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Decreto dignità e assunzioni, un primo bilancio

Il 1° novembre è entrata in vigore la legge n.96/2018, ovvero la legge di conversione del decreto legge n.87/2018, meglio noto come “Decreto dignità”. Tra gli obiettivi c’è quello di favorire l’occupazione stabile, disincentivando le forme contrattuali limitate nel tempo e incoraggiando  i datori di lavoro a stipulare contratti a tempo indeterminato. È di circa mezzo milione la stima dei contratti e quindi dei lavoratori – prevalentemente under 35 – che saranno coinvolti dall’inasprimento legislativo.Assolavoro, sulla base di proiezioni di dati rilevati dagli operatori associati (85 per cento del mercato), ha previsto che dal 1° gennaio 2019 saranno 53mila le persone che non potranno essere riavviate al lavoro perché raggiungeranno il limite massimo di 24 mesi per un impiego a tempo determinato. Altro allarme è arrivato da Federmeccanica, che ha annunciato che per effetto del Decreto dignità il 30 per cento delle imprese non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere. Intanto, a fine novembre l’Inps ha diffuso i dati sui contratti di lavoro aggiornati al mese di ottobre. Ebbene –  premettendo che nel periodo analizzato era in corso la finestra transitoria e che quindi sarebbe improprio parlare di effetti diretti del Decreto dignità – l’Osservatorio sul precariato ha rilevato nel periodo gennaio-settembre 2018 una crescita generale delle assunzioni del 5,3% rispetto allo stesso periodo del 2017. Sono aumentate tutte le tipologie di contratti: i contratti a tempo indeterminato (+3,4%), i contratti a tempo determinato (+4,7%), i contratti di apprendistato (+11%), ma anche gli stagionali, i contratti di somministrazione e quelli intermittenti. Da segnalare poi l’incremento delle trasformazioni dal tempo determinato al tempo indeterminato, con un significativo +45,7% rispetto al periodo gennaio-settembre 2017. Tra le principali novità della legge c’è la proroga del bonus assunzioni per il biennio 2019-2020 per gli under 35 che non hanno mai avuto un contratto a tempo indeterminato. In base al contenuto dell’articolo 1 le imprese che effettueranno nuove assunzioni a contratto indeterminato a tutele crescenti potranno beneficiare ancora per due anni dello sgravio contributivo del 50%, ovvero del bonus di 3mila euro l’anno per tre anni per ogni nuova assunzione. Le agevolazioni erano già state previste dalla legge di Bilancio 2018, che tuttavia a partire dal prossimo anno le avrebbe limitate agli under 29. «L’idea alla base del decreto, quella di introdurre i giovani in un mondo del lavoro in cui è difficile entrare» afferma Simone Cagliano, membro della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro «è giusta, ma se non ci creano condizioni di mercato sostenibili e non si abbassa il costo del lavoro si tratta solo di palliativi. Infatti i giovani nella maggior parte dei casi verranno assunti e poi, finiti gli sgravi, rischieranno di non essere confermati non perché non lo meritino ma perché l’azienda non sarà più in grado di sostenerne il costo».Cagliano è tra gli autori di una circolare, a cura del Dipartimento Scientifico della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che analizza e commenta punto per punto le maggiori novità introdotte dalla legge. «Tra le principali criticità c’è l’abbassamento del limite per i contratti a tempo determinato a 12 mesi», spiega alla Repubblica degli Stagisti il consulente, «che diventano 24 mesi a fronte di una causale». Tre le tipologie di causale contemplate. Una, la più facilmente verificabile, è l’esigenza di sostituzione di altri lavoratori. Le altre due sono: condizioni imprevedibili legate ad esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività quali, ad esempio, cause di forma maggiore (calamità naturali, etc.) ed esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria come per esempio una commessa di lavoro una tantum, urgente e non realizzabile con il normale organico aziendale. Ridotto invece da cinque a quattro il numero massimo di proroghe dei contratti. Restrizioni mosse dall’intento di favorire la stabilizzazione ma che rischiano di ritorcersi contro i lavoratori. Nella circolare, infatti, si sottolinea «l’assoluta indeterminatezza e delle esigenze e condizioni riportate che, al di là di quelle di quelle di carattere sostitutivo, sembrano di difficile individuazione prestandosi facilmente, pertanto, al rischio di contenzioso». Da qui il pericolo che i datori di lavoro, per evitare le conseguenze di un’errata individuazione delle causali, preferiscano sospendere i rapporti dopo 12 mesi, aumentando il turnover. Gli stessi limiti previsti per il contratto a tempo determinato saranno applicati anche al contratto di somministrazione, che rischia anch’esso di subire un ridimensionamento. Altro deterrente per i datori di lavoro potrebbe essere l’aumento ad ogni rinnovo di 0,5 punti percentuali del contributo addizionale, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali riconducibile alla Legge Fornero.Cagliano a inizio 2018 ha curato un approfondimento sugli sgravi previsti dalle Leggi di Bilancio 2015 e 2016, dal risultato significativo: «Nonostante la continua introduzione di sgravi contributivi per ridurre in modo temporaneo i costi del lavoro per i datori di lavoro, le assunzioni a tempo indeterminato di giovani non sono aumentate, ma il dato è rimasto pressoché identico al 2013». Se nel 2013 erano state 1 milione e 224mila, infatti, nel 2016 sono diventate 1 milione e 241mila. Precedenti che non fanno ben sperare: «La sensazione è che questo non sia il percorso giusto per ottenere obiettivi condivisibili, ma per avere dati attendibili occorrerà aspettare almeno un anno. Certo se verrà veramente introdotta la flat tax non è difficile immaginare un’ulteriore aumento delle partite Iva. La migliore delle ipotesi, visto che l’altro rischio è quello che i rapporti precedentemente regolarizzati possano finire nel lavoro sommerso». Rossella Nocca

Tirocini spaziali, oltre cento opportunità da 2.300 euro al mese all'Agenzia spaziale europea: candidature fino al 16 dicembre

