Categoria: Notizie

Tirocini in Lazio, la nuova normativa li ha fatti diminuire?

Sono diminuiti i tirocini in Lazio, adesso che il rimborso spese obbligatorio minimo a favore degli stagisti extracurriculari in quella Regione è di 800 euro al mese? Non moltissimo. Un po’. Secondo i dati ottenuti dalla Repubblica degli Stagisti, relativi alle attivazioni di stage extracurriculari nel corso del 2017, la diminuzione è contenuta, nell’ordine di un dieci per cento in meno.Il Lazio è stata la prima Regione, nell’estate 2017, a rinnovare la sua normativa regionale in materia di stage extracurriculari a seguito dell’approvazione delle nuove linee guida da parte della Conferenza Stato - Regioni. Lo ha fatto apportando un significativo scatto in avanti su un punto specifico, quello della sostenibilità economica degli stage dal punto di vista dei giovani. Ha innalzato cioè l’indennità minima che obbligatoriamente gli stagisti devono ricevere: nella normativa precedente in Lazio era stabilita in 500 euro mensili, ma nell’agosto 2017 la nuova legge approvata in Regione Lazio ha aumentato questo minimo a 800.Nello specifico, la normativa laziale è entrata in vigore ufficialmente a partire dal 1° ottobre 2017, impattando dunque su tutti gli stage extracurriculari avviati a partire dall’ultimo trimestre 2017.Analizzando i dati delle attivazioni trimestre per trimestre, dunque, si può capire meglio quanto questo innalzamento della indennità minima abbia inciso sulla propensione ad attivare stage – dato che il principale argomento che i detrattori utilizzano, per scoraggiare l’aumento dell’importo delle indennità minime, è proprio che se obbligati a corrispondere agli stagisti cifre troppo alte le imprese si “ritrarrebbero”, smettendo di offrire opportunità ai giovani.La Repubblica degli Stagisti, per la cronaca, contrasta fortemente questa visione. Per noi il fatto che gli stage diminuiscano un po’ di numero a fronte dell’introduzione di migliori tutele per gli stagisti è un fattore ininfluente, se non addirittura positivo: si sfronda il “mercato degli stage” da quei soggetti - aziende private ma anche enti pubblici - che non sono in grado di trovare le risorse o di adeguare le proprie policy per assicurare agli stagisti percorsi di qualità a condizioni dignitose. E allora meglio pochi ma buoni: la qualità delle opportunità di stage, secondo noi, deve sempre venire prima della quantità.In ogni caso, è vero che se si pongono più tutele e paletti il numero delle opportunità si riduce? Non proprio; o quantomeno, non tanto. Guardando i dati annuali, in Lazio sono stati attivati complessivamente 38.500 stage extracurriculari nel 2015 (per la precisione, 38.502), quasi 40mila nel 2016 (nello specifico, 39.741) e quasi 38mila nel 2017 (37.970).Il numero complessivo quindi sembra più o meno stabile. Ma una flessione innegabilmente c’è stata. In linea generale, infatti, analizzando i dati trimestre per trimestre si scopre che nel 2017 sono stati attivati in Lazio all’incirca 10mila stage nel tra gennaio e marzo, quasi 11.500 tra aprile e giugno, poco più di 9mila stage tra luglio e settembre, e poco meno di 7.500 tra ottobre e dicembre.In sostanza, fatto 100 il numero di stage extracurriculari attivati nel territorio della Regione Lazio nel 2017, il 26% è stato attivato nel primo trimestre, il 30% nel secondo trimestre, il 24% nel terzo trimestre e appena il 20% nell’ultimo trimestre, quello in cui è entrata in vigore la nuova normativa con gli 800 euro minimi di indennità.Ma non basta calcolare le percentuali per comprendere appieno i dati; bisogna anche un confronto con gli andamenti trimestrali delle attivazioni degli anni precedenti. E facendo questo confronto si scopre che, quantomeno negli ultimi anni, il periodo tra ottobre e dicembre era stato in genere quello con più attivazioni di stage, sempre quasi a parimerito con il secondo trimestre (aprile-giugno) ma sempre un filo superiore. Per capirci, nel 2015 il 20% delle attivazioni di stage si era collocato nel primo trimestre, il 29% nel secondo trimestre, il 21% nel terzo trimestre e l’ultimo trimestre, con 11.500 stage attivati, aveva totalizzato il 30%. Mentre nel 2016 le attivazioni nel primo trimestre erano state il 24,5% del totale; nel secondo e terzo trimestre si erano collocate rispettivamente il 27 e il 20,5% delle attivazioni. Nel quarto trimestre 2016 si era di nuovo registrato il maggior numero di attivazioni dell’intero anno, con una percentuale pari al 28%.Si può dire dunque che probabilmente l’introduzione della nuova normativa più stringente sui diritti degli stagisti abbia comportato nella Regione Lazio una contrazione del numero degli stage extracurriculari, che appare nell’ordine di un –10%. Ma la conferma si avrà solo a settembre, quando il ministero del Lavoro potrà estrarre il primo dato parziale delle attivazioni di tirocini nel 2018, quelle del primo e secondo trimestre – quindi il conteggio dei tirocini attivati tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2018. A quel punto si potrà capire l'entità del trend di diminuzione di tirocini in Lazio.Eleonora Voltolina

665 stage da 1200 euro al mese alla Commissione UE, c’è tempo fino al 31 agosto per candidarsi

