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Stage ben pagati, c'è chi offre 1.500 euro al mese: «Con i costi di Milano, è il minimo che possiamo e dobbiamo dare»

Stage con rimborso spese di 1.500 euro al mese. L'offerta non è propriamente inaudita, ma di solito a dir la verità è associata a opportunità all'estero, per esempio negli organismi dell'Unione Europea. In Italia invece una cifra del genere assomiglia più a un vero e proprio stipendio, e nemmeno dei più bassi: le indennità di stage da noi viaggiano mediamente su cifre molto più contenute (leggi: meno della metà).La banca ING Italia da due mesi a questa parte ha deciso di garantire ai suoi stagisti proprio 1.500 euro mensili. In precedenza il rimborso previsto era di quelli standard: circa 800 euro, che salivano a 1000 in caso dopo i primi sei mesi lo stage per qualche ragione venisse prorogato. Una policy sugli stage in linea con la cifra prevista dalla maggioranza delle grandi aziende sul territorio milanese – ING ha una sola sede in Italia, ubicata a Milano, dove lavorano i suoi circa 1200 dipendenti. Questi 800 euro erano peraltro già una cifra superiore al minimo legale posto dalla regione Lombardia per i tirocini extracurriculari in aziende private, fissato a soli 500 euro al mese.Poi, il salto: la decisione cioè di raddoppiare l'importo dell'indennità a favore di tutti gli stagisti – ING ne accoglie una quarantina all'anno – senza distinzione tra curriculari (che per la legge attualmente in vigore in Italia potrebbero addirittura essere gratuiti!) ed extracurricolari.La scelta è il frutto di una riflessione dei vertici dell’ufficio risorse umane, guidato da Costanza Ramorino, rispetto alla sostenibilità economica degli stage. «Vogliamo essere copiati!» ha spiegato qualche giorno fa la manager durante l’incontro di presentazione della ricerca sui compensi degli stagisti commissionata proprio da ING (qui una panoramica dei risultati): «Vorremmo che altre aziende seguissero il nostro esempio. Ci piacerebbe che fosse un cascading, un moltiplicatore, in primis nel settore bancario che è un settore fortunato: in questo momento si stanno generando degli utili di tutto rispetto, e quindi c'è un'opportunità in più. Non è sempre facile per tutti i settori».ING ha potuto puntare così alto, infatti, anche perché il contratto nazionale bancario prevede dei minimi tabellari molto più alti della media italiana: un neoassunto si ritrova da subito in busta paga quasi 2mila euro al mese come primo impiego. Il che permette che vengano erogati 1.500 euro per quelli che sono “solo” stage: «Prima di portare avanti questa proposta abbiamo discusso anche con il nostro sindacato» ha specificato Ramorino. Chiaramente ci sono settori dove i minimi contrattuali per i neoassunti sono molto più bassi, e quindi di fronte a retribuzioni di magari solo 1.000 o 1.200 euro come primo impiego, prevedere un rimborso spese più alto per gli stagisti sarebbe impossibile. Oltre ai 1.500 euro, gli stagisti ING continuano a percepire anche i sette euro giornalieri di ticket già previsti: «Siamo super generosi! Ma siamo anche corretti, credo, perché se uno lavora ha bisogno di questo» ha aggiunto Ramorino. I risultati della ricerca svolta da YouGov confermano «che abbiamo fatto la cosa giusta: il 78% dei neolaureati ritiene che l'importo generalmente dato – intorno ai 700 euro – sia troppo basso. Noi abbiamo ritenuto di raddoppiarlo per far vedere una differenziazione sul mercato e per posizionarci, ma anche e soprattutto perché siamo coerenti e guardiamo la realtà, rispetto per esempio a quanto costano gli alloggi a Milano. Abbiamo cercato di capire quali sono le esigenze specialmente delle persone che arrivano da fuori Milano, e abbiamo detto: il minimo che possiamo e dobbiamo dare è 1.500 euro».Una cifra che suscita anche incredulità, perfino diffidenza: quasi fosse troppo bello per essere vero. «La domanda più tipica quando posto su TikTok è: ma sarà vero? Dov'è la fregatura?» ha sottolineato durante la presentazione Fabiana Andreani, career mentor e content creator molto seguita dai giovani sui suoi profili social "FabianaManager", indicando anche una fragilità dei più giovani rispetto al match tra le proprie competenze e i requisiti richiesti negli annunci di stage e lavoro: «Mi dicono: ma io che ho una laurea in filosofia, posso fare lo stesso la candidatura se ho i requisiti che chiedono? Scuola e università non ti abituano all'orientamento, a valutare un'offerta di lavoro: ti abituano semplicemente a che il lavoro "accade", quindi questo accadere lo vedi con una sorta di passività».Andreani è rimasta colpita in particolare dal dato della ricerca da cui emerge che l'ammontare del rimborso spese, pur essendo considerato dal 50% esatto del campione tra i tre aspetti più importanti nella scelta di uno stage, per l'altro 50% non sta nella top three – «anche per una mancanza di educazione finanziaria», è la sua lettura: «Non ci abituano a pensare che il nostro lavoro, il nostro tempo abbiano un valore economico». E spesso i master ci giocano: «Io ho lavorato per tanti anni nei master – che costavano cifre anche abbastanza alte, intorno ai 15mila euro, e prevedevano poi stage curriculari. Ricordo di quando le aziende dicevano: il curriculare però non paghiamo, tanto le persone devono fare esperienza. Se hai dietro una famiglia di notai ce la fai senza problemi. Ma se non ce l'hai?».E a questo proposito è stata una ragazza del pubblico, Swami, a prendere la parola sottolineando l'importanza che anche i giovani si impegnino in prima persona per cambiare le cose, per esempio boicottando le aziende che propongono stage curricolari gratuiti: «Il mio sogno è che questo impegno non sia solamente da parte delle aziende ma che siano anche i giovani, quindi anche noi, a iniziare a dire no alle aziende che dicono: io non ti pago perché tu fai esperienza, perché tu sei studente, perché non so cosa mi puoi offrire». Perché prevedere un compenso, ha evidenziato, vuol dire riporre «una fiducia nel giovane e una fiducia nel futuro, che adesso è assolutamente necessaria». Un intervento che ha fatto commuovere Eleonora Voltolina, che ha ricordato gli albori della Repubblica degli Stagisti e i tanti inviti rivolti negli ultimi sedici anni ai giovani italiani (un esempio, questo breve articolo).Una visione, ha commentato Fabiana Andreani, molto in linea con lo «strattone» che la generazione Z sta dando al mondo del lavoro attuale: «Le cose cambiano, il mercato del lavoro, domanda e offerta: quindi iniziamo a capire che possiamo avere un impatto. Io ho iniziato veramente da sola, lavoro da sola, e questo mi aiuta a dire che puoi cambiare le cose, puoi avere un impatto quando sei costante e ti intestardisci su un obiettivo».«Io ai miei studenti dico: se scopro che avete accettato uno stage gratis, vi tolgo l'esame!» le ha fatto eco Roberta Cocco, già manager di Microsoft, poi assessora all'Innovazione del Comune di Milano e consulente per il ministero per l'Innovazione tecnologica nel governo Draghi, e ora docente di brand management in varie università: «Perché è inaccettabile. Poi non sono così rigida rispetto al compenso perché credo che quello dipenda anche da se uno ha la possibilità di fare uno stage nella realtà che ha sempre sognato, dove sa di poter imparare, se ha un career path... Faccio fatica a dire "non accettate a meno di tot", è molto individuale, personale». Ma il principio è che comunque comunque un'indennità mensile, piccola o grande che sia, ci debba essere: «Possibilmente grande! Ma deve essere giudicata da ciascuna persona perché siamo diversi, abbiamo background diversi». Cocco ha ampliato il discorso del rifiutare rivolgendosi direttamente alla platea dei ragazzi: «Quando dite di no, prima di dirlo, valorizzate quello che siete. Chi vi sta davanti deve avere un challenge nel lasciarvi andare. Il mondo del lavoro adesso non cerca solo le competenze classiche, cerca una serie di altre cose. Avete fatto qualche servizio sociale? Qualcosa di super smart durante il Covid? Allenate una squadra, giocate a qualcosa, d'estate andate a fare i lavoretti, fate la cameriera o il cameriere o la hostess o lo steward da qualche parte? Ditelo: sappiate valorizzarvi a 360 gradi, perché voi siete molto di più di quello che scrivete sul vostro curriculum».Quattro donne sul palco – Costanza Ramorino, Fabiana Andreani, Roberta Cocco ed Eleonora Voltolina – per parlare di lavoro e retribuzioni: non una circostanza comunissima. «Noi donne  abbiamo ancor più difficoltà a parlare di soldi, di vile denaro, c'è proprio questa espressione in italiano, “vile denaro”» ha sottolineato Voltolina. «La parte retributiva è sempre una sofferenza per le donne, inizia con il rimborso spese da stagista e continua andando avanti. È un errore» ha messo in guardia Costanza Ramorino, forte anche della sua esperienza pluriennale ai vertici dell'associazione Valore D: «Lavoriamo per società che fanno utili, e quindi è giusto che rappresentiamo in maniera piena anche la nostra necessità di far valere il nostro talento – e di vederlo ripagato con un controvalore economico». Non è comunissima nemmeno la circostanza in cui alle parole seguano i fatti: ma in questo caso i 1.500 euro per gli stagisti dimostrano che sì, quelle dell'head of HR di ING Italia non sono solo belle parole, ma riflessioni che hanno generato un cambio concreto di policy, che a sua volta sta generando un impatto non solo nelle vite delle decine di beneficiari di questi stage super-ben pagati, ma anche nel dibattito pubblico sugli stage e sulla loro sostenibilità economica.

