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A Milano nella notte dell'equinozio un grande evento per raccontare le persone comuni che illuminano l'Italia col loro impegno

C’è un’Italia silenziosa che giorno dopo giorno costruisce il futuro. Si rimbocca le maniche e lavora, idea progetti di inclusione e innovazione, non si abbatte. È un’Italia che non vuole arrendersi, che non si lascia sedurre dalle sirene del disfattismo, che sa esprimere anche in questi tempi bui un’energia bella e positiva.Stanotte - tra il 22 e il 23 settembre - cade l’equinozio d’autunno: il momento preciso in cui il Sole si trova allo zenit dell’equatore della Terra, l’istante esatto in cui termina l’estate e inizia l’autunno, uno dei due soli giorni all’anno in cui il giorno ha la stessa durata della notte. In questa notte così simbolica a Milano è stato organizzato un grande evento, la “Mappa celeste dell’Italia che c’è”, sottotitolo “100 storie che illuminano il futuro”. L’idea è di Alessandro Rosina, cinquant’anni appena compiuti, professore di Demografia e presidente dell’associazione Milano IN, che da molti anni offre lucide analisi della situazione italiana. Quest’estate Rosina, osservando con preoccupazione il clima di risentimento, paura e rassegnazione che sta avviluppando «in una logica corrosiva della divisione, dell’individuazione del nemico da combattere», ha deciso che c’era bisogno di un segnale forte. Un momento di condivisione pubblico per raccontare che non tutti si lasciano abbattere, che molti continuano a pensare il futuro come un luogo  accogliente: non solo desiderarlo vagamente, agognarlo - ma costruirlo giorno per giorno, con fatica e impegno. L’idea è «mettere insieme le realtà che già oggi “dal basso” si muovono», cioè «connettere chi nella sua azione sul territorio già oggi sperimenta concretamente che l’apertura è più feconda della chiusura». Intendendo questa apertura su tre direttrici: «temporale, spaziale e relazionale: verso il futuro, verso l’Europa e il mondo, verso l’altro».La proposta di Rosina è stata poi condivisa e perfezionata con Ivana Pais, 42enne docente di Sociologia economica nella facoltà di Economia dell'Università Cattolica ed esperta delle nuove forme di lavoro nell'economia digitale; Sergio Sorgi, 52enne vicepresidente di Progetica e esperto di welfare, che con Rosina è coautore del libro “Il futuro che (non) c’è”, sottotitolo “Costruire un domani migliore con la demografia”, uscito nel 2016; Tommaso Vitale, 44 anni, sociologo e docente alla prestigiosa SciencesPo di Parigi; e Maria Chiara Prodi, 40enne coordinatrice artistica del Teatro dell'Opéra Comique e presidente della commissione “Nuove migrazioni e nuove pratiche” del Consiglio generale per gli italiani all’estero. Quasi una coproduzione italofrancese, a pensarci bene, dato che Vitale e Prodi sono italiani ma vivono ormai da tempo a Parigi.Il risultato è una notte bianca, un appuntamento notturno per far conoscere «gli attori dell’apertura che funziona e produce valore sul territorio», e far conoscere una «idea positiva di Italia da costruire insieme, per ricominciare a prendersi individualmente e collettivamente cura del Bene Comune». Con un regalo d’eccezione: la locandina disegnata apposta per l’evento dal grandissimo fumettista Altan. L’appuntamento è per stasera in centro a Milano, a due passi dal Duomo, dalle 21:30 a notte fonda: l’Auditorium, gli spazi del Centro Culturale S.Fedele e la piazza S.Fedele accoglieranno tutti coloro che vorranno ascoltare le cento storie e dimostrare di avere voglia di accendere il futuro di una luce nuova. L’evento sarà anche in diretta streaming grazie al prezioso contributo di Elisabetta Soglio, che dirige l’unico esperimento giornalistico interamente dedicato al racconto positivo dell’Italia che funziona: “Buone Notizie - L'impresa del bene”, supplemento settimanale del Corriere della Sera che proprio in questi giorni festeggia il suo primo compleanno.Cinque minuti per ogni storia, sul palco con la scrittrice e ricercatrice Benedetta Tobagi, la giornalista fondatrice della Repubblica degli Stagisti, Eleonora Voltolina, e la giornalista di Avvenire Lucia Bellaspiga a coordinare gli interventi sul palco - che verranno intermezzati da momenti musical-teatrali a cura della Dual Band.E dopo? «Non ci sarà una vera conclusione dell’evento» spiegano gli organizzatori «perché l’intenzione è che dal tenere accesa tale notte sino all’alba possa partire un impegno comune a costruire concretamente insieme un’idea comune di Italia in grado di dar più forza e valorizzazione a ciò che oggi funziona e produce valore sul territorio. L’impegno è rimanere svegli e contribuire a dar luce a tale idea comune, rendendola un progetto concreto da realizzare  e in grado di condizionare positivamente l’offerta politica».

Un milione di euro e 75 opportunità di stage, riapre il bando della Fondazione Crc per disoccupati di ogni età

