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Stage negli enti pubblici, il Friuli sta per cambiare le regole: più lunghi ma indennità più alta

In Friuli Venezia Giulia la discussione sulla nuova legge per gli stage extracurriculari è in atto. Alle parti sociali a inizio dicembre è stata presentata la bozza del testo e la Commissione regionale Lavoro già ha dato parere positivo, anche se ancora non si sa quando potrebbe essere finalmente approvato dalla Giunta. «È stata fatta un’integrazione del vecchio regolamento e l’intento è quello di sistemarlo attraverso le nuove direttive sulle linee guida», dice alla Repubblica degli Stagisti Luciano Bordin, segretario del mercato del lavoro e servizi per l’impiego della Cisl in Regione e membro della Commissione tripartita. In generale, pare che nel redigere la nuova legge la Regione si sia focalizzata soprattutto sui temi della vigilanza e del monitoraggio, seguendo le novità che le nuove linee guida per gli stage, emesse dalla Conferenza Stato-Regioni di maggio 2017, hanno introdotto. Non è ancora chiaro se, a questo punto, la bozza della normativa friulana dovrà affrontare un ulteriore passaggio in Consiglio regionale (a cui di solito la Giunta chiede un parere finale sui contenuti), ma, una volta approvata, si sa già che la legge entrerà in vigore a partire dal giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, andando a sostituire l’attuale regolamento n.198/2016.Quali sono i contenuti della bozza? La Repubblica degli Stagisti ha potuto dare uno sguardo al testo preliminare della normativa. Non essendo una versione finale, non è ancora dato di sapere se le informazioni contenute saranno confermate o meno.Prima di tutto, sembra che per i tirocini di entrambe le tipologie (formazione e orientamento, inserimento e reinserimento) la durata massima sarà confermata a sei mesi (a dispetto delle linee guida) e la minima a due, così come prevedeva la vecchia normativa regionale. Anche per le altre tipologie la durata massima rimane stabile: 18 mesi per i tirocini diretti a soggetti svantaggiati e 3 mesi per i tirocini estivi (anche se, per questi ultimi, la durata minima viene ridotta - da 3 settimane a 14 giorni). Una novità importante sia in termini di durata che di rimborso spese, però, è costituita dal nuovo distinguo tra i tirocinanti del settore pubblico (gli enti pubblici del Comparto Unico del Friuli Venezia Giulia) rispetto a quelli del settore privato: nello specifico, per i tirocinanti pubblici la durata massima dello stage sarà pari a 12 mesi, a fronte di (altra novità) un compenso di 800 euro mensili. Come mai questa differenza? Bordin la giustifica spiegando come nel pubblico impiego non si possa essere assunti se non tramite concorso: una maggiore indennità dovrebbe quindi sopperire alla mancata possibilità di inserimento dei tirocinanti con contratto alla fine del proprio stage. «È stata introdotta questa premialità e noi l’abbiamo valutata positivamente».Per quanto riguarda l’indennità mensile dei tirocinanti del settore privato, invece, dalla bozza risulta che saranno confermati i 300 euro lordi minimi per il part time (20 ore settimanali) e i 500 per il tirocinio a tempo pieno, come da vecchia normativa. Un altro punto in cui la Regione Friuli si discosta dalle linee guida, che invece riportano un rimborso spese lordo di 300 euro, senza oltretutto fare distinzioni sui tempi di lavoro. Per i tirocini estivi, invece, viene specificato come l’indennità di partecipazione debba essere corrisposta settimanalmente e debba essere pari ad almeno un quarto dell’indennità mensile prevista. Nel caso di sospensione del tirocinio per maternità, infortunio o malattia di lunga durata, infine, non sussiste l’obbligo, da parte del soggetto ospitante, di corrispondere l’indennità di partecipazione per la durata del periodo sospeso. E per quanto riguarda la compatibilità dei sussidi di disoccupazione con l’indennità di tirocinio? Il testo del Friuli riporta come «Nel caso di tirocini attivati in favore di lavoratori sospesi e comunque percettori di forme di sostegno al reddito in quanto fruitori di ammortizzatori sociali, non vi è obbligo di erogazione dell’indennità. Per i lavoratori sospesi e percettori di sostegno al reddito, l’indennità di tirocinio viene corrisposta per il periodo coincidente con quello di fruizione del sostegno al reddito solo fino a concorrenza con l’indennità minima prevista dalla normativa di riferimento. Nel caso di tirocini in favore di soggetti percettori di forme di sostegno al reddito, in assenza di rapporto di lavoro, l’indennità di partecipazione erogata dal soggetto ospitante è cumulabile con l’ammortizzatore percepito anche oltre l’indennità minima prevista dalla disciplina vigente».Sempre nell’ambito della sospensione del tirocinio, in Friuli basteranno 10 giorni solari per stabilire che il tirocinio può essere sospeso, dove le linee guida indicano invece un periodo di 30 giorni. Uguale alle linee guida è invece l’indicazione di come il tirocinio possa essere interrotto sia dal tirocinante che dal soggetto ospitante in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei due, previa motivazione scritta. Nell’ambito dell’elenco dei soggetti promotori, la bozza della normativa del Friuli opera una distinzione tra le varie tipologie di stage: così, per esempio, se per i tirocini formativi e di orientamento possono attivare tirocini anche le strutture regionali di orientamento, per i tirocini di inserimento e reinserimento questa possibilità non è prevista. Allo stesso modo, per i tirocini rivolti a persone svantaggiate, tra gli enti che possono attivare il tirocinio ci sono le aziende per l’assistenza sanitaria, assenti invece nel caso delle altre tipologie. Resta poi l’impossibilità di far coincidere soggetto promotore e soggetto ospitante. Gli obblighi dei soggetti promotori e dei soggetti ospitanti vengono confermati dalle linee guida e, nel testo del Friuli, si leggono inoltre gli obblighi del tirocinante, più dettagliati rispetto alle indicazioni generiche delle linee guida: seguire le attività previste dal progetto formativo e i regolamenti aziendali, seguire le indicazioni dei tutor, rispettare le norme di igiene e sicurezza, rispettare gli obblighi di riservatezza nel caso di soggetti ospitanti privati e il segreto d’ufficio nei soggetti ospitanti pubblici.Anche i compiti del tutor rimangono gli stessi delle linee guida, così come il limite massimo di tirocinanti assegnati a ciascun tutor del soggetto promotore (20), mentre il tutor del soggetto ospitante può accompagnare fino a tre tirocinanti contemporaneamente. Tra le condizioni di attivazione, anche il Friuli riporta come il soggetto ospitante non possa ospitare tirocinanti con cui ha già avuto un rapporto di lavoro e come non sia possibile svolgere più di un tirocinio presso il medesimo soggetto ospitante, ma, a differenza delle linee guida, qui viene riportato come questo principio non si applichi ai soggetti svantaggiati (che quindi possono intraprendere più tirocini nello stesso posto di lavoro): si capiscono le ragioni di tale scelta, anche se esiste sempre la possibilità che qualcuno possa approfittarsene. Nel caso dei tirocini estivi, poi, la bozza friulana specifica come sia possibile svolgere due tirocini presso il medesimo soggetto ospitante (un altro punto che potrebbe rischiare di promuovere il lavoro mascherato). Se si guarda al numero di tirocini attivabili e la premialità, il Friuli sembra confermare, come nella precedente normativa, l’impossibilità di attivare un tirocinio se il soggetto ospitante non ha dipendenti a tempo determinato o indeterminato - fatta eccezione per i datori di lavoro iscritti all’albo delle imprese artigiane, le aziende agricole a conduzione familiare e gli studi di professionisti, che possono inserire un tirocinante anche se non hanno dipendenti con contratto a tempo indeterminato, a patto che le loro attività siano coerenti con il percorso formativo del tirocinante. Rimangono i limiti di un tirocinante per soggetti ospitanti con organici compresi tra 1 e 5, due tirocinanti per soggetti con 6-19 dipendenti e il 10% per i soggetti ospitanti con più di 20 dipendenti. Anche il criterio di premialità rimane lo stesso del testo nazionale: possibilità di attivare 1 tirocinio se nei 24 mesi precedenti sono stati assunti almeno il 20% dei tirocinanti, 2 tirocinanti con il 50% degli assunti, 3 con il 75% e 4 con il 100%. Come da linee guida, poi, anche in Friuli non viene fatta cumulazione tra tirocini curriculari ed extracurriculari nel calcolo delle quote di contingentamento.Infine, permangono nella bozza del Friuli le garanzie assicurative riportate nelle linee guida e l’istituzione di sistemi di monitoraggio e vigilanza (nel caso di violazioni non sanabili, l’intimazione al soggetto promotore e/o a quello ospitante della cessazione e l’interdizione per 12 mesi dall’attivazione di nuovi tirocini; un avviso, invece, per quelle sanabili).Una volta approvate, le nuove disposizioni si applicheranno ai quasi 5mila stage extracurriculari che la Regione Friuli attiva mediamente ogni anno. Irene Dominioni

Ricercatori ancora molto precari, ma l'indagine annuale Adi ha qualche buona notizia

