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Sardegna, sindacati divisi sulla legge sugli stage in arrivo

«La Cgil smentisce le dichiarazioni dell’assessore regionale del Lavoro Mura che, nell’articolo pubblicato dalla testata online Repubblica degli Stagisti, cita in modo errato e fuorviante la posizione del sindacato piegandola fino a una inesistente condivisione di intenti». Così esordisce il comunicato della Cgil Sardegna uscito in risposta alla pubblicazione dell’articolo di Repubblica degli Stagisti con l'intervista all’assessora al Lavoro Virginia Mura in occasione dell’imminente approvazione della nuova normativa regionale sui tirocini extracurriculari (l'approvazione da parte della giunta non è ancora stata calendarizzata, poiché è vincolata all'adeguamento del sistema informatico ai contenuti della nuova legge, attualmente in corso). Il comunicato chiarisce la posizione del sindacato sui contenuti della legge e condanna i tirocini in Sardegna come una «forma di sfruttamento», promossa attraverso l’utilizzo degli argomenti della debolezza del sistema economico e sociale regionale come «un alibi per favorire comportamenti disinvolti delle aziende».«La Cgil non ha mai condiviso la possibilità che venissero utilizzati i tirocini per determinate mansioni e, anzi, ha criticato fortemente anche la durata e il compenso previsti dalla Regione, ovvero dodici mesi di lavoro retribuito con 400 euro mensili» si legge ancora nel comunicato. Ribattendo così a quanto dichiarato dall’assessora Mura, che invece sosteneva di aver delineato i contenuti della legge in accordo con i sindacati e tutte le parti coinvolte.«L’assessore le parti sociali non le ha sentite, si è limitata a presentare un disegno di delibera in sede dicommissione Lavoro, un organismo che non è rappresentativo nemmeno di tutte le parti, per di più riformato di recente per garantire “maggiore snellezza”» conferma alla Repubblica degli Stagisti Michele Carrus, segretario generale della Cgil sarda. «C’è un atteggiamento consueto, che abbiamo criticato, di portare avanti interventi che riguardano le politiche del lavoro senza il confronto con chi il lavoro lo rappresenta. In diverse occasioni le parti sociali non sono state nemmeno audite: sono refrattari a parlare con noi tutte le volte che si devono affrontare i temi del lavoro».La Cgil sottolinea di essersi espressa contro la proposta sui tirocini formulata dalla Regione, prima a dicembre, nel corso della riunione in assessorato del Lavoro, e poi attraverso un comunicato stampa, per chiedere che fosse modificata prima dell’approvazione. In particolare, il sindacato auspicava un limite di sei mesi di durata massima per i tirocini e l’aumento dell’indennità mensile a 800 euro. Nessuna di queste richieste è stata però accolta nella formulazione del testo preliminare della normativa.«Del tirocinio si è fatto un abuso eccessivo negli ultimi anni, fino a snaturarlo nelle finalità e significato. Il tirocinio è un’esperienza di messa a frutto di competenze e di formazione, non di lavoro», prosegue Carrus. «Quando si è acquisito come strumento di politica attiva è stato in un momento difficilissimo a livello nazionale e anche regionale per quanto riguarda la Sardegna. Era uno strumento che avrebbe dovuto essere accompagnato da politiche formative al fine di favorire la ricerca di nuova occupazione, ma chissà perché è accaduto che di questa misura ci si innamorasse, e quindi è diventata uno strumento non per affinare competenze, ma con cui creare una condizione di primo impiego delle persone. Il contratto di apprendistato esiste» dice ancora il segretario regionale, «che bisogno c’è di snaturare fino a questo punto uno strumento che ha una sua finalità e strutturazione, target e dimensione applicativa specifica, per trasformarlo in uno strumento di politica attiva del lavoro, per di più quando esiste una montagna di incentivi per favorire il reclutamento di personale delle aziende?».Carrus ricorda che, con la recente approvazione del piano straordinario per il lavoro in Sardegna, la Regione erogherà 3mila euro per le imprese che assumono persone a termine (4mila per il tempo indeterminato): sommati agli incentivi riservati agli under 35, «un’azienda che assume un giovane in Sardegna può ricevere fino a 12mila euro all’anno».Insomma, non sembrerebbero esserci scusanti per non dare un compenso dignitoso ai tirocinanti da parte delle aziende: «Si è superato ogni limite, tanto più che la disciplina è stata affidata alle regioni per migliorare le linee guida nazionali. Noi abbiamo preso a riferimento la regione Lazio, proprio per cercare di dare dignità ad una forma di sviluppo di un potenziale impiego», continua Carrus. «I divari con il Lazio non sono così enormi, il problema sta nella valenza dello strumento e nelle finalità che si intendono perseguire con esso. Siamo di fronte alla ricerca di un alibi: dire che siamo in una situazione di disagio è una scusa per fare un reclamo alle imprese, e questo viene fatto sulla pelle dei giovani. Mi chiedo con quale logica. Cosa fa ritenere a queste persone che chi non trova un impiego debba essere più disponibile a farsi schiavizzare in maniera così estrema? Per di più con il plauso delle imprese?».Insomma, per la Cgil la nuova legge così com’è formulata non dà alcuna garanzia ai tirocinanti e andrebbe rifatta da zero. Il fronte sindacale, però, non è compatto nelle sue rivendicazioni. «Io ritengo che la legge tutto sommato sia ben scritta, ma i controlli hanno un’importanza centrale e occorre assicurarsi che funzionino bene, altrimenti si sfocia nell’abuso» dice infatti Gavino Carta, segretario generale della Cisl Sardegna, alla Repubblica degli Stagisti. Il vincolo fondamentale, per la Cisl, è che l’attivazione dei tirocini dovrebbe essere vincolata alla presenza in azienda di almeno un dipendente a tempo indeterminato, mentre la normativa in via di approvazione consente l’avvio del tirocinio anche se il soggetto ospitante conta solo dipendenti a tempo determinato. «Il tema dei tirocini attivati fuori da una struttura con almeno un dipendente ci lascia perplessi; quella dovrebbe essere la prima condizione e l’eventualità che non ce ne siano ci espone a una pratica fuori dalla logica» puntualizza Carta. Per il resto, però, la Cisl sostiene le condizioni introdotte con la normativa in arrivo (12 mesi di durata massima e 400 euro di rimborso spese). In particolare, riguardo alla proposta della Cgil di introdurre un rimborso minimo di 800 euro il segretario Cisl risponde: «C’è da auspicare che la norma possa prevedere contributi più alti per il tirocinio, ma individuarla sugli 800 euro significa rendere poco appetibile il tirocinio da un punto di vista aziendale, perché si collocherebbe al livello dei contratti part time, perdendo la sua finalità. Un rimborso di 800 euro è di fatto un rapporto di lavoro che viene simulato come un tirocinio, e il rischio è di surrogare lavoro mentre le finalità del tirocinio sono altre e sono legate alla formazione».Riguardo al termine di durata di 12 mesi, invece, secondo Carta si dovrebbe introdurre una gradualità: «mi sembra del tutto fuori luogo che si possa assimilare una mansione più impegnativa in soli 6 mesi, mentre invece per le mansioni più semplici da apprendere è opportuno un periodo di tirocinio più breve». In sostanza, la Cisl non chiude sulla possibilità di offrire tirocini come camerieri, addetti alle pulizie o simili ormai presenti da così tanti anni in Sardegna, ma raccomanderebbe invece una durata inferiore per le mansioni di più basso livello. Come del resto è avvenuto in alcune Regioni, per esempio la Lombardia. «È svilente immaginare un’attivazione di tirocini formativi che sia votata alle basse professionalità» argomenta Carta: «L’elemento formazione è centrale; il tirocinio deve servire ad elevare le competenze e allinearle a quello di cui l’azienda ha bisogno». E aggiunge: «Non bisogna dimenticare nessuno, ma è evidente che il tirocinio diventa ancora più decisivo quanto più è alto il livello di professionalità». In altre parole, è ovvio che il tirocinio è più utile per mansioni più alte, ma va bene mantenerlo anche per mansioni basse; l’importante è che non sia corrisposto da un rimborso spese troppo sostanzioso, altrimenti maschera un lavoro e quindi rappresenta un abuso. Si potrebbe aver qualcosa da ridire sull’idea che un abuso possa derivare dall’ammontare del rimborso spese piuttosto che dal tipo di mansione svolta dal tirocinante, ma tant’è. Sull’ipotesi di introdurre una lista di mansioni e di competenze incompatibili con il tirocinio, come suggerito dai ragazzi della rete “Cambiamo le regole sui tirocini - Sardegna”, il segretario Cisl risponde: «la nostra idea di incontro tra domanda e offerta è che debba essere governata dal sistema di competenze, che diventa centrale e che deve essere implementato con i bisogni formativi. Tutto dipende dall’efficacia dei meccanismi di controllo nel verificare che gli obiettivi del tirocinio siano soddisfatti e che i tirocini non sfocino in abusi».E la Uil? Non pervenuta, purtroppo: la sede sarda in una settimana non ha mai risposto alle e-mail né alle telefonate della Repubblica degli Stagisti. Non sembra insomma che i tirocinanti sardi possano aspettarsi un miglioramento delle proprie condizioni, almeno nel breve periodo. Difficilmente la normativa in arrivo verrà modificata prima dell’approvazione definitiva della giunta regionale. «Noi cercheremo di essere di supporto per verificare le situazioni di abuso e porteremo avanti le azioni di contrasto nelle sedi opportune, nell’ispettorato del lavoro e poi nei tribunali» conclude il segretario della Cgil. «Siamo di fronte ad un disegno che è contro il lavoro, contro i giovani. Ciascuno poi dovrà assumersi le sue responsabilità».Irene Dominioni  

35 tirocini in istituzioni UE a più di mille euro al mese, le candidature sono aperte fino a fine marzo