Chi non ha mai sognato di poter osservare e studiare da vicino lo Spazio? Per 108 giovani ragazzi il sogno può diventare realtà. C’è infatti tempo fino al 16 dicembre per candidarsi a uno degli Young graduate trainees messi a disposizione dall’Agenzia spaziale europea (Esa), la cui missione è «dar forma al processo di sviluppo della capacità spaziale europea e garantire che gli investimenti nello spazio continuino a portare benefici ai cittadini dell’Europa e del mondo».Le candidature pervenute per la scorsa sessione di tirocini, che metteva a disposizione 110 opportunità, sono state circa 6mila, dice l'Ufficio assunzioni dell’Agenzia alla Repubblica degli Stagisti. Opportunità che l’Agenzia si impegna a distribuire nel modo più equo possibile tra candidati maschili e femminili: «Abbiamo già fatto progressi significativi nell’incrementare il numero di donne che ricoprono posizioni in ambito ingegneristico, scientifico e manageriale, ma bisogna riconoscere che serve fare di più; per questo vogliamo incoraggiare le candidature da parte delle studentesse, che di fatto intraprendono una carriera scientifica/ingegneristica in una percentuale nettamente inferiore rispetto ai colleghi maschi: si tratta di norma del 27 per cento del totale. Per quanto riguarda i nostri Young graduate trainees, invece, la percentuale di candidate donne selezionate si aggira intorno al 34 per cento».Gli Young graduate trainees si rivolgono a tutti gli studenti che si siano appena laureati o che si trovino all’ultimo anno della laurea specialistica (è infatti necessario aver completato il proprio percorso di studi al momento dell’inizio del tirocinio) e che siano cittadini di uno dei 22 paesi membri Esa (Austria, Belgio, Repubblica Cieca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito) o degli stati membri associati, come la Slovenia, o degli stati membri cooperanti, quali Bulgaria, Cipro, Lettonia, Lituania e Slovacchia. Le posizioni a cui i giovani possono candidarsi, com'è spiegato sul sito, riguardano principalmente il mondo dell’ingegneria, della scienza naturale e sociale, dei servizi aziendali e amministrativi: basta dare un’occhiata alla lista di opportunità per vedere, infatti, come si passi dal tirocinio in “sviluppo dei database a sostegno della salute degli astronauti” a quello in “microelettronica spaziale” o in “didattica delle scienze ambientali e dell’osservazione terrestre”. Sebbene non siano richiesti specifici titoli di laurea, è dunque concretamente ipotizzabile che abbiano qualche chance in più i giovani che abbiano conseguito la laurea in discipline scientifiche prossime a tali campi di studio.I tirocini hanno la durata di un anno e si svolgono presso una delle sei sedi Esa in Europa, di cui una si trova in Italia: si tratta del Centro per l’osservazione terrestre (Esrin) di Frascati. Le altre sono rispettivamente: il quartier generale a Parigi; il Centro di ricerca spaziale europea e tecnologica (Estec) di Noordwijk, in Olanda; il Centro europeo per le operazioni spaziali (Esoc) a Darmstadt, in Germania; il Centro europeo per l’astronomia spaziale (Esac) di Villanueva de la Cañada, in Spagna; e il Centro europeo per le applicazioni e le telecomunicazioni spaziali (Ecsat) di Harwell, nel Regno Unito. I 108 posti, la cui ripartizione varia a seconda delle necessità, dei progetti e delle attività presenti nelle varie strutture, non risultano dunque ugualmente distribuiti, di modo che è possibile trovare molte più opportunità in un centro piuttosto che in un altro. Il Centro per l’osservazione terrestre di Frascati, ad esempio, prevede per questo bando solamente otto posizioni di tirocinio.Per quanto riguarda l'aspetto economico, è prevista una indennità di 2.300 euro mensili, a cui si aggiunge il rimborso delle spese di viaggio (anche per coniugi o figli, nell’eventualità in cui risiedano con il tirocinante per il periodo di durata del contratto), e, per coloro che effettuino il tirocinio in un paese diverso rispetto a quello di residenza, un’«indennità per l’espatrio e per la prima sistemazione», di cui non è tuttavia indicato l’ammontare. I tirocinanti possono inoltre usufruire di due giorni di ferie pagate al mese e della copertura sanitaria, a carico dell’Agenzia. Da non sottovalutare il fatto che, come confermano dall’Ufficio assunzioni, «una buona percentuale dei tirocinanti viene assunta nello staff Esa, o immediatamente terminato il tirocinio o dopo un periodo trascorso in azienda. I restanti, invece, intraprendono spesso la loro carriera nel settore spaziale europeo o in istituzioni accademiche».Per coloro che fossero interessati a candidarsi, basta andare sul sito dell’Agenzia e registrarsi, creando un profilo che comprenda il proprio curriculum corredato da una lettera motivazionale. Dopo essersi registrati, è necessario accedere alla lista delle opportunità di tirocinio, scegliere quella che corrisponde maggiormente alle proprie competenze e ai propri interessi e cliccare su “apply”. Ciascun candidato può inviare la propria domanda per una sola opportunità di tirocinio, pena l’esclusione dalla procedura di selezione. Tutti i candidati saranno poi informati sull’esito della loro candidatura tramite e-mail e, per i selezionati, l’“entrata in servizio” potrà essere concordata con la propria sede di riferimento, rimanendo tuttavia nell’arco temporale che va da maggio a settembre del prossimo anno. Giada Scotto  

JPO Programme, fino al 14 dicembre restano aperte le selezioni: lo stipendio è 46mila dollari all'anno

Torna il JPO Programme (Italian associate experts and junior professional officers programme), il programma di cooperazione multilaterale organizzato dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri in collaborazione con il dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite.Quest’anno la scadenza per partecipare è fissata al 14 dicembre. Il JPO Programme dà l’opportunità ai cittadini italiani di età non superiore ai trent'anni (33 per i laureati in medicina e chirurgia), in possesso di laurea di qualsiasi facoltà, specialistica, magistrale a ciclo unico o triennale con un master e un’ottima conoscenza della lingua inglese, di effettuare un’esperienza lavorativa di due anni presso organizzazioni internazionali del settore della cooperazione, con uno stipendio di 46mila dollari, circa 40mila euro annui, e inquadramento come staff delle Nazioni Unite al livello iniziale della categoria di funzionari (P2). Il contratto comprende oltre al salario, l'assicurazione medica, i contributi pensionistici e altre indennità.Non è ancora fissato il numero di posti disponibili, anche quest’anno è prevista l’assegnazione di un numero limitato di posizioni a candidati provenienti da alcuni paesi in via di sviluppo (“Least Developed Countries” e paesi prioritari per la cooperazione allo sviluppo italiana). La scorsa edizione ha coinvolto 46 partecipanti, di cui 25 donne e 21 uomini.Il programma è interamente finanziato dal ministero degli Esteri. Negli ultimi dieci anni il numero di partecipanti si è attestato su una media di 22, l’anno con un notevole incremento negli ultimi due anni, in cui il numero complessivo è stato di 40 partecipanti per l'anno 2016/2017 e di 46 per quello 2017/2018.La domanda può essere presentata esclusivamente online, collegandosi all'applicativo presente sul sito UN/DESA. Nei mesi di dicembre e gennaio avverrà una prima scrematura delle candidature, tra febbraio e aprile del prossimo anno verrà elaborata una prima short list dei candidati, mentre la prossima estate avranno luogo i veri e propri colloqui che porteranno alla selezione finale dei partecipanti, i quali saranno convocati per un corso a Torino a settembre.Lo scorso anno, spiegano a Repubblica degli Stagisti dalla segreteria del JPO Programme, sono pervenute 2.660 candidature valide di cui 2.533 da cittadini italiani e 127 da cittadini provenienti da Least Developed Countries e paesi prioritari per la cooperazione italiana. Le posizioni JPO messe a disposizione dal governo italiano presso le varie organizzazioni internazionali sono state 46, di cui tre destinate a candidati provenienti da Least Developed Countries e paesi prioritari per la cooperazione italiana. L’età media dei 2.660 candidati era di 27 anni e mezzo; come per le passate edizioni le discipline di laurea maggiormente rappresentate sono state Scienze politiche e relazioni internazionali (42%), Giurisprudenza (15%) ed Economia (13%).Il JPO non rappresenta solo un’importante esperienza in ambito internazionale, ma, dati alla mano, è anche un buon trampolino di lancio per continuare a lavorare nel mondo delle organizzazioni internazionali. «Da uno studio statistico effettuato nel 2015 risulta che quasi il 65% degli ex JPO ha continuato a prestare servizio nel lungo periodo nelle Organizzazioni Internazionali e nelle istituzioni dell’Unione Europea; il 4,8% lavorava presso ONG italiane e straniere; il 6,3% era impiegato presso il settore pubblico, italiano ed estero; il 6,6% nel settore privato, italiano ed estero; il 5,2% lavorava presso università in Italia o all’estero; il 10,1% era lavoratore autonomo o consulente indipendente».Quali consigli dare a chi intende candidarsi al programma? «La candidatura al Programma JPO deve essere redatta in maniera chiara e dettagliata; è importante evidenziare lo sviluppo del percorso professionale attraverso una precisa descrizione delle esperienze lavorative: periodo, ruolo ed incarico svolto nelle varie attività. La lettera di motivazione non deve essere un riassunto del CV ma dovrà evidenziare i propri ideali e gli obiettivi professionali, la predisposizione per lavoro di squadra, l'esposizione ad ambienti multiculturali, le capacità organizzative, ecc. È anche una buona opportunità per mostrare capacità di scrittura ed abilità linguistica».Chiara Del Priore

Tirocinanti della giustizia in Calabria, arriva l’ok del ministero: “Per noi una boccata di ossigeno”