Un’opportunità per settantacinque disoccupati o inoccupati iscritti presso un centro per l’impiego e residenti nella provincia di Cuneo: è quanto offre Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo in collaborazione con una fitta rete di soggetti, che comprende numerose associazioni di categoria e partner tecnici come Adecco, Enaip, Apro e CFP Cebano Monregalese. L’iniziativa, alla seconda edizione, si chiama Opp.la, che sta per opportunità lavoro, e prevedeva una prima sessione di raccolta delle candidature nel mese di aprile per altri cinquanta disoccupati, che ora stanno svolgendo gli stage, per un totale di 125 opportunità offerte dal bando.Opp.la raccoglie l’eredità di una precedente iniziativa dal nome Esperienza lavoro e rientra in uno dei tanti ambiti in cui la Fondazione interviene, quello della promozione della solidarietà sociale, per offrire un’opportunità a persone in cerca di occupazione e rispondere a situazioni di fragilità sociale, con l’obiettivo di rilanciare, allo stesso tempo, realtà produttive della provincia di Cuneo.«La Fondazione Crc da sette anni promuove iniziative di inserimento e reinserimento lavorativo per dare risposta alle esigenze di chi è alla ricerca di lavoro attraverso il contatto diretto con le realtà produttive locali» spiega alla Repubblica degli Stagisti Giandomenico Genta, presidente della Fondazione: «Con il bando Opp.la si vuole offrire ai partecipanti l’occasione di rimettersi in gioco e confrontarsi con l’ambiente lavorativo, all’interno di contesti capaci di garantire al contempo un arricchimento di conoscenze e competenze professionali, spendibili anche per future opportunità».L'iniziativa, infatti, prevede la presa in carico delle persone, il supporto orientativo finalizzato alla strutturazione di un progetto professionale realizzabile e l’inserimento in tirocinio presso aziende del territorio. Il budget totale annuale investito da Fondazione per questo progetto ammonta a quasi un milione di euro, a copertura delle indennità di partecipazione e dei costi per i corsi della sicurezza.«La sfida della Fondazione è quella di offrire a questi soggetti un’opportunità lavorativa» conferma alla Repubblica degli stagisti Gianluca Olivero, referente della Fondazione per questa iniziativa. «Abbiamo scelto di non mettere limiti di età, quindi raccogliamo tutte le richieste dai 18 anni in su. Ma siamo consapevoli» conclude Olivero «che lo strumento del tirocinio diventa meno efficace quando il candidato ha alle spalle esperienze lavorative, magari anche da anni».Ieri, lunedì 17 settembre, è partita la seconda finestra del bando, che chiuderà il 12 ottobre. Nella scorsa edizione, quella del 2017, sono stati attivati sessanta tirocini di cui ventiquattro si sono trasformati in un contratto di lavoro a tempo determinato e due in un tempo indeterminato. Quindi più del quarantatré per cento dei tirocinanti al termine dei sei mesi di stage è stato assunto. «Nel 2017, il primo anno in cui abbiamo promosso Opp.la, sono pervenute 393 candidature» continua Olivero «A luglio 2017, in una sola giornata con le modalità dello speed-date, un colloquio rapido di dieci minuti, abbiamo permesso a novanta candidati di incontrare le settanta aziende ospitanti: così in una sola giornata si sono svolti complessivamente 310 colloqui di lavoro!».Ma come si fa a partecipare? «Gli aspiranti tirocinanti si candidano su un portale internet dove possono selezionare fino a un massimo di due opportunità». La particolarità è nel fatto che sulla scheda riassuntiva dell’opportunità offerta non compare il nominativo dell’azienda, ma solo le specifiche rispetto alla mansione e al profilo richiesto e la zona in cui è la sede. Una scelta fatta per aiutare il candidato «a verificare innanzitutto che ci sia una vicinanza territoriale rispetto alla sua residenza e alle aziende in cui viene inserito, anche per valutare anche che l’azienda sia raggiungibile con i mezzi pubblici», spiega Olivero. Agli stagisti viene riconosciuta un’indennità mensile di 550 euro a carico della Fondazione, a cui si aggiunge  il contributo dell’azienda ospitante che deve essere pari ad almeno 150 euro. L’indennità mensile totale è quindi di 700 euro (lordi) per un massimo di sei mesi, a cui si aggiungono anche i corsi per la sicurezza gestiti dalle associazioni di categoria della provincia – Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confindustria e Coldiretti – e a carico di Fondazione. L’obiettivo del progetto, suffragato dai dati delle precedenti edizioni, è quello di far proseguire la collaborazione con un successivo contratto. Una volta inviata la propria candidatura tutti i soggetti ricevono una risposta. «Lo abbiamo fortemente voluto perché sappiamo quanto è frustrante mandare una candidatura e non avere nemmeno un cenno di conferma di ricezione né una motivazione» assicura Olivero alla Repubblica degli stagisti. Se si supera la prima fase c’è poi un’intervista telefonica, un colloquio di gruppo, a cui fa seguito un altro colloquio personale e infine quello con l’azienda, a cui vengono proposti massimo cinque candidati per ogni opportunità. Tutta la fase di selezione viene gestita da Adecco, dai colloqui  al matching con le imprese che vengono, invece, identificate sul territorio della provincia di Cuneo dalle associazioni di categoria, che raccolgono le adesioni di quelle interessate ad ospitare tirocinanti.Ma anche se i risultati occupazionali – quel 43% di contratti post stage di cui sopra lo dimostra – sono notevoli, l'obiettivo primario del progetto non è tanto garantire al tirocinante un’assunzione finale nell’azienda, quanto piuttosto reintrodurre nel circuito lavorativo chi dal mercato è ormai fuori, dandogli anche forza a reagire. «Sappiamo come dopo un certo periodo di disoccupazione diventi più difficile reinserirsi nel mercato del lavoro. Mentre un’esperienza di questo tipo, anche se è solo un tirocinio, può aiutare il meccanismo di reintegro nel mondo occupazionale». Per avere un’idea del tipo di tirocini offerti si può dare un’occhiata alle opportunità presenti nella prima tornata. Il livello di scolarizzazione ricercato è medio: in alcuni tirocini sono richieste figure in possesso di laurea di tipo triennale o magistrale, ma la maggioranza richiede solo il diploma e magari la conoscenza specifica di una lingua o di un programma informatico. Si va dall’aiuto cucina all’addetto alla segreteria amministrativa, dal programmatore informatico all’addetto alla sicurezza sul lavoro, dall’aiuto tecnico all’operaio. In pratica un po’ tutti i settori, tra questi i più impiegati sono la ristorazione, il commercio, il turismo e l’attività di ufficio.Una volta finiti i tirocini alcuni continuano presso la stessa azienda con collaborazioni o contratti a tempo determinato, ma la cosa più importante sono gli effetti positivi ottenuti dallo stage, che permette di far riattivare i soggetti e magari attraverso altri canali alla fine ottenere comunque da qualche altra parte un altro lavoro.Insomma un’opportunità che cerca di far ripartire chi dal mercato del lavoro al momento si sente escluso. Ai possibili destinatari non resta, quindi, che provare a candidarsi e  con un po’ di fortuna riuscire ad essere selezionati: i tirocini correlati a questo bando prenderanno avvio nel mese di dicembre. Marianna Lepore

Mestieri del futuro, Magneti Marelli assume dodici giovani per custodire la cybersecurity aziendale

Magneti Marelli ha sviluppato un progetto speciale messo in campo per potenziare un settore del futuro, la cybersecurity, assumendo dodici giovani.La parola cybersecurity è un neologismo che unisce un prefisso dal profumo fantascientifico – “cyber”, cioè “cibernetico” – al termine inglese che significa “sicurezza” e “difesa”. «La sempre più capillare diffusione di Internet e lo spazio virtuale nel quale si naviga grazie alle reti telematiche» recita l'enciclopedia Treccani «ripropongono situazioni spesso già proprie dell’esperienza umana, collocandole però in un’altra dimensione». Da qui la «necessità di trovare nuove denominazioni» che entrano nel linguaggio comune «per designare azioni, luoghi, funzioni o condizioni, anche quotidiane, che si avvalgono di tecnologie informatiche e telematiche».E la sicurezza è certamente un'azione che oggi viaggia anche – forse soprattutto! – attraverso la Rete. In particolare, Magneti Marelli ha scelto di puntare sulla “cybersecurity di prodotto”:  «I nostri prodotti» spiega Simona Chiapino, HR Manager di Electronics Venaria, una delle Linee di Business di Magneti Marelli che ha sede in Piemonte «devono garantire una solida affidabilità dal punto di vista della sicurezza, intesa come prevenzione e protezione da parte di attacchi esterni, che ne possano compromettere integrità e funzionalità». A fine 2017 è dunque emersa l'esigenza di  creare un progetto sulla cybersecurity «per rispondere velocemente ad una richiesta dei nostri clienti, sempre più sensibili a questo tema».È così partita un’azione di recruiting: Magneti Marelli ha aperto le candidature rivolgendosi a giovani con una buona infarinatura di competenze tecnico-scientifiche, nello specifico a laureati triennali o magistrali in Ingegneria elettronica, Ingegneria informatica, Fisica, Matematica e Informatica. «I candidati ricercati dovevano avere un buon background accademico nello sviluppo software» racconta Chiapino «E poi passione per tematiche di informatica, meglio ancora se proprio di cybersecurity, oltre alla conoscenza della lingua inglese e ad una predisposizione al lavoro in team».L'annuncio è stato pubblicato a metà dicembre dell'anno scorso sulla pagina “Lavora con noi” del sito aziendale e pubblicizzato attraverso una campagna di comunicazione sui principali social network e utilizzando i classici canali di matching domanda ed offerta di lavoro. «Dalla campagna social abbiamo ottenuto davvero molta visibilità» dice soddisfatta Chiapino: «Oltre 220mila impression, quasi 2mila click e circa 300 candidature». La preselezione ed il primo screening sono stati effettuati da una società esterna che ha supportato Magneti Marelli nell’individuare una trentina di cv validi per organizzare tre assessment. Alla fine del percorso di selezione, il dipartimento Human Resources di Magneti Marelli ha individuato i dodici profili idonei: «Per la nostra valutazione abbiamo considerato il percorso di studi, eventuali tesi con focus sulla Cybersecurity, la conoscenza di base di alcune skills tecniche, come la capacità di sviluppo in C, C++ e Linux. E poi naturalmente lingua inglese e le soft skills».Ma non è stato facile trovare candidati che avessero il background richiesto: purtroppo ci sono ancora troppi pochi giovani, in Italia, che scelgono i percorsi formativi dedicati alla tecnologia e all'informatica. Il che è davvero un peccato, perché si tratta di competenze molto richieste dal mercato del lavoro di oggi e di domani, che garantiscono – come questo caso di Magneti Marelli dimostra bene – l'accesso ad opportunità di lavoro molto allettanti, con buoni inquadramenti contrattuali e buone retribuzioni. E la penuria di candidati con queste competenze è particolarmente accentuata per quanto riguarda le donne: la percentuale di ragazze che scelgono questo tipo di facoltà arriva mediamente a malapena al 15-20%.Per i dodici prescelti – undici ragazzi e una ragazza, età media 27 anni – è arrivata l'assunzione all’interno dell’area Product Development presso la sede Magneti Marelli di Venaria Reale, alle porte di Torino, con un contratto a tempo indeterminato. «Abbiamo deciso di assumerli con questo contratto per essere competitivi: ad oggi il mercato offre spesso ai neolaureati in Ingegneria contratti a tempo indeterminato» dice Manuela Gamba, che all'interno di Magneti Marelli è HR Leadership Development e Recruiment Specialist presso la business line Electronics e ha seguito passo passo il progetto di assunzione del team Cybersecurity: «È stato estremamente importante stabilire fin da subito un forte commitment verso il progetto sia da parte dell’azienda sia dei candidati».I neoassunti hanno iniziato il loro contratto di lavoro con Magneti Marelli il 20 febbraio di quest'anno. Non tutti vivevano già nel torinese: alcuni si sono trasferiti appositamente dal Lazio, dalla Sicilia, dalla Campania per poter cogliere al volo questa opportunità. Il primo step è stato quello di seguire un percorso di formazione: «Un master in Cybersecurity organizzato in collaborazione con il Corep e con la docenza del Politecnico di Torino presso la Scuola di Amministrazione Aziendale di Torino» aggiunge Gamba: «Il master è stato creato appositamente per dare ai ragazzi una formazione specifica sul tema Cybersecurity e le giornate in aula sono state intervallate da training on the job in azienda».Ora i dodici addetti alla Cybersecurity sono coinvolti in attività di sviluppo software e “penetration test” – cioè quei processi che simulano un attacco informatico, o di un hacker, per valutare la sicurezza di un sistema informatico o di una Rete. Il lavoro si preannuncia anche un po' internazionale: «Non veri e propri periodi all’estero», precisa Simona Chiapino, «ma certamente qualche trasferta presso le nostre sedi estere: è una cosa abbastanza comune per i dipendenti di Magneti Marelli». E per quanto riguarda le loro prospettive di crescita professionale? «Sono e saranno certamente seguiti e monitorati dal punto di vista formativo per consolidare ed accrescere le competenze e da quello gestionale. Per noi è molto importante curare anche la loro exposure con interlocutori e aree organizzative diverse». Un mestiere del futuro, dunque – che si preannuncia pieno di sfide.

