Sardegna, sindacati divisi sulla legge sugli stage in arrivo

Irene Dominioni

Irene Dominioni

Scritto il 30 Mar 2018 in Notizie

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«La Cgil smentisce le dichiarazioni dell’assessore regionale del Lavoro Mura che, nell’articolo pubblicato dalla testata online Repubblica degli Stagisti, cita in modo errato e fuorviante la posizione del sindacato piegandola fino a una inesistente condivisione di intenti». Così esordisce il comunicato della Cgil Sardegna uscito in risposta alla pubblicazione dell’articolo di Repubblica degli Stagisti con l'intervista all’assessora al Lavoro Virginia Mura in occasione dell’imminente approvazione della nuova normativa regionale sui tirocini extracurriculari (l'approvazione da parte della giunta non è ancora stata calendarizzata, poiché è vincolata all'adeguamento del sistema informatico ai contenuti della nuova legge, attualmente in corso). Il comunicato chiarisce la posizione del sindacato sui contenuti della legge e condanna i tirocini in Sardegna come una «forma di sfruttamento», promossa attraverso l’utilizzo degli argomenti della debolezza del sistema economico e sociale regionale come «un alibi per favorire comportamenti disinvolti delle aziende».

«La Cgil non ha mai condiviso la possibilità che venissero utilizzati i tirocini per determinate mansioni e, anzi, ha criticato fortemente anche la durata e il compenso previsti dalla Regione, ovvero dodici mesi di lavoro retribuito con 400 euro mensili» si legge ancora nel comunicato. Ribattendo così a quanto dichiarato dall’assessora Mura, che invece sosteneva di aver delineato i contenuti della legge in accordo con i sindacati e tutte le parti coinvolte.

«L’assessore le parti sociali non le ha sentite, si è limitata a presentare un disegno di delibera in sede diMichele Carruscommissione Lavoro, un organismo che non è rappresentativo nemmeno di tutte le parti, per di più riformato di recente per garantire “maggiore snellezza”» conferma alla Repubblica degli Stagisti Michele Carrus, segretario generale della Cgil sarda. «C’è un atteggiamento consueto, che abbiamo criticato, di portare avanti interventi che riguardano le politiche del lavoro senza il confronto con chi il lavoro lo rappresenta. In diverse occasioni le parti sociali non sono state nemmeno audite: sono refrattari a parlare con noi tutte le volte che si devono affrontare i temi del lavoro».

La Cgil sottolinea di essersi espressa contro la proposta sui tirocini formulata dalla Regione, prima a dicembre, nel corso della riunione in assessorato del Lavoro, e poi attraverso un comunicato stampa, per chiedere che fosse modificata prima dell’approvazione. In particolare, il sindacato auspicava un limite di sei mesi di durata massima per i tirocini e l’aumento dell’indennità mensile a 800 euro. Nessuna di queste richieste è stata però accolta nella formulazione del testo preliminare della normativa.

«Del tirocinio si è fatto un abuso eccessivo negli ultimi anni, fino a snaturarlo nelle finalità e significato. Il tirocinio è un’esperienza di messa a frutto di competenze e di formazione, non di lavoro», prosegue Carrus. «Quando si è acquisito come strumento di politica attiva è stato in un momento difficilissimo a livello nazionale e anche regionale per quanto riguarda la Sardegna. Era uno strumento che avrebbe dovuto essere accompagnato da politiche formative al fine di favorire la ricerca di nuova occupazione, ma chissà perché è accaduto che di questa misura ci si innamorasse, e quindi è diventata uno strumento non per affinare competenze, ma con cui creare una condizione di primo impiego delle persone. Il contratto di apprendistato esiste» dice ancora il segretario regionale, «che bisogno c’è di snaturare fino a questo punto uno strumento che ha una sua finalità e strutturazione, target e dimensione applicativa specifica, per trasformarlo in uno strumento di politica attiva del lavoro, per di più quando esiste una montagna di incentivi per favorire il reclutamento di personale delle aziende?».

Carrus ricorda che, con la recente approvazione del piano straordinario per il lavoro in Sardegna, la Regione erogherà 3mila euro per le imprese che assumono persone a termine (4mila per il tempo indeterminato): sommati agli incentivi riservati agli under 35, «un’azienda che assume un giovane in Sardegna può ricevere fino a 12mila euro all’anno».

Insomma, non sembrerebbero esserci scusanti per non dare un compenso dignitoso ai tirocinanti da parte delle aziende: «Si è superato ogni limite, tanto più che la disciplina è stata affidata alle regioni per migliorare le linee guida nazionali. Noi abbiamo preso a riferimento la regione Lazio, proprio per cercare di dare dignità ad una forma di sviluppo di un potenziale impiego», continua Carrus. «I divari con il Lazio non sono così enormi, il problema sta nella valenza dello strumento e nelle finalità che si intendono perseguire con esso. Siamo di fronte alla ricerca di un alibi: dire che siamo in una situazione di disagio è una scusa per fare un reclamo alle imprese, e questo viene fatto sulla pelle dei giovani. Mi chiedo con quale logica. Cosa fa ritenere a queste persone che chi non trova un impiego debba essere più disponibile a farsi schiavizzare in maniera così estrema? Per di più con il plauso delle imprese?».