Alla fine il via libera è arrivato e il nuovo anno di stage negli uffici giudiziari calabresi è confermato. La Repubblica degli stagisti ha raccontato, pochi giorni fa, la loro vicenda: mille persone ancora una volta ferme al termine di un anno di tirocinio e in attesa di un ok da parte del ministero della giustizia per fare altri dodici mesi, come previsto dalla convenzione. Venerdì scorso il ministero ha pubblicato la notizia ufficiale della proroga, che consentirà «di proseguire un percorso di qualifica avviato un anno fa, con importanti ricadute sul piano della formazione e del rafforzamento dei servizi dell’amministrazione della giustizia». Non solo, il ministro parla di un provvedimento che «dà continuità agli impegni presi dal precedente governo, che aveva espressamente previsto la possibilità di un rinnovo della convenzione alla sua scadenza per un periodo di altri 12 mesi improrogabili» e ricorda come la convenzione preveda l’impegno della Regione Calabria a favorire «il successivo inserimento dei tirocinanti nel mondo del lavoro».Improrogabile vuol dire che finalmente si metterà un punto a questo programma di stage abnorme e contra legem, che ha impegnato a vario titolo centinaia e centinaia di disoccupati calabresi, molti dei quali anche over 50, negli ultimi otto anni? Sembra di sì, ma è presto per dirlo. Per ora la Regione pubblicizza la news dell’autorizzazione della richiesta di proroga come una buona notizia, con il presidente Mario Oliverio che dice soddisfatto della decisione parla della possibilità di «proseguire il percorso già avviato lo scorso anno con importanti ricadute sul piano della formazione e del rafforzamento dei servizi dell’amministrazione della giustizia». Il tutto coperto da circa 13 milioni di euro (impegnati per la biennalità, dunque 6 milioni e mezzo di euro all'anno), su risorse del Piano di azione e coesione.«La proroga di un altro anno di tirocinio negli uffici giudiziari può essere paragonata a una bombola di ossigeno utilizzata in emergenza per chi versa in gravi condizioni. Per chi non ha altra fonte di reddito, l’indennità di tirocinio rappresenta proprio questo: una boccata di ossigeno», spiega alla Repubblica degli Stagisti Patrizia Carere, tirocinante della giustizia calabrese. «Gli stagisti che per anni hanno contribuito con serietà e professionalità a mandare avanti la macchina della giustizia sofferente di personale, in una realtà come quella calabrese con il più alto tasso di disoccupazione, sono purtroppo costretti ad accettare soluzioni precarie perché soggetti al ricatto della fame e della disperazione. Ecco perché ci appresteremo ad affrontare questo nuovo anno, con la serietà che ci ha sempre contraddistinto, ma con la consapevolezza che meritiamo molto di più. Per questo da domani torneremo a lottare per uscire da questo stato di precarietà, insieme a chi vorrà stare al nostro fianco per ridarci quella dignità che fino ad oggi ci è stata negata».Leggendo la convenzione, c'è un punto in particolare che è difficile capire: quello in cui il presidente Oliverio fa riferimento alle «importanti ricadute sul piano della formazione». Visto e considerato che i compiti nello specifico vanno dalla fotocopiatura o scansione informatica, alla catalogazione del materiale e alla fascicolazione di atti e documenti, dalla ricerca dati alla consultazione dei registri di cancelleria. Compiti che, presumibilmente, gli stagisti hanno imparato già nel corso dei precedenti dodici mesi di tirocinio. E in quelli antecedenti – per alcuni partecipanti, non va dimenticato, questo è in maniera totalmente assurda l'ottavo anno di tirocinio negli uffici giudiziari.La Repubblica degli Stagisti segue da anni il caso più ampio dei tirocinanti della giustizia – che riguarda tutte le regioni italiane – e ha sempre denunciato che questi sono falsi tirocinanti, in realtà lavoratori a tutti gli effetti, che dovrebbero essere stati inquadrati con contratti veri, con una vera copertura previdenziale e non con un tirocinio. «Lo stage avrebbe un senso in quanto politica attiva del lavoro se fatto in azienda dove crea una professionalità che dopo può essere utilizzata con un contratto a termine, un part time, o a tempo indeterminato» ha detto Antonio Viscomi, deputato Pd in Commissione giustizia e autore di un'interrogazione parlamentare sul tema del blocco dei tirocini negli uffici giudiziari calabresi indirizzata al ministro della Giustizia, in un'intervista rilasciata alla RdS pochi giorni fa: «Quando, invece, è effettuato presso la pubblica amministrazione, è sicuramente utile per la collettività ma poi non si tradurrà in un’assunzione. Così l’esperienza del tirocinio rimane buttata lì».“Buttata lì”, è vero, per le scarsissime prospettive di assunzione post stage, ma certamente ormai più che consolidata, visto che la gran parte dei tirocinanti in questione i primi stage li ha iniziati sin dal 2010, quando si pensò alla figura dello stagista negli uffici giudiziari per aiutare lo smaltimento delle pratiche e il funzionamento di tribunali e corti di appello.Con il passare degli anni e con l’avvio, nel 2015, dell’ufficio per il processo gli stagisti sono stati divisi in due percorsi, uno seguiva l’avvio del nuovo progetto di riqualificazione degli uffici giudiziari, l’altro si affidava a progetti regionali e inglobava gli esclusi dal programma ministeriale.Così si è andati avanti e a tutt’oggi, fine 2018, una soluzione reale non si è ancora trovata. Per questo Viscomi si è spinto a dire che «Allo stato dell’arte, con le leggi esistenti non c’è una soluzione» per evitare continui rinnovi a questi stagisti, sottolineando come la conversione, da molti richiesta, da tirocinio a contratto a tempo determinato sia un passaggio «un po’ forte» rispetto alle «tradizioni italiane nelle pubbliche amministrazioni».Qualcosa, però, forse bolle in pentola. Perché se anche Viscomi evidenzia che al momento non ci sia molto da fare visto che si sta «aspettando il decreto del ministro Bongiorno sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni per comprendere gli spazi di nuove assunzioni e di allungamento della validità delle graduatorie di stabilizzazione» e, senza una proposta conosciuta «è evidente che si può fare ben poco», dal Governo potrebbero arrivare delle novità.Nel condividere, infatti, la notizia del rinnovo del tirocinio, Elisabetta Barbuto, Movimento 5 stelle e componente della II Commissione Giustizia, ha voluto ricordare che «nei giorni scorsi il Governo aveva precisato che si impegnerà a valorizzare chi ha effettuato un tirocinio, grazie alle politiche di assunzione che il ministro promuoverà con le risorse già stanziate e quelle programmate nella legge di bilancio, in modo che venga assicurata la massima valorizzazione delle competenze acquisite attraverso i percorsi formativi negli uffici giudiziari». Ancora nulla di certo e definito, è bene ricordarlo, motivo per cui non resta che aspettare e vedere se veramente ci saranno «politiche di assunzione» e, in questo caso, di che tipo. E se, finalmente, dopo anni in cui la macchina della giustizia è andata avanti anche grazie al lavoro di migliaia di tirocinanti, il governo riuscirà a mettere la parola fine a questa lunga storia.Marianna Lepore

Aspiranti startupper, il 21 novembre tutti invitati da Everis a Hello Future a Milano