Sono concentrati soprattutto al Nord, prevedono ormai quasi tutti una tassazione, molti senza nemmeno una differenziazione in base al reddito, e rispetto a dieci anni fa hanno subito un calo dei posti disponibili superiore al quaranta per cento: sono questi i numeri della VII indagine annuale dell’associazione dottorandi e dottori di ricerca, l'ADI, su dottorato e Post-Doc. I dati sono stati presentati in Senato qualche giorno fa. L’indagine, che negli anni si è arricchita di sezioni dedicate proprio al tema della tassazione sul dottorato e alla rappresentanza dei ricercatori precari nelle università, racconta in primo luogo un dato abbastanza positivo: un trend in aumento dei posti di dottorato banditi che, per il 2017, tornano finalmente ai livelli di tre anni fa con oltre 9mila posti a bando, più del cinque per cento rispetto all’anno scorso. Non sufficiente però a far parlare di dati complessivi positivi: dal 2007 a oggi sono spariti più di seimila posti. E come se non bastasse poco meno della metà di quelli messi a bando si concentra in soli dieci atenei, di cui otto al Nord. Nessuna retromarcia quindi per il sistema di “compressione selettiva”, come denunciato da ADI già nelle precedenti indagini nazionali. I posti quest’anno sono sì aumentati, ma solo in determinate regioni, confermando quindi le diseguaglianze tra nord, centro e sud Italia.I punti critici riguardano anche la questione tassazione: aumenta, infatti, il numero di atenei statali che la prevedono anche per i dottorandi con borsa, passando dai 19 del 2016 ai 21 di quest’anno. Con un importo medio poco superiore ai 600 euro, ma con fortissime differenze in base alle singole università, passando dagli esigui 100 di quella di Udine agli oltre 2mila euro per l’università Mediterannea di Reggio Calabria. E come se non bastasse ben dodici atenei non prevedono alcuna differenziazione del contributo in base al reddito.Una questione, quella della tassazione, da sempre al centro delle richieste Adi. E che si basa su un’incongruenza di fondo sullo status giuridico del dottorando: in Italia, infatti, il dottorando è inquadrato come studente, con la conseguenza per chi rientra nella categoria di ricevere un pagamento dall’università per la ricerca/lavoro prestato ma dover anche versare le tasse di iscrizione all’ateneo. Dopo una dura battaglia l’Adi è riuscita nel 2016 a ottenere l’abolizione delle tasse per i dottorandi senza borsa, che vivevano nel paradosso di pagare una tassa e non ricevere poi alcun emolumento. E ora l’associazione si batte anche per l’abolizione delle tasse per chi una borsa di studio la riceve.Perché l’Adi sostiene da tempo che la figura del dottorando come “ricercatore in formazione” sia incompatibile con forme di tassazione legate all’iscrizione e alla frequenza dei corsi. Perché o si è studenti e ci si iscrive all’università pagando, o si fa ricerca, quindi si lavora, ed è impensabile pagare una tassa per farlo. Con l’aggiunta poi di non avere una cifra definita in maniera uniforme ovunque: visto che dopo il dm 45/2013 gli atenei sono stati lasciati liberi di decidere in autonomia se esigere o meno un contributo da parte dei dottorandi borsisti. E così ogni ateneo ha introdotto regole diverse, graduando la tassazione in alcuni casi, come a Reggio Calabria, addirittura su 41 fasce Isee, che vanno dai poco più di 500 euro agli oltre 2mila. O finendo in casi, esempio è la Sapienza di Roma, dove si è deciso per l’esenzione completa per tutti gli studenti dei corsi di dottorato. Ci sono però anche delle buone notizie: diminuiscono i posti di dottorato senza borsa, calando di sei punti percentuali rispetto al 2016 e soprattutto attestandosi al livello più basso tra tutte le rilevazioni fatte da sette anni a questa parte. E in corrispondenza aumentano i posti con borsa: più di otto su dieci, il livello più alto dal 2010. Dei 9mila dottorati messi complessivamente a bando nel 2017, il numero di quelli senza borsa è 1644, pari a poco meno del 18% del totale. In calo rispetto al 2014 quando quelli senza borsa erano il 20% circa.In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili del 2015, ci sono all'incirca 32.800 persone impegnate in dottorati di ricerca, contro i quasi 200mila della Germania e i circa 70mila della Francia. Ma è il rapporto con il numero degli abitanti che salta all’occhio: se la Germania ha circa 2,4 dottorandi ogni mille abitanti e la Francia poco più di 1, l’Italia si attesta alla penultima posizione in Europa con solo 0,5 dottorandi per mille abitanti, seguita solo da Malta in fondo alla classifica.Ma cosa si fa dopo il dottorato? L'inquadramento più frequente per chi prosegue la carriera universitaria è quello tramite assegno di ricerca. L’indagine ha voluto, dunque, analizzare anche la situazione post dottorato in Italia che resta stabile con poco più di 13mila assegnisti di ricerca. Ma anche in questo caso c’è una forte diseguaglianza per quanto riguarda la distribuzione territoriale: oltre la metà degli assegnisti è, infatti, concentrata al Nord e la restante percentuale si divide quasi equamente tra centro e sud Italia. Non solo, le prime dieci università per numero di assegnisti ne contengono praticamente la metà e tra questi non risulta nemmeno un ateneo del Sud. Continuando l’analisi delle altre figure professionali che un dottorando fortunato ricopre fino a diventare – raramente – un docente universitario, c’è poi la figura del ricercatore a tempo determinato, per cui il quadro generale non si discosta molto da quello degli assegnisti. In questo caso, però, tra le prime dieci università che raccolgono la metà dei ricercatori totali, ci sono anche due atenei del centro sud: La Sapienza di Roma e la Federico II di Napoli.Nonostante il gran numero di inquadramenti dedicati a vario titolo alla didattica, però, nell’anno in corso si registra un saldo complessivo negativo del personale docente, dato dalla somma di professori ordinari, professori associati e ricercatori a tempo determinato, con un taglio di oltre 900 unità. Il che significa che il piano straordinario per stabilizzare i ricercatori a tempo determinato senior è stato insufficiente, con l’area medica tra quelle più colpite.Ma sono i dati sul futuro dei ricercatori precari che non fanno ben sperare: perché secondo le stime ADI solo il nove percento degli assegnisti di ricerca potrà avere la possibilità di arrivare a un contratto a tempo indeterminato, mentre oltre il novanta per cento sarà espulso dall’università italiana. Con uno spreco per il sistema universitario non indifferente in termini di soldi investiti senza ritorno – cervelli che finiranno probabilmente all’estero.E forse uno dei problemi che incide in maniera non irrilevante sull’andamento delle politiche dedicate ai dottorandi e ai ricercatori è la rappresentanza estremamente disomogenea. Nella stragrande maggioranza dei casi delle elezioni delle rappresentanze studentesche nei Senati accademici e nei Consigli di amministrazione di ateneo, così come nei consigli di dipartimento, infatti, i dottorandi sono accorpati alla categoria degli studenti. Nonostante siano due categorie completamente differenti. Non meraviglia, quindi, che i dottorandi non siano rappresentati nella metà degli atenei italiani. Con ovvie ripercussioni sulle scelte e politiche adottate per la categoria. A batterli ci pensano gli assegnisti di ricerca: la categoria in assoluto più penalizzata, tanto da essere rappresentata nei senati accademici solo nell’otto per cento dei casi.La presentazione dell’indagine è stata però anche l’occasione per sentir ribadire da parte del senatore Francesco Verducci, del Partito democratico, l’intenzione di arrivare a un piano di reclutamento di duemila ricercatori all’anno per cinque anni. E scoprire da Marco Mancini, capo dipartimento università del Miur, che è in corso di revisione il decreto ministeriale 45/2013  sul dottorato. Revisione che era stata chiesta a gran voce dall’Adi, in particolare per ottenere l’esenzione per le tasse per tutti i dottorandi, dopo l’esenzione dello scorso anno per i non borsisti, e costituire un fondo per sostenere la mobilità all’estero dei senza borsa, che non hanno alcun tipo di aiuto economico nemmeno nei periodi di dottorato svolti lontano dalla propria università.Una categoria, quella dei ricercatori e dottorandi, che esce da questo quadro con le ossa abbastanza rotte, e sopratutto con scarse possibilità di avere un futuro all’interno dell’università.Marianna LeporeNella foto in alto la delegazione Adi davanti al Senato

Lombardia, lievi miglioramenti a favore degli stagisti nella bozza della nuova legge sui tirocini