Fino al 31 agosto sono aperte le selezioni per i tirocini per laureati alla Commissione Europea. Come ogni anno, infatti, l’esecutivo europeo organizza – nell’ambito del programma Blue Book Traineeship – due sessioni di stage da cinque mesi ciascuna, rivolte a 1.300 laureati complessivamente. Le selezioni al momento aperte si riferiscono a 665 posizioni, ripartite tra posizioni nell’amministrazione o come interpreti/traduttori. È prassi della Commissione, infatti, accogliere gli stagisti per due diversi periodi ogni anno, a maggio e a ottobre. I tirocini possono avere luogo sia presso le sedi di Bruxelles e Lussemburgo sia presso le rappresentanze della Commissione dislocate in giro per l’Europa. Le opportunità si rivolgono ai laureati di tutte le discipline, che vengono selezionati a seconda delle necessità e disponibilità. Aspetti interessanti ed apprezzati del Blue Book Program sono il fatto che non esistano limiti di età per potersi candidarsi e il rimborso spese di 1175 euro al mese garantito ai tirocinanti.Gli italiani sono da molti anni i più "affezionati" estimatori del programma. La Repubblica degli Stagisti ha chiesto e ottenuto i dati specifici sulle candidature, perché il sito riporta solo quelli aggregati 2015-2017 – quasi 100mila candidature, 98.589 per la precisione – di cui poco meno di 10mila per posti da interprete e le altre per l’amministrazione, e senza dettagli sulle nazionalità dei candidati.Dunque. Nel 2016 per 1.348 posti, di cui 1.259 nell’amministrazione e 89 come interpreti/traduttori, sono arrivate alla Commissione 28.320 application – quasi 10mila per la sessione di marzo e oltre 18mila per quella di ottobre. Di queste, 19.869 provenivano da Paesi UE e 8.451 da Paesi extra UE. I candidati italiani sono stati nel 2016 quasi 5.700. Il che significa il 20% delle candidature totali; addirittura il 29%, se si contano solo le candidature da Paesi UE. Situazione simile nel 2017. In questo caso i posti a disposizione erano 1.368, 86 per interpreti/traduttori e i restanti per gli uffici amministrativi. Le application sono state 29.695, con un'incidenza più significativa dell'anno precedente di candidati extra UE (13.411, quasi la metà del totale). I candidati italiani nel 2017 sono stati poco più di 4mila, rappresentando il 13,5% del totale, il 25% di tutte le candidature provenienti da Paesi UE.Si tratta di un dato estremamente significativo, che denota la “fame” dei giovani laureati italiani per esperienze all'estero, molto probabilmente anche per il dettaglio del buon emolumento: stage pagati 1.200 euro al mese in Italia non se ne trovano, ahinoi, specialmente nelle istituzioni!Ma un alto numero di candidature comporta più possibilità di essere selezionati? Dalla Commissione spiegano che le posizioni sono ripartite tra i vari Stati membri UE a seconda della popolazione e del numero di candidature ricevute da ciascuno di essi. Di fatto, gli italiani hanno occupato 162 dei 1.348 posti banditi nel 2016 e 166 dei 1.368 posti banditi nel 2017: la percentuale di posti “riservati” agli italiani sembra dunque essere pari al 12%. Per chi fosse interessato a qualche dettaglio anagrafico, la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 25 e i 30 anni, con 59mila candidati negli ultimi due anni. Seguono gli over 30 con 23mila e, in fondo, i ragazzi tra 20 e 25 anni, che si fermano a poco più di 16mila. Tra i candidati interpreti, il 2,48% è stato selezionato, mentre i tirocinanti ammessi nell’amministrazione sono stati il 3,90%. Ora qualche dettaglio sul processo di selezione. Si inizia con l’application attraverso il sito internet della Commissione, a cui è necessario registrarsi. Prima di presentare la propria candidatura, gli aspiranti stagisti possono completare un questionario di dodici domande finalizzato a fornire una valutazione delle possibilità che ciascuno ha di superare la prima fase di screening. Una volta creato il proprio account e, eventualmente, compilato il questionario di self-assessment, gli interessati dovranno quindi presentare la candidatura attraverso la loro pagina personale. Da notare come l’application debba essere per forza presentata in una delle tre lingue procedurali dell’UE: inglese, francese o tedesco.In via preliminare il candidato deve indicare l’area di interesse per il tirocinio (se amministrativo o da interprete) e, quindi, la lingua procedurale scelta per l’application. Le prime informazioni personali richieste attengono ai pre-requisiti necessari per l’application, ossia una laurea (almeno triennale), una certificazione di livello C1 o C2 di una delle tre lingue lavorative UE e il non aver già lavorato o svolto stage presso altre istituzioni o agenzie europee. Superato questo step, occorre inserire i propri dati anagrafici e di contatto prima di procedere con il caricamento delle informazioni relative al curriculum. Nello specifico, è richiesto di completare i campi relativi alla formazione universitaria già completata, ad eventuali seminari o corsi di durata superiore a quattro settimane, a programmi exchange/erasmus e a studi ancora in via di completamento. Per quanto riguarda le esperienze lavorative, bisogna indicarne tre al massimo, che abbiano avuto una durata superiore a 43 giorni. Tra le esperienze è possibile citare volontariato, attività nelle ONG o in partiti politici, tirocini con o senza compenso slegati dalla formazione universitaria. Per quanto riguarda le proprie conoscenze linguistiche, ai cittadini UE è richiesta la conoscenza avanzata (C1 o C2) di una delle 24 lingue ufficiali dell’Unione e di una delle tre procedurali. Per i cittadini di stati terzi è sufficiente conoscerne una tra inglese, francese e tedesco. Alla successiva pagina skills è, invece, si devono indicare le proprie competenze informatiche, abilità comunicative ed organizzative (da descrivere in 250 parole) più eventuali paper o pubblicazioni rilevanti.Nell’ultima pagina del form va inserita una breve lettera di motivazione. Per i candidati a tirocini amministrativi la lunghezza massima dev'essere di mille caratteri, scritti nella lingua scelta all’inizio della procedura; bisogna inoltre scegliere tre sedi preferite per svolgere lo stage – direttorati generali, agenzie, servizi – e la propria area disciplinare di interesse, spiegando le motivazioni di tali scelte in duemila caratteri. I candidati per un tirocinio da interprete, invece, devono scrivere una lettera motivazionale nella propria lingua madre (che deve però essere una delle 24 lingue ufficiali UE).Dopo il 31 agosto inizierà la fase di selezione vera e propria. I candidati che passeranno il primo screening saranno chiamati per dei colloqui conoscitivi. È possibile che un candidato venga contattato da recruiter di più di un ufficio e, in quel caso, si seguiranno le preferenze espresse durante l’application. In questa fase il candidato dovrà fornire tutta la documentazione necessaria, ossia copia di un documento d’identità valido e il certificato di laurea, nonché dei documenti che siano in grado di provare quanto dichiarato nella compilazione del form per le candidature. L’esito positivo della candidatura si ha unicamente con l’offerta ufficiale, che può essere una sola per sessione di stage e che il candidato può anche decidere di rifiutare. Per i candidati selezionati i tirocini inizieranno dal 1° marzo 2019.Giulio Monga

Approvata definitivamente la normativa sui tirocini in Sardegna: “ignominia vergognosa” secondo la Cgil

Finalmente lo stallo informatico che bloccava l’approvazione della nuova normativa sui tirocini in Regione Sardegna è giunto ad una fine, e il 3 luglio, con la delibera 34/7, la giunta regionale ha approvato definitivamente le sue nuove linee guida, che entreranno in vigore a partire dal 1° ottobre 2018. I contenuti sono stati interamente confermati dal testo provvisorio già diffuso in precedenza, di cui la Repubblica degli Stagisti ha parlato a più riprese: tra i punti fondamentali, 12 mesi di durata massima e 400 euro di rimborso spese mensile, appena superiore ai 300 euro individuati dalle linee guida nazionali.Una legislazione controversa, che da tempo in Sardegna ha lasciato spazio a potenziali abusi di ogni genere e offerte di tirocini per profili molto bassi, pubblicizzati e attivati senza troppi scrupoli dall’Aspal, l’agenzia regionale sarda per il lavoro. Lo sdegno del sindacato Cgil, che già si era fortemente espresso condannando l’operato e le dichiarazioni dell’assessora Virginia Mura contenute in un articolo della Repubblica degli Stagisti, non si è fatto aspettare.«Io quello che provo è ribrezzo e vergogna, perché dopo aver segnalato l’ignominia di una normativa così fatta, ce la siamo vista confermata, quindi sono stati sordi ai richiami dettati dal buon senso, scomparsi nella delibera finale» sbotta Michele Carrus, segretario generale della Cgil Sardegna, alla Repubblica degli Stagisti.Gli aspetti più controversi della normativa, che non solo la Cgil ma anche il gruppo di ragazzi della rete “Cambiamo le regole sui tirocini - Sardegna” avevano aspramente criticato, non riguardano soltanto l’offerta di tirocini di scarso livello per posizioni come il cameriere, il lavapiatti o il receptionist, ma anche la mancanza di monitoraggi seri e di un meccanismo sanzionatorio efficace, che lasciano così proliferare il numero di stage che assomigliano più a lavori veri e propri che non a percorsi formativi. Si tratta insomma di «una legittimazione di un orribile sfruttamento che è sotto gli occhi di tutti», accusa Carrus. «Avendo l’ardire di fare una normativa di questo genere, ipotizzano un monitoraggio in cui di fatto non c’è vigilanza, perché affidata agli stessi promotori dei tirocini, e cioè i violatori».È infatti in primo luogo l'Aspal, insieme ad una serie di altri attori, molti dei quali agenzie formative pubbliche e private accreditate (le quali, sottolinea Carrus, spesso sono «controllate dalle imprese, dai consulenti di impresa o dalle società di somministrazione») che pur essendo incaricate di presiedere alla qualità dell’esperienza di tirocinio, segnalando l’eventuale mancato rispetto degli obiettivi contenuti nel progetto formativo e contribuendo al monitoraggio territoriale, in primis promuovono l’offerta di posizioni dalle cui premesse si intuisce già il potenziale di abuso. Perdipiù consentendo che l’utilizzo di quella che rischia di essere manodopera a basso costo si prolunghi per periodi che arrivano fino a un anno, compensati con poche centinaia di euro al mese e senza la certezza (a maggior ragione per i tirocini stagionali) di essere poi assunti.Gli incentivi alle assunzioni di under 35 che la Regione Sardegna ha messo in campo (4mila euro per chi assume a tempo indeterminato, 3mila euro per chi assume a tempo determinato) attraverso il nuovo piano regionale LavoRas, infatti, rischiano di costituire un premio immeritato per quei soggetti ospitanti cui è stato concesso di disporre di una persona per mansioni per cui sarebbe bastato un periodo di prova di qualche settimana, invece che un tirocinio di un anno. «Io sarei contento di sapere che una Regione seria che eroga tanti contributi, quando si trova a pescare degli imprenditori che usano i ragazzi per fare i lavapiatti o i camerieri a 12 ore al giorno, revocasse loro tutti gli affidamenti concessi», prosegue Carrus. «Invece vengono solo redarguiti affinché non lo facciano più, impedendo per una manciata di mesi di attivare altri tirocini». Una pena troppo lieve secondo il sindacalista: secondo la nuova normativa regionale, infatti, in base alla gravità della violazione da parte del soggetto (promotore o ospitante), le misure correttive si limitano alla «intimazione della cessazione del tirocinio e l'interdizione per 12 mesi dall'attivazione di nuovi tirocini», elevabile fino a 18 o 24 mesi in casi di violazioni ripetute. Non esiste però la possibilità (come del resto nelle linee guida nazionali di maggio 2017) di impedire permanentemente l’accesso ai tirocini da parte di soggetti recidivi.Per ovviare alla possibilità di violazioni, la delibera di approvazione delle nuove misure si limita a indirizzare ad un protocollo d’intesa sottoscritto con l’Ispettorato interregionale del lavoro a dicembre 2017 e alla futura attivazione di un sistema di monitoraggio presso il Servizio Lavoro dell’Assessorato. Intanto, però, la Cgil riporta già di aver «intavolato vertenze finalizzate al riconoscimento di quella che a tutti gli effetti era una prestazione lavorativa, senza contenuto formativo». Per la Seconda Commissione del Consiglio regionale (quella dedicata a lavoro, cultura e formazione professionale), che aveva espresso parere favorevole rispetto al testo della normativa già a febbraio, però, finora va tutto bene. «Con la legge di costituzione dell’Aspal, abbiamo centralizzato tutte le politiche del lavoro in un’unica agenzia, che nella gestione dei tirocini svolge un’azione a 360 gradi. Contro gli abusi c’è monitoraggio e un controllo costante a livello territoriale», assicura alla Repubblica degli Stagisti Giampietro Comandini, neo presidente PD della  Commissione (di cui era già stato membro tra il 2014 e il 2015). «Se il soggetto ospitante va al di fuori dei confini e c’è uno sfruttamento, noi come Regione interveniamo con il recesso del finanziamento». Per quanto riguarda le scelte politiche intervenute nella redazione della normativa, invece, il consigliere non  nega il fatto che «vanno incontro alla richiesta delle organizzazioni industriali e artigianali», ma rimanda all’inizio del 2019 (quando avverrà una prima valutazione degli effetti della nuova normativa e del programma LavoRas) per vedere  quanto gli interventi svolti si trasformeranno in lavoro a tempo indeterminato. Ma i sindacati, ammette, avrebbero dovuto essere più coinvolti: non averlo fatto è stato «un errore».Nell’attesa di vedere gli effetti delle nuove misure, però, ci sono già indizi che parlano chiaro:  nell’ultimo anno i tirocini in Sardegna sono quasi raddoppiati rispetto al 2016. Tant’è che con l’inizio della stagione estiva e del periodo “di fuoco” dei tirocini e dei lavori stagionali, dove il rischio di abusi è notoriamente alto, alcuni attori hanno deciso di non rimanere con le mani in mano. Così è nata la campagna del “Telefono Rosso - Telèfonu Ruju” per iniziativa di Caminera Noa, neo soggetto politico indipendentista sardo, della USB, Unione Sindacale di Base e della rete “Cambiamo le regole sui tirocini”; uno sportello telematico attivo 24 ore su 24, a cui tirocinanti e lavoratori possono rivolgersi per segnalare casi di sfruttamento. La Repubblica degli Stagisti ne ha parlato in questo articolo.Perché il problema fondamentale dello sfruttamento è che indirettamente, per mancanza di alternative, lo stagista può ritrovarsi ad essere complice dello stato delle cose. «Il ricatto occupazionale si sente eccome. Si ha timore di rinunciare, perché si ha bisogno dei 400 euro ma anche della promessa che si trasformino in un lavoro», conclude amaramente Carrus. «Noi conosciamo la realtà di cui parliamo e non mancheremo di esercitare l’attività di monitoraggio e vigilanza. Siamo a disposizione dei lavoratori, dei ragazzi, di coloro che ci vengono a trovare per raccontarci quello che è uno sfruttamento mascherato di legalità. Che non temano di rivolgersi al sindacato per prendere tutte le misure necessarie». Se il panorama dell’offerta è desolante, rassegnarsi ad accettare la realtà così com’è non può essere una soluzione. Ne è convinto anche Marco Contu, giovane portavoce della rete “Cambiamo i tirocini”: «È importante che lo stagista impiegato come un lavoratore si rivolga a chi lo può tutelare e che denunci le situazioni di abuso. Si accettano tante condizioni negative, ma gli strumenti per risolverle ci sono».Irene Dominioni