Far emergere i migliori talenti dell'innovazione è da sempre la sfida di Everis. E questa sfida passa anche attraverso il sostegno alle start up innovative. Per questo la società di consulenza non poteva non dedicare uno spazio alle start up nell'ambito di Hello Future! #everislabx1day, evento inaugurale della nuova sede milanese di Everis, in calendario domani – 21 novembre. Per l'occasione, alcune start up innovative esporranno e faranno provare le proprie tecnologie di realtà immersive, IoT, intelligenza artificiale, deep learning. Si parlerà anche dell'impegno di Everis per far emergere le idee più innovative che emergono nel Paese. Impegno che ha il proprio fulcro negli Everis Awards, startup competition internazionale, che da quattro anni ha anche una parte italiana. «La Fondazione, che cura l'evento, ha lo scopo di restituire alla società quello che Everis ha preso negli ultimi 22 anni di vita ovvero i talenti, e di premiarli» spiega Nicola Grillo, referente degli Everis Italia Awards e della Fondazione Everis Italia e responsabile della Industry business unit. La competizione consiste in una "call for ideas" che invita a partecipare le start up attive in tre aree: nuovi modelli di business nell'economia digitale, biotecnologie e salute e tecnologie industriali. Le commissioni dei sedici paesi organizzatori premiano a livello nazionale le start up più innovative che possono portare valore aggiunto alla società. Le prime tre classificate di ciascun paese approdano al premio finale, che si svolge annualmente a Madrid e assegna alla start up vincitrice 60mila euro. «Agli Everis Italia Awards partecipano ogni anno una ottantina di start up, attraverso le autocandidature sul portale, il nostro network e la collaborazione con il PoliHub del Politecnico di Milano», racconta il referente del premio. In palio ci sono 20mila euro a fondo perduto, ma il supporto non è solo economico. «Mettiamo a disposizione della start up vincitrice attività di tutoraggio e coaching e di promozione», aggiunge Grillo. Lo conferma l'esperienza della start up vincitrice dell'edizione 2018, Phononic Vibes, che il 21 novembre porta a Hello Future! la propria testimonianza. «Certo, 20 mila euro fanno la differenza, ma a parte il valore monetario, gli Awards ci hanno portato contatti di aziende importanti e rilevanza mediatica, ad esempio con una recente intervista a Radio24», racconta alla Repubblica degli Stagisti Luca D'Alessandro, Ceo e co-fondatore della start up. Phononic Vibes, costituita nel luglio scorso dal progetto di un dottorato di ricerca, ha inventato uno speciale materiale per la riduzione delle vibrazioni e l'insonorizzazione, già acquistato per esempio da Ferrovienord. «Io e i miei colleghi veniamo da esperienze in posti come Boston e Zurigo dove l'innovazione va forte», dice il giovane ingegnere, «ma abbiamo scelto di tornare per dimostrare che l'Italia è piena di imprenditori illuminati che sanno che bisogna innovare, solo che hanno paura di farlo: il segreto sta tutto nel saperli convincere. E qui c'è un valore pazzesco di idee».A Milano il 21 novembre ci sarà anche Endosight, start up che ha partecipato alla prima edizione italiana degli Awards, quando ancora non veniva assegnato un premio in denaro. Attiva in ambito medicale, ha inventato dei sensori per vedere l'interno del paziente durante un'operazione chirurgica in endoscopia e muovere la strumentistica in maniera molto più precisa. Oggi Endosight sta prendendo accordi con società di medical design a livello internazionale. «Entrare nel network Everis è stato un valore aggiunto, il rapporto con i manager si è mantenuto e ancora oggi ci offrono supporto», racconta Alessandro Rotilio, Ceo e fondatore della start up. Che anticipa alla Repubblica degli Stagisti alcuni dei consigli che darà agli aspiranti startupper: «Molto importante è imparare bene a gestire le relazioni di team. Anche se in genere le start up nascono tra amici, assumere dei ruoli gerarchici è un passaggio necessario. Inoltre occorre coinvolgere dei legali da subito, e non solo quando arrivano i problemi. Infine, ma non ultimo, mettersi in discussione, porsi sempre domande e fare continui bagni di umiltà».   Il bootcamp dedicato alle start up, oltre a voler raccontare i migliori talenti passati da Everis, ha l'obiettivo di raccogliere spunti per perfezionare il meccanismo di selezione dei progetti. «Stiamo cercando di far evolvere il modello per dare più possibilità alle start up di emergere, ad esempio valutando di modificare gli ambiti sulla base dei nuovi trend tecnologici, che potrebbero essere blockchain, intelligenza artificiale etc», conclude Grillo. Per gli interessati, la prossima selezione degli Everis Italia Awards si aprirà tra fine febbraio e inizio marzo e la premiazione avverrà ad aprile 2019. Rossella Nocca

La vergogna degli stage gratis all'Onu, la battaglia per il diritto a ricevere un compenso si sposta a New York

