entrambe le legislature (sia quella regionale sia quella nazionale). Qui i contenuti del Patto 2018 punto per punto.Su tutto questo la Repubblica degli Stagisti chiama uno per uno i candidati a un'azione di responsabilità e di impegno personale. Chi sottoscrive il patto si impegna poi a realizzare le proposte, o quantomeno a provarci.I primi sei sottoscrittori sono, in rigoroso ordine cronologico: il candidato presidente alla Regione Lombardia della coalizione di centrosinistra, Giorgio Gori; la deputata uscente Lia Quartapelle, che con la Repubblica degli Stagisti si è occupata nell'ultima legislatura della riattivazione dei tirocini nelle sedi diplomatiche (ex Mae-Crui, ora Maeci-Crui), candidata all'uninominale nel collegio Milano 2; il radicale Valerio Federico, capolista della lista “+Europa” per il Senato nel collegio Lombardia 1 al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Milano; Elisa Gambardella, giovane  socialista capolista capolista per la lista “Insieme” per la Camera dei Deputati nel collegio Liguria 2; il segretario del PD di Milano Pietro Bussolati, candidato al consiglio regionale della Lombardia nella circoscrizione Milano; Massimo Ungaro, segretario del circolo PD Londra e UK e candidato capolista alla Camera per la circoscrizione Estero-Europa. Qui la pagina con le motivazioni che hanno spinto ciascuno di loro a sottoscrivere il Patto 2018.Il patto è pensato, in questo momento di campagna elettorale, prima di tutto per i candidati: la nostra redazione è pronta a ricevere tutte le adesioni. La speranza che la lista si allunghi: perchè siamo abbastanza stanchi delle parole e delle promesse, e vogliamo che si passi agli impegni concreti e a i fatti.Per saperne di più su questo argomento:- Tutto il Patto 2018 punto per punto- Elenco di chi ha sottoscritto il Patto 2018

Il patto per lo stage 2018 punto per punto

COSA PREVEDE IL “PATTO PER LO STAGE 2018”Per i candidati al Parlamento1. Lavorare all'approvazione di un nuovo provvedimento normativo sui tirocini curriculari che vada finalmente a sostituire l'obsoleto decreto ministeriale 142/1998 e che sancisca diritti precisi anche per coloro che svolgono stage all'interno di un percorso di studio, a cominciare da un'indennità minima  (es. 250 euro al mese) per tutti i tirocini di durata superiore alle 400 ore.2. Lavorare per la modifica delle norme riguardanti i tirocini per l'accesso alle professioni regolamentate, in modo che siano eliminati i cavilli che rendono difficile (talvolta impossibile) la sostenibilità economica di tali periodi di formazione-lavoro per i giovani (equo compenso solo teorico, casi-limite in cui il compenso ai tirocinanti è addirittura scoraggiato o vietato).3. Impegnarsi a monitorare ogni genere di iniziativa riguardante l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro (es. Garanzia Giovani), in primis la qualità dei tirocini, con l'obiettivo di evitare che essi diventino conveniente manodopera o “cervellodopera” a costo basso o quasi nullo per le imprese e gli enti pubblici, producendo interrogazioni parlamentari e proposte di legge sul tema.4. Monitorare le modalità di raccolta dei dati pubblici in materia di stage in modo che essi siano il più possibile aderenti alla realtà, confrontabili e comunicati chiaramente ai cittadini; in particolare, non dovrebbe essere più possibile che i tirocini curriculari (quantomeno quelli di durata superiore a 400 ore) siano esentati - come ora accade - dall'obbligo della comunicazione obbligatoria di avvio (COL).5. Poiché gli enti pubblici dovrebbero essere i primi a “dare il buon esempio” rispetto a come si trattano gli stagisti, sollecitare il ministero della Funzione pubblica a pubblicare un report annuale sugli stage attivati all'interno delle pubbliche amministrazioni di ogni livello. Gli enti pubblici, a partire dalle amministrazioni centrali dello Stato, dovrebbero prevedere buone policy per quanto riguarda i programmi di tirocinio al proprio interno (a cominciare dal prevedere nei propri bilanci gli stanziamenti per dignitose indennità mensili a favore degli stagisti). 