Sono tre le istituzioni europee da tenere in questi giorni sotto controllo per le opportunità di stage. Parliamo innanzi tutto del Comitato europeo delle regioni, l'organo di Bruxelles «creato nel 1994 quale assemblea dei rappresentanti regionali e locali dell'Unione europea» e composto da 350 membri: «Presidenti di regione, sindaci, oppure rappresentanti eletti di regioni e città provenienti dai  28 Stati membri dell'Ue». Sono 23 le posizioni aperte per candidarsi al nuovo bando di tirocini, in scadenza sabato 31 marzo. La sessione è quella autunnale, e gli stage si terranno da metà settembre 2018 a metà febbraio 2019 (c'è anche una tornata primaverile, le cui application aprono il primo aprile). Il rimborso di solito è pari a 1080 euro mensili, corrispondenti al 25% del salario di un funzionario di livello AD5, ma non è escluso che il calcolo possa avvenire sulla base di diversi indicatori: «Solo in determinate circostanze, e su decisione del direttore delle Risorse umane» specifica però il regolamento. La decisione andrebbe comunque comunicata primo dell'inizio dello stage. In più sono assicurati rimborsi aggiuntivi in caso di persone disabili, sposate o con figli, mentre è previsto un taglio dell'indennità in caso siano presenti altre forme di remunerazione del tirocinante. In aggiunta ci sono le spese di viaggio, rimborsate solo se si completano almeno tre mesi di tirocinio. Quali sono invece i requisiti per partecipare? La nazionalità di un Paese europeo, una laurea almeno triennale, e la conoscenza europea insieme a quella di una seconda lingua – tra queste necessariamente o il francese o l'inglese. Escluse invece le domande di chi abbia avuto incarichi di otto settimane presso un'altra istituzione europea, a qualunque titolo. Le candidature si spediscono online, in inglese, francese o tedesco, e devono includere una lettera motivazionale. Si verrà contattati per mail solo in caso di esito positivo. E trattandosi di un organo di rappresentanza i dipartimenti potenziali a cui essere assegnati sono tra i più disparati. «Si possono esprimere tre preferenze» in base alla presentazione della struttura dell'agenzia, ma la scelta finale spetta ai selezionatori. E attenzione, perché le domande sono ogni volta moltissime: «3.156 e 2.305 per le ultime due sessioni» fa sapere Marlene Lieske dell'ufficio tirocini. «Quelle degli italiani sono state rispettivamente 962 e 830». Un po' in calo anche rispetto al passato (superavano il migliaio nel 2016), pur mantenendosi di gran lunga in testa a quelle di altre nazionalità, le numerosissime candidature di italiani confermano la solita spasmodica ricerca di opportunità all'estero da parte dei nostri giovani. Una plausibile spiegazione di questa riduzione di richieste potrebbe trovarsi in un rimborso spese meno sostanzioso rispetto a altre istituzioni Ue invece più generose, e per cui i giovani opterebbero. Prova ne sia il caso del Mediatore europeo, 'Ombudsman', organo che si occupa delle denunce contro le istituzioni e gli organi dell'Unione  europea, e che ha a sua volta un bando aperto per circa una decina di tirocinanti, a cui si offre una borsa di circa 1250 euro, pari allo stipendio base di un dipendente di livello AD6 (oltre alle spese di viaggio, coperte anche in questo caso). Qui «Le regole sono cambiate dal 2017, quando è stata introdotta un'unica tornata annuale di tirocini e le richieste da cartacee sono diventate elettroniche» chiarisce alla Repubblica degli Stagisti Alessandro Del Bon, capo delle Risorse Umane. E così le domande sono molto aumentate, «da 400 a circa 700», per un totale di 171 provenienti dall'Italia. «Dal 2006 sono la nazionalità più rappresentata» prosegue Del Bon, «piazzandosi tra il 25 e il 35% di tutte le application». I posti qui sono solo 9, «potendo diventare dieci o undici se qualcuno rinuncia perché ha trovato lavoro o deve magari proseguire con gli studi». Ipotesi non molto remota poiché all'Ombudsman lo stage inizia con quattro mesi prorogabili fino a un massimo di un anno. Le sedi disponibili sono due: Strasburgo e Bruxelles. I requisiti per partecipare si ripetono: nazionalità Ue, laurea almeno triennale in Giurisprudenza, Scienze politiche o Informatica, conoscenza di due lingue parlate nella Ue. Ci si candida – anche in questo caso entro sabato 31 marzo – spedendo l'application form qui per un tirocinio che partirebbe i primi di gennaio 2019. Va allegata documentazione cartacea e se per i semifinalisti c'è la richiesta di un testo scritto, per i finalisti è prevista un'intervista telefonica. Il limite per la comunicazione dell'esito da parte dei selezionatori è il 30 giugno. Anche un'altra agenzia europea è a caccia di qualche stagista da inserire in organico. È il caso dell'Esma (European Securities and Markets Authority), authority Ue con sede a Parigi per la sicurezza del sistema finanziario europeo. Tre le call aperte al momento, per tre tirocinanti nei settori legale, finanza e per un profilo trasversale. L'impegno è di sei mesi, prorogabile di altri sei. Non ci sono deadline specifiche per l'invio, quindi le candidature valgono sempre. L'indennità è particolarmente sostanziosa: 1.620 euro per i laureati, 1.080 per chi ancora deve conseguire il titolo. E moltissime sono infatti le application pervenute: «516 nel 2017» fa sapere Gergely Javor del dipartimento HR: «Quelle degli italiani sono 200 e i tirocinanti presi in totale 26». Cioè quasi il 40% di tutte le candidature... Arrivano da italiani. Al momento, per le attuali vacancies, sono 36 gli italiani che si sono fatti avanti su un totale di 85 candidati. I requisiti sono i soliti: laurea, buon inglese, conoscenze informatiche. Saranno preferiti quei candidati che per ogni profilo abbiano anche una specializzazione attinente, come per esempio una laurea in Giurisprudenza nel caso del profilo legale. E ancora una volta la application si manda online, unita a un curriculum in formato Europass e a una lettera motivazionale. Ilaria Mariotti

Banca d’Italia offre stage da 1000 euro al mese a neolaureati, ecco come candidarsi

Un tirocinio che prevede un cospicuo rimborso spese è sempre apprezzato; se in più è un’istituzione importante come la Banca d’Italia a offrirlo, è a maggior ragione ambìto. Quelli offerti nelle varie sedi del primo ente finanziario italiano sono stage della durata di 3 o 6 mesi e un compenso mensile di 1000 euro: in questo periodo sono 14 le posizioni aperte in giro per l’Italia. Nello specifico, i bandi della Banca d’Italia si rivolgono a neolaureati entro i 28 anni di lauree magistrali o specialistiche in facoltà economiche e statistiche oppure in Legge. Tra i requisiti fondamentali occorre aver ottenuto il titolo con un punteggio non inferiore a 105/110 e non essere percettori di alcun altro compenso (comprese le borse di studio e gli assegni di dottorato). Le posizioni di stage coprono unità, divisioni e sedi diverse, ma la regola di fondo è sempre la stessa: ai bandi possono partecipare i laureati delle università partner sul territorio della regione dove viene offerto il tirocinio, ed è a queste che bisogna inviare la propria candidatura. Gli atenei si occupano infatti di fare una scrematura preliminare tra i candidati, sottoponendo poi i nominativi alla Banca d’Italia per la selezione (che avviene attraverso colloqui volti a sondare motivazione e competenze). In particolare, tra gli elementi a cui la Commissione guarda di più, oltre all’andamento del colloquio stesso, vi sono la rilevanza dell’argomento della tesi di laurea rispetto agli obiettivi del tirocinio, le eventuali pubblicazioni, come tesine ed articoli, e le conoscenze acquisite in esami specifici o in altri esami del piano di studi.Nel 2017 sono stati attivati complessivamente 117 tirocini di durata fra i 3 e i 6 mesi, presso le segreterie tecniche dell'Arbitro bancario e finanziario (sette in tutto fra Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Bari e Palermo), presso alcune delle Unità di analisi e ricerca economica territoriale (nelle filiali di Torino, Milano, Venezia, Trento, Bolzano, Bologna, Firenze, Napoli e Bari), e tre strutture dell’Amministrazione centrale (Dipartimento informatica, Servizio immobili e Servizio banconote), coinvolgendo una trentina di università. Le lauree di provenienza dei tirocinanti dell’anno scorso, specificano alla Repubblica degli Stagisti dalla Divisione stampa e relazioni esterne della Banca, sono state quelle di Giurisprudenza, Economia politica, Economia aziendale, Ingegneria, Informatica, Statistica e Architettura. Ecco i bandi per cui è possibile fare domanda al momento: a Roma 2 tirocini al Servizio Appalti, con scadenza 23 marzo; aTorino 5 posti nella Segreteria tecnica dell’Arbitro bancario finanziario (deadline 31 marzo); a Palermo un posto disponibile nell’Unità di analisi e ricerca economica territoriale (anche questo in scadenza il 31 marzo); a Bologna 5 posti presso la Segreteria tecnica dell’Arbitro bancario finanziario, con scadenza 10 aprile, più un altro presso l’Unità di analisi e ricerca economica territoriale (deadline 23 aprile).Per candidarsi ai bandi la procedura è standard: occorre consegnare la domanda di ammissione compilata, più in allegato il CV, un abstract della tesi di laurea non più lungo di 350 parole e la copia di un documento di riconoscimento valido. I documenti vanno inviati entro le scadenze alla propria università di riferimento e secondo le modalità indicate (queste variano tra gli atenei; di solito si può consegnare per posta tradizionale o con raccomandata, per posta elettronica certificata o a mano). Per poter svolgere il tirocinio al Servizio Appalti (che partirà indicativamente ad aprile 2018) occorre essersi laureati dopo il 1 maggio 2017 nelle facoltà di Giurisprudenza, Economia aziendale o Scienze delle amministrazioni e delle politiche pubbliche e avere conoscenze giuridiche in materia di procurement pubblico (in particolare diritto amministrativo, diritto civile e diritto commerciale), oltre alla normativa specifica in materia di appalti. Durante lo stage, si legge nel bando, il tirocinante parteciperà allo svolgimento delle procedure pubbliche di selezione, dalla progettazione alla stipula del contratto, seguendo tutte le fasi intermedie della procedura, e acquisirà competenze nella redazione di bandi, disciplinari e verbali, nell’elaborazione di criteri di valutazione nelle gare, nella conduzione della valutazione di congruità delle offerte e nell’elaborazione di documenti di analisi e di approfondimento giuridico. Lo stage presso la Segreteria tecnica dell’Arbitro bancario finanziario, invece, è riservato ai laureati in Giurisprudenza e prevede una durata di 6 mesi a partire da maggio 2018 per la sede di Torino, da giugno per quella di Bologna. Per poter prendere parte alla selezione di Torino i candidati devono essersi laureati dopo il 28 maggio 2017, mentre per la sede di Bologna il titolo deve essere stato conseguito dopo il 30 giugno 2017 (in questo caso inoltre i candidati non devono avere più di 27 anni). I tirocinanti verranno coinvolti in attività che spaziano dalla verifica preliminare della regolarità dei ricorsi e istruttoria delle controversie all’analisi della normativa, della giurisprudenza e della dottrina sulla materia; l’elaborazione di documenti di sintesi delle decisioni dei collegi; la classificazione e la catalogazione informatica dei ricorsi e delle decisioni e la collaborazione al progetto di classificazione e definizione delle massime delle decisioni dei collegi dell’ABF. I tirocini nelle Unità di analisi e ricerca economica territoriale, poi, richiedono tra gli altri requisiti l’aver sostenuto durante il corso dei propri studi un esame di statistica e uno di econometria (a Bologna, in più, si richiede di essersi laureati dopo il 30 settembre 2017). L’inizio del tirocinio è previsto per settembre 2018 a Palermo (ottobre nel caso della sede di Bologna) e la durata sarà di 3 mesi più 3. Nello specifico, il percorso in Banca d’Italia comprenderà attività di raccolta e organizzazione documentale e di costruzione e descrizione statistico-econometrica della base dati costruita su specifiche caratteristiche dell’economia locale (settori, territori, aggregazioni di imprese, attività delle amministrazioni locali etc.) e la redazione di un saggio scritto finale, per consentire la fruibilità della base dati costruita. Tra le informazioni comuni a tutti i bandi, il tirocinio in Banca d’Italia si svolge tutti i giorni dal lunedì al venerdì, con un orario da concordare con il tutor ma comunque non inferiore alle sei ore al giorno. In più, tutti i tirocinanti possono usufruire gratuitamente della mensa della sede dove svolgono lo stage.L’opportunità, insomma, è ghiotta, ma bisogna ricordare che gli stage della Banca d’Italia non possono tradursi in un contratto di lavoro: per poter essere assunti, come in tutte le istituzioni statali, bisogna passare dai concorsi pubblici. E purtroppo gli stage non regalano qualche punto in più nemmeno in questo caso). Irene Dominioni

Sardegna: è in arrivo la normativa sugli stage, ma col rischio “tirocinio-mania”