Nuovo bando per tirocini ex art. 73 in Cassazione: il rimborso spese arriverà?

L'Italia è il Paese dei paradossi. E un paradosso è che, proprio quando dopo tanti anni finalmente i tirocinanti extracurriculari hanno diritto adesso a ricevere un rimborso spese, vi sia una delle più importanti istituzioni italiane, la Corte di Cassazione, che grazie a una leggina ad hoc può organizzare al suo interno percorsi di tirocinio per laureati in Giurisprudenza, con un trattamento assurdamente vessatorio verso questi tirocinanti: niente rimborso (forse, assegnato a posteriori, senza certezze), niente copertura assicurativa e Inail. Una situazione allucinante: se uno di questi tirocinanti cadesse da una scala all'interno del Palazzo di giustizia, nessuno sa cosa succederebbe. Una situazione inaudita.Eppure la Corte di cassazione è “recidiva”, e di recente ha pubblicato un nuovo bando di tirocini formativi  con scadenza 10 settembre, aperto a sessanta candidati under trenta laureati in giurisprudenza, senza prevedere alcun rimborso spese.Nel testo del bando, pubblicato lo scorso 21 giugno sul sito dell’organo supremo della giustizia, si legge chiaramente infatti che «lo svolgimento del tirocinio non dà diritto ad alcun compenso».Qui è d’obbligo fare un passo indietro per capire di quali stage si stia parlando. Perché questo tipo di tirocini è stato introdotto dal cosiddetto decreto del Fare del governo Letta che, all’articolo 73 del decreto legge 69/2013, introduceva la possibilità per i laureati in giurisprudenza più meritevoli di effettuare stage negli uffici giudiziari, quindi tribunali, corti di appello e anche corte di Cassazione. Già all’epoca non era previsto un rimborso spese, nonostante proprio in quella fase le normative regionali si stessero avviando verso l’introduzione di un emolumento mensile obbligatorio. Così alla fine al decreto venne aggiunto un comma che introduceva il riferimento a «una borsa di studio in misura non superiore ad euro 400 mensili». Soltanto in seguito, con un decreto nel luglio 2015 si stabilirono le modalità di attribuzione delle borse di studio in questione, secondo parametri Isee, restringendo sensibilmente la platea destinataria, che nel frattempo era cresciuta.Così, nonostante il contributo fondamentale dato anche da questi tirocinanti per realizzare l’Ufficio del processo, in questi tre anni non è stato garantito a tutti lo stesso corrispettivo per il lavoro svolto. Con ritardi rilevanti e situazioni paradossali. Ad esempio, solo a metà aprile di quest’anno il ministero ha pubblicato la circolare con le istruzioni operative per richiedere le borse di studio relative al 2017: insomma, istruzioni retroattive e rimborsi erogati molti mesi dopo la prestazione di stage! E come se non bastasse, queste istruzioni specificavano come le borse potessero essere assegnate solo per il periodo di tirocinio dal primo gennaio al 30 dicembre - con la conseguenza che chi avesse cominciato lo stage prima o finito dopo tali date in pratica avrebbe ricevuto un rimborso spese decurtato, solo per una parte del periodo. Per giunta ne avrebbero avuto diritto solo i tirocinanti con un Isee inferiore ai 42mila euro. Risultato: 1.300 giovani ingiustamente esclusi dall’assegnazione dell’emolumento, come più volte denunciato dai diretti interessati anche sui social, in primis Facebook.Teoricamente, anche nel caso di questi tirocini in Cassazione il ministro della giustizia dovrebbe il prossimo anno determinare con un decreto pubblicato tra maggio e luglio l’ammontare delle risorse destinate anche per questi stagisti. Che negli ultimi anni sono sempre state in quantità minore rispetto al totale dei partecipanti. Di solito, però, nei bandi precedenti presso gli uffici giudiziari o le corti di appello, vi era il riferimento alla «borsa di studio» - comunque non assicurata a tutti. In quest’ultimo bando, invece, non si fa alcun cenno diretto a questa possibilità.Certo, questo tirocinio può effettivamente essere una palestra per coloro che vogliono percorrere la strada della magistratura o quella forense e rappresenta per gli aspiranti magistrati l’unico canale alternativo alle scuole di specializzazione per le professioni legali, come racconta chi ci è direttamente passato, fino ad oggi per la sola corte di Cassazione un totale di 120 tirocinanti (con un primo bando pubblicato a fine 2016 per 60 stagisti e un altro a luglio 2017 sempre per 60 tirocinanti). Ma vi sono anche molti limiti. Il primo fra tutti è proprio quello relativo all’indennità e, quindi, l’incertezza di ricevere una borsa di studio e la mancanza di una copertura assicurativa. Ma ci sono anche dei limiti formativi, come proprio due ex tirocinanti hanno evidenziato a ottobre dell’anno scorso in un articolo pubblicato sul sito dell’associazione nazionale magistrati. In cui scrivono: «non vi è uniformità nell’accertamento e nel monte ore da svolgere, che può differenziarsi in base agli uffici giudiziari, non garantendo un trattamento equo tra i diversi stagisti e creando difficoltà al tirocinante nell’organizzazione delle compatibili attività formative». Per quanti, però, volessero partecipare al bando, la scadenza per consegnare la propria domanda è lunedì 10 settembre presso l’Ufficio sel segretario generale nel palazzo della Corte di Cassazione, a Roma, oppure via email all’indirizzo tirocini [chiocciola] cassazione.it. Gli stage partiranno a ottobre 2018 e dureranno complessivamente 18 mesi, fino ad aprile 2020, suddivisi in una prima fase teorica e una seconda pratica. Non sarà richiesta una presenza continuativa per un anno e mezzo: i tirocinanti selezionati, infatti, dovranno essere presenti almeno due giorni a settimana, mentre negli altri giorni potranno continuare a svolgere la pratica forense o notarile o frequentare le scuole di specializzazione per le professioni legali. I requisiti richiesti, oltre alla laurea in giurisprudenza con un punteggio non inferiore a 105/110 e il limite dei trent'anni, sono: non aver riportato condanne penali per delitti non colposi e aver conseguito una votazione media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, privato, processuale penale, diritto del lavoro e amministrativo.Visto che è molto probabile che le domande superino il numero di posti a disposizione, a quel punto costituisce titolo preferenziale nell’ordine: la media dei punteggi degli esami, il punteggio di laurea e la minore età anagrafica.Entro il 20 settembre verrà stilata una graduatoria provvisoria degli ammessi e i tirocini prenderanno il via dal primo ottobre. Saranno esclusi dalla partecipazione tutti i candidati che stanno svolgendo un tirocinio presso un diverso ufficio giudiziario.Il tirocinante sarà affidato a un presidente o consigliere della Corte assistendolo nello svolgimento delle attività: parteciperà a ogni settore dell’organizzazione della Corte, assisterà alle udienze del processo, procederà allo studio dei fascicoli e alla predisposizione degli elaborati richiesti dagli affidatari. Gli stagisti saranno sottoposti a una valutazione semestrale e, una volta terminato lo stage, il presidente di sezione trasmetterà al Primo Presidente una relazione sull’esito del periodo di formazione in base alla quale sarà rilasciato l’attestato di «positivo svolgimento». Non una carta qualsiasi, perché l’esito positivo ha una pluralità di possibili utilizzi: è valutato per un periodo pari a un anno di pratica forense, notarile e di frequenza delle scuole di specializzazione per professioni legali; costituisce titolo per l’accesso al concorso da magistrato ordinario; è considerato titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario e a vice procuratore onorario, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia – anche quella amministrativa e l’avvocatura dello Stato – e nelle selezioni indette da altre amministrazioni dello Stato. Insomma, partecipare a questo tirocinio potrebbe in alcuni casi aiutare a intraprendere un certo tipo di carriera.E infatti, se ad oggi i giovani continuano a fare domanda per questo tipo di stage, vuol dire che tutto sommato è importante, perché insegna a muoversi tra le aule, a partecipare alle udienze, a studiare fascicoli vari e redarre bozze di provvedimenti. Eppure, non garantendo una certezza di rimborso spese, sembra quasi si voglia sminuire un lavoro rilevante per gli uffici giudiziari e per i possibili futuri magistrati. Eppure la soluzione sarebbe così semplice: basterebbe uniformare la normativa su questi tirocini a quella in materia di tirocini formativi extracurriculari, in particolare a quella della Regione Lazio, dove è ubicata la “sede legale” della Corte di Cassazione. Perché non lo si fa?Marianna Lepore