In Sicilia è la Regione a pagare i praticanti negli studi professionali

Sembra un regalo ai professionisti siciliani – sopratutto avvocati e commercialisti: potranno approfittare di una prestazione lavorativa totalmente a costo zero da parte di laureati in tirocinio. Che verranno sì pagati, – 7.200 euro lordi per un anno – ma con soldi pubblici: fondi europei, per la precisione. Stiamo parlando dei tirocini dell’Avviso 20/2018, il programma di finanziamento della Regione Sicilia per tirocini obbligatori e non obbligatori delle professioni ordinistiche, per cui a breve si aprirà la seconda finestra che andrà avanti fino al 30 ottobre.Fin troppo facile prevedere che le candidature fioccheranno, basti vedere gli alti numeri della prima finestra per la quale sono arrivate nei mesi scorsi 3.309 domande: di queste 694 sono state poi accolte e finanziate, 92 accolte ma non finanziate per incapienza e 2.523 non ammesse.  Ora, quindi, a metà settembre i circa 2.600 rimasti fuori – più tutti gli altri interessati – potranno tentare una nuova candidatura. Nel frattempo, i quasi 700 che sono stati ammessi a breve cominceranno il proprio tirocinio, ricevendo un’indennità di partecipazione di 600 euro lordi al mese per 12 mesi.L’avviso è diretto a ingegneri, notai, avvocati, commercialisti, farmacisti, assistenti sociali, medici specialista, chimici: una platea potenziale che fa capo a quasi trenta professioni complessivamente regolate da un ordine professionale specifico.Questa seconda finestra, e la terza prevista all'inizio dell'anno prossimo (dal 7 gennaio al 15 febbraio), prevedono una novità non di poco conto. Dopo un paio di mesi di confronti tra Ordini professionali siciliani e Regione si è deciso, infatti, di inserire il mantenimento del contributo per i giovani laureati che a tirocinio in corso dovessero conseguire l’abilitazione professionale e l’iscrizione all’albo. Purché, però, non siano titolari di rapporti di lavoro subordinato o di partita Iva.Per capire il nodo della discordia bisogna partire dall’articolo 5 del primo bando, pubblicato il 7 maggio, in cui c’era tra i requisiti per partecipare per il tirocinante anche il «non essere ancora iscritto all’ordine/albo al quale il tirocinio si riferisce, né aver superato l’esame di stato per l’iscrizione allo stesso», altrimenti la presenza di anche solo uno dei due elementi determinava «l’automatica conclusione del periodo di tirocinio». Una scelta che aveva fatto alzare molte critiche in particolare dall’Ordine degli ingegneri della Sicilia che, insieme ad altri otto ordini professionali, aveva presentato ricorso al Tar per “disparità di trattamento”. Questo perché per alcune categorie, come appunto gli ingegneri, l’abilitazione e l’iscrizione all’ordine professionale non prevedono un obbligatorio periodo precedente di tirocinio e, quindi, i giovani ingegneri – come anche gli architetti e agronomi, categorie ugualmente esenti per legge dall’obbligo del praticantato – per partecipare allo stage e ricevere il rimborso spese avrebbero dovuto posticipare l’iscrizione all’ordine.Alla fine, a fine luglio presso l’Assessorato regionale del lavoro la Regione ha accolto le osservazioni sollevate e deciso di modificare parzialmente l’avviso 20, solo per la seconda e la terza finestra del bando. Per questo motivo all’articolo 3, relativo alla durata del tirocinio, è stato aggiunto, nel nuovo testo pubblicato il 7 agosto, il comma tre che precisa come «l’iscrizione all’ordine/albo per il quale il tirocinio viene finanziato o il superamento dell’esame di stato, non determina la risoluzione del tirocinio avviato che può proseguire fino alla sua conclusione purché il tirocinante non abbia partita Iva né riceva compensi per attività professionale sotto altra forma contrattuale».Le risorse che saranno messe in campo saranno uguali a quelle della prima finestra: cinque milioni di euro provenienti dal Fondo Sociale europeo 2014-2020. L’obiettivo è quello di sostenere la formazione e l’inserimento lavorativo dei giovani professionisti: destinatari del bando sono i giovani tra i 18 e i 35 anni che, nel caso delle professioni in cui è previsto il periodo di pratica professionale obbligatoria, siano regolarmente iscritti al registro dei praticanti dell’ordine di competenza, mentre in caso in cui la pratica non sia prescritta dalla legge abbiano soltanto conseguito la laurea con una votazione minima di 90/110.Il progetto è nato dalla collaborazione tra l’associazione degli enti di previdenza privati e privatizzati e l’assessorato alla famiglia e al lavoro della regione Sicilia. Ed è stato ben accolto proprio dal presidente dell’Adepp, Alberto Oliveti [nella foto], che in fase di presentazione del piano aveva dichiarato come l'obiettivo fosse «quello di entrare bene, prima e in maniera regolare nel mercato del lavoro delle professioni». Anche se qui è necessario sottolineare che finito il tirocinio/pratica il professionista non ha nessun obbligo nei confronti dei praticanti rispetto al proseguimento della collaborazione professionale, motivo per cui parlare di un’entrata “prima e in maniera regolare” nel mercato del lavoro sembra un po’ azzardato.La Sicilia non è la prima regione a siglare accordi di questo tipo. La Toscana, per esempio, già nel luglio 2012 aveva sottoscritto un accordo di collaborazione tra Regione e rappresentazioni ordinistiche per praticantato e tirocini – accordo che aveva poi portato a un primo avviso pubblico nel 2014  per tirocinanti tra i 18 e i 32 anni che non avessero un rapporto di lavoro autonomo, subordinato e parasubordinato con il soggetto ospitante. In questo caso, però, il tirocinio doveva prevedere un rimborso spese forfettario pagato dallo studio professionale ospitante pari ad almeno 500 euro mensili. La Regione, poi, rimborsava 300 euro mensili, dopo l'invio delle copie conformi dei giustificativi di pagamento allo stagista: dunque lo studio continuava ad avere obblighi e responsabilità sul fronte monetario nei confronti del tirocinante, e solo in un secondo momento riceveva parziale copertura delle spese. Il bando è stato poi riproposto nel 2016, questa volta abbassando il limite di età ai 29 anni e includendolo nel progetto Giovanisì cofinanziato dal Programma operativo regionale del Fondo sociale europeo 2014-20. Anche in questo caso il contributo era solo a «parziale copertura dell’indennità corrisposta ai praticanti dai professionisti», che doveva essere di almeno 500 euro mensili, mentre il contributo regionale che il soggetto ospitante poteva richiedere (per un massimo di 12 mesi) era di 300 euro (500 in caso di tirocinanti disabili).Finanziamenti simili anche in Campania, dove nel 2017 è stata approvata tra le misure di politica attiva quella per percorsi di tirocinio obbligatorio e non obbligatorio per l’accesso alle professioni ordinistiche, utilizzando 4 milioni di euro anche in questo caso provenienti dal Fondo Sociale europeo 2014-2020. Agevolazioni per lo svolgimento di tirocini che potranno essere usufruite fino al 2020. Anche qui, come in Sicilia, il limite di età è 35 anni ma viene riconosciuta un’indennità di partecipazione per il tirocinante per un periodo di soli sei mesi e un importo massimo di 3mila euro. Nel caso campano, com’era inizialmente per la Sicilia, tra i requisiti del tirocinante c’è quello di non avere in corso con il soggetto ospitante un contratto di lavoro ma, sopratutto, di non essere iscritto ancora all’ordine o albo al quale si riferisce il tirocinio, pena l’automatica conclusione del tirocinio. Certo in questo caso i mesi coperti da rimborso sono “solo” sei, e forse per questo motivo gli ordini professionali non hanno protestato per chiedere la modifica del requisito.Quello che sorprende in tutti i tre casi esaminati e in particolare in quello siciliano – dove ad ogni giovane professionista arriveranno oltre 7mila euro di fondi comunitari – è che le risorse europee possano essere usate per pagare i rimborsi spese di cui si sarebbero dovuti far carico i professionisti, i veri “utilizzatori finali del servizio”, potendo avere forza lavoro gratuita senza dare nulla in cambio, visto che finito il periodo di tirocinio non avranno alcun obbligo di proseguire la collaborazione professionale. Mentre per «entrare bene, prima e in maniera regolare nel mercato del lavoro» sarebbe stato opportuno introdurre dei paletti per incentivare i soggetti ospitanti a mantenere con lo stagista, al termine del tirocinio, una collaborazione professionale – magari pena la copertura di tasca propria di tutta l’indennità.Marianna Lepore

