Stage all'Europarlamento, c'è chi cerca di migliorarli: ma il presidente Tajani non prende posizione

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 02 Mag 2018 in Notizie

Parlamento europeo Stage in istituzioni europee tirocinio

È passato poco più di un anno da quando, nel marzo 2017, a Bruxelles l’intergruppo Gioventù del Parlamento europeo si era riunito per un evento dedicato ai tirocini, per rendere pubblici i dati sulle condizioni dei giovani che fanno stage all’interno del Parlamento.

Oggi l’Intergruppo torna a riunirsi per mostrare le azioni di visibilità portate avanti sul tema dei compensi e della qualità dell’offerta formativa dei tirocini.
In sala Brando Benifei, europarlamentare del Partito democratico e co-presidente dell’intergruppo, che sul tema dell’iniziativa odierna anticipa: «Abbiamo deciso di organizzare un’azione pubblica di sensibilizzazione per richiamare il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani ai suoi impegni. Il nostro obiettivo, infatti, rimane immutato: abolire i tirocini privi di retribuzione e di progetto formativo all’interno del Parlamento entro il 2019».

Proprio un anno fa questi erano gli obiettivi della campagna #fairinternships lanciata dall’Intergruppo. «Non solo perché l’assenza di queste due condizioni minaccia l’equità delle assunzioni, impedendo a ragazzi preparati di effettuare un’esperienza altamente formativa se non possono contare sul sostegno economico delle famiglie, ma anche perché tale pratica favorisce la vulnerabilità dei tirocinanti assunti e li rende potenzialmente vittime di abusi» dice alla Repubblica degli stagisti Benifei. Ma oggi il bilancio che si può trarre è solo parziale.

Se l’obiettivo iniziale era quello di produrre un cambiamento in tutte le istituzioni europee e in particolare all’interno del Parlamento, oggi i risultati più significativi si sono avuti, invece, in Commissione Europea. «Grazie al lavoro della mediatrice europea Emily O’Reilly  e alla condivisione
dell’obiettivo da parte dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini e del Parlamento Europeo, abbiamo dapprima fermato l’assunzione di tirocinanti senza compenso all’interno delle delegazioni del servizio di azione esterna, e poi trovato risorse per il bilancio 2018 affinché il programma dei tirocini potesse ripartire. Si sono poi fatti passi avanti sul tema della Carta Europea per la qualità dei tirocini e dei praticantati. Mentre resta problematico e per me doloroso lo stato di avanzamento della nostra proposta in Parlamento. Dopo aver raccolto l’adesione di molti colleghi al Manifesto per i Tirocini di Qualità redatto dall’Intergruppo, e dopo aver coinvolto formalmente la Presidenza del PE affinché raccogliesse la nostra iniziativa e proponesse una revisione della normativa, il nostro appello non ha ricevuto seguito. Tajani tace».

Al presidente del Parlamento europeo è stata inviata,
nel giugno scorso, una prima lettera in cui l’Intergruppo chiedeva l’eliminazione della possibilità di assumere tirocinanti senza borsa e una revisione complessiva delle regole per garantire tirocini di qualità, formativi, equi e legali. «In ottobre Tajani si era impegnato a far condurre dal Segretariato generale del PE una valutazione della situazione attuale e delle nostre proposte, promettendone la presentazione dei risultati al Bureau del Parlamento. Sei mesi dopo, però, Presidenza e segretariato tacciono» si rammarica Benifei.

Non c’è stata, infatti, alcuna risposta alla seconda lettera in cui si chiedeva quali interlocutori fossero stati scelti da Tajani per occuparsi della questione e quali tempistiche si fossero dati. «Nessuna risposta neppure all’invito di tutti i vice presidenti S&D del PE a inserire la #fairinternships campaign all’ordine del giorno dell’agenda del Bureau. Un silenzio assordante, non vi pare?».

Benifei lo dice chiaramente: «Non proponiamo ricette semplicistiche, ma pretendiamo che quel tavolo di discussione si apra. La domanda che rivolgiamo a Tajani è sempre la stessa: è a favore di tirocini retribuiti e di qualità in Parlamento, o a favore dello scandaloso mantenimento dello status quo? In undici mesi il Presidente non è stato in grado di esprimere una posizione, ma noi non molleremo».