Sostegno alle start-up, i finanziamenti dei "business angel" crescono del 10%

Investimenti angel in crescita del dieci per cento rispetto all’anno scorso, per un totale di 26,6 milioni di euro – un milione e mezzo di euro in più rispetto al 2016 – suddivisi in 117 operazioni; un investimento angel su cinque realizzato da donne. Sono questi i dati più interessanti della Survey Iban 2017, l’analisi annuale sul mercato italiano dell’angel investing condotta dall’associazione Iban – Italian Business Angel Network con il professor Vincenzo Capizzi della SDA Bocconi.L’indagine è svolta nei primi mesi del 2018 con l’obiettivo di analizzare il mercato italiano sotto un duplice punto di vista: quello degli investimenti effettuati l’anno precedente e quello delle caratteristiche dei business angel.Bisogna fare un passo indietro e capire prima chi siano questi soggetti. Per business angel si intende un investitore informale in capitale di rischio, in pratica una persona che si appassiona a una start up e decide di aiutarla e finanziarla. In genere ex titolari di impresa, manager in attività o in pensione, soggetti che hanno mezzi finanziari, una buona rete di conoscenze, esperienza e l’obiettivo di contribuire alla riuscita economica di un’azienda e alla conseguente creazione di nuova occupazione. La prima associazione nata in Italia per diffondere questa cultura è stata proprio Iban, l’associazione italiana degli investitori informali, che annualmente si dedica a questo report.Leggendolo si scopre che i settori che hanno beneficiato maggiormente dei finanziamenti sono l’ICT, con 500mila euro dati per esempio alla startup Frind – che ha creato un’applicazione a metà tra Facebook e Whatsapp che permette di connettersi con gli amici intorno e organizzare con loro delle attività – e 400mila euro a App Quality, piattaforma di crowd testing che offre soluzioni di testing della qualità dei servizi digitali e permette alle aziende e alle startup di rilasciare app e siti web molto più efficaci e usabili su qualsiasi dispositivo mobile. A seguire, tra i settori più finanziati –ma ben oltre venti punti percentuali in meno rispetto all'ICT – ci sono l’eCommerce e i servizi. «Nel 2017 sono stati censiti 117 investimenti, per cui l’ammontare medio è di 227mila euro e sono più che raddoppiate le operazioni, solo 52 nel 2016, ma è quasi dimezzato il taglio medio: probabilmente» spiega Paolo Anselmo, presidente Iban, alla Repubblica degli Stagisti «perché c’è una maggiore attenzione a suddividere su più investimenti lo stock di denaro che si è deciso di investire. Anche per diversificare il rischio». In questo quadro, solo tre business angel su dieci hanno investito individualmente, perché la grande maggioranza ha preferito logiche di coinvestimento. Non solo: anche in questo settore si è fatto largo il crowdfunding, che è diventata una innovativa modalità di investimento. infatti la survey Iban per la prima volta quest’anno ha preso in considerazione la parte di investimenti fatta dai business angel attraverso le piattaforme di crowdfunding, anche grazie al supporto dell’osservatorio Crowd-Investing coordinato da Giancarlo Giudici, docente del Politecnico di Milano. Così si scopre che questa modalità di raccolta fondi è stata utilizzata dagli angels per finanziare ben il ventidue per cento di imprese totali lo scorso anno. Ed ecco l'identikit dell'investitore più comune: uomo, tra i trenta e i cinquant'anni, del Nord Italia, laureato, ha un passato come manager. Sei su dieci sono dirigenti o imprenditori e investono meno del venti per cento del proprio patrimonio in operazioni di angel investment. La raccolta dei dati è fatta tramite questionario online su SurveyMonkey e ha coinvolto un campione di 229 business angel. Le domande sono state inoltrate a un ampio numero di operatori dell’ecosistema delle startup, in particolare a soci individuali associati a Iban e a soci appartenenti a Club e Ban associati a Iban, ma anche a incubatori e family office individuate da Iban in quanto notoriamente attivi nell’ecosistema delle startup e a quelle iscritte al registro delle imprese innovative. In pratica la survey è rivolta a una popolazione di soggetti ritenuta altamente rappresentativa dell’universo dei Business angel in Italia proprio per tracciare un quadro esaustivo delle operazioni di investimento da parte di investitori informali.Per diventare angel innanzitutto bisogna essere coscienti che esistono due categorie, gli aderenti – persone fisiche o giuridiche che si qualificano come investitori – e gli affiliati – studi professionali, banche, università che vogliono interagire con l’associazione. Una volta dichiarato di aver preso visione dello Statuto, del codice di comportamento e di condividere gli scopi istituzionali dell’associazione, bisogna compilare un form e versare la quota di adesione che va dai 250 euro dei business angel individuali ai 2.300 per i Ban, i club di investitori e le istituzioni finanziarie. Cosa succede, dunque, una volta che l’angel investing ha deciso di finanziare la startup? Oltre all’investimento in equity il business angel di riferimento apporta soprattutto competenze strategiche e contatti per lo sviluppo dell’attività sociale. Il suo stato di coinvolgimento nelle imprese finanziate, in tre quarti dei casi, è medio o alto e l’exit per il business angel è di solito dopo i cinque o anche otto anni. In altri paesi però la propensione a finanziare start-up è decisamente più significativa. Secondo i dati relativi agli investimenti nel 2016 dell’European Business Angels Network, il Regno Unito era leader del mercato angel con 98 milioni di investimenti, seguito dai 66 milioni della Spagna e da Finlandia e Germania con cinquantatré e cinquantuno milioni, tutti in crescita rispetto alle annate precedenti. Di fronte a questi numeri, i neanche 27 milioni dell'Italia sembrano davvero poco.Uno dei dati decisamente più interessanti è il ruolo delle donne in questo campo. Nel corso dell’anno passato, secondo i dati Iban, soltanto un’operazione su cinque è stata realizzata da un business angel donna. La componente femminile è in aumento rispetto al passato, con un incremento quasi costante che le ha portate dall’undici per cento del 2013 al venti sul totale del campione dell’anno scorso, ma è ancora davvero troppo bassa: è la fotografia che emerge anche dalla ricerca «Ostacoli e opportunità per le donne angel investing in Europa», condotta su 640 donne in sei nazioni, il dieci per cento in Italia, nel contesto del programma Women business angels for european enterpreneurs WA4E, di cui anche Iban fa parte.Da questa indagine si scopre che metà del campione di investitrici è business angel da più di tre anni e ha finanziato più di tre imprese innovative, ma soprattutto investe preferibilmente in un’impresa fondata da un’altra donna. Questo probabilmente perché ha vissuto sulla propria pelle la difficoltà di affermarsi in un settore molto maschile come quello imprenditoriale. Per quanto la survey Iban 2017 mostri che gli investimenti angel donna in Italia siano cresciuti, i dati del progetto coordinato da Business angel europe fotografano una situazione in Europa per le angel investor ancora difficile, con forti barriere all’ingresso e mancanza di modelli femminili di riferimento. E in aggiunta la stragrande maggioranza sottolinea come il proprio consulente finanziario non abbia mai accennato questa possibilità tra le opzioni di investimento: alle donne ancora oggi vengono consigliati principalmente investimenti a basso profilo di rischio. Ma proprio a testimonianza del ruolo sempre più importante delle donne in questo settore, nel 2017 è stato assegnato il premio italiano business angel a una donna, Paola Bonomo. C’è un altro dato interessante che merita di essere menzionato, ed è quello relativo alle preferenze di investimeno dei ba sul territorio: se ben il trentatré per cento degli investitori dichiara l’intenzione di investire solo nella stessa provincia di residenza, quattro su dieci non hanno preferenze geografiche, il che dimostra una potenziale apertura a investire anche in progetti territorialmente distanti. «Oggi il 14% delle imprese finanziate è localizzato all’estero» conferma Anselmo: «Dobbiamo ragionare sempre più con una prospettiva europea di investimenti crossborder che facciano circolare gli investimenti italiani ma anche e soprattutto che attirino quelli esteri da Paesi più evoluti da un punto di vista di cultura del rischio».Marianna Lepore