Bip scommette su Maam per valorizzare maternità e paternità in azienda

«A me la maternità ha dato uno sprint: è come se avesse accelerato quello che già avevo dentro, sviluppando in me un maggiore entusiasmo. Sono tornata al lavoro carica». Michela Piazzolla ha 37 anni e lavora nell’ufficio Risorse umane della più grande società di consulenza a matrice italiana, Bip. Una volta rientrata dalla maternità le hanno affidato un nuovo ruolo… Ma no, questa non è affatto la storia di un demansionamento. Tutto il contrario. Il nuovo ruolo non solo è stimolante - fare employer branding seguendo progetti di engagement «volti a “ingaggiare” i colleghi, affinché siano soddisfatti e contenti di lavorare in quest’azienda» - ma le permette anche di costruire in Bip un programma molto speciale. Si chiama Parent program ed è rivolto a quella fetta di popolazione aziendale che ha figli piccolissimi, tra zero e tre anni: sugli oltre duemila dipendenti di Bip sono circa una cinquantina all’anno. Il program è composto da più iniziative: smart working («lo spingiamo molto su mamme e papà»), l’onboarding per le donne che rientrano dalla maternità («Magari una collega è stata fuori per sei mesi, un anno: prima che torni a seguire i suoi clienti sediamoci a un tavolo, raccontiamoci che cosa è cambiato, la struttura, l’organigramma, la policy. In pochi mesi può cambiare tanto»), tre giorni di paternità retribuita per i neopapà in aggiunta a quelli previsti dalla legge.  Ma ci voleva anche qualcosa di più forte. «Ho iniziato a fare delle ricerche» racconta Piazzolla: «Volevo trovare qualcosa che coinvolgesse sia mamme che papà, che fosse innovativo e fruibile anche dal punto di vista tecnologico – perché la nostra popolazione aziendale è fatta di consulenti, e i consulenti non sono quasi mai in sede».  Maam è una piattaforma digitale, utilizzabile quindi da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, che permette un “empowerment” dei neogenitori guidandoli attraverso un percorso di presa di consapevolezza di quanto ciò che si impara prendendosi cura di un neonato possa anche essere utilizzato al lavoro. «Mi sono ritrovata in Maam, e ho pensato: molto probabilmente ci si ritroveranno anche altre persone come me. Non solo mamme, ma anche papà». Piazzolla in prima battuta ne parla all’HR director di Bip, Fausto Fusco: «Gli ho spiegato il programma, l’iniziativa, i vari moduli nel dettaglio, gli ho fatto vedere anche il pilota. A lui è piaciuto subito, siamo andati avanti e lo step successivo è stato ritrovarmi in stanza con il nostro amministratore delegato, Carlo Capé, a parlare di Maam: una bella chiacchierate, densa di argomenti».  Capé aveva già incrociato Maam: all’evento Best Stage 2017 della Repubblica degli Stagisti aveva partecipato insieme a Riccarda Zezza, la founder di Maam, alla tavola rotonda “Ragazze, al lavoro!”. Una sorta di serendipity, dunque, che la sua “engagement manager” gli stesse proponendo proprio il progetto di Zezza. E inoltre tra la Repubblica degli Stagisti e Maam era appena partita una partnership per favorire l’adesione a Mamm da parte delle aziende dell’RdS network, di cui Bip faceva e fa parte. Arriva dunque l’ok, e a novembre 2017 si parte. A questo punto l’ufficio HR  di Bip si coordina con l’ufficio Comunicazione: «Acquistato Maam, ho parlato con la responsabile della Comunicazione di Bip, Maura Satta Flores, e con il suo braccio destro Camilla Castaldo: “Ragazze, abbiamo acquistato il Maam: ora divulghiamo il verbo!”». «Attraverso la nostra intranet abbiamo fatto una breaking news, come la chiamiamo noi» interviene Castaldo «con un titolo, un video che ci ha fornito Maam, una descrizione dettagliata del programma, una brochure. Abbiamo dedicato un’intera sezione della intranet al parent program e al Maam. E poi naturalmente abbiamo fatto un lavoro di ufficio stampa per far conoscere anche all’esterno questa novità: ho constatato che su questo tema c’è una grande attenzione». Al momento trentotto dipendenti Bip stanno effettuando il percorso Maam: «E la cosa interessante è che sono più papà che mamme!» dice Michela Piazzolla: «Ventuno papà e diciassette mamme, per la precisione. Sembrano tutti entusiasti. Ed è bello che il dato maschile sia così forte: culturalmente si pensa sempre che all’inizio sia più la madre ad essere coinvolta e che il padre stia lì a guardare. Ma non è più così». L’obiettivo dichiarato di Bip nel portare Maam in azienda, e più in generale nel costruire il Parent program, è anche quello di migliorare quella che in gergo si chiama la “employee retemption”. Perché la consulenza è un settore economico che, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri, anche in Italia va molto bene. I fatturati delle società di consulenza crescono, e ogni anno si aprono migliaia di opportunità di lavoro per neolaureati. A livello di employer branding questo impegno di Bip sulla genitorialità potrebbe essere un motivo di attrazione per le giovani professioniste: «Il fatto che un’azienda offra lo smart working o il welfare aziendale è qualcosa che un candidato valuta, prima di accettare una proposta lavorativa» conferma Michela Piazzolla: «L’offerta economica ha ovviamente un certo peso, ma ormai i giovani non guardano più solo quella. I candidati in sede di colloquio pongono questi temi, chiedono: potrò lavorare in smart working? Avete un pacchetto welfare? Ormai i millennials cercano questo».  Acquistare una piattaforma come Maam, infatti, è un po’ una dichiarazione pubblica: ci si posiziona come aziende attente al tema della conciliazione tra vita privata e vita professionale. Una promessa implicita ai candidati e alle candidate: non sarete discriminati se farete un figlio, anzi, l’azienda investirà su di voi come e più di prima.  Camilla Castaldo ci è passata in prima persona. Lavora in Bip da poco più di due anni – ne ha 37 – e «dal precedente lavoro mi ero dovuta licenziare perché non riuscivo a conciliare. Zero flessibilità. Appena ho dato le dimissioni ho avuto la fortuna di conoscere Bip: sono stata assunta, con due figli piccolissimi, e ho subito ottenuto un contratto part-time proprio per poter gestire gli impegni familiari. Un giorno alla settimana posso lavorare da casa, e questo aiuta tanto, tantissimo. A me è cambiata la vita. Ho riscontrato molta attenzione da parte dell’azienda da subito, prima ancora di Maam!». Unico piccolo rimpianto di Castaldo, non aver potuto fare in prima persona il percorso Maam: «Mi sarebbe piaciuto molto, sarei stata curiosa! Ma ahimè la mia più piccola aveva già tre anni compiuti al momento in cui Maam è arrivato in Bip». Michela Piazzolla invece lo sta facendo, dato che sua figlia ha poco più di due anni. «La cosa che piace di questa piattaforma è che si dà importanza a un momento della vita che solitamente è buio» dice: «Un buco nero, spesso vissuto male dalle madri stesse, con il senso di colpa di assentarsi. Invece attraverso Maam l’azienda dimostra di valorizzare anche questo passaggio della vita di un dipendente: è come se dicesse “so che tu stai facendo un’altra cosa, e però so anche che quest’altra cosa ti permette di formare e consolidare delle competenze che poi tu mi riproporrai qui, al tuo rientro in ufficio”».  In un mondo del lavoro ancora molto difficile per le donne con figli, questi sono messaggi di importanza esplosiva. Per questo RdS, che è sempre alla ricerca di progetti per migliorare le condizioni di lavoro in Italia – compito non facile! – ha costruito una partnership con Maam e da allora propone attivamente a tutte le sue aziende l'adesione a Maam!