6. Lavorare a una valorizzazione delle esperienze on the job all'interno della alternanza scuola lavoro con l'obiettivo di: coinvolgere molte più aziende nell'ospitalità agli studenti (ma non attraverso il pagamento delle aziende “per il disturbo”!); distinguere anche dal punto di vista della denominazione i periodi di alternanza svolti in azienda (es. chiamandoli “work experience”) per evitare sovrapposizioni e confusione rispetto agli stage-tirocini propriamente detti; potenziare le modalità di monitoraggio della qualità delle esperienze di alternanza scuola lavoro.Per i candidati alle elezioni Regionali1. Lavorare alla modifica della normativa regionale sugli stage della propria Regione, entro la fine del 2018, in caso preveda condizioni peggiorative rispetto a questo standard:1.a) indennità minima non inferiore ad almeno 600 euro al mese che dovrà essere corrisposta agli stagisti da tutti i soggetti ospitanti – sia che siano imprese private, sia che siano enti pubblici1.b) limite massimo di 6 mesi, proroghe comprese, come durata per tutti gli stage: sia quelli “formativi e di orientamento” sia quelli “di inserimento/reinserimento lavorativo” (ad eccezione di quelli per disabili e categorie svantaggiate, che comunque devono essere normati scoraggiando il più possibile le sacche di potenziale abuso).1.c) Divieto di attivare stage per mansioni di basso profilo (e/o ripetitive e/o meramente esecutive) e comunque non di concetto, o stabilirne la durata massima a un limite di 2 mesi (basta con gli stage di 6 mesi o più per commesse, operai, benzinai, baristi...), utilizzando ove possibile i valori EQF del Quadro regionale degli standard professionali.1.d) Ridurre drasticamente i soggetti abilitati ad agire da soggetti promotori di stage, in modo che essi si limitino a: scuole, università ed enti riconosciuti (abilitati al rilascio di titoli di studio), centri per l’impiego, agenzie per il lavoro. La proliferazione di soggetti promotori rende il fenomeno incontrollabile. Inoltre responsabilizzare i soggetti promotori, attribuendo loro esplicitamente il compito di garantire la qualità formativa dello stage e la coerenza della durata dello stage con le mansioni da apprendere, prevedendo anche la possibilità di sanzionarli, sospendendo temporaneamente la loro autorizzazione a promuovere stage, in caso emerga che hanno promosso stage impropri (sostitutivi di contratti di lavoro).2. Lavorare per la massima trasparenza del “sistema stage”, affinché i previsti monitoraggi annuali siano stilati e pubblicati in tempo e con analisi dettagliate dell'utilizzo dello strumento sul territorio regionale; promuovere contemporaneamente la realizzazione di un database su base regionale, una “anagrafe degli stage” che registri ogni attivazione, svolgimento ed esito di ogni tirocinio svolto sul territorio (sia curriculare sia extracurriculare) in modo da ottenere un monitoraggio pubblico e trasparente rispetto all’utilizzo di tale strumento.3. Vigilare su tutti i programmi di stage finanziati dalla propria Regione con l'obiettivo primario di impedire che siano utilizzati come ammortizzatori sociali impropri, e/o per favorire determinate imprese e/o per coprire buchi di organico in enti pubblici fornendo alle une e agli altri stagisti a costo basso o nullo.4. Richiedere che ogni progetto che preveda l’utilizzo di soldi regionali per pagare indennità agli stagisti sia obbligatoriamente vincolato a che il soggetto ospitante eroghi allo stagista una cifra almeno analoga (secondo il principio 50-50)5. Contrastare ogni utilizzo di fondi pubblici in progetti di tirocinio che prevedano una ricompensa monetaria ai soggetti ospitanti per la formazione impartita agli stagisti. Le aziende e gli enti pubblici non devono mai guadagnare dal fatto di ospitare stagisti.6. Lavorare a nuove modalità di promozione-incentivazione (non solo economica!) del contratto di apprendistato, anche con l'ipotesi di collegare e vincolare il numero massimo di stage attivabili all’interno di imprese private al numero di apprendistati attivi in quella data azienda, in modo da favorire e incentivare l’apprendistato come forma contrattuale privilegiata di inserimento lavorativo, con l'obiettivo che lo stage non “cannibalizzi” l'apprendistato come è spesso successo negli ultimi anni.7. Promuovere l'erogazione di incentivi economici da parte della Regione per la stabilizzazione degli stagisti, con premi o sgravi per ogni stagista assunto con contratto di lavoro subordinato non breve (es. di durata superiore a 6 mesi) al termine dell'esperienza formativa8. Sostenere i soggetti promotori pubblici sul territorio regionale che attivano più stage (in primis gli uffici placement delle università pubbliche) in modo che possano farlo con un personale congruo e qualificato sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista delle competenze; in modo tale che tali soggetti possano davvero essere punti di riferimento per gli stagisti e garanti della qualità di ogni singolo percorso di stage 9. Concordare con