Categoria: Approfondimenti

Naspi, guida al sussidio di disoccupazione che ha sostituito Aspi e mini Aspi

La Naspi, che sta per “Nuova assicurazione sociale per l'impiego”, è l'indennità mensile di disoccupazione che ha sostituito Aspi e miniAspi per i casi di disoccupazione involontaria a partire da maggio 2015. I dati mostrano un costante aumento delle richieste. Da gennaio a luglio 2019, ultimo mese per cui sono disponibili le cifre elaborate dall'Inps, le domande presentate sono 1.064.073, in crescita rispetto allo stesso periodo del 2018 (1.022.132) ma sopratutto in crescita dell'11% se si confrontano i dati con quelli del 2017 (in cui le richieste erano state poco meno di 951mila) e addirittura del +19% facendo un confronto con i dati del 2016 (in cui se ne erano registrate poco meno di 892mila). La regione più rappresentata in questa classifica è la Lombardia, con 151.586 richieste, seguita dalla Campania, 116.504. Fanalini di coda la Valle d'Aosta (4.139) e il Molise (6.102). Ma questo non significa – quantomeno: non necessariamente – che in Lombardia e Campania ci siano più disoccupati che in Valle D'Aosta o Molise: il numero dipende sopratutto dalla popolazione residente in una data regione.Le eccezioni sono tante e le informazioni che circolano spesso scarse e frammentarie: vale sempre la pena di verificare se si ha diritto alla prestazione consultando gratuitamente un patronato. È importante sottolineare che, con la Naspi, il legislatore favorisce chi apre partita Iva e si mette in proprio, un aspetto interessante e poco noto di cui non si parla abbastanza.  Nella guida che segue – realizzata con la consulenza di Luca Chiarei, responsabile area tecnica patronato Inca Cgil, Milano – la Repubblica degli Stagisti offre ai suoi lettori un vademecum ai principali dubbi di chi si appresta a richiedere questo sussidio. A chi è rivolta la Naspi?A tutti i lavoratori dipendenti con esclusione degli operati agricoli (che sono coperti da specifica tutela) e dei lavoratori a tempo indeterminato della pubblica amministrazione. Quindi rientrano nel perimetro anche i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato, i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni. La condizione necessaria è aver perso il rapporto di lavoro involontariamente dopo il 1° maggio 2015.Chi è escluso?I dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, i lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato e quelli titolari di assegno ordinario di invalidità, qualora non optino per la Naspi.Chi termina un tirocinio ha diritto alla Naspi?No. Solo il versamento dei contributi dà diritto alla prestazione, e con lo stage non se ne versano. Chi termina un contratto di apprendistato ha diritto alla Naspi?Sì. Nella Naspi rientrano anche soci lavoratori di cooperative, personale artistico, lavoratori a tempo determinato di aziende pubbliche che prima erano esclusi dall'Aspi. Chi presenta spontaneamente le dimissioni, quindi, non può accedere alla misura?Di regola è così. Esistono delle eccezioni: si può percepire la Naspi se le dimissioni sono presentate per giusta causa e per una serie di altre motivazioni. Ad esempio,  quando il datore di lavoro propone un trasferimento in una sede eccessivamente distante da raggiungere; per dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità, ossia a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ma anche in caso di risoluzione consensuale, purché sia intervenuta nell'ambito della procedura di conciliazione presso la direzione territoriale del lavoro.La Naspi si applica anche ai lavoratori autonomi?No, si applica solo ai lavoratori dipendenti. Per le collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto, esistono altri strumenti. Per i parasubordinati c'è la DisColl, rivolta a chi lavora in regime di committenza senza partita Iva ed è quindi iscritto in via esclusiva alla gestione separata dell'Inps. Esistono inoltre forme di disoccupazione poco conosciute rivolte ai lavoratori impatriati. La Naspi si percepisce automaticamente alla cessazione del rapporto di lavoro?No. È necessario presentare domanda all'Inps, esclusivamente online, utilizzando il servizio dedicato. Sul sito dell'Inps è anche disponibile un tutorial che aiuta nella compilazione della domanda. In alternativa si può telefonare al contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164164 da rete mobile. Infine, si può presentare domanda tramite patronato, che tratterranno una percentuale minima mensilmente per il servizio. Se non si è esperti, è consigliabile farsi assistere, per evitare errori che potrebbero pregiudicare l'erogazione. In tutti i casi, il termine massimo entro cui presentare domanda di Naspi è di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Ma ci sono deroghe che è bene conoscere, ad esempio per maternità, lmalattia o licenziamento per giusta causa. Quali sono i requisiti?Per percepire la Naspi bisogna rispettare un requisito lavorativo minimo di trenta giornate lavorate nell'ultimo anno dalla data di cessazione del rapporto, e un requisito contributivo di almeno tredici settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni. Quanto si percepisce? E per quanto tempo?Si percepisce il 75% retribuzione media degli ultimi quattro anni. La prestazione dura la metà dei mesi lavorati negli ultimi quattro anni, e al massimo un totale di ventiquattro mesi. Ci sono dei massimali riguardo all'importo percepito?Certo. Si può percepire un massimo di 1.328 euro lordi. È possibile percepire la Naspi e aprire partita IVA per avviare una nuova attività in proprio? Sì, ma bisogna comunicarlo all'Inps, che provvederà eventualmente a rimodulare la prestazione. Per chi apre partita Iva c'è un'importante agevolazione: a titolo di incentivo all'imprenditorialità è possibile richiedere il versamento della Naspi in un'unica soluzione entro trenta giorni dall'apertura della partita Iva stessa. È importante informarsi bene su questo aspetto e sul fatturato limite, preferibilmente rivolgendosi all'Inps in forma scritta: le conseguenze possono essere onerose. E se la partita Iva è preesistente?Alla richiesta di Naspi è sempre necessario comunicare il possesso di una partita Iva, anche se silente. Anche in questo caso, meglio farsi assistere.Quando la prestazione è sospesa? La prestazione è sospesa in caso di rioccupazione con contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi o nuova occupazione in paesi dell'Ue o con cui l'Italia ha stipulato convenzioni bilaterali in materia. Nel primo caso, l'indennità è sospesa d'ufficio per la durata del rapporto di lavoro sulla base delle comunicazioni obbligatorie, salvo che il beneficiario della prestazione non effettui la comunicazione del reddito annuo presunto ai fini del cumulo, e sempre che il reddito sia inferiore a 8mila euro.Quando si decade? Il lavoratore decade dal diritto alla prestazione se perde lo stato di disoccupazione, inizia un'attività di lavoro subordinato di durata superiore a sei mesi o a tempo indeterminato senza comunicare all'Inps il reddito presunto che ne deriva entro un mese dall'inizio del rapporto di lavoro o dalla data di presentazione della domanda, se il rapporto lavorativo era preesistente.Ci sono dei limiti di reddito annuale oltre i quali si decade dalla Naspi? Sì. Per il lavoratore dipendente la soglia è fissata al raggiungimento degli 8mila euro di reddito annuale. Per il lavoro autonomo, la soglia è di 4.800 euro. Con la Naspi si versano i contributi previdenziali?Sì. In pratica, è come aver lavorato. Il versamento dei contributi avviene in automatico, senza alcuna necessità di intervento da parte del cittadino: già dal mese successivo i contributi sono visibili sulla pagina INPS relativa alla propria posizione previdenziale. Mentre si percepisce la Naspi si può effettuare un tirocinio che preveda una indennità mensile?La risposta varia da regione a regione: è necessario verificare la normativa locale direttamente con l'Inps oppure contattando un patronato.a cura di Antonio Piemontese

Riforma dei centri per l'impiego, reddito di cittadinanza come «occasione per rinnovarsi»?

