Alternanza scuola lavoro, se usata bene dà buoni frutti

Scritto il 09 Nov 2018 in Notizie

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«Sono stato in Nestlé per due settimane in l’alternanza scuola lavoro, e ne sono rimasto molto soddisfatto. Da questa esperienza ho tratto anche delle idee su quale potrebbe essere il mio futuro universitario: per me dunque è stata fruttuosa al 100%!»

stage lavoro alternanza NestléLa testimonianza di Michele Donato, 17enne studente dell’Istituto Moreschi di Milano, sembra arrivare in controtendenza rispetto ai tempi. Nella legge Finanziaria 2019 in discussione proprio in queste settimane c’è infatti un deciso passo indietro sull’alternanza scuola-lavoro: la bozza proposta dal Governo Lega-Cinquestelle prevede infatti che vengano drasticamente diminuite (leggi: più che dimezzate) le ore previste per questo tipo di attività, e di conseguenza anche i fondi a disposizione per le scuole.

Che l’alternanza non sia stata attuata nel migliore dei modi dappertutto è un dato di fatto: alcuni casi sono anche finiti sui giornali.

Ma che l’alternanza sia un elemento indispensabile per avvicinare i giovani al mondo del lavoro – questo è un altro dato di fatto, piaccia o no. Questo metodo didattico è praticato già da anni in molti Paesi che non a caso possono vantare mercati del lavoro più forti e tassi di disoccupazione giovanile infinitamente più bassi di quello italiano, come Svizzera e Germania. Insomma: se usata bene dà certamente buoni frutti. Da noi esiste da oltre dieci anni, ma solo con la riforma della Buona Scuola, nel 2016, è diventata obbligatoria - mentre prima era facoltativa, a discrezione della buona volontà e dell’efficienza dei singoli istituti scolastici.

Ora è un diritto per un milione e mezzo di studenti ogni anno, iscritti agli ultimi tre anni di licei, istituti tecnici, scuole professionali. E se è vero che la qualità (e utilità) di questo tipo di attività cambia moltissimo da territorio a territorio, da singolo percorso a singolo percorso, è vero anche che ci sono dei casi di eccellenza.

Per esempio Nestlé, che non a caso da un decennio fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, tra il 2016 e il 2018 ha coinvolto più di 1500 studenti di scuola superiore in attività di alternanza scuola-lavoro. In particolare, i ragazzi sono stati accolti nell’headquarter del gruppo ad Assago, alle porte di Milano, ma anche negli stabilimenti produttivi sparsi in giro per l’Italia: da quello di San Sisto, in provincia di Perugia, dove si producono cioccolato ed altri prodotti dolciari come i Baci Perugina, a quello di Benevento dove si confezionano i surgelati di Buitoni e Valle degli Orti, a quello di Portogruaro, in provincia di Venezia, la cui produzione è dedicata ai quattrozampe (un esempio su tutti: le crocchette Friskies), e poi ancora Cepina Valdisotto, in provincia di Sondrio, dove viene imbottigliata l’acqua minerale Levissima, o Sanpellegrino Terme dove si produce non solo l’omonima acqua ma anche l’aperitivo Sanbitter, e via via lungo lo Stivale negli stabilimenti di Madone (Bergamo), Castrocielo (Frosinone), San Giorgio in Bosco (Padova), Scarperia (Firenze), Santo Stefano di Quisquina (Agrigento). Tutte fabbriche che hanno aperto le proprie porte, negli ultimi due anni, a centinaia di studenti in alternanza.

Nestlé ha raccontato il suo impegno nell’alternanza scuola-lavoro qualche giorno fa a Milano durante l’evento “A scuola di azienda in azienda - Quando l’orientamento tra scuola e impresa funziona”, organizzato in collaborazione con Gi Group e con altre tre aziende attente al tema della formazione e dei giovani (Eni, Enel e Allianz).

stage lavoro giacomo piantoni Nestlé«L’alternanza è importantissima» esordisce Giacomo Piantoni, direttore Risorse umane del gruppo Nestlé in Italia: «Lo dico come manager ma sopratutto come papà di Camilla, che ha diciotto anni, e di Alessandro che ne ha quindici». Perché in effetti quando la conclusione delle scuole superiori comincia a stagliarsi all’orizzonte le famiglie sperimentano la nuova inquietudine: cosa farà il proprio figlio? Continuerà a studiare, e se sì, cosa? Come si approccerà al mondo del lavoro? Chi lo guiderà? Con quali competenze arriverà al suo primo lavoro?