Comitato europeo delle regioni, cinquanta opportunità di tirocinio a 1.200 euro al mese

C’è tempo fino al 30 settembre per candidarsi alla sessione primaverile dei tirocini presso il Comitato europeo delle regioni a Bruxelles. Per quella autunnale, le candidature si apriranno invece il 1° ottobre e si chiuderanno il 31 marzo 2019. E, come da tradizione per le selezioni degli organismi Ue, le domande dall'Italia si prevedono numerose.  Il Comitato europeo delle Regioni, con sede nella capitale belga, è un organo consultivo dell’Unione europea che rappresenta gli enti locali e regionali d’Europa, è composto da 350 membri da tutti i paesi dell’Unione e vi lavorano 525 dipendenti. Ha un ruolo importante perché permette alle regioni e ai comuni di esprimere formalmente la propria opinione nel processo legislativo dell’Ue, affinché sia il più possibile in linea con le esigenze degli enti regionali e locali. Dal 2008 - quindi giusto da un decennio - offre la possibilità di svolgere un'esperienza di tirocinio a una cinquantina di tirocinanti l'anno. Circa 5mila le candidature per sessione, con alcuni picchi: 7.802 nel 2015 e 7.005 nel 2016. Per il 2019 l’organismo europeo mette in palio 23 posti per sessione con un rimborso spese pari a 1.170 euro, ovvero all’incirca il 25% dello stipendio di un funzionario AD5, con un aumento del 10 per cento per il tirocinante sposato il cui coniuge non è regolarmente impiegato. L’istituzione garantisce inoltre un contributo per le spese del viaggio di andata e di ritorno, commisurato alla distanza geografica, che per l’ottenimento del rimborso non deve essere inferiore ai 50 km da Bruxelles. La durata prevista è di cinque mesi, prorogabili fino a sei dal Segretariato Generale o suo delegato. Si va dal 16 febbraio al 15 luglio 2019 per la prima sessione e dal 6 settembre al 15 febbraio 2019 per la seconda.I candidati italiani sono i più numerosi. «Alle selezioni 2017 per i tirocini 2018 sono arrivate 5.417 candidature, di cui 1.696, ovvero più del 30%, provenivano dall'Italia», spiega Carmen Schmidle del Media center del Comitato, «Le altre nazionalità più rappresentate erano Spagna, con 816 candidature e Grecia, con 369». Le candidature italiane, spagnole e greche - sommate - ammontavano a oltre il 53% del totale. Negli ultimi anni hanno sempre rappresentato più della metà delle candidature totali, con un picco del 66% per i tirocini del 2016. Per quell'anno, su 7.802 domande, 3.835 erano arrivate dall'Italia, 952 dalla Spagna, 276 dalla Francia - new entry sul podio - e 238 dalla Grecia. L'anno successivo erano invece pervenute 3.169 domande italiane, 862 spagnole e 324 greche.Dati che fanno riflettere, visto che le economie di Italia, Spagna e Grecia sono le più deboli e quelle con un tasso di disoccupazione più alto nell'Unione. Da qui il maggiore appeal di esperienze formative all'estero, spesso fuga dalla mancanza di lavoro e di prospettiva oltre che opportunità di crescita.  Non esiste un limite di ammissioni per nazionalità. «Le unità e le direzioni hanno la responsabilità di individuare criteri in base alle esigenze operative», chiarisce Pierluigi Boda del Media Center «Ad esempio se alla vigilia della presidenza di turno bulgara nell'ufficio stampa non ci sono risorse che parlano bulgaro, un candidato che esprime interesse per la direzione comunicazione e ha come madrelingua il bulgaro potrebbe avere più probabilità di arrivare al colloquio telefonico». Come partecipare? Per fare domanda occorre avere la cittadinanza di uno degli stati membri dell’Unione europea o di uno stato candidato all’adesione ed essere in possesso di una laurea conseguita al termine di un ciclo di studi di durata almeno triennale oppure aver completato con successo almeno quattro anni (otto semestri) di studi universitari. È richiesta inoltre una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Ue e soddisfacente di un’altra lingua di lavoro dell’Unione (francese o inglese). Il candidato non deve aver precedentemente lavorato presso un organo o una istituzione europea, né aver partecipato a una pregressa formazione lavorativa di durata superiore alle otto settimane all’interno di una istituzione o di un organismo europeo.Le domande vanno presentate attraverso l’apposito application form online, in lingua inglese, francese o tedesca, inserendo i propri dati insieme agli studi, alle esperienze lavorative e a una breve lettera motivazionale. Il candidato ha la possibilità di esprimere la propria preferenza - in base alle proprie competenze e inclinazioni - per un massimo di tre dipartimenti, che possono variare dal Gabinetto del Presidente ai Gruppi politici, dal Segretariato generale al Dipartimento Comunicazione, dalle Risorse umane e Finanze alla Logistica. I candidati per la sessione primaverile 2019 che supereranno la pre-selezione saranno contattati nel mese di novembre via mail e verrà loro richiesta la documentazione necessaria per l’attestazione dei requisiti, quindi nell’ultimo step potranno essere contattati telefonicamente per un colloquio. Le selezioni termineranno nel mese di dicembre, ma per i selezionati con riserva c’è la possibilità di essere contattati successivamente in caso di rinuncia dei selezionati. Chi voglia confrontarsi con ex tirocinanti del Comitato europeo delle regioni può iscriversi al gruppo Facebook “Trainee Alumni of the Committee of the Regions” e chiedere informazioni e suggerimenti sull’esperienza formativa nonché consigli pratici sulla vita a Bruxelles. Nonostante i tirocini presso il Comitato europeo delle regioni, come quelli negli altri organismi Ue, non possano tradursi in chance di inserimento, essi rappresentano un’opportunità preziosa per avvicinarsi al mondo delle istituzioni europee e per vivere per cinque mesi in un contesto multiculturale e multilinguistico. Per le offerte di lavoro all’interno degli organi Ue occorre invece monitorare il sito dell’Ufficio europeo di selezione del personale (Epso).  Rossella Nocca