Quando nel 2014 entrò in vigore Garanzia giovani, «per i centri per l'impiego fu uno stimolo a riorganizzarsi tornando a occuparsi di politiche attive per il lavoro. Oggi la stessa opportunità arriva dal reddito di cittadinanza». A dirlo è Marco Nocciolo, a capo della Direzione Lavoro della Regione Lazio aprendo la quarta edizione degli Employer's day, iniziativa della Rete europea dei servizi pubblici per l'impiego (PES Network) per offrire concrete occasioni di lavoro ai cittadini, e a Porta Futuro, principale centro per l'impiego di Roma, che si concluderà il 13 dicembre prossimo. Un'occasione per alcuni esponenti politici locali di fare il punto sui cpi del Lazio: in quello stesso giorno, fuori dal convegno si sta svolgendo un Jobmeeting con file di ragazzi armati di curriculum e diverse aziende del settore alberghiero, immobiliare e della ristorazione. Più che una sfida, per i centri per l'impiego gestire il rdc è una vera corsa a ostacoli. «Riceviamo una media di quattrocento persone al giorno beneficiarie del reddito» fa sapere Nocciolo. «Ce ne sono 50mila da prendere in carico in tempi ristretti» e, si spera, a cui proporre prima o poi un'offerta di lavoro, che poi sarebbe il fine ultimo della misura. Per arrivarci però bisogna «riprendere contatto con le imprese» prosegue Nocciolo. E i modi per farlo si stanno evolvendo: «My Anpal, nuova app di Anpal che a breve sarà rilasciata a tutte le Regioni, e che consente di fare scouting sulle aziende». Ce ne sono centinaia di migliaia, ma «con l'applicazione ogni cpi sarà in grado di rilevare quelle che sul proprio territorio sono più propense a assumere basandosi sui dati provenienti dalle comunicazioni obbligatorie». A quel punto saranno gli stessi operatori dei cpi – almeno nelle intenzioni – «a rivolgersi alle aziende per verificare le vacancies, senza aspettare che siano le aziende a fare il primo passo». È questo uno dei passaggi principali del rinnovamento dei cpi secondo la tabella di marcia che alla conferenza annuncia Claudio Di Berardino, assessore al Lavoro alla Regione Lazio: «Non più il centro per l'impiego che aspetta la persona che si presenti o una impresa che a questo si rivolga, ma capace di andare a bussare al mondo delle imprese». Per farcela servono strumenti e professionalità all'altezza. «Il reddito di cittadinanza si poggia su due gambe, l'assistenza alle persone in difficoltà e il potenziamento dei cpi con navigator e nuove assunzioni» spiega l'assessore. Per questo in Lazio «sarà bandito un concorso per assumere 365 nuove risorse». La dotazione è di 16 milioni, mentre per il rinnovo dell'infrastruttura informatica ce ne saranno 90. Ma per ridare slancio all'incrocio tra domanda e offerta sono necesarie «vecchie competenze e professionalità nuove» sintetizza Di Berardino, lasciando intendere che non basteranno quindi i soli navigator a risollevare le sorti dei malandati cpi. «Abbiamo un personale che vuole dimostrare che può farcela, e l'obiettivo è anche di migliorarne le competenze». Non sarà facile, anticipa Elisabetta Longo, direttore Formazione scuola e università del Lazio, perché «il tema del fabbisogno formativo è assai complesso: nessuna regione o altro ente può programmare strategie senza ascoltare il mondo delle imprese perché rischia di scrivere documenti non attuali». A loro volta poi le imprese non possono agire da sole: «Se non si riferiscono a quadro strutturato non sono in  grado di esprimere un bisogno». Il centro per l'impiego dovrà insomma mediare, facendo da punto di incontro, e ne andrà «rafforzato il ruolo proattivo». Esistono poi problematiche di fondo del sistema occupazionale italiano su cui prima o poi si dovrà intervenire. Uno dei segnali è che «abbiamo l'occupazione più bassa per tutte le classi di età in Europa» fa presente Mimmo Parisi di Anpal. Quello su cui si deve puntare è allora, invece del posto fisso, la «sostenibilità occupazionale». Vale a dire creare una nuova stabilità tale per cui «le persone siano in condizione di passare da un lavoro a un altro in pochissimo tempo». Questo «è cio che consentirebbe l'innovazione e la crescita delle imprese» chiarisce Parisi. Lo stesso vale per il datore di lavoro, «che deve essere in grado di cambiare ambito culturale in un mercato che si modifica velocemente» e che richiede continuamente «di reimparare». In questo senso i centri per l'impiego potrebbero arrivare a ricoprire un ruolo fondamentale, quello cioè di stare al passo con i cambiamenti del mercato mettendo in campo politiche attive per il lavoro pensate soprattutto per i soggetti più a rischio, quelli cioè che possono fuoriscire più facilmente dal mercato del lavoro e hanno bisogno di essere reintegrati. Ed è così che «favorire la sostenibilità occupazionale» continua Parisi, «potrebbe arginare le difficoltà per questi soggetti più deboli». Ilaria Mariotti 

In Italia servono più medici, come si fa a trovarli? Le proposte sul tavolo del ministro