Telefono rosso, in Sardegna un filo diretto per denunciare i tirocini truffa

La Sardegna è una delle regioni dove il rischio di tirocini truffa è più alto, soprattutto durante la stagione estiva, quando il settore turistico pullula di stagisti. Dall’esigenza di arginare questo fenomeno nasce Telefono Rosso o Telèfonu Ruju, iniziativa congiunta del movimento Caminera Noa e dell’Unione sindacale di base (Usb) sarda per raccogliere le segnalazioni dei tirocinanti sfruttati e supportarli nella eventuale apertura di una vertenza.   Nel 2017 in Sardegna sono stati attivati 8.407 tirocini extracurriculari, mentre nei primi cinque mesi del 2018 ne erano già stati attivati 3.950, senza che fossero ancora partiti quelli "stagionali". Ciò vuol dire che l'utilizzo della formula dello stage è destinato ancora a crescere, e per questo è quanto mai importante vigilare sul suo corretto svolgimento. «Abbiamo messo a disposizione dei ragazzi un numero, il 328 4421060, attraverso il quale si possono segnalare gli stage truffa anche in forma anonima», spiega alla Repubblica degli Stagisti Alessia Etzi, portavoce del progetto: «Il Telefono Rosso è operativo 24 ore su 24 per rispondere a telefonate e messaggi WhatsApp, e ha anche una mail e una pagina Facebook». Gli operatori sono attivi su tre sedi dell’Usb: Nuoro, a cui competono anche le aree di Olbia e Gallura; Cagliari per tutta l’area Sud Sardegna e Terralba (Oristano), che si occuperà anche di Sassari, dove è prevista a breve termine l’apertura di una quarta sede. Essi si impegnano, a turno, a coprire anche gli orari "non lavorativi" grazie a canali diretti come WhatsApp. A circa due settimane dalla partenza, sono arrivate una dozzina di segnalazioni.Al primo step della segnalazione telefonica segue la possibilità di fissare un incontro con il sindacato. «Decideremo insieme agli interessati se segnalare l’abuso all’Ispettorato territoriale del lavoro e all’Aspal, l’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro. Cercheremo di non far mai esporre direttamente il tirocinante, essendo una categoria molto debole anche sindacalmente», illustra Enrico Rubiu, sindacalista Usb. L’iniziativa del Telefono Rosso si pone in continuità con l’attività della rete “Cambiamo le regole sui tirocini”, nata per proporre modifiche alle linee guida in materia di tirocini, che già aveva presentato al Consiglio regionale una proposta per l’aumento dell’indennità minima a 800 euro, in linea con la normativa laziale, e per la riduzione della durata massima del tirocinio a sei mesi al fine di semplificare i controlli. La rete ha anche una pagina Facebook molto attiva che raccoglie e pubblica gli annunci di stage "anomali". Come un tirocinio da "addetta alle pulizie" consistente nella "pulizia di uffici e locali commerciali, pulizia case e post ristrutturazione", un altro come "cameriere da sala" con l'obiettivo di "acquisire competenze nella raccolta delle ordinazioni e gestione del cliente, allestimento e pulizia della sala" o addirittura uno come "aiuto cameriere". E ancora, un'offerta come "banconiera capace di apprendere le basi per servire e organizzare gli aperitivi" e sfilze di annunci per tirocini da "commesso di vendita". «Ci siamo resi conto che i tirocini sono il "vestitino" dei lavori sottopagati. Il lavoratore stagionale oggi si vede soppiantato dal tirocinante, che a sua volta è spesso soppiantato dallo studente in alternanza scuola lavoro», spiega Alessia Etzi. E la ragione è facilmente intuibile. «Il datore di lavoro che attiva un tirocinio di inserimento/reinserimento al lavoro promosso dall'Aspal spende 150 euro al mese, mentre gli altri 300 vengono messi dalla Regione. Assumere un dipendente a tempo determinato gli costerebbe invece almeno 800 euro al mese solo per un part-time», motiva Rubiu. Oggi nessuno, o quasi, controlla che il tirocinante svolga realmente un percorso “formativo”. «A campione si riesce a garantire una vigilanza solo sul 10% dei tirocini», denuncia la portavoce del Teléfonu Ruju.  A cui fa eco il sindacalista: «Il Ministero del lavoro ha depotenziato il servizio di controllo e di vigilanza, fondamentale per la difesa del rispetto dei contratti e dei lavoratori oltre che degli stagisti. In Sardegna gli addetti al controllo ». E così gli operatori del Telefono Rosso provano a riempire questo vuoto con uno strumento che potrebbe fungere da modello anche per altre realtà. «Si tratta del primo esperimento di questo tipo in tutta Italia. Faremo una casistica del numero di chiamate e del tipo di problema, anche per poter rimodulare in futuro il progetto», spiega Rubiu. Le prime somme riguardo l’iniziativa si tireranno fra qualche mese, quando si comincerà a capire se i tirocinanti sfruttati si sentiranno più invogliati a utilizzare questo strumento di denuncia rispetto ai canali tradizionali, anche in virtù della tutela dell’anonimato. Rossella Nocca

Stage da mille euro al mese alla Banca d'Italia, smanettoni appassionati di Informatica fatevi avanti