scuole, università ed enti di formazione del territorio un accordo - in attesa di una nuova normativa statale - che assicuri anche agli stagisti curriculari garanzie minime (a cominciare da un'indennità minima, es. 250 euro al mese, per gli stage di durata superiore alle 400 ore).10. Lavorare per l'istituzione di un tavolo permanente in Regione, che comprenda rappresentanti dei sindacati, delle università, dei centri per l'impiego, degli ispettorati del lavoro, nonché le realtà non istituzionali più rappresentative, per monitorare l'utilizzo dello stage in Regione, focalizzare i settori maggiormente a rischio abuso, orientare le politiche regionali in questo senso.Infine, ogni firmatario si rende disponibile a:- promuovere iniziative, convegni, dibattiti sulla tematica dello stage e del lavoro per i giovani- rispondere e aggiornare regolarmente la Repubblica degli Stagisti rispetto al proprio operato nel raggiungimento degli obiettivi.COSA OFFRE IL PATTO PER LO STAGELa Repubblica degli Stagisti nella sua sezione «Patto per lo stage» offrirà visibilità a tutti quei candidati deputati/senatori e candidati governatori/consiglieri che avranno sottoscritto il documento, valorizzando il loro impegno.CHI HA IDEATO E PROMUOVE IL PATTO PER LO STAGELa testata giornalistica online Repubblica degli Stagisti e la sua direttrice, la giornalista Eleonora Voltolina.TRASPARENZAL'elenco dei sottoscrittori del Patto verrà pubblicato e costantemente aggiornato sul sito www.repubblicadeglistagisti.itPer informazioni e per sottoscrivere il patto scrivere a:direzione@repubblicadeglistagisti.itSpecificando il proprio nome e cognome, la Regione dove si è candidati e/o già eletti, il partito o lista civica di riferimento, e una breve dichiarazione sulle motivazioni dell'adesione

Tirocini in Lombardia, la nuova normativa non entrerà in vigore prima di aprile

La Regione Lombardia ha approvato il 17 gennaio la nuova normativa in materia di stage, ma essa non entrerà in vigore prima della metà di aprile. Il testo, i cui contenuti la Repubblica degli Stagisti era stata in grado di anticipare già a inizio dicembre, non ha subito modifiche durante l’iter di approvazione.La commissione competente, la IV, ha organizzato appena dopo l'Epifania una audizione delle parti sociali, invitando a parlare anche la Repubblica degli Stagisti accanto a sindacati e parti datoriali, ma poi non ha predisposto un parere e dunque la giunta, scaduti i termini previsti, ha proceduto approvando il testo senza cambiamenti.La principale novità a favore degli stagisti è senz’altro il piccolo innalzamento dell’indennità minima obbligatoria di partecipazione, che col nuovo testo passa da 400 a 500 euro al mese (attenzione: non nel caso di stage svolti all’interno della pubblica amministrazione, per il quale la soglia minima era e resta 300 euro mensili).Di converso, la principale novità a sfavore è l’allungamento della durata massima degli stage extracurriculari di formazione e orientamento (quelli svolti entro i 12 mesi dal conseguimento del titolo di studio), che passa da 6 a 12 mesi; fortunatamente controbilanciato  dalla innovazione, proposta dalla Cisl Lombardia ed entrata nel testo finale, di legare la durata massima ai valori EQF del Quadro regionale degli standard professionali.Eppure per ora e per le prossime settimane questi cambiamenti restano solo sulla carta. La delibera prevede infatti che «i presenti indirizzi entreranno in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione dei decreti dirigenziali, che definiranno gli standard di convenzione e progetto formativo». Ma dei decreti dirigenziali sul sito della Regione non vi è traccia.La Repubblica degli Stagisti ha allora chiesto notizie delle tempistiche di approvazione di questi decreti all’ufficio Comunicazione digitale e social media della Presidenza della Regione Lombardia, che ci ha indirizzati all’agenzia di stampa regionale, Lombardia Notizie. Questa fonte ha chiarito con tempestività che «gli uffici della Direzione generale Istruzione, formazione professionale e lavoro spiegano che i decreti dirigenziali verranno pubblicati nella prima decade di marzo». Dunque, facendo due calcoli, se i decreti verranno pubblicati tra il 1° e il 10 marzo, e poi dovranno passare 30 giorni per l’entrata in vigore, vuol dire che la nuova normativa non diventerà effettivamente operativa prima della metà di aprile.Per ora dunque tutto procede come prima: la normativa cui fare riferimento è quella vecchia, cioè la DGR X/825 del 25 ottobre 2013, entrata in vigore il 9 dicembre 2013.