«Quello che comincia oggi a New York sarà il momento più importante degli ultimi venti anni e probabilmente dei prossimi venti»: così Matteo De Simone di Fair Internship Initiative descrive alla Repubblica degli Stagisti quello che a partire da questa settimana succede nel palazzo dell’Onu nella Grande Mela. Oggi, infatti, nella Quinta Commissione della 73esima sessione comincia la discussione della Joint Inspection Unit  sugli stage all’interno delle agenzie facenti parte delle Nazioni Unite.«Accogliamo con favore la discussione, basata su una relazione e sulle raccomandazioni della Joint inspection unit, con il fine di migliorare i programmi di tirocinio in tutto il sistema delle Nazioni Unite» commenta Rhéal Le Blanc, viceportavoce delle Nazioni Unite a Ginevra, rispondendo per conto di Alessandra Vellucci, direttrice del servizio di informazione del Palazzo delle Nazioni, al momento impossibilitata a rispondere alle domande della Repubblica degli Stagisti. «Pensiamo sia importante fornire questa esperienza formativa ai giovani e molti dei nostri dipendenti dedicano molto tempo a istruirli e aiutarli per rendere questa esperienza meritevole». E cita una dichiarazione di Michael Moller, direttore generale dell'ufficio Nazioni Unite a Ginevra, «Dobbiamo assicurarci che giovani qualificati provenienti da tutte le parti del mondo possano unirsi alla nostra organizzazione come stagisti, indipendentemente dalla loro provenienza. Perciò accolgo con favore le discussioni in corso sull’equa remunerazione degli stage e spero che, insieme ai nostri Stati membri, troveremo una soluzione soddisfacente in breve tempo».Le Blanc però ci tiene a precisare che i candidati sono «pienamente informati sulle condizioni degli stage offerti» e che loro incoraggiano sempre i giovani a «sollecitare sponsorizzazioni o borse di studio dai loro governi, o da università o altri enti». Ribadendo ancora una volta che il pagamento dei tirocini al Segretariato delle Nazioni Unite «dipende dall’Assemblea generale  e dagli Stati membri, gli unici in grado di cambiare questa situazione»: insomma, al momento il budget del Segretariato non sarebbe sufficiente per offrire posizioni di stage con indennità, e dunque i tirocini continuano ad essere gratuiti, ma nonostante questo «continuiamo a ricevere moltissime domande per effettuare tirocini, e questo dimostra il valore che i giovani danno a questa opportunità di crescita professionale e personale».Per capire di cosa si stia parlando bisogna fare un passo indietro e ricordare cosa è successo negli ultimi due anni a proposito degli stage nelle organizzazioni internazionali: un tema che la Repubblica degli Stagisti ha seguito sempre con grande attenzione attraverso i suoi articoli e le sue campagne di opinione. La nostra prima denuncia di quella che avevamo definito la “lista dei tirchi”, cioè la "black list" degli organismi internazionali che non pagavano gli stagisti, risale addirittura al 2011! E già allora l'Onu era tristemente presente, con quasi tutte le sue agenzie.Nell’estate del 2017 le organizzazioni a difesa degli stagisti avevano lanciato l’allarme sulla possibile cancellazione del rimborso spese per i tirocinanti della Fao, una delle pochissime agenzie Onu che pagava i suoi stagisti (con 700 euro al mese). L’intento delle Nazioni Unite era quello, infatti, di uniformare le tante policy in vigore nelle 28 agenzie su questo tema, e giungere a una standardizzazione del sistema con possibili «implicazioni su come le agenzie Onu pagheranno i tirocinanti», aveva spiegato l’ufficio stampa del direttore generale Da Silva. Di fatto un’ammissione della intenzione di cancellare dappertutto – anziché introdurre dappertutto – la pratica di erogare una congrua indennità agli stagisti.Allarme poi confermato a febbraio 2018, quando i tirocini in Fao sono stati di fatto sospesi. Gli uffici del Fondo alimentare, interpellati dalla Repubblica degli stagisti, si erano limitati all'epoca a far sapere che il programma era ancora in fase di revisione.Da allora più nulla: per questo il dibattito che comincia oggi è fondamentale, perché affronterà globalmente il tema tirocini all’interno di tutte le organizzazioni Onu. E sopratutto non si potrà certamente tornare indietro rispetto a quanto già affermato nella Joint inspection unit del 2009, dove si raccomandava di prevedere almeno buoni pasto giornalieri, abbonamenti ai trasporti e un contributo economico per coprire i costi assicurativi per gli stagisti senza rimborso spese.Da questa cronostoria emerge chiaramente la portata dell’evento di oggi: dal prossimo anno le migliaia di giovani che fanno stage all'Onu e nelle sue agenzie potranno avere diritto a una congrua indennità? Due mesi fa, a settembre, una nota del Segretario generale dell’Onu ha portato all’attenzione dei membri dell’assemblea l’ultimo report della Jiu del 2018. Nel report si prendono in considerazione gli anni dal 2009 al 2017 «durante i quali il numero di tirocini alle Nazioni Unite è cresciuto sensibilmente». E si afferma che «un programma di tirocinio coerente in tutto il sistema delle Nazioni Unite, con un’insieme di buone pratiche basate su una struttura di riferimento, migliorerebbe l’efficacia dei programmi e la reputazione delle organizzazioni interessate». La scusa sempre addotta in questi anni dai vari dirigenti è, ovviamente, che non ci sarebbero fondi disponibili nei bilanci dell'Onu e delle sue agenzie per pagare una indennità agli stagisti. Ma è tutta una questione di volontà e di scala di priorità nella allocazione degli – ingenti – fondi esistenti, in realtà. Anche il report infatti specifica che all’interno delle organizzazioni andrebbero trovati meccanismi di finanziamento per «riassegnare le risorse esistenti o istituire meccanismi mirati di raccolta fondi per supportare i tirocinanti su base meritocratica», garantendo quindi varietà di contesto, origine etnica, geografica, genere.Il lato positivo del report è che finalmente viene messo nero su bianco che «la gran parte delle precedenti raccomandazioni non sono state applicate». E si arriva a farne sette nuove che dovrebbero rafforzare la coerenza, l’efficacia, la responsabilità nell’uso dei tirocini. Per ognuna di queste è arrivata a fine settembre la risposta del segretario generale. Che ha innanzitutto precisato come «varie organizzazioni abbiano già riformato i loro programmi di tirocinio» e puntualizzato che esprimono riserve sull’accettazione di tutti gli elementi proposti.Il segretario generale afferma, poi, che «le organizzazioni accolgono favorevolmente il suggerimento di introdurre un sistema di programmi di tirocinio più coerente che promuova l’armonizzazione delle buone prassi», ma non tutte sono d’accordo sull’attuazione di tutti i parametri suggeriti. E chiedono di valutare costi e benefici.Il vero nodo arriva più avanti. La raccomandazione 4 dice che l’assemblea generale dovrebbe chiedere di «aggiornare il quadro delle risorse umane per includere una categoria degli stagisti che non sia classificata sotto “personale gratuito”» anche per facilitare l’introduzione di qualche sistema di pagamento. Ma su questo punto specifico il segretario generale prende tempo, sottolineando come questo sia il cambiamento chiave, ma che necessiti di «ulteriori consultazioni» perché secondo le organizzazioni l’introduzione di una nuova categoria per gli stagisti avrà delle implicazioni sul bilancio. Perché logicamente più personale da pagare significa inevitabilmente una sua revisione.La Fair Internship Initiative è soddisfatta per le raccomandazioni della JIU e ha incoraggiato tutti gli Stati membri a dare attuazione ai punti evidenziati, sottolineando come l’uniformità nell’applicazione delle buone pratiche sui tirocini sia fondamentale per evitare che alcune organizzazioni non riescano a fare le riforme necessarie. E soprattutto ha chiesto negli ultimi giorni a tutti i delegati di affrontare con priorità di urgenza la tematica dei compensi per gli stagisti, visto che i tirocini nel sistema odierno delle Nazioni Unite aumentano solo le differenze e discriminazioni tra soggetti provenienti da realtà sociali e culturali diverse. Per questo è importante introdurre un rimborso spese e cambiare lo status da personale gratuito a una categoria dedicata, perché è proprio questa indicazione che «impedisce qualsiasi reale miglioramento della politica di tirocinio». La Fair Internship Initiative ha, quindi, incoraggiato tutti i delegati a presentare un progetto di risoluzione per sostenere questo cambiamento di status e «prevedere un sostegno finanziario pari al venti per cento dell’indennità di sussistenza giornaliera».Cosa succederà adesso? È presto per dirlo. La Fair Internship Initiative ha avuto incontri con alcuni rappresentanti di Paesi presenti alle Nazioni Unite e fissato proprio per il pomeriggio di domani, venerdì 16 – data in cui la discussione entrerà nel vivo – il suo International Interns’ Day a Ginevra, cui prenderà parte anche Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Speriamo sia un buon segno. Marianna Lepore Foto in alto a destra: da Flickr di UN Geneva in modalità Creative Commons Foto di apertura: di Antonio Bellotta  

Everis apre le porte ai giovani appassionati di innovazione, previste 200 assunzioni entro la fine dell'anno fiscale

Mercoledì 21 novembre Everis Italia, azienda che la Repubblica degli Stagisti ha più volte premiato con il riconoscimento “Best Stage” per il miglior tasso di assunzione post stage e per il più alto rimborso spese, inaugura la sua nuova sede di Milano. E sceglie di farlo con un evento, Hello Future! #everislabx1day, aperto a dipendenti, clienti, partner, start-up, giornalisti e giovani interessati al mondo dell’innovazione. «Vogliamo far sì che il nuovo ufficio prenda vita e si trasformi in un laboratorio di idee» spiega Patrizia Manganaro, Capo People di Everis Italia «e un modo per raccontare cosa fanno e vorrebbero fare i 500 giovani che ci lavorano per migliorare la vita di tutti attraverso l’information technology e la digital transformation». Il 21 novembre la nuova sede milanese ospiterà in contemporanea una serie di workshop dedicati a tematiche quali intelligenza artificiale, robotica, exponential digital evolution, machine learning, inclusion&diversity, nuove metodologie e nuove tecnologie. «Abbiamo colto l’occasione per invitare partner e clienti a raccontare cosa tutto l’ecosistema sta facendo per rendere più accessibili questi temi e calarli in un mondo fatto di persone», aggiunge Manganaro. Tra i vari momenti di riflessione, si parlerà dei trend del futuro con lo speech di Martin Wezowski, SAP chief designer & futurist, e ci saranno le testimonianze di alcune delle start-up innovative che hanno partecipato agli Everis Italia Awards e che faranno provare ai presenti le proprie tecnologie di realtà immersive, IoT, intelligenza artificiale, deep learning etc. Ma soprattutto, nell’ambito della giornata inaugurale, si terrà il primo Career Day aziendale di Everis Italia: il team HR durante tutta la giornata raccoglierà le candidature dei ragazzi e risponderà alle loro domande sul mondo Everis. E' previsto anche un confronto tra il general manager di Bic Italia Alessandro Renner, la People&Culture Director di OneDayGroup-ScuolaZoo Betty Pagnin e Patrizia Manganaro per invitare i ragazzi a raccontare cosa guardano in un’azienda in fase di ricerca di lavoro e di inserimento e, allo stesso tempo, per capire cosa cercano e valutano le aziende nei candidati e poi nei neoassunti. A portare la propria testimonianza ai ragazzi ci saranno anche giovani entrati da poco nel mondo Everis. «Credo che quando l’esperienza non è troppo lontana è più efficace» spiega Gabriele Garofalo, 28 anni, functional analyst: «Per questo faccio anche training e mentorship, mi piace dare un giveback di quanto ricevuto».Laureato in Management con indirizzo Sviluppo, impresa e innovazione, entrato in Everis un anno fa con uno stage per poi essere assunto a tempo indeterminato, Garofalo darà ai partecipanti qualche suggerimento su come colpire i selezionatori: «Quello che cerca l’azienda è un’apertura mentale diversa, io credo di averli convinti per la mia voglia di fare e imparare e per la mia forma mentis non standard. Ai ragazzi consiglierò di trovare e far emergere il tratto distintivo del proprio carattere, che può fare la differenza». L’invito è quello di partecipare numerosi al Career Day, in quanto la nuova sede – che si occuperà dei principali ambiti di interesse di Everis quali telecomunicazioni, energia, banche e industria – porterà all’ampliamento del personale e i profili ricercati saranno molteplici. «Da qui alla fine dell’anno fiscale abbiamo idea di fare 200 assunzioni, tra neolaureati e persone con esperienza» spiega Manganaro «in materie economiche, scientifiche e naturalmente informatiche. Non cerchiamo solo programmatori ma persone che hanno una passione per la sfida e l’innovazione e che sono interessate ad approfondire le tematiche legate alla digital transformation. Le competenze tecniche si possono acquisire dopo». Per questo il Career Day è aperto a tutti. «Ai ragazzi diciamo: “Se siete interessati a conoscere questo mondo, anche se non è la vostra prima materia di studio, veniteci a trovare!”». Ci si può iscrivere ai bootcamp su Eventbrite o attraverso l'evento Facebook.Rossella Nocca