Per gli appassionati di Informatica c’è un’opportunità ghiotta: un tirocinio di sei mesi in Banca d’Italia, con un rimborso spese di mille euro al mese. Il bando si è aperto nei giorni scorsi e chiuderà venerdì 27 luglio.Per la Banca d’Italia ospitare stagisti non è una novità. Lo fa già dal 2011, aprendo complessivamente 150 posizioni di stage all’anno distribuite tra i suoi vari uffici: le segreterie tecniche dell’Arbitro bancario finanziario, alcune Divisioni di Analisi e ricerca economica territoriale delle filiali, i servizi Appalti, Immobili, Banconote, Rilevazioni ed elaborazioni statistiche, e così via. Il programma di stage nel campo dell’Information and Communication Technology invece è più recente: i primi tirocinanti nel dipartimento di Informatica sono entrati nel 2016.Presso il dipartimento di Informatica della Banca d’Italia lavorano poco meno di 600 dipendenti a tempo indeterminato, più centinaia di consulenti. In particolare la divisione Ricerca sulle tecnologie avanzate (ART, che sta per Applied Research Team) è un piccolo team di tredici persone dedicato alla ricerca e alla sperimentazione in ambito informatico. «Abbiamo iniziato ad operare nel 2013 e la nostra mission è sviluppare idee e prototipi all’intersezione tra information technology di punta e processi della Banca d’Italia» spiega alla Repubblica degli Stagisti Luigi Bellomarini, 34 anni, ingegnere informatico (con tanto di Phd) che dallo scorso maggio è vicecapo del team: «ART è anche un centro di competenze dove si studiano e sperimentano nuove tecnologie e si contribuisce alla ricerca scientifica negli ambiti rilevanti. Disseminiamo poi la conoscenza con un taglio divulgativo all’interno e all’esterno dell’Istituto. Siamo anche una struttura operativa: esercitiamo le competenze su specifici casi d’uso aziendali sviluppando prototipi, prodotti e iniziative, spesso in collaborazione con partner aziendali e accademici di alto profilo. Nella loro giornata-tipo i nostri stagisti partecipano a tutte queste attività». I sette stagisti prossimi venturi andranno a finire principalmente in ART: «Nel 2016-2017 ne abbiamo ospitati cinque» specifica Bellomarini: «Siamo saliti a sette nel 2017-2018 e ne prenderemo altri sette nel 2018-2019».I tirocinanti del 2018-2019 sono proprio quelli a cui si riferisce il bando aperto in questo momento: gli stage infatti partiranno a ottobre 2018 e si concluderanno nel marzo del 2019. Le chance di essere scelti non sono pochissime: «Per ora siamo su piccoli numeri» conferma Bellomarini: «Lo scorso anno, ad esempio, per i sette posti a disposizione abbiamo ricevuto venti candidature. Quest’anno però ce ne aspettiamo molte di più!». E qual è l’identikit dei candidati? «I numeri sono troppo piccoli per fare delle statistiche significative. Possiamo però dire che c’è una sostanziale parità di genere nelle application e una prevalenza di statistici, seguiti da matematici». A sorpresa, il bando è aperto solamente a chi abbia frequentato La Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre. Perché solo questi tre atenei, tutti romani? «Gli stage in convenzione con le università romane intendono offrire agli studenti una sorta di prosecuzione “pratica” del lavoro teorico iniziato durante il percorso di studi» risponde Bellomarini: «Inoltre, con un rimborso spese di mille euro, non è certo facile mantenersi a Roma per un neolaureato fuori sede…». (Forse i neolaureati delle università di altre città avrebbero qualcosa da ridire su questo: mille euro al mese è un'indennità di tutto rispetto, anzi molto spesso corrisponde a un primo stipendio per i giovani che entrano nel mondo del lavoro!, e probabilmente non pochi riuscirebbero ad organizzarsi senza problemi per trasferirsi a Roma per uno stage in Banca d'Italia, potendo contare su quella cifra mensile).In ogni caso, almeno per  ora, il bando resta aperto solo ai neolaureati dei tre atenei citati. Le informazioni sulle procedure per candidarsi si trovano online, e bisogna ammettere che non sembra nemmeno di essere sul sito di un ente pubblico: il sito è colorato, ben impaginato, scorrevole, e addirittura ha una sezione incoraggiante intitolata “Ma io non so niente di…” che esordisce con un rassicurante «Non preoccuparti!» perché «è naturale che i candidati ai tirocini abbiano un’esposizione pregressa ridotta agli argomenti proposti». Insomma, i giovani sono invitati a candidarsi anche se non hanno grande esperienza. Senza dimenticare le “recensioni” degli ex stagisti: «Partivo prevenuta, devo ammettere: una banca mi sembrava quanto di più possibile distante da me… e lo era. Ma anche in un luogo così improbabile ho avuto la fortuna di trovare questo gruppo assurdamente diverso da quanto mi aspettavo!» scrive Giulia Fabiani, laureata in Astronomia-astrofisica: «Pratico e teorico, disponibile e attento, realista ma idealista». «Gli argomenti trattati dal team sono tutti molto interessanti e il tirocinio mi ha dato una visione più concreta di argomenti visti all’università – nel caso specifico, crittografia» si entusiasma il giovane matematico Francesco De Sclavis; «Ho trovato un ambiente molto stimolante e in poco tempo ho imparato più di quanto immaginassi» nelle parole di Anna Cavaliere, laureata in Scienze statistiche.È evidente lo sforzo di Banca d’Italia di dimostrare anche attraverso questa “vetrina” che il suo dipartimento di Informatica è all’avanguardia. «Come divisione Ricerca sulle tecnologie avanzate, abbiamo deciso di costruire il sito Bankit.art ad agosto 2017» racconta Bellomarini: «Non è il portale ufficiale della Banca d’Italia, naturalmente: si tratta di un diario di bordo, una sorta di racconto digitale illustrato che documenta i lavori in corso, i backstage di quelli completati e diffonde analisi dei fenomenici informatici studiati». Ovviamente il sito serve anche come piattaforma attraverso cui promuovere il bando di stage «e dare agli aspiranti tirocinanti informazioni in più sull’ambiente di lavoro», e su quello che potrebbero imparare lì dentro. Nello specifico si va dalla sperimentazione di tecniche di deep learning e sulla blockchain technology allo sviluppo di un chatbot con linguaggi dichiarativi, dall’analisi di sistemi dinamici complessi in ambito economico alle metodologie e strumenti per l’explainable AI alle tecniche di web scraping per l'acquisizione di dati societari e quelle di machine learning per text analytics, dallo sviluppo di sistemi di automated reasoning per big data all’utilizzo di container in ambiente “private cloud”, dal capacity planning in ambiente “private cloud” alle tecnologie open source per l’elaborazione di dati statistici… Sì, per i non-informatici questo è ostrogoto, ma è invece musica per gli appassionati smanettoni.Eppure una domanda non può essere elusa: perché mai un laureato in Informatica, una delle lauree più forti oggi sul mercato del lavoro, ricercata da tutte le aziende più innovative, dovrebbe essere interessato a fare un tirocinio in una istituzione pubblica? «È vero che il settore privato è più attrattivo di quello pubblico da molti punti di vista, inclusa la possibilità di trasformare uno stage in una forma di assunzione più stabile, possibilità preclusa ad una pubblica amministrazione che assume per concorso pubblico» ammette Bellomarini: «Tuttavia ci possono essere dei vantaggi a lavorare in una istituzione che nel suo complesso è al servizio del Paese e prende in considerazione elementi di responsabilità sociale nei propri comportamenti». La promessa è quella di assicurare una formazione attenta e scrupolosa: «Le attività di stage sono prese molto seriamente da noi: gli stagisti non sono considerati forza lavoro a basso costo; sono costantemente guidati nel loro percorso di apprendimento, indirizzati quotidianamente e inseriti fin da subito in progetti reali, affiancati da tutor di grande esperienza in tutte le discipline più rilevanti e moderne del settore».E il lavoro, assicura Bellomarini, non è affatto noioso: «Lavorare nel dipartimento IT di una grande banca centrale vuol dire spesso affrontare sfide fuori dal comune», dice, «Si pensi, ad esempio, che la Banca gestisce uno dei più grandi centri di calcolo tra le banche centrali europee e supporta con le proprie applicazioni informatiche la vita economica di milioni di cittadini. Per offrire questi servizi deve essere sempre all’avanguardia su metodologie, tecnologie e infrastrutture informatiche. I tirocini presso di noi offrono quindi un’opportunità unica ai ragazzi di poter lavorare in team che studiano, sperimentano e adottano tecnologie al servizio della collettività».E poi c’è il rimborso: mille euro al mese a cui si aggiunge il servizio di mensa gratuita. Un trattamento economico più alto della maggior parte delle aziende private del settore! Si può considerare che questo vada parzialmente a controbilanciare l’aspetto meno allettante di questi stage: e cioè il fatto che, come anticipava Bellomarini, essi non sono in alcun modo orientati all’assunzione. «Per essere assunti si deve partecipare ai concorsi e purtroppo non ci sono procedure semplificate o vantaggi per “ex stagisti”, se non quelli che eventualmente rivengono dall’aver vissuto e conosciuto dall’interno processi di lavoro e compiti dell’Istituto». Dunque nessuna possibilità per gli stagisti di ricevere una proposta di contratto al termine dello stage.C’è da dire però che, a differenza della maggior parte degli enti pubblici, in Banca d’Italia «i concorsi vengono aperti con una certa regolarità e sono molto competitivi». Proprio di recente sono state pubblicate le graduatorie finali dei risalti dell’ultimo concorso bandito per profili ICT: i posti erano 45.

