Categoria: Storie

“Ho sentito il fuoco del volontario”, quattro giovani del servizio civile raccontano perché hanno deciso di continuare

Avrebbero potuto restare a casa, senza rischi e continuando a percepire il loro rimborso spese mensile. E invece oltre 3mila giovani volontari del servizio civile, da Nord a Sud, hanno scelto di continuare la loro esperienza per dare il proprio contributo durante l’emergenza Covid-19. Questo prima ancora che, il 4 aprile, il Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale annunciasse la ripresa dei progetti.«Tutti i nostri volontari sono rimasti attivi» racconta Veronica Somma, operatore locale di progetto presso l’Associazione R.O.S.S. (Reparto Operativo Soccorso Stabia) di Castellammare di Stabia, da dodici anni nel mondo del volontariato, dal terremoto di Amatrice all’emergenza Coronavirus «e abbiamo riconvertito i nostri progetti, perché le persone più deboli avevano bisogno di noi».La Repubblica degli Stagisti ha raccolto le testimonianze di alcuni volontari che, nonostante l'iniziale sospensione del servizio civile, con la possibilità di usufruire di «giorni di permesso straordinario per causa di forza maggiore» fino al 3 aprile scorso, hanno scelto di restare operativi, nell'ambito di progetti promossi da Arci Servizio Civile e Amesci funzionali a fronteggiare l'emergenza Coronavirus.  Miriam Sicilia, 28 anni, volontaria nel progetto “Comunit-aria” presso il Comune di Cisternino (Brindisi)Dopo la circolare di sospensione del 10 marzo, mi hanno detto che c’era la possibilità di continuare il mio servizio presso il Coc, il centro operativo comunale, attivato in casi di emergenza. Non ho avuto alcun dubbio, forse anche perché non ero ancora entrata nel pieno della consapevolezza di cosa fosse questo virus. Tuttavia oggi lo rifarei, perché sono sempre stata legata al mio paese, dove ho scelto di rimanere, e oggi posso rendermi utile per la mia comunità. Ci occupiamo di ricevere le telefonate delle persone in quarantena obbligatoria o fiduciaria e degli anziani per la consegna della spesa e dei farmaci, interfacciandoci con Croce Rossa, Unitalsi e Protezione civile e offriamo anche un supporto psicologico. Quello che più mi colpisce è quanta povertà stia emergendo. Sentire dall’altra parte della cornetta un “grazie” o semplicemente un tono di voce che cambia ti fa sentire appagata. Di questa esperienza mi porterò dietro il non dare per scontato nulla. Oggi mi sono riscoperta molto più paziente e so che, anche se per risollevarci ci vorrà un po’, dopo tutto questo avrò le spalle più forti per farlo.Alì Mammer, 20 anni, volontario nel progetto "Comune Amico" presso il Comune di Casale di Scodosia (Padova) Il mio progetto consiste nell’assistenza agli anziani, per questo non ho mai pensato di fermarmi. Anzi, l’emergenza ha rafforzato la mia volontà di fare il servizio: sapevo che le persone avrebbero avuto bisogno più di prima. Infatti il nostro servizio oggi si è ampliato: consegna di pasti giornalieri agli over 65, ma anche medicinali, spesa, commissioni in banca o in posta, accompagnamento in ospedale per visite etc. È bello vedere la riconoscenza negli occhi delle persone. Questa esperienza ci sta cambiando la visione del mondo: stiamo capendo quanto sia importante sostenersi, darsi un aiuto nei momenti di difficoltà. Dario Di Palma, 21 anni, volontario nel progetto Campania Aib presso l'Associazione R.O.S.S. (Reparto Operativo Soccorso Stabia) di Castellammare di Stabia (Napoli)Tutto è iniziato dalla telefonata di una signora anziana che, in lacrime, ci ha chiesto un aiuto per gli alimenti. Da lì abbiamo sentito il “fuoco del volontario”, una fiamma attiva in tutti noi, e abbiamo capito che non desideravamo altro che renderci utili per la nostra comunità. Abbiamo montato le tende per il triage in ospedale e oggi prestiamo assistenza per l’imbarco e lo sbarco passeggeri al porto e prepariamo e consegniamo i pacchi alimentari. Le giornate cominciano alle cinque e mezza per chi presta servizio al porto e finiscono alle otto e mezza di sera. Ma vedere le persone che ci sorridono ripaga di tutto. Sin da piccolo volevo entrare nella Protezione civile perché la vedevo vicina ai cittadini, oggi finalmente posso fare qualcosa per chi ne ha bisogno. Martina Amenta, 23 anni, volontaria nel progetto "Un'esperienza nell'emergenza" presso la Croce Reale di Venaria (Torino)Il mio progetto consiste in un servizio di 118 assistenziale, per il trasporto negli ospedali di pazienti in dialisi. Inizialmente ne avevo scelto un altro sulla promozione culturale, ma sono stata ritenuta più idonea per questo e oggi sono contentissima che sia andata così. Sto imparando a rapportarmi con la paura attraverso i pazienti che, essendo più vulnerabili, hanno bisogno di essere rassicurati. Certo all’inizio ho pensato che, entrando a contatto con persone più esposte, avrei messo più a rischio di contagio anche i miei genitori. Tuttavia lo spirito del volontario è proprio quello di provare a essere utile, no?Altre storie di volontari si possono trovare sui canali social del Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, che ha avviato la campagna #noirestiamoconvoi, proprio per dare risalto ai “volti” di alcuni dei tanti giovani che si si stanno impegnando durante questa emergenza. Rossella Nocca

«Stage al Consiglio dell’Ue, durissimo entrarci per gli italiani: ma vale la pena tentare più volte»