Cinque mesi a Bruxelles al Consiglio UE, 50 posti disponibili e quasi 1200 euro di indennità mensile

Agosto e settembre sono mesi ricchi di opportunità per i tanti giovani che vogliono fare uno stage presso un’istituzione europea. Non solo gli oltre 600 stage in Commissione UE:  questo, infatti, è il periodo anche per fare domanda per un tirocinio presso il Consiglio dell’Unione europea.C’è tempo, infatti, fino a mezzogiorno del 28 settembre per mandare la propria candidatura per un tirocinio che prenderà il via il primo febbraio 2019 e durerà fino al 30 giugno. I posti disponibili sono 50. Stesso numero anche per gli stage che cominceranno nel settembre 2019 e per cui, invece, si potrà fare domanda a partire dal primo febbraio del prossimo anno.Gli stagisti, che devono aver completato almeno il primo ciclo di studi universitari, riceveranno un rimborso mensile di 1.177 euro,  a cui si aggiunge un’assicurazione contro gli infortuni, una carta riduzione da usare nella mensa del Consiglio pari a 38 euro al mese e un’indennità di viaggio per chi proviene da una città a più di 50 chilometri da Bruxelles – che viene calcolata in base alla distanza e che può arrivare fino a un massimo di 800 euro. È poi obbligatorio sottoscrivere un’assicurazione medica e nel caso non se ne abbia una si può attivarne una attraverso il Consiglio. In questo caso al rimborso spese mensile del tirocinante saranno sottratti circa 13 euro al mese, pari a un terzo del premio mensile dell’assicurazione, mentre la cifra rimanente è coperta dal Consiglio europeo.Attenzione perché esiste anche un altro tipo di tirocini presso il Consiglio dell'Ue: dieci posti che non prevedono alcun compenso, se non la tessera mensa (di importo un po' superiore: 125 euro...) e l'assicurazione sanitaria interamente a carico del Consiglio europeo, che si svolgono nello stesso periodo degli altri: la finestra temporale per fare domanda, in questo caso, si apre il 3 settembre e va avanti fino al 15 ottobre. Questi tirocini sono diretti agli studenti a partire dal terzo anno universitario che abbiano l’obbligo di uno stage durante gli studi e a quelli che devono fare ricerca per la tesi o per il dottorato.In entrambi i casi, tirocinanti con rimborso spese e senza, coloro che saranno selezionati riceveranno il primo contatto nel mese di novembre. Per entrambi i tirocini è necessaria una conoscenza approfondita dell’inglese o del francese. Sul sito del Consiglio dell’Unione europea si avvisa anche che, visto l’elevato numero di candidature, «si prega di non aspettare l’ultimo giorno per presentare la propria domanda per evitare di sovraccaricare il sistema». È quindi consigliabile cercare di fare tutto con largo anticipo rispetto alla data ultima.Gli italiani sono tra quelli che più fanno domanda per questi stage: fin dall’avvio del programma nel 2007 sono stati al primo posto tra i richiedenti stage. Il picco si è registrato nel 2014 quando ben 2.558 delle 5.265 candidature arrivate erano italiane. Vuol dire il 49%: un candidato su due quell’anno proveniva dall’Italia! Ma numeri alti, pari al 43% delle richieste, ci sono stati anche nel 2016 con 892 domande su 2.056 totali. Come accade per le altre istituzioni europee, quindi, anche per il Consiglio dell'Unione europea l'Italia supera tutti gli altri Paesi per numero di application: in particolare, per le ultime due tornate, il maggior numero di domande è arrivato dagli italiani, seguiti da Spagna e Grecia. Per i tirocini che prenderanno il via a brevissimo, nel mese di settembre, su 4.611 candidature ricevute ben 1.474 erano italiane, poco meno di un terzo del totale. «Negli ultimi cinque anni» spiega alla Repubblica degli Stagisti Eva-Lotta Axelsson, assistant – administration dell’ufficio tirocini del Consiglio dell’Unione europea «gli italiani che hanno partecipato a questi tirocini sono stati in totale 89, distribuiti in tutti gli uffici del Consiglio». Non molti dunque, se si considera che nello stesso lasso di tempo le candidature solo italiane sono state più di 8mila. I posti, però, non sono assegnati ai singoli Paesi con una proporzione in base al numero di candidature ricevute o in base alla popolazione. «I tirocinanti sono selezionati in base al merito» e solo «in caso di parità l'ufficio tirocini si impegna a garantire l'equilibrio di genere e la presenza di quante più nazionalità rappresentate tra i tirocinanti selezionati», specifica alla Repubblica degli Stagisti Alina Nistor, anche lei assistant – administration dell’ufficio tirocini.  Per partecipare è necessario essere cittadini europei, avere una laurea, una conoscenza molto buona della lingua inglese o del francese e avere delle forti motivazioni nei confronti di questa esperienza. «La maggior parte delle domande» si legge dal sito, «arriva da candidati in possesso di qualifiche in giurisprudenza, scienze politiche, relazioni internazionali, studi europei. Ma sono ricercati anche tirocinanti con specializzazioni in altri settori, come risorse umane, comunicazione, traduzione, ingegneria biochimica e aerospaziale, informatica, scienze della formazione, graphic design», solo per citarne alcuni. Le candidature che, invece, non saranno proprio accettate sono quelle di chi ha già beneficiato di qualsiasi tipo di formazione, con o senza rimborso spese, o di occupazione di durata superiore a sei settimane in un’istituzione, agenzia o ufficio dell’Unione europea.Come fare quindi per candidarsi? Bisogna innanzitutto creare un account e, dopo, fare l’application. Sul sito, molto utile, anche la sezione con tutte le faq in cui si ricorda che non è necessario inviare nessun documento – solo se selezionati l’ufficio tirocini ne chiederà copia. A quel punto le candidature saranno esaminate, nel mese di ottobre, e al più tardi a dicembre saranno contattati i candidati selezionati, con l’indicazione del periodo di tirocinio e del dipartimento assegnato. La procedura di selezione come detto è principalmente basata sul merito: solo in caso di parità è prioritaria la distribuzione geografica e l’uguaglianza di genere. I candidati, fanno sapere dal portale del Consiglio, «potrebbero essere invitati a un colloquio telefonico o online». È proprio in questa fase che verrano chiariti i compiti dello stage e, se si hanno domande di qualsiasi tipo, è opportuno formularle.Il Consiglio ogni anno riceve tra le 2.500 e le 5mila candidature per i tirocini con rimborso spese per soli cento posti, suddivisi in due bandi: la competizione è altissima. Tutti i candidati però possono almeno contare su un feedback – anche gli esclusi riceveranno tramite posta elettronica o sul proprio account EPSO alla fine di gennaio, per i tirocini con inizio a febbraio, e alla fine di giugno, per quelli con inizio settembre, una comunicazione. Ma di cosa si occupa uno stagista al Segretariato? Nonostante il ruolo «dipenda dalla necessità del servizio», come si apprende dal sito, il lavoro quotidiano del tirocinante è «equivalente a quello svolto dai giovani funzionari amministrativi all’inizio della loro carriera». Si tratta, quindi, di «organizzare e partecipare a riunioni del Coreper e del Consiglio, scrivere verbali, tradurre documenti, cercare e compilare documentazioni, scrivere report». Lo stagista partecipa anche a programmi di formazione che includono visite e conferenze in altre istituzioni europee a Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo.Insomma, avere la fortuna di essere selezionati per il tirocinio non garantisce poi un eventuale lavoro all’interno dell’Unione europea. Ma l’alta preparazione dei dipendenti, il clima internazionale, il rimborso spese e soprattutto l’esperienza che in curriculum fa sempre bella mostra di sé, inducono ancora tantissimi a tentare la domanda per questo stage.Marianna Lepore

Tirocini da 1700 euro al mese all'Ema, come funziona il programma (e perché al momento è sospeso)

