Tirocinanti nei tribunali, il riconoscimento dei loro diritti arriverà dall'Europa?

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 10 Apr 2018 in Notizie

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Da otto anni nei tribunali italiani lavorano come stagisti dei disoccupati, tra i trenta e i cinquanta, addirittura sessant'anni. Si autodefiniscono i “tirocinanti della giustizia”. Vengono pagati con fondi europei che dovrebbero servire a favorire l'inserimento lavorativo, ma il ministero della Giustizia queste persone non le assume mai: preferisce prorogare di anno in anno gli stage.

E la Commissione europea, che dovrebbe vigilare sul buon utilizzo dei suoi fondi, fa lo struzzo.
A provare a farle tirare fuori la testa dalla sabbia dal dicembre 2014 è Laura Ferrara, 34 anni, europarlamentare del Movimento 5 stelle.

L’ultima interrogazione è stata presentata il 20 febbraio e  non ha finora ancora ricevuto una risposta. Il tempo “limite” è quello di sei settimane quindi, spiega alla Repubblica degli Stagisti Ferrara, «Ci toccherà aspettare qualche altro giorno per ottenere una risposta. Nella maggior parte dei casi la Commissione Europea risponde nelle tempistiche previste o con qualche giorno di ritardo». Nessun allarme quindi se Marianne Thyssen, la Commissaria a cui l’interrogazione è indirizzata, non ha ancora risposto. E nel caso proprio non dovesse farlo «valuteremo la possibilità di far iscrivere l’interrogazione all’ordine del giorno della riunione successiva della commissione competente».

L
a storia è cominciata nel lontano 2010 e gli ultimi sviluppi, a marzo, hanno coinvolto da una parte i tirocinanti passati nell’ufficio per il processo, per cui il ministro della giustizia uscente, Andrea Orlando, aveva annunciato a fine anno di aver prolungato di un anno il tirocinio e di «aver inviato alla funzione pubblica la richiesta di procedere all’assunzione nel 2018 di 300 operatori giudiziari». E dall’altra le vicissitudini degli esclusi dall’udp, che con molti ritardi sono stati inclusi in progetti su base regionale.


L’europarlamentare del M5S ha presentato questa nuova interrogazione per segnalare come «Anche nel 2018 sono stati rinnovati i tirocini formativi iniziati nel 2010», che coinvolgono sempre le stesse persone e sono finanziati, appunto, con risorse del Fondo sociale europeo. «Migliaia di tirocini» spiega Ferrara alla RdS, «programmati annualmente che non sfociano mai in alcuna forma di contratto di lavoro e sono utilizzati per lo più al fine di mascherare reali rapporti di lavoro non garantiti dalle tutele previdenziali, assistenziali ed economiche proprie dei normali contratti di lavoro».

Una questione, quella della conformità al quadro di qualità per i tirocini, che era già stata sollevata dalla stessa europarlamentare con un’altra interrogazione presentata a inizio dicembre dell’anno scorso. E a cui Marianne Thyssen, commissaria europea per l’occupazione, aveva risposto il 19 febbraio di non essere al corrente «dei tirocini ai quali fa riferimento l’onorevole deputata».

Ma può un commissario europeo, che dovrebbe vigilare, sostenere di non essere al corrente di un programma che la Commissione finanzia?
Su questo punto Laura Ferrara chiarisce: «La gestione dei fondi comunitari, che spesso finanziano questo tipo di tirocini, si basa sul principio della gestione concorrente. Significa che le linee guida sono elaborate a livello europeo, mentre l’attuazione sul campo tramite programmi operativi è gestita dalle autorità competenti nazionali e regionali».

Quindi, se anche la Commissione non conoscesse tutti i singoli progetti finanziati dai fondi europei, dovrebbe monitorare «l’implementazione dei programmi partecipando regolarmente ai comitati di sorveglianza. E a seguito del monitoraggio può invitare le autorità nazionali a rivedere la concezione dei progetti, in particolare se si accerta che le azioni sostenute dai finanziamenti unionali non contribuiscono alle finalità prefissate, come assicurare che i tirocini accrescano la possibilità di ottenere un lavoro decente. A questo punto in caso di irregolarità» conclude Ferrara, «la Commissione può imporre rettifiche finanziarie al programma».

L’ipotesi dei tagli al bilancio del programma qualora non siano stati raggiunti gli obiettivi prefissati è, in realtà, l’estrema ratio. Ma la Commissione può sicuramente invitare le autorità di gestione a dare un nuovo indirizzo ai progetti in oggetto.


È bene ricordare che, anche nelle ultime risposte la commissaria europea ha detto di non conoscere questi tirocini, nel gennaio 2015 aveva dato una risposta ben diversa, dichiarando che «i tirocini in oggetto siano stati organizzati in linea con il programma operativo per la Calabria del Fondo sociale europeo e pertanto rispondano agli obiettivi cui erano destinati», quelli di prevenire i rischi di disoccupazione.

Quindi, se la commissaria Thyssen dovesse continuare a dire di non conoscere il programma o che questo è in linea con le linee guida, apparentemente sembrerebbe non ci sia null’altro da fare. Ma su questo punto Laura Ferrara è prudente: «Aspettiamo la risposta e in base a questa valuteremo come portare avanti in Europa la battaglia a tutela dei diritti dei tirocinanti della giustizia che, a prescindere dalle definizioni nazionali, sono di fatto dei normali lavoratori». E in ogni caso una parziale buona notizia c’è, secondo l’europarlamentare. Perché nella risposta della commissaria europea alla interrogazione del 4 dicembre 2017 in cui si chiedeva se la Commissione «è a conoscenza dell’uso che il ministero della giustizia fa dei tirocinanti», la Thyssen rispondeva, è vero, che non ne era al corrente.

Ma aggiungeva anche che «Se i tirocinanti sono di fatto lavoratori a tempo determinato, si applica la direttiva sul lavoro a tempo determinato. L'accordo quadro allegato a tale direttiva definisce, nella clausola 3, l'espressione «lavoratore a tempo determinato» e le definizioni nazionali non dovrebbero compromettere l'efficacia della direttiva. I tribunali nazionali dovrebbero valutare se questi tirocinanti possano essere considerati «lavoratori» ai sensi di tale direttiva».

Un passaggio che, spiega Ferrara alla Repubblica degli Stagisti, «è da intendere quasi come un riconoscimento indiretto dei diritti dei tirocinanti, che potrebbero essere fatti valere davanti alle autorità giudiziarie nazionali». Ora, quindi, si aspetta la nuova risposta della commissaria europea. Ma nell’aria sembrano esserci già possibili nuovi sviluppi.

Marianna Lepore

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