Stage, un giovane su cinque rifiuta perché il rimborso è troppo basso: nuova ricerca sui neolaureati

I giovani italiani ritengono che la sostenibilità economica di uno stage sia un elemento importante. La conferma, in caso ce ne fosse bisogno, arriva da una recentissima ricerca commissionata da ING Italia per esplorare le aspettative e il punto di vista dei neolaureati che si approcciano al mondo del lavoro. In particolare della ricerca emerge che più di uno su cinque (nel dettaglio, il 22%) si è ritrovato nella situazione di rifiutare uno stage perché il rimborso era troppo basso, oppure addirittura assente. Lo studio è stato effettuato dall'istituto di ricerca YouGov attraverso una survey online, interrogando un campione di 407 neolaureati tra i 20 e i 30 anni, di cui circa la metà ha già effettuato almeno uno stage; di questi, solo il 56% ha ricevuto una indennità mensile. Se ne deduce che almeno il 44% ha svolto uno stage configurato come curricolare, dato che in Italia solo questo tipo di stage può, secondo la legge, essere gratuito (ma certo non è detto che lo sia).Per chi fortunatamente una indennità l’ha percepita, 565 euro al mese risulta essere la cifra media. In particolare, solo il 9% dei partecipanti alla ricerca indica di ricevere, o aver ricevuto, una somma mensile pari o superiore a 800 euro al mese.Non si può ovviamente considerare la cifra di 565 euro come media precisa del rimborso percepito in generale da tutti gli stagisti italiani, ma è comunque un dato indicativo, e molto utile per capire il quadro della situazione. Il ministero del Lavoro conosce in realtà al centimetro i dati sulle indennità percepite da chi effettua stage in Italia, in ogni settore e territorio: ma per qualche oscura ragione non le divulga. E quindi ben vengano le ricerche che gettano un po’ di luce, seppur parziale, sull’argomento.565 euro al mese è una cifra comunque largamente inferiore alle necessità dei giovani – tanto è vero che i partecipanti alla ricerca, di fronte alla richiesta di valutare la congruità di un importo di 700 euro al mese, hanno indicato in massa (78%) che questo rimborso è troppo basso. Da notare che il campione interpellato da YouGov non si limitava ai residenti nelle grandi città, dove i costi della vita sono molto alti, ma era sparso su tutto il territorio nazionale.I giovani italiani quindi pensano che anche 700 al mese sia una cifra insufficiente. E pensare che in realtà le leggi regionali in materia di tirocinio extracurriculare pongono nella maggior parte dei casi limiti minimi ben più bassi come cifra minima obbligatoria da erogare agli stagisti: prendendo in considerazione 25 cifre minime sparse su 21 leggi regionali diverse, l'importo minimo medio risulta essere 518 euro al mese. Per non parlare del fatto che invece i tirocini curriculari possono ancora oggi essere completamente gratuiti!Tornando alla ricerca commissionata da ING, i fattori più importanti, quando i giovani riflettono su cosa si aspettano da uno stage, sono il fatto di acquisire competenze professionali (il 63% dei rispondenti lo ha considerato tra gli aspetti più rilevanti), la possibilità di capire se quel settore professionale e quello specifico lavoro sono davvero interessanti, e conoscere meglio il mondo del lavoro (entrambi 44%), e poi la possibilità di avere un’entrata economica. Questo aspetto curiosamente è segnalato più frequentemente tra chi non ha mai svolto uno stage (41%), e invece meno frequentemente (solo dal 36%) considerando tutti e 407 i partecipanti, senza differenziare tra chi abbia già fatto uno stage e chi invece non l’abbia fatto.Al momento della scelta di uno stage, i tre fattori che influenzano di più la scelta dei giovani sono la possibilità di assunzione (il 58% inserisce questo aspetto nella sua top three), quella di imparare davvero e formarsi, cioè di acquisire nuove competenze (55%), e l’ammontare del rimborso spese (50%). Questi aspetti sono globalmente considerati più importanti di altri, pur rilevanti, come la possibilità di lavorare in smart working o con orari flessibili, il prestigio dell’azienda, o l’attenzione a tematiche di diversità e inclusione.L’importanza dell’indennità mensile è confermata anche da una domanda che ha indagato i fattori considerati con maggior attenzione prima di candidarsi per uno stage, cioè gli elementi che determinano la maggiore o minore propensione di un giovane a mandare il proprio CV ad un’azienda, o a rispondere ad un annuncio di lavoro. Qui i due fattori più citati sono la possibilità di crescita professionale, per un 67% dei rispondenti, e l’importo del rimborso spese per un 61%. Questi dati chiaramente confermano che i giovani italiani sono pragmatici, e ritengono che lo stage abbia certamente come primaria finalità quella di permettere di acquisire nuove competenze e mettere un piede nel mondo del lavoro, con la speranza magari di un’assunzione post stage, ma anche hanno anche la consapevolezza che la sostenibilità economica è un fattore chiave. Tanto è vero che a uno su cinque è addirittura capitato di rifiutare una proposta di stage proprio perché questo fattore chiave della sostenibilità mancava.Al momento di decidere se accettare o no una proposta di stage, i tre fattori che vengono indicati come decisivi sono l’attenzione alla formazione (88%), la reputazione positiva dell’azienda (86%) e l’importo dell’indennità mensile (84%). E per quanto riguarda lo spinoso tema di parlare di soldi in sede di colloquio, il 43% dice di sentirsi a suo agio nel farlo. Qui le valutazioni possono divergere: si può dire “ben il 43%”, ma anche “solo il 43%”. Del resto, in Italia il tema guadagno/retribuzione è ancora molto tabù (e vedremo se la messa a terra della direttiva europea sulla trasparenza dei salari ci aiuterà a maturare su questo aspetto).Un ultimo interessante risultato della survey è quello che valuta l’importanza che, agli occhi dei giovani, ricopre la “cultura aziendale”. Secondo il 41% di coloro che hanno già svolto uno stage questo aspetto è importante; la percentuale scende a 30% considerando invece coloro che sono ancora a digiuno di stage. Il dato va letto nell’ottica dell’esperienza: se anche un’azienda (o un ente) ha un nome prestigioso, se anche paga benissimo, se anche offre percorsi di formazione interessanti, e però dentro l’ambiente è tossico, e si calpestano valori importanti in nome del business, allora il gioco non vale la candela. Ma per esserne consapevoli spesso bisogna aver vissuto un ambiente aziendale in prima persona: ecco perché questo aspetto viene valutato più importante da chi ha già almeno un’esperienza on the job.La ricerca è stata presentata oggi a Milano, presso la sede di ING Italia, con un dibattito che ha coinvolto Costanza Ramorino, Head of HR di ING, Fabiana Andreani, career mentor e content creator nota sui social come Fabiana manager, e Roberta Cocco, già assessora al Comune di Milano e direttrice in Microsoft, e oggi docente universitaria, con la partecipazione della founder della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina nel doppio ruolo di relatrice e moderatrice. La ricerca si inscrive in particolare in un'azione di ING sul tema della sostenibilità economica degli stage, concretizzata di recente nella decisione di innalzare l’indennità mensile per gli stagisti a 1.500 euro al mese, senza distinzioni tra tirocini curricolari ed extracurricolari. Una cifra altissima considerando la media italiana, ma a ben guardare, perfettamente in linea con le indennità di stage previste dalla stragrande maggioranza delle istituzioni europee.

Napoli, 7 milioni di euro per stage di un anno per persone fino a 59 anni: ma le imprese non pagano nulla