Assunzione di abilitati senza specializzazione, medici in corsia fino a 70 anni, incarichi di lavoro autonomo: sono alcune delle sedici proposte elaborate dalle Regioni per far fronte alla carenza nazionale di medici specialisti. Approvato dalla Conferenza delle Regioni, dal 26 settembre il documento "Proposte riguardanti la carenza di medici specialisti e la valorizzazione delle professioni sanitarie non dirigenziali" è sul tavolo del ministro della Salute Roberto Speranza. Nel caso in cui siano accolte positivamente, le proposte dovrebbero essere integrate nella legge di Bilancio. Ma cosa ne pensano i rappresentanti della categoria? Tra i punti più discussi c’è il via libera all’assunzione, fino a dicembre 2021, degli specializzandi all’ultimo anno con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato con orario a tempo parziale.«Questa misura non ci convince» dichiara alla Repubblica degli Stagisti Stefano Guicciardi, trentenne presidente di FederSpecializzandi, che insieme al Segretariato italiano giovani medici, al Coordinamento specializzandi in medicina d’emergenza-urgenza e al Movimento Giotto, ha risposto punto per punto al documento delle Regioni «né per la logica né per il motivo. Ovvero tamponare in fretta e furia e a basso costo con gli specializzandi la carenza di organico, senza considerare le ripercussioni sul piano formativo, già spesso molto carente. Noi naturalmente vogliamo essere assunti, ma vogliamo prima formarci bene». Altra perplessità riguarda i i rischi a cui si espongono i medici ancora in formazione. «Ci sembra pericoloso da un punto di vista medico e legale immettere medici non ancora completamente formati facendo assumere loro responsabilità di un certo tipo senza che ci siano strumenti per certificare il loro livello di autonomia e la loro effettiva capacità di svolgere specifiche attività solitamente a carico degli strutturati», aggiunge.Nel documento delle Regioni si parla dell'attivazione di contratti di formazione-lavoro per gli specializzandi agli ultimi due anni, che andrebbero a sostituire i contratti di formazione specialistica, che attualmente prevedono una borsa di 25mila euro lordi annui per i primi due anni e 26mila dal terzo anno. I termini di questi contratti di formazione-lavoro non sono stati ancora definiti e, a tal proposito, FederSpecializzandi chiede che questo passaggio sia preceduto da una revisione strutturata dei piani formativi, in cui siano ben chiari le competenze e i gradi di responsabilità dello specializzando, nonché da un adeguamento assicurativo e retributivo.Siamo favorevoli all’assunzione degli specializzandi» commenta Carlo Palermo, 67 anni, segretario nazionale di Anaao Assomed «perché permette l’entrata precoce nel mondo del lavoro da parte di specialisti quasi formati, salvaguardando la qualità del Ssn». Tra le proposte su cui Anaao esprime un giudizio positivo c'è anche l’aumento del 3 per cento delle risorse da mettere a disposizione di Asl e ospedali per valorizzare il personale sanitario. «Aumentare del 3 per cento il monte salari» spiega Palermo «significherebbe risolvere molti problemi, ad esempio rendere più appetibili sedi periferiche dove ormai nessuno vuole andare. Oggi, con uno stipendio di 70-80mila euro lordi annui, siamo penultimi in Europa». Inoltre per i prossimi tre anni verrebbe garantita l’assunzione di medici senza specializzazione, che potrebbero accedere in soprannumero, per esigenze del Servizio sanitario nazionale, a una scuola di specializzazione, sulla base di protocolli di intesa tra Regione e università.  In caso di accoglimento delle proposte verrebbe inoltre introdotta la possibilità di reclutare medici tramite incarichi di lavoro autonomo. Ma di fronte a questa proposta si levano gli scudi. «Un’équipe cresce se costituita da medici con lavoro stabile» commenta il segretario nazionale Anaao «e bisogna investire in formazione e crescita delle capacità tecniche, professionali e culturali se si vuole garantire il mantenimento e la crescita della qualità del Ssn». I medici, in questo caso, verrebbero assunti con contratti libero professionali, quindi con condizioni diverse da quelle del contratto nazionale dei medici ospedalieri, pur ricoprendo di fatto le stesse mansioni nella turnistica quotidiana.  Altro punto, la possibilità per i medici di restare in corsia fino a settant'anni, indipendentemente dagli anni di servizio effettivo. Una misura che dovrebbe in realtà interessare un numero risibile di medici, circa quattrocento. «Anziché far lavorare medici ultra 70enni, misura estrema, bisognerebbe cominciare a stabilizzare e migliorare le condizioni di lavoro, soprattutto per le specializzazioni critiche, dove scarseggiano i contratti a tempo indeterminato», commenta Guicciardi. Previsti anche interventi sulla formazione, ad esempio ridurre il percorso di studio da sei a cinque anni. «La formazione purtroppo viene vista come un inutile orpello. La riduzione dei percorsi è una follia» sostiene il presidente FederSpecializzandi: «Già nel 2015 sono state accorciate le specializzazioni. Il solo obiettivo, neanche troppo nascosto, è come sempre quello di fare cassa e di immettere in fretta e furia gli specialisti nel sistema di lavoro, trascurando la necessità di immettere buoni professionisti».Tra le proposte più contrastate c’è poi quella di introdurre la possibilità di deroga alla durata massima dell’orario di lavoro. «C’è una norma europea che stabilisce che ai riposi non si può rinunciare» sottolinea Palermo «perché il riposo significa sicurezza delle cure, quindi qualità e riduzione del contenzioso e del rischio clinico». Attualmente la normativa europea prevede un monte ore settimanale di 38 ore, aumentabili con gli straordinari fino a un massimo di 48 ore. Esse sono distribuite su turni che non devono superare le 12 ore.Insomma, secondo i rappresentanti della categoria bisogna sì intervenire con urgenza, ma senza sacrificare la qualità del Ssn e della formazione. «L'impressione è che si continui a cercare di risolvere il problema della carenza di organico con soluzioni estreme e fantasiose, di corto respiro e poco lungimiranti, e senza investire risorse. Dequalifichiamo gli specialisti per avere medici pronti all'uso ma che non riescono a maturare e a formarsi. Il paziente ha diritto a essere curato da un medico formato e competente, lo specializzando non può essere una stampella di comodo su cui si regge il Ssn», denuncia Guicciardi.Secondo le previsioni della Commissione Ue, in Europa da qui al 2023 saranno richiesti 230mila medici. «Se non migliorano le condizioni» avverte Palermo «il rischio è che in Italia, soprattutto nel pubblico, non voglia lavorare più nessuno. Già oggi, secondo i dati della Commissione Ue, il 52 per cento dei medici europei che lasciano il loro paese sono italiani, con una perdita di 1.000-1.500 medici l’anno, in particolare dalle regioni di confine. Tra il 2018 e il 2025 avremo un deficit di 16mila specialisti».Tra le richieste dell’Anaao, c’è quella di allargare la possibilità di assunzione, soprattutto nelle regioni sottoposte ai Piani di rientro, cioè programmi operativi di riorganizzazione, riqualificazione  e potenziamento del Servizio sanitario nazionale per garantire, fra le altre cose, l'equilibrio del bilancio. Tali regioni – ovvero Lazio, Molise, Campania, Calabria e Sicilia, hanno infatti subito una falcidia di personale, con conseguente ridotto accesso alla salute. E ancora, si propone di incrementare del 30% i posti disponibili attraverso 2.500 ulteriori borse di specializzazione ogni anno dal 2020 al 2022, da aggiungere alle circa 8mila l'anno attuali, 9mila considerando anche quelle finanziate da privati. Un'operazione i cui costi, secondo l'Anaao, ammonterebbero a circa 250 milioni l'anno. Intanto il Veneto, per far fronte alla mancanza di trecentoventi camici bianchi, con un bando pubblicato a settembre e chiuso pochi giorni fa, ha aperto il Pronto Soccorso ai laureati in Medicina abilitati ma non specializzati. FederSpecializzandi ha già lanciato una petizione contro il provvedimento: «Il nostro timore è che questi medici non avranno la cornice legale per essere supportati e si troveranno a gestire casi complessi, per di più con la beffa di non ottenere in cambio il titolo di specialisti, in quanto questo percorso parallelo non è riconosciuto», motiva Guicciardi.Nelle prossime settimane si conoscerà l’esito dell’iter del piano triennale, e si capirà in che modo sarà finalmente affrontata l’emergenza della sanità.  Rossella Nocca