In un anno il Manifesto per tirocini di qualità al Parlamento europeo ha raccolto l’adesione di oltre 140 europarlamentari, in larga parte delle forze del centro sinistra. L’iniziativa odierna punta a raccogliere altri consensi e a richiamare ciascuno alle proprie responsabilità. «Chi non sottoscrive il Manifesto e non si unisce alla nostra campagna, non potrà più essere considerato un alleato dei giovani nelle loro rivendicazioni per condizioni di trattamento eque e giuste. Non avranno più alibi di fronte ai loro elettori più giovani».

Tra gli obiettivi annunciati nel 2017 c’era anche quello di fare un’indagine tra gli stagisti dei deputati e dei gruppi politici del Parlamento europeo per verificare cosa fosse cambiato rispetto alla legislatura precedente. E il questionario, anonimo e volontario, ha rivelato luci e ombre delle condizioni di impiego dei tirocinanti, in particolare di quelli negli uffici dei deputati o fra i gruppi politici.

S
ono i numeri a parlare: se meno del due per cento dei tirocinanti dell'Europarlamento non ha alcun contratto scritto, ben il 22% non ha concordato con il proprio datore di tirocinio alcun obiettivo formativo né chiarito per iscritto le condizioni di lavoro. Due tirocinanti su dieci non ricevono una borsa di studio o è inferiore ai 600 euro mensili e il dieci per cento degli intervistati sostiene di lavorare fra le 46 e le 50 ore settimanali. «A questo sconfortante quadro fa da contraltare il livello di soddisfazione espresso, il giudizio complessivamente buono sull’aderenza dello stage rispetto alle proprie competenze e le proprie aspettative, la valutazione della dimensione di tutoraggio da parte dello staff permanente». Insomma, «in tutte le dimensioni analizzate si è riscontrato un miglioramento significativo rispetto ai risultati dello stesso sondaggio sottoposto nel 2013, durante la scorsa legislatura».


Un risultato positivo che però non deve far abbassare la guardia: «Proprio perché un miglioramento vi è stato, a testimonianza di un cambio culturale importante da parte dei miei colleghi e del Parlamento», rilancia Benifei, «è mai possibile che non si riesca a fare questo passo in più in nome della giustizia e dell’equità?»

Già nel 2010 si era arrivati a mettere insieme i principi fondamentali in una Carta europea per la qualità dei tirocini e dei praticantati che quattro anni dopo, nel 2014, era stata anche approvata – in forma molto diluita – dal Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti, composto dai rappresentanti degli Stati membri ambasciatori presso l’Unione europea; ma lo stato di attuazione oggi è ancora molto frammentario fra gli Stati membri. Alcune realtà conoscono già un grande miglioramento, mentre altre si sono mosse poco per favorire operativamente migliori ed eque condizioni di assunzione per tirocinanti e praticanti.

«Per quanto ho potuto fare personalmente
nella relazione sugli aspetti occupazionali del Corpo Europeo di Solidarietà per la Commissione EMPL, della quale sono responsabile, ho combattuto e vinto una battaglia parlamentare affinché i principi della Carta fossero salvaguardati ed esigibili per i partecipanti e ora li sto difendendo nei negoziati finali con il Consiglio» racconta l’europarlamentare PD: «L’auspicio è che l’approvazione del Pilastro Sociale e le proposte legislative che ne dovrebbero discendere costituiscano un momentum per rilanciare la Carta e ottenere riforme più significative e uniformi in tutta l’Unione europea. Ma molto dipenderà dal mandato politico che riceverà la prossima Commissione Europea».

Per questo motivo Benifei è convinto che sia arrivato il momento in cui ognuno si prenda le proprie responsabilità di fronte agli elettori e ai giovani. Soprattutto che ognuno indichi con chiarezza «se considera una priorità per la prossima legislatura delle istituzioni europee uno sviluppo più organico delle tutele per i giovani lavoratori, anche tirocinanti o praticanti, con una più forte protezione delle loro condizioni sul luogo di lavoro». Insomma non è più tempo di tergiversare, ma di dire una volta per tutte se si vuole stare dalla parte dei giovani.

Marianna Lepore

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