Il Consiglio dell'Unione europea offre ogni anno un centinaio di posti per tirocinanti europei con almeno la laurea di primo livello, con un buon rimborso spese: più di 1000 euro mensili. E mette a disposizione anche alcuni posti per studenti senza rimborso spese ma con assicurazione medica e rimborso spese di viaggio. L'avvio degli stage per chi farà domanda entro il 16 marzo, e verrà selezionato, è previsto per settembre 2020. Alessio Foderi, 25 anni, ha partecipato al progetto da febbraio a giugno 2019 e ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza a Bruxelles. Vengo da un piccolo paese in provincia di Grosseto, dove le opportunità lavorative non sono molte. Finito il liceo linguistico, mi sono trasferito a Pisa per studiare mediazione linguistica, città dove mi sono poi laureato nel luglio 2016. Durante questi anni dedicati alla traduzione e all’interpretariato – in cui ho avuto modo di approfondire la conoscenza di inglese e francese e iniziare a studiare il russo – si è affiancata la passione per il giornalismo. Nata quasi per caso e in maniera molto artigianale fra i microfoni di RadioEco, una delle prime web-radio universitarie, molto conosciuta sul territorio pisano. Lì ho lavorato due anni in maniera volontaria: ho sia condotto come speaker un programma settimanale dedicato all’associazionismo che scritto per il sito di varie tematiche. Mi piaceva talmente tanto questo mondo che ho deciso, subito dopo la laurea triennale, di tentare l’accesso alle scuole di giornalismo. È andato bene il primo tentativo e ad ottobre 2016 ho cominciato il master biennale dell’università Lumsa di Roma,  riconosciuto dall’Ordine dei giornalisti. A Bruxelles ci sono finito tre anni dopo. Se per molti un tirocinio nelle istituzioni europee è un punto di partenza, per me è stato una sorta di traguardo successivo. Ho sempre sognato di mettere piede nella bolla europea e capire dall’interno come funzionasse. Avevo mandato delle application per i tirocini curricolari in traduzione al momento della laurea triennale, ma non erano andate a buon fine. Così, anni più tardi, ho visto su internet il consueto bando del Consiglio dell’Unione europea e ho deciso di ritentare, questa volta nel settore comunicazione, mentre stavo preparando l’esame da giornalista professionista per l’iscrizione all’Albo. Non bisogna arrendersi, infatti, se la prima domanda non va a buon fine: il processo di selezione per questo tipo di stage è molto duro e soprattutto la competizione per noi italiani aumenta tantissimo, visto che fra gli stati membri siamo in cima alla lista per numero di candidature. Riprovarci è stato positivo perché due mesi dopo ho ricevuto la notizia della preselezione e poi, superato un colloquio telefonico, la conferma che rientravo fra i sessanta tirocinanti del periodo Febbraio-Giugno 2019. Così ho deciso di mollare tutto quello che stavo facendo e, superato lo scritto per l’ammissione all’Albo, sono partito per Bruxelles per questa nuova avventura.Nonostante per me non fosse la prima esperienza all’estero – avevo già alle spalle un tirocinio a Londra in un’agenzia di traduzione e uno a Parigi nella redazione esteri del quotidiano Libération – e neanche la prima lavorativa, l’entusiasmo di varcare le porte dell’istituzione era moltissimo. Sono stato assegnato all’unità chiamata Organisational Development, relativamente nuova al Segretariato generale che include tre mini-nuclei di lavoro, fra cui l’attività editoriale di internal communication. Il mio ruolo infatti era la scrittura e l’editing di articoli in inglese e francese per l’intranet del Consiglio e la realizzazione di interviste e approfondimenti per un giornale cartaceo diffuso internamente. Ho anche creato e montato video per alcuni canali di comunicazione interni al Consiglio. E oggi  posso tranquillamente dire che questa esperienza è una delle più belle che ho avuto la fortuna di fare.A Bruxelles, città che ho adorato, non è stato difficile trovare una stanza: la mia era a Botanique, 15 minuti di mezzi da Rue de la Loi, dove si trovano tutte le istituzioni. Né è stato complicato sopravvivere grazie all’assegno riservato ai tirocinanti, che consente tranquillamente di mantenersi senza gravare economicamente per quei mesi sulla famiglia, visto che un affitto medio è di 500-600 euro per una stanza e l’assegno mensile del tirocinio ammonta a 1.150 euro. Una somma che equivale di fatto a uno stipendio italiano. Ecco perché moltissimi connazionali fanno domanda per questi tirocini. L’ambiente del Consiglio, poi, è piccolo e gli stagisti sono molti di meno rispetto alle centinaia di Parlamento e Commissione europea: questo fa sì che ci si conosca tutti, si condividano esperienze e si faccia squadra.Ricordo il mio primo giorno di stage: di solito viene fatta una presentazione generale di tutto il periodo e poi si viene accompagnati nell’ufficio di competenza. Nel mio caso sono stati tutti gentilissimi, facendomi trovare cartelli di benvenuto davanti al pc e spiegandomi gradualmente il lavoro che avrei fatto. Ho trovato delle persone stupende, che fin dai primi giorni hanno capito le mie competenze e i miei punti deboli, valorizzato le mie capacità, consentendomi di sviluppare tutta una serie di social skills che in un contesto come quello brussellese sono fondamentali. Tra i pregi dello stage c’è il fatto che il tirocinante può “modellare”, ed è incoraggiato a farlo, il suo tirocinio con tutta una serie di esperienze complementari, possibilità spesso negata anche da grandi aziende e enti pubblici italiani. Così i compiti assegnati possono essere integrati con esperienze volontarie all’interno del Consiglio: nel mio caso ho seguito i vertici europei sia lavorando per l’ufficio stampa che per i social media. Ho anche partecipato al comitato editoriale di una rivista di monitoraggio think tank su temi specifici. Altro pregio è il lavoro dell’ufficio tirocini che organizza per ogni gruppo di trainees visite in tutte le istituzioni e study trip anche a Strasburgo e Lussemburgo. Insomma, anche se nel mio caso non ero completamente privo di esperienza, ho imparato moltissimo: le persone che ho incontrato mi hanno sempre dato un feedback, un consiglio e un aiuto. Credo poi che ogni funzionario europeo ha la sua storia e questa possa essere un’ispirazione per il futuro di chiunque si affacci in quella bolla. È veramente difficile trovare un difetto a questa esperienza.Finito il tirocinio sono tornato in Italia e sono stato richiamato da Skytg24, testata dove avevo svolto i due stage obbligatori della mia scuola di giornalismo. Qui ho avuto un tempo determinato durante i mesi estivi e dopo ho deciso di restare a Milano, dove al momento lavoro come giornalista freelance, collaborando con varie testate online. Sono in contatto con vari colleghi rimasti a Bruxelles che adesso lavorano