Servizio civile, ridotti di un quarto i fondi: solo 39mila posti nel nuovo bando

Come tutti gli anni, sul finire dell’estate il governo ha pubblicato il bando per le selezioni per il Servizio civile, che rimarranno aperte fino al 10 ottobre. Il nuovo bando si riferisce – per il momento – a 39.181 volontari, ossia più di 13mila in meno di quelli del 2018. La flessione è figlia di una minor disponibilità di risorse. A oggi infatti sono stati stanziati soltanto 232 milioni di euro contro i 300 del 2018. Una cifra che, oltre a non permettere di avvicinarsi ai 53mila (quasi) record dello scorso anno, non è risultata sufficiente per arrivare a quota 41mila, ossia il numero di volontari di cui aveva parlato nella scorsa primavera il dipartimento dedicato al Servizio Civile. Lo scorso 3 agosto il consiglio dei ministri aveva in realtà approvato un disegno di legge che autorizzava lo stanziamento di altri 70 milioni che avrebbero permesso di avvicinare i numeri del 2018: ma in mezzo c’è stata la crisi di governo e resta ancora da capire quando e se lo stanziamento effettivamente avverrà.Ma veniamo all’analisi del bando al momento aperto. Come ogni anno l’iniziativa si rivolge a ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni, che siano cittadini italiani, di altri paesi dell’Unione Europea o extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, e che non abbiano riportato condanne penali (anche non definitive) particolarmente gravi. Il servizio civile può essere svolto una sola volta nella vita e unicamente presso enti pubblici o privati no-profit accreditati. Non è però possibile svolgerlo presso un ente con cui si abbia in corso un rapporto di lavoro o di collaborazione retribuita a qualunque titolo, oppure con cui si abbia avuto rapporti di questo genere superiori a tre mesi nei dodici mesi precedenti alla pubblicazione del bando. A seconda dei vari progetti che si possono svolgere, il servizio civile può durare otto o dodici mesi, con monte orario annuo, rispettivamente, di 765 o 1175 ore. Dei 39mila posti messi in pallio con il bando di quest’anno, 20mila circa riguardano 1.454 progetti «ordinari» in Italia, mentre altri 16mila si riferiscono ad altrettanti progetti «ordinari» da svolgersi nel nostro paese ma presentati da enti iscritti negli albi regionali (nel Trentino-Alto Adige c’è un bando sia per la provincia di Trento sia per quella di Bolzano).  C’è spazio anche per i progetti all’estero, anche se in misura assai minore rispetto a quelli italiani: sono solo 130, in cui saranno impegnati 951 volontari.Come l’anno scorso, inoltre, il bando prevede anche dei «progetti con misure aggiuntive» – ossia progetti che prevedono un periodo di servizio, da uno a tre mesi, in un altro paese dell’Unione Europea o un periodo di tutoraggio (sempre della stessa durata) finalizzato a facilitare l’accesso al mercato del lavoro dei volontari, oltre che, più genericamente, modalità e strumenti per favorire la partecipazione ai progetti di servizio civile universale dei giovani con minori opportunità. Le specifiche «misure aggiuntive» sono individuate di volta in volta nei vari progetti dagli enti organizzatori. Per esempio il bando della Protezione Civile Gruppo Lucano – il soggetto che accoglie più volontari (50) tra quelli che propongono questo genere di misure – prevede un forte coinvolgimento di giovani con minori opportunità economiche, che si dovranno occupare della preparazione e della verifica delle procedure per gestire le fasi di pre-allerta, allerta e intervento emergenziale con riguardo alla prevenzione del rischio idrogeologico in Basilicata. Rispetto allo scorso anno, i volontari coinvolti in questo genere di progetti – che allora erano una novità – sono quasi raddoppiati, passando da 1.236 a 2.196. Un dato che indica il gradimento per una sperimentazione introdotta lo scorso anno e pensata, soprattutto, per connettere i volontari del servizio civile con il mondo del lavoro.Al prescindere dai progetti con «misure aggiuntive», il servizio civile svolge ormai da qualche tempo un importante ruolo di collante tra i giovani e il mondo del lavoro, che si è riflesso nella crescita del numero di volontari degli ultimi anni. Il servizio civile è infatti un’importante esperienza formativa, grazie a cui i giovani possono entrare in contatto con diverse realtà professionali, soprattutto nel sociale. Da non sottovalutare è, inoltre, l’aspetto del rimborso spese, considerato uno dei punti vincenti del servizio civile. A tutti i volontari, infatti, viene riconosciuto un contributo di 439,50 euro al mese – leggermente superiore rispetto allo scorso anno – cui va sommato il rimborso per le spese del viaggio iniziale che spetta ai volontari selezionati per un progetto che ha sede in un comune diverso da quello di residenza. Non è una cifra elevata, ma è comunque un importo significativo considerando che lo svolgimento del servizio civile non comporta un impegno full-time – in genere si tratta di 25 ore a settimana, salvo i monte orari annuali citati sopra – non porta alla sospensione dell’iscrizione alle liste di mobilità o alle liste di collocamento e, generalmente, non è incompatibile con altre attività. Ancor meglio per chi decide di fare il servizio civile all’estero: in questo caso al contributo fisso di 439,50 euro vanno aggiunti vitto e alloggio oltre ad un’indennità fissa giornaliera, che varia a seconda del «costo paese» in cui i volontari sono impiegati. Questa indennità è di 13 euro per l’Europa occidentale, il Nord America e il Giappone, 14 euro la Russia, Est Europa, Asia ed Oceania, e 15 euro per Africa, Sud-est asiatico, Centro e Sud America. Altri vantaggi per chi fa il servizio civile sono la sua riscattabilità a fini previdenziali e la sua validità per i concorsi pubblici.Tra gli enti che offrono più opportunità nei progetti ordinari ci sono Arci Servizio Civile, Caritas, Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze), Avis (Associazione volontari italiani sangue) e Uiciechi (Unione Italiana dei ciechi e degli ipovedenti), che organizzano diversi progetti in tutta Italia. È possibile consultare gli elenchi completi collegandosi a questa pagina.Per quanto riguarda la presentazione delle candidature, da quest’anno la procedura è cambiata. Ci si può candidare soltanto attraverso la piattaforma Dol (Domanda Online), a cui si può collegare da qui o attraverso questo sito. Si può accedere alla piattaforma solo attraverso Spid (Sistema di Identità Digitale) o con le credenziali fornite dal dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale. C’è tempo fino alle 14 del prossimo 10 ottobre. Le selezioni saranno compiute dall’ente organizzatore del progetto a cui ci si sta candidando secondo criteri stabiliti dalla legge. È importante, infine, ricordare che non ci si può candidare a più progetti contemporaneamente, pena l’esclusione da tutte le selezioni. Giulio Monga

Tirocini, nuova normativa in Molise: confermata anche la bizzarria dell'importo massimo accanto al minimo

A due anni dall’approvazione delle “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento”, la Regione Molise, nel maggio scorso, ha deliberato il recepimento della normativa. «La delibera approva la modulistica per la gestione delle linee guida recepite dalla Regione il 7 luglio 2017» commenta Pasquale Spina, responsabile dell’Ufficio tirocini regionale, «con il risultato di facilitare sia l’applicazione, ai soggetti promotori e ai soggetti ospitanti, delle norme previste nella citata delibera che il conseguente controllo». Confermate fra le altre cose l'entità del rimborso minimo e anche quella del rimborso massimo. Un aspetto, quest'ultimo, alquanto singolare – in quanto vincola le aziende ospitanti non solo a non andare al di sotto di un'indennità minima ma anche a non superare una certa soglia: una circostanza che esiste soltanto in un altro territorio, la provincia di Trento, e che sembra andare non a favore, bensì contro gli interessi degli stagisti! Per quanto non previsto dal nuovo documento la giunta regionale rimanda al Dgr 600/2013. Come appunto l’importo minimo mensile per i tirocini formativi e di orientamento, fissato a 300 euro lordi per i tirocini “part-time”, con un impegno orario di massimo 20 ore settimanali. Un importo che, come si legge nella delibera, «aumenta proporzionalmente in relazione all’impegno del tirocinante fino a un massimo di 30 ore settimanali, con un’indennità di partecipazione mensile di 450 euro». Invece per i tirocini di inserimento e reinserimento l'importo minimo è di 400 lordi per i part-time (anche qui dunque massimo di 20 ore settimanali) e aumenta proporzionalmente in  relazione all’impegno del tirocinante, fino a un massimo di 30 ore settimanali con una indennità di partecipazione di importo mensile pari a 600 euro.«Se le ore settimanali previste dal contratto collettivo applicato dal soggetto ospitante, in riferimento alle attività oggetto del percorso formativo sono superiori a 30 ore settimanali» aggiunge Spina «si deve tenere presente il criterio della proporzionalità per determinare l’indennità di partecipazione, ma non è consentito arbitrariamente aumentare l’indennità di frequenza del tirocinio. Possono essere concesse, in aggiunta all’indennità di frequenza, eventuali facilitazioni quali mensa aziendale, buoni pasto, trasporto con mezzi pubblici o altro, ma a presentazione di certificata documentazione di spesa».Anche per la durata dei tirocini si continua a far riferimento alla precedente normativa, che fissava a 6 mesi la durata massima dei tirocini formativi e di orientamento e a 12 quella per i tirocini di inserimento/reinserimento e per quelli rivolti a soggetti svantaggiati, che diventano 24 per i soggetti disabili. La durata minima del tirocinio, salvo quello estivo che non può essere inferiore ad un mese, non può essere inferiore a due mesi.Si specifica poi che il tirocinante ha diritto a una sospensione del tirocinio per maternità, per infortunio o malattia di durata pari o superiore a 30 giorni solari, nonché per chiusura aziendale della durata di almeno 15 giorni solari. Il periodo di sospensione non concorre al computo della durata complessiva del tirocinio.Il tirocinio può inoltre essere interrotto dal soggetto ospitante o dal soggetto promotore in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei soggetti coinvolti e in caso di impossibilità a conseguire gli obiettivi formativi del progetto. Lo scorso aprile Spina ci aveva parlato del processo di introduzione di un sistema informatizzato per i percorsi di tirocinio. «Allo stato, si stanno osservando i vari sistemi delle altre regioni, come ad esempio Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia. In ogni caso, quello dell’apprendistato è partito e, anche se in fase embrionale, non ha avuto problematiche rilevanti».Insomma, nonostante la lunga attesa, non risultano variazioni significative rispetto a quanto stabilito nell’ultima normativa regionale. Intanto in Molise, secondo i dati raccolti dal Rapporto sulle comunicazioni obbligatorie 2019, nel 2018 c’è stato un leggero aumento dei tirocini extracurriculari attivati: 2.212 rispetto ai 2.144 del 2017 e ai 2.126 del 2016. Dati che si inseriscono in un contesto di forte disoccupazione giovanile. Secondo un recente rapporto dell’Ufficio studi di Confcommercio, su 30mila giovani fra i 15 e i 24 anni, il 40,3 per cento sono disoccupati. E il tirocinio rappresenta ancora per tanti un’opportunità per uscire, almeno temporaneamente, dall’inattività. Rossella Nocca