La Sardegna è in dirittura d’arrivo per quanto riguarda il recepimento delle linee guida emesse dalla conferenza Stato-Regioni a maggio 2017. È già stato diffuso un testo preliminare della normativa, che secondo la legge regionale 9/2016 è passato al vaglio della Commissione lavoro e a breve sarà approvato dalla giunta regionale. «Il motivo per cui non abbiamo avuto fretta è che i cambiamenti disciplinari impongono una modifica del sistema informatico, a cui stiamo provvedendo. Contiamo di avere la nuova disciplina in vigore per i prossimi tirocini» specifica Virginia Mura, assessore regionale al Lavoro, intervistata dalla Repubblica degli Stagisti. Nel complesso, i contenuti della normativa sarda non si discostano granché dalle linee guida nazionali. Si evidenzia qualche nota negativa: se il rimborso spese minimo viene confermato a 400 euro mensili, come prevedeva la vecchia normativa, d’altra parte viene aumentato il limite massimo di durata a 12 mesi sia per i tirocini di formazione e di orientamento sia per quelli di inserimento e reinserimento (mentre nella disciplina precedente il limite per gli stage di formazione era di 6 mesi). Inoltre, d'ora in poi la Regione Sardegna consentirà alle aziende di inserire tirocinanti anche in assenza di dipendenti a tempo indeterminato: «su questo fronte abbiamo formalizzato la richiesta del tessuto produttivo», dichiara Mura. Per il resto, le disposizioni contenute nella nuova normativa sarda ricalcano le linee guida emesse a maggio 2017, dalle modalità di attuazione agli obblighi dei soggetti coinvolti, il tutoraggio, l’attestazione dell’attività svolta e la disciplina sanzionatoria. Qualcuno, però, non è soddisfatto del lavoro della giunta. In particolare i ragazzi della rete “Cambiamo le regole sui tirocini - Sardegna”, un gruppo nato dall’idea di una decina di giovani, tra stagisti e non, proprio in previsione dell’approvazione della nuova normativa. «Il tirocinio oggi si palesa come un ricatto vero e proprio in cui siamo chiamati a scegliere tra disoccupazione e lavoro sottopagato: è una situazione che non siamo più disposti ad accettare e per la quale chiediamo degli interventi immediati» si legge sulla pagina Facebook che hanno creato e che a partire da dicembre ha collezionato diverse centinaia di like. Hanno iniziato scrivendo una lettera aperta all’amministrazione regionale, in cui chiedevano una distinzione netta tra le tre tipologie di tirocinio, una durata massima di tirocinio di 6 mesi, 800 euro mensili di rimborso spese, controlli-filtro sulle offerte e in generale un monitoraggio più efficiente. I loro appelli non sono però stati ascoltati. «Tutti hanno fatto muro di gomma, non siamo minimamente stati presi in considerazione» racconta alla Repubblica degli Stagisti Marco Contu, 24enne tra i fondatori della rete, studente universitario ed ex stagista. Soltanto il consigliere Angelo Carta del Partito sardo d'azione, formazione di centrodestra, ha accolto le istanze del gruppo promettendo di portarle in Commissione regionale. «In Sardegna c’è una tirocinio-mania, dove lo stage viene usato per tutto» puntualizza il giovane. «Quello che ci preme di più è sicuramente il divieto di attivare tirocini per lavori a bassa specializzazione».La Sardegna, infatti, negli ultimi anni è salita agli onori della cronaca soprattutto per l’utilizzo di tirocini anche per mansioni considerate troppo semplici rispetto agli scopi dello strumento, di fatto legittimando situazioni di sfruttamento (la Repubblica degli Stagisti ne ha parlato più volte negli anni). Sul portale Sardegna Lavoro, infatti, sono frequenti i casi di offerte di questo tipo, dagli stage come baristi, camerieri, commessi, e persino braccianti agricoli e addetti alle pulizie. Mestieri, insomma, dove sarebbe sufficiente un periodo di prova prima di essere assunti, invece che un tirocinio da 6 o anche 12 mesi. La nuova normativa in arrivo, però, non interviene per aggiustare la situazione, peraltro ignorando la richiesta dei giovani della rete sarda di introdurre una lista di attività lavorative e di mansioni incompatibili a priori con lo strumento del tirocinio, così da risolvere a monte la questione e limitare gli abusi.A queste istanze, l’assessora risponde: «I nostri centri per l’impiego sono molto efficaci nel fare il matching tra azienda e tirocinante; il controllo a monte viene fatto nel senso che ci si assicura che l’ingegnere non vada a fare il tirocinio da bagnino». Eppure le posizioni di tirocinio per mansioni di basso profilo, come aiuto cuoco e cameriere, abbondano sul portale sardo per gli stage. «Il ragazzo che vuole fare lo stage di cameriere o di cuoco, che è vittima della dispersione scolastica e magari ha solo la terza media, va orientato» replica l'assessora: «Se un ragazzo non ha competenze e per lui non esiste nessuna opportunità, se ha l’occasione di fare un tirocinio noi la consideriamo comunque una porta di ingresso nel mondo del lavoro. Se uno ha una qualifica per quella specifica mansione, come per il cuoco, allora non ha senso che faccia un tirocinio, ma se uno non ha competenze è un’opportunità per lui». E aggiunge: «In un mondo ideale è meglio che venga assunto direttamente a tempo indeterminato, ma nel mondo del lavoro sardo, dove conosciamo le difficoltà e l’alto tasso di disoccupazione, nessuno viene assunto direttamente». Il tasso di disoccupazione in Sardegna è pari al 14,6%, contro un 11,2% nazionale; in particolare la disoccupazione giovanile arriva al 56,3% tra i 15 e i 24 anni, 21 punti sopra la media nazionale (35,2%). Ma questo basta a giustificare gli stage per mansioni molto semplici? «Noi non possiamo dire di escludere il cameriere dal tirocinio perché è una mansione bassa, escludiamo il laureato dalla possibilità di fare tirocinio come cameriere» risponde Mura. Peccato però che nella normativa regionale non sia presente un esplicito divieto che il laureato vada a fare un tirocinio per mansioni basse, ma viene solo riportato che «Il tirocinio non può essere utilizzato per tipologie di attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo». Prosegue comunque Mura: «Non solo io, ma tutta la giunta e tutti quanti, compresa la CGIL, abbiamo condiviso l’esigenza di non eliminare dalla nostra realtà anche dei tirocini che escludessero i ragazzi che non hanno altre alternative. Il grosso delle trasformazioni da tirocinio a contratto avviene proprio nel settore della ristorazione, perché è trainante». Secondo i dati di Unioncamere-Excelsior, a gennaio 2018 il 26% dei lavori in entrata in Sardegna (cioè quelli che le imprese cercano di più) è nelle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, e in particolare il 51,9% dei lavori in entrata previsti nel settore della ristorazione (cuochi e camerieri) occuperà persone fino ai 29 anni. Il 33,6% dei tirocinanti sardi nel 2016 sono stati assunti dopo lo stage, ma non è dato di sapere quale sia la percentuale di conversione dei tirocini per queste professioni. Insomma, se si è disperati, pur di mettere un piede nel mondo del lavoro va bene qualsiasi inquadramento: anche un semplice stage. Non sarebbe meglio intervenire in modo diverso per dare a questi ragazzi un’opportunità seria dal punto di vista contrattuale, piuttosto che lasciarli in balia di datori di lavoro che magari hanno tutto l’interesse a pagarli poco? In più, sul totale dei tirocini in Sardegna, quasi 5300 secondo il Rapporto sulle comunicazioni obbligatorie, l’assessora ne riporta più di 4mila finanziati direttamente dalla Regione - a fronte di un contributo regionale di 300 euro per il rimborso spese, l’azienda deve sborsare solo 150 euro: una misura che rischia di favorire ancora di più le situazioni di sfruttamento. Nonostante questo, l’assessora difende la normativa appena scritta, riportando come la giunta abbia introdotto un limite orario per i tirocinanti dell’80% dell’orario previsto dal contratto collettivo, il divieto di usare i tirocinanti per sostituire il personale in occasione di scioperi e redatto un protocollo di intesa con l’ispettorato del lavoro interregionale per effettuare delle verifiche sui tirocini. Le istanze dei giovani della rete non rappresentano un problema per l’amministrazione regionale: «La risposta alla rete di tirocinanti è stata data dal fatto che abbiamo dato ampia pubblicità alle misure dicendo quali erano i criteri e perché; è inutile che si lamentino di cose che non sono riconoscibili dalla Regione» dice l’assessora, riferendosi in particolare all’appello dei tirocinanti di riconoscere il periodo di tirocinio ai fini dei contributi previdenziali figurativi (un’istanza che potrebbe essere risolta solo a livello nazionale). Specifica ancora Mura: «Le richieste accoglibili sono state accolte, mentre quelle non accoglibili, per forza di cose, sono state lasciate da parte. Questi giovani chiedevano ad esempio 800 euro di rimborso minimo, come in Lazio. Loro hanno messo questo rimborso spese totalmente a carico dell’impresa, ma la situazione del Lazio è molto diversa dalla nostra, loro sono una regione più ricca, per noi invece sarebbe impossibile farlo». L’assessora apre soltanto sulla questione dei pagamenti in ritardo: «su quello i ragazzi hanno ragione, i tirocini attivati con Garanzia Giovani li doveva pagare l’Inps, ma hanno accumulato ritardi. Io sono intervenuta presso l’Anpal nazionale, e adesso la situazione si è calmata. I rimborsi spese che paga la Regione invece vengono corrisposti puntualmente». Mura ricorda che la Sardegna ha appena lanciato un piano per il lavoro da 128 milioni chiamato LavoRas, il quale «prevede incentivi per i datori di lavoro che hanno tirocinanti, per stimolarli a dare lavoro, e anche per il tempo determinato». Nello specifico, LavoRas comprende, tra le altre misure, degli incentivi all'occupazione che consentono alle imprese sarde di ricevere un finanziamento fino a 4mila euro all'anno per ogni assunto a tempo  indeterminato, 3mila nel caso di contratti a tempo determinato della durata minima di 12 mesi. Dei 34 milioni specificamente destinati a questo intervento, 22 sono riservati all'assunzione di disoccupati di massimo 35 anni, con un 25% di fondi destinato alle aziende che assumono a seguito di un tirocinio. Insieme agli incentivi occupazionali, poi, è previsto un assegno formativo che punta a colmare i vuoti di competenze nei settori dell'innovazione e digitale per gli under 35. Ma qui si rischia di andare fuori tema. Tornando alla normativa regionale in fieri sugli stage, Contu non nutre grandi speranze su possibili modifiche prima dell’approvazione finale: «Se non c’è mai stato nessun interesse nemmeno a confrontarsi, io dubito che possano esserci dei miglioramenti in itinere. Mi aspetto però che possa crescere un senso critico e un’opposizione diretta da parte dei tirocinanti. Qui in Sardegna è difficile creare aggregazione tra i giovani e quindi una certa “solidarietà di classe”, perché i centri abitati sono distanti gli uni dagli altri e le esperienze di tirocinio diversissime; spero però che la rete possa rendere tutti più consapevoli e coesi sul tema dello stage». I giovani si erano ripromessi, se le loro richieste non fossero state accolte, di creare una piattaforma sviluppata ad hoc per tutelarsi, una sorta di Tripadvisor dei tirocini, dove poter recensire le aziende e denunciare i casi di abuso, sulla falsariga di piattaforme già presenti all’estero e anche in Italia, come BeProved. Chissà che un esperimento del genere non riesca a vedere presto la luce in Sardegna, consentendo ai tirocinanti di darsi una mano l’un l’altro.Irene Dominioni