I tirocini nelle organizzazioni europee sono tra i più ambiti per i giovani italiani, per due motivi essenziali: i rimborsi spese, sempre abbastanza generosi, e le chance formative a cui danno accesso queste opportunità. Tra le favorite c'è sicuramente Ema, l'agenzia europea del farmaco, finita di recente al centro delle cronache per il trasferimento della sede londinese a Amsterdam, che concorreva come finalista insieme a Milano. E il perché anche qui è presto spiegato: una indennità mensile di 1550 sterline (1740 euro circa), un rimborso spese di viaggio per distanze superiori a 150 chilometri, una serie di benefits tra cui la possibilità di far parte del club che organizza attività sportive e culturali e di usufruire del cosiddetto flexitime, una turnazione oraria flessibile, svolgere mansioni realmente formative.E infatti gli stagisti italiani sono sempre tantissimi: «su circa 1.500 candidature arrivate tra ottobre 2017 e aprile 2018» fa sapere alla RdS Birgit Breen dell'ufficio del personale Ema [nella foto a destra], «le applications degli italiani sono state quasi 500», vale a dire oltre un terzo! Per un totale poi «di  63 tirocini attivati nello stesso periodo». Una postilla è però d'obbligo sulla borsa di studio, apparentemente molto cospicua: Londra è una città cara quindi gran parte dell'importo sarà polverizzato dalle spese. «Ma non è impossibile vivere con quella cifra» precisano le faq. «Molti londinesi percepiscono lo stesso stipendio, bisogna solo fare attenzione ai costi di affitto e trasporto, le principali uscite mensili». La policy di reclutamento di Ema (e anche di altre organizzazioni europee) è cambiata nell'ultimo anno: invece di inviare la propria candidatura una volta aperto il periodo di selezione, bisogna aspettare che sul portale delle vacancies siano pubblicate le offerte di stage, ed è a quelle che poi bisogna candidarsi. «Al momento non ci sono posizioni vacanti» avverte Breen, quindi l'unica possibilità è quella di controllare periodicamente che non ne esca qualcuna digitando nel tasto di ricerca parole come intern, trainee o simili. «È lì poi che arriveranno gli avvisi». Dal momento però che è in atto il trasferimento verso la capitale olandese, il programma non ripartirà prima di marzo 2019, a trasloco completato: gli stagisti reclutati fino a aprile saranno quindi gli ultimi su Londra. Il consiglio per gli aspiranti candidati è di creare «un alert attraverso il portale delle posizioni vacanti che manderà una mail appena se ne aprirà una» scrivono sul sito. Inoltre sarà possibile «creare un proprio profilo in qualsiasi momento, da utilizzare al momento della candidatura» si specifica ancora sul sito. Anche perché non è escluso che nel frattempo «si pubblichino annunci per specifiche offerte di stage» avvertono. Per partecipare basta la nazionalità europea (inclusi Norvegia, Islanda e Lichtenstein), una laurea almeno triennale conseguita prima dell'inizio dello stage, la conoscenza dell'inglese e di una seconda lingua. I candidati selezionati hanno di solito «una laurea in Farmacia, Medicina, Scienze naturali, Chimica, Giurisprudenza, Informatica, Scienze della comunicazione, Finanza» chiarisce il sito. Una volta inviata la candidatura è possibile visualizzarla di volta in volta per verificare a che punto sia. Anche perché «è solo tramite mail che avvengono le comunicazione ufficiali tra Ema e i suoi candidati» si legge sul sito.A seguito dell'apertura della posizione vacante le candidature saranno poste al vaglio di un comitato che analizzerà le domande pervenute in base a curriculum e merito. Ai selezionati sarà richiesta un'intervista in lingua inglese, e in concomitanza l'invio di documentazione in originale come copie di diplomi e simili. La chiamata è preclusa a chi non arriva tra i finalisti. E per capire se si fa parte dei fortunati ci si può basare sulle tempistiche. Per l'inizio di un eventuale tirocinio a ottobre deve avvenire – per intendersi – tra la fine di agosto e la metà di settembre. A quel punto la partenza dello stage, se si supera il colloquio telefonico e si riceve una lettera cartacea con la data di inizio tirocinio. Sei mesi la durata con possibilità di proroga fino a un anno. Sono invece dodici i giorni di permesso totale, «in aggiunta però alle normali vacanze riconosciute ogni anno» si legge ancora sulle faq. Ilaria Mariotti  

Tempo di domande per tirocini alla Corte di giustizia europea, rimborso di oltre mille euro al mese

Scade sabato 15 settembre un’opportunità formativa ghiotta per chi ha fatto studi giuridici o linguistici: sono i tirocini presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha sede nella città di Lussemburgo, l’organismo istituito negli anni Cinquanta con il compito di garantire che il diritto dell’Unione europea sia applicato allo stesso modo in tutti gli Stati membri. Secondo gli ultimi dati disponibili riferiti al 31 dicembre del 2017, il personale totale della Corte è costituito da oltre 2mila dipendenti, di cui più di mille e trecento donne e 850 uomini, tra funzionari, agenti temporanei e contrattuali con un’età media relativamente bassa, visto che è di 44 anni. Le opportunità offerte sono di due tipi: la prima è per 29 tirocini di massimo cinque mesi per laureati in giurisprudenza o scienze politiche, la seconda è per un minimo di due fino a un massimo di quattro stage - il numero dipende dalle esigenze del servizio - di dieci/dodici settimane ed è dedicato agli interpreti, quindi a chi sia in possesso di un diploma di interprete di conferenza. Il rimborso spese mensile offerto ammonta a 1.120 euro netti ed è pressochè indispensabile una buona conoscenza del francese. Se selezionati lo stage si svolgerà dal primo marzo al 31 luglio 2019. Mentre in caso di esito negativo della candidatura, si potrà ripresentare domanda entro il 15 aprile del prossimo anno per svolgere eventualmente lo stage dal primo ottobre al 28 febbraio.I tirocini presso l’interpretazione sono pensati principalmente per giovani la cui combinazione di lingue presenti un interesse per la Direzione dell’interpretazione. Come si legge dal sito della Corte di giustizia dell’Unione europea, «l’obiettivo è permettere ai giovani interpreti di essere seguiti nel loro perfezionamento in interpretazione, in particolare giuridica, che comporta la preparazione dei fascicoli, un lavoro di ricerca terminologica ed esercitazioni pratiche in cabina muta». Per questo tipo di stage si richiede anche la conoscenza del francese letto.È importante ricordare che visto il luogo di lavoro, la conoscenza della materia giuridica è un fattore molto importante, tanto che Eleonora Montserrat Pappalettere, della direzione della comunicazione dell’ufficio stampa della Corte di giustizia europea, precisa alla Repubblica degli Stagisti che «la laurea in giurisprudenza offre maggiori chances, visto che anche il servizio di traduzione della Corte si avvale di giuristi linguisti e non di semplici traduttori, così come l’ufficio stampa e informazione della Corte richiede competenze giuridiche».Ad oggi gli italiani hanno partecipato in gran numero a questo tipo di stage: basta dare un’occhiata agli ultimi numeri per farsene un’idea. Per i 29 tirocini che cominceranno il primo ottobre di quest’anno e per cui si sono raccolte le domande entro lo scorso 15 aprile, sono arrivate 615 candidature totali di cui 187, quasi un terzo, italiane. Il nostro Paese è il primo per numero di richieste, seguito da Francia e Spagna, rispettivamente con 66 e 65 domande. Mentre per la sessione precedente il numero di application – raccolto a fine 2017 - è stato di 559, di cui 165 italiane. Un numero in crescita rispetto al passato visto che nella prima sessione del 2016 le candidature totali erano 437 di cui 99 italiane e prima ancora 390 di cui “solo” 70 del nostro Paese.Si è passati, quindi, in pochi anni da una media del venti a una del trenta per cento di italiani che sperano di prendere parte a questo tipo di tirocini. Decisamente una percentuale alta. In generale, spiegano dalla Direzione della comunicazione, la Corte di giustizia riceve per ogni periodo di tirocinio non meno di 700 domande per circa 30 posizioni, che poi vengono inoltrate ai capi servizio che le esaminano e fanno la selezione in base alle necessità dell'ufficio. E visto che la maggior parte dei servizi ha uno o due posti per ciascun periodo di tirocinio, ogni candidato sta effettivamente gareggiando con 200-400 altre persone. Motivo per cui i candidati finali selezionati sono altamente qualificati. Non c'è, però, nessun criterio fisso o prestabilito di assegnazione degli stage in base al Paese di provenienza, ma tutto dipende solo dalle esigenze del servizio al momento della selezione. Gli stagisti che non fanno domanda per la direzione dell’interpretazione, possono essere inseriti presso le direzioni della traduzione, della ricerca e documentazione, della comunicazione, del protocollo, presso il consigliere giuridico per le questioni amministrative e presso la cancelleria del tribunale e volendo possono anche passare da uno stage con rimborso spese a uno senza rimborso, per cui è necessario mandare la domanda direttamente a uno dei membri della Corte e del tribunale.Per fare domanda per il tirocinio in scadenza il 15 settembre è necessario presentare la propria candidatura attraverso l’applicazione EU CV Online  disponibile in lingua francese, inglese e tedesca. Bisogna, quindi, prima registrarsi compilare tutte le informazioni personali relative al curriculum e dopo andare nella sezione application e selezionare il profilo ricercato inserendo tutti i dettagli richiesti (anche la lettera motivazionale).I tirocini presso questa istituzione europea sono una prestigiosa occasione per conoscere da vicino il funzionamento del sistema giuridico comunitario. E nel caso si vogliano raccogliere altre informazioni si può sempre visitare la pagina facebook della Corte di giustizia europea  o cercare i gruppi relativi più o meno a tutte le annate dove chiedere informazioni.C’è però un punto importante da tenere bene a mente quando si fa domanda per questi stage attivati per la prima volta nel lontano 1997: le chance che questo percorso sia un primo passo per una futura occupazione all’interno della Corte sono molto basse. Nella maggior parte dei casi, infatti, il personale è assunto dagli elenchi di riserva di concorsi generali organizzati dall’Ufficio europeo di selezione del personale (Epso). La Corte, però, si serve in alcuni periodi di agenti temporanei che occupano posti vacanti in attesa dei vincitori di concorso, l’elenco specifico è qui. Oppure ci si può candidare come collaboratori free lance presso la Direzione generale della traduzione. Insomma, il posto di lavoro post tirocinio non è assicurato, ma l’esperienza internazionale di alto livello unita al buon rimborso spese, sono un ottimo motivo per partecipare. Marianna Lepore   Foto: fonte Corte di giustizia dell'Unione europea