La Lombardia è in assoluto la Regione più importante per gli stagisti italiani. Qui avviene all'incirca un sesto degli stage di tutta Italia: ne consegue che la normativa lombarda è quella che impatta sul maggior numero di stagisti, e che con il suo quadro di diritti e doveri può letteralmente cambiare la vita di una persona che fa uno stage. A che punto è l'amministrazione regionale rispetto all'obbligo di emanare una nuova normativa che tenga conto delle nuove linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso maggio? La deadline era il 29 novembre: ma la Lombardia purtroppo, come la maggior parte delle altre Regioni, è in ritardo. Ha fatto in tempo a far approvare il testo in giunta regionale, il 20 novembre, ma restano ancora almeno due passaggi prima che il nuovo testo veda ufficialmente la luce e diventi operativo. Il prossimo passaggio, cioè la discussione nella Commissione consigliare competente, è calendarizzato per la settimana a ridosso di Natale. Con tutta probabilità per l'ultimo, e cioè la votazione in consiglio regionale, si dovrà attendere gennaio.In linea generale, si può anticipare che la Regione Lombardia non avrebbe ragione di discostarsi dalle nuove linee guida, dato che… praticamente le ha scritte lei. Per dirla in termini più politicamente corretti: ha fatto sentire e pesare la sua voce in maniera molto efficace, tra il 2016 e il 2017, nelle riunioni a porte chiuse della Conferenza Stato-Regioni in cui le nuove linee guida sono state discusse e scritte. Si può dunque dire che una larghissima parte dei contenuti abbia il “timbro” della giunta Maroni, insomma.La Repubblica degli Stagisti ha potuto visionare in anteprima la bozza di normativa lombarda: ecco i punti salienti.Sale, anche se di poco e non per tutti, il rimborso spese minimo. Finora l'indennità mensile obbligatoria è stata pari a «euro 400 mensili, al lordo delle eventuali ritenute fiscali, riducibile a 300 euro mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa ovvero qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore» e «qualora il soggetto ospitante sia una Pubblica Amministrazione […] 300 euro mensili». Adesso la nuova bozza prevede che sia «euro 500 mensili, al lordo delle eventuali ritenute fiscali, riducibile a euro 400 mensili qualora si preveda la corresponsione di buoni pasto o l’erogazione del servizio mensa; euro 350 euro mensili qualora l’attività di tirocinio non implichi un impegno giornaliero superiori a 4 ore». Con l'eccezione degli enti pubblici, per i quali è ancora previsto uno sconto: «Qualora il soggetto ospitante sia una Pubblica Amministrazione […] si applica un’indennità di partecipazione forfettaria minima di 300 euro mensili» a cui però diventa obbligatorio anche associare il benefit della mensa gratuita o dei buoni pasto «qualora l’attività di tirocinio implichi un impegno giornaliero superiori a 5 ore».Non si tratta di un gran miglioramento: considerando i costi della vita in Lombardia, e specialmente a Milano, erano in molti ad auspicare che la Regione si allineasse al vicino Piemonte, innalzando l'indennità minima a 600 euro senza distinzioni. La giunta Maroni si è invece tenuta molto parca. Qualcosa però ha aggiunto, oltre al piccolo ritocco delle cifre minime: ha ampliato lievemente la platea. Il diritto al rimborso spese cioè sarà obbligatoriamente applicato non solo a favore dei tirocinanti extracurriculari, ma anche per una piccola parte di quelli che comunemente si indicano come curriculari: in particolare il testo specifica che hanno diritto a ricevere queste indennità tutti coloro che partecipano anche ai «tirocini extracurriculari rivolti a studenti durante il periodo estivo».Vengono introdotti dei limiti alle attività che possono essere svolte in stage. «Non possono essere attivati tirocini extracurriculari per tipologie di attività lavorative elementari e per le quali non può essere previsto un tirocinio», si legge. Un principio che in realtà è già presente nella normativa attuale («Il tirocinante deve svolgere le attività coerenti con gli obiettivi formativi del tirocinio stesso, che non possono riguardare l’acquisizione di professionalità elementari, connotate da compiti generici e ripetitivi, ovvero attività riconducibili alla sfera privata»). Ma come si fa a individuare e circoscrivere con sicurezza una attività lavorativa "elementare"? Finora non ci si è riusciti: prova ne siano le migliaia e migliaia di stage attivati negli ultimi anni in Lombardia per qualsiasi mansione. Nel nuovo testo però si trova una novità: un riferimento allo «European Qualification Framework - EQF - livello 1». Si tratta di una classificazione europea che la Lombardia già da diversi anni ha declinato con suoi atti normativi, creando una sorta di catalogo delle competenze professionali, e attribuendo a ciascuna di esse un valore compreso tra 1 e 8, dove con 1 vengono indicate appunto le competenze elementari e con 8 quelle estremamente complesse. Il fatto che la Regione intenda vietare la possibilità di attivare stage per mansioni di livello 1 è certamente encomiabile: peccato però che solitamente il progetto formativo di uno stage preveda un elenco di varie competenze, e dunque basterà che nel progetto formativo vengano elencate anche competenze di livello 2 o di livelli superiori perché lo stage torni ad essere fattibile.Un altro aspetto molto importante è: quanti stagisti può accogliere uno stesso soggetto ospitante? Si tratta cioè della proporzione massima tra stagisti e dipendenti. Questa proporzione è in generale 1:10, cioè gli stagisti non possono essere più del 10% rispetto al numero dei lavoratori. Il problema dell'attuale legge in Lombardia è che è troppo larga, e permette di conteggiare tra i lavoratori anche i non-dipendenti. Il nuovo testo normativo migliora un po' la situazione: nel conteggio delle “risorse umane” non permette più di ricomprendere «i coadiuvanti, i liberi professionisti singoli o associati» e «i lavoratori con contratto [...] di collaborazione non occasionale». In compenso, per i lavoratori temporanei, cade il limite di durata minima dei 12 mesi, sostituito dalla dicitura «a condizione che il loro contratto abbia inizio prima dell’avvio del tirocinio e si concluda successivamente alla conclusione dello stesso». Ma si tratta di uno scambio tutto sommato vantaggioso per la platea di stagisti.La bozza di nuova normativa prevede poi delle deroghe numeriche in base alla percentuale di assunzione post stage. In particolare le aziende che avranno assunto almeno il 20% dei tirocinanti extracurriculari attivati nel 24 mesi precedenti potranno avere uno stagista in più rispetto ai limiti massimi indicati dalla proporzione stagisti/dipendenti; se avranno assunto almeno il 50% dei tirocinanti, potranno avere 2 stagisti in più; tre in più se avranno assunto almeno il 75%, e quattro in più in caso di 100% di assunzioni. «L’attivazione di nuovi tirocini oltre la quota di contingentamento» specifica il testo «è subordinata alla stipula di un contratto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi (nel caso di part time, esso deve essere almeno pari al 50% delle ore settimanali previste dal contratto collettivo applicato dal soggetto ospitante)». Sarebbe stato meglio che la durata minima fosse 12 mesi e non 6, ma tant'è. Resta da chiarire come verranno conteggiati gli stagisti che hanno abbandonato volontariamente lo stage: resteranno nel denominatore, o verranno espunti?Ultimo punto caldo, la durata. Qui la Regione Lombardia ha accolto, almeno parzialmente, una proposta formulata dalla Cisl al tavolo con le parti sociali (qui l'intervista al segretario Mirko Dolzadelli). E cioè di differenziare le durate massime a seconda della complessità del mestiere da imparare. Ci si mette infatti più tempo a imparare a fare il tecnico in un laboratorio chimico rispetto a fare il cameriere in un bar: logico no? Eppure né le Linee guida (vecchie e nuove) né le 21 normative regionali vigenti prevedono una differenziazione in questo senso. La Lombardia su spinta dei sindacati ha deciso di introdurre una prima, minima diversificazione; con l'entrata in vigore del nuovo testo dunque ci saranno stage che potranno durare al massimo 6 mesi, e stage che potranno durare fino a 12. A fare la differenza saranno i valori EFQ appunto: per mansioni con livello 2 o 3 la durata massima sarà 6 mesi, per tutti gli altri (i livelli EQF arrivano fino a 8) potrà appunto prolungarsi fino a 12, come suggerito dalle linee guida.In ogni caso, il testo della nuova normativa non è ancora definitivo. La procedura prevede ora un passaggio nella Commissione competente del consiglio regionale, che è la n. 4 (Attività produttive e occupazione), calendarizzato al momento nell'ultima settimana prima di Natale. La Commissione ha comunque tempo fino al 20 gennaio per formulare le sue considerazioni in merito, e può anche sollecitare la giunta ad apporre qualche modifica o integrazione al testo. Poi la normativa dovrà essere votata dal consiglio regionale, e solo dopo quest'ultimo passaggio diverrà operativa, coi tempi e le modalità di attuazione che verranno indicati.Eleonora Voltolina

Stage nelle Marche: ancora manca la nuova legge, ma l'indennità dovrebbe aumentare

Ormai è trascorso il termine del 25 novembre per la delibera da parte delle Regioni italiane sulla regolamentazione degli stage extracurriculari, ma le Marche sono una delle 15 Regioni in ritardo sul varo della nuova legge. Alla Repubblica degli Stagisti l'ufficio PF Lavoro e formazione della Regione Marche aveva assicurato a inizio novembre che la nuova delibera della giunta regionale (dgr) sarebbe stata pubblicata a breve, eppure ancora non c’è. Non è ancora chiaro quando la nuova legge sarà varata, né quando entrerà in vigore. Quelle che seguono sono considerazioni basate su una prima bozza, che però non si può considerare definitiva.In generale, il testo delle Marche sembra riprendere le linee guida emesse il 25 maggio, con tutti i pro e i contro già evidenziati dalla Repubblica degli Stagisti. Ma c'è almeno un punto in cui le Marche sembrano prendere ledistanze dalle linee guida: questo riguarda l’indennità mensile, che presumibilmente sarà più alta rispetto alla vecchia normativa. Se prima il rimborso spese era di 350 euro lordi mensili, sembrerebbe che la Regione sia intenzionata ad aumentarlo, scalandolo in base al numero di ore settimanali lavorate dallo stagista: per uno stage fino a 29 ore settimanali, non meno di 400 euro al mese di rimborso, 500 euro per un orario tra le 30 e le 35 ore, 600 per il tempo pieno, da 36 a 40 ore a settimana. Questa ipotesi, comunica alla Repubblica degli Stagisti Cristiana Ilari, segretaria generale della Cisl nelle Marche, ha ricevuto il plauso delle associazioni sindacali e la speranza è che venga confermata, «nonostante le pressioni dai rappresentanti delle imprese di mantenere l’importo dell’indennità compreso tra i 400 e i 500 euro». Bisogna ancora vedere quali importi saranno confermati nel testo definitivo, ma gli stagisti marchigiani possono ragionevolmente aspettarsi un aumento rispetto all’indennizzo minimo previsto finora.Per quanto riguarda la durata dello stage, la bozza di legge indica un limite massimo di sei mesi. Non viene fatta esplicita distinzione tra le due diverse tipologie di stage (formativi/di orientamento e di inserimento/reinserimento), ma viene specificato come il termine sia elevabile fino ad un massimo di dodici mesi, «qualora il profilo professionale preveda un periodo di prova di almeno 6 mesi da Ccnl», cioè il contratto nazionale di lavoro, cita il testo. La vecchia normativa nelle Marche già prevedeva un limite di 6 mesi sia per entrambe le tipologie: una eventuale conferma a sei mesi costituirebbe un altro fattore positivo (a differenza delle linee guida, che evidenziano 12 mesi di durata massima in ambo i casi), ma rimane ancora da vedere se effettivamente sarà confermato. Presumibilmente rimarranno uguali anche i termini di 12 mesi per soggetti svantaggiati e disabili, elevabili fino a 24 mesi. La durata minima, invece, come da linee guida sembra essere confermata a due mesi, eccetto per i tirocini stagionali, il cui termine minimo è di un mese soltanto.Tra i destinatari dello strumento stage, nella bozza delle Marche figurano, come nelle nuove linee guida nazionali, i soggetti in stato di disoccupazione, i lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito, i lavoratori a rischio disoccupazione e i soggetti già occupati che sono in cerca di altra occupazione. Ricalcate dal testo del 25 maggio anche le definizioni dei soggetti promotori e dei soggetti ospitanti, così come i loro diritti e doveri, e le condizioni di attivazione (l’impossibilità di svolgere più di un tirocinio con lo stesso soggetto ospitante o di impiegare gli stagisti in sostituzione dei lavoratori, ad esempio). Per quanto riguarda i limiti numerici, nessuna variazione nemmeno nel criterio di assegnazione degli stage in base al numero di dipendenti (calcolati sulla base di quelli con contratto a tempo indeterminato o determinato ed esclusi gli apprendisti): 1 tirocinante in aziende con 0-5 dipendenti, 2 tirocinanti in aziende con un numero di dipendenti da 6 a 20, e nelle aziende con più di 20 dipendenti una quota di tirocinanti pari al 10%. «Il fatto di poter svolgere il tirocinio in aziende senza dipendenti a tempo indeterminato per noi costituisce un punto critico», sottolinea la sindacalista Ilari, evidenziandola come una «scelta che mette in seria discussione l’attivazione di progetti credibili e un tutoraggio efficace del tirocinante». Considerando che la vecchia normativa nelle Marche già prevedeva questo criterio, evidentemente l'istanza dei sindacati già non era stata accolta quattro anni fa.Ma il limite numerico non è l’unico punto critico sollevato dalle parti sociali durante la discussione sulla prima bozza: «sembra che sia venuto meno il vincolo di stabilizzazione, che noi auspicavamo fosse di almeno un terzo. In questo senso abbiamo espresso la nostra preoccupazione verso il rischio di un uso improprio dei tirocini: soprattutto ora che i voucher sono stati soppressi, questo è un pericolo concreto» puntualizza Ilari. Quello della stabilizzazione dei tirocinanti è un vincolo importante che le Marche avevano già applicato specificamente ai tirocini di inserimento o reinserimento nella precedente normativa (la Dgr 1134/2013) e che impediva ai soggetti ospitanti di attivare tirocini per un anno se non avessero assunto, negli ultimi 24 mesi, almeno un terzo dei propri tirocinanti con contratto di durata almeno pari a quella del tirocinio stesso. Se questo punto dovesse decadere con il varo della nuova legge, sicuramente non rappresenterebbe un fattore positivo. Il criterio di premialità, invece, che consente alle aziende di prendere più stagisti quanti più ne assumono (1 tirocinio attivabile a fronte del 20% dei tirocinanti assunti negli ultimi 24 mesi; 2 tirocinanti a fronte del 50%, 3 tirocinanti a fronte del 75% e 4 tirocini per il 100% dei tirocinanti assunti, oltre la quota di contingentamento) rimane nella bozza delle Marche coerente con le linee guida, introducendo una novità che prima non era presente nella normativa. Permane, invece, la non cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari, un punto che la Repubblica degli Stagisti aveva già sollevato come problematico.Per il resto, le indicazioni contenute nella bozza preliminare della Regione Marche mantengono gli stessi principi delle linee guida (diritti e doveri del soggetto ospitante e del soggetto promotore, garanzie assicurative e modalità di tutoraggio), con minori variazioni per quanto riguarda i termini di rilascio dell’attestazione finale e di erogazione dell’indennità (nella bozza delle Marche il tirocinante deve aver svolto almeno il 75% della durata prevista nel progetto formativo, mentre le linee guida indicano una soglia leggermente inferiore, il 70%).Infine, un punto importante sollevato dai sindacati è stata la richiesta di un monitoraggio dello strumento del tirocinio, per valutare la portata delle misure messe in campo e, in futuro, adottare i necessari accorgimenti. In parte, la Regione Marche ha già provveduto a raccogliere i dati sugli stage attivati, gli esiti occupazionali e le tipologie di contratti post-stage negli ultimi cinque anni: secondo l'Osservatorio del mercato del lavoro marchigiano, tra il 2012 e il 2017 (al 20 novembre) nella Regione sono stati attivati oltre 52mila tirocini, quasi raddoppiati tra il 2012 (6.405) e il 2017 (11.557). Sul totale dei 5 anni, un po' meno della metà (45%) degli stagisti ha avviato un rapporto di lavoro entro tre mesi dalla conclusione dello stage. Purtroppo i dati della Regione non riportano quale sia stato in questi anni il destino di quei 25.638 giovani che non hanno trovato un lavoro dopo la fine del loro stage. Quel che si sa è che il 66% di quelli che sono stati assunti sono rimasti nell'azienda dove avevano svolto lo stage, per la maggior parte con contratto a tempo determinato (33%) o di apprendistato (29%), mentre i contratti a tempo indeterminato si fermano al 9%. In breve, la conclusione che possiamo trarre dai numeri è che lo stage nelle Marche è uno strumento utile ma, per capire davvero come migliorarlo in modo da renderlo un trampolino di lancio per il mondo del lavoro, bisognerebbe tenere traccia soprattutto di coloro che non riescono a inserirsi. Avranno intrapreso un altro tirocinio? Si saranno orientati su lavoretti più umili, magari in nero, per avere un minimo di entrata? O, peggio ancora, si saranno demoralizzati e saranno rimasti a casa, andando ad ingrossare le file dei Neet?Non si sa quali criteri conterrà, alla fine, la legge sugli stage nelle Marche. A grandi linee, non sembra che i contenuti saranno molto diversi rispetto a quelli della normativa precedente, né in riferimento alle linee guida nazionali. Il che significa che, almeno in tempi brevi, le statistiche sugli stage rischiano di non cambiare in meglio.Irene Dominioni