Dopo il caso del 2018, in cui il Comune aveva deciso di inserire cento giovani partecipanti a Garanzia Giovani nei suoi uffici – malgrado il ministero del Lavoro avesse specificato che non era opportuno, in quanto non c’era poi possibilità di sbocco lavorativo – il Comune di Napoli ritenta la carta dei tirocini.Stavolta il bando è di quelli grossi, quasi 900 tirocini, ed è rivolto a persone tra i 16 e i 59 anni: pubblicato all’inizio di maggio, punta a costituire un elenco di potenziali beneficiari di stage finalizzati all’inclusione sociale e lavorativa. L’indennità di partecipazione è pari a 600 euro al mese e sarà erogata per i 12 mesi di durata. I soldi a disposizione sono un po’ di più: 7 milioni e 100mila euro. Questa volta gli stagisti non finiranno negli uffici comunali, bensì nelle aziende del territorio. Gli 860 tirocinanti saranno smistati in aziende che operano in cinque settori di attività: 248 nel turismo, 164 nei servizi alla persona e alle imprese, 151 nella moda, commercio e artigianato, 150 negli eventi, cinema e spettacolo, 147 nell'edilizia e meccanica. E soprattutto non si tratterà affatto di giovani stagisti. C’è, infatti, un aspetto molto controverso in questo bando: l’età dei destinatari. Un quasi sessantenne potrebbe, infatti, essere selezionato per fare uno di questi tirocini per un anno. Va qui ricordato che i tirocini non prevedono copertura previdenziale, quindi queste persone riceveranno sì i 600 euro al mese di indennità, ma allo stesso tempo si troveranno un buco di 12 mesi nei loro contributi pensionistici. Tutto legale, perché la normativa italiana non pone limiti anagrafici all’utilizzo dello strumento dello stage, e per giunta gli stage in questione sono finalizzati all’inclusione sociale – ovvero destinati a tutti quei soggetti con difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e volti a favorire l’inserimento e l’autonomia delle persone di qualsiasi età, senza preoccuparsi troppo dei profili previdenziali, e senza che ci sia alcun obbligo di assunzione al termine del percorso. Per attivarli il Comune di Napoli, che secondo i dati Istat ha il preoccupante primato del territorio col tasso di disoccupazione più alto d'Italia (20% per la provincia di Napoli, oltre il triplo della media nazionale – che era pari a 6,5% nel 2024), utilizza 7 milioni e 100mila euro di risorse assegnate dalla “Quota Servizi del fondo Povertà” annualità 2021. Un fondo istituito nel 2016 dal ministero del Lavoro e usato per finanziare «gli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà e in particolare per il rafforzamento dei servizi di accompagnamento dei nuclei familiari beneficiari del Reddito di cittadinanza nel percorso verso l’autonomia». Somma che non era stata utilizzata quattro anni fa e che ora l’ente pubblico ha deciso di utilizzare per questo mega bando da 860 tirocini. Oltre all’età compresa tra i 16 e i 59 anni, gli altri criteri per far domanda sono: la residenza nel Comune di Napoli, essere beneficiari o far parte di un nucleo familiare beneficiario dell’Assegno di inclusione sociale, essere disoccupati o inoccupati, essere cittadini comunitari (o se extracomunitari in regola con il permesso di soggiorno), avere un reddito Isee non superiore ai 9.360 euro. La presentazione delle domande può avvenire solo per via telematica sulla piattaforma messa a disposizione dal Comune, fino ad esaurimento dei posti disponibili. A ogni domanda sarà assegnato un numero progressivo attribuito in base all’ora e alla data di ricezione e sulla base di questi invii saranno stilati cinque elenchi di partecipanti, uno per ogni settore di attività, in ordine alla presentazione delle domande. Il Comune di Napoli ha affidato parte della gestione della selezione dei tirocini a degli operatori esterni attraverso bando pubblico sul portale MePA.  «Le domande vengono raccolte dagli uffici comunali che verificano anche la presenza dei requisiti richiesti per partecipare al bando», spiega alla Repubblica degli Stagisti Chiara Marciani, l’assessora al lavoro: «Poi i curricula vengono inviati alle agenzie per il lavoro che sono state precedentemente selezionate tramite avviso pubblico. Tutte le persone selezionate vengono chiamate a fare un colloquio orientativo in cui potranno raccontare le esperienze pregresse e le loro ambizioni. Anche se in fase di domanda devono selezionare il settore preferito, proprio durante il colloquio sarà possibile eventualmente cambiarlo». Superata questa fase, i curricula vengono inviati alle imprese che hanno dato disponibilità ad ospitare i tirocinanti e che, a differenza di quanto si potrebbe comprendere leggendo il testo del bando, potranno in effetti scegliere. «In realtà alla fine è l’impresa che sceglie il tirocinante, quindi non c’è un elenco in graduatoria su chi viene prima e chi viene dopo»,  conferma Marciani: «Noi chiaramente cercheremo anche con l’aiuto dell’amministrazione comunale di sistemare tutti coloro che presentano domanda, ma si andrà in ordine anche di competenze e requisiti richiesti dalle imprese, non in ordine strettamente cronologico». Quindi, il Comune raccoglie le domande e fa una prima verifica della presenza dei requisiti del bando. Poi i colloqui per la fase di match tra domanda e offerta sono svolti dalle agenzie per il lavoro che si sono aggiudicate i cinque lotti messi a bando, ovvero EITD per il turismo, Mestieri Campania per i servizi alla persona e alle imprese, Time Vision per il settore moda, commercio e artigianato e APL per due settori eventi, cinema e spettacolo e edilizia e meccanica. ln particolare, le indennità di 600 euro al mese per 12 mesi per gli 860 candidati  producono un volume di spesa di 6 milioni e 192mila euro. I restanti 900mila euro, salvo una piccola quota che coprirà l’assicurazione rc e la copertura Inali a favore degli stagisti, serviranno a pagare queste agenzie e i servizi correlati al bando. Riassumendo: il Comune metti i soldi, svolge parte della selezione e si accolla anche tutti gli adempimenti contrattuali. «L’attività commerciale che li ospita deve solo mettere a disposizione la formazione e il tutor, non ha nessun adempimento amministrativo», specifica Marciano.  Per 12 mesi si garantisce un’entrata economica a persone con gravi difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, grazie a un tirocinio che però non prevede alcun obbligo di assunzione successiva. Il Comune paga gli stagisti con i soldi stanziati all’epoca dal ministero del Lavoro, “regalando” alle aziende del territorio personale aggiuntivo, in larga parte già adulto, a cui insegnare qualcosa e – magari, chissà – inserire poi in organico. Le aziende non solo non dovranno tirare fuori soldi, ma non faranno nemmeno la fatica di selezionare i tirocinanti. Per il sindaco Gaetano Manfredi «è l'occasione affinché tante aziende del nostro territorio si rendano disponibili e collaborino concretamente allo sviluppo economico e sociale di Napoli»; anche Marciani ha parlato di «opportunità concrete», che offrono «la possibilità di svolgere un’esperienza in azienda che valorizzi ed accresca le inclinazioni e le competenze di ciascuno e favorendo il loro ingresso nel mercato del lavoro». Un ingresso che però, come visto, non è affatto garantito; l’assessora in una dichiarazione al webmagazine Fanpage ha infatti dichiarato esplicitamente: «Le imprese non hanno oneri. Devono solo garantire il percorso formativo, li devono seguire, non lasciarli in un angolo. Poi, se dopo la formazione, li assumono, noi siamo felici».  Nonostante il nobile intento del Comune nel cercare di offrire un’opportunità per chi da tempo è fuori dal mercato del lavoro, la frase in realtà è un po’ infelice. Se le aziende per un anno hanno avuto a disposizione dei tirocinanti (ricordiamo, anche ultra 40enni!), per giunta senza doversi fare carico delle spese di indennità mensile, ma non hanno alcun obbligo di assumerne nemmeno una quota, dove sta la spinta verso l’obiettivo di far uscire dalla disoccupazione queste persone? Cosa succederà se di questi 860 stagisti ne venissero assunti meno della metà? O meno di un terzo, che è la media standard di assunzione post stage nazionale?  È lecito anche chiedersi: gli stage saranno ancora in corso quando Napoli andrà al voto per rinnovare il sindaco e il consiglio comunale, nella primavera dell'anno prossimo?Certo, la fame di lavoro è tanta. E 600 euro possono far gola per aiutare ad arrivare alla fine del mese, specie per nuclei familiari in condizioni di bisogno. La Campania, come accennato, registra il tasso di disoccupazione più elevato d'Italia e, tra tutte le province campane, Napoli è proprio quella con la situazione più preoccupante: su una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti le persone con un'occupazione sono meno di 900mila, pari a un tasso di occupazione del 42,6% – venti punti sotto la media nazionale (e quello di occupazione femminile sotto il 29%, quindi addirittura venticinque punti percentuali sotto la già bassa media nazionale). Cioè per ogni 10 persone in età da lavoro che vivono a Napoli e potrebbero lavorare, solo quattro hanno effettivamente un lavoro. In questo quadro, anche un tirocinio può essere meglio che niente. Eppure, davvero non ci sarebbe stato un modo migliore per impiegare questi sette milioni di euro che in quattro anni erano rimasti inutilizzati? Marianna Lepore

Stage senza sfruttamento: le proposte approvate dalla Commissione Cultura per la direttiva europea sui tirocini

Appena prima di Pasqua è stato sancito un altro passo avanti nell'iter legislativo della nuova Direttiva europea sui tirocini, che mira a offrire più diritti ai tirocinanti e garantire stage di qualità in tutta Europa. Come l'europarlamentare italiano Nicola Zingaretti, "rapporteur" per i lavori su questa direttiva in Commissione Cultura, aveva anticipato in un'intervista alla Repubblica degli Stagisti, il Parere ("Opinion") è andato al voto in Commissione nella seconda settimana di aprile, ottenendo l'approvazione di 54 emendamenti, frutto di tre mesi di lavoro di raccolta e mediazione – come ricordato dallo stesso Zingaretti, che poco prima del voto ha ringraziato «tutti coloro che hanno contribuito con i nostri uffici in otto riunioni tecniche e due politiche per far fare a questa direttiva del Consiglio un passo in avanti molto importante». In 34 casi si tratta di modifiche più o meno lievi – a volte anche solo una parola – alla formulazione di articoli già esistenti nella bozza di direttiva resa pubblica dalla Commissione un anno fa (a marzo 2024); in venti casi invece si tratta di paragrafi aggiunti ex novo per sostituire o integrare il testo della prima bozza.Il Parere, approvato in una seduta presieduta dalla presidente della Commissione Cultura, l'europarlamentare tedesca Nela Riehl del gruppo dei Verdi [nella foto a destra], contiene diversi aspetti interessanti. Il più significativo secondo la Repubblica degli Stagisti è la frase introdotta per sottolineare che tutti i tirocinanti dovranno essere protetti dai principi di questa Direttiva, quando sarà approvata: ben due volte ricorre infatti la frase «indipendentemente dalla sua [del tirocinio] tipologia o dalla denominazione attribuita [al tirocinio] dalle parti coinvolte» (“irrespective of its nature or its designation by the parties involved” nella versione in inglese; la traduzione ufficiale in italiano non è ancora disponibile). Il senso è che a prescindere dal tipo di stage o da come venga definito, ogni percorso formativo che risponda alle caratteristiche di un tirocinio deve essere gestito in ossequio ai principi espressi nella direttiva. Se questa piccola frase verrà accolta dalla Commissione Lavoro e poi dalla Plenaria, non vi potranno essere dubbi sulla portata universale della direttiva. Altra aggiunta rilevante, il fatto che gli Stati debbano «garantire pari opportunità di accesso ai tirocini, evitando di richiedere un'esperienza lavorativa pregressa e riconoscendo i tirocini come esperienza di lavoro» (“ensure equal access to traineeships by not requiring previous work experience and by acknowledging the recognition of traineeships as work experience”). Una stoccata alla sciagurata pratica del “si cerca stagista con esperienza”, vero e proprio ossimoro purtroppo ancora diffuso, con relativo sfruttamento pressoché assicurato.Il Parere aggiunge al testo della direttiva un paragrafo sul senso profondo dei tirocini, che «hanno lo scopo di permettere di acquisire conoscenze e competenze pratiche. La loro finalità è quella di integrare l'istruzione teorica con l'apprendimento pratico, non di sostituire l'occupazione regolare. [...] È fondamentale distinguere tra rapporti di lavoro regolare e tirocini. Entrambi dovrebbero essere pagati, ma il ruolo dei tirocinanti si focalizza sull'apprendimento e sulla formazione. Un tirocinio dovrebbe sempre essere limitato nel tempo e chiaramente distinto da un rapporto di lavoro regolare, assicurando che la natura dell'accordo venga ben compresa da entrambe le parti.» (“Traineeships serve as a means of acquiring practical knowledge and experience. Their purpose is to complement formal education with hands-on learning, not to replace regular employment. [...] It is essential to distinguish between regular employment and traineeship relationships. While both should be paid, the role of trainees is focused on learning and training. A traineeship should always be time-limited and clearly separate from a regular employment relationship, ensuring that the nature of the arrangement is understood by both parties”). Questa formulazione serve anche per sedare le tante polemiche che, da destra e da sinistra, hanno sempre accompagnato il dibattito sui tirocini, e la confusione che spesso accade quando li si compara con i veri e propri contratti di lavoro.In un altro emendamento approvato, una piccola aggiunta di parole sottolinea quanto i tirocini restino (e ci mancherebbe altro) perfettamente individuabili come tali anche quando prevedono una indennità mensile: «I tirocini sono rapporti di lavoro che possono essere distinti dai regolari rapporti di lavoro per il fatto che, anche se pagati, sono limitati nel tempo, includono una significativa componente di formazione e addestramento in linea con le qualifiche del tirocinante [...] e sono svolti per acquisire esperienza pratica e professionale nell'ottica di migliorare l'occupabilità e facilitare la transizione nel mondo del lavoro o l'accesso a una professione» (“Traineeships which are employment relationships can be distinguished from ‘regular’ employment relationships in that, even if paid, they are limited in time, they include a significant learning and training component aligned with the trainee's qualifications [...] and that they are undertaken in order to gain practical and professional experience with a view to improving employability and facilitating transition to employment or accessing a profession”) Le tre parole aggiunte, «even if paid», sono altamente significative.Altra aggiunta molto opportuna è quella che specifica l'importanza di offrire un'indennità economica agli stagisti: «La mancanza di compenso per i tirocini acuisce le disuguaglianze, riducendo le possibilità di ottenere un lavoro stabile e causando divisioni tra i giovani, in particolare tra le persone con minori opportunità». (“The absence of pay for traineeship exacerbates inequalities, lowering the chances of securing a stable job and causing divisiveness among young people, in particular people with fewer opportunities”). Dopo averlo predicato in lungo e in largo per tanti anni, vederlo scritto nero su bianco in un documento ufficiale delle istituzioni europee fa un certo effetto. Ma non si tratta di una novità assoluta: già nel 2020 il Parlamento europeo in seduta plenaria si era espresso ufficialmente contro gli stage gratuiti.Non bisogna dimenticare poi che questo non è ancora il testo definitivo della direttiva: la strada è  lunga, e non è detto che questa frase "resisterà" nei prossimi passaggi. Ma per ora c'è, e noi della Repubblica degli Stagisti non possiamo che esserne contenti. Soprattutto quando la si appaia a un altro emendamento approvato, che spiega come dovrebbe essere calcolato l'ammontare del “giusto” compenso: esso dovrebbe garantire la copertura dei «potenziali costi che i tirocinanti sostengono svolgendo il tirocinio, nonché le relative spese vive quali viaggio, vitto e alloggio» (“Member States should ensure that, when applicable, the concept of pay includes the possibility to cover a subsistence allowance to support the potential costs incurred by trainees in participating in the traineeship, as well as related living expenses such as travel, food and accommodation”).Il testo della Commissione Cultura affronta anche il tema delle discriminazioni, con l'obiettivo di «migliorare il benessere e la sicurezza dei tirocinanti e per prevenire, affrontare e segnalare molestie o discriminazioni durante i tirocini» (“Member States should put in place mechanisms to improve wellbeing and safety of trainees and to prevent, address, and report harassment or discrimination during traineeships”) e propone soluzioni per contrastare la pratica dei tirocini a ripetizione: «Al fine di garantire che i tirocini facilitino effettivamente la transizione verso un'occupazione regolare e di evitare che si verifichino tirocini ripetuti o consecutivi presso gli stessi datori di lavoro o datori di lavoro diversi, gli Stati membri dovrebbero assicurare che i tirocini siano riconosciuti come legittime esperienze lavorative nelle procedure di assunzione» (“In order to ensure that traineeships effectively facilitate the transition to regular employment and prevent repeated or consecutive traineeships with the same or different employers, Member States should ensure that traineeships are recognised as valid work experience in recruitment processes”).Una menzione a parte merita l'emendamento che affronta la complessa questione della qualità della formazione. Facile a dirsi in teoria, estremamente difficile da controllare e misurare nella pratica. Il lungo paragrafo approvato dalla Commissione Cultura pone dei punti fermi soprattutto in relazione a quella che in italiano chiameremmo la certificazione delle competenze (“Since it is often difficult for the trainees to prove their skills, their acquired competences should be assessed and validated, recognised, and made portable through certificates, micro-credentials, or other forms at the end of the traineeship”), oltre che altre raccomandazioni che per fortuna sono già presenti nella normativa italiana, come l'obbligo di un accordo scritto (la convenzione di stage) e di un tutor.Due ulteriori emendamenti ribadiscono la necessità che i tirocini vadano monitorati, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo: «Raccolta dei dati, controlli e ispezioni dovrebbero essere mirati ad evitare che finti stage vengano usati al posto di regolari contratti, per proteggere i diritti dei lavoratori e assicurare la qualità dei tirocini. Tutti i dati raccolti dovrebbero essere resi pubblici [...] per identificare le tendenze, assicurare trasparenza e orientare miglioramenti delle politiche future» (“data collection, controls and inspections should be targeted to avoid the substitution of regular employment by disguised traineeships to protect workers’ rights and ensure the quality of traineeships. All collected data should be shared [...] to identify trends, ensure transparency and inform future policy improvements”). L'ultima frase è essenziale e viene ripresa anche in un altro degli emendamenti approvati, che ribadisce come si debba assicurare «la raccolta e la condivisione di dati uniformi e comparabili, inclusa la percentuale di assunzione post stage» (“ensure, in collaboration with the competent authorities, the collection and sharing of uniform and comparable data, including the ratio of traineeships having led to regular employment relationships in the field related to the traineeship over a relevant reference period”). Alleluja.Per quanto riguarda i tirocini per l'accesso alle professioni regolamentate, il Parere della Commissione Cultura contiene due emendamenti specifici; il primo prescrive agli Stati membri di tener conto, nell'attuazione della direttiva, «delle esigenze e dei quadri normativi specifici riguardanti le professioni liberali e regolamentate, nonché dei meccanismi di protezione esistenti a livello nazionale» (“Member States should take into account the specific needs and frameworks regarding liberal and regulated professions, as well as existing protection mechanisms at national level in implementing this Directive”). Il secondo li «incoraggia a valutare l’impatto delle misure di recepimento della direttiva sulle professioni liberali e sulle professioni regolamentate [...] che richiedono i tirocini come parte obbligatoria della formazione professionale» (“In implementing this Directive, Member States are encouraged to assess the impact of their transposition measures on the liberal professions and regulated professions [...] which require traineeships as a mandatory part of professional training”).«Questo parere è molto atteso dalle ragazze e dai ragazzi europei – ma anche dalle imprese europee, per migliorare le performance del nostro sistema produttivo» ha detto Nicola Zingaretti al momento del voto in Commissione Cultura: «Abbiamo svolto esattamente il ruolo della Commissione Cultura, perché questo articolo – e gli emendamenti, e il rinnovamento rispetto alla direttiva che abbiamo fatto – migliora molto la qualità dei tirocini e colloca il tirocinio dentro quella missione di trasferimento di competenze ma senza sfruttamento delle ragazze e dei ragazzi».Adesso la palla è passata alla Commissione Lavoro, che dovrà a sua volta lavorare su un testo. Sono già cominciate nei giorni scorsi le riunioni per cercare i compromessi necessari (vi sono alcuni parti politiche piuttosto perplesse, o addirittura ostili, alla direttiva). La Commissione Lavoro voterà poi la sua proposta di testo entro il mese di giugno.