Alternanza scuola lavoro, se usata bene dà buoni frutti

«Sono stato in Nestlé per due settimane in l’alternanza scuola lavoro, e ne sono rimasto molto soddisfatto. Da questa esperienza ho tratto anche delle idee su quale potrebbe essere il mio futuro universitario: per me dunque è stata fruttuosa al 100%!»La testimonianza di Michele Donato, 17enne studente dell’Istituto Moreschi di Milano, sembra arrivare in controtendenza rispetto ai tempi. Nella legge Finanziaria 2019 in discussione proprio in queste settimane c’è infatti un deciso passo indietro sull’alternanza scuola-lavoro: la bozza proposta dal Governo Lega-Cinquestelle prevede infatti che vengano drasticamente diminuite (leggi: più che dimezzate) le ore previste per questo tipo di attività, e di conseguenza anche i fondi a disposizione per le scuole.Che l’alternanza non sia stata attuata nel migliore dei modi dappertutto è un dato di fatto: alcuni casi sono anche finiti sui giornali. Ma che l’alternanza sia un elemento indispensabile per avvicinare i giovani al mondo del lavoro – questo è un altro dato di fatto, piaccia o no. Questo metodo didattico è praticato già da anni in molti Paesi che non a caso possono vantare mercati del lavoro più forti e tassi di disoccupazione giovanile infinitamente più bassi di quello italiano, come Svizzera e Germania. Insomma: se usata bene dà certamente buoni frutti. Da noi esiste da oltre dieci anni, ma solo con la riforma della Buona Scuola, nel 2016, è diventata obbligatoria - mentre prima era facoltativa, a discrezione della buona volontà e dell’efficienza dei singoli istituti scolastici.Ora è un diritto per un milione e mezzo di studenti ogni anno, iscritti agli ultimi tre anni di licei, istituti tecnici, scuole professionali. E se è vero che la qualità (e utilità) di questo tipo di attività cambia moltissimo da territorio a territorio, da singolo percorso a singolo percorso, è vero anche che ci sono dei casi di eccellenza.Per esempio Nestlé, che non a caso da un decennio fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, tra il 2016 e il 2018 ha coinvolto più di 1500 studenti di scuola superiore in attività di alternanza scuola-lavoro. In particolare, i ragazzi sono stati accolti nell’headquarter del gruppo ad Assago, alle porte di Milano, ma anche negli stabilimenti produttivi sparsi in giro per l’Italia: da quello di San Sisto, in provincia di Perugia, dove si producono cioccolato ed altri prodotti dolciari come i Baci Perugina, a quello di Benevento dove si confezionano i surgelati di Buitoni e Valle degli Orti, a quello di Portogruaro, in provincia di Venezia, la cui produzione è dedicata ai quattrozampe (un esempio su tutti: le crocchette Friskies), e poi ancora Cepina Valdisotto, in provincia di Sondrio, dove viene imbottigliata l’acqua minerale Levissima, o Sanpellegrino Terme dove si produce non solo l’omonima acqua ma anche l’aperitivo Sanbitter, e via via lungo lo Stivale negli stabilimenti di Madone (Bergamo), Castrocielo (Frosinone), San Giorgio in Bosco (Padova), Scarperia (Firenze), Santo Stefano di Quisquina (Agrigento). Tutte fabbriche che hanno aperto le proprie porte, negli ultimi due anni, a centinaia di studenti in alternanza.Nestlé ha raccontato il suo impegno nell’alternanza scuola-lavoro qualche giorno fa a Milano durante l’evento “A scuola di azienda in azienda - Quando l’orientamento tra scuola e impresa funziona”, organizzato in collaborazione con Gi Group e con altre tre aziende attente al tema della formazione e dei giovani (Eni, Enel e Allianz).«L’alternanza è importantissima» esordisce Giacomo Piantoni, direttore Risorse umane del gruppo Nestlé in Italia: «Lo dico come manager ma sopratutto come papà di Camilla, che ha diciotto anni, e di Alessandro che ne ha quindici». Perché in effetti quando la conclusione delle scuole superiori comincia a stagliarsi all’orizzonte le famiglie sperimentano la nuova inquietudine: cosa farà il proprio figlio? Continuerà a studiare, e se sì, cosa? Come si approccerà al mondo del lavoro? Chi lo guiderà? Con quali competenze arriverà al suo primo lavoro?L’alternanza esiste proprio per questo: per avvicinare il mondo della scuola e quello del lavoro, permettere ai giovani di “scoprire” mentre studiano, per brevi periodi, cosa vuol dire lavorare. Come si sta in un luogo di lavoro, come ci si relaziona con colleghi e superiori, come si organizza il tempo per svolgere le proprie mansioni. Un periodo così può anche servire, come conferma anche la testimonianza del giovane Michele, a scegliere con più cognizione di causa a quale facoltà universitaria iscriversi dopo la maturità: attraverso l’alternanza si può scoprire un proprio talento nascosto, un interesse magari addirittura improbabile; o, al contrario, aprire gli occhi scoprendo che il mestiere dei sogni poi, in concreto, tanto dei sogni non è.Perché l’alternanza possa esistere, però, ci vuole impegno e collaborazione. Le scuole si devono aprire al mondo produttivo sul proprio territorio, stringere alleanze. «In un primo tempo abbiamo realizzato progetti di alternanza negli istituti tecnici e nelle scuole professionali, e da un paio d’anni abbiamo sviluppato l’alternanza anche nei licei» prosegue Piantoni: «Ci siamo approcciati alle scuole stabilendo obiettivi comuni con i referenti scolastici – riscontrando, bisogna ammetterlo, grandi differenze tra istituto e istituto. Ci sono scuole molto preparate e aperte al dialogo con le aziende; altre fanno più fatica, a volte non è chiaro chi è il referente interno alla scuola per questi temi». Ma non bisogna demordere, e perseguire l’obiettivo di «lavorare a sei mani – scuola, azienda e ragazzi – per costruire percorsi di qualità». La qualità comincia già dall’avere un progetto formativo chiaro: «Noi abbiamo deciso di focalizzarci sulle competenze più soft» spiega l’HR manager: «Non temi tecnici dunque, ma competenze trasversali». Fare alternanza in Nestlé per i ragazzi vuol dire essere coinvolti in «attività pratiche e concrete», pensate per aiutarli «a orientarsi e a capire sé stessi». Un altro caso positivo è quello di Eni, che ha una ragione sociale (Eni Corporate University spa) espressamente dedicata alle attività di selezione e formazione del personale, a cui si affiancano anche la gestione, attraverso la Scuola Mattei, di un master in Management ed economia dell’energia e dell’ambiente e la promozione di accordi con università e, appunto, di progetti di alternanza scuola-lavoro. «Per l’alternanza noi proponiamo alle scuole un menù in cui loro scelgono le attività che privilegiano» racconta Massimo Culcasi, vicepresident Reperimento, Selezione, Rapporti con le università e le scuole di Eni Corporate University: «Nel triennio scolastico 2015-2018 hanno fatto alternanza con noi in presenza oltre 7mila studenti provenienti sia da istituti tecnici sia da licei, con ottimi riscontri in entrambi i casi». A volte però non tutto fila liscio: «Abbiamo avuto qualche problemino con alcune scuole di alcuni territori» ammette Culcasi: «Ci è capitato che ci mandassero gruppi di ragazzi senza verificare prima se quei ragazzi fossero effettivamente interessati alle attività che proponevamo». La disponibilità degli studenti, e in particolare l’apertura verso l’esperienza in azienda, è un fattore molto importante per la buona riuscita di questi percorsi: è essenziale dunque che i partecipanti siano i primi ad essere motivati ed entusiasti all’idea di mettere un piede, per qualche settimana, in una data realtà.Non a caso, anche i ragazzi quando vengono chiamati a dire la loro sottolineano quanto sia importante non essere mandati “a casaccio” in alternanza, senza avere voce in capitolo e senza sapere cosa si andrà a imparare, come e perché. «Nel nostro periodo di alternanza in Nestlé io e i miei compagni abbiamo avuto l’occasione di stilare un decalogo di regole, diritti e doveri che secondo noi le scuole e le aziende dovrebbero rispettare per farci avere la migliore esperienza possibile» racconta ancora il giovane Michele Donato. E infatti il primo punto del decalogo si intitola “Programma visibile” e sollecita «la possibilità di selezionare e proporre l’esperienza in base a nostre attitudini e indirizzo scolastico»; il secondo chiede una «maggior trasparenza riguardo le attività che andremo a svolgere». Dove andrà a finire l’alternanza scuola-lavoro, politicamente e concretamente, lo si capirà solo quando finalmente verrà approvata la Finanziaria 2019. La speranza è che non venga buttato il bambino con l’acqua sporca, e che le buone pratiche delle aziende che in questi anni si sono distinte per l’attenzione alla qualità dei percorsi di alternanza possano proseguire, coinvolgere sempre più studenti, “contagiare” altre aziende stimolandole a progettare percorsi di qualità in collaborazione con le scuole del proprio territorio. Perché l’alternanza, se fatta bene, è un formidabile strumento di orientamento.