quasi tutti, anche perché il programma è molto orientato alla ricerca di un lavoro successivo. Quello che ho tratto dall’esperienza europea è sicuramente la flessibilità di adattarsi, la capacità di reinventarsi e la necessità di condividere. Tutte queste nozioni state utili anche alla mia professione e soprattutto a un giornalista in erba. Chi vuole fare questo mestiere oggi spesso non si rende conto di due aspetti: i cambiamenti velocissimi della società (con relativi rischi e opportunità) e le infinite applicazioni di questa professione in altri ambiti. Non bisogna cristallizzarsi alla figura nuda e cruda che si ha in testa, ma essere mentalmente aperti ad adattarsi e sfruttare le applicazioni delle proprie competenze. Stando nella bolla ho visto molti giornalisti lavorare in contesti molto stimolanti e sicuramente diversi da quelli dell’immaginario collettivo. Il giornalismo è profondamente in evoluzione e solo cercando di accompagnare questo movimento si può riuscire a raggiungere i propri obiettivi.Avendo fatto molti stage in Italia credo che la maggior differenza con l’estero sia la considerazione dello stagista: fuori dai nostri confini chi svolge uno stage di qualsiasi tipo viene visto come una risorsa, apprezzato, integrato e valorizzato. Spesso da noi, invece, non è così e lo stagista viene confinato a mansioni per le quali è svalutato, sottopagato (quando è pagato) e sovra-qualificato. Insomma la fiducia è forse la parola chiave e il più grande vulnus italiano. Sono consapevole che un tirocinio nelle istituzioni è forse un’esperienza talmente bella che può esser considerata un’eccezione, ma la regola dovrebbe essere cercare di cogliere nella persona –nuova risorsa che raggiunge una squadra già esistente – tutte le sue qualità, migliorarle e farla crescere professionalmente.Quindi se uno stage al Consiglio Ue è tra i vostri desideri, continuate a provare a far domanda. E ricordate che è fondamentale parlare bene inglese, meglio anche il francese, sapersi mettere in gioco e in discussione e avere un ottimo spirito di iniziativa. Sarete poi avvantaggiati se avete già studiato o lavorato all’estero.Questa esperienza ha arricchito il mio bagaglio dal punto di vista umano: ho imparato come bisogna muoversi in un contesto pubblico, istituzionale e multiculturale. Per questo raccontarla su la Repubblica degli Stagisti, testata che conosco da molto tempo e dove ho letto varie storie ed esperienze, è un vero piacere. Credo che la sua utilità sia appunto lo scambio di informazioni e l’ispirazione che ognuno può trarre da storie altrui. Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Da Palermo a Berlino a Bruxelles, la passione per le lingue mi ha portato al Consiglio dell’Ue»

Il Consiglio dell'Unione europea offre ogni anno un centinaio di posti per tirocinanti europei con almeno la laurea di primo livello, con un buon rimborso spese: più di 1000 euro mensili. E mette a disposizione anche alcuni posti per studenti senza rimborso spese ma con assicurazione medica e rimborso spese di viaggio. L'avvio degli stage per chi farà domanda entro il 16 marzo, e verrà selezionato, è previsto per settembre 2020. Giulia Romano, 26 anni, ha partecipato al progetto da settembre 2019 a gennaio 2020 e ha raccontato alla Repubblica degli Stagisti la sua esperienza a Bruxelles.Sono nata a Palermo da mamma siciliana e papà campano, ma ho sempre vissuto a Ronciglione, un piccolo paese in provincia di Viterbo. Da sempre abituata a parlare in casa diversi dialetti, ho sviluppato fin da piccola una certa predisposizione all’apprendimento delle lingue e una grande passione per le culture straniere. Per questo non ho mai avuto dubbi sul mio percorso di studi: preso il diploma al liceo classico linguistico di Viterbo, mi sono iscritta alla laurea triennale in Lingue e culture moderne e successivamente a quella magistrale in Lingue e culture per la comunicazione internazionale, laureandomi nel 2018, entrambe presso l’Università degli studi della Tuscia di Viterbo, studiando l’inglese, il tedesco e il francese.Nel corso dei miei studi ho avuto diverse esperienze che mi hanno avvicinata al mondo del lavoro. Ho svolto il mio primo tirocinio curriculare da settembre a ottobre 2015 presso il Comune di Viterbo, dove mi sono dedicata principalmente ad attività di ricerca sul tema della comunicazione istituzionale e il secondo durante la magistrale presso l’Ufficio mobilità e cooperazione internazionale dell’università, da ottobre a marzo 2017. In questo secondo caso mi sono occupata di attività amministrative e assistenza agli studenti italiani e stranieri nell’ambito del programma Erasmus. Ho scelto queste due sedi tra una serie di enti e aziende convenzionate con l’università ma essendo entrambi tirocini curriculari non ho percepito alcun compenso, solo i crediti formativi.Per circa un anno ho lavorato anche nella biblioteca dell’università attraverso un contratto di collaborazione studentesca part-time, grazie al quale ho percepito un compenso totale di circa 900 euro. Successivamente ho lavorato come volontaria del Servizio Civile Nazionale, con un rimborso spese di circa 400 euro mensili, presso l’associazione MODAVI Onlus di Viterbo nell’ambito del progetto “DIKE: together against violence”, sensibilizzando la comunità sul tema della violenza contro le donne e organizzando attività di promozione sociale sul territorio della provincia.Ho anche avuto due meravigliose esperienze Erasmus, fondamentali sia dal punto di vista professionale che personale. Durante la triennale ho vissuto per cinque mesi, da ottobre 2013 a febbraio 2014 a Saarbrücken, città universitaria a sud della Germania, frequentando per un semestre l’Università del Saarland. È stato davvero bello vivere la realtà universitaria di un altro paese: ho seguito contemporaneamente diversi corsi di tedesco, inglese e francese alla facoltà di Germanistica, imparando davvero tanto grazie ad un approccio più pratico e diretto rispetto a quello italiano, molto più teorico e basato sullo studio individuale. Era la mia prima esperienza all’estero: ho imparato a cavarmela da sola e ad