Come procede Garanzia Giovani? Ecco un aggiornamento regione per regione

Riparte Garanzia giovani, il programma governativo che promuove l'occupazione giovanile. Conclusasi la prima fase il 28 aprile scorso dopo l'esaurimento dei fondi a disposizione, lo stanziamento è stato poi rimpiguato per il triennio 2017-2020 con un altro miliardo e 270 milioni di euro (un po' meno della precedente dotazione, pari a 1,5 miliardi), provenienti in gran parte dal Fondo sociale europeo: un miliardo per l'esattezza, mentre i restanti 265 milioni consistono nel co-finanziamento di origine nazionale. Tanti soldi insomma, con risultati però non troppo entusiasmanti, illustrati nei giorni scorsi a una conferenza al ministero del Lavoro. Su un milione e oltre duecentomila registrati al programma, i giovani presi in carico sono 982mila. Mentre quelli a cui è stata garantita una misura di reale occupazione sono davvero pochi: 143mila le assunzioni ottenute grazie agli incentivi messi in campo dal programma (nella maggior parte dei casi l'inquadramento è stato l'apprendistato), con un restante 58% di giovani che è invece interessato da tirocini extracurriculari. Tuttavia, qualche buona notizia c'è: per esempio che i giovani che hanno potuto sperimentare un rapporto di lavoro a seguito della conclusione di uno stage sono il 63%, quindi la maggioranza (questo varrebbe però per tutti i tirocini a detta dei dati presentati, quindi non solo quelli nell'ambito di Garanzia giovani). Anche se poi a ben vedere questo non succede tanto per i giovani del Sud e delle Isole - lì dove la disoccupazione picchia più forte – per i quali la percentuale si ferma al 30%, ma soprattutto per il resto della penisola, dove le quote di chi trova un qualche impiego post tirocinio superano la metà del totale.  Inoltre, stando alle parole dello stesso Poletti – intervenuto alla conferenza - «andrebbe un po' rivisto il giudizio generale sul programma, che in questi anni è riuscito a ridurre il numero di chi è a spasso senza neppure cercare un'occupazione». Grazie a Garanzia giovani insomma i giovani si sarebbero riattivati. Staremo a vedere, perché intanto nella maggior parte dei territori il programma si trova in fase di stallo, in attesa di ripartire dopo l'assegnazione dei nuovi fondi. Il decreto per ridistribuirli è stato siglato dall'Anpal, l'agenzia che si occupa dell'attuazione di Garanzia giovani guidata da Maurizio Del Conte, lo scorso 17 gennaio. Ed è infatti da quella data che sono riapparse sul portale nazionale le nuove cosiddette 'opportunità di lavoro', che per ora si limitano a una decina o poco più. Mentre per i siti regionali, quelli su cui dovrebbero caricarsi di volta in volta le nuove offerte lavorative e a cui i ragazzi dovrebbero registrarsi, il nulla quasi ovunque.Le regioni più favorite, quelle cioè a cui è destinata la fetta maggiore, sono la Campania e la Sicilia, con ben 217 milioni di euro, come dimostra il documento. In Campania, a cui sono piovuti 30 milioni in più rispetto alla scorsa edizione, ad esempio l'ultimo monitoraggio risale a marzo 2017, da cui risulta che ancora una volta è il tirocinio la misura principe adottata: 23mila quelli attivati, quindi circa un terzo dei registrati. In Sicilia, dove peraltro l'ultimo report pervenuto risale a gennaio 2016 (ma aprendo il file si scopre che è vuoto), la dotazione è stata implementata anche di più: si partiva infatti da 178 milioni. E le offerte – cliccando ne escono tre – sono ferme per «esaurimento posti» si legge sul portale. Un panorama piuttosto desolante anche se si va a curiosare altrove. In Calabria – 70 i milioni assegnati - sono solo partiti i bandi per destinare le risorse agli enti accreditati, mentre in Puglia il sito regionale è fermo e l'ultimo monitoraggio risale a novembre. Qui i milioni di euro sono 154. In Basilicata (12 milioni) stessa storia: il sito chiama a raccolta enti promotori di tirocini disposti a candidarsi per accogliere giovani Neet e di nuove offerte ancora neppure l'ombra. In Sardegna, che può contare su 46 milioni, l'avviso è al momento rivolto agli enti accreditati per il servizio civile, altra misura di politica attiva parte di Garanzia giovani.  Al centro stesso film. Per il Lazio ci sono 54 milioni (molto meno del primo stanziamento pari a invece 137 milioni), e l'ultimo report è molto recente: è di gennaio 2018. «Rispetto al passato» fa sapere Paola Danese, addetta stampa dell'assessore al Lavoro Lucia Valente, l'intenzione è quella di incentivare maggiormente l'apprendistato e di potenziare i percorsi di formazione professionale legati all'impresa 4.0, fabbrica digitale e nuovi mestieri». Ma di offerte nuove al momento non vi è traccia, così come di eventuali bandi. E la Toscana? A questa regione – tra le più virtuose per le politiche a favore dell'occupazione giovanile – sono assegnati 29 milioni, ma il sito langue ancora. «Le condizioni di fruizione sono le stesse di prima» fa sapere Barbara Cremoncini, ufficio stampa della Regione. E delle migliorie rispetto al passato ci sono, assicura: «Le procedure sono state velocizzate con l'introduzione della domanda online, e l'arretrato nei pagamenti è stato smaltito». In generale poi si registrano numero incoraggianti: «Il tasso dei Neet in Toscana è sceso dal 20 del 2014 al 18%, mentre in Italia il valore medio resta del 24». Anche per l'Umbria e le Marche e, a cui vanno rispettivamente 12 e 6 milioni, il copione si ripete: sito fermo nel secondo caso e che annuncia un bando per il reperimento di enti promotori nel primo. Di nuovo tirocini extracurriculari insomma.  Idem per l'Abruzzo, a cui vanno 27 milioni. Il Molise, che ne riceve solo sei, fa eccezione: ha uno dei portali più aggiornati e curati, le offerte ci sono – risalgono a dicembre – e non sono poche se si considerano le dimensioni della piccola regione. Salendo ancora le cose forse vanno un po' meglio. In Emilia Romagna – per questa 24 milioni – il sito è quantomeno aggiornato con notizie recenti, e per vedere le offerte bisogna registrarsi come utente di Garanzia giovani. Lo stesso per la Liguria, che l'Anpal ha dotato di 12 milioni. Meglio il Piemonte, che con i suoi 37 milioni costruisce un sito che addirittura elenca i vari operatori del progetto a cui rivolgersi per aderire al programma e trovare insieme una misura di politica attiva. E ancora Trento e Valle d'Aosta, che insieme prendono appena 4 milioni, hanno siti blindati a cui bisogna accedere per visualizzare le offerte. Ma non è certo qui che la disoccupazione giovanile è un problema diffuso. Menzione d'onore va invece al sito del Friuli, in cui finalmente si riscontra una bella sezione dedicata alle offerte di tirocinio visualizzabile dal primo momento, senza necessità di doversi prima registrare. Le offerte sono di questi giorni, quindi aggiornate. Segno che i sette milioni assegnati danno i loro frutti. Lo stesso per il Veneto (23 milioni): anche qui offerte appena pubblicate e report meticolosamente archiviati dal 2015 a oggi. I risultati si vedono. Tra i giovani veneti che hanno aderito al programma, quelli che hanno trovato un'occupazione sono oltre la metà (54%). Occupazione peraltro buona: «Rapporti di lavoro a tempo determinato (34%), apprendistato (25%), lavoro in somministrazione (20%), contratti a tempo indeterminato (12%)» segnala Marcherita Carniello, ufficio stampa della giunta regionale. Si finisce con la Lombardia: sito aggiornato con tutti i dettagli di spesa finora sostenuti. Non si visualizzano le offerte senza crearsi un account, ma le ultime notizie ci sono tutte. Almeno qui – e in poche altre regioni – sembrerebbe che di tanto denaro pubblico si faccia un uso consapevole. E che l'obiettivo sia veramente quello di dare una mano ai tanti giovani in cerca di un'occasione di lavoro.  Ilaria Mariotti

Resto al Sud, come funziona il nuovo bando che aiuta i giovani a fare impresa nel Mezzogiorno

Un miliardo e 250 milioni di euro per sostenere l’economia del centro-sud Italia attraverso le start-up. Si chiama “Resto al sud” ed è un nuovo incentivo per giovani residenti in otto Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Promosso dal ministero per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, da quello dell’Economia e da quello dello Sviluppo economico, prevede un sostegno economico per aprire un’attività imprenditoriale.Tutto buono: la situazione dell’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno è molto critica – se il dato medio nazionale di occupazione per la fascia di popolazione tra i 15 e i 34 anni è pari a 40,6% (Istat 2017), prendendo in considerazione solo chi risiede nel Mezzogiorno lo stesso dato è di oltre 10 punti più basso: 28,5% – e il fenomeno dell’emigrazione, verso le più dinamiche regioni del centro nord o verso l’estero, è da anni in crescita costante.La misura è aperta ai giovani tra i 18 e i 35 anni che vogliano avviare una attività imprenditoriale per la «produzione di beni nei settori industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura; la fornitura di servizi alle imprese e alle persone, turismo». Restano invece escluse dal finanziamento «le attività agricole, libero professionali e il commercio».Non è chiarissimo perché sia stato deciso di investire così tanto in un progetto così simile a un altro già esistente, Selfiemployment, attivo già da settembre 2016, che fin dal primo giorno ha stentato a trovare potenziali beneficiari. E’ proprio così: Selfiemployment, la misura di Garanzia Giovani per il sostegno all’autoimprenditorialità, in un anno e mezzo è riuscita a destinare soltanto 21 milioni dei 124 che costituiscono la sua dotazione finanziaria. Motivo: non arrivano abbastanza richieste. «Le domande presentate non sono così numerose da saturare la dotazione finanziaria» ammette Vincenzo Durante, responsabile dell’area Occupazione di Invitalia, l’ente che gestisce entrambe le misure. Non a caso, proprio in queste settimane è in corso un confronto con l’Anpal che potrebbe portare alla revisione dei criteri di accesso o di implementazione di Selfiemployment, modificando «lo strumento agevolativo per renderlo più attrattivo». Ma per ora non c’è nulla di certo.  Curioso dunque che, sulla base di un risultato non certo eccezionale, si scelga di attivare una iniziativa quasi identica, con un’altra dotazione finanziaria – e molto significativa! Eppure i decisori politici sembrano convinti che “Resto al sud” avrà più successo di Selfiemployment. Forse perché l’accesso non è in questo caso limitato agli iscritti a Garanzia Giovani, e copre dunque un target di cinque anni più ampio, essendo rivolto agli under 35? Certo questo ha un suo peso – ma, di contro, a “Resto al sud” possono concorrere solo aspiranti startupper residenti nelle otto regioni del Mezzogiorno, mentre Selfiemployment è aperto a tutti, in tutte le venti regioni. In ogni caso i primi dati disponibili evidenziano che, all’8 marzo, per “Resto al sud” vi erano oltre 6mila domande in via di compilazione sul sito di Invitalia, e di queste poco meno di 1.500 già chiuse e presentate (in un anno e mezzo per Selfiemployment ne sono arrivate meno della metà, 2.200!); non c’è però ancora nessun dato su quante abbiano finora passato la selezione.Gli aspiranti startupper potranno usare i soldi ottenuti con “Resto al sud” per la «ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili», per comprare «impianti, macchinari, attrezzature e programmi informatici» e infine, più genericamente, per «le principali voci di spesa utili all’avvio dell’attività».Il finanziamento può arrivare fino a un massimo di 50mila euro (o 200mila in caso i soggetti richiedenti siano più d’uno) a copertura del «100% delle spese ammissibili», il che è un dettaglio tecnico importante, perché molti finanziamenti invece prevedono una percentuale inferiore, e non di rado ciò rappresenta un disincentivo a candidarsi. Le somme che arrivano a chi supera la selezione consistono in un «contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo» e in un «finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi del finanziamento sono interamente coperti da un contributo in conto interessi». 35+65 = 100%. Di questi 100, il 65% andrà restituito a rate («entro otto anni dall'erogazione i primi due anni di pre-ammortamento», come specificato nel decreto attuativo), però appunto senza interessi; il restante 35% invece no.Resto al sud è un «incentivo a sportello», il che vuol dire che le domande «vengono esaminate senza graduatorie in base all’ordine cronologico di arrivo». Lo sportello è stato aperto a metà gennaio (il regolamento attuativo era stato pubblicato a novembre). Le banche che hanno aderito alla convenzione e che dovranno dunque approvare ed erogare i finanziamenti sono Intesa SanPaolo, Unicredit, la Banca del Mezzogiorno Mediocredito centrale, il Monte dei Paschi di Siena e alcuni istituti più piccoli del sud.Possono partecipare non solo gli under 35 già residenti nelle otto Regioni citate «al momento della presentazione della domanda di finanziamento», ma anche coloro che si impegnino a trasferirsi in una di esse «dopo la comunicazione di esito positivo». Conditio sine qua non è non avere «un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per tutta la durata del finanziamento» e non essere già «titolari di altra attività di impresa in esercizio».La misura è accessibile ai privati cittadini ma anche alle società, alle cooperative, alle ditte individuali «costituite successivamente alla data del 21 giugno 2017», o ancora a «team di persone che si costituiscono entro 60 giorni (o 120 se residenti all’estero) dopo l’esito positivo della valutazione». A vigilare sul buon andamento della misura è incaricata l’Agenzia per la Coesione territoriale che «nell'ambito delle proprie competenze» si legge nel decreto attuativo «garantisce il monitoraggio delle agevolazioni concesse ai soggetti beneficiari». Se “Resto al sud” avrà più fortuna di Selfiemployment e si rivelerà più efficace, solo il tempo potrà dirlo. Inevitabile, per ora, considerarle misure quasi gemelle e notarne la preoccupante ridondanza.Eleonora Voltolina

Autoimprenditorialità con Garanzia Giovani, Selfiemployment va avanti a passo di lumaca