Nuove regole per gli stage in Calabria, vigilanza ogni 3 mesi per evitare il rischio abuso

La Calabria si adegua totalmente alle nuove linee guida sui tirocini. Con Lazio, Basilicata, Sicilia e Veneto, anche la punta dello stivale d’Italia ha aggiornato la propria normativa sugli stage extracurriculari con la delibera n° 360 del 10 ottobre 2017, rispettando la scadenza del 25 novembre prevista dalla Conferenza Stato Regioni. Adeguamento completo insomma, con una sola positiva eccezione: l'indennità mensile per ogni tirocinante sarà di 400 euro, cento in più della media nazionale. «È una questione di equità tra le diverse fragilità regionali» spiega alla Repubblica degli Stagisti Federica Roccisano, assessora regionale al lavoro e politiche giovanili: «In Calabria ci sono una serie di politiche attive a livello regionale per gli ultracinquantenni o altre categorie a rischio che vanno dai 400 fino ai 600 euro per chi è maggiormente qualificato. Sarebbe ingiusto che i tirocinanti extracurriculari prendessero cento euro in meno rispetto al minimo garantito dagli ammortizzatori economici regionali. Per questo abbiamo confermato lo standard di  400 euro al mese, già previsto dalla precedente normativa».Nel 2016 in Calabria sono stati attivati circa 7.800 tirocini extracurriculari su poco più di 2 milioni di abitanti. Uno strumento che però resta ancora poco conosciuto dai giovani della regione; quando lo fanno, perlopiù svolgono il loro periodo di tirocinio nelle istituzioni locali come i comuni. Con il rischio di tornare nel mondo del lavoro senza una formazione adeguata. Anche per questo l’obiettivo della Regione era quello di superare la delibera 158/2014 e rendere più appetibili i tirocini. Un passo in avanti necessario, con alcune decisioni che da fuori possono sembrare controverse, ma forse appropriate se calate nel contesto lavorativo drammatico della Calabria. Un esempio concreto: molti sindacati chiedono che la durata minima degli stage sia di sei mesi per non sfruttare troppo i tirocinanti. Mentre in Calabria 12 mesi sono considerati necessari dalla Regione e dai consulenti del lavoro per dare il tempo necessario al giovane tirocinante di formarsi nell’azienda. Con la speranza di essere poi assunto. Ma nella regione d’Europa con il più alto tasso di disoccupazione giovanile - 58,7% nel 2016 stando ai dati Eurostat, contro il 35,7% della media italiana - il rischio è che le aziende lo usino in modo improprio, sfruttando i tirocinanti che farebbero di tutto pur di farsi benvolere dall’azienda, anche lavorare di più rispetto alle mansioni previste dal PFI, il piano formativo individuale.Il tasso di trasformazione degli stage extracurriculari in rapporto di lavoro nel sud Italia è del 14,5% quasi quattro punti in meno rispetto alla media nazionale del 19% secondo il rapporto Excelsior di Unioncamere per il 2016. In questo quadro, 12 mesi di stage sembrano un’opportunità ghiotta per le aziende per poter disporre di personale a costo iper-ribassato, piuttosto che una chance di ingresso nel mondo del lavoro per i giovani.L’allarme lo lancia Daniele Carchidi, segretario regionale della Cgil Calabria: «In alcune aziende e in alcuni settori attraverso lo stage le aziende abbassano il costo del lavoro, i 12 mesi sono troppi. In Calabria lo stage viene vissuto come un sussidio per avere un minimo di reddito. Spesso è abusato da realtà produttive dove in effetti non servirebbe: un conto è fare uno stage in un ufficio marketing, un conto è farlo in un call center! E purtroppo accade. Per fortuna le linee guida stabiliscono delle percentuali in base al numero di dipendenti. Ma se un’azienda di 5mila addetti può prendere 500 stagisti, abbassa il costo del lavoro e fa dumping salariale nei confronti di altre aziende. E poi dopo sei mesi li mandando a casa. Bisognerebbe vincolare le aziende ad assumere i tirocinanti».Per contrastare il problema degli abusi i centri per l’impiego e i consulenti del lavoro hanno chiesto di riaprire un tavolo di concertazione con la Regione dopo l'approvazione della delibera a ottobre. Alla fine, dopo un mese di negoziati, l’accordo è arrivato: a tre mesi dall’attivazione dei tirocini ci sarà un valutazione in itinere per valutarne l’andamento con la possibilità di interromperlo in caso di uso scorretto. La nuova delibera sarà pubblicata la prima settimana di dicembre nel sito della regione Calabria per permettere l’inizio dei nuovi tirocini.Andrea Fioravanti