affrontare numerose difficoltà in un ambiente totalmente nuovo, a convivere con altre persone, nel mio caso altre due studentesse, e a gestire autonomamente tutte le mie spese. Avevo una borsa di studio di circa 350 euro mensili che è stata sicuramente di aiuto ma non sufficiente a coprire tutto il mio soggiorno in Germania. L’estate seguente alla laurea magistrale, invece, sono partita per un tirocinio post laurea di tre mesi, da giugno a fine agosto 2018, presso l’Institute for Cultural Diplomacy di Berlino, città di cui mi sono innamorata profondamente. Qui ho avuto modo di organizzare interessantissime conferenze su diversi temi di cultura e attualità, di scrivere articoli per il sito berlinglobal.org e di promuovere le attività dell’ICD sui social media. A differenza del mio primo Erasmus per studio, si è trattato quindi della mia prima volta in un ambiente di lavoro internazionale ed è stata proprio questa esperienza a farmi maturare professionalmente e a convincermi a proseguire la mia carriera nell’ambito della comunicazione e dell’organizzazione di eventi. Anche in questo caso, la borsa di studio di circa 400 euro mensili mi ha aiutato a coprire solo parte delle spese, ma fortunatamente ho trovato Berlino una città molto abbordabile dal punto di vista economico, specialmente se paragonata ad altre capitali europee.Terminato questo tirocinio Erasmus ho deciso di tornare in Italia per cercare lavoro, decisa a mettermi in gioco in una nuova esperienza all’estero. Ero da tempo a conoscenza delle possibilità di stage presso le istituzioni europee, in cui avevo sempre sognato di lavorare, così ho iniziato a candidarmi per vari tirocini di questo tipo, oltre che per posizioni nell’ambito del Servizio Volontario Europeo. Nel frattempo ho svolto alcuni lavori di traduzione per siti web e deciso di ampliare le mie competenze, frequentando un corso di specializzazione presso la Europa Cube Innovation Business School a Roma. Grazie al corso mi sono avvicinata al mondo del project management che mi aveva sempre incuriosita. Ho lavorato per sei mesi alla scrittura di un progetto, simulato sulla base di una reale proposta di bando, la cui valutazione positiva mi ha permesso di ottenere il titolo di Master in Europrogettazione nell’aprile 2019. Nel frattempo ho ricevuto risposta per una delle application fatte: lo stage presso il Parlamento europeo, per cui ho sostenuto un colloquio arrivando all’ultima fase della selezione, senza però superarla. Dopo sono stata contattata anche per un colloquio al Consiglio dell’Unione europea e da numerose associazioni e ONG a livello internazionale. E alla fine nell’estate dello scorso anno ho ricevuto due risposte positive: da un’associazione tedesca per un interessantissimo progetto a contatto con i giovani e dal Consiglio dell’Unione europea. Ho dovuto fare una scelta e deciso di seguire il cuore: nel mese di agosto mi sono trasferita a Bruxelles per iniziare il mio tirocinio al Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea nella sessione settembre – gennaio 2020. Ricordo ancora perfettamente il mio primo giorno di stage, in cui ho provato una sensazione forte e strana, un misto di stupore, paura ed eccitazione per l’avventura che stava per cominciare. C’erano altre cinque ragazze italiane e altri giovani da tutta Europa, per un totale di circa 60 stagisti. Dopo una serie di presentazioni informative e consigli utili, ognuno di noi è stato affidato ai colleghi del proprio ufficio. A me è stato assegnato il dipartimento di Comunicazione e Informazione e in particolare la Outreach Unit, ovvero l’unità che si occupa delle attività di comunicazione con l’esterno, quindi con i cittadini. I miei compiti includevano, tra le altre cose, la gestione delle richieste da parte di coloro che intendevano visitare il Consiglio, l’organizzazione delle visite di gruppo, l’accoglienza dei visitatori presso il “Centro visitatori”, l’accompagnamento durante le visite guidate degli edifici e l’organizzazione di eventi, conferenze e seminari aperti al pubblico. Ho avuto modo di praticare moltissimo l’inglese e il francese, lingue di lavoro principali, di imparare a gestire la comunicazione a livello istituzionale e a relazionarmi con qualsiasi tipo di persona, ma soprattutto di lavorare con un team incredibile che mi ha fatto sentire parte integrante della squadra fin dal primo giorno. Inoltre, grazie al programma organizzato appositamente per i tirocinanti, ci è stata data la possibilità di seguire diversi progetti in base ai nostri interessi, di partecipare a workshop e conferenze, di visitare le altre istituzioni europee (anche a Strasburgo e Lussemburgo) e di partecipare attivamente al lavoro del Consiglio in occasioni uniche come i Summit del Consiglio europeo.Bruxelles, poi, è stata una piacevole scoperta. Non l’avevo mai visitata prima del tirocinio e spesso non ne avevo sentito parlare benissimo. L’ho trovata invece una città a misura d’uomo, stimolante, multiculturale e piena di opportunità. Sono stata abbastanza fortunata da trovare una comodissima stanza in un appartamento con altre tre ragazze nel quartiere di Etterbeek, a soli 10 minuti a piedi dal quartiere europeo, tra i 500 e i 600 euro di affitto (un’ottima soluzione considerando la media degli affitti e la zona in questione). Avevo un rimborso spese di circa 1.100 euro al mese, più una tessera per la mensa con un credito mensile di circa 40 euro e un rimborso per le spese di viaggio da e per il proprio paese all’inizio e alla fine dello stage. Con queste cifre si arriva a gestire più o meno tranquillamente tutte le spese necessarie, senza rinunciare al divertimento. E su questo fronte questa esperienza me ne ha regalato davvero tanto. Tra i miei colleghi di tirocinio ho conosciuto delle persone uniche con cui si è creato un legame davvero profondo che, ne sono certa, la distanza non riuscirà a sciogliere.Al momento, sono appena rientrata a casa e sono alla ricerca di una nuova occupazione. Certamente la situazione in Italia non è semplice per chi si affaccia sul mondo del lavoro e in particolare degli stage che, il più delle volte, nonostante richiedano un certo livello di esperienza, non hanno un adeguato rimborso spese. Non conoscevo la Repubblica degli Stagisti, ma è stato un vero piacere scoprire questo importante strumento per noi giovani e raccontare la mia storia, sperando che possa essere di aiuto a tanti che si trovano adesso ad affrontare questo mondo con la mia stessa curiosità e voglia di fare. E a coloro che intendono intraprendere la mia stessa strada, consiglio di puntare proprio su questa voglia di fare: la selezione per uno stage nelle istituzioni europee non è affatto facile e non esistono particolari segreti per riuscire nell’impresa, ma bisogna continuare a provare, anche se all’inizio si riceve un rifiuto. Ne vale la pena.  Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Alle superiori ho imparato solo tecnologie antiquate»: per fortuna si può rimediare