Come sta andando Selfiemployment, l’iniziativa di Garanzia Giovani dedicata agli under 30 inattivi interessati ad avviare un’attività in proprio? Per rispondere con un eufemismo: a passo di lumaca. Quanto a passo di lumaca lo dicono purtroppo i numeri: da quando l’iniziativa è partita concretamente, a settembre 2016 – dunque più o meno un anno e mezzo fa – sono state presentate soltanto 2.283 domande. Meno di 150 al mese. Tutte queste domande sono passate al vaglio dei selezionatori e finora solo 630 sono state ritenute in linea con i requisiti richiesti e dunque meritevoli di essere approvate: sono state dunque concesse a questi 630 soggetti agevolazioni per un totale di 21,1 milioni di euro.Si tratta di un risultato davvero scarso, se si considera che la dotazione finanziaria di Selfiemployment, così come annunciata dal ministro Giuliano Poletti nel 2016, è cospicua: 124 milioni di euro. Dunque aver concesso (attenzione: non erogato – i due termini indicano fasi diverse del programma, e i finanziamenti concessi vengono erogati successivamente, e in varie rate) 21,1 milioni vuol dire aver utilizzato, per ora, meno di un quinto dei soldi a disposizione: il 17% per la precisione.«Le domande presentate non sono così numerose da saturare la dotazione finanziaria» conferma alla Repubblica degli Stagisti Vincenzo Durante, 48 anni, responsabile dell’area Occupazione di Invitalia – l’ente incaricato di gestire Selfiemployment.Eppure l’obiettivo di una misura del genere dovrebbe essere invece quello di distribuire i fondi il più in fretta possibile, per far uscire il prima possibile il maggior numero possibile di Neet dalla loro condizione di inattività, in questo caso attraverso la misura dell'autoimpiego.Selfiemployment, si diceva, è una delle misure di Garanzia Giovani. Accanto ai tirocini (la misura più utilizzata in assoluto), ai corsi di formazione, alle esperienze interregionali (pochissime: il 4% circa) o all’estero (residuali se non inesistenti, ahinoi), al servizio civile e all’incentivo alle assunzioni vere e proprie tramite contratto, infatti, Garanzia Giovani prevede anche di sostenere quei Neet che avrebbero voglia di mettersi in proprio.Ma perché quasi nessuno chiede i soldi di Selfiemployment? Gli iscritti a Garanzia Giovani sono un numero impressionante: quasi 1 milione e mezzo di under 30 si sono registrati al programma in tre anni e mezzo (l’ultimo dato Anpal è aggiornato a settembre 2017), circa un milione è stato preso in carico, e a 573mila è stata proposta una misura. È senz’altro vero che Selfiemployment è partito in ritardo rispetto alle altre misure: ma sulla carta avrebbe dovuto avere un certo appeal sui giovani, dato che prometteva un prestito da 5mila a 50mila euro a tasso zero, senza garanzie personali e con un piano di ammortamento fino a 7 anni.Il primo target di Selfiemployment era, in prima battuta, formato dai 4.200 iscritti a Garanzia Giovani che secondo le stime avrebbero potuto usufruire di un percorso di accompagnamento all'avvio di un'impresa. In realtà era già chiaro fin da subito, a chiunque avesse un minimo il polso della situazione, che la misura aveva un oggettivo problema in partenza legato ai potenziali beneficiari: a fine 2015, infatti, solamente 459 giovani avevano usufruito in tutta Italia di questa misura. Intere Regioni – tra cui Puglia, Veneto, Campania, Piemonte! – non avevano attivato nemmeno uno di questi percorsi. Tanto che Poletti era corso ai ripari chiedendo aiuto a Unioncamere per predisporre ulteriori percorsi di accompagnamento all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità, in modo da aumentare il numero di potenziali beneficiari. Ma anche questo tentativo era fallito e dunque il ministero aveva deciso, poco dopo l’avvio di Selfiemployment, di eliminare l’obbligatorietà di questi percorsi di accompagnamento propedeutici all’accesso al fondo: indicati inizialmente come un prerequisito necessario per inoltrare la domanda di partecipazione, i corsi erano dunque quasi subito diventati facoltativi.Ma a nulla è valsa anche questa semplificazione. Il numero di candidature per Selfiemployment è lì, drammaticamente basso, sotto le 2.300. Quasi tutte peraltro provenienti da una sola Regione, la Campania, che da sola rappresenta oltre la metà delle domande pervenute (1.195 su 2.283) e delle agevolazioni concesse (326 su 630).La buona notizia è che proprio in queste settimane «è in corso una riflessione con l’Anpal che potrebbe portare a modificare lo strumento agevolativo per renderlo più attrattivo» anticipa Durante. Attualmente Invitalia gestisce «la fase di valutazione delle domande, quella di erogazione e il tutoring», ma non ha nessuna voce in capitolo per quanto riguarda, per esempio, la pubblicizzazione e promozione della misura ex ante: cioè la fase in cui si vanno a scovare i potenziali beneficiari e li si invoglia a fare domanda di partecipazione. Forse questo potrebbe cambiare l’appeal della misura? Certo il fatto che contemporaneamente sia stata lanciata un’altra iniziativa simile, “Resto al sud”, non aiuta: il rischio cannibalizzazione è dietro l’angolo. Ma «sono due strumenti agevolativi non sovrapponibili, considerate le aree di intervento, la tipologia di agevolazione concedibile e il target di età dei destinatari» assicura Durante: «Ad esempio “Resto al Sud” non finanzia il commercio, che rappresenta il 37% delle attività agevolate da Selfie. E poi Selfie finanzia anche i liberi professionisti, “Resto al Sud” no; viceversa “Resto al Sud” finanzia anche società di capitali, al contrario di Selfie». Si spera che ciascuno trovi un nutrito pubblico, e che le risorse a disposizione vengano sfruttate nel migliore dei modi dai giovani cui sono destinate.Eleonora Voltolina

Stage in Campania, ecco finalmente cosa dice il testo della nuova legge regionale

È stata approvata il 20 febbraio la nuova legge sui tirocini extracurriculari della Campania, ma nessuno lo sapeva. La notizia è stata resa nota soltanto a partire dal 26 dello stesso mese, attraverso un comunicato pubblicato sul sito della Regione, e da lì silenziosamente ripresa. Tanto che il testo, di fatto, non è nemmeno ancora stato reso pubblico: all’8 di marzo non si trova su nessuno dei bollettini ufficiali emessi dopo l’emanazione del regolamento.La Repubblica degli Stagisti ha seguito da vicino la vicenda fino a questo momento, in particolare raccogliendo la denuncia dei sindacati, che nella discussione intorno ai contenuti della legge non sono minimamente stati presi in considerazione: «la Regione va avanti da sola» avevano dichiarato. «Lo ritengo un comportamentograve da parte dell’assessore. Sappiamo che stanno andando avanti anche su Garanzia Giovani, ma nemmeno lì ci hanno coinvolto. Stiamo apprendendo tutte queste novità dalla stampa, ma non ci sono comunicazioni ufficiali. Vorremmo capire la natura di questa falla» dichiara alla Repubblica degli Stagisti Elisa Laudiero della Cgil campana. Spulciando in rete, la Repubblica degli Stagisti è riuscita a recuperare il testo della legge: per la precisione sul sito di Assolavoro, associazione nazionale di categoria delle agenzie per il lavoro. A breve sarà inserita anche nella pagina “Normativa” di questo sito. Quali sono le novità introdotte e i punti critici? Tra i punti salienti della nuova delibera in primis si trova l’arrotondamento a 12 mesi di durata massima per entrambi i tirocini di formazione/orientamento e inserimento/reinserimento. Finora, i tirocini di formazione avevano avuto una durata massima di 6 mesi: come già evidenziato dalla Repubblica degli Stagisti in riferimento alle linee guida nazionali di maggio 2017, si sarebbe potuto omogeneizzare sui 6 mesi piuttosto che sui 12, ma tant’è. Contestualmente, viene adottata dal testo nazionale la durata minima non inferiore a due mesi, ad eccezione dei tirocini stagionali, che hanno durata minima di un mese, e dei tirocini estivi rivolti a studenti, che in Campania dureranno dai 14 ai 45 giorni. Un punto interessante, poi, è rappresentato dalla dicitura «per tutti i profili professionali collocati nell’ultimo livello di inquadramento di cui alla classificazione del personale del contratto collettivo in ipotesi applicabile al soggetto ospitante in ragione dell’attività da esso svolta, il tirocinio non può durare più di mesi tre». Questo significa che per le mansioni di più basso profilo, individuate all’interno dello specifico contratto collettivo del soggetto ospitante, il tirocinio avrà una durata massima minore rispetto al normale. «Ben venga abbreviarne la durata, ma io penso che sia una misura fine a se stessa» puntualizza a questo proposito Laudiero. «Visto che comunque spesso non c’è corrispondenza tra il percorso formativo e quello che il tirocinante fa in azienda, così c’è il rischio che nessuno prenda tirocinanti con un profilo basso, proprio con l'intenzione di averli a disposizione per un periodo più lungo. Quel che serve sono maggiori controlli». Per quanto riguarda i limiti numerici, la Campania consente ai soggetti ospitanti di attivare tirocini sulla base del numero di dipendenti sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato, modificando quindi l’indicazione contenuta nella precedente legge, che impediva di attivare tirocini in assenza di dipendenti a tempo indeterminato. Un punto un po’ critico, che lascia alle aziende maggiore libertà nell’attivazione dei tirocini e al tempo stesso pone di più gli stagisti a rischio sfruttamento. Inoltre, la Campania persevera nel mantenere doppi i limiti numerici di stagisti rispetto a tutte le altre regioni italiane e rispetto alle linee guida sia vecchie sia nuove: un tirocinante a fronte di un numero di dipendenti tra 0 e 5, due tirocinanti ogni 6-10 dipendenti, tre ogni 11-15, quattro ogni 16-20, e un numero di tirocinanti non superiore al 20% nelle aziende con oltre 20 dipendenti (nelle linee guida la percentuale limite è del 10%). Dal conteggio vengono esclusi gli apprendisti, ma vengono compresi i lavoratori in somministrazione, purché la data di inizio del contratto e quella di fine siano, rispettivamente, precedente e successiva rispetto a quella di avvio del tirocinio. Il criterio di premialità, che consente alle aziende di accogliere ulteriori stagisti a fronte di comprovate assunzioni di quelli degli ultimi 24 mesi, invece, viene recepito e inserito senza modifiche dalle linee guida. «Complessivamente il testo presenta dei punti di miglioramento, ma abbiamo ancora dubbi rispetto all’allargamento delle percentuali nel calcolo dei tirocinanti, dove vengono inclusi i lavoratori in somministrazione. Inoltre non capiamo la ratio del meccanismo di premialità: bisognerebbe vincolare l’inserimento di tirocinanti esclusivamente alla percentuali di precedente trasformazione dei tirocini in lavoro subordinato, piuttosto che consentire alle aziende di accoglierne in più» nota Laudiero.Per quanto riguarda il rimborso spese mensile, invece, ci sono buone notizie: la Campania ha previsto un lieve aumento rispetto alla precedente normativa, da 400 a 500 euro minimi (a dispetto delle linee guida, che confermavano il vecchio importo di 300 euro mensili). Viene specificato che l’indennità viene erogata a fronte di una partecipazione da parte del tirocinante di almeno il 70% del tempo previsto mensilmente, mentre per coloro che ricevono forme di sostegno al reddito, come da linee guida, viene specificato come l’indennità non sia dovuta, ma erogabile a discrezione del soggetto ospitante fino o anche oltre alla copertura dell’importo minimo dell’indennità, a seconda del caso (lavoratori sospesi o disoccupati). Lo stagista percettore di Naspi, quindi, non perde il suo status di disoccupato a fronte dell’avvio di un tirocinio, né il diritto a ricevere un’indennità di disoccupazione. Tra gli obblighi del tirocinante, la normativa campana definisce con maggiore precisione rispetto alle linee guida gli aspetti a cui lo stagista si deve attenere: oltre all’obbligo di svolgere le attività previste nel progetto formativo e seguire le indicazioni dei tutor, il dovere di osservare le norme in materia di igiene e sicurezza, di rispettare gli obblighi di riservatezza e il segreto d’ufficio nel caso degli enti pubblici, partecipando infine agli incontri organizzati con il tutor per monitorare l’attuazione del progetto formativo. Tra le disposizioni relative al monitoraggio viene specificato che, al termine del percorso, il tirocinante compilerà un questionario di gradimento rispetto all’esperienza svolta, ma non è dato di sapere a quali conseguenze potrebbero portare questi giudizi, se negativi. Peraltro, il testo della Campania riporta come, nell’attività di controllo, verrà dedicata particolare attenzione alla «rilevazione di eventuali elementi distorsivi presenti nell’attuazione dell’istituto, quali ad esempio: reiterazione del soggetto ospitante a copertura di una specifica mansione; cessazioni anomale; attività svolta non conforme al PFI; impiego di tirocinanti per sostituire personale sospeso o licenziato; incidenza dei tirocini non conformi attivati da uno stesso promotore; concentrazione dell’attivazione di tirocini in specifici periodi dell’anno». Inoltre vengono introdotti controlli incrociati in collaborazione con gli organi ispettivi da parte di una “cabina di regia” presieduta dall’assessore con la partecipazione delle parti sociali. A questo proposito Laudiero osserva: «visto che non c’è stato un confronto mi sembra abbastanza surreale questa cosa. Noi siamo disponibili, ma non possiamo solo assolvere al ruolo di monitoraggio, vorremmo anche assolvere il nostro ruolo principale, che è quello di contrattare con la Regione per i diritti di coloro che rappresentiamo, i tirocinanti». Infine, per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria, il resto specifica come, nell’ipotesi di mancata corresponsione del rimborso spese allo stagista da parte del soggetto ospitante, venga applicata una sanzione amministrativa pari all’importo dell’indennità non erogata, da un minimo di 1000 euro a un massimo di 6mila euro. Inoltre, nel testo si legge che «i proventi delle sanzioni amministrative sono iscritti nel bilancio della Regione Campania con il vincolo del loro utilizzo per finalità di promozione e sostegno dei tirocini formativi». Viene mantenuta, come nelle linee guida, la distinzione tra violazioni sanabili e non, e in particolare, per le violazioni sanabili, vengono introdotte specifiche indicazioni riguardo all’ipotesi di reiterazione delle violazioni da parte di uno dei soggetti: oltre all’interdizione per dodici mesi dall’attivazione di stage, nel caso di una seconda o successiva violazione entro 24 mesi dalla prima interdizione, vengono introdotte delle ulteriori interdizioni per 18 o anche 24 mesi. Quando entrerà in vigore il provvedimento? Il testo riporta che il regolamento sarà ufficialmente adottato a partire dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Campania: come detto all’inizio, ancora non è dato di sapere quando sarà. Contattati più volte dalla Repubblica degli Stagisti, i funzionari dell'assessorato non hanno mai risposto. Staremo a vedere dunque se la pubblicazione avvenga in tempi brevi.Irene Dominioni