Stage4eu, l’app per aiutare i giovani a trovare opportunità in Europa compie un anno

Aiutare i giovani a orientarsi nella giungla delle offerte di stage in Europa e gli operatori del placement, dell’orientamento e della formazione a trovare i candidati giusti. È uno degli obiettivi con cui poco più di un anno fa è stata lanciata Stage4eu, applicazione gratuita rivolta ai giovani che intendono fare un’esperienza formativa in Europa e gestita dall’Inapp, l’Istituto nazionale (che una volta era l'Isfol) per l’analisi delle politiche pubbliche  nell’ambito del Fondo sociale europeo. «Stage4eu nasce come “evoluzione digitale” del "Manuale dello stage in Europa"» racconta alla Repubblica degli Stagisti il presidente Inapp, Stefano Sacchi: «un testo che negli anni scorsi ha trovato un notevole riscontro tra gli studenti, tanto che tutte le copie delle quattro edizioni sono sempre andate esaurite in pochi mesi. Da qui l’idea di passare al digitale, realizzando un’app mobile che, oltre a permetterci di aggiornare in tempo reale i contenuti, ci consente di raggiungere più facilmente un’utenza costituita prevalentemente da giovani».L’app, disponibile sia per dispositivi Android che iOS, permette di consultare le più interessanti opportunità di tirocinio, aggiornate quotidianamente, nelle maggiori organizzazioni internazionali e aziende multinazionali. A un anno dal lancio, l’applicazione è stata scaricata da 5.300 utenti, mentre il sito è stato visitato da 44mila persone. 3.700 le offerte di stage pubblicate, mentre le mete più visualizzate e prescelte sono state Spagna, Francia, Germania e Regno Unito.Dallo stage a Ginevra, in Svizzera, per studiare il cambiamento globale presso la World Meteorological Organization al tirocinio in una multinazionale spagnola che costruisce droni di ultima generazione le opportunità sono tante e varie. Tra i profili più richiesti, spiccano le offerte nelle aree Engineering e Ict. Ma c’è una richiesta molto ampia anche di studenti e giovani laureati in materie economiche e statistiche, da inserire nel marketing, nella contabilità, nella finanza o come business analyst o data scientist. Molte le opportunità anche per chi ha intrapreso un percorso in discipline giuridiche o polititologiche, in particolare nelle organizzazioni internazionali. E ancora, ci sono offerte per figure di carattere puramente scientifico, nella chimica e nelle life sciences, e umanistico, nell’organizzazione e della gestione delle risorse umane. I due requisiti di base sono: essere studenti universitari o neolaureati e conoscere bene una delle principali lingue europee (almeno un livello B2).«Un consiglio che vorrei dare ai ragazzi è di allargare il campo delle proprie “preferenze geografiche”» dice Sacchi: «Molti vogliono fare lo stage solo in Francia, Spagna, Germania o Regno Unito, ma ci sono tantissime opportunità interessanti in molti altri paesi europei come Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi o Repubblica Ceca, per le quali non è richiesta la conoscenza della lingua locale».Ma come funziona l’app? Oltre allo spazio dedicato alle offerte di tirocinio, essa si sviluppa in quattro sezioni informative: Info Stage, che offre informazioni su come organizzare ed effettuare uno stage in Europa; Destinazione Europa, che contiene dritte sui principali programmi europei, le associazioni studentesche, le organizzazioni internazionali che promuovono programmi di tirocinio; Protagonisti, che riporta consigli e indicazioni riguardo gli stage europei sia dal punto di vista delle aziende, sia dal punto di vista dei tirocinanti. Infine ci sono le Schede Paese, dove vengono fornite informazioni sulla regolamentazione del tirocinio di ogni singolo stato europeo, riferimenti utili per trovare uno stage e indicazioni per il soggiorno in loco.«La funzionalità più innovativa della nostra app consiste nella possibilità di usufruire di un servizio personalizzato di push notifications» aggiunge Sacchi: «L’utente può impostare le proprie preferenze selezionando i Paesi e le aree professionali in cui vorrebbe fare lo stage. In tal modo riceverà direttamente sul proprio smartphone le notifiche delle offerte di stage che rispondono ai suoi interessi».A garantire l’affidabilità delle offerte pubblicate c’è un meccanismo di “controllo qualità” sulla base di un’apposita check list. Ogni offerta viene pubblicata secondo un modello standard, che deve contenere quantomeno i seguenti elementi minimi: nome dell’azienda o organizzazione ospitante, sede dello stage, area professionale, attività previste, requisiti. E ciascun annuncio rimanda direttamente alla pagina di quello originario sul sito dell’azienda, da cui l’utente potrà inviare la propria candidatura. «Nella selezione delle offerte assume particolare rilievo la valutazione della congruità delle attività e dei compiti che saranno assegnati allo stagista» precisa inoltre il presidente Inapp: «Su Stage4eu non vengono pubblicate offerte che prevedano lo svolgimento di attività esecutive o di scarso significato formativo».L’Istituto non è in grado di fornire informazioni sulla finalizzazione degli stage, in quanto ha scelto di non rendere obbligatoria la registrazione e la profilazione degli utenti e questo rende problematico il monitoraggio delle esperienze. A tal proposito, per implementare il servizio, l’Inapp sta pensando di creare una nuova sezione rivolta a chi ha trovato uno stage attraverso Stage4eu, per raccoglierne le testimonianze e insieme per individuare le aziende virtuose che realizzano “high quality internships” nonché quelle che, al contrario, utilizzano lo stage in modo improprio. Lo stage in Europa, che dura in media sei mesi, è un’esperienza che spesso si rivela determinante per trovare lavoro e serve in ogni caso a incrementare il proprio curriculum. Per quanto riguarda l’Italia, come riportato dall’Inapp, sono stati 348mila i tirocini extracurriculari attivati nel 2018, in settori diversi quali servizi all’industria, pubblica amministrazione, servizi sociali e personali, comparto agricolo e ristorazione. E l’app Stage4eu rappresenta oggi un’opportunità per incrementarli, incrociando domanda e offerta.  Rossella Nocca

Stage per rifare i letti e pulire bagni, le distorsioni del lavoro stagionale e il silenzio delle catene alberghiere