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Gioele Negri, 19 anni, oggi con un contratto di apprendistato in Noovle. Sono di Giussano, un paesino in provincia di Monza e Brianza, e nel giugno dello scorso anno mi sono diplomato all’Istituto Tecnico Informatica e Telecomunicazioni presso i Salesiani di Sesto San Giovanni. Ho scelto proprio questo indirizzo perché mi sono sempre piaciute molto le materie tecniche e la tecnologia e, fortunatamente, tutte le aspettative che avevo quando mi sono iscritto all’istituto tecnico sono state pienamente soddisfatte dal lavoro che faccio oggi.Durante il percorso scolastico ho svolto due tirocini in alternanza scuola lavoro: il primo è durato una sola settimana ed era presso la Nexths di Seregno dove ho prestato assistenza e fatto riparazione hardware e software. Il secondo è stato più lungo ed è, infatti, durato cinque settimane presso la Telbe engineering: in questo caso ho svolto il compito di installatore di apparati di rete, di videosorveglianza, allarmani e impianti elettrici. Ho avuto un tutor che mi ha inserito in azienda e alla fine permesso di lavorare come un normale tecnico, svolgendo tutte queste attività. Entrambe le esperienze sono state molto interessanti, ma in nessuno dei due casi ho ricevuto un rimborso spese.In entrambi gli stage ho avuto degli ottimi tutor che hanno saputo insegnarmi il mestiere e farmi capire come funziona il mondo del lavoro, dandomi consigli anche sul come rapportarmi con i clienti o i partner.Presa la maturità è iniziato il confronto con il mondo del lavoro. Così tramite un dipendente già assunto ho consegnato nel mese di luglio il mio curriculum alla Noovle. Sono stato chiamato per un colloquio e alla fine mi è stata fatta una proposta di stage di sei mesi a 600 euro al mese più buoni pasto da 5,20 euro. Logicamente ho accettato e cominciato il mio tirocinio con il ruolo di sviluppatore software backend in Java il 3 settembre 2018. Non ricordo moltissimo del mio primo giorno di stage, tranne il fatto di essere stato accolto molto bene dai miei poi futuri colleghi di lavoro, che ancora oggi mi affiancano e con cui mi trovo benissimo. Durante tutto il tirocinio avevo un tutor che mi ha indirizzato su tutte le tecnologie utilizzate in azienda, aiutandomi a studiare quegli argomenti che per me erano difficili.Finito lo stage, nel marzo di quest’anno, mi è stato proposto un contratto di apprendistato 5° livello del commercio con una Ral di circa 25mila euro l’anno. Non potevo certo rifiutare e così ho accettato e continuato a lavorare in Noovle ma come un dipendente a tutti gli effetti! Al momento la mia vita non è cambiata molto, anche se sto progettando nel breve periodo di andare a vivere per conto mio, ma per ora non è una priorità. Grazie al mio stipendio, però, sono stato in grado di comprarmi una macchina e alcune attrezzature per i miei hobby, che sono la fotografia e il calisthenics, un allenamento basato sulla ginnastica a corpo libero. Il mio ruolo non è cambiato rispetto allo stage visto che continuo ad essere uno sviluppatore software in java: in pratica per chi non conoscesse la materia mi occupo di sviluppare applicativi, principalmente RESTFul, per integrare diversi sistemi. La mia giornata comincia la mattina alle 9 e termina alle 18 con una pausa di un’ora per il pranzo. Quello che è cambiato rispetto al periodo del tirocinio è l’esperienza: continua ad aumentare e pian piano conosco sempre meglio il mondo del Cloud, in particolare quello di Google e della programmazione java con i suoi standard e le best practice.In futuro mi piacerebbe continuare a lavorare in aziende di sviluppo software cloud, come Google ma anche Amazon, fino a riuscire ad arrivare a gestire un mio team di sviluppo. Sono ancora all’inizio, però, e ce n’è di strada da fare. Quello che so con certezza è che non mi interessa anche in futuro iscrivermi a un corso universitario, quanto piuttosto studiare per acquisire delle certificazioni o fare pratica all’interno di alcuni progetti. E Noovle è di aiuto in questo campo visto che permette ai suoi dipendenti di iscriversi alla piattaforma di Coursera [ndr. una piattaforma che offre corsi di alta qualità aperti alle masse – Massive Open Online Courses – dalle migliori università del mondo. Il corso di per sé è gratuito ma bisogna pagare se si vuole ottenere il certificato relativo. Il costo dell’abbonamento annuale per singolo utente è di 400 dollari]. Al momento mi sto impegnando per prendere la certificazione di Cloud developer, che permette di conoscere i prodotti principali della piattaforma google e le best practices su come utilizzarli.Prima di oggi non conoscevo la Repubblica degli stagisti, ma penso che sia un progetto interessante e decisamente utile visto che tutela gli stagisti del nostro Paese. In particolare grazie alla Carta dei diritti dello stagista che consente alle aziende che la rispettano di non sfruttare gli stagisti. La mia esperienza di stage in Noovle è stata ottima ma in Italia, oggi, esiste un grande problema nel mondo dei tirocini ed è dovuto al disallineamento tra quello che ti viene insegnato a scuola e quello che, invece, chiedono le aziende. Nel mio caso durante le superiori mi erano state insegnate tecnologie ormai considerate antiquate. Me ne sono accorto e così ho iniziato ad approfondire alcuni temi per conto mio e una volta arrivato in Noovle avevo una vaga idea di come funzionassero le cose. Poi grazie alla disponibilità dei miei colleghi e ai loro insegnamenti ho ulteriormente colmato questo gap. Credo, poi, che la scuola utilizzi metodi di insegnamento ormai vecchi. Ci sono alcuni video in rete esaustivi sul tema: una scuola che dovrebbe preparare i giovani al futuro ma utilizza le stesse modalità di insegnamento del passato. Una scuola che cerca di far diventare tutti uguali nonostante, per la mia esperienza nel mondo del lavoro, le aziende ricerchino persone versatili, che pensano fuori dagli schemi e che siano molto svegli nella risoluzione dei problemi. Testimonianza raccolta da Marianna Lepore  