In Toscana parte un bando da 10 milioni per tirocini “con esito occupazionale”, e nasce il marchio TqT

Alla fine è arrivato il primo bando che attua la riforma toscana delle linee guida sui tirocini extracurriculari, presentata quasi un anno fa. È online, infatti, l’avviso pubblico per «l’erogazione di un contributo finanziario ai tirocini non curriculari con esito occupazionale», pubblicato a fine gennaio sul sito dell’Agenzia Regionale Toscana per l’Impiego (ARTI).    Il bando resterà aperto fino al 31 dicembre e mette in pratica quello che già era stato annunciato: vincola il contributo regionale all’azienda ospitante (cioè i soldi che un’azienda riceve dalla Regione per lo stage) all’assunzione del tirocinante e introduce l’aumento del rimborso spese minimo mensile per gli stagisti. Per attuarlo si utilizzeranno 10 milioni di euro dal programma Gol,  ovvero il programma di riforma delle politiche attive del lavoro previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.  L’avviso, si legge nel testo, ha l’intenzione di accompagnare le persone, anche quelle in situazioni di svantaggio o fragilità, «in un percorso volto al miglioramento delle proprie competenze e all’ingresso/reinserimento nel mercato del lavoro». Il sostegno regionale, quindi, arriverà a quelle aziende che assumeranno lo stagista al termine del percorso «quale riconoscimento del valore formativo dell’esperienza effettuata».   Un bando che pone la Toscana come prima Regione ad approvare in una legge un legame stringente tra tirocinio e assunzione, partendo già, come recita il comunicato, da un buon risultato, visto che «il tasso di assunzione post stage è pari al 67 per cento, il più alto in Italia», davanti anche a regioni virtuose come Veneto ed Emilia Romagna.  Come la Repubblica degli Stagisti aveva però ricordato proprio un anno fa, quel dato non è riferito ai tirocini extracurricolari attivati sul territorio toscano nel corso del 2022, ma solo agli esiti dei tirocini promossi dalla Fondazione Lavoro, quindi solo uno dei soggetti promotori esistenti in Toscana (e nel resto del territorio italiano) accanto a centri per l’impiego, università, agenzie per il lavoro e altri enti accreditati. Peraltro nemmeno quello con più attivazioni, visto che dati alla mano nell’anno che era stato preso in considerazione aveva attivato solo il 4% degli stage promossi in Toscana. Un anno dopo questa imprecisione non è stata ancora corretta, e continua ad essere riproposta nella comunicazione legata a questa iniziativa. Al di là di questo aspetto, la riforma – come già annunciato un anno fa – prevede che il rimborso mensile minimo per ogni tirocinante passi da 500 a 600 euro, e il contributo regionale ai datori di lavoro a parziale copertura di questa spesa aumenti da 300 a 400 euro ma d’ora in poi subordinato alla stipula, entro trenta giorni dal termine del tirocinio, di un contratto a tempo indeterminato, a tempo determinato di almeno 12 mesi o a un apprendistato.Il minimo di 600 euro al mese da erogare al tirocinante è obbligatorio per tutte le aziende, anche per quelle che decideranno di non richiedere il contributo pubblico. Il contributo alle aziende viene erogato nel caso in cui ad assumere sia l’impresa ospitante, ma anche se a farlo è un’altra azienda: nella prima ipotesi entro trenta giorni dal termine dello stage, nella seconda entro sei mesi. Altra differenza tra i due casi è sulla durata minima del contratto a tempo determinato attivato: se a farlo è l’azienda che ha anche ospitato lo stage, allora dovrà essere di almeno dodici mesi; se ad attivarlo, invece, è un’altra azienda allora potrà essere anche di soli sei mesi. Cresce poi il rimborso alle aziende nel caso in cui lo stagista sia un soggetto svantaggiato o con disabilità, passando da 400 a 600 euro mensili. Logicamente il contributo è erogato solo se la partecipazione allo stage è pari o superiore al 50 per cento delle ore mensili previste.  «Il nostro obiettivo è quello di qualificare sempre più lo strumento del tirocinio affinché costituisca una reale e valida opportunità formativa e sia effettivamente propedeutico all’assunzione», ha dichiarato l’assessora Alessandra Nardini durante l’incontro con la stampa. In sala c’erano anche sindacati e parti sociali che hanno condiviso l’approvazione della riforma. Tanto che Cgil, Cisl e Uil sono uscite con una nota congiunta in cui si dichiarano felici che «dopo tante battaglie e tanto lavoro fatto in Commissione tripartita» arrivi un risultato «importante e non scontato: tirocini di qualità, con maggiore formazione e garanzie sulla sicurezza e con possibilità concrete di avere un’occupazione stabile e di qualità al termine del percorso». I sindacati toscani si dicono convinti che l’attuazione di questa intesa darà «nuova dignità ai tirocini e al lavoro».  Un anno fa tra le novità era stato annunciato anche l’avvio, ora confermato, della sperimentazione del digital badge per registrare le competenze acquisite con il tirocinio attraverso metadati, anche se in realtà, come la Repubblica degli Stagisti aveva ricordato, questo sistema era stato istituito con un altro nome nel 2005 per poi diventare operativo nel 2015 all’interno del fascicolo elettronico del lavoratore e già nel 2017, ben otto anni fa, risultava attivo – anche se sottoutilizzato – proprio in Toscana.  Tra le novità “nuove” c’è anche un protocollo di certificazione e un marchio che attesteranno il legame tra il contributo regionale erogato alle aziende e la scelta dell’impresa di garantire un effettivo valore formativo allo stage: TQT, Toscana Tirocini di Qualità. Qualcosa che ricalca l’idea, avuta nel 2009, della Repubblica degli Stagisti con il Bollino OK Stage, un riconoscimento dato a quelle aziende aderenti all’RdS network che dichiarano il rispetto della Carta dei diritti dello stagista e un tasso di assunzione almeno del 30 per cento al termine dello stage.  Un marchio, il TQT, che rende «concreto un mutamento di prospettiva che consideriamo necessario per assicurare il tirocinio come strumento di effettiva formazione ed efficace canale di ingresso nel mondo del lavoro», ha spiegato durante la conferenza stampa il presidente della Regione Eugenio Giani. Al momento, però, specifica la segreteria dell'assessora all'istruzione Alessandra Nardini, «deve ancora essere definito il procedimento per assegnare il marchio, che è ancora in definizione sia per la parte grafica che per il regolamento d'uso». Regolamento che dovrà essere approvato «con atto di Regione dopo un confronto con la Commissione regionale permanente tripartita in cui sono presenti i delegati delle parti sociali più rappresentative a livello regionale». Quali saranno quindi i tempi per vederlo realizzato? «È ragionevole pensare che questo iter si concluda nei prossimi mesi e si possa iniziare ad assegnare il marchio da questa estate».Non è ancora definito il procedimento per l'assegnazione; di norma «in situazioni analoghe di marchi etici», spiega la segreteria dell'assessora Nardini, «le aziende interessate e in possesso dei requisiti, che saranno elencati nel Regolamento d'uso del marchio che sarà oggetto di approvazione con provvedimento della Regione Toscana insieme alla sua registrazione, presentano domanda via Pec o su un formulario online».Al momento quindi è possibile far domanda solo per il contributo a copertura del rimborso per i tirocinanti e le aziende possono presentarla continuativamente all’indirizzo internet predisposto entro il 31 dicembre di quest’anno e comunque fino all’esaurimento delle risorse. La riforma potrà veramente rendere la Toscana una regione virtuosa per l'inserimento occupazionale post tirocinio? Prima di un anno non sarà possibile quantificare gli effetti. C’è però da applaudire alla strada intrapresa, che vuole responsabilizzare sempre più le aziende e fare dello stage un mezzo per creare buona occupazione.  Marianna Lepore