Al via il primo round di BA29, due milioni di euro per i giovani disoccupati baresi

C’è tempo fino alla fine dell'estate - notizia di questi giorni - e non più solo fino al 31 luglio per i giovani tra i 16 e i 29 anni, residenti a Bari e provenienti da famiglie con un Isee inferiore ai 6mila euro annui, per presentare domanda di partecipazione al progetto BA29, finalizzato all’empowerment e all’inserimento lavorativo di giovani disoccupati o inoccupati, italiani e stranieri a rischio emarginazione sociale. La scadenza è stata prorogata per permettere una partecipazione quanto più ampia possibile. Le risorse messe in campo dal comune sono rilevanti: un milione 410mila euro dal Pon Metro 2014-2020 più altri 500mila euro provenienti dal Patto per Bari, il programma finanziato dall’accordo Stato – città metropolitana, di cui 450mila per borse lavoro e 50mila per rimborso oneri di attivazione dei tirocini formativi. Potenzialmente secondo i calcoli del Comune sono poco meno di 3mila i potenziali beneficiari della misura.Inizialmente i destinatari del programma dovevano essere solo coloro che avevano la residenza in determinate “aree bersaglio”, individuate tramite criteri di svantaggio e marginalità fisica e socioeconomica. Ma in un secondo momento il Comune ha deciso di includere tra i destinatari anche i soggetti non residenti nelle aree individuate precedentemente che avessero, però, i requisiti anagrafici e reddituali previsti.A favore dei giovani saranno attivati tirocini di sei mesi presso aziende della città metropolitana di Bari, con un rimborso spese di 450 euro mensili a fronte di un impegno settimanale di 25 ore. Mentre al soggetto ospitante verrà riconosciuto come rimborso spese per l’attivazione dello stage un massimo di 300 euro.Il comune stima di realizzare con queste risorse circa 700 tirocini, con un impatto del 21% sulla platea degli aventi diritto. Un programma che rientra nelle nuove strategie di lotta alla disoccupazione sul territorio barese, che nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni è pari secondo i dati del comune al 47%, quasi sei punti in più rispetto alla media nazionale.Il progetto avrà una durata biennale, quindi i giovani che non riusciranno a candidarsi entro il 31 luglio, potranno farlo nelle altre due finestre temporali di apertura di nuovi avvisi che saranno dal primo novembre al 31 dicembre di quest’anno e dal primo maggio al 30 giugno del 2019, fino a esaurimento delle risorse disponibili.I giovani che hanno intenzione di candidarsi in questa prima fase possono scegliere di consegnare tutta la documentazione – modulo di candidatura, curriculum, fotocopia del documento di riconoscimento, attestazione Isee in corso di validità - o tramite posta certificata politichedellavoro.comunebari [chiocciola] pec.rupar.puglia.it o a mano presso la sede di Porta Futuro del Comune di Bari.A questo punto è d’obbligo dare un’occhiata ai profili al momento richiesti dalle aziende e per cui sono state inserite offerte di stage. Si va da profili di basso livello come addetti ai servizi di igiene e pulizia, magazziniere, receptionist, estetista, elettricista, parrucchiere, fino a profili per cui sono richieste competenze più elevate come impiegato amministrativo, educatore professionale, ingegneri con varie specializzazioni – gestionale, meccanico, ambientale o idraulico – ma anche addetti al marketing, laureati in scienze della formazione e addetti ai servizi di comunicazione.I giovani interessati possono presentare la domanda di partecipazione indicando anche tre profili professionali in cui intendono formarsi. Poi il Comune verificherà l’ammissibilità delle candidature e stilerà una lista di candidati ammessi che saranno proposti ai soggetti ospitanti. Saranno a questo punto le aziende a richiedere di effettuare presso il job center Porta Futuro i colloqui individuali per scegliere il tirocinante – colloqui che si svolgeranno nel mese di settembre. In sostanza, il Comune ha il compito di compilare la banca dati con i curricula, mentre il matching finale viene lasciato alle imprese e alle loro esigenze.Gli ultimi dati disponibili riportano l’adesione di 225 aziende al progetto, con l’apertura di circa 590 tirocini per profili di vario tipo. Ma settimanalmente viene aggiornata la banca dati dei profili richiesti dalle imprese che continuano ad aderire al progetto.Il Comune da parte sua ha già assicurato che vigilerà sullo sviluppo coerente dei progetti formativi e soprattutto sulla puntualità dei pagamenti. Ma il programma, per quanto nel breve termine potrà dare una mano ai tanti giovani a casa e magari ad alcuni insegnare anche un mestiere, non ha di fatto una progettualità di medio e lungo periodo. Non è prevista, infatti, alcuna clausola per le aziende che sceglieranno di ospitare i tirocinanti che obblighi anche solo in minima percentuale ad assumere i soggetti al termine dello stage. Un limite evidenziato sin nella presentazione del bando da Paola Romano, l’assessora alle politiche attive del lavoro: «Sappiamo bene che il tirocinio non equivale a un contratto di lavoro, però è un’opportunità di crescita per centinaia di ragazzi che vogliano misurarsi con il mondo del lavoro facendo un’esperienza formativa di sei mesi». I risultati, quindi, sono lasciati al libero arbitrio delle aziende. L'impressione è che nemmeno il Comune si aspetti esiti molto positivi dal punto di vista occupazionale, visto che proprio il sindaco Antonio Decaro a febbraio, durante un’intervista per la presentazione del piano, diceva: «Spero che almeno il quindici per cento di quei tirocini formativi si possa trasformare in un lavoro, una parte a tempo determinato, un’altra indeterminato». Un po' paradossale che la stima del sindaco sia così prudenziale: il dato medio nazionale di assunzione post stage per i tirocini extracurriculari (come questi) si attesta al 31,5%, sembra dunque un po' rinunciatario porsi un obiettivo ridotto della metà! Certo, per avere i risultati bisognerà aspettare almeno la prossima primavera, quando i primi tirocini arriveranno a conclusione e si scopriranno gli esiti di questi stage, ma le premesse sembrano un po’ basse per un bando da due milioni di euro.Marianna Lepore

Pasticcio sui tirocini estivi in Liguria: niente indennità obbligatoria e rischio di abuso nelle strutture turistiche