Stage in Basilicata, nuova normativa approvata in tempo e nessuna novità

Una copia carbone. O quasi. La regione Basilicata, con la deliberazione n. 1130 del 24 ottobre, ha recepito e attuato le “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” contenute nell’accordo adottato dalla Conferenza Stato Regioni il 25 maggio scorso. E lo ha fatto riprendendo quasi in toto le linee guida, con una sola eccezione: il rimborso mensile minimo per i futuri tirocinanti lucani sarà di 450 euro, 150 in più dell’indennità stabilita nelle linee guida. La regione ha voluto così mantenere lo stesso rimborso previsto nel precedente testo del 2014. (E ben strano del resto sarebbe stato se avesse deciso di abbassarlo!)La Basilicata ha una popolazione che supera i poco i 570mila abitanti, e questo nuovo quadro di diritti e doveri coinvolgerà all'incirca 3mila persone, stando ai dati del Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro sugli stage extracurriculari attivati in Basilicata nel 2016.La nuova normativa, entrata in vigore il 16 novembre 2017, prevede sempre il limite di età minimo per svolgere il tirocinio a 16 anni. I tirocini in Basilicata avranno una durata massima di 12 mesi; per quelli rivolti alle persone disabili è confermata la durata massima di 24 mesi.  La giunta ha introdotto anche una durata minima del tirocinio: due mesi per quasi tutti i tirocini, un mese per quelli stagionali, e 14 giorni per quelli svolti dagli studenti durante il periodo estivo.Per la prima volta, rispetto al testo del 2014 sono stati inclusi esplicitamente due nuovi destinatari dei tirocini: persone con un lavoro in cerca di un’altra occupazione, e i lavoratori a rischio disoccupazione, cioè quelli a cui è stato intimato il licenziamento anche durante il periodo di preavviso. Per questi due casi la durata massima del tirocinio sarà di sei mesi. La Basilicata si allinea alle linee guida della Conferenza Stato-Regioni anche in questo caso: non più solo disoccupati, ma anche persone che voglio cercare un altro lavoro o migliorare la propria posizione. La Basilicata ha integrato i primi sei punti delle linee guida con interessanti aggiunte, non previste dal testo del 25 maggio. Per esempio un tirocinante non potrà fare lo stage due volte nello stesso luogo di lavoro e nei pochi casi di rinnovo previsti dal testo l’ente, organizzazione o azienda ospitante dovrà scrivere nel Pfi (il piano formativo individuale) l’integrazione delle competenze che si acquisiranno. Come a dire, se proroga deve essere, che almeno si imparino nuove mansioni. Previsti anche tirocini finanziati dalla Regione tramite avvisi pubblici per quei giovani non abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate: un passo in direzione di quegli adulti rimasti in mezzo al guado del mondo del lavoro che hanno intrapreso la carriera professionale ma non sono ancora iscritti agli albi di categoria. Mentre per le condizioni di attivazione dei tirocini la Basilicata si adegua completamente alle linee guida di maggio: gli stagisti non possono ricoprire ruoli o posizione dell’organizzazione del soggetto ospitante, né sostituire i lavoratori subordinati quando ci sono periodi di picco delle attività o in caso di malattia, maternità e ferie.Nella delibera del 24 ottobre, per agevolare la trasparenza e la spendibilità delle competenze acquisite dal tirocinante, viene data un’attenzione alla attestazione finale rilasciata al termine dello stage. Un documento che si basa sul piano formativo individuale e il dossier individuale, ovvero tutti i documenti utili alla valutazione del tirocinio, dove sono riportate le attività effettivamente svolte e in quali aree specifiche. La Regione poi specifica che pubblicherà ogni quattro mesi un report sull’andamento dei tirocini. Una data certa rispetto alle indicazioni generiche delle linee guida. In caso di violazione delle norme dei tirocini, anche qui la regione Basilicata si adegua alle linee guida nazionali con l’interdizione per 12 mesi dell’azienda responsabile. Se a 24 mesi dalla prima interruzione ci sarà un’altra violazione, l’interdizione arriverà a 18 mesi fino a un massimo di 24 in caso di terza violazione.«Il provvedimento è in linea con la necessità di qualificare l’istituto dello stage» spiega alla Repubblica degli Stagisti Roberto Cifarelli, assessore al Lavoro e formazione della Regione Basilicata «Vogliamo limitare gli abusi. Lo stage non può essere utilizzato per tipologie di attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo. I tirocinanti non possono sostituire i lavoratori con contratti a termine nei periodi di picco delle attività e non possono essere utilizzati per sostituire il personale del soggetto ospitante nei periodi di malattia, maternità o ferie né per ricoprire ruoli necessari all’organizzazione dello stesso. Ciò anche alla luce di quanto già fatto dalla Regione Basilicata per incentivare la trasformazione del tirocinio in contratti di lavoro».Insomma la Basilicata ha rispettato le scadenza, approvando la deliberazione ben un mese prima del termine ultimo (il 25 novembre). Si tratta della seconda Regione, dopo il Lazio, a tagliare il traguardo; altre regioni invece sono ancora indietro. Nelle prossime settimane la Repubblica degli Stagisti pubblicherà gli aggiornamenti relativi a tutte le normative regionali, regione per regione.Andrea Fioravanti

Facebook e Fondazione Mondo Digitale alleati per aiutare le donne a fare impresa

I numeri parlano chiaro: in Italia, il 18% in più degli uomini rispetto alle donne prende parte al mondo del lavoro. È questo l'aspetto, secondo l’ultimo report sul gender gap del World Economic Forum, in cui il genere femminile è più penalizzato, insieme a quello della salute e del benessere economico. Per raggiungere la parità di genere, dalle cariche alle retribuzioni, occorreranno 170 anni. Come fare per tentare almeno di accorciare questo lasso di tempo? L'iniziativa #SheMeansBusiness di Facebook in collaborazione con la Fondazione Mondo Digitale (il cui fondatore, Alfonso Molina, è Ashoka Fellow come Eleonora Voltolina della Repubblica degli Stagisti), punta a ridurre il gap di genere puntando sull'empowerment femminile e le capacità imprenditoriali delle donne in Italia. Come? Attraverso un programma di sviluppo e perfezionamento delle competenze di social media marketing per  imprenditrici, libere professioniste e aspiranti tali, che coinvolgerà 3500 donne in tutto il Paese nel corso del 2018, passando da 17 città (Torino, Brescia, Busto Arsizio, Vicenza, Padova, Parma, Imperia, Arezzo, Pesaro, Chieti, Roma, Napoli, Cosenza, Matera, Termoli, Bari e Catania). Il primo appuntamento è a Roma il 22 novembre, ma le iscrizioni sono già aperte per tutte le destinazioni e si può fare domanda direttamente dal sito di Fondazione Mondo Digitale, compilando il form dedicato. Non ci sono particolari requisiti, basta essere interessate al tema e motivate a sviluppare il proprio business, o a lanciarne uno da zero.Attraverso l'impiego di trainer appositamente scelti da Fondazione Mondo Digitale, lo scopo primario del progetto è di insegnare alle partecipanti ad usare gli strumenti di Facebook e Instagram per migliorare il proprio business. L'adesione al programma prevede di recepire strumenti e moduli formativi specifici, lezioni online e pratiche sull'utilizzo delle piattaforme social a fini di marketing (così come lezioni di autostima), ma anche testimonianze di donne imprenditrici del territorio che metteranno la loro esperienza a disposizione, ispirando le partecipanti a migliorarsi continuamente. I corsi sono gratuiti e dureranno dalle due alle quattro ore, e inoltre inoltre il programma punta ad inserire le partecipanti in un network basato sulla condivisione di buone pratiche. «She Means Business è un’iniziativa che si basa su tre pilastri fondamentali: il primo è quello dellaformazione, dove grazie alla partnership con Fondazione Mondo Digitale abbiamo identificato oltre trenta formatori – soprattutto formatrici – che andranno sul territorio a fare training alle potenziali donne imprenditrici sull’utilizzo di Facebook e Instagram» spiega alla Repubblica degli Stagisti Laura Bononcini, responsabile relazioni istituzionali Facebook Italia. «La seconda parte del progetto è legata alla condivisione di migliori pratiche, perché pensiamo che la presenza di role model che sappiano ispirare con belle storie di imprenditrici di successo siano molto importanti, mentre la terza parte è legata al networking, quindi alla creazione di gruppi su Facebook, ma anche di incontri di persona, che permettano alle donne di conoscersi e di crescere insieme».Perché Facebook ha deciso di lanciare questa iniziativa? Secondo i dati riportati dal big dei social, in Italia il potenziale imprenditoriale delle donne è un valore ancora inespresso. In Italia, le piccole e medie imprese sono quasi 4,5 milioni, contribuiscono al Pil per il 70% e rappresentano un pilastro dell’economia, ma solo il 21% di queste, una su cinque, è un’impresa femminile – secondo la definizione fornita nella legge 215/1992, per impresa femminile si intende una società costituita in misura non inferiore al 60% da donne; una società le cui quote di partecipazione spettano in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione sono costituiti per almeno due terzi da donne; oltre a imprese individuali gestite da donne. D’altra parte «l’87% delle persone su Facebook è collegato in qualche modo ad una pmi italiana», riporta Francesca Mambretti, partner manager di Facebook Italia, e «il 39% delle pagine aziendali presenti sul social network per eccellenza sono di imprese di donne». Da un punto di vista femminile, quindi, le piattaforme social possono rappresentare una buona opportunità di specializzazione professionale. «Le donne hanno una maggiore propensione all’utilizzo di strumenti digitali per far crescere il proprio business», ed è proprio qui che si inserisce Facebook: dando la possibilità alle donne di distinguersi e portandole a potenziare le proprie conoscenze in ambito digitale per promuovere al meglio la propria attività, è possibile contribuire a migliorare l’economia e a creare più posti di lavoro.A partire dalla fine del 2017 e durante tutto l’anno prossimo, Facebook punta attraverso il suo programma a incentivare l'empowerment femminile, anche attraverso la formazione di una rete di stakeholder a livello locale a cui le donne possano affidarsi nel lungo periodo, dando vita così ad un ambiente che sia il più possibile volto a valorizzarle. La Fondazione Mondo Digitale, da anni è attiva in Italia in progetti di inclusione sociale e digitale, si inserisce sotto l’aspetto dell’impiego dei trainer, esperti di comunicazione digitale che a livello locale si occuperanno di seguire e assistere le partecipanti durante la loro formazione. «Noi lavoriamo con tutte le più grandi aziende di ICT, e con Facebook abbiamo da poco curato il decalogo per i giovani contro le fake news. Siamo molto orgogliosi di essere stati scelti per portare il progetto in giro per l’Italia. Alle nostre iniziative formative già partecipano ogni anno in tutto il Paese circa 25mila persone. Noi crediamo che questa sia un’iniziativa molto importante per liberare energie su tutto il territorio, e faremo benissimo il nostro lavoro» dichiara Mirta Michilli, general director di Fondazione Mondo Digitale. Sul sito di #SheMeansBusiness si trovano già tante storie storie di imprese al femminile di successo. Tra queste si trova quella di Betta Maggio, fondatrice e amministratore delegato di U-Earth Biotechnologies, una startup che sviluppa sistemi di purificazione dell’aria attraverso l’utilizzo di microrganismi che “mangiano” lo smog; Chiara Burberi, presidente e Ceo di Redooc, una piattaforma didattica digitale pensata per appassionare gli studenti alle materie Stem attraverso esercizi gamificati (il cui team è all’80% donna) e Enrica Arena di Orange Fiber, una startup siciliana (che la Repubblica degli Stagisti segue già da qualche anno!). che ha inventato un metodo di riciclo degli scarti dell’industria alimentare delle arance per trasformarli in tessuti simili alla seta.«Orange Fiber è stata costituita a febbraio 2014 da me e Adriana Santanocito, che deteniamo più dell’80% della società. Ad oggi siamo in totale 5 soci, nel 2016 abbiamo fatturato più di 300mila euro e raccolto, tra fondi pubblici e privati, più di 500mila euro» racconta alla Repubblica degli Stagisti Enrica Arena, 31 anni,CMO e co-founder: «Noi recuperiamo i residui degli spremitori industriali: la metà del peso iniziale di ciascuna arancia costituisce un sottoprodotto, inutile per fini alimentari o cosmetici! Attraverso un processo che abbiamo brevettato ne estraiamo una cellulosa atta alla filatura. In Spagna un nostro partner fa il filato, che poi torna in Italia, a Como, dove viene trasformato in un tessuto secondo le richieste dei brand». La startup ha da poco lanciato una speciale collezione con Ferragamo, che ha portato i loro tessuti dagli agrumi in diversi negozi di tutto il mondo. Per loro, spiega Arena, Facebook è stato fondamentale per far conoscere l’attività, e adesso le startupper saranno tra le role model del programma #SheMeansBusiness. Ma l’essere donne ha pesato nello sviluppo dell’impresa? «Noi, ad oggi, non abbiamo riscontrato grosse problematiche in quanto donne, se non in ambienti molto tecnici. Secondo me lì gioca non tanto il fattore donna, quanto il fatto che noi non abbiamo una formazione tecnica, e quindi non parliamo la stessa “lingua”» puntualizza Arena. «Per noi non c’è mai stato un problema di credibilità verso le banche o gli investitori. Sicuramente non è stato tutto facile, perché le sfide sono quotidiane e legate alla raccolta fondi e alla produzione, ma nulla di tutto questo è secondo me riconducibile al fatto di essere donne, anzi, forse abbiamo rappresentato una minaccia minore in ambienti tecnici e, non vedendo il mondo così quadrato, cerchiamo di lavorare sui problemi in modo creativo».Le donne, insomma, non hanno nulla di meno da offrire rispetto agli uomini quando si tratta di spirito imprenditoriale e capacità di stare sul mercato. Perciò auspicare e incoraggiare l’aumento di realtà innovative al femminile, puntando sulle competenze tecniche in ambito digitale, rappresenta uno stimolo importante per rendere le donne non solo più consapevoli, ma anche più capaci di mettersi in gioco. Facebook è già attiva da diverso tempo in ambito internazionale con programmi dedicati all’empowerment femminile, alla promozione delle Stem e all’imprenditorialità, come la Facebook Grace Hopper Women in Computing Scholarship, il programma SheLeadsTech per supportare le startup fondate da donne, e il programma di mentorship West, acronimo di Women Entering and Staying in Tech. C’è sicuramente ancora tanta strada da fare per azzerare il gender gap, ma fornire uno strumento in più alle donne per spendersi sul mercato del lavoro non potrà che contribuire allo scopo, dando vita ad una nuova generazione di imprenditrici sempre più emancipate e digitali.Irene Dominioni