"Siamo alla ricerca di una tirocinante. Il lavoro consiste nel rifacimento e pulizia delle camere, presso case vacanze, ville e alberghi". È uno degli sconcertanti annunci raccolti dal gruppo Facebook "Cambiamo le regole sui tirocini - Sardegna", nato con l'intento di migliorare le condizioni dei tirocini nella regione sarda. Durante la stagione estiva, più che mai, gli operatori del settore ricettivo tendono a ricercare dalle risorse impiegate il massimo rendimento con il minimo investimento economico. E il tirocinio rappresenta per loro un'ottima soluzione per risparmiare sui costi di assunzione di un lavoratore stagionale. Così, anche per mansioni a bassa e bassissima complessità come quella di addetta alle pulizie, si propone l'"esperienza formativa" dello stage.   La Repubblica degli Stagisti, un mese fa, ha contattato via mail le prime dieci catene alberghiere italiane secondo la classifica Horwath (Starhotels, Blu Hotels, Parc Hotels Italia, Th Resorts, Bluserena, Aeroviaggi, JSH Hotels Collection, Delphina Hotels, Gruppo Una e Iti Hotels) per chiedere loro se si servissero o meno di stagisti per mansioni di pulizia stanze. Ebbene, nove su dieci hanno opposto un muro di silenzio di fronte al nostro quesito diretto. L'unica a rispondere è stata la catena Parc Hotels Italia. Un addetto alle risorse umane ha precisato: «Accettiamo ragazzi/e in stage, ma non per il riassetto delle camere in quanto è un servizio in appalto». Niente stagisti per rifare i letti, insomma, anche se non è detto che ciò valga anche per le aziende cui Parc Hotels ha appaltato questo servizio.«Le segnalazioni continuano, ma continua a non esserci nessuna risposta da parte delle istituzioni» denuncia Marco Contu, tra i rappresentanti della rete "Cambiamo le regole dei tirocini - Sardegna" e di "Telefono Rosso" o "Telèfonu Ruju", iniziativa congiunta del movimento Caminera Noa e dell’Unione sindacale di base (Usb) «Quest'anno stiamo riscontrando una diminuzione dei tirocini rispetto al precedente, ma solo per la mancata attivazione dei tirocini co-finanziati dall'Unione europea − in cui al soggetto ospitante spetta solo una parte del rimborso spese − che tuttavia a partire dal 20 giugno sono stati riattivati».  La rete sarda ha intenzione di presentare una serie di proposte per scoraggiare i datori di lavoro all'utilizzo improprio dello stage. «La prima idea è quella di scrivere un elenco delle mansioni a priori non compatibili con il tirocinio a bassa complessità» chiarisce Contu «in quanto il primo principio del tirocinio è proprio che non deve essere utilizzato per lavori per i quali non sia necessario un periodo formativo. Anche perché si crea una discriminazione costituzionale data dal diverso trattamento economico a parità di mansioni».   Inoltre, per disincentivare l'abuso della formula del tirocinio, occorrerebbe secondo Contu cambiarne alcune regole: «Ad esempio in Sardegna chiediamo che il tirocinio torni a un massimo di sei mesi e che l'indennità minima salga a 800 euro al mese così, anche con i co-finanziamenti, gli imprenditori dovrebbero spendere almeno 400 euro».  Un'altra denuncia rispetto all'utilizzo dei tirocinanti in sostituzione di lavoratori stagionali a contratto è arrivata qualche giorno fa dai sindacati marchigiani Cgil e Filcams. «Abbiamo raccolto centinaia di segnalazioni di uso improprio del tirocinio, ma anche dell'alternanza scuola lavoro, in ambito turismo e ristorazione» spiega Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche «e abbiamo aperto numerose vertenze territoriali per rivendicare la richiesta di un rapporto di lavoro. Vogliamo ribadire per l'ennesima volta la necessità di un confronto con la Regione e con l'Ispettorato su questo tema». A livello regionale nel recepimento delle linee guida in materia di tirocini extracurriculari era stato fatto un importante passo avanti, rimasto tuttavia solo sulla carta. «Di comune accordo con la Regione, avevamo stabilito un sistema di comunicazioni in base al quale le parti sindacali avrebbero dovuto ricevere una comunicazione all'attivazione di ciascun tirocinio, in modo da verificare e attenzionare i fenomeni anomali. Ma questa parte della normativa non è mai stata realizzata e l'impressione è che, a parte le organizzazioni sindacali, nessuno abbia interesse a farlo», denuncia il sindacalista. Il colmo è che, per denunciare questi fenomeni all'Ispettorato, dalle Marche bisogna arrivare fino a Venezia. Il punto di riferimento delle Marche è infatti la Direzione interregionale del lavoro che comprende anche Friuli-Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Emblema della distanza fra il potere centrale e i singoli territori. «Solo nel 2018 sono stati 12.500 i tirocini utilizzati nella regione» precisa Santarelli «praticamente pari alla metà dei contratti a tempo indeterminato avviati in tutto il territorio regionale. E uno dei settori che risulta essere quello con la percentuale più bassa di assunzioni dopo il periodo di tirocinio è proprio quello del turismo e della ristorazione, con appena l’11% di assunzioni sul totale di tirocini attivati, anche per via della stagionalità. Senza contare che nel settore ricettivo c'è un continuo ricambio di nome e ragione sociale delle imprese, quindi è ancora più complicato isolare certi fenomeni». Ma cosa ne pensa l'Ispettorato nazionale del lavoro di queste distorsioni? «L’Inl è al corrente del fenomeno» dichiara il direttore Leonardo Alestra «tanto che tra le violazioni in materia esemplificate nella circolare 8 del 2018, redatta anche alla luce delle linee guida approvate in Conferenza permanente Stato Regioni il 25 maggio 2017, vi sono quelle riferite al tirocinio attivato in relazione ad attività lavorative per le quali non sia necessario un periodo formativo, in quanto attività del tutto elementari e ripetitive e al tirocinio attivato per sostituire lavoratori subordinati nei periodi di picco delle attività e personale in malattia, maternità o ferie. Tuttavia non disponiamo di dati disaggregati relativi a questi casi».Insomma, il problema viene riconosciuto e categorizzato ma non quantificato e i territori, al momento, sembrano piuttosto isolati nelle loro battaglie. Rossella Nocca  

Alternanza scuola lavoro, il “Project Management Empowerment” di Cefriel è dedicato alle ragazze

Valorizzare le esperienze di alternanza scuola lavoro attraverso un percorso di formazione preparatorio all’ingresso in azienda e allo stesso tempo contrastare il gap di genere in ambito Stem. Sono i principali obiettivi di “Project Management Empowerment”, il progetto pilota di alternanza scuola lavoro promosso da Cefriel, società partecipata da università, imprese e pubbliche amministrazioni che realizza progetti di innovazione digitale e formazione, che dal 2017 fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti.La prima edizione si è tenuta tra maggio e giugno e attraverso un percorso di 100 ore – di cui 28 di formazione in aula presso Cefriel e 72 di tirocinio in altre aziende – ha puntato a dare una base di conoscenze di project management a dodici studentesse liceali milanesi tra i sedici e i diciott'anni, per renderle concorrenziali in ambito lavorativo. Sono stati coinvolti quattro licei milanesi: tre scientifici – Volta, Faes e Marconi – e  un linguistico, il Manzoni.Nella parte di formazione in azienda lo scopo è stato introdurre gli elementi di base, la terminologia e le best practices per la gestione dei progetti, utilizzando come riferimento lo standard internazionale del Project Management Institute. Gli interventi in aula sono stati coordinati e gestiti da esperti provenienti dal mondo professionale e finalizzati a fornire strumenti metodologici e operativi necessari per pianificare, monitorare e controllare un qualsiasi progetto nei suoi aspetti tecnici, economico-produttivi e realizzativo-gestionali.La scelta di soffermarsi sul project management è stata dettata appunto  dall'obiettivo di «fornire alle studentesse uno strumento che permettesse loro di entrare in azienda non vincolandosi a un’area specifica, ma andando a interfacciarsi con tutte le funzioni aziendali, grazie a un metodo e un linguaggio universale spendibile in molteplici ambiti, lavorativi e non», come spiega da Sonia Rizzo, responsabile del progetto lato Cefriel ed Education project coordinator: «Noi ci occupiamo, fra le altre cose, di formazione per giovani, e ci siamo resi conto che l’alternanza scuola lavoro non stava funzionando come auspicato, così abbiamo pensato di creare un progetto di valore formativo, in particolare per i licei che, non avendo una struttura consolidata, sono spesso in confusione».“Project Management Empowerment” è stato realizzato in collaborazione con le aziende Bosch, Dolce & Gabbana, Engie ed Edison, che hanno ospitato le studentesse nella fase di tirocinio. «Io ho svolto il mio stage in Engie» racconta Claudia Catalini, diciotto anni, che ha appena terminato il quarto anno di liceo linguistico «in ambito business to business, e in particolare nella sezione che si occupa delle relazioni tra Engie e altre aziende per la manutenzione delle sedi degli uffici e della parte finanziaria». Un’esperienza breve ma preziosa. «Inizialmente ero intimidita, tutti erano più grandi e avevano idea di cosa fare mentre io no. Tuttavia sono stati tutti molto disponibili e presenti. Io, non potendo giustamente ricevere incarichi complessi, mi occupavo soprattutto di inserimento dati con Excel. Un lavoro un po’ noioso ma comunque utile, che mi ha fatto sentire parte dell’azienda e mi ha aiutato a capire cosa voglio e non voglio fare», aggiunge Claudia. «In Italia i percorsi di alternanza scuola lavoro sono spesso buttati lì, giusto per farti fare qualcosa» commenta anche Irene Cervadori, 17 anni, che ha concluso il terzo anno di liceo scientifico «mentre questo è perfettamente riuscito, pur essendo alla prima esperienza». Confrontarsi con il mondo del lavoro serve anche a capire il suo scollamento con il mondo scolastico e le sue lacune. «Al liceo non sappiamo usare per nulla il computer, soprattutto i programmi che servono come Excel» commenta Cervadori «facciamo pochissimi lavori di gruppo e non conosciamo abbastanza l’inglese, che invece oggi è fondamentale». La studentessa 17enne per il suo tirocinio è stata ospitata da Dolce & Gabbana: «Ho lavorato nella divisione Crm, avendo a che fare con i clienti e con vari ambiti tra cui la gestione dei dati e l’organizzazione di una sfilata per la Settimana della moda» racconta «Un’esperienza che non mi è servita tanto per imparare qualcosa in sé quanto per avere un approccio con il mondo del lavoro e capire cosa potesse piacermi. Pensavo che in un’azienda così grande avrei fatto “archivio”, invece sono stati tutti molto disponibili e mi hanno coinvolto in varie attività, tra cui un progetto di styling di negozi in Giappone». L’esperienza si è conclusa con la presentazione dei lavori finali. Le dodici studentesse si sono cimentate con due case studies, di cui uno consistente nell’organizzazione di una giornata che coinvolgesse le famiglie del distretto Bicocca e un altro nell’organizzazione di un hackathon. Le ragazze hanno presentato un project charter con obiettivi, opportunità e rischi e un Wbs (work breakdown structure), una scomposizione in sotto parti del progetto.«C’è stata sorpresa nello scoprire quanto il prodotto realizzato fosse professionale. Le ragazze hanno mostrato grande entusiasmo e interesse, non a caso per portare a termine il progetto hanno superato abbondantemente il monte ore obbligatorio per l’alternanza», spiega soddisfatta Sonia Rizzo. Secondo una ricerca dell’Allen Institute for Artificial Intelligence a Seattle, che ha preso in considerazione milioni di paper pubblicati dal 1970 al 2018, l’Italia è agli ultimi posti nel confronto europeo sul tasso di occupazione delle donne e, secondo Eurostat, solo il 21,8 per cento dei vertici aziendali è costituito da donne. La parità di genere in ambito informatico, inoltre, si raggiungerà fra poco più di 100 anni. In Cefriel, su 137 dipendenti solo il 30 per cento sono donne. Da qui la scelta di rivolgere inizialmente il percorso esclusivamente alle studentesse.  Ora, dopo gli ottimi feedback di questa prima edizione, l’idea di Cefriel è quella di allargare la platea sia nel genere, rivolgendosi anche i ragazzi, sia nei percorsi di studio, coinvolgendo istituti scolastici differenti.Rossella Nocca