Merito e politiche per la conciliazione vita-lavoro: in EY si lavora così

EY, colosso internazionale della consulenza di direzione – 250mila dipendenti in tutto il mondo, 5mila solo in Italia – lancia l'Alleanza per il lavoro del futuro, un nuovo progetto per contrastare la disoccupazione giovanile. In linea con la policy virtuosa applicata alle assunzioni di personale – l'azienda fa da anni parte del network della Repubblica degli Stagisti – l'obiettivo «è coinvolgere almeno 50 aziende per creare 100mila posti di lavoro nei prossimi cinque anni» spiega il comunicato, di cui 7.500 dentro EY. Ad essere coinvolte saranno non solo le pmi, che sono «la grande maggioranza delle imprese italiane» come ricorda l'ad Donato Iacovone, e che, a differenza delle grandi aziende che stanno già puntando sulle nuove generazioni, «hanno ancora molto margine per ampliare gli investimenti sul lavoro del futuro e ottenere così un vantaggio competitivo». I destinatari saranno anche università e scuole superiori. Occasione per parlare della nuova iniziativa è stata la convention aziendale dei giorni a scorsi all'Auditorium Parco della musica, a Roma, proprio nella sala dove si esibisce l'orchestra dell'Accademia Santa Cecilia. Un evento all'avanguardia, di quelli che si ricordano: audio da concerto, proiezioni di video, steady-cam a riprendere la scena e riproiettarla sul maxi schermo, i giornalisti tv Luca Telese e Barbara Carfagna a presentare i team aziendali che uno a uno si sono alternati sul palco. Il compito – di fronte a una platea foltissima, la sala era piena – quello di raccontare cosa fa l'azienda. Ed è lì che la 'virtuosità' passa dalle parole ai fatti. A colpire è infatti il gran numero di giovani e di donne. C'è per esempio il team marketing, al momento alle prese con Sky, di cui cura la parte digitale, partito con soli tre membri e poi moltiplicatosi negli anni grazie al successo dell'operazione. All'emittente tv EY ha rivoluzionato in questi anni la cosiddetta 'customer experience', risultato che probabilmente non sarebbe arrivato senza l'impiego di tanti giovani, e valorizzando per una volta il tanto decantato merito. Prova ne sia è Silvia, laureata in Ingegneria matematica che – studiando i big data e inventando un apposito algoritmo – ha realizzato un meccanismo che fa apparire sul decoder del cliente i suggerimenti dei film più indicati per lui. E ancora, il team dei formatori, che viaggia di continuo in tutto il mondo per formare i dipendenti dei clienti EY, e che mette insieme competenze di ogni tipo. Come quelle di Francesca, che non sognava di fare la consulente e che in passato si dedicava al teatro e al giornalismo. Adesso usa quelle skill per insegnare agli altri.E poi il giovane team legale, che cerca di evitare i fallimenti aziendali, trovando soluzioni di ristrutturazione del debito che garantiscano continuità. E il gruppo 'Tas', quello che gestisce dismissioni, acquisizioni e ristrutturazioni societarie e che negli ultimi anni ha rimodellato gli spazi retail di luoghi come la stazione Termini di Roma o quella di Tokyo. Alla guida c'è Katia, moglie e madre di due bambini, che spiega: «Si può fare, non ci sono particolari trucchi, basta scegliere un compagno che ti stimi anche per i tuoi successi professionali». Ma non guasta neppure un'azienda che favorisca il work life balance. Tra le politiche di welfare messe in atto da EY c'è infatti il 'Mamme@EY', policy maternità che garantisce alle professioniste un ampliamento delle tutele economiche, migliore conciliazione lavoro/vita privata e, allo stesso tempo, pari opportunità di crescita e carriera. Proprio per questo è stata insignita da questa testata nel 2017 dell'AwaRdS speciale Donne al lavoro, un premio attribuito da RdS insieme a Maam. Senza dimenticare il piano Welfare Innovativo attraverso cui EY premia in maniera periodica le abilità delle risorse attraverso alcuni benefits, con un sistema cosiddetto di 'pay for competencies'.Forte anche di