Oltre 600mila euro in borse di studio per studenti universitari, tutte le opportunità da qui a fine anno

La fine dell’anno si avvicina, e così anche i termini per fare domanda per uno dei tanti finanziamenti di ricerca, premi e borse di studio offerti a studenti e dottorandi universitari da enti, fondazioni e aziende, in Italia e non solo. I posti disponibili sono oltre 230 e le borse coprono un totale complessivo di oltre 600mila euro: un'opportunità per i migliori di emergere e valorizzare il percorso universitario. Ecco perché vale la pena di dare un'occhiata a tutti i bandi aperti ancora per qualche settimana, dai fondi per studiare all’estero alle borse che premiano chi studia le Stem. Li trovate in questo articolo in ordine di scadenza: segnatevi le date e affrettatevi, perché il tempo stringe!La prima (vicinissima) deadline, il 24 novembre, è quella delle quattro borse di studio che la Banca d'Italia offre ai dottorandi per svolgere ricerca presso il dipartimento di Economia e statistica a Roma. Chi ha un Ph.D./dottorato in Economia o è in procinto di ottenerlo può infatti presentare domanda per una borsa della durata di 12 mesi, rinnovabili anche per l'anno successivo, del valore di 4mila euro lordi mensili, presentando un progetto negli ambiti della ricerca economica applicata e delle sue implicazioni di politica economica. I quattro temi dei progetti di ricerca sono specificati nel bando, e altrettante borse sono destinate a ciascuno di essi. Per poter partecipare occorre aver concluso tutti gli esami previsti per il proprio dottorato, fatta eccezione, nel caso, per la discussione della tesi, e padroneggiare la conoscenza dell'inglese. Per candidarsi occorre compilare la domanda di partecipazione sul sito, allegando i documenti necessari, e dopo l'esame delle candidature il processo di selezione prevederà un'intervista di approfondimento e la partecipazione ad un seminario (intorno alla metà di gennaio 2018) per esporre il paper presentato. A conclusione del progetto i vincitori delle borse potranno essere invitati a partecipare ad una selezione per l'assunzione a tempo indeterminato come Consiglieri in area manageriale e alte professionalità della Banca d'Italia. La seconda scadenza, il 27 novembre, è quella del Global Study Awards, la borsa di studio lanciata da StudyPortals, insieme all’Associazione ISIC e il British Council IELTS, per incoraggiare gli studenti di tutto il mondo a studiare in un Paese diverso dal proprio. Soltanto due sono le posizioni disponibili, ma le borse coprono un valore massimo di 10mila sterline (11.250 euro, al cambio attuale): una bella opportunità per coloro che hanno deciso di frequentare un’università estera. Il bando è riservato infatti ai giovani che inizieranno un corso di studi di laurea triennale, specialistica o di dottorato tra il 1 gennaio e il 31 marzo 2018 (alcune università, come quelle americane o anche europee, prevedono diversi “round” di ammissione, in autunno e in primavera), previa compilazione del form sul sito del premio. Questi i requisiti: avere almeno 18 anni al momento della candidatura, aver superato il test Ielts del British Council (con relativa certificazione “Test Report Form”, rilasciata dallo stesso ente) ed essere in possesso di una Carta d’Identità di Studente Internazionale (Isic) e/o della International Youth Travel Card (IYTC) valide. La Fondazione Isacchi Samaja onlus, invece, consente entro il 30 novembre di fare domanda per un premio o borsa di studio del valore di 7.500 euro lordi, per studenti meritevoli di lauree magistrali e dottorandi che vogliano proseguire gli studi ma che abbiano poche risorse. Anche qui, soltanto due saranno le borse erogate (e il bando si fa ancora più stringente, poiché è valido solo per gli iscritti nelle università della Lombardia, fatta eccezione per i dottorandi, per i quali valgono i programmi di dottorato in convenzione con altre università), ma l’opportunità c’è, ed è buona. Criterio imprescindibile: l’intenzione di studiare tematiche legate al disagio degli immigrati o dei senza dimora, «con particolare attenzione all’analisi delle cause e dei processi del disagio sociale, della povertà e della disuguaglianza, nonché alle risposte a tali problematiche» cita il bando. Per fare domanda occorre inviare la documentazione necessaria all’indirizzo di posta elettronica direzione [chiocciola] fondazioneisacchisamaja.it. I vincitori saranno annunciati il 12 dicembre, nella sede della Fondazione a Milano.Il 1° dicembre, invece, è la data di scadenza per le borse di studio e di ricerca per l'anno 2018-2019 erogate dal DAAD, il Servizio tedesco per lo scambio accademico, che offre la possibilità ai laureati italiani di proseguire la propria formazione accademica in Germania attraverso, rispettivamente, un corso di specializzazione oppure un periodo di ricerca nelle università tedesche (non c'è un limite prestabilito al numero di candidature vincitrici). In particolare, il bando per le borse di studio si rivolge ai laureati o laureandi (che otterranno il titolo prima dell'avvio del finanziamento) di secondo ciclo (magistrale/master) di tutte le discipline, eccetto quelli delle materie artistiche e la facoltà di architettura - che godono di un bando separato - e offre un finanziamento dai 10 ai 24 mesi con rate mensili da 750 euro, più potenziali ulteriori benefit come il sussidio per le tasse universitarie o un contributo per l'alloggio. I requisiti sono: essersi laureati da non più di 6 anni, non aver soggiornato in Germania per più di 15 mesi alla data della scadenza del bando, essere già stati ammessi in un'università tedesca al momento della domanda ed avere un livello di conoscenza del tedesco pari a quello richiesto dall'università scelta (per la preparazione linguistica, il DAAD si assume le spese dei corsi di lingua e dei relativi esami). Dopo l'invio della candidatura sul portale, occorrerà inviare il file pdf generato all'indirizzo application.rom [chiocciola] daad-netzwerk.de e le lettere di referenze in forma cartacea al Centro DAAD di Roma (tutte le informazioni sono contenute nel bando). Il bando per le borse di ricerca annuali si svolge con modalità e requisiti analoghi, fatta eccezione per l'entità della borsa (750 euro mensili per i laureati magistrali, 1000 euro per dottorandi e dottori di ricerca) e la durata (da 7 a 10 mesi al massimo), oltre ai termini di conseguimento del titolo: i dottorandi non devono aver intrapreso il dottorato da più di tre anni e i dottori di ricerca non devono aver conseguito il dottorato da più di due anni. Per entrambe le tipologie di borsa, il finanziamento inizierà dal semestre invernale (ottobre).Sempre il 1° dicembre scade poi la Google Europe Scholarship for Students with Disabilities, una borsa di studio erogata da Google e riservata ai portatori di handicap che studiano in ambito informatico. 10 studenti selezionati riceveranno una somma di 7mila euro, conferita durante l’anno accademico 2018-2019. I requisiti sono i seguenti: essere iscritti al momento della domanda in una facoltà di Informatica, Ingegneria informatica o affini presso un’università in Europa, programmare di essere iscritti in un corso di laurea triennale, magistrale o in un dottorato durante il prossimo anno accademico, vantare un buon percorso universitario, avere una particolare passione per l’informatica e la tecnologia, così come doti di leadership. Per candidarsi bisogna compilare in inglese il form online, inserendo informazioni e documenti personali e rispondendo per iscritto a tre domande aperte sul proprio interesse verso l’informatica, il resoconto di un progetto tecnico in cui si è stati coinvolti e il racconto di un’occasione in cui si sono dimostrate le proprie capacità di leadership. Sempre da Google, poi, arriva un’altra opportunità nel campo dell’IT, ma dedicata stavolta alle ragazze: il 2018 Women Techmakers Scholars Program, in scadenza l’11 dicembre, la cui borsa corrisponde anche qui a 7mila euro. Le borse in palio sono 20 in totale, per un plafond totale di 140mila euro, e i criteri di ammissione sono simili all'altro bando: oltre all’identificazione come donna, occorre essere iscritte all’università per l’anno 2017-2018 in una delle facoltà di pertinenza (Informatica o affini) e prevedere di essere iscritte ad un corso di laurea triennale, specialistica o dottorato durante l’anno 2018-2019 (anche all’estero: il programma comprende Europa, Medio Oriente e Africa). In più, le candidate dovranno dimostrare di avere un solido e brillante percorso universitario, doti di leadership e una passione per il coinvolgimento delle donne nel campo dell’informatica. Per fare domanda basta compilare il form online, anche qui rispondendo ad alcune domande e situazioni tipo. Il 12 dicembre, invece, è la scadenza per fare domanda per le borse di studio Fulbright - Self Placed 2018-2019, che consentono ottenere fondi per fare master o dottorati negli Stati Uniti. Va sottolineato che, alla data di presentazione della domanda, bisogna aver già presentato la domanda di ammissione ad un campus statunitense per intraprendere i propri studi post-laurea (avendo prima ottenuto almeno un titolo in un’università italiana). Le borse disponibili, sette in totale, finanziano il primo anno accademico di Master o Ph.D. in tutti gli ambiti disciplinari, fatta eccezione per i programmi di specializzazione in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e per tutte le discipline che prevedono attività di tipo clinico. Le borse hanno un valore che arriva fino a 38mila dollari: ciò significa che se il costo annuale del proprio programma universitario all'estero è inferiore a quella cifra, il vincitore della borsa riceve l'importo necessario a coprire le tasse universitarie, ed eventualmente un contributo extra per vitto e alloggio. La borsa è inoltre comprensiva di un contributo a copertura delle spese di viaggio, dell’assicurazione medica e del visto di ingresso. In più, grazie ad un accordo con il Gruppo Zegna, i borsisti Fulbright potranno beneficiare di un finanziamento ulteriore, previa domanda, per l'intera durata del percorso di master/dottorato (per informazioni a riguardo, scrivere a info [at] fulbright.it). Fra i criteri di ammissione si trovano, ovviamente, la conoscenza della lingua inglese, certificata tramite esame Toefl o Ielts, la capacità di porsi come ambasciatore culturale, l’esperienza e l’interesse verso attività extra-curriculari e sociali, doti di leadership e il desiderio sia di contribuire al programma Fulbright, sia quello di tornare in Italia per collaborare allo sviluppo del proprio Paese. Per candidarsi c’è anche in questo caso un form online da compilare, insieme all’invio per posta alla sede della Commissione Fulbright dei documenti cartacei aggiuntivi richiesti. In seguito allo screening, i candidati preselezionati affronteranno verso metà febbraio un colloquio in inglese a Roma, presso la sede della Commissione, per approfondire motivazione e idoneità, e i risultati verranno resi noti entro maggio 2018.Infine, la Fondazione Roberto Franceschi Onlus ha attivato il suo bando annuale per un programma di finanziamento della ricerca destinato a studenti magistrali o di dottorato degli atenei della Lombardia, così come ai dottorandi di qualsiasi altra università, italiana o estera, purché abbiano conseguito la laurea magistrale in un ateneo lombardo. Il termine per presentare la domanda è il 15 dicembre, e il budget complessivo è di 16mila euro (e potrà essere assegnato tutto a uno oppure spezzettato in più fondi di ricerca). Similmente alla Fondazione Isacchi Samaja, lo scopo del programma della Fondazione Franceschi è finanziare progetti di ricerca per tesi nell’ambito della prevenzione, diagnosi e cura di patologie sociali e delle forme di emarginazione sociale, attraverso la raccolta di dati originali (per mezzo di interviste e campionamenti, ma anche di costruzioni di dataset e simili). Per proporsi, bisogna inviare per email all’indirizzo network [chiocciola] fondfranceschi.it i documenti richiesti, presentando, insieme alla descrizione del progetto di ricerca, anche un bilancio preventivo (entro la cifra offerta dalla Fondazione) per il suo sviluppo. L’esame dei progetti candidati verterà infatti soprattutto sull’originalità del progetto, la sua coerenza con le tematiche che ispirano il premio, la rilevanza scientifica e la congruità rispetto agli obiettivi e al preventivo elaborato. I nomi dei vincitori e l’ammontare dei fondi destinati a ciascuno di loro verranno resi noti il 23 gennaio 2018, durante la serata di commemorazione dedicata a Roberto Franceschi.Irene Dominioni