Sostenibilità, concorso da 850mila dollari per trovare le migliori 100 idee in tutto il mondo. E realizzarle

NB: la deadline per le candidature è stata prorogata a martedì 15 aprile850mila dollari destinati a premiare cento idee di giovani di tutto il mondo sulla sostenibilità ambientale. È l'iniziativa “Youth Impact: Because You Matter” lanciata due settimane fa da Nestlé in partnership con l'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura. «I giovani sono sempre stati un pilastro delle attività di Nestlé» dice Giovanna Raffi, Recruiting & Employer Branding di Nestlé Italia. In effetti, risale ormai a oltre dieci anni fa l'avvio di “Nestlé needs YOUth”, mirato a creare 20mila nuove posizioni professionali per giovani di tutta Europa nel triennio 2014-2016, poi proseguito negli anni con varie iniziative satellite dedicate al sostegno della formazione e dell'occupazione di qualità. «In Italia il nostro impegno è sempre stato molto serio per quanto riguarda le iniziative verso i giovani», aggiunge Raffi, «e siamo contenti di questa nuova forte spinta da parte di Nestlé a livello internazionale, per un impegno sempre più incisivo a favore dei giovani».Il montepremi a disposizione nell'ambito di questo nuovo progetto “Youth Impact: Because You Matter” è spezzettato in cinque – ci saranno cioè venti progetti vincitori per ciascuna delle cinque aree geografiche definite secondo la segmentazione dell'Unesco: Africa, Regione Araba, Asia e Pacifico, Europa e Nord America, e infine America Latina e Caraibi. Il tempo per partecipare è però davvero poco: la deadline per la presentazione delle candidature è fissata per la mezzanotte meno un minuto di martedì 15 aprile.Per partecipare bisogna compilare in inglese un form («veramente ricco di dettagli», anticipa Raffi, «per questo consigliamo vivamente di non ridursi proprio l'ultimo giorno!») disponibile sulla piattaforma YEP, che sta per Youth Entrepreneurship Platform ed è una piattaforma globale creata da Nestlé nel 2022 per dare accesso a conoscenze, infrastrutture e opportunità di finanziamento ai giovani innovatori in tutto il mondo. Una buona notizia è che Nestlé e Unesco hanno scelto di non mettere «troppe griglie per i ragazzi, ma lasciar loro spazio» per proporre le loro idee in maniera il più possibile libera.L'aspetto più importante della presentazione della candidatura è ovviamente l'illustrazione di queste idee. Che dev'essere sintetica ma non troppo, e focalizzare in maniera chiara e convincente non solo in cosa l'idea sia innovativa ma anche, in una mentalità imprenditoriale, come sia realizzabile – quantomeno in una forma di prototipo – nei tempi previsti, e come possa inserirsi in un mercato.A settembre verranno resi noti i nomi dei 100 progetti che avranno passato il vaglio. I vincitori avranno a quel punto «l'opportunità di implementare la loro idea nei mesi successivi. Quindi ogni progetto deve essere anche realizzabile!» conferma Raffi. I candidati ideali sono «ragazzi che hanno già lavorato su dei progetti di sostenibilità. Immaginare di crearne uno ex novo, da zero, è difficile» a causa del poco tempo a disposizione. La call è quindi sopratutto «per chi già ha qualcosa in testa, o in pancia».Per questo fatto, e per la regola che vuole che ogni progetto venga presentato non da una sola persona, ma da una squadra formata da almeno tre, l'ideale è che a partecipare siano giovani che hanno già lavorato su qualche progetto di sostenibilità ambientale di recente: e che dunque abbiano già una buona base su cui partire, se non addirittura una bozza di progetto già completa. Per esempio, qualcuno che abbia lavorato a una esercitazione di questo tipo in ambito scolastico o universitario, che abbia sviluppato un'idea durante un lavoro di gruppo, o per una qualche tesi o tesina.In particolare, il concorso è aperto a persone tra i 18 e i 30 anni, meglio se già impegnate nell'associazionismo, o comunque attive a livello personale come attivisti e/o in iniziative imprenditoriali. Essendo che, come detto, la candidatura di ogni progetto dev'essere portata avanti da almeno tre persone, sono avvantaggiati quei giovani che già fanno parte di reti giovanili, o di cellule locali di organizzazioni internazionali. I progetti possono avere un raggio d'azione sia locale sia nazionale, dev'essere realisticamente possibile metterli a terra nell'arco di sei mesi, e devono vertere su uno dei seguenti quattro macrotemi: Climate Change Mitigation and Adaptation Strategies, Sustainable Food Systems, Regenerative agricultural practices e Packaging sustainability innovations.Il primo, traducibile come “Strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici” si concentra sulle azioni per ridurre le emissioni di gas serra e rallentare il riscaldamento globale. Ciò include, spiega il sito dell'iniziativa, la promozione di economie a basse emissioni di carbonio attraverso l'uso sostenibile di fonti di energia rinnovabili, il rafforzamento dell'istruzione e della consapevolezza dei cittadini, la valutazione dei rischi correlati al cambiamento climatico per i siti naturali e culturali che sono classificati come “patrimonio dell'umanità”, il miglioramento della resilienza dell'ecosistema per mitigare gli effetti a cascata sui mezzi di sussistenza umani e il rispetto di principi etici quali giustizia climatica, sostenibilità, solidarietà e protezione delle generazioni future.Il secondo macrotema, “Sustainable Food Systems”, è focalizzato sulla produzione, lavorazione e sul consumo di cibo in modi che siano responsabili sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale. Gli aspetti chiave qui sono la promozione della biodiversità, la riduzione dello spreco alimentare e la sicurezza alimentare, attraverso la produzione locale e catene di fornitura innovative.Terzo macrotema, “Regenerative Agricultural Practices” e cioè pratiche agricole rigenerative per ripristinare la salute dell'ecosistema e promuovere l'uso etico delle risorse, nell'ottica di consentire uno sviluppo sociale ed economico in armonia con l'ambiente naturale e con le tradizioni culturali locali. Ciò include tecniche come la rotazione delle colture e il pascolo olistico che migliorano la resilienza al cambiamento climatico, riducono la dipendenza da input sintetici, migliorano la qualità del suolo, proteggono i sistemi idrici vulnerabili, preservano la biodiversità e supportano lo sviluppo sociale inclusivo all'interno delle comunità.Infine “Packaging sustainability innovations”, cioè innovazioni di sostenibilità del packaging, per la creazione di imballaggi più eco-compatibili: dai materiali riciclabili o compostabili alla riduzione degli involucri utilizzati per impacchettare i prodotti, fino all'utilizzo di tecnologie intelligenti e altre soluzioni innovative per ridurre gli sprechi e migliorare la sicurezza dei prodotti.In palio, oltre agli 8.500 dollari che serviranno alle squadre vincitrici per dare il via al proprio progetto, ci sono anche altre quattro forme di supporto: un “Immersion Training” (cioè una “formazione immersiva”) attraverso workshop tenuti da esperti di Nestlé incentrati sull'imprenditorialità, la gestione dei progetti e il potenziale dell'azione guidata dai giovani; gli “Online Contextualized Trainings”, cioè percorsi di formazione online “contestualizzati” in base alla posizione geografica e al tema del progetto di ciascuna equipe, in modo da affrontare le sfide e le priorità locali con il supporto del personale Unesco; i “Monthly Online Trainings and Gatherings”, cioè formazione e incontri online mensili focalizzati sulla gestione dei progetti e su come integrarvi questioni sociali (all'interno di queste attività vi è anche la “Innovation Box” di Nestlé, un tool pensato per approfondire temi come l'ideazione, la validazione del cliente – quel processo che conferma che esiste un mercato per un dato prodotto e che i clienti sono disposti a pagare per esso – e poi la prototipazione e la presentazione); e infine il “One-on-One Mentorship”, cioè il mentoring individuale che consiste nella guida di un mentore esecutivo Nestlé, che supporterà i vincitori nella realizzazione del loro progetto e anche oltre.La timeline è indicata sul sito: fino al 15 aprile c'è la possibilità di caricare le candidature; dal 16 aprile al 9 giugno Nestlé e Unesco valutano tutte le candidature ricevute e selezionano per ogni area geografica le venti migliori, che poi verranno rivelate al pubblico il 18 settembre. I vincitori avranno la possibilità di realizzare il loro progetto nei sei mesi successivi, entro la fine di aprile 2026, con la tutorship da parte di Nestlé e di Unesco.«Vorrei tantissimo che ci fossero anche ragazzi italiani all'interno delle cento squadre che vinceranno» chiude Giovanna Raffi: «Che orgoglio sarebbe poter vedere un paio di team italiani tra i venti della regione Europa e Nord America!».