un fatturato importante (quello italiano nel 2017 è stato di 640 milioni, in crescita del 10% rispetto all’anno precedente, quello mondiale di 31,4 miliardi di dollari), l'azienda ha assunto nell'anno appena chiuso 1.250 nuove leve suddivise tra neolaureati e professionisti con esperienza. Di queste 800 sono stati stage, di cui la maggior parte (95 per cento) trasformati in apprendistato, mentre 400 sono assunzioni a tempo indeterminato. E anche le modalità di recruiting stesse sono spesso innovative, come la Repubblica degli Stagisti ha avuto modo di raccontare già in passato. L'Alleanza per il lavoro del futuro parte insomma su buone basi. Ad aderire per ora sono in 21 aziende: tra loro Docomo Digital, GE Italia, Italiaonline, Luiss Business School, Microsoft, Nana Bianca, SAP, Spencer Stuart. Per definire le azioni concrete da mettere in campo per tirare fuori i 100mila nuovi posti di lavori c'è una data: il network si riunirà per la prima volta l’8 febbraio a Milano, per l'apertura ufficiale dei lavori.Ilaria Mariotti 

Oltre 350 posti per stagisti in ambasciata, come candidarsi al nuovo bando Maeci Crui

353 opportunità di vivere un’esperienza internazionale in ambasciate, consolati e istituti di cultura italiani in giro per il mondo: questo è quanto offre il nuovo bando Maeci-Crui, che mette a disposizione degli studenti tirocini curricolari trimestrali da svolgere nel periodo compreso il 2 maggio e il 2 agosto 2018. Per chi fosse interessato però, non c’è tempo da perdere: la scadenza per le candidature è fissata infatti alle 17 del 9 febbraio, ed è bene aver tutto chiaro per procedere senza troppe esitazioni all’invio della domanda.Il bando, proponendo tirocini curriculari, si rivolge esclusivamente a studenti universitari, e in particolare agli studenti iscritti ad una delle 49 università che hanno aderito alla convenzione (l’elenco si trova per comodità in fondo alla pagina), che non prevedano di laurearsi entro agosto 2018 e che siano iscritti a uno dei seguenti corsi di laurea: Giurisprudenza, Finanza, Relazioni internazionali, Scienze dell’economia, Scienze della politica, Scienze delle pubbliche amministrazioni, Scienze economiche per l’ambiente e la cultura, Scienze economico-aziendali, Scienze per la cooperazione allo sviluppo, Servizio sociale e politiche sociali, Sociologia e ricerca sociale, Studi europei. Differenti sono invece i corsi di laurea ammessi per la candidatura ai tirocini presso gli istituti italiani di cultura(l’elenco si trova sempre in fondo alla pagina), tra i quali figura anche la laurea in lingue, esclusa invece da quelle richieste per i tirocini in ambasciate. Questa esclusione, un po' paradossale e non prevista nella precedente versione di questo programma di tirocini – allora si chiamavano Mae-Crui ed erano gratuiti – deriva dal fatto che per l'accesso al concorso da diplomatici la laurea in Lingue non è valida.Per i partecipanti è previsto un rimborso spese forfettario «nella misura minima di 300 euro pagati dall’università di appartenenza», si legge sul bando, a cui si aggiunge in alcuni casi un alloggio gratuito messo a disposizione dalla sede all’estero ospitante. Bisogna però dire che, delle 203 sedi estere, solo sedici offrono l’alloggio agli stagisti: l’ambasciata italiana a Copenaghen, quella a Oslo, a Riga, ad Algeri, a Colombo in Sri Lanka, a Doha in Qatar, a Khartoum in Sudan, a Luanda in Angola, a Tbilisi in Georgia, a Teheran in Iran e a Tokyo; ma anche il consolato generale di Marsiglia e di Istanbul e gli istituti italiani di cultura di Addis Abeba in Etiopia, di Algeri e di Toronto. Restano dunque esclusi da questa opportunità di “alleggerimento spesa” tante altre mete dove non sarà certo facile per gli stagisti riuscire a mantenersi e trovare una stanza in affitto con 300 euro, come Stati Uniti e Australia.Forse è anche per questo che si è registrato negli ultimi anni un calo delle candidature: dalle 1774 ricevute per il bando di luglio 2015 sono diventate 