Stage in Veneto, la durata massima resta a sei mesi (a dispetto delle nuove linee guida)

La data del 25 novembre si avvicina: è il termine entro cui le Regioni italiane devono aggiornare la propria normativa relativa agli stage extracurriculari, seguita all’approvazione, avvenuta a fine maggio 2017, delle nuove “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” da parte della Conferenza Stato-Regioni. Come nel 2013, in occasione dell’emanazione delle prime linee guida, la Repubblica degli Stagisti sta seguendo l’iter di rinnovamento in tutte le regioni italiane (più le province autonome di Trento e Bolzano) delle nuove DGR per gli stage: in sostanza, ogni Regione è libera di modificare e migliorare la propria normativa come meglio crede, ma il documento emesso pone dei paletti che cercano di dettare la linea anche a livello locale. La Repubblica degli Stagisti ha già discusso delle modifiche introdotte al testo precedente, e pure dei punti critici che questo solleva, ma la partita è aperta e non resta che vedere come le Regioni implementeranno le nuove direttive. Il Lazio si è già attivato in questo senso, e ad agosto ha approvato la nuova delibera, decidendo di portare il rimborso spese minimo a 800 euro mensili. E le altre Regioni a che punto sono?In Veneto, dopo qualche insistenza, il team dell’assessore Elena Donazzan si è fatto sentire. Non è stato possibile ricevere il testo integrale della delibera dei tirocini, il quale attualmente non risulta disponibile nemmeno sui siti regionali, ma dalla segreteria la Repubblica degli Stagisti ha ricevuto prima un comunicato sui numeri dei tirocini in Regione e poi un documento in risposta alle nostre richieste sulle modalità di approvazione e gli aggiornamenti contenuti nella nuova delibera regionale. «L'esame è cominciato lo scorso giugno» comunicano dall'Area Capitale Umano, Cultura e Programmazione Comunitaria «sulla base di una proposta presentata dalla struttura regionale competente, la Direzione Lavoro». La palla è poi passata alla Crcps, la Commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali (in cui rientrano le associazioni datoriali, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti delle associazioni dei disabili e del mondo del credito veneti) che ha approvato il testo definitivo il 5 ottobre, e infine è arrivato all'esame della Commissione consiliare regionale il 25 ottobre, ricevendo parere positivo all'unanimità. «Le disposizioni in materia di tirocini sono state definitivamente approvate dalla Giunta regionale nella seduta del 7 novembre 2017», dichiara l'ufficio dell'assessorato, ed entreranno in vigore a partire dal 1 gennaio 2018. Il termine dei sei mesi è stato quindi rispettato.Ma che cosa dice la legge, e in quali aspetti si discosta dalle linee guida emesse a maggio? Prima di tutto, il Veneto ha deciso di riconfermare la durata massima di 6 mesi (proroghe comprese) sia per i tirocini formativi e di orientamento, sia per quelli di inserimento o reinserimento: un punto importante, che va controcorrente rispetto all'indicazione/imposizione, da parte delle direttive nazionali, di portare a 12 mesi la durata massima di entrambe le tipologie di stage. Come a dire, il tirocinio è un'esperienza utile per iniziare a conoscere una certa professione e ad acquisire competenze in quel campo, ma prolungarne troppo la durata è inutile: sei mesi sono più che sufficienti per gettare le basi di una carriera. Secondo, il Veneto ha aumentato il rimborso spese minimo di 50 euro (in un'indennità che comunque in Veneto era già leggermente più alta rispetto all'importo indicato nelle linee guida, rimasto fermo a 300 euro): adesso gli stagisti riceveranno 450 euro per tirocini full time o 350 con riconoscimento di buoni pasto o servizio mensa, 250 euro per tirocini part-time o 200 se con riconoscimento di buoni pasto o servizio mensa. Un'altra (piccola) buona notizia per gli extracurriculari, quindi. Il terzo punto in cui la Regione Veneto si allontana dalle linee guida, invece, è una nota un po' dolente: se prima non era specificato nella normativa regionale, adesso il tutor all'interno del soggetto promotore potrà seguire fino a 40 stagisti contemporaneamente (dove le disposizioni generali ne indicano invece 20). Non era questo già un numero sufficiente? Si spera che la misura non impatti troppo gli stagisti, ma quel che è certo è che tende a portare, da parte del soggetto promotore, un'attenzione minore, piuttosto che maggiore, verso i loro percorsi di tirocinio.Per il resto il testo del Veneto non si discosta granché dalle direttive approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, incentrate più che altro ad impedire gli abusi da parte delle aziende. Nel documento viene ribadito che il tirocinio non è «un contratto di lavoro, ma un’esperienza che combina, obbligatoriamente, attività formativa e lavorativa, applicabile a inoccupati, categorie svantaggiate e soprattutto giovani». Nel concreto, in accordo con le linee guida, tra i destinatari dello strumento stage vengono introdotti i lavoratori occupati in cerca di un altro lavoro e quelli a rischio di disoccupazione, oltre a – questa è un'altra novità del Veneto – i minori in dispersione scolastica. Viene da chiedersi se le stesse tipologie di tirocinio possano adattarsi bene alla diversità di questi gruppi sociali (soprattutto per quanto riguarda i minorenni), ma tant’è. A questo punto, gli stagisti veneti dovranno tenersi la nuova normativa almeno per qualche anno.Invariati rispetto alle linee guida i criteri di determinazione del numero di tirocinanti in rapporto all’organico aziendale: nel conteggio possono rientrare anche i lavoratori a tempo determinato, «purché la data di inizio del contratto sia anteriore alla data di avvio del tirocinio e la scadenza posteriore alla data di fine del tirocinio», e vengono inoltre confermate le nuove deroghe sulla durata minima dei tirocini: un mese invece di due per le imprese che operano stagionalmente, e due settimane per i tirocini estivi rivolti a studenti. Uguale alle linee guida è anche il criterio di premialità per le aziende, che ora potranno attivare da 1 a 4 tirocini in più rispetto ai limiti previsti, se negli ultimi due anni avranno assunto dal 20 al 100% dei propri tirocinanti con contratto di apprendistato o con contratto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi.Rimangono le classiche indicazioni su divieto di utilizzo dei tirocinanti per sostituire i lavoratori temporaneamente assenti, quelli in malattia, ferie o in congedo parentale, o i subordinati nel periodo di picco delle attività. Stesso discorso per le persone che abbiano già avuto un rapporto di lavoro, incarico o prestazione di servizi in azienda, a meno che questi non si siano conclusi da almeno due anni, oppure che abbiano svolto per più di 30 giorni anche non consecutivi, nei 6 mesi precedenti l’attivazione, prestazioni di lavoro accessorio o occasionale. Il soggetto ospitante non può poi impiegare tirocinanti per attività che non necessitino di un periodo formativo, così come per profili professionali elementari, caratterizzati da compiti generici e ripetitivi.Infine, la nuova normativa regionale prevede anche l’introduzione di un «sistema di controllo e vigilanza che possa scoraggiare abusi e utilizzi distorti dello strumento», anche se non è ancora chiaro in che cosa consisterà. Intanto, però, viene confermata l’introduzione di sanzioni per le violazioni non sanabili, così come enunciato nelle linee guida, e meglio definiti «il contenuto e la spendibilità dell’attestazione finale» per il riconoscimento delle competenze acquisite dagli stagisti, attraverso un nuovo modello allegato alle ultime direttive nazionali.Particolarmente importante è infatti il monitoraggio dello strumento stage in una Regione, come il Veneto, dove i tirocini sono in continuo aumento. Secondo il comunicato inviato alla Repubblica degli Stagisti dalla segreteria dell'assessorato, che evidenzia i dati elaborati da Veneto Lavoro sui tirocini attivati tra il 2013 e il 2015, gli stagisti nel triennio sono stati quasi 70mila, inseriti in 19mila aziende ospitanti, attive principalmente nei settori del commercio, turismo e attività professionali. «In Veneto 7 tirocini su 10 anticipano un contratto di lavoro», si legge: tanti (il 69%) sono infatti gli stagisti che hanno continuato a lavorare o trovato un lavoro entro un anno, la metà dei quali all’interno della stessa impresa. I contratti post stage sono prevalentemente a tempo determinato (28%) o di apprendistato (26%), mentre quelli a tempo indeterminato si fermano al 9%, e molti sono quelli che iniziano un nuovo tirocinio una volta concluso quello precedente (il 24%). A preoccupare, però, è soprattutto la quota di tirocinanti che dichiara di aver svolto tre o più esperienze di stage: il 13%, una percentuale non indifferente, che evidenzia come il tirocinio rischi di diventare «una “giostra” di occasioni poco utili all’inserimento lavorativo e alla carriera professionale del soggetto, ma solo un ripetersi di esperienze temporanee e dal dubbio valore formativo», come riporta il comunicato.Insomma, i numeri dicono che lo stage è uno strumento sempre più utilizzato in Veneto per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Il che evidenzia la necessità sempre crescente di prestare un'attenzione minuziosa ai percorsi dei tirocinanti in tutte le loro forme. Rimane da vedere quali saranno gli effetti che la nuova normativa avrà su aziende e stagisti, ma intanto il Veneto ha rispettato la scadenza del 25 novembre.Irene Dominioni