L’alternanza esiste proprio per questo: per avvicinare il mondo della scuola e quello del lavoro, permettere ai giovani di “scoprire” mentre studiano, per brevi periodi, cosa vuol dire lavorare. Come si sta in un luogo di lavoro, come ci si relaziona con colleghi e superiori, come si organizza il tempo per svolgere le proprie mansioni. Un periodo così può anche servire, come conferma anche la testimonianza del giovane Michele, a scegliere con più cognizione di causa a quale facoltà universitaria iscriversi dopo la maturità: attraverso l’alternanza si può scoprire un proprio talento nascosto, un interesse magari addirittura improbabile; o, al contrario, aprire gli occhi scoprendo che il mestiere dei sogni poi, in concreto, tanto dei sogni non è.

Perché l’alternanza possa esistere, però, ci vuole impegno e collaborazione. Le scuole si devono aprire al mondo produttivo sul proprio territorio, stringere alleanze. «In un primo tempo abbiamo realizzato progetti di alternanza negli istituti tecnici e nelle scuole professionali, e da un paio d’anni abbiamo sviluppato l’alternanza anche nei licei» prosegue Piantoni: «Ci siamo approcciati alle scuole stabilendo obiettivi comuni con i referenti scolastici – riscontrando, bisogna ammetterlo, grandi differenze tra istituto e istituto. Ci sono scuole molto preparate e aperte al dialogo con le aziende; altre fanno più fatica, a volte non è chiaro chi è il referente interno alla scuola per questi temi». Ma non bisogna demordere, e perseguire l’obiettivo di «lavorare a sei mani – scuola, azienda e ragazzi – per costruire percorsi di qualità».

La qualità comincia già dall’avere un progetto formativo chiaro: «Noi abbiamo deciso di focalizzarci sulle competenze più soft» spiega l’HR manager: «Non temi tecnici dunque, ma competenze trasversali». Fare alternanza in Nestlé per i ragazzi vuol dire essere coinvolti in «attività pratiche e concrete», pensate per aiutarli «a orientarsi e a capire sé stessi».

Un altro caso positivo è quello di Eni, che ha una ragione sociale (Eni Corporate University spa) espressamente dedicata alle attività di selezione e formazione del personale, a cui si affiancano anche
la gestione, attraverso la Scuola Mattei, di un master in Management ed economia dell’energia e dell’ambiente e la promozione di accordi con università e, appunto, di progetti di alternanza scuola-lavoro. «Per l’alternanza noi proponiamo alle scuole un menù in cui loro scelgono le attività che privilegiano» racconta Massimo Culcasi, vicepresident Reperimento, Selezione, Rapporti con le università e le scuole di Eni Corporate University: «Nel triennio scolastico 2015-2018 hanno fatto alternanza con noi in presenza oltre 7mila studenti provenienti sia da istituti tecnici sia da licei, con ottimi riscontri in entrambi i casi». A volte però non tutto fila liscio: «Abbiamo avuto qualche problemino con alcune scuole di alcuni territori» ammette Culcasi: «Ci è capitato che ci mandassero gruppi di ragazzi senza verificare prima se quei ragazzi fossero effettivamente interessati alle attività che proponevamo». La disponibilità degli studenti, e in particolare l’apertura verso l’esperienza in azienda, è un fattore molto importante per la buona riuscita di questi percorsi: è essenziale dunque che i partecipanti siano i primi ad essere motivati ed entusiasti all’idea di mettere un piede, per qualche settimana, in una data realtà.

Non a caso, anche i ragazzi quando vengono chiamati a dire la loro sottolineano quanto sia importante non essere mandati “a casaccio” in alternanza, senza avere voce in capitolo e senza sapere cosa si andrà a imparare, come e perché. «Nel nostro periodo di alternanza in Nestlé io e i miei compagni abbiamo avuto l’occasione di stilare un decalogo di regole, diritti e doveri che secondo noi le scuole e le aziende dovrebbero rispettare per farci avere la migliore esperienza possibile» racconta ancora il giovane Michele Donato. E infatti il primo punto del decalogo si intitola “Programma visibile” e sollecita «la possibilità di selezionare e proporre l’esperienza in base a nostre attitudini e indirizzo scolastico»; il secondo chiede una «maggior trasparenza riguardo le attività che andremo a svolgere».

Dove andrà a finire l’alternanza scuola-lavoro, politicamente e concretamente, lo si capirà solo quando finalmente verrà approvata la Finanziaria 2019. La speranza è che non venga buttato il bambino con l’acqua sporca, e che le buone pratiche delle aziende che in questi anni si sono distinte per l’attenzione alla qualità dei percorsi di alternanza possano proseguire, coinvolgere sempre più studenti, “contagiare” altre aziende stimolandole a progettare percorsi di qualità in collaborazione con le scuole del proprio territorio. Perché l’alternanza, se fatta bene, è un formidabile strumento di orientamento.

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