Più di 100 posti di stage all’Autorità per la sicurezza alimentare, ultimi giorni per candidarsi

Siete interessati a un tirocinio in un ente o istituzione europea, vi attira l’esperienza internazionale e di tutto valore in curriculum, ma non avete voglia di trasferirvi all’estero, allora potrebbe fare per voi lo stage all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che ha sede a Parma. La call per i tirocini 2025 resta aperta fino alla mezzanotte del 2 aprile: circa 120 i posti a disposizione per uno stage della durata da un minimo di 5 a un massimo di 12 mesi con un rimborso spese mensile di 1.463 euro. Oltre a questa indennità «l’Efsa fornisce un’indennità di viaggio forfettaria per compensare le spese di viaggio sostenute all’inizio e alla fine dello stage per distanze superiori ai 200 chilometri», spiega l’ufficio stampa alla Repubblica degli Stagisti.Le cifre precise sono stabilite nelle regole amministrative sui tirocini approvate il 22 marzo dello scorso anno, dove si legge che fino a 200 km di distanza tra il luogo di residenza e la destinazione dello stage non si ha diritto a nulla, poi per un viaggio di sola andata si ha diritto a un rimborso che va dai 100 euro per distanze da 201 a 500 chilometri, a 150 per distanze da 501 a 1000 chilometri, fino ad arrivare a 500 euro se si superano i 3mila km. La distanza deve essere calcolata attraverso il sito viamichelin: per fare qualche esempio,  una persona residente a Reggio Calabria dovrebbe aver diritto a 200 euro di rimborso per il viaggio; da Torino o da Trieste, 100 euro; da Cagliari, 150 euro.Gli stage prenderanno il via tra ottobre e dicembre di quest’anno. «Per garantire un’esperienza di inserimento fluida, ci saranno due date principali di assunzione, per consentire di cominciare in gruppi coordinati e non individualmente».  Anche per gli stage all’Efsa la richiesta da parte degli italiani è tra le più alte, come accade per quasi tutte le esperienze di tirocinio all’estero. «Per la sessione di stage 2024 abbiamo ricevuto più di 3mila domande, di cui il 66 per cento da candidati europei e il 34 da non europei. I primi tre paesi per numero di domande sono stati l’Italia, la Spagna e la Grecia, e la selezione finale riflette questi dati con la maggioranza dei 123 stagisti selezionati provenienti appunto da Italia, Spagna e Grecia», spiega l’ufficio stampa.Questo significa che i candidati italiani qui, a differenza di quel che accade in altre selezioni per altre agenzie europee, non sono penalizzati dal fatto di essere numerosi. Anche se poi proprio l’ufficio stampa precisa alla Repubblica degli Stagisti che «in Efsa siamo fortemente impegnati a diversificare ed espandere la nazionalità dei nostri stagisti per garantire un’ampia rappresentanza di Paesi. E mentre continuiamo a ricevere un forte interesse da parte di candidati italiani, spagnoli e greci, la nostra priorità rimane quella di raggiungere candidati da un ambito geografico più ampio per riflettere la diversità dell’Unione europea».  Come capire se si è adatti per questo stage? Efsa tratteggia così il candidato ideale: «un giovane professionista dinamico e proattivo alla ricerca di un’esperienza arricchente in un ambiente di lavoro veramente internazionale», «curioso di esplorare un percorso di carriera all’interno di un’agenzia europea» e desideroso di «contribuire a proteggere la vita e la salute umana, la salute e il benessere degli animali, la salute delle piante e l’ambiente».L’Efsa è un ente dell’Unione europea che valuta i rischi per la salute umana, animale e vegetale associati alla filiera agroalimentare. Il suo compito è quello di raccogliere e analizzare ricerche e dati esistenti e fornire consulenza scientifica a supporto delle decisioni legislative di competenza dei gestori del rischio, quindi di Commissione europea, autorità nazionali e membri del Parlamento europeo. Gli stagisti selezionati entreranno a far parte, per qualche mese, di un team di circa 600 dipendenti a cui si sommano oltre 600 esperti esterni, scienziati e professionisti da tutto il mondo, in un ambiente internazionale, multiculturale e – promettono – anche «amichevole». Un consulente sarà responsabile del coordinamento dello stage e sarà il punto di riferimento per tutto il periodo. Oltre all'indennità mensile, l'Efsa offre anche un’assicurazione contro gli infortuni – ma non quella medica. Questo comunque non è un problema per gli italiani, che hanno la tessera sanitaria che consente prestazioni mediche su tutto il territorio. C'è anche la possibilità di lavorare da remoto fino al 60 percento della settimana lavorativa, con una piccola clausola: bisogna farlo da un posto che consenta di raggiungere Parma entro tre ore (anche se, a dire il vero, non è specificato in che modo si debbano calcolare queste tre ore, e se per esempio avere a disposizione un collegamento aereo conti oppure no). Una chance importante per gli stranieri che magari vogliono soggiornare in località di mare lungo la costa emiliano-romagnola, ma che potrebbe risultare utile anche a chi non vive molto lontano da Parma e non abbia voglia di prendere per lunghi periodi una stanza in affitto. Per partecipare è necessario avere almeno una laurea triennale, avere una conoscenza molto buona dell’inglese, almeno livello B2, e non aver mai svolto un tirocinio presso l’Efsa. Non c’è però alcuna incompatibilità con eventuali precedenti stage presso istituzioni europee o presso il Parlamento europeo. Una volta inviata la domanda, i criteri applicati per selezionare gli stagisti sono per prima cosa la conoscenza o l’esperienza in un’area relativa alle attività dell’Efsa e poi le competenze: nello specifico la capacità di lavorare con gli altri, quella di pianificare e misurare i risultati, di gestire tempo, risorse e informazioni in modo efficace, di dimostrare competenza politica e agilità strategica e una alta capacità di comunicare in inglese sia per iscritto che parlato. Oltre alla scrematura basata sulle referenze, nella selezione l'Efsa si impegna anche a bilanciare la nazionalità e il genere dei tirocinanti. Per partecipare è necessario compilare la domanda online. Primo passo, registrarsi sul sito Efsa. Una volta ottenuto il log in è possibile appunto inserire i dati e scegliere due aree di interesse per cui fare domanda. (Una scelta non facilissima visto che sono ben 57 ed è possibile visionare il nome e i compiti a questo link. Ma si può cambiare idea fino alla chiusura delle candidature!).La procedura di selezione avviene, chiaramente sulla base del principio di eque opportunità e non discriminazione, in base a quanto indicato nella “Call” dello stage. I candidati ritenuti idonei vengono esaminati dalle unità dell’Efsa, tenendo conto delle loro preferenze indicate nella domanda e delle loro competenze. Chi riesce a superare questa fase viene sottoposto a un’ulteriore valutazione, questa volta un colloquio online, per verificare la loro idoneità e discutere delle aspettative reciproche. Terminato quest’ultimo step, i candidati possono essere selezionati, respinti o anche inseriti in una lista di riserva. Se selezionati si riceve la vera offerta di tirocinio, con data di inizio, l’unità di inserimento – che potrebbe essere nel campo della salute delle piante, degli ingredienti alimentari, dei pesticidi delle risorse umane o degli affari legali – la durata offerta e l’elenco dei documenti da presentare. Essere inseriti nella lista di riserva può comunque essere positivo, visto che Efsa si riserva di contattare questi soggetti in qualsiasi momento durante il periodo di stage, anche last-minute, per sostituire un candidato o per una conclusione anticipata dello stage. Obiettivo del tirocinio all’Efsa è quello di fornire una comprensione e un’esperienza pratica del ruolo e del lavoro dell’Agenzia nell’area della sicurezza alimentare, promuovere lo sviluppo professionale di persone adeguatamente qualificate in settori correlati alle sue attività e creare un bacino di giovani con esperienza diretta dell’Efsa e dei suoi metodi di lavoro che saranno meglio preparati per eventualmente collaborare in futuro.  Nel periodo di stage si viene inseriti in ufficio con orari di lavoro dalle 9 del mattino alle 7 di sera, che ricalcano quelli del persona Efsa. Per avere idea dei compiti si può dare un’occhiata all’avviso di stage, dove si parla di una «esperienza diretta del lavoro di un’agenzia dell’Unione europea» che permette di sviluppare «nuove competenze e abilità in linea con i propri interessi personali e obiettivi di carriera; contribuire all’agenda dell’unità supportando nella stesura di documenti e relazioni, analizzando dati e gestendo attività scientifiche o amministrative; contribuire a progetti con idee innovative; contribuire alla pianificazione e al monitoraggio delle attività dell’unità; crescere attraverso l’apprendimento sul posto di lavoro». Se tutti questi elementi hanno incuriosito, conviene leggere attentamente tutte le istruzioni e affrettarsi a far domanda.Marianna LeporeFoto di apertura: Copyright Lucio Rossi per EFSA  

Direttiva europea a difesa degli stagisti, a che punto siamo? Si cerca l'accordo politico per farla approvare