Decreto Crescita, come cambiano gli incentivi per far rientrare gli expat (e non solo) in Italia

Il decreto legislativo 147/2015 all'articolo 16 ospita una norma di agevolazione per chi trasferisca in Italia la propria residenza fiscale dopo un periodo di lavoro o studio all'estero di minimo 24 mesi. Il testo, recentemente modificato dal Decreto Crescita, è strutturato in modo da rendere fiscalmente vantaggioso per i "cervelli" il trasferimento in Italia, siano essi cittadini che tornano in patria o stranieri che (a determinate condizioni) abbiano deciso di trasferirsi per la prima volta nel Belpaese. Ecco tutto quello che c'è da sapere.C'è un limite di età per partecipare? No, nessun limite anagrafico. I benefici per gli impatriati sono aperti a tutti gli italiani?Sì, e non solo. La norma, nella parte dedicata alla seconda platea (comma 2 dell'articolo 16), specifica che possono accedere ai benefici anche i cittadini comunitari o di paesi extra-comunitari con i quali l'Italia abbia sottoscritto e ratificato una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale. In questo caso i beneficiari devono essere in possesso di una laurea (di qualsiasi livello, anche conseguita all'estero). Il comma 1 invece è aperto ai cittadini comunitari ed Extra UE a prescindere dal titolo di studi.Serve essere laureati? La platea del comma 1 non ha bisogno di un titolo di studio specifico, ma deve solo avere lavorato all'estero almeno due anni dimostrando anche la residenza fiscale nel paese straniero e trasferire poi la residenza fiscale in Italia lavorandovi per almeno due anni. Gli stranieri che volessero invece usufruire della misura secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 16 devono, invece, avere una laurea, anche se conseguita all'estero.È previsto un numero massimo di impatriati a cui sarà possibile concedere il beneficio? La norma non prevede un numero massimo di impatriati che possono accedere al beneficio.C'è un contingentamento riguardo al numero di stranieri che potenzialmente potranno richiedere l'accesso alla misura?La norma non prevede un limite massimo di risorse o un numero di lavoratori che possono potenzialmente accedere al beneficio fiscale. Chiaramente i lavoratori non comunitari per venire a lavorare in Italia dovranno continuare a rispettare la normativa vigente in materia di regolazione dei flussi migratori di cui al decreto legislativo 286/1998.Serve dimostrare di essere stati iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero?La versione della norma antecedente alla novità introdotta dal Decreto crescita richiedeva l'iscrizione all'Aire. Le novità del decreto crescita (comma 5-ter) hanno modificato il requisito: il richiedente dovrà risultare precedentemente residente all'estero ai sensi delle sole norme italiane (con obbligo di iscrizione all'Aire) ma in alternativa potrebbe risultare residente all'estero secondo criteri sostanziali ai sensi dell'articolo 4 delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Esempi di tali criteri di fatto sono il possesso di una abitazione permanente all'estero o avere fuori dall'Italia 'il centro degli interessi vitali'.La cittadinanza italiana è un requisito indispensabile?No. Come visto, oltre ai cittadini italiani possono fare domanda anche i cittadini degli altri Paesi dell'Unione Europea, nonché di paesi extra-comunitari con i quali l'Italia abbia sottoscritto e ratificato una convenzione per evitare le doppie imposizioni. Questo se si rientra nella platea del comma 2. Il comma 1 come risultante dopo le novità del decreto Crescita, oltre a richiedere due anni di lavoro all'estero, non specifica requisiti di cittadinanza o anagrafici ai beneficiari del bonus.Possono fare domanda anche i dipendenti di enti pubblici?Se si tratta di enti pubblici stranieri, la risposta è certamente sì. Se invece di enti pubblici italiani, non possono fruire dell'incentivo coloro che - in funzione di questo rapporto - hanno lavorato all'estero a meno che il comando (o distacco) non abbia comportato un sostanziale mutamento di incarichi e responsabilità rispetto al ruolo lavorativo originario prima del periodo trascorso all'estero.A quanto ammonta la riduzione dell'imponibile fiscale?In tutti i casi si parla di una riduzione di almeno il 70% dell'imponibile fiscale, per ambo i sessi, per cinque anni d'imposta a partire da quello del trasferimento. Sarà possibile aumentare la percentuale di sconto dal 70 al 90% dell'imponibile per i lavoratori che trasferiscano la propria residenza in una delle otto regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Inoltre, la durata del bonus salirà da cinque a dieci anni (con uno sconto sull'imponibile del 50% dal sesto al decimo anno) se i lavoratori hanno almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido oppure se acquistano almeno un'unità immobiliare residenziale in Italia, o dopo il trasferimento o nell'anno antecedente. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido, durante il periodo di prolungamento dal sesto al decimo anno i redditi da lavoro sono detassati al 90%.Come verrà calcolato?Tecnicamente si tratta di un abbattimento del reddito imponibile ai fini del calcolo dell'Irpef. Secondo le simulazioni svolte dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nell’approfondimento pubblicato il 30/05/2019 nel caso di un lavoratore senza figli e senza immobili acquistati al rientro, residente nel Centro Nord, con una RAL annua di euro 50.000, l’imponibile fiscale sarà ridotto al 30% per gli anni dal 2020 al 2024. Omettendo dal calcolo le addizionali regionali e comunali IRPEF, il predetto lavoratore avrà un imponibile fiscale ridotto a 13.568 euro. L’IRPEF netta da pagare sarà pertanto solo 1.492 euro in luogo di una IRPEF netta in condizioni ordinarie di euro 13.152. Il risparmio d’imposta sarà di 11.660 euro, ovvero pari al 88,66% dell’imposta complessiva. È una misura pensata solo per i lavoratori subordinati?No, è rivolta anche ai lavoratori percettori di rediti assimilati a lavoro dipendente (come i collaboratori coordinati e continuativi), ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi di impresa.L'agevolazione dei cosiddetti impatriati ha una scadenza? L'agevolazione è strutturale, pertanto non ha una scadenza. Le disposizioni a seguito delle modifiche del decreto crescita si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal 2020.Per godere di questo trattamento bisognerà iscriversi a qualche lista?No, basterà specificare al momento della dichiarazione dei redditi di voler applicare la tassazione con l'imponibile ridotto secondo tale agevolazione. Il lavoratore, in sede di assunzione, dovrà comunque autocertificare il possesso dei requisiti per richiedere al sostituto d'imposta l'applicazione della tassazione su di un imponibile fiscale ridotto. C'è l'obbligo di spostare ufficialmente la propria residenza in Italia per godere dei vantaggi degli impatriati?La legge stabilisce che i beneficiari devono trasferire la propria residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica 917/1986, a partire dal periodo d'imposta 2020.C'è l'obbligo a trattenersi per un certo periodo in Italia, per il fatto di avere usufruito del vantaggio fiscale?Sì, per accedere all'agevolazione i lavoratori che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni.Cosa succede se si gode per uno o più anni dell'agevolazione e poi si decide di ritrasferirsi all'estero prima che siano trascorsi i due anni?L'Agenzia delle entrate recupera l'agevolazione oltre ad addebitare sanzioni ed interessi. C'è un tetto retributivo?Non c'è per i percettori di redditi di lavoro dipendente. Ai redditi di lavoro autonomo e di impresa, il beneficio si applica nel rispetto della disciplina generale dei cosiddetti “aiuti de minimis”, contenuta nel regolamento UE nn. 1407 e 1408 del 2013 e n. 717 del 2014. Pertanto, il beneficio non può superare i 200mila euro in tre anni. L'agevolazione rileva nel periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione dei redditi in cui l'agevolazione è fruita. Nella verifica del rispetto del limite occorre considerare ogni aiuto ricevuto dal lavoratore autonomo o dall'impresa concesso in base al regolamento c.d. de minimis oltre a quello in esame.Sono state previste delle deroghe per alcune categorie di lavoratori?In sede di conversione del decreto legge è stata introdotta una deroga per i redditi degli sportivi professionisti impatriati, che rimangono detassati al 50%, in luogo del 70%. Inoltre, a tali soggetti non si applicano la maggiorazione dell'agevolazione spettante ai lavoratori impatriati che si trasferiscono nel Mezzogiorno, né la maggiorazione prevista in caso di più figli a carico. Infine, l'applicazione del regime agevolato degli sportivi professionisti viene subordinata al versamento di un contributo pari allo 0,5% dell'imponibile.Le imprese che assumono gli "impatriati" avranno dei vantaggi economici?No. Il vantaggio è esclusivamente sull'imponibile fiscale del lavoratore. Le imprese però potrebbero avere un indiretto vantaggio dovuto dall'interesse del lavoratore a percepire uno stipendio netto maggiore. Per tale motivo, gli impatriati potrebbero essere incentivati a rientrare in Italia anche in caso di RAL offerta pari od inferiore rispetto a quella percepita dall'attuale datore di lavoro estero.[FAQ redatte con la gentile collaborazione di Dario Fiori e Antonello Orlando, esperti della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro]