Disoccupati in stage nei tribunali italiani da otto anni, l'UE non li conosce malgrado le interrogazioni

«La Commissione non è al corrente dei tirocini ai quali fa riferimento l'onorevole deputata. Per questo motivo non può valutarne la conformità al quadro di qualità per i tirocini». A parlare è Marianne Thyssen, commissaria europea per l’occupazione rispondendo il 19 febbraio a una interrogazione con richiesta di risposta scritta presentata a inizio dicembre dello scorso anno da Laura Ferrara, 34 anni, europarlamentare del Movimento 5 stelle.La questione non è nuova per la Repubblica degli Stagisti: l’esponente del M5S, infatti, nella sua interrogazione chiede conto alla Commissione dell’uso che il ministero della Giustizia italiano fa dei suoi stagisti. Il riferimento è ai tirocinanti degli uffici giudiziari di cui la RdS ha ampiamente raccontato in questi anni la sorte. Una storia cominciata nel maggio 2010 per 50 lavoratori: soggetti in cassa integrazione o mobilità appartenenti alla provincia di Roma. Per loro era previsto un rimborso spese di 400 euro lordi mensili e a loro era affidato il compito di aiutare il complesso e rallentato iter all’interno degli uffici giudiziari. Un processo che funzionava così bene da essere esteso a tutta Italia, arrivando a coinvolgere migliaia di persone.La pentastellata Ferrara non è nuova alle interrogazioni al Parlamento europeo per chiedere lumi su questo insolito sistema. Già nel dicembre 2014, infatti, aveva presentato un’interrogazione sui “precari” della giustizia, come si sono autodefiniti questi tirocinanti. L’europarlamentare ricordava che «dal 2010 in Italia risultano attivati tirocini negli uffici giudiziari tramite convenzioni con enti locali finanziati con fondi europei, poi reiterati dal ministero della giustizia» per circa 3mila stagisti e spiegava che, ad esempio, in Calabria «risultano spesi per i tirocini iniziali fondi europei Por Fse 2007-2013 mirati al reinserimento nel mondo del lavoro con Asse I». Ma visto che questi tirocini non sono mai sfociati in alcuna forma di contratto di lavoro, utilizzando in maniera non appropriata i fondi europei, Ferrara chiedeva alla Commissione se fosse al corrente di tutto questo e quali iniziative intendeva «intraprendere per accertare il corretto utilizzo dei fondi europei e indurre il governo italiano a porre rimedio alla precarietà generata dai tirocini».Già in questo caso la risposta, del gennaio 2015, arriva da Marianne Thyssen che scrive come per la Commissione «i tirocini in oggetto siano stati organizzati in linea con il programma operativo per la Calabria del Fondo sociale europeo e pertanto rispondano agli obiettivi cui erano destinati» ovvero quelli di prevenire i rischi di disoccupazioneQuindi nel 2015 per la Commissione europea era tutto nella norma (!). E non è un anno qualsiasi per i tirocinanti. Perché è nel marzo di quell’anno che il “perfezionamento del completamento” del tirocinio, stabilito con la legge 147 del 2013, si conclude e nel frattempo il ministro della giustizia Orlando istituisce l’ufficio del processo per smaltire l’arretrato degli uffici giudiziari, decidendo di inserire al suo interno – in base a quanto stabilito da una legge, la 132 del 2015 - anche un tirocinante da affiancare al cancelliere. In pratica si trova il modo per far continuare a lavorare nei tribunali i soliti stagisti che però, per errori di calcoli o volontà precisa – questo non è dato sapere – vengono ridotti da bando a 1502, superando la selezione in 1115.Per gli esclusi dall’ufficio del processo iniziano varie trattative che portano mano mano alla creazione a macchia di leopardo di nuovi bandi su base regionale, per cercare di dare un prosieguo al percorso cominciato nel 2010. Due esempi su tutti: il Lazio e la Calabria. Nel primo caso per una parte degli esclusi è partito un progetto regionale nel giugno 2016 della durata di un anno. Percorso prorogato nel giugno dell’anno scorso per altri 12 mesi per le 143 risorse rimaste. Un tema rientrato anche nella campagna elettorale del neo riconfermato presidente della Regione, Nicola Zingaretti, che nel suo programma si è assunto l’impegno a eliminare anche questa forma di precariato, al momento sostenuta con periodi formativi «nella prospettiva futura di accordi per una loro piena valorizzazione da parte dell’amministrazione statale competente».Nel caso della Calabria, invece, dopo una prima fase di stallo dovuta a una richiesta di ampliare il bacino dei tirocinanti,alla fine nel marzo dell’anno scorso è stata firmata una nuova convenzione per 650 tirocinanti, più 23 posti nella suddivisione dell’ufficio per il processo. Alla firma della convenzione è seguita, a maggio, una “manifestazione di interesse” per mille lavoratori da cui, secondo la convenzione, gli uffici giudiziari hanno potuto attingere per attribuire 650 tirocini, della durata di 12 mesi. Ma la convenzione ha validità di un anno «con possibilità di rinnovo per un ulteriore periodo di pari durata», mettendo quindi nero su bianco la possibilità di un prosieguo.La Commissione europea, però, con l’ultima risposta data sembra non essere per nulla al corrente delle infinite proroghe che con nomi simili o differenti hanno consentito agli uffici giudiziari italiani di andare avanti con lavoratori a basso costo, grazie a fondi europei e soprattutto contro tutte le normative in materia di tirocini extracurriculari che ne vietano la reiterazione.Tanto che Ferrara ha deciso di presentare lo scorso 20 febbraio, quindi il giorno dopo la risposta della Thyssen, una nuova interrogazione con richiesta di risposta scritta in cui dichiara che «da parte delle regioni è illegittimo continuare a destinare risorse del FSE per formare le stesse persone già formate negli anni», e che tali tirocini non sono mai sfociati in un contratto di lavoro, «per cui i fondi utilizzati non hanno perseguito alcuna finalità di inserimento o reinserimento lavorativo». E chiede alla Commissione se «È a conoscenza dell'uso improprio che le regioni italiane fanno delle risorse del FSE» e se intende intraprendere qualche iniziativa per porre rimedio alla precarietà generata da questi tirocini.In tutto questo, però, una nota positiva c’è e va raccontata. Ed è quella che si è ottenuta dopo la dura battaglia portata avanti in questi anni dalla Fp Cgil, sindacato che negli anni ha continuato ad avanzare le richieste dei tirocinanti, pur ricevendo spesso critiche da più parti. Già un anno fa la proposta era stata fatta: pubbliche selezioni attraverso i centri per l’impiego o riqualificazione del personale, con liberazione di posti per i tirocinanti alla base della piramide. Così a fine dicembre 2017 il ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha annunciato di aver prolungato di un anno il tirocinio presso l’ufficio del processo, ma soprattutto di «aver inviato alla funzione pubblica la richiesta di procedere all’assunzione nel 2018 di 300 operatori giudiziari».  Un reclutamento che avverrà «mediante le liste dei centri per l’impiego, operazione che consentirà una corsia preferenziale per i tirocinanti che hanno completato il percorso presso l’ufficio per il processo negli uffici giudiziari».Una notizia ben accolta dalla Fp Cgil, perché «può aprire la strada alla regolarizzazione di questi lavoratori». Anche se il sindacato non dimentica tutti gli altri, ribadendo che «vanno cercate risposte per l’intera platea che vadano al di là del tirocinio formativo, anche nell’ambito dei percorsi regionali che devono consentire una prospettiva a tutti i tirocinanti per una futura regolarizzazione anche in altre amministrazioni».Insomma, che l’Europa ne sia a conoscenza o continui a pretendere di non esserlo, gli stagisti negli uffici giudiziari esistono. Da otto anni ormai entrano ed escono negli uffici, utilizzano password, organizzano il lavoro. Sono talmente essenziali da aver ricevuto da più presidenti di corti di appello attestati di stima, da aver attirato negli ultimi anni l’attenzione del mondo politico con interrogazioni varie, da aver scomodato regioni e ministero per cercare soluzioni, al momento quasi sempre solo tampone. L’unica a non essersi accorta di tutto è l’Europa, che proprio con i suoi fondi ha permesso il loro finanziamento.Marianna Lepore