A che punto siamo con i diritti degli stagisti a livello di Unione Europea? Risale a un anno fa la presentazione in zona Cesarini – tre mesi prima della fine della legislatura – di una bozza di direttiva europea e una bozza di raccomandazione per introdurre nuove tutele per i milioni di persone che ogni anno fanno tirocini nei Paesi dell’Ue. Ma queste bozze sono rimaste a metà strada, mancando il tempo per discuterle e andare al voto.Adesso che un nuovo Parlamento europeo è stato eletto e si è insediato, il percorso legislativo è ripreso: per ora si concentra sul più rilevante dei due documenti, e cioè la direttiva. A occuparsene sono sopratutto due Commissioni: la Commissione Lavoro in prima istanza, con la Commissione Cultura a supporto. L'eurodeputato italiano Nicola Zingaretti – già presidente della Regione Lazio, e segretario del Partito democratico tra il 2019 e il 2021 – appena prima di Natale è stato nominato “rapporteur” per questa Direttiva all'interno della Commissione Cultura. Col suo staff ha preparato, nelle prime settimane del suo incarico, una “draft opinion”, cioè una serie di emendamenti alla proposta della Commissione. Contemporaneamente ha avviato una ricognizione, raccogliendo proposte di emendamenti da altri eurodeputati e incontrando associazioni, sindacati, rappresentanze datoriali e altri soggetti esperti, tra cui la Repubblica degli Stagisti. Ora è in corso la fase di scrematura: l’obiettivo, a partire dai 330 emendamenti raccolti, è quello di trovare un punto di equilibrio e di compromesso tra le forze politiche e inviare alla Commissione Lavoro una proposta che sia ambiziosa ma che abbia anche una verosimile possibilità di passare, cioè di essere approvata dalla maggioranza del Parlamento europeo. Il voto in Commissione Cultura è previsto per la seconda settimana di aprile.«L'aspetto più importante della direttiva, se va, non è solo – e questo già basterebbe – evitare lo sfruttamento, ma anche aumentare la qualità della formazione dei giovani europei. Che è un bene comune» dice Zingaretti: Ma per ottenere una direttiva che aiuti a evitare lo sfruttamento e aumentare la qualità della formazione c’è da fare un vero e proprio slalom tra i sabotatori. Tra cui coloro che, come sempre accade in questi casi, fanno terrorismo psicologico, dicendo che se i tirocini venissero regolamentati di più nessuno vorrebbe più ospitare stagisti: «C'è in effetti il rischio di un crollo di questo strumento, all'inizio, nelle forme che abbiamo conosciuto finora» concede Zingaretti: «Però io credo che la fase di assestamento sarà anche una scrematura tra i tirocini fatti per far apprendere e i tirocini-sfruttamento, fatti per creare profitto per chi li offre. Il disboscamento non sarà indolore, ma confido che sui grandi numeri» la nuova regolamentazione andrà a beneficio «non solo di chi fa i tirocini, ma del sistema Paese e della competitività europea. Perché sposteremo l'asse da un rapporto molto proiettato – se non per la buona volontà di alcuni – sullo sfruttamento del lavoro, verso un aumento delle capacità intellettuali, creative e di lavoro di una massa enorme di individui».A fine febbraio, intanto, è uscito un draft report firmato dall'eurodeputata spagnola Alicia Homs Ginel, che è la Rapporteur nominata per la commissione Lavoro del Parlamento su questa direttiva, in cui sono contenute altre proposte di emendamento. Una delle più significative riguarda la parola “worker”, usata molto spesso nella bozza del marzo 2024 per indicare i tirocinanti, che Homs Ginel propone di sostituire con la parola “trainee”. Una scelta che mira a calcare la differenza tra lavoratori e stagisti (con i pro e i contro che questa scelta comporta).La questione lessicale è molto importante: una sola parola può alienare una parte di consenso, o al contrario federare e permettere di trovare un accordo. Due altri esempi: quando si parla di soldi erogati mensilmente agli stagisti una cosa è dire “wage” e un'altra è “compensation”, o “participation allowance”: «La remunerazione va intesa non come uno stipendio, ma come una forma di indennità economica» spiega Zingaretti. Discorso simile per la parola che va a descrivere l'inquadramento formale dello stage: anziché “contract”, che ricalca esplicitamente il concetto di contratto di lavoro, nell'ottica di una contrattazione con le forze politiche più restie alla Direttiva ora si sta cercando di proporre l'uso della formula “traineeship agreement”.Il draft report di Alicia Homs Ginel è stato presentato in Commissione Lavoro pochi giorni fa, il 18 marzo [qui il video della seduta], e ora i membri della Commissione hanno una finestra aperta fino al 25 marzo per presentare emendamenti a questo draft.I political advisor dei vari gruppi parlamentari e gli assistenti degli eurodeputati sono in queste settimane al lavoro per trovare accordi: missione non facile, anche considerando che per alcune forze politiche i tirocini sono un “privilegio”, qualcosa per cui bisognerebbe ringraziare ad occhi chiusi senza chiedere diritti o garanzie. Più in generale, i partiti di centrosinistra – come i Socialisti & Democratici e i Verdi – vorrebbero una direttiva molto specifica, che ponga obblighi precisi a chi ospita uno stagista (per esempio, una indennità mensile); i partiti di destra vorrebbero invece una direttiva il più snella possibile, senza eccessive regolamentazioni.Un tema enorme da dirimere è quello del raggio d'azione della Direttiva. Quali stagisti proteggerà? Solo gli extracurricolari? O anche i curricolari? E chi fa tirocini per l'accesso alle professioni regolamentate, cioè coloro che in Italia vengono definiti “praticanti”? Ovviamente l'obiettivo sarebbe quello di estendere a tutti le tutele della Direttiva. Purtroppo però l'ipotesi di includere anche i curricolari al momento «sembra essere un po' un macigno rispetto alla possibilità di andare avanti», ammette Zingaretti, «per via della rigidità di alcuni gruppi politici». Ma escluderli vorrebbe dire lasciare milioni di stagisti europei (i curricolari solo in Italia sono un numero indefinito intorno ai 400-450mila) senza alcuna protezione.Più in generale, lo scoglio principale per imporre ai 27 stati membri di vietare gli stage gratuiti è, da sempre, l'articolo 153 dei Trattati sul funzionamento dell’Ue: perché il lavoro non è una materia di competenza europea. Però non tutto è perduto: l'articolo 153 dice che «l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri» in alcuni ambiti, tra cui il «miglioramento dell'ambiente di lavoro» e le «condizioni di lavoro», nonché la «integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro» (lo stage qui ci sta particolarmente bene, essendo uno strumento di politica attiva del lavoro).Quindi, dice sempre l'articolo 153, il Parlamento europeo e il Consiglio possono promuovere iniziative legislative «volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazioni e di migliori prassi, a promuovere approcci innovativi». Però vieta di imporre «qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri». E nello specifico dice che nelle direttive in questo campo possono essere contenute solo «prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro». Direttive di questo tipo, per giunta, non possono «imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese» (e ahinoi, uno dei cavalli di battaglia dei detrattori dei diritti degli stagisti è proprio quello che imporre di erogare un'indennità minima sarebbe un ostacolo per le pmi).Infine, l'articolo 153 specifica anche che «le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni». Imporre agli Stati membri di introdurre nei loro rispettivi ordinamenti giuridici un obbligo di indennità minima per gli stagisti avrebbe a che fare con la retribuzione, e dunque non sarebbe possibile.Ovviamente i Trattati non sono scritti nel granito. Possono essere interpretati. In alcuni casi per esempio negli ultimi anni è stata data una interpretazione "estensiva" ad alcune parti dei Trattati. «Il problema è di ordine istituzionale: viene utilizzato per motivi politici da chi non vuole una forte legislazione su questi temi, però purtroppo è suffragato dai Trattati» dice Zingaretti, portando come analogia l'esempio attualissimo dell'opportunità di costruire un esercito europeo: «Alcuni dicono “Non si può fare la difesa comune perché non è nei trattati ” – cioè, alcuni aspetti della difesa non sono nei Trattati. Tendenzialmente questi temi vengono tirati fuori quando dietro si celano delle perplessità politiche. Se però hanno un fondamento, bisogna essere molto prudenti». Perché altrimenti si rischia di lavorare per nulla.Si riuscirà a trovare una quadra per una buona Direttiva in materia di diritti degli stagisti? Nicola Zingaretti è ottimista: «Noi puntiamo, salvo problemi, a votare in Plenaria nell'ultima seduta prevista a Strasburgo [tra il 7 e il 10 luglio, ndr], e arrivarci con la votazione finale». A quel punto la Direttiva andrebbe al trilogo, che consiste in un negoziato interistituzionale informale che riunisce rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea. «Se l'accettano, durante l'estate diventerà una direttiva europea». E a quel punto la palla passerà agli stati membri, che entro due anni dovrebbero recepire la Direttiva sui tirocini ciascuno nella propria legislazione nazionale. Ma per arrivare a questo bisogna che la Direttiva europea sui tirocini veda la luce.Eleonora Voltolina

Diritti degli stagisti, la proposta di Italia Viva: riformare i curricolari, abolire gli extracurricolari