900 per il bando di gennaio 2016, e un po' risalite - 1173 - in risposta al bando dell'ottobre 2017. E va considerato che le 1774 candidature pervenute nel 2015 erano per 82 posti (quindi 21,6 candidature per ogni posto disponibile), mentre le 1173 dello scorso ottobre rispondevano ad un bando di 348 posti: dunque solo 3,4 candidature per ogni posto disponibile! Il crollo può forse essere imputato anche al poco tempo a disposizione sia per candidarsi, sia – una volta passata la selezione – per accettare o rifiutare l'offerta di tirocinio? Può darsi; anche se, a onor del vero, esso è rimasto pressoché invariato rispetto agli anni precedenti.D’altronde è pur vero che il bando di luglio 2015 era il primo dopo due anni di stop, e questo può senz’altro aver inciso sul boom di candidature per più motivi: «Al primo bando dopo la “Fornero” le iscrizioni massive erano forse dovute alla poca familiarità con i requisiti» conferma alla Repubblica degli Stagisti Mario Santamaria, responsabile alla comunicazione Crui; «Nel 2015, delle 1774 candidature totali solo il 51% risultavano idonee, mentre oggi siamo al 64%. L’aumento degli idonei dimostra che ci si registra con più consapevolezza». Per coloro che, nonostante le poco allettanti condizioni economiche, vogliono comunque provarci, i requisiti sono: avere la cittadinanza italiana; non essere stati condannati o imputati in procedimenti penali; non essere destinatari di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione; avere acquisito almeno 60 crediti formativi universitari (cfu) nel caso di lauree specialistiche o magistrali e almeno 230 cfu nel caso di lauree magistrali a ciclo unico; avere una conoscenza certificata dell’inglese a livello B2 e, a titolo preferenziale, della eventuale seconda lingua straniera richiesta dalla sede di destinazione prescelta; avere riportato una media di almeno 27/30 e non avere un’età superiore ai 28 anni. Non possono invece candidarsi coloro che abbiano già svolto un tirocinio Maeci-Crui o che abbiano rinunciato in passato al posto offerto, mentre potranno ritentare i candidati selezionati per un subentro che avessero rinunciato al posto offerto. I tirocini partiranno il 2 maggio e avranno durata trimestrale, con la possibilità di concordare una proroga di un ulteriore mese. Per candidarsi, basta accedere all’applicativo online e inserire dati anagrafici, curriculum vitae personale e universitario e la candidatura vera e propria, che prevede un’autocertificazione della veridicità delle informazioni fornite, una lettera motivazionale di massimo 3mila caratteri e l’indicazione di due sedi di destinazione, di cui una all’interno del Gruppo 1 (ossia Paesi Ue, Norvegia, Principato di Monaco, Santa Sede, Svizzera e Usa) e una del Gruppo 2 (resto del mondo). Per aiutare nella scelta, dando un’occhiata ai paesi dove potrebbero profilarsi più chances per i tirocinanti di essere selezionati, Repubblica degli Stagisti ha chiesto alla Fondazione Crui i dati sulle candidature della tornata di ottobre. Analizzandoli si scopre che più richieste sono state le posizioni disponibili presso le sedi diplomatiche degli Stati Uniti (123 candidati), Canada (53), Francia (51) e Belgio (48). Per queste destinazioni, data la grande massa di competitor, calano dunque probabilmente le possibilità di essere scelti. Praticamente certi invece di essere selezionati, se in possesso di tutti i requisiti, sono stati coloro che hanno inviato la propria candidatura per le sedi di paesi come Bahrein, Cipro, Eritrea, Zambia o Turkmenistan, che hanno ricevuto addirittura una sola preferenza. Tornando al bando attuale: tutte le candidature pervenute entro la data di scadenza «saranno preselezionate dalle università di appartenenza, che verificheranno il possesso dei requisiti indicati». Le candidature idonee «verranno esaminate da una commissione congiunta Maeci-Miur-Fondazione Crui, che effettuerà la selezione dei tirocinanti da destinare alle sedi inserite nel bando». A