Patto per lo stage 2018, ecco l'elenco di chi lo ha sottoscritto

Qui l'elenco di chi ha sottoscritto finora il Patto per lo stage con la Repubblica degli Stagisti       → Cos'è il patto per lo stage - punto per punto                     Giorgio Goricandidato alla presidenza della regione LombardiaCoalizione di centrosinistra (Partito Democratico, Gori Presidente, Obiettivo Lombardia, Lombardia per le Autonomie, Lombardia Progressista - a sinistra per Gori, Insieme, +Europa, Civica Popolare)Qui il suo sito e la sua biografiaQui la dichiarazione rilasciata alla Repubblica degli Stagisti per spiegare le motivazioni dell'adesione al Patto: «Aderisco con piacere al “Patto per lo Stage 2018” promosso dalla Repubblica degli Stagisti. Lavoro e formazione, apprendistato e tirocinio sono stati fin dall’inizio temi prioritari della mia campagna elettorale e lo sono del mio programma. Occorrono giuste regole per i veri tirocini, ponte importantissimo tra istruzione e mondo del lavoro; occorre promuovere l’apprendistato, che è un vero contratto di lavoro; e dobbiamo al tempo stesso reprimere l’abuso dei lavori malpagati mascherati da tirocini, che umiliano i nostri giovani. A questo mira il Patto per lo Stage e questo realizzerò io da Presidente della Regione».Lia Quartapellecandidata alla Cameracollegio uninominale Milano estPartito DemocraticoChi è: Nata nel 1982, è economista e ricercatrice. L’interesse per la politica internazionale e per le tematiche connesse alla cooperazione allo sviluppo ha caratterizzato dal principio il suo percorso formativo e lavorativo. A 17 anni si è trasferita in Galles per studiare presso lo United World College of Atlantic. Dopo avere conseguito un Master in Economia alla School of Oriental and African Studies di Londra ha voluto vivere un'esperienza sul campo, in Mozambico, dove ha lavorato con il governo come economista dello sviluppo. Concluso un dottorato presso l’Università di Pavia, ha lavorato presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano (ISPI) e ha insegnato presso il corso di Politiche per lo sviluppo all’Università di Pavia. La sua esperienza politica inizia nel 2007, quando fonda e viene eletta segretario del circolo 02PD nel quartiere Porta Venezia dov'è cresciuta.  Nel 2013, dopo essere stata la più votata alle primarie del Partito Democratico a Milano, è stata eletta deputata e ha ricoperto il ruolo di capogruppo PD nella Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati.Perché ha sottoscritto il Patto: «Sono questi degli impegni anzitutto per la dignità di una generazione che deve potere mettersi in gioco e costruirsi delle valide opportunità. Nella scorsa legislatura, mi sono impegnata per la riattivazione dei tirocini Maeci-Crui, gli stage nelle Ambasciate all'estero. Ho dovuto condurre una battaglia di principio per garantire un seppur piccolo rimborso anche nei casi in cui la legge non lo rendeva necessario. Servono ora regole e tutele minime. È una questione di eguaglianza, perché nella giungla attuale degli stage, sono i fortunati e i privilegiati ad avere la vita più facile. Ripartiamo da qui per garantire un ingresso nel mercato del lavoro guidato dal merito e dalle competenze».Valerio FedericoCandidato capolista al Senato collegio Lombardia 1e al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Milanoper la lista +EuropaChi è: 51 anni, membro della Direzione di Radicali Italiani, è stato Tesoriere nazionale dal 2013 al 2016, autore di approfondimenti e iniziative politiche su federalismo, diritti civili, società partecipate, enti locali, misurazione della qualità dei servizi pubblici, capitalismo relazionale italiano. Coautore della proposta di legge popolare “Più democrazia, più sovranità al cittadino” (2017), della pdl popolare regionale “Aborto al sicuro” in Lombardia (2017) e di una indagine sull'applicazione della legge 194 negli ospedali lombardi. Autore nel 2011 dello studio “La Peste lombarda - Un movimento ecclesiale integralista ha in mano una regione”, ha collaborato nel 2010 al volume “La lobby di Dio”, la prima inchiesta su Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere.Perché ha sottoscritto il Patto: «Conosco la fondatrice della Repubblica degli Stagisti da molti anni e penso che le battaglie per i diritti degli stagisti vadano sostenute. Le aziende dovrebbero cogliere il momento dell'incontro con i giovani come un'opportunità di crescita e di innovazione. Ritengo che il tema dell’occupazione giovanile sia centrale quando si parla di lavoro e che si debbano prendere impegni chiari per garantire ai giovani percorsi di transizione dalla formazione al lavoro di qualità».Elisa GambardellaCandidata alla Camera dei Deputati, collegio Liguria 2 capolista per la lista "Insieme"Chi è: «Genovese, 26 anni. Da 10 anni nutro la mia passione per la politica, in Italia e in Europa. Oggi presiedo il network Future of Europe dei giovani socialisti europei e faccio parte della segreteria nazionale del PSI. Laureata in Studi europei, ho lavorato per tre anni al tema della disoccupazione giovanile presso il Ministero del Lavoro e oggi mi occupo di relazioni istituzionali presso un centro studi».Perché ha sottoscritto il Patto: «Aderisco al patto per lo stage con forte convinzione. Lo faccio perché incarna i motivi profondi per la mia candidatura, nata per dare voce e rappresentare da sinistra la mia generazione, con le sue ragioni di avvilimento e frustrazione, alla quale offro proposte ferme per il lavoro, un modello di sviluppo economico sostenibile e pari opportunità per tutte e tutti. Questa campagna mi sta particolarmente a cuore,  perché il lavoro come veicolo di realizzazione personale e la fine della precarizzazione dei percorsi professionali sono temi a cui ho lavorato con dedizione per anni e che oggi sono il primo punto del mio programma. Inoltre, avendo vissuto sulla mia pelle l'utilizzo degenerato e denigratorio del tirocinio, sono ben felice di mettermi a disposizione per trattare con dignità e rispetto tutti i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. E restituire al tirocinio la funzione che gli è propria»Pietro BussolatiCandidato al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Milanolista del Partito Democratico - Giorgio Gori PresidenteChi è:  «Ho 35 anni, sono nato e cresciuto a Milano. Dopo una laurea in Economia ed un master in Gestione dei servizi pubblici locali alla Bocconi, ho lavorato prima all'Autorità per l'energia elettrica, poi all’Enel e infine all’Eni. La passione per la politica nasce dall’impegno nel sociale, coltivato prima nel quartiere dove sono nato e poi all’estero, attraverso esperienze di volontariato in Sud America. Il desiderio di impegnarmi per la mia città mi ha portato ad essere eletto, nel 2013, segretario metropolitano del Partito Democratico di Milano. Mi sono impegnato per farne uno strumento democratico e trasparente di partecipazione alla vita politica. Dal volontariato intergenerazionale delle magliette gialle di Bella Ciao Milano alle elezioni Primarie e amministrative che hanno portato a vincere Beppe Sala, abbiamo messo insieme idee e forze virtuose, coniugato innovazione e tradizione. Per ottenere questo risultato ho lavorato perché ogni persona si trovasse nella condizione di mettere in circolo le proprie competenze e il proprio valore.  Adesso la Lombardia è il mio impegno!».Perché ha sottoscritto il Patto: «Promuovere una piena occupazione e un lavoro dignitoso per tutti è la nostra priorità. Accompagnare i giovani nel mondo del lavoro con un percorso professionalizzante e rispettoso dei diritti della persona è ciò che faremo. Per questo sottoscrivo il Patto per lo stage». Massimo UngaroCandidato alla Camera dei Deputati, circoscrizione Estero-Europa capolista per il Partito democraticoChi é: «Sono il capolista nonché più giovane candidato alla Camera del PD per la circoscrizione Estero Europa. Ho 30 anni e, dopo aver vissuto in 4 città diverse dell’UE, abito a Londra dal 2005. Dal 2009 lavoro nel settore privato dove mi occupo di investimenti in paesi in via di sviluppo. Nel 2007, insieme ad altri amici, ho fondato il PD Londra & UK e nel 2017 ne sono stato eletto Segretario. Nel 2016 ho coordinato Basta Un Si UK  a favore della  riforma costituzionale. Credo che gli italiani all’estero possano contribuire alla prosperità del nostro Paese e per questo motivo vorrei mettermi al servizio del nostro futuro».Perché ha sottoscritto il patto: «Il tema centrale della mia candidatura é il lavoro giovanile, ovvero come ridare opportunità e dignità ai giovani italiani. L'assenza di opportunità, lavoro, meritocrazia spinge ogni anno molti italiani a lasciare l'Italia una generazione esodo molto visibile qui a Londra con oltre 2mila arrivi al mese. Su questo fronte il problema degli stage senza compenso assume una rilevanza di primo piano. Non solo perché sono fondamentalmente regressivi in quanto veicolo di immobilismo sociale, ma anche perché impediscono o rallentano l'emancipazione dei giovani dai loro genitori».Carlo CastiglioniCandidato al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Vareselista Lombardia ProgressistaChi è:  «Sono nato a Busto Arsizio nel 1986, sono laureato in mediazione linguistica e culturale presso la scuola per interpreti e traduttori “Altiero Spinelli” di Milano. Dopo la laurea mi sono dedicato al volontariato presso alcune associazioni per l’inserimento lavorativo di ragazzi con “abilità diverse”, per l’integrazione di persone straniere nel nostro territorio e presso l’Arcigay di Varese. Ritengo che la politica debba essere al servizio dei cittadini e non viceversa».Perché ha sottoscritto il Patto: «Ho deciso di aderire al patto per lo stage perché lo condivido a pieno. Lo strumento dello stage è un ottimo mezzo per aiutare giovani e meno giovani a qualificarsi in un lavoro ma purtroppo è ormai fuori controllo e abusato dalle aziende che lo usano soprattutto per sottopagare la manodopera e spesso per fare lavori poco qualificanti. Ritengo che ci debbano essere maggiori controlli da parte delle istituzioni sui lavori che vengono svolti sotto forma di stage, inoltre un’azienda che decide di assumere uno stagista alla fine del percorso di stage, deve ricevere degli sgravi fiscali in modo da disincentivare il licenziamento a fine stage per assumere nuovi stagisti continuando così un circolo vizioso». Andrea De FeliceCandidato al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Vareselista Lombardia ProgressistaChi è:  «Sono nato a Salerno nel 1994. A 5 anni mi sono trasferito a Ferno con la mia famiglia, e mi sono poi diplomato in Ragioneria a Gallarate. Sto per laurearmi in Scienze Politiche (politico-sociale) a Milano. Sin dalle superiori una delle mie più grandi passioni è stata la politica, tant'è che mi sono diplomato con una tesina sulla relazione tra stato e mafia. Anche per la tesi di laurea ho scelto un tema che viene scarsamente considerato: gli stereotipi e pregiudizi in fase di colloquio e come essi poi influenzano il mercato del lavoro. Sono entrambi temi importanti che hanno in comune una cosa: la cultura. Una società senza cultura è una società che permette alla mafia di infiltrarsi tra le istituzioni e ai pregiudizi e agli stereotipi di condizionare il pensiero verso chi è "diverso". Senza trascurare la mia passione per la politica, il mio futuro sarà in ricerca e selezione: è il lavoro che desidero fare e  mi piace aiutare le persone, in questo caso a trovare il lavoro per loro».Perché ha sottoscritto il Patto: «Essendo giovane anche io, ho avuto modo di assistere in questi anni all’evoluzione degli stage e tirocini. Anche se rispetto a un po’ di anni fa le cose sono decisamente migliorate, occorre osare di più e questo patto va certamente nella direzione giusta. I giovani soffrono davvero molto l’ingresso nel mondo del lavoro. Questo è uno dei motivi per cui la disoccupazione giovanile è alta. Se per alcune aziende i giovani rappresentano davvero un’opportunità per le aziende stesse, per altre invece sono soltanto dei soggetti per avere manovalanza a basso costo. In particolare vi è una distanza abissale, tra aziende piccole e grandi, nel modo di vedere il “giovane ragazzo”. Occorre che le istituzioni facciano il loro dovere affinché si dia davvero occasione al giovane di imparare e terminare lo stage/tirocinio con delle competenze acquisite e questo lo si può fare solo valorizzando questi strumenti e vigilare su chi ne fa uso». Francesca Ulivicandidata al consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di Milano e di MantovaLista Gori PresidenteChi è: 46 anni, giornalista e attivista per i diritti dei malati. Dirige i telegiornali di alcune tv nazionali, è manager di una importante multinazionale media. Malata di diabete di tipo 1 e altre malattie autoimmuni e croniche, si batte per la conoscenza della sua malattia presso l'opinione pubblica, per i diritti dei malati e per favorire la ricerca scientifica in campo biomedico.Perché ha sottoscritto il Patto: «Aderisco perché i temi della formazione e dell'ingresso nel mondo del lavoro sono per me fondamentali. In quanto candidata alle elezioni regionali sostengo ovviamente l'obiettivo principale di Giorgio Gori che è buona e piena occupazione. La mia candidatura è legata specificamente alla tutela dei diritti dei malati cronici attivi nella società ed è a tutela anche delle migliaia di bambini, ragazzi e giovani malati cronici cui è necessario assicurare prime occupazioni "buone" e che tengano conto e rispettino le diversità. Per questo aderisco al "Patto per lo Stage 2018"».Chiara CremonesiCandidata alle elezioni regionali in Lombardia, circoscrizione di Milanolista Lombardia Progressista - Sinistra per GoriChi è: «Nata negli anni 70 a Milano, vivo ora nel quartiere Niguarda. Sono innamorata di questa città, come canta Fortis: “Mi piacciono i tuoi quadri grigi, le luci gialle e i tuoi cortei”. Mi sono diplomata al liceo linguistico di Pavia e poi laureata in scienze della comunicazione a Torino. Ho iniziato a far politica proprio a scuola; di quegli anni ricorderò sempre la strage di Capaci e via d’Amelio e le grandi manifestazioni di Piazza Tienanmen. Sull’onda di questo impegno ho contribuito a fondare l’Unione degli Studenti. Sono stata consigliere comunale in un piccolo comune alle porte di Milano e ho iniziato a partecipare alle attività del PDS prima e dei DS poi, occupandomi in particolare delle relazioni internazionali. Nel 2009 ho partecipato alla nascita di Sinistra Ecologia Libertà, comunità nella quale ho tanto investito e creduto. Sono stata consigliere regionale dal 2010 al 2013 e poi dal novembre 2016 ad ora. Oltre a Milano, alla sinistra e alla politica, la mia grande passione sono gli animali».Perché ha sottoscritto il Patto: «Credo che il lavoro buono e dignitoso debba essere una priorità per la politica. Riguarda un numero alto di persone. Sono convinta che lo stage, se ben regolamentato, possa rappresentare uno strumento di crescita e formazione. Ciò che abbiamo visto in questi anni è stato prevalentemente lo sfruttamento del lavoro e delle capacità di tante ragazze e ragazzi. E questo non deve più accadere».Davide Fracassocandidato alle elezioni regionali in Lombardia, circoscrizione di Milano lista Lombardia Progressista - Sinistra per GoriChi è: «36 anni, neopapà di Linda. Laurea e lavoro in comunicazione. Fondatore di Lenius.it e volontario del Naga, dove provo a dare una mano a rifugiati politici e vittime di tortura. Amo giocare di squadra e l’F.C.»Perché ha sottoscritto il Patto: «Aderisco in modo convinto perché penso che la Regione possa fare molto per gli stage e tirocini, e più in generale per promuovere l'occupazione di qualità.  