Il tema dei diritti degli stagisti torna alla ribalta politica in Italia grazie all'ex premier Matteo Renzi, che nei giorni scorsi ha annunciato pubblicamente a Roma, con un evento dal titolo “Bastage”, un pacchetto di quattro proposte legislative dedicate ai giovani, di cui due incentrate proprio sullo stage.«Può sembrare assurdo che in tempi come quelli che stiamo vivendo, di crisi mondiale, noi ci mettiamo a parlare di giovani, stage, salari, innovazione, formazione. “Siete fuori argomento”. Noi cerchiamo oggi di spostare l'attenzione» ha esordito Renzi: «Presentiamo e firmiamo quattro proposte di legge: il concetto è rovesciare e ribaltare il punto di partenza dell'attuale governo» non solo «sul terzo settore e sulla politica estera» ma anche «sulla questione della nuova generazione. Il centrodestra tutti i giorni ci dice che il problema è l'immigrazione: falso! Il problema è l'emigrazione: sono i ragazzi che se ne vanno». E se ne vanno, molto spesso, perché il mercato del lavoro in Italia non li valorizza. A cominciare dal lungo percorso per arrivare alla stabilità lavorativa, reso ancor più tortuoso dal moltiplicarsi degli stage.Un "passaggio obbligato" che tocca ogni anno circa 300mila persone che fanno stage extracurricolari, più un numero imprecisato (intorno ai 400mila, forse addirittura mezzo milione all'anno secondo le stime di Francesco Armillei del think tank Tortuga basate su dati Istat, molto simili alle stime della Repubblica degli Stagisti basate su dati Anvur) di persone che fanno stage curricolari. Questi ultimi sono peraltro penalizzati da una legge troppo vecchia e anacronistica (risalente al 1997, quasi trent'anni fa) che tutela pochissimo dagli abusi e non garantisce nemmeno minimi diritti.Per questo Renzi lancia «un mega progetto di legge che inizierà il proprio percorso in Parlamento, e vediamo se la Meloni ci sente o no. Spoiler: no. Ma noi urliamo più forte».«Una campagna su giovani e diritti sociali lanciata da una forza politica in questa fase è un atto doveroso e di grande scelta di responsabilità» gli fa eco l'ex ministra Teresa Bellanova, oggi presidente di Italia Viva. In una situazione in cui in Italia sta aumentando «il lavoro di bassa qualità, il lavoro povero, c'è un problema di cui ci dobbiamo fare carico che si chiama precarietà, e quindi è bene lanciare queste proposte. Gli stage spesso vengono utilizzati perché le persone escono con competenze che non sono quelle funzionali al mercato del lavoro. Siamo il Paese che ha la più alta disoccupazione giovanile e la più grande difficoltà a trovare le competenze che servono al sistema produttivo».La prima proposta lanciata da Renzi è quindi quella dedicata a una riforma dei tirocini curricolari. Qui si riprende una pdl già presentata nella precedente legislatura, a prima firma Massimo Ungaro, che nel 2021 aveva anche – dopo anni passati in un cassetto di Montecitorio – cominciato il suo iter legislativo, in una forma di testo unico costruito facendovi confluire altre proposte simili presentate da altri deputati. Un iter poi purtroppo stoppato bruscamente nell'estate del 2022 dalla caduta del governo.Il ddl ora presentato in Senato dalla compagine di Italia Viva al completo – Matteo Renzi, Silvia Fregolent, Raffaella Paita, Ivan Scalfarotto, Enrico Borghi, Dafne Musolino, Daniela Sbrollini – prevede che per tutti i tirocini curricolari di durata superiore a un mese (160 ore) debba essere assicurata agli stagisti una indennità, il cui importo minimo è fissato a 350 euro al mese. Tra gli altri punti importanti della proposta di legge, la (re) introduzione dell'obbligo di comunicazione obbligatoria (già attualmente previsto per i tirocini extracurricolari e molto semplice da ottemperare), che permette la tracciabilità e dunque la possibilità di valutare la qualità e l'efficacia di questi stage. Con un obiettivo chiaro: garantire che i tirocini curriculari siano strumenti di formazione reale, e non sfruttamento.L'altra proposta, focalizzata sui tirocini extracurricolari, è molto più corta e sfacciata: abolirli del tutto. La pdl, anch'essa a prima firma Matteo Renzi e sostenuta da tutti gli altri sei senatori di Italia Viva, si compone di soli quattro articoli: «Al fine di evitare qualsiasi forma di lavoro fraudolento o sfruttamento del lavoro, i soggetti pubblici e privati non possono stipulare accordi di tirocinio diverso da quelli curricolari», si legge nel primo; la proposta prevede multe da mille a 30mila euro per «chiunque violi il divieto», e assicura la possibilità di concludere i tirocini extracurricolari «stipulati prima dell’entrata in vigore della presente legge».«In Italia si sta smarrendo la cultura del lavoro. La qualità del lavoro è importante: è la qualità della vita» ha commentato Teresa Bellanova: «Basta stage extracurricolari. Ci sono gli strumenti: ci sono i contratti a tempo determinato, a tutele crescenti, c'è l'apprendistato, ci sono i periodi di prova. Sono gli strumenti con i quali si può selezionare se una persona è valida per quel lavoro o se invece deve fare un'altra esperienza».Invitata all'evento di presentazione delle proposte, la direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina ha suggerito di prevedere all'interno della proposta di legge un periodo ponte di due anni tra l'entrata in vigore e l'effettivo stop alle attivazioni dei tirocini extracurricolari, per evitare che chi ha posticipato le esperienze di tirocinio a dopo la fine degli studi, pensando di avere tempo, si trovi penalizzato. L'altra sollecitazione di Voltolina è quella di fare le cose nel giusto ordine: «Prima si deve portare a casa il risultato sui curriculari, perché altrimenti», abolendo gli extracurricolari senza aver riformato i curricolari, «butteremmo via l'unico tipo di tirocini per i quali abbiamo sudato e guadagnato dei diritti scritti». Agire sugli extracurricolari prima che sui curricolari vorrebbe dire scartare «la parte di tirocini tutelati e tenerci solo quella in cui i tirocinanti non sono tutelati», ammonisce Voltolina: «Quindi delle due proposte che voi portate avanti, quella sui curriculari è logico che sia quella che deve arrivare prima». Trovando, auspica la giornalista, «una larga intesa anche con le altre opposizioni, e magari portando anche dei pezzi di maggioranza su questo discorso ragionevole di migliorare le normative sui tirocini».Insieme alle due proposte sugli stage, l'ex premier ha annunciato anche una proposta di legge per l'esenzione Irpef al 50% per lavoratori tra i 25 e i 35 anni, con l'obiettivo di incentivare l’occupazione giovanile e favorire l’emancipazione economica, proponendo che la copertura finanziaria necessaria (un po' più di 12 miliardi di euro all'anno) arrivi dai proventi della Tax compliance della fatturazione elettronica e dalla spending review. E infine la proposta di "Reddito di Formazione" formulata da Tommaso Nannicini, docente di Economia all'università Bocconi e già parlamentare nella precedente legislatura nelle fila del PD. La proposta prevede di offrire un contributo economico (un "Reddito di formazione", appunto) fino a 1.500 euro al mese a persone under 35 disoccupate che accettino di seguire percorsi individuali di formazione certificati che possano aiutarle concretamente a entrare o rientrare nel mercato del lavoro.«Questo tema è il compito dei prossimi due anni: stare sulla vita quotidiana delle persone, offrire una speranza alle nuove generazioni, che sono totalmente cancellate dall'agenda del governo» ha concluso Renzi: per «offrire una speranza alle nuove generazioni perché non se ne vadano, perché portino qui i loro cervelli», con una stoccata al governo Meloni che «la prima cosa che ha fatto è stata cambiare la legge sul rientro dei cervelli», rendendo meno fiscalmente vantaggioso il rientro in Italia dopo un periodo all'estero. Senza fermarsi all'obiettivo di riformare gli stage, ma contemporaneamente anche parlando «del prezzo degli affitti e nella qualità della vita nelle grandi città, nel come garantire le borse di studio».Qui il video integrale dell'evento

Fenomeno expat, la lente della previdenza sociale: non partono solo le persone, ma anche i loro contributi

Cosa scoraggia gli expat dal rientrare? In primis la sensazione di essere scarsamente considerati in patria. «Quando intervisto giovani altamente scolarizzati che si sono trasferiti all’estero, la prima cosa che dicono è questo» dice Giustina Orientale Caputo, docente di Sociologia del lavoro alla Federico II di Napoli. L’occasione di dibattito è il convegno "@Migrazione da fenomeno sociale a fenomeno identitario" tenutosi, organizzato qualche settimana a Roma da Inps e Fondazione Migrantes. Con una chiocciola nel titolo a sottolineare la centralità della digitalizzazione anche nella mobilità internazionale. La riflessione è sui flussi migratori, studiati dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, in relazione con il calo demografico e con i dati sulle pensioni pagate a chi resta oltre confine. L’Italia «crocevia è sempre stata» prosegue Caputo: le migrazioni vanno avanti da un secolo e mezzo, «questa è la terza fase, dopo quella a inizi Novecento e quella degli anni Cinquanta-Sessanta». Ma va un po’ smontata l’idea che partano solo i laureati: «è così in percentuale solo perché è nel complesso aumentato il livello di scolarizzazione». Il vero problema che si continua a porre è un altro: non l’espatrio in sé, che non è un male: conoscere il mondo ci si arricchisce nell'anima. Ma nel punto dove si inceppa  il meccanismo – nella "ferita migratoria”, come la definiscono gli autori del Rapporto Italiani nel Mondo. Cioè nel fatto che alla partenza non faccia quasi mai da contraltare un ritorno, «e la causa è quasi sempre il mercato del lavoro, che produce l’effetto spinta» riflette la professoressa. I numeri sull’occupazione italiana sono da tempo positivi «solo in apparenza: la verità è che a salire è l’occupazione degli ultracinquantenni, mentre per i giovani cresce l’inattività e la disoccupazione cala troppo poco». È su questo che bisogna interrogarsi, afferma Caputo. «Altrimenti le scelte dei giovani ci si ritorceranno contro». Mancano le ragioni per rientrare e lo spopolamento avanza. La fotografia di quello che per gli esperti ormai non è più un inverno ma un vero “congelamento demografico” la fornisce il giornalista Paolo Pagliaro, direttore di 9 Colonne: “Quarant’anni fa vivevano in Italia 15 milioni di bambini e adolescenti, mentre oggi ce ne sono dieci». E se i pensionati erano un quarto della popolazione «oggi sono un terzo». Un’emergenza demografica da non prendere sottogamba: «È in potenza più insidiosa di qualunque crisi economica, perché per certi versi irrimediabile». Senza giovani, chi pagherà le pensioni e sosterrà i bisogni di una popolazione sempre più anziana?Ma di denatalità e dintorni la politica si interessa poco, sottolinea Pagliaro. Mentre nel frattempo si infoltisce la comunità di italiani all’estero, arrivata a sei milioni di persone. «Con in media 100mila italiani all’anno che dal 2006 spostano la propria residenza fuori dai confini con la sola motivazione dell’espatrio» ricorda Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo. Un flusso la cui metà «è composta da persone tra i 18 e i 34 anni». Basta «essere miopi, ragionare per compartimenti stagni» è il monito di monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes. L’Italia deve tornare a essere attrattiva, puntando anche su questioni come fiscalità e previdenza. Ne è certo Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero del Maeci: «Nessun connazionale all’estero dimentica mai l’opportunità di rientrare» afferma. «Chi vive fuori non vuole sentirsi italiano minore e in tal senso sono importanti gli incentivi fiscali e anche le opportunità previdenziali». In tanti si chiedono per esempio che fine facciano i contributi previdenziali, per esempio quelli versati da una persona che prima lavora e versato contributi per qualche anno in Italia, e poi si trasferisce all’estero. Vanno perduti? «Si sta lavorando in maniera crescente sul regime internazionale» prova a rassicurare Massimo Colitti, dirigente dell’area pensioni all’estero Inps. In questo modo si liquideranno in futuro «i periodi assicurativi non sovrapposti maturati in Italia e in altri Paesi». Un sistema che ben aderisce al tipo di mobilità odierno, caratterizzato da spostamenti continui. Il mercato del lavoro d’altronde è cambiato e lo ribadisce Vito La Monica, direttore pensioni Inps: si sono «destrutturati i rapporti di lavoro subordinati a cui eravamo abituati, e oggi si è nomadi digitali; al posto delle persone fisiche ci sono algoritmi a determinare il lavoro». Ma che i giovani non avranno mai una pensione «è una fake news». Per loro si profila una pensione non più retributiva bensì di tipo contributivo. Su cui, assicura, deve esserci ottimismo: «Si percepirà in base al montante accumulato, non più a seconda di quanto guadagnato negli ultimi anni di vita». Non importa che la carriera sia lineare e che si arrivi a guadagnare di più con il tempo. A contare è la somma totale che si ottiene. La rassicurazione circa il buon funzionamento del sistema previdenziale contributivo può bastare a convincere chi vive fuori dall'Italia al rientro? La posizione della sociologa Giustina Orientale Caputo è cauta: «Non sempre si è in grado di governare la propria vita scegliendo; e c'è differenza tra chi può accedere e chi non a determinate condizioni di lavoro» ricorda Caputo. Su un punto c’è una certezza: «L’estero è ciò che ha sostituito l’ascensore sociale, in Italia bloccato» sottolinea Pagliaro. «Andarsene diventa inevitabile, con tutto lo spreco di capitale umano che comporta». Anche sul piano finanziario, perché questa emorragia di persone, non controbilanciata dall'accoglienza di altrettante persone – con istruzione e competenze simili – straniere in Italia, equivale anche a un'emorragia di contributi, che anziché esssere versati nelle casse dell'Inps e degli altri istituti di previdenza italiani finiscono inevitabilmente nelle casse di altri Paesi. Ilaria Mariotti