Ministero degli Esteri, bando per 221 posti da funzionario: primo stipendio da 2mila euro al mese

Dopo circa 10 anni tornano i concorsi al ministero degli Affari Esteri. C’è tempo fino al prossimo 31 agosto per presentare domanda per uno dei 221 posti da funzionario, messi a bando dalla Farnesina. E ripartono con numeri rilevanti: 177 posti sono destinati a profili amministrativi, contabili e consolari mentre 44 all’area culturale. Si tratta di una novità non di poco conto: in deroga al blocco del turnover per il personale non dirigenziale delle amministrazioni centrali, la Farnesina ha ottenuto una specifica autorizzazione a bandire concorsi per funzionari di terza area. Basti pensare che, prima di questo concorso, gli ultimi risalivano al 2008 (un bando da 25 posti) e 2012 (un altro bando per per 11 posizioni afferenti al profilo culturale). La retribuzione di ingresso destinata ai vincitori del concorso, che saranno collocati nella fascia iniziale F1, è di 2088 euro lordi, pari a circa 1550 euro netti. Per partecipare bisogna avere la cittadinanza italiana e più di 18 anni, lauree triennali o di secondo livello, magistrali o specialistiche, sia umanistiche che scientifico-tecnologiche. I dettagli sulle classi di laurea sono disponibili negli allegati ai due bandi. Sono poi attribuiti punteggi aggiuntivi a titoli segnalati nel bando, tra cui diplomi di specializzazione o dottorato di ricerca e comprovata attività lavorativa come funzionario nelle organizzazioni internazionali.Quali sono le attività che i funzionari andranno a svolgere? «Le attività dipenderanno dall’ufficio presso cui saranno chiamati a prestare effettivo servizio, in Italia e all’estero» risponde Francesco Pesce dell’ufficio stampa del Mae: «Per esempio, tra le molteplici mansioni che il funzionario amministrativo, consolare e sociale, può svolgere all’estero, c’è quella di collaborare allo svolgimento di funzioni in materia di bilancio, amministrazione e gestione finanziaria, organizzare ed essere responsabile dell’erogazione di servizi consolari e visti, di gestire i programmi di servizio sociale. Può, in alcune circostanze, fare il console, dirigendo un consolato o un vice consolato.  Il funzionario dell’area della promozione culturale, quando è all’estero, si occupa di promozione di eventi e manifestazioni culturali, dell’organizzazione e del coordinamento di corsi di lingua e cultura, dei rapporti con istituzioni e personalità del mondo culturale del Paese in cui lavora e può anche svolgere l’incarico di direttore di Istituto di cultura».La compilazione della domanda può avvenire esclusivamente online, attraverso l’accesso dalle due pagine dedicate (qui il link per l'area contabile, qui quello per l'area culturale) e la registrazione al portale. Una volta compilati tutti i campi del modulo elettronico e inviata la domanda, il candidato dovrà scaricare e stampare la ricevuta di avvenuta iscrizione, oltre a ricevere una notifica all’indirizzo email inserito in fase di registrazione. Le prove si articolano in tre scritti e un orale per il profilo amministrativo/contabile/consolare e in due scritti e un orale per quello culturale. I temi oggetto di esame sono ovviamente legati ai ruoli che si andranno a ricoprire: nel primo caso diritto civile, diritto amministrativo e inglese; nel secondo conoscenza del patrimonio culturale italiano e argomenti di attualità internazionale.«Non vi sono testi consigliati per prepararsi ai concorsi. Suggeriamo di consultare attentamente i programmi allegati ai bandi e di non tralasciare nessuno dei punti indicati», spiega Pesce: «Non è al momento possibile una previsione precisa delle tempistiche dell’iter concorsuale».  Il bando dice solo che il calendario della prova preselettiva sarà reso noto almeno 20 giorni prima sul sito ufficiale. I candidati che avranno superato le preselezioni e sono stati ammessi a sostenere le prove scritte ne avranno conoscenza, sempre attraverso il sito, almeno 15 giorni prima. Venti giorni prima della data della prova orale i candidati riceveranno invece l'avviso di presentazione al colloquio.Quella al ministero è sicuramente un’ottima opportunità non solo per il prestigio dell’ente ma anche per le prospettive di carriera interne, come chiarisce Pesce: «dalla fascia inziale i funzionari potranno accedere alle fasce superiori sulla base di procedure interne di selezione che vengono indette periodicamente dall’amministrazione. Per un funzionario delle fasce apicali, F6, la retribuzione mensile si attesta sui 2.812 lordi mensili pari a circa 1.880 euro netti. È prevista inoltre l’erogazione, una volta l’anno, di un premio accessorio finalizzato a valorizzare il merito e gli incarichi connessi con specifiche responsabilità assunte dal funzionario. L’ammontare della retribuzione accessoria annuale dipende dalle risorse disponibili ed è collegata alla qualità del lavoro svolto e alle valutazioni conseguite». Relativamente alle precedenti selezioni dello stesso tipo: «l’ultimo concorso per funzionario dell’area della promozione culturale si è svolto nel 2012. Come detto si è trattato di una selezione per soli 11 posti, 17 candidati hanno conseguito l’idoneità. Per quanto riguarda i funzionari amministrativi, contabili e consolari il concorso più affine è quello che si è svolto nel 2008 per venticinque posti di funzionario amministrativo, consolare e sociale, terza area, fascia retributiva F3. In quell’occasione 45 candidati hanno conseguito l’idoneità. La graduatoria del concorso del 2012 a oggi è stata esaurita, nel senso che tra i candidati idonei alcuni sono stati assunti, altri hanno rinunciato per differenti motivazioni». I 177 posti, dunque, dovrebbero essere tutti "effettivi". Chiara Del Priore