Ieri dalla Puglia a Milano, oggi da Milano a... Texas, Messico, Cina. Grazie a una buona occasione in Flex

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Alessandro Montesardo, 30 anni, oggi con un contratto a tempo indeterminato in Flex.Sono di Manduria, in provincia di Taranto, ma vivo a Milano ormai da quasi 12 anni – precisamente dal settembre 2008 quando ho iniziato il corso di Ingegneria dell’automazione al Politecnico. Durante l’ultimo anno di scuola superiore per decidere cosa fare ho frequentato diversi corsi di orientamento che mi hanno guidato verso questa scelta. Volevo intraprendere un percorso formativo che riuscisse a darmi una visione completa: dalla meccanica all’elettronica, dall’informatica alla robotica.Il passaggio da una città relativamente piccola a una metropoli come Milano è stato… forte. Soprattutto per lo stile di vita, molto più veloce e dinamico. E poi, certo, oltre a cambiare città ho dovuto iniziare a gestirmi completamente da solo. Ma anche se il Politecnico non ha mai creato eventi o momenti dedicati principalmente ai fuori sede per aiutare la conoscenza tra studenti, non è stato difficile ambientarsi visto che ho vissuto in un appartamento condiviso con altri universitari.Prima della laurea triennale, nel 2012, ho trascorso anche due mesi presso l’Ensta, l’École Nationale Supérieure de Techniques Avancées, a Parigi, dove ho frequentato un corso intensivo di Meccanica avanzata – Dinamica dei veicoli. Ho deciso di seguire proprio questa materia perché durante la triennale avevo già sostenuto un esame simile e mi interessava approfondire il tema. Non ho avuto difficoltà a inserirmi in nuove dinamiche universitarie o in una nuova città. Il corso a Parigi era extracurriculare e non coperto da borsa di studio, quindi l’aiuto economico dei miei genitori in questi due mesi è stato fondamentale. A differenza di Milano, nella capitale francese ho vissuto in uno studentato dove ho condiviso la stanza con gente di tutte le nazionalità: tedeschi, spagnoli, polacchi, inglesi. Un’esperienza molto interessante perché mi ha permesso di confrontarmi culturalmente e di migliorare l’inglese.Una volta presa la laurea triennale ho deciso di proseguire con la stessa facoltà, sempre al Politecnico, anche per la laurea magistrale, presa due anni dopo, nel 2014. Nella primavera dello stesso anno ho partecipato a un Career Day organizzato dal Polimi: un evento in cui le aziende incontrano gli studenti universitari dando loro la possibilità di conoscerle e di consegnare i curricula. In quell’occasione ho consegnato molti curriculum: c’era un’innumerevole quantità di aziende ognuna con diverse e interessanti posizioni! Proprio lì ho conosciuto Flex, a cui ho presentato il mio cv.Alcuni giorni dopo l’azienda mi ha contattato per un colloquio conoscitivo e dopo circa un mese mi ha proposto di iniziare lo stage: sei mesi con un rimborso spese di mille euro al mese e la mensa inclusa. Così a fine maggio 2014 ho cominciato il mio primo stage. Fino ad allora, infatti, non avevo ancora svolto alcun tirocinio!Ricordo ancora il mio primo giorno: ero agitato e pieno di paure, Avevo la sensazione che cinque anni di università non fossero stati sufficienti per ricoprire quel ruolo. E invece è andato tutto bene. Da subito i colleghi del team si sono dimostrati molto disponibili e si sono prodigati per mettermi a mio agio. Già nel primo mese ho avuto la possibilità di entrare in contatto direttamente con il cliente, opportunità che non tutte le aziende concedono, e ho avuto modo di confrontarmi con altri team diversi dal mio. Così fin dal primo giorno sono riuscito a imparare e arricchire sia le soft che le hard skills. Durante i sei mesi di stage ho svolto diverse attività: dalla progettazione elettronica alla scrittura di software di test.Finito il tirocinio, Flex mi ha confermato con un contratto a tempo determinato per un anno e una Ral di oltre 25mila euro. Così a dicembre del 2014 ho cominciato questo nuovo percorso dove, ancora una volta, Flex mi ha dato l’opportunità di arricchire la mia crescita professionale, permettendomi di viaggiare in giro per il mondo. Non potrò mai dimenticare la mia prima trasferta di due settimane in Cina! In quel caso sono andato con una figura Senior visto che era il mio primo viaggio presso una factory Flex. Da lì in poi le altre trasferte le ho fatte prevalentemente da solo, a volte accompagnato da colleghi se il lavoro richiedeva aiuto. Passati i dieci mesi, ancora prima della scadenza del contratto a tempo determinato, Flex mi ha confermato a tempo indeterminato, con una Ral di oltre 30mila euro annui! E da allora, è iniziata la mia intensa esperienza di carriera: ho avuto la responsabilità di più progetti e la possibilità di girare il mondo: dal Texas al Messico, dall’Austria alla Cina. E questa possibilità di viaggiare è una grande opportunità. Penso, infatti, che la crescita professionale si completi effettuando viaggi e vivendo dinamiche di vita quotidiana all’estero.Dall’inizio del mio stage ad oggi ho ricoperto sempre lo stesso ruolo: progetto macchine di test per dispositivi medicali. Un compito che mi permette di avvicinarmi trasversalmente a molte aree dell’azienda. E nonostante siano passati ormai molti anni dallo stage, mi sento sempre libero di domandare agli altri chiarimenti e di