La Lombardia è la prima regione per numero di stage. Deve diventarlo anche per la qualità di quelli che offre».Paola Boccicandidata alle elezioni regionali in Lombardia, circoscrizione di MilanoPartito democratico - Giorgio Gori presidenteChi è: «Nata e cresciuta a Milano, laureata al Politecnico, mi sono occupata di ricerca sugli spazi pubblici, ho poi insegnato alla Facoltà di Design e lavorato nel campo dell’audiovisivo. Vivo con mio marito e i miei due figli in un quartiere vivace e aperto. Il mio impegno civico è iniziato nei Consigli di Scuola e proseguito nel 2006 come Consigliera di Zona: sono stata poi eletta nel 2011 in Consiglio Comunale a Milano per il Partito Democratico e riconfermata nelle elezioni amministrative del 2016, cui si è aggiunta la nomina di Consigliera in Città Metropolitana. mi sono occupata in particolare della valorizzazione e diffusione della cultura e dello sport, di qualità dell’ambiente, di scuole, di servizi, del trasporto pubblico, della tutela dei diritti e delle pari opportunità».Perché ha sottoscritto il Patto: «Sottoscrivo il Patto con convinzione, ritenendo che lo stage sia un importante strumento di apprendimento e di prima reale esperienza lavorativa che deve essere soggetto a regole trasparenti e non avere alcun carattere di sfruttamento. Le giovani generazioni hanno il diritto di misurarsi con il mondo professionale esigendo il pieno rispetto del loro ruolo, che significa indennità economica  certa e dignitosa e un percorso di qualità, chiaramente identificato prima del suo inizio  e soggetto a verifiche e valutazioni. Condivido la necessità di un tavolo permanente in Regione, per orientare le politiche regionali alla più efficace e corretta applicazione di questo strumento».Alfredo Zinicandidato al Consiglio regionale della Lombardia, circoscrizione di MilanoPartito Democratico - Giorgio Gori Presidente Chi sono: «Ho 50 anni, sono nato e cresciuto a Milano. Ristoratore di lunga tradizione a Milano nell’impresa familiare, mi occupo da sempre di commercio e innovazione,ciclismo e sport, turismo e formazione. Sono Cavaliere della Repubblica Italiana dal 2 giugno 2009, coordinatore del Club Imprese Storiche di Confcommercio, consigliere del Comitato Lombardo della Federazione Ciclistica Italiana, della Fondazione Fiera Milano, della Camera di Commercio di Milano e del Museo Bagatti Valsecchi. Sono stato anche vicepresidente di Isnart, l’Istituto di ricerche turistiche di Unioncamere, e presidente dell’ente bilaterale del Turismo. Componente del Comitato Expo 2015 di Confcommercio; del tavolo del Turismo e Sport presso il dipartimento del Turismo; collaboratore di Rcs Sport per i grandi eventi (come il Giro d’Italia), e di importanti organizzatori di corse ciclistiche. Sono anche stato arbitro di Calcio e ho ricoperto diversi incarichi nella pubblica amministrazione e nei consigli di amminisreazione di numerose società. ».Perché ha sottoscritto il Patto: «Apprezzo l’iniziativa di Repubblica degli Stagisti, e le battaglie condotte da anni per i diritti dei giovani stagisti. Aderisco con convinzione al Patto perché lavoro, formazione, apprendistato e tirocinio sono temi per me prioritari non soltanto in campagna elettorale, ma nell’agenda quotidiana di istituzioni e imprese. Con il Patto ci impegniamo a favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro con un percorso di formazione e professionalizzante autentico, non svilito e strumentalizzato, rispettoso della dignità e dei diritti delle persone. È la strada giusta per promuovere lavoro e occupazione di qualità».  Giacomo Negricandidato alle elezioni regionali in Lombardia, circoscrizione di MilanoLiberi e UgualiChi é: «29 anni, dopo la laurea in matematica ho lavorato come consulente aziendale. Mi sono licenziato e da quattro anni insegno con passione alle superiori. Ho svolto numerose attività di volontariato, dalla Sicilia all'Albania, dal Ghana alla Grecia e oggi sono uno dei portavoce di Possibile a Milano».Perché ha sottoscritto il Patto: «Sottoscrivo perché la precarietà lavorativa delle giovani generazioni è un danno per tutto il paese, perché sono convinto che il lavoro va pagato, altrimenti si chiama sfruttamento, perché - l'ho vissuto sulla mia pelle - gli uffici di job placement delle università funzionano e devono essere dei punti di riferimento per chi, dopo gli studi, cerca lavoro. Per ridare credito alla politica bisogna prendersi impegni concreti e rendere conto del proprio operato. Dimostrare insomma che è possibile impegnarsi per migliorare la vita delle persone».Franco D'Alfonso candidato al Senato nel collegio uninominale Milano 2 Coalizione di centro-sinistraChi é: «Ho 62 anni e sono nato a Milano dove vivo e lavoro come consulente e manager internazionale. Sono sposato da 27 anni con Micaela e ho tre figli. Mi sono laureato in giurisprudenza alla Statale di Milano, Master in Business Administration, Mba alla Scuola di direzione aziendale dell'università Bocconi, ho lavorato con Alfa Romeo, Italtel e Mediaset. Assessore al commercio e al turismo nel 2011, ho coordinato e organizzato la Lista Civica per Pisapia. Socialista municipalista, conto di portare a Roma quanto di buono c'è a Milano, il mio motto in campagna infatti è "Come Milano": il nostro pragmatismo, il nostro "coeur in man", la nostra competenza».Perché ha sottoscritto il Patto: «Lo sottoscrivo con convinzione perché ritengo che sia di fondamentale importanza che la politica apra gli occhi e torni ad interrogarsi sui problemi del futuro e non solo su quelli pensionistici. Mai così tanto come in questa campagna la generazione degli stagisti, dei lavoratori a progetto, dei contratti a scadenza e delle partite IVA è stata ignorata. Sottoscrivo il patto perché penso sia necessario che la società ribalti il paradigma che vede le giovani generazioni come le proprietarie del futuro e per questo come le ultime file del presente. Oggi bisogna garantire un percorso professionale di qualità, una retribuzione economica dignitosa e il rispetto del ruolo; è qualcosa che nel presente va fatto per dare una stabilità alle giovani generazioni e per costruire insieme un futuro». Anna AscaniCandidata capolista alla Camera in Umbria.Partito DemocraticoChi è: «Sono nata nel 1987, laureata in Filosofia e studente di dottorato presso la Luiss in Politiche: Storia, Teoria, Scienza. La mia esperienza politica nasce insieme al Partito Democratico e sono stata eletta alla Camera dei Deputati nel 2013. Sono stata promotrice del primo Forum Europeo dei Giovani Deputati, tenutosi a Bruxelles nel dicembre 2013. Nel gennaio 2016 sono stata indicata da Forbes tra i trenta personaggi under 30 più influenti della politica europea. Da luglio 2017 sono parte dell’esecutivo nazionale del PD come responsabile del Dipartimento Cultura. Garantire migliori opportunità ai giovani che si affacciano al lavoro è uno dei miei principi guida: la mia attività legislativa, infatti, è stata incentrata su educazione, formazione, cultura, in particolare dal punto di vista dell’innovazione e dello sviluppo».Perché ha sottoscritto il Patto: «La mancanza di equità generazionale è sempre più un problema di tutte le democrazie occidentali, ma specialmente lo è nel nostro paese.  Si tratta di una battaglia da combattere su più fronti: per una formazione sempre più spendibile nel mercato del lavoro, per politiche attive del lavoro, per il giusto riconoscimento economico al lavoro come diritto universale, per condizioni che incentivino lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile. Per tutti questi motivi, è importante battersi per la qualità dell’ingresso nel mondo del lavoro e quindi aderisco convintamente al “Patto per lo Stage 2018».Claudio Consonnicandidato al Senato nel collegio plurinominale Lombardia 5Lista 'civica popolare Lorenzin' Chi è: Docente di scuola secondaria, di ruolo dal 2004, ha una esperienza trentennale dalla secondaria di primo grado (scuola media) all'Istituto d'Arte, al Ginnasio dehoniano, all'Istituto tecnico industriale sia statale che salesiano, nonchè nei licei scientifici statali di Milano, Desio e Monza. È consigliere comunale della Margherita nel comune di Monza.Perché ha sottoscritto il Patto: «Giovani, lavoro, scuola e formazione, apprendistato e tirocinio sono stati temi prioritari della mia candidatura e sono nel programma della "Civica Popolare con Lorenzin". Occorrono regole corrette per tirocini significativi a partire dall'alternanza scuola - lavoro delle secondarie superiori dove ho fatto molta esperienza di tutoraggio di classi liceali. Essi sono infatti i ponti importantissimi tra l'istruzione e mondo del lavoro. Dobbiamo anche fare in modo che gli stage possano essere utilizzati non solo nelle università (dove ho fatto epserienza di tutoraggio on-line) ma anche durante tutto il corso dell'aggiornamento e della educazione continua degli adulti, senza con ciò ledere i diritti dei lavoratori. Dobbiamo anche smascherare e reprimere i vari abusi nei "lavori" mascherati da tirocini».Maria Rita Liviocandidata al Consiglio regionale della Lombardia nella circoscrizione di ComoPartito democraticoChi è: insegnante di Lettere e Latino al liceo, già sindaca di Olgiate Premasco, dal 2014 è presidente della Provincia di Como.Perché ha sottoscritto il Patto: «Perché ha sottoscritto il Patto: «Credo che il tema delle politiche del lavoro e quello dei tirocini sia centrale per la promozione di “buona occupazione” e viste le competenze della Regione su questi temi la futura giunta che auspico di centro sinistra dovrà impegnarsi molto per “invertire la rotta”. Penso sia assolutamente necessaria una revisione dell’organizzazione degli stage, soprattutto per quelli che coinvolgono i giovani all’entrata nel mercato del lavoro. Il tirocinio dovrebbe essere sempre una esperienza finalizzata all’inserimento nel lavoro, un periodo di prova e di conoscenza reciproca. Vanno quindi aboliti tutti i tirocini “non finalizzati”, oggi proposti ed utilizzati anche da grandi aziende, che in molti casi sono delle vere e proprie offese per i giovani diplomati e laureati. Vanno tuttavia mantenute delle distinzioni chiare tra: i tirocini curriculari, che sono parte di un percorso di formazione; i tirocini extracurriculari, quali strumento per il primo inserimento nel lavoro, per giovani che hanno concluso il loro percorso formativo, a tutti i livelli; i tirocini extracurricolari, di inserimento lavorativo protetto per le categorie svantaggiate (ad esempio disabili, ex-carcerati, minori sotto tutela giudiziaria). La Regione al contempo può avere un ruolo di controllo e di verifica quindi ben venga l’istituzione di un tavolo permanente sui tirocini. Faccio un esempio su tutti:  il sistema per un possibile controllo è già presente ed andrebbe semplicemente attivato. Sono le COB gestite dai Centri per l’Impiego, i cui dati andrebbero incrociati con le attività delle direzioni territoriali del lavoro. Anche in questo ruolo la Regione può e dovrà farsi avanti. Condivido certamente la necessità di un serio intervento di riforma dello strumento dei tirocini. Questo è compito sia dello Stato, del Ministero del Lavoro e del MIUR, sia della singola Regione. Ed in Lombardia l’intervento può essere più rapido ed incisivo perché ci sono delle esperienze già positive e c’è un sistema economico diffuso che può essere ancor più coinvolto».Mina ZingarielloCandidata alla Camera dei Deputati, circoscrizione Estero-Europa Partito democraticoChi è: «Sono una cooperante umanitaria. Vivo a Londra dal 2013 ma prima ho vissuto e lavorato in Africa e in America Latina. Sono nata in provincia di Taranto e sono cresciuta in provincia di Mantova. Mi sono laureata in Servizi giuridici internazionali con Specialistica in Relazioni internazionali, profilo giuridico. Ora lavoro per l'ONG umanitaria International Rescue Committee dove mi occupo di rifugiati e migranti vulnerabili in Libia ed Europa».Perché ha sottoscritto il Patto: «Aderisco perché nel mio settore gli stage senza compenso sono molto comuni e costituiscono una barriera all'ingresso che blocca l'accesso di personale di talento e motivato che non può permettersi di lavorare senza stipendio. Io stessa ho dovuto partecipare a internship non retribuite sia in Italia che nel Regno Unito, e per potermi mantenere ho dovuto trovare lavori part-time o durante il fine settimana da fare in aggiunta al lavoro che già svolgevo come una intern. Avere percorsi di accesso al mondo del lavoro sani e rispettosi della dignità dei lavoratori e dei datori di lavoro e' di importanza fondamentale, ed é per questo che l'area dei tirocini deve essere normata e monitorata in modo più rigoroso e senza lasciare spazio ad ambiguità. Per questo sono felice di aderire al "Patto per lo stage 2018" e ringrazio la Repubblica degli Stagisti per il lavoro che svolge».