selezione avvenuta gli atenei informeranno i vincitori, che avranno tempo tre giorni lavorativi per accettare o rifiutare l’offerta di tirocinio. I tirocinanti saranno «impegnati nella realizzazione di ricerche, studi, analisi ed elaborazione di dati utili all’approfondimento dei dossier trattati da ciascuna sede» spiegano sul bando, «ma potranno essere anche coinvolti nell’organizzazione di eventi e assistere il personale del Maeci nelle attività di proiezione esterna»; per questo sarà riconosciuto almeno 1 cfu «per ogni mese di attività effettiva», una “ricompensa” non particolarmente ghiotta ma pur sempre utile a tutti gli universitari. Non resta allora che augurare in bocca al lupo a tutti coloro che vorranno tentare!Giada Scotto Università aderenti- Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"  - Politecnico di Bari - Università degli Studi di Bergamo - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna  - Università degli Studi di Brescia  - Università degli Studi di Cagliari  - Università degli studi di Camerino - Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli" - Università degli Studi di Catania  - Università degli Studi "G. 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Benincasa - Univesità degli Studi "Suor Orsola Benincasa" - Università degli Studi di Padova  - Università degli Studi di Palermo  - Università degli Studi di Parma  - Università degli Studi di Pavia  - Università per Stranieri di Perugia  - Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"  - Università degli Studi di Pisa  - Scuola Normale Superiore Pisa  - Scuola Superiore "S.Anna" di Studi Universitari e di Perfezionamento Pisa  - Università degli Studi di Roma "La Sapienza"  - Link Campus University Roma  - Roma LUISS G. Carli  - Roma LUMSA  - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"  - Università degli Studi di Salerno  - Università degli Studi di Sassari  - Università degli Studi di Siena  - Università per Stranieri di Siena  - Università degli Studi di Teramo  - Università degli Studi di Torino  - Università degli Studi di Trento  - Università degli Studi di Trieste  - Università degli Studi di Udine  - Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"  - Università Ca' Foscari di Venezia  - Università degli Studi di Verona  Elenco classi di laurea ammissibili per candidature in istituti italiani di cultura:- LMG/01- Giurisprudenza  - LM-01 Antropologia culturale ed Etnologia  - LM-02 Archeologia  - LM-05 Archivistica e Biblioteconomia  - LM-10 Conservazione dei beni architettonici e ambientali  - LM-11 Conservazione e Restauro dei beni culturali  - LM-14 Filologia moderna  - LM-15 Filologia, Letterature e Storia dell’antichità  - LM-16 Finanza  - LM-19 Informazione e Sistemi editoriali  - LM-36 Lingue e letterature dell’Asia e dell’Africa  - LM-37 Lingue e letterature moderne europee e americane  - LM-38 Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale  - LM-39 Linguistica 3  - LM-43 Metodologie informatiche per le discipline umanistiche  - LM-45 Musicologia e beni culturali  - LM-49 Progettazione e gestione dei sistemi turistici  - LM-52 Relazioni internazionali  - LM-56 Scienze dell’economia  - LM-59 Scienze della comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità  - LM-62 Scienza della politica  - LM-63 Scienze delle pubbliche amministrazioni  - LM-64 Scienze delle religioni  - LM-65 Scienze dello spettacolo e produzione multimediale  - LM-76 Scienze economiche per l’ambiente e la cultura  - LM-77 Scienze economico-aziendali  - LM-78 Scienze filosofiche  - LM-81 Scienze per la cooperazione allo sviluppo  - LM-84 Scienze storiche  - LM-87 Servizio sociale e politiche sociali - LM-88 Sociologia e ricerca sociale  - LM-89 Storia dell’arte  - LM-90 Studi europei  - LM-91 Tecniche e metodi per la società dell’informazione  - LM-92 Teorie della comunicazione  - LM-94 Traduzione specialistica e interpretariato  - LMR/02 Conservazione e restauro dei beni culturali