A Bruxelles e Ginevra manifestazioni per i diritti degli stagisti: sono 4 milioni e mezzo solo in Europa

Tirocini gratis: non è una novità bensì purtroppo una costante che da anni, ormai, affligge i giovani in Italia e nel resto del mondo. Lo stage è un appuntamento pressoché obbligatorio nel percorso di accesso al lavoro; spesso si protrae per mesi se non anni. Chi li fa ha pochi diritti, nonostante la situazione in alcuni Paesi – Italia compresa – sia negli ultimi anni parzialmente migliorata. A loro, agli stagisti, è dedicata la quarta edizione dell’International Interns’ Day 2018.L’evento si svolge a Bruxelles e comincia proprio questo pomeriggio alle cinque e mezza in Place du Luxembourg, al ristorante The Grapevine, dove gli stagisti potranno “dare un voto” alle aziende ed enti che li ospitano, ascoltare le storie di altri tirocinanti e prendere informazioni sulla battaglia contro gli stage senza rimborso spese. Sarà possibile anche dare un’occhiata a Transparency at Work, la piattaforma che capovolge la realtà a cui siamo abituati e in cui sono i giovani stagisti a valutare i tirocini e le esperienze lavorative. Un appuntamento, quindi, per avere maggiore consapevolezza sulla situazione attuale di stagisti e giovani lavoratori. La vera manifestazione, però, è per domani, venerdì 9 novembre: dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio presso l’ufficio dello Spanish National Research Council, a Bruxelles, si discute il tema “Stage di qualità: primo passo verso un lavoro adeguato?”. Al dibattito, durante il quale studenti, universitari e responsabili politici avranno modo di esprimere il loro punto di vista sul ruolo che un tirocinio di qualità gioca nella società odierna, è prevista anche la partecipazione, in rappresentanza del Parlamento europeo, dell'eurodeputato spagnolo Javi López, membro della Commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Di nuovo, un'occasione anche per spiegare come utilizzare gli strumenti della campagna Transparency at work (Trasparenza al lavoro) per responsabilizzare i datori di lavoro e i giovani professionisti.Sempre venerdì c'è un secondo appuntamento in programma, dal titolo “Il quadro europeo di qualità per tirocini per gli studenti”, dalle nove e mezza fino all'ora di pranzo presso il Management Centre del CEN, il Comitato europeo di normazione, l’ente normativo che ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche in Europa in collaborazione con gli altri enti nazionali e sovranazionali. Durante questo appuntamento il progetto europeo Sprint (Standardizzare le migliori pratiche sui tirocini) e il Comitato europeo di normazione lanceranno una consultazione pubblica per creare una comune norma europea sui tirocini. Non solo, sarà presentata anche la mappatura delle normative sui tirocini in Europa e le migliori pratiche adottate fino ad oggi. Per quanto essenziali per colmare il gap tra istruzione e lavoro, gli stage molto spesso infatti non raggiungono il loro scopo. E nonostante siano sorte molte iniziative in tutta Europa, talvolta anche seguite da interventi normativi, per fornire un quadro di qualità e garantire lo sviluppo professionale degli stagisti, «la proliferazione di vari quadri di qualità comporta una mancanza di credibilità e ostacola la mobilità dei giovani professionisti in quanto norme diverse possono essere applicate in paesi diversi, rendendo più difficile identificare facilmente uno stage di qualità». Per questo motivo il Cen WS 95 svilupperà un quadro di qualità per gli stage confrontando le legislazioni dei vari Stati membri dell’Unione europea.Ma quanti sono i giovani oggi che fanno uno stage gratuito o svolgono un tirocinio senza alcun contenuto educativo? «Sfortunatamente non ci sono dati più recenti di quelli relativi al 2017 perché non sono state fatte nuove indagini», spiega alla Repubblica degli Stagisti Alexandre Beddock di InternsGoPro, una organizzazione che mira a migliorare le condizioni generali dei tirocini in Europa: «Per questo motivo l’anno scorso abbiamo lanciato Transparency at work,  per collezionare nuove statistiche. E un anno dopo più di 850 aziende sono state votate dagli ex stagisti: abbiamo collezionato 1500 votazioni». L’obiettivo di questo “Trip Advisor per gli stage in azienda” è di raggiungere un milione di persone – con lo scopo, appunto, di armonizzare gli standard di lavoro nell’Unione europea. Per valutare i datori di lavoro sono stati utilizzati una ventina di indicatori focalizzati su sei criteri: retribuzione, offerta e contratto, supervisione e gestione, contenuto dell’apprendimento, sviluppo della carriera e contratto, ambiente di lavoro. In base a questi criteri vengono lasciati i voti e si riesce a capire quali siano le migliori aziende secondo gli stagisti. Con l’obiettivo di riuscire a produrre degli incroci migliori tra datori di lavoro e giovani. Venerdì, durante l’International Interns Day, InternsGoPro pubblicherà l’elenco delle migliori aziende a Bruxelles, in base ai dati collezionati durante l’anno. Risultati che potranno tornare sicuramente utili agli oltre 4,5 milioni di giovani che fanno un tirocinio in Europa di cui, secondo i dati relativi al 2017, quasi il sessanta per cento senza un rimborso spese, quattro su dieci addirittura senza un contratto di stage e poco meno di un terzo senza alcun contenuto educativo.Oltre all’evento bruxellese di InternsGoPro ce ne sarà anche un altro organizzato dalla Fair Internship Initiative a Ginevra: una manifestazione fissata per lunedì 12 novembre, dedicata agli stagisti alle Nazioni Unite. Entrambi gli eventi hanno lo scopo di evidenziare all'opinione pubblica e ai decision maker come quasi la metà degli stagisti oggi, in Europa e non solo, debba contare necessariamente sul sostegno economico dei propri genitori durante lo stage – se esso non prevede un congruo rimborso spese. Con la conseguenza scontata che non tutti possano permettersi questa esperienza. E così lo stage, paradossalmente, diventa un odioso elemento di blocco dell'ascensore sociale.Marianna Lepore  

Cento stagisti al Comune di Napoli, un tirocinio formativo ma senza sbocchi lavorativi (in violazione di una certa circolare...)