migliorarmi quando sbaglio. E tutto ciò è possibile in Flex perché c’è un forte spirito di team working. Così riesco a vedere tutta la vita di un progetto, a partire dal concept fino alla sua completa progettazione e messa in produzione.In futuro mi piacerebbe continuare a lavorare sempre nello stesso settore e area perché mi permette di mantenere un’ampia visione sui progetti e una forte collaborazione con i team. Ma anche assumere una posizione da Team leader, spostando il focus sul management. Oggi non vivo più a Milano ma in periferia, a Vermezzo e da tre anni sono sposato. Certo, la Puglia mi manca tanto ma per ora resto qui. Se il mondo del lavoro un giorno cambierà e sarà più favorevole per il Mezzogiorno, allora ritornerò nella terra che mi ha dato le origini. Ho scoperto la Repubblica degli Stagisti durante l’ultimo anno di scuola superiore, in occasione di alcuni corsi di orientamento dove era stata nominata. Trovo molto utile il lavoro che svolge perché è in grado di dare un enorme aiuto ai neo laureati, e non solo, per un corretto approccio al mondo del lavoro per capire come quest’ultimo stia evolvendo negli anni. E proprio sul tema stage penso ci siano due problemi principali in Italia: il rimborso spese molto ridotto e la poca certezza nel continuare il rapporto lavorativo al termine del tirocinio. Nessuna delle due, però, si è verificata con Flex che offre un rimborso spese alto e ben commisurato all’esperienza! Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Non volevo nemmeno andare all’università: e invece grazie alla laurea oggi lavoro in SdG»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Fabio Sist, 27 anni, oggi con un contratto di apprendistato in SDG.Sono friulano, della provincia di Pordenone, e dopo l’istituto tecnico, indirizzo informatico, mi sono spostato a Milano per frequentare il Politecnico. Non è stata una scelta scontata: all’inizio non ero molto propenso a continuare gli studi. In un piccolo paesino di campagna l’idea di cominciare a lavorare subito è decisamente la più quotata. Poi visti anche i buoni risultati dell’esame di maturità ho cambiato idea. Scelta la facoltà, ingegneria informatica, bisognava scegliere la destinazione: Milano, Padova, Trieste. Tra tutte ho scelto Milano: se dovevo cambiare dovevo scegliere il meglio, come città e come università. Mai scelta è stata migliore! Vivo qui ormai da otto anni, sto spostando la residenza e sono innamorato di questa città.Prima di iscrivermi all’università e nei primi anni di frequenza ho lavorato durante le estati in una falegnameria. È stato il padre di una mia amica, che è anche l’unico lavoratore della falegnameria, a insegnarmi il mestiere. Facevamo mobili su misura: dalla materia prima alla consegna. La prima estate ho imparato a fare piccole cose ma con il tempo sono diventato sempre più autonomo. Venivo pagato circa 1.200 euro al mese per circa tre mesi, da metà giugno a metà settembre. Questa esperienza è stata di grande aiuto: guadagnavo un po’ di soldi e tutt’ora grazie a quello che ho imparato posso fare piccoli lavoretti in casa, dal sistemare le porte ai mobili.All’inizio il trasferimento a Milano per l’università non è stato facile: la mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi. Solo di affitto c’erano 500 euro più le spese per vivere e la retta dell’università. Fortunatamente alla fine ho ottenuto una borsa di studio del Politecnico: alloggio in residenza, buono mensa, retta pagata. La borsa di studio, sia per merito che per reddito, ammontava a circa 700 euro a semestre e mi ha sostenuto tutti e cinque gli anni universitari. Senza, molto probabilmente, avrei dovuto lasciare gli studi. In residenza ho vissuto quattro anni in una stanza doppia e l’ultimo anno e mezzo in una singola. Logicamente in doppia poteva andare bene o male, mi sono capitate entrambe le esperienze, ma oggi i migliori amici sono i miei ex compagni di stanza in residenza. Certo all’inizio non è stato facile socializzare ma per fortuna dopo un po’ è cambiato tutto.L’ultimo anno della laurea magistrale ho anche preso parte al progetto Erasmus: un’esperienza incredibile che consiglio di fare a qualsiasi costo. La mia destinazione è stata Israele: lì ho vissuto quattro mesi all’interno del Campus del Technion, l’Università di Haifa, una delle migliori al mondo. Alcuni corsi, purtroppo, erano solo in ebraico e, infatti, sono tornato in Italia con solo cinque crediti. Ho, però, conosciuto persone fantastiche e il mio inglese ha fatto un balzo incredibile. Sono stato nel Campus da metà ottobre a metà febbraio, con una borsa di studio del Politecnico di 500 euro al mese e rimborso delle spese del volo. Per coprire tutte le altre spese, però, ho chiesto un prestito a tasso agevolato tramite il Politecnico, di circa 7mila euro che sto restituendo pian piano. Una cifra che ho usato durante l’Erasmus ma anche nei mesi seguenti. Ancora oggi sono in contatto con gli altri studenti Erasmus conosciuti in Israele e appena possiamo cerchiamo di trovarci tutti insieme: è difficile ma è già successo una volta a Madrid!Sono stato contattato da Sdg telefonicamente, senza inviare nessuna candidatura! L’azienda ha trovato il mio curriculum e contatto tramite il Career service del Politecnico di Milano: uno strumento potentissimo per i neolaureati. L’iter di selezione è stato abbastanza veloce: prima un colloquio telefonico conoscitivo, poi uno di gruppo in cui ognuno dava prova di abilità di problem solving e team working, infine un colloquio più dettagliato con un partner. Il mio stage è durato solo due mesi: dai primi di marzo 2017 alla fine di aprile, data della seduta di laurea. Subito dopo sono stato assunto in apprendistato. Nella fase di stage sono stato affiancato da un collega che mi ha seguito in tutte le attività, sia tecniche sia operative. Avevo un rimborso spese di 700 euro al mese e lavoravo quattro giorni su cinque visto che avevo bisogno di tempo per terminare la tesi. Sono stato messo subito sul campo, dopo un breve training iniziale, occupandomi di analisi di dati, costruzioni di nuove strutture di memorizzazione, lavori di quadratura