Gavino CartaInsomma, per la Cgil la nuova legge così com’è formulata non dà alcuna garanzia ai tirocinanti e andrebbe rifatta da zero. Il fronte sindacale, però, non è compatto nelle sue rivendicazioni. «Io ritengo che la legge tutto sommato sia ben scritta, ma i controlli hanno un’importanza centrale e occorre assicurarsi che funzionino bene, altrimenti si sfocia nell’abuso» dice infatti Gavino Carta, segretario generale della Cisl Sardegna, alla Repubblica degli Stagisti. Il vincolo fondamentale, per la Cisl, è che l’attivazione dei tirocini dovrebbe essere vincolata alla presenza in azienda di almeno un dipendente a tempo indeterminato, mentre la normativa in via di approvazione consente l’avvio del tirocinio anche se il soggetto ospitante conta solo dipendenti a tempo determinato. «Il tema dei tirocini attivati fuori da una struttura con almeno un dipendente ci lascia perplessi; quella dovrebbe essere la prima condizione e l’eventualità che non ce ne siano ci espone a una pratica fuori dalla logica» puntualizza Carta.

Per il resto, però, la Cisl sostiene le condizioni introdotte con la normativa in arrivo (12 mesi di durata massima e 400 euro di rimborso spese). In particolare, riguardo alla proposta della Cgil di introdurre un rimborso minimo di 800 euro il segretario Cisl risponde: «C’è da auspicare che la norma possa prevedere contributi più alti per il tirocinio, ma individuarla sugli 800 euro significa rendere poco appetibile il tirocinio da un punto di vista aziendale, perché si collocherebbe al livello dei contratti part time, perdendo la sua finalità. Un rimborso di 800 euro è di fatto un rapporto di lavoro che viene simulato come un tirocinio, e il rischio è di surrogare lavoro mentre le finalità del tirocinio sono altre e sono legate alla formazione».

Riguardo al termine di durata di 12 mesi, invece, secondo Carta si dovrebbe introdurre una gradualità: «mi sembra del tutto fuori luogo che si possa assimilare una mansione più impegnativa in soli 6 mesi, mentre invece per le mansioni più semplici da apprendere è opportuno un periodo di tirocinio più breve». In sostanza, la Cisl non chiude sulla possibilità di offrire tirocini come camerieri, addetti alle pulizie o simili ormai presenti da così tanti anni in Sardegna, ma raccomanderebbe invece una durata inferiore per le mansioni di più basso livello. Come del resto è avvenuto in alcune Regioni, per esempio la Lombardia. «È svilente immaginare un’attivazione di tirocini formativi che sia votata alle basse professionalità» argomenta Carta: «L’elemento formazione è centrale; il tirocinio deve servire ad elevare le competenze e allinearle a quello di cui l’azienda ha bisogno». E aggiunge: «Non bisogna dimenticare nessuno, ma è evidente che il tirocinio diventa ancora più decisivo quanto più è alto il livello di professionalità». In altre parole, è ovvio che il tirocinio è più utile per mansioni più alte, ma va bene mantenerlo anche per mansioni basse; l’importante è che non sia corrisposto da un rimborso spese troppo sostanzioso, altrimenti maschera un lavoro e quindi rappresenta un abuso. Si potrebbe aver qualcosa da ridire sull’idea che un abuso possa derivare dall’ammontare del rimborso spese piuttosto che dal tipo di mansione svolta dal tirocinante, ma tant’è.

Sull’ipotesi di introdurre una lista di mansioni e di competenze incompatibili con il tirocinio, come suggerito dai ragazzi della rete “Cambiamo le regole sui tirocini - Sardegna”, il segretario Cisl risponde: «la nostra idea di incontro tra domanda e offerta è che debba essere governata dal sistema di competenze, che diventa centrale e che deve essere implementato con i bisogni formativi. Tutto dipende dall’efficacia dei meccanismi di controllo nel verificare che gli obiettivi del tirocinio siano soddisfatti e che i tirocini non sfocino in abusi».

E la Uil? Non pervenuta, purtroppo: la sede sarda in una settimana non ha mai risposto alle e-mail né alle telefonate della Repubblica degli Stagisti. 

Non sembra insomma che i tirocinanti sardi possano aspettarsi un miglioramento delle proprie condizioni, almeno nel breve periodo. Difficilmente la normativa in arrivo verrà modificata prima dell’approvazione definitiva della giunta regionale. «Noi cercheremo di essere di supporto per verificare le situazioni di abuso e porteremo avanti le azioni di contrasto nelle sedi opportune, nell’ispettorato del lavoro e poi nei tribunali» conclude il segretario della Cgil. «Siamo di fronte ad un disegno che è contro il lavoro, contro i giovani. Ciascuno poi dovrà assumersi le sue responsabilità».

Irene Dominioni

 

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