Dieci anni di Agenzia nazionale giovani, è tempo di bilanci: ma il meglio deve ancora venire

«Avremo un’Europa vera quando la capacità di camminare e correre per le strade europee sarà un’esperienza comune a molti, non solo ai giovani che partecipano al progetto Erasmus. Sarà difficile, allora, costruire muri se ci sono centinaia di migliaia di giovani che ogni anno attraversano frontiere, conoscono culture, vivono esperienze in ogni angolo dell’Europa». Si può sintetizzare con questa frase di Luigi Bobba, sottosegretario del ministero del lavoro e delle politiche sociali con delega alla gioventù, l’evento “10, 30, 60 E ora è ora – Giovani in Europa… il meglio deve ancora venire” organizzato dall’Agenzia nazionale giovani qualche giorno fa alla Camera di Commercio di Roma presso la Sala del tempio di Adriano. Un evento per festeggiare i dieci anni dell’Agenzia, ma ricordare anche il trentennale del programma Erasmus e i 60 anni dall’Unione Europea. Una due giorni in cui Giacomo D’Arrigo, direttore generale Ang, ha evidenziato soprattutto i numeri del lavoro di questi dieci anni. Oltre 4.500 progetti presentati, finanziati e monitorati, 92 milioni di euro di fondi europei messi in circolazione, 100% delle risorse europee impegnate, più di 110mila giovani che hanno partecipato ai programmi di scambio, con un’età media tra i 18 e i 25 anni, di cui il 53,3% donne. Tanti speech in sequenza in cui ascoltare tante persone, politici e non, confrontarsi su quello che si è fatto fino ad ora e sui nuovi progetti, ma anche per sentire le storie di chi proprio grazie a dei piccoli sogni è riuscito a creare qualcosa e oggi vuole essere fonte di ispirazione per altri. Così si alternano i panel con il ministro per la coesione territoriale e il mezzogiorno, Claudio De Vincenti, che sottolinea l’importanza del progetto Erasmus Plus: «è importantissimo, consente di ritrovarsi ad avere il gusto di essere europei». E ricorda come siano necessari proprio i giovani per «avere l’entusiasmo di accogliere i diversi». Ma presenta anche i provvedimenti fatti con il decreto legge mezzogiorno per andare incontro ai giovani. Come Resto al Sud, che prenderà il via a fine novembre, e permette a cooperative di giovani che vogliono metter su un’impresa di avere i finanziamenti da parte dello Stato. O come la Banca delle terre, grazie al quale i terreni abbandonati, magari da emigrati andati via negli anni 50, possono essere usati da giovani e cooperative per fini produttivi ed essere tolti dallo stato di abbandono. Alle parole di un ministro segue la storia di Fabio Zaccagnini, inventore di Rockin1000, chiamato a parlare di sogni, in particolare del suo. Che era quello di far suonare i Foo Fighters a Cesena e c’è riuscito grazie a un’idea, un progetto, e grazie a tante altre persone con cui ha realizzato un video che ha ricevuto 40 milioni di visualizzazioni e ha convinto Dave Grohl a esibirsi proprio a Cesena. «Non importa se non avete idea di quale sia il vostro sogno» racconta alla platea di giovani presente «perché quando lo trovate allora penserete solo a quello e perderete tutto per realizzarlo. L’importante è non pensare in grande: sognate in piccolo perché le cose cambiano nel tempo. E dividete i sogni in piccoli micro ambizioni». Altre storie e altre testimonianze come quella di Michele Tranquilli, che spiega L’importanza della partecipazione attiva dei giovani, lui che ha partecipato all’Erasmus+ ma che ha iniziato a “partecipare” a 10 anni con il suo primo summercamp. Lì decide di imparare l’inglese per parlare con l’animatore che conosce solo quella lingua. Da allora Michele ha fatto molta strada per partecipare, conoscere, interagire, litigare. Fino a un viaggio in Tanzania a 17 anni per fare il volontario. «Lì mi scopro perennemente infelice, a disagio, mi sento inutile. Due anni dopo nel 2008 sono sempre in Tanzania in un piccolo villaggio e vedo una piccola capanna che aveva la funzione di una scuola, con dei genitori che cercavano di fare dei mattoni per farne una nuova. Capisco che voglio aiutarli. Da solo però non vado da nessuna parte e allora cerco di far partecipare altri giovani. E di coinvolgerli con le loro competenze. Ci riesco e dopo sette mesi in un campo dove non c’era nulla, c’era finalmente una scuola completa». Un racconto entusiasta per far capire che la partecipazione va ispirata e raccontata. «Partecipare significa tirar fuori le tue competenze e capire di che pasta sei fatto». Altri giovani, altre storie, entusiasmo, racconti di partecipazione: a loro Federico Taddia, presentatore della due giorni, chiede «Non vi sentite diversi dal resto del mondo, da come sono i giovani o da come vengono narrati?». E la risposta è unanime: diversi no, fortunati per aver vissuto percorsi diversi, per aver avuto dei mentori e aver imparato ad apprezzare la diversità.Conoscenze, cambi di orizzonte che trasformano quasi tutti quelli che vi partecipano. Tra questi anche il sottosegretario agli affari europei, Sandro Gozi, che definisce l’Erasmus «una parte bellissima della propria vita». E che proprio grazie agli scambi prima al liceo e poi all’università deve la sua crescita come “europeo”. «Sono cresciuto moltissimo come persona, capendo cose che si danno per scontate. Perciò dico: fatelo tutti». Dal 1989, quando lui ha partecipato, le cose sono cambiate e «oggi nessuno deve spiegare cosa è andato a fare in un altro Paese». Gozi, però, allontana con decisione il tema del non ritorno di chi va a studiare all’estero. «È un falso problema. Sono stato 16 anni fuori e poi sono tornato per impegnarmi in politica. L’Europa è il nostro Paese. Il problema non è che si espatri. Il problema è che l’Italia non riesce a essere attrattiva».E a proposito dell’Erasmus, il sottosegretario dice «è un antidoto al razzismo, alla xenofobia, all’antieuropeismo, all’illusione di chiudere il mondo fuori. Se oggi c’è tanto euroscetticismo è perché non abbiamo trovato l’Europa dove l’aspettavamo. Credevamo avrebbe governato il terrorismo, l’immigrazione, la crisi finanziaria: non l’ha fatto e gli italiani che erano i più euro entusiasti sono diventati i più delusi».Non bisogna, però, avere paura del futuro. Di come l’Italia e il mondo intorno sta cambiando. Ed è il sottosegretario Bobba a dirlo in chiusura del suo intervento. Ricordando ai presenti in sala una frase che aveva letto: «Il coraggio cresce quando agisci, cammini. La paura aumenta quando stai fermo». E spiegando che «Tutto quello che siamo e vorremmo diventare è legato ai nostri desideri. Cosa desideriamo dalla nostra vita, dal lavoro, dallo studio, dagli affetti. Sono i desideri che ci muovono. Eppure la radice di questa parola è singolare, viene dal latino “de-sidera” che significa la mancanza delle stelle. Il desiderio indica quindi una mancanza, un tendere verso una meta. Ed è chiaro che le stelle siano qualcosa che ci guida. Quindi se prendiamo consapevolezza dei nostri desideri allora possiamo fare in modo che quei sogni diventino progetti, realtà concrete. E allora sì, ritornando alla frase, è tempo di camminare, crescere, cambiare».E lo è anche per l’Agenzia nazionale giovani, che in dieci anni è diventata grande, ha avuto le sue difficoltà che è riuscita ad affrontare e ha continuato a dare una mano ai tanti giovani che a lei si sono affidati. Buon compleanno!  Marianna Lepore