È arrivata l’estate, e con la fine della scuola e della sessione di esami all'università per i giovani più volenterosi si pone la prospettiva di iniziare un tirocinio estivo per qualche settimana. In Liguria, però, una recente delibera riguardo a questa tipologia di stage ha sollevato un polverone all’interno di istituzioni e associazioni sindacali, che denunciano a gran voce il rischio di abusi. La dgr n. 466 del 26 giugno scorso, infatti, ha se possibile creato ancora più confusione e tolto, piuttosto che aggiungere, le condizioni di base per tirocini di qualità. A partire dal rimborso spese, non previsto, e dalle forme di monitoraggio e sanzione, citate nella normativa ma di fatto non specificate. I sindacati hanno scritto una nota congiunta, diffusa il 28 giugno, condannando la misura. A loro si è aggiunto il consigliere regionale del PD Luca Garibaldi, che ha portato l’attenzione sul tema, presentando la scorsa settimana un’interrogazione rivolta all’assessore di Fratelli d'Italia Giovanni Berrino per chiedere conto di queste “falle” normative.«Hanno fatto un pasticcio: hanno derogato la disciplina generale sui tirocini extracurriculari, approvata lo scorso dicembre, e creato una disciplina apposita sui tirocini estivi di orientamento, che si qualificano come extracurriculari e quindi dovrebbero essere regolati dalla disciplina generale, ma in pratica non lo sono», spiega alla Repubblica degli Stagisti il consigliere. La dgr n. 1186 approvata a dicembre 2017, infatti, norma i tirocini extracurriculari, mentre non include quelli curriculari né quelli curriculari estivi. La differenza tra tirocini estivi extracurriculari ed estivi curriculari è che i primi sono «attivati durante la sospensione estiva delle attività didattiche, a favore di un adolescente o di un giovane regolarmente iscritto ad un ciclo di studi o ad un percorso formativo», vengono svolti «al di fuori dai piani di studio e/o formativi» e possono essere attivati da soggetti pubblici o privati di diversi tipi, come università ma anche centri per l'impiego e altri soggetti autorizzati (indicati nella dgr n. 1186). I tirocini estivi curriculari invece sono previsti all’interno di un percorso di istruzione e formazione e sono promossi unicamente da università, scuole e centri di formazione professionale. In questo senso, i tirocini estivi di orientamento si qualificano come stage extracurriculari a tutti gli effetti, e per questo dovrebbero essere soggetti alla normativa 1186/2017. L’assessorato ligure, però, si è appellato al fatto che la nuova disciplina regionale in materia di tirocini «non si applica più anche ai tirocini estivi di orientamento, ma all’articolo 22, comma 5, prevede che tale tipologia possa essere regolamentata con successivo specifico provvedimento della Giunta Regionale». E così ha adottato misure apposite, approvando a giugno un testo mirato per questa tipologia di stage.In poche parole, la Regione ha trovato un escamotage per trattare gli stage extracurriculari estivi in modo diverso dagli altri, pur essendo della stessa tipologia. E difatti le variazioni ci sono, ma sono penalizzanti. A partire, appunto, dal rimborso spese, che non è previsto come obbligatorio. Infatti, nel testo della delibera n. 466 si legge: «Durante il periodo di svolgimento del tirocinio estivo di orientamento, al tirocinante può essere riconosciuta un’indennità forfettaria di partecipazione al tirocinio che non deve essere in alcun modo commisurata o correlata all’attività svolta». “In alcun modo”, niente di meno! In altre parole, a differenza degli altri tirocini extracurriculari, che prevedono un’indennità minima obbligatoria che il Liguria è fissata a 500 euro al mese, per i tirocini estivi questa è opzionale e a discrezione del soggetto ospitante. Un tirocinio extracurriculare a tutti gli effetti, quindi, che però non prevede un compenso. «Pur avendo la possibilità di migliorare questo aspetto, prendendo esempio da regioni come la Lombardia, che per gli stage estivi un rimborso spese lo prevede» aggiunge Garibaldi, «è stato dato spazio a potenziali abusi».La misura è complicata dal fatto che tra i destinatari di questi tirocini ci sono anche minorenni, che sono naturalmente meno consapevoli dei rischi del mondo del lavoro e quindi più facilmente soggetti a sfruttamento. Dice la delibera a questo proposito che i tirocini estivi di orientamento «sono rivolti ad adolescenti tra i 16 e 18 anni e giovani tra i 18 e 25 anni compiuti, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi di ogni ordine e grado» ma possono accedervi anche «gli adolescenti che non hanno compiuto i 16 anni se iscritti al terzo anno scolastico». Ragazzi molto giovani, quindi, i cui tirocini avrebbero «maggiori necessità di tutela rispetto ai tirocini classici», come evidenzia la nota di Cgil, Cisl e Uil. Invece che aggiungere tutele, però, così facendo la delibera le toglie. Inoltre, la dgr n. 466 riporta alcune evidenti limitazioni rispetto al numero di tirocini attivabili. La delibera infatti specifica come i tirocini estivi siano esclusi dal computo dei tirocini extracurriculari attivabili complessivamente, e a questo proposito i sindacati notano che «in una azienda con zero dipendenti si potrebbero avere contemporaneamente un tirocinio extracurriculare (ossia i tirocini generici) più un tirocinio estivo».In più, manca uno strumento di controllo e sanzione: in questo senso il consigliere Garibaldi riporta come la collaborazione con l’Ispettorato del Lavoro si sia arenata, nonostante fosse stato stabilito di avviarla. Nel testo della delibera di giugno si legge un mero rimando alle disposizioni della dgr 1186/2017, dove viene riportato solamente che la Regione, in accordo con l’Ispettorato e le parti sociali, «disciplina le procedure sanzionatorie poste in essere a fronte della rilevazione di un evidente uso distorto dello strumento del tirocinio in violazione più meno grave della presente disciplina ricorrendo anche all’interdizione della facoltài attivare tirocini». Di quali procedure si tratti nello specifico, non è dato sapere. E posto che la delibera è entrata in vigore il 1° luglio e che i tirocini estivi possono avere anche una durata di appena qualche settimana, è poco plausibile che la Regione abbia il tempo di mettere in campo gli strumenti adatti per effettuare controlli sulle situazioni anomale e prendere provvedimenti tempestivamente. Infine, «oltre a non dare un rimborso spese, questi tirocini non danno nemmeno crediti formativi» sottolinea Garibaldi. Questo perché, nonostante questi tirocini siano, come si diceva, specificatamente attivati durante la sospensione estiva delle attività didattiche, a favore di un adolescente o di un giovane regolarmente iscritto ad un ciclo di studi o ad un percorso formativo, comunque il tirocinio viene svolto «al di fuori dai piani di studio e/o formativi e, come tale, differisce dai tirocini curriculari, previsti invece dai piani di studio e/o formativi quali, ad esempio, quelli svolti nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro». Oltre al danno, quindi, c’è la beffa: non solo questi stage non assicurano un rimborso spese, ma non si tratta nemmeno di una formazione concretamente utile al percorso di studi del giovane. Per il momento, secondo il consigliere regionale questa delibera impatterà circa 500-600 tirocini, numeri certamente non significativi. Ma comunque il rischio di abuso si pone. In più, non si ha nemmeno la certezza degli ambiti in cui questi tirocini vengono attivati, proprio perché non c’è un monitoraggio ben fatto (tant’è che nemmeno i sindacati hanno una dimensione del fenomeno): sembrerebbe che questi abbiano luogo principalmente negli enti pubblici, ma comunque l’assenza di monitoraggio è un problema. E in più, in una regione eminentemente turistica, questa delibera appare come un regalo enorme al settore ricettivo, dove alberghi, stabilimenti balneari e ristoranti potrebbero riempirsi di tirocinanti “estivi” con una normativa ad hoc super-vantaggiosa per loro.L’interpellanza di Garibaldi all’assessore, quindi, ruota proprio su questi punti: il consigliere ha chiesto precisazioni in merito al perché di queste deroghe a degli standard minimi di indennizzo, e quali strumenti siano stati messi in campo per favorire e monitorare il corretto utilizzo dello strumento. Ora aspetta una risposta, che potrebbe arrivare entro questa settimana. Garibaldi non si fa illusioni su quel che la giunta regionale risponderà; ma spera che venga almeno stabilito in zona Cesarini un obbligo minimo di rimborso spese. Se questo non dovesse succedere e se questa misura continuasse a passare inosservata, il risultato potrebbe essere un’intera estate di tirocini abusivi. In caso di una risposta negativa da parte dell’assessore, comunque, Garibaldi promette che continuerà a portare l’attenzione sul tema. Gli fanno eco i sindacati: «Continueremo a chiedere a gran voce una qualificazione dei tirocini e la piena applicazione degli impegni presi in ordine a monitoraggio, misure di vigilanza, controllo ispettivo e sistema sanzionatorio». Sperando che qualcosa si smuova prima che gli uffici regionali si svuotino per la pausa estiva, dimenticandosi della sorte degli stagisti.Irene Dominioni

Tirocini, in Molise un "unicum": linee guida nazionali operative da subito ma ancora niente direttiva attuativa

Nel panorama che inquadra l’adeguamento regionale alle “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” approvate a maggio del 2017, il Molise rappresenta un "unicum". La Regione ha infatti recepito quasi subito e integralmente la normativa nazionale, con la delibera della giunta regionale n.252 del 7 luglio 2017 e - a differenza di altri casi simili, come quello della Sardegna - l’ha resa immediatamente operativa. Nel testo si legge che il Molise «delibera di stabilire, nelle more dell’approvazione di apposita Direttiva regionale attuativa, che in materia si applicano le disposizioni contenute nelle Linee Guida di cui all’Accordo del 25 maggio 2017». Si aggiunge inoltre che «per tutto quanto non previsto espressamente si fa rinvio alla Direttiva attuativa regionale adottata con D.G.R. n.600 del 18 novembre 2013». Insomma al momento la regolamentazione regionale è un "ibrido". Ma andiamo ad analizzare i punti principali. Se la precedente normativa 2013 fissava a 6 mesi la durata massima dei tirocini formativi e di orientamento e a 12 quella per i tirocini di inserimento/reinserimento e per quelli rivolti a soggetti svantaggiati, oggi il tetto massimo è di 12 mesi per entrambe le tipologie, mentre resta di 24 mesi per i disabili.L’indennità minima di partecipazione stabilita per i tirocini di inserimento/reinserimento si riduce da 400 a 300 euro lordi al mese. Visto che le Linee guida non si pronunciano a riguardo, resta valida la possibilità di aumentare l’indennità a 600 euro in caso di impegno fino a 30 ore a settimana. Per le altre tipologie di tirocinio era prevista invece un’indennità dai 300 ai 450 euro, quindi resta invariata.La Regione è intanto al lavoro per redigere la direttiva attuativa che adeguerà la disciplina nazionale alle specificità regionali. «Siamo in fase di elaborazione del testo» spiega Pasquale Spina, responsabile dell’Ufficio tirocini della Regione Molise, «con l’idea di informatizzare tutto il percorso dei tirocini, attraverso l’elaborazione di una web application riguardante l’apprendistato e i tirocini formativi e con la possibilità di definire e sperimentare un protocollo di dialogo tra i sistemi informatici di alcuni soggetti pubblici e il sistema informatico della Regione Molise per apprendistato e tirocini. Da rivedere anche la parte sull’indennità di partecipazione, che sicuramente sarà innalzata come hanno fatto le altre regioni».Quali proposte per migliorare la condizione degli stagisti molisani? «Ci deve essere un valore premiale al di là dell’indennità di partecipazione», suggerisce Gianni Notaro, segretario generale aggiunto per la Cisl AbruzzoMolise, «ad esempio il tirocinio deve potersi concludere con un’attestazione che sia spendibile come qualifica. Noi crediamo nella forma dello stage, che può trasformarsi in apprendistato e in lavoro di qualità in una regione dove quasi un giovane su due è disoccupato».  Secondo il Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie 2018, in Molise nell’ultimo anno sono stati attivati 2.144 tirocini extracurriculari, su una popolazione tra i 15 e i 29 anni nella regione che ammonta a 49mila soggetti. Il 47,3% dei giovani molisani è disoccupato e il tirocinio rappresenta un’indubbia opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Per questo la Regione intende a breve sviluppare una regolamentazione più dettagliata che tenga conto delle specificità territoriali.Rossella Nocca