del dato e così via. Finito lo stage mi hanno proposto un apprendistato di tre anni con una Ral di 24mila euro che è andata via via aumentando arrivando a 34mila più bonus. Alla fine del mio periodo di apprendistato, aprile 2020, sarò quindi assunto a tempo indeterminato.Sono passati più di due anni ma ricordo ancora il mio primo giorno di stage! Sdg in quel periodo stava traslocando ed era l’ultimo giorno nella vecchia sede. Non avevo ancora un pc e così ho passato buona parte della giornata a leggere regolamento, policy aziendali e guardare video per capire come funzionava l’utilizzo della piattaforma aziendale. Nonostante fosse il mio primo giorno ho conosciuto subito dei colleghi che mi hanno fatto sentire parte del team. Ho incrociato un ragazzo alle macchinette che mi ha invitato a una partita di calcetto tra colleghi: niente di meglio per conoscerli e sentirsi parte di un gruppo.In Sdg oggi faccio parte della Business Unit SAP, che lavora principalmente con strumenti Sap. Sono diversi anni che prova a spiegare a mia madre cosa faccio e ancora non ci sono riuscito! In pratica leggiamo, lavoriamo e visualizziamo dei dati in modo automatico: quindi recuperiamo da diverse sorgenti i dati, li memorizziamo in altre strutture, i database del cliente, li lavoriamo e prepariamo dei report e delle dashboard da fornire agli utenti finali. I primi due anni ho lavorato principalmente come sviluppatore, ora sto pian piano diventando una figura funzionale: meeting di raccolta requisiti, project management, disegno di una soluzione di un problema. Divido le giornate della mia settimana tra il lavoro dal cliente e quello in ufficio, ma dipende molto sia dalla fase in cui si trova il progetto, sia dal tipo di cliente. Ormai gestisco le attività di progetto in autonomia. Del mio lavoro mi piace molto la dinamicità, non mi sono mai annoiato, ho cambiato spesso strumenti e clienti. Sdg si distingue anche per il fatto di essere sempre avanti rispetto alle nuove tecnologie. In questo esatto periodo stiamo esplorando un nuovo strumento mai installato da altri e noi potremmo essere i primi.Mi è sempre piaciuto lavorare con i dati e con strumenti tecnologici e mi piace quello che sto facendo. Penso di essere ad un ottimo punto del mio percorso professionale, incredibilmente meglio rispetto alle aspettative che avevo, la prospettiva di data architect mi piace e mi diverte. Sdg mi ha dato la possibilità di lavorare all'estero, io e un mio collega siamo stati trasferiti per tre mesi a Chicago per seguire un cliente importante. Quando ho cominciato a lavorare non avrei scommesso un euro su una possibilità del genere: tre mesi negli Stati Uniti dopo appena un anno di lavoro da neolaureato! Ma mi piace troppo Milano e credo che al momento non ci siano altre città per cui valga la pena trasferirsi.La mia esperienza di stage è stata breve e senza problemi, ma so perfettamente quali sono i problemi principali dei tirocini oggi in Italia: il rimborso spese e l’assunzione finale. E lo dico perché proprio per uno stage mi sono dovuto trasferire a Milano. Un neolaureato che vive in un’altra regione e venisse chiamato a fare uno stage qui per sei mesi, dovrebbe trasferirsi senza alcuna garanzia di assunzione, cercare casa in affitto, ormai un lavoro a tempo pieno, e vivere con dei soldi messi da parte, che di solito i neolaureati non hanno, o gravare sulla propria famiglia. Una situazione decisamente difficile. In questo senso penso che la Repubblica degli Stagisti sia una grande opportunità per i giovani proprio per le offerte di stage, che sono di qualità e certificate. E perché la filosofia che è dietro alla Carta dei diritti dello stagista è quella di investire sui giovani.E ricordatevi: l’ambiente di lavoro condizionerà l’ottanta per cento il vostro rendimento: quindi cercate di cominciare in società di dimensioni medie, dove si possono realmente conoscere le persone con cui lavori e dove si può crescere tecnicamente. All’inizio potrebbero esserci solo documentazione e copia di fogli excel… ma anche quelli servono! Non si riuscirà mai a gestire un progetto senza essere in grado di utilizzare gli strumenti base.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

«Da studente tanti lavoretti senza diritti: poi l’incontro con Tetra Pak è stato un’altra storia»

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Antonio Carassiti, 32 anni, oggi con un contratto a tempo indeterminato in Tetra Pak. Se dovessi definire il mio percorso formativo direi che è stato una piccola gimkana: mi sono diplomato al liceo scientifico a Genova, dove sono nato e cresciuto, e dove ho poi preso la laurea triennale in Ingegneria informatica, nel 2011, e due anni dopo quella magistrale in Ingegneria dei trasporti e della logistica. Durante gli studi universitari ho avuto varie esperienze professionali, tutte collegate a quella che oggi chiameremmo “Gig Economy”. Per intenderci facevo ripetizioni, il porta pizze, il promoter: insomma mansioni non specializzate tutte con contratti a chiamata, retribuzioni orarie molto basse e nessuna possibilità di crescita o carriera. Lavori che sono stati necessari per supportare i miei studi. Non ho avuto esperienze particolarmente negative con colleghi o superiori, ma come tutti quelli che ancora oggi si trovano nella stessa situazione ho provato sulla mia pelle la mancanza di diritti, certezze e stipendi adeguati. L’esperienza sicuramente più importante è stata l’attività nell’associazione Aegee, una delle più grandi associazioni studentesche interdisciplinari in Europa. Anche in questo caso, nessun rimborso spese ma tutto lavoro volontario. Sono stato uno dei quattro fondatori della sede di Genova e insieme ai miei colleghi abbiamo realizzato diversi eventi locali e internazionali, portando in città centinaia di studenti da tutta Europa, con il supporto dell’Università e di tante realtà locali legate al turismo. Il rimpianto più grande di quegli anni è non aver fatto l’Erasmus, ma far parte dell’Aegee mi ha comunque permesso di viaggiare e conseguire molte delle competenze chiave per l’avvio della mia carriera lavorativa.Una