International Intern Leadership Conference, gli stagisti EY di tutto il mondo si incontrano a Orlando

Dal 30 luglio al 2 agosto una selezione di giovani di EY Italia parteciperà alla 23esima edizione della International Intern Leadership Conference presso Walt Disney World a Orlando, in Florida.  "Intern" è il termine inglese che significa "stagista": l’appuntamento annuale riunisce infatti una rappresentanza dei migliori stagisti delle varie sedi EY sparse per il mondo, per dare loro l’opportunità di conoscere la visione e la strategia del gruppo e di entrare in contatto con i colleghi e i leader globali di EY. 3mila i giovani selezionati ogni anno per partire. Quest’anno a rappresentare EY Italia, e quindi a trascorrere cinque giorni in America con viaggio e permanenza a spese dell'azienda, saranno tre degli “ambasciatori del brand” che hanno partecipato al Campus Ambassador Program 2019, ovvero studenti che sono stati selezionati per diventare testimonial dei valori di EY all’interno delle loro università e poi per svolgere un periodo di stage in azienda.  «È stata una bellissima esperienza» racconta Antonio Pirozzi, 28 anni, napoletano, laureato in Giurisprudenza, che ha partecipato alla International Intern Leadership Conference 2018 e che oggi è Taxi consultant presso lo staff Global mobility di EY Italia «e un prezioso momento di confronto, non solo con i giovani colleghi ma anche con chi ricopre ruoli apicali nel gruppo. Mi è servito a capire quali sono le prospettive future e perché devo crescere qui dentro». «È impressionante perché ti rendi conto solo lì di far parte di qualcosa di enorme» racconta Irene Galletti, 26 anni, bolognese, laureata in Economia aziendale e Assistant nella divisione Advisory, anch'ella reduce dall'edizione 2018 della conferenza «Per me dal punto di vista motivazionale non ha guastato, ed è stato una ventata di aria fresca in un periodo, quello estivo, di stress e scadenze».Chi lavora in EY ha già a che fare ogni giorno con una dimensione internazionale, per questo esperienze del genere non possono che arricchirne il bagaglio. «Con il mio staff gestiamo posizioni di manager e ruoli apicali che girano il mondo, assistendoli fiscalmente. Si può dire che giriamo il mondo anche noi restando seduti», aggiunge Pirozzi.Durante la conferenza i partecipanti sono coinvolti in diverse attività, come team working all’aria aperta con business case, e workshop, e, durante le cene di gruppo, assistono a speech di leader aziendali. Tra le attività più apprezzate, ce n’è una in cui ciascun partecipante deve confrontarsi per cinque minuti con un collega straniero e individuare dei punti comuni, con l’obiettivo di far capire che, pur provenendo da una realtà culturale diversa, chi appartiene al EY ha sempre qualcosa in comune. «Quella di Orlando è un’opportunità che difficilmente ti danno in altri posti» racconta Mattia Salvioni, 24 anni, di Merate (Lecco), laureato in Economia e management e oggi Consultant nella divisione Financial Business Advisory, tra i dodici giovani della rappresentanza italiana nella scorsa edizione: «e un’esperienza di valore che ti restituisce lo spirito di una realtà globale che, se sei appena entrato, ancora non puoi percepire». «Ci siamo trovati a parlare dei valori dell’azienda e come si traducevano nella quotidianità degli uffici delle varie nazioni e ci siamo confrontati su cosa facessero i nostri colleghi negli stessi ruoli. Questo ha fatto si che il network si instaurasse veramente», commenta Galletti. Che poi aggiunge: «Ho notato in altre risorse, soprattutto americane e canadesi, una grandissima identità aziendale, forse anche perché ci sono più eventi intorno all’azienda», commenta Galletti. Il più spiccato senso di appartenenza è una delle principali differenze individuate dai giovani italiani rispetto ai colleghi internazionali. E ancora, «oltre al gap retributivo rispetto soprattutto ad America e Nord Europa, all’estero risultano più pragmatici e improntati al risultato, mentre noi abbiamo il valore aggiunto della qualità. Probabilmente dall’altra parte si perdono degli aspetti, ma raggiungono una maggiore efficienza», conclude Salvioni. Il confronto a qualcuno è servito anche a tornare con un maggiore bagaglio di sicurezza. «Essendo agli inizi, il contributo che mi sentivo di dare era limitato, anche perché sono una persona tendenzialmente timida» aggiunge Galletti «ma un’esperienza così grande ha fatto sì che mi sbloccassi, condividessi di più con il mio team e mi identificassi con l’azienda, cosa che prima non avevo fatto. È stato un bel premio per il primo anno di lavoro!»Un premio e un'opportunità che quest'anno potranno avere anche i giovani studenti-ambasciatori di EY Italia, valore aggiunto per la loro esperienza di approccio al mondo aziendale. Rossella Nocca