È partito un mese fa presso il Comune di Napoli il nuovo ciclo di tirocini formativi per gli iscritti al programma Garanzia Giovani.  Centoundici napoletani con un’età media di 25 anni hanno così cominciato il loro stage che durerà sei mesi, alla presenza dell’assessore ai giovani, Alessandra Clemente, e del sindaco della città partenopea, Luigi De Magistris. Per molti una boccata di ossigeno, visto che questo tirocinio è finanziato con 384mila euro di fondi europei stanziati per la Garanzia Giovani e prevede un rimborso spese mensile di 500 euro. Una cifra importante per i partecipanti che appartengono tutti alla tanto bistrattata categoria dei neet, i giovani che non lavorano, non studiano, né sono alla ricerca attiva di un’occupazione.«Il tirocinio offerto ha uno scopo formativo», spiega l’assessore Clemente alla Repubblica degli Stagisti. «Ognuno ha il suo percorso individuale creato in base al proprio percorso di vita, di studi e di interesse. Ad esempio chi viene da studi tecnici è incardinato presso gli uffici della ragioneria del Comune, perché lì mette in campo un’attività formativa inerente ai propri studi. Mentre chi viene da un percorso linguistico è assegnato alla progettualità della direzione turismo e cultura del Comune che ha un percorso formativo nella sezione beni turistici della città di Napoli. Due esempi che potremmo moltiplicare per il numero di tirocini formativi partiti in questa terza edizione».I tirocini in questione rientrano nel decreto dirigenziale 566 del 2014 della Regione Campania che approvava l’avviso pubblico destinato a datori di lavoro, sia pubblici sia privati, disponibili a ospitare tirocinanti nell’ambito della Garanzia giovani regionale. Anche il Comune di Napoli, infatti, ha aderito al programma europeo e a partire dal dicembre 2015 ha accolto circa 350 tirocinanti, impegnati per sei mesi in percorsi di formazione all’interno degli uffici comunali e nelle strutture culturali e chiese della città. Utilizzando in totale un milione di euro di fondi europei, stanziati per queste politiche, evitando come spesso capita di doverli ridare a Bruxelles perché non spesi. L’obiettivo del tirocinio, spiega l’assessore Clemente, è quello di approfondire le competenze acquisite durante gli studi e capire meglio la strada lavorativa da intraprendere. Nessun inserimento finale, dunque, visto che si parla di “formazione”. Eppure il primissimo decreto dirigenziale della Regione Campania, il 566 del 2014, che prevedeva «l’approvazione dell’avviso ai datori di lavoro pubblici e privati per l’adesione al programma e per l’attivazione dei percorsi di inserimento dei giovani attraverso i tirocini» parlava in realtà anche di assunzioni incentivate ex articolo 1 del decreto legge 76 del 2013.Assunzioni che in un ente pubblico, dove si accede per concorso, non possono in questo caso avvenire. E se la precisazione del decreto regionale non bastasse, c’è un altro documento che mostra come tali tirocini presso il Comune di Napoli siano contro legge. Si tratta della nota ministeriale del 3 aprile 2015 del ministero del Lavoro in cui si chiariva che «gli enti pubblici nazionali, locali e trasnazionali sono esclusi dal novero dei soggetti ammessi a ospitare tirocini del programma Garanzia giovani» perché lo scopo del programma è l’inserimento lavorativo, impossibile in un ente di questo tipo senza un precedente concorso pubblico. Una posizione, quella espressa nella circolare, che il ministero aveva già detto non essere negoziabile, ma una prescrizione, quindi un principio che va rispettato. E di cui invece Comune e Regione in questo caso non si preoccupano. Anzi, per l’assessore Clemente l’inserimento non è obbligatorio perché lo stage è «prettamente formativo».Per i tirocini “comunali”, sarà però la Regione a erogare materialmente il contributo mensile agli stagisti; nell’ipotesi di ritardi nei pagamenti Clemente rivendica di essere stata già protagonista più volte di grandi battaglie verso il governo regionale per le indennità arrivate con molto ritardo. Come a dire, se dovesse ricapitare, non si tirerà indietro. Il comune da parte sua, però, mette in campo con proprie risorse l’organizzazione di alcuni job days per favorire l’incontro tra «i ragazzi con il mondo delle attività produttive e della città. E attraverso questi colloqui applicare quello che si è imparato». I centoundici giovani che hanno cominciato il loro percorso sono stati assegnati a due progetti: Napoli Città Giovane e Napoli Museo Aperto. Nel primo caso all’interno delle strutture del comune, nel secondo in strutture culturali o chiese della città di Napoli. Inizialmente sono stati i giovani a candidarsi per uno dei progetti, dopo di ché la Regione ha incrociato i candidati con i profili richiesti dal Comune garantendo coerenza tra il percorso di studio e il progetto. Dei 111 che hanno cominciato a settembre, 46 sono stati destinati a Napoli Museo Aperto, che prevede l’inserimento dei giovani all’interno delle strutture culturali e delle chiese del Comune di Napoli come “addetti all’accoglienza e all’informazione turistica”. Gli stagisti scelti sono in questo caso per lo più diplomati o laureati in lingue straniere o scienze del turismo con il compito di svolgere prima accoglienza turistica e di interagire con i turisti dando informazioni sulle strutture in cui sono inseriti. Nessun ruolo di unici custodi dei beni culturali, però – l’assessore ci tiene a precisarlo – perché per questo c’è già il personale comunale. In pratica, quindi, gli stagisti si occupano di fare prima accoglienza, di distribuire materiale informativo, ma anche di organizzare attività culturali. «L’assessorato li sprona ad essere parte attiva del progetto formativo attraverso l’elaborazione di idee progettuali che possano valorizzarne le competenze e rendere la formazione più stimolante».Ma una volta finito il progetto, che sbocco avranno questi giovani e che iniziative metterà in campo il Comune per risolvere il grave problema della disoccupazione giovanile in città? Certo, gli stagisti potranno mettere in pratica quanto imparato, magari sfruttando i contatti avuti anche durante l’incontro con le aziende del territorio. Un po’ poco, ma un inizio per chi ad oggi non sapeva da che parte cominciare. Quanto alle prossime iniziative, l’assessore Clemente è chiara: «Come Comune non abbiamo assi di spesa diretti per finanziare programmi destinati a questa fascia di popolazione. Possiamo usare solo i fondi europei e ci auguriamo che la Regione possa in modo sempre più attento mettere in campo una spesa pubblica intelligente che eviti questi finanziamenti tornino indietro a Bruxelles». Anche se spendere questi soldi non sempre significa dare subito una mano ai giovani, visto che proprio sulla misura Garazia Giovani l’assessore non manca di ricordare le tante criticità che in questi anni ha sempre evidenziato: «Come il ritardo nei pagamenti o il fatto che le aziende, sia pubbliche sia private, non ricevano fondi per dare una formazione reale ai ragazzi, magari per acquistare attrezzature. La formazione di qualità ha un costo e sarebbe importante che oltre al rimborso spese dato ai ragazzi si preveda per le aziende una dotazione finanziaria per organizzare una formazione di maggiore qualità». A febbraio 2019, quando i centoundici tirocini – che già si sa non daranno alcuno sbocco lavorativo – si concluderanno, si potranno trarre le somme dei reali benefici dello stage, al di là del fattore prettamente formativo: e vedere se questi ragazzi, con la formazione ricevuta dal Comune aggiunta al curriculum, riusciranno ad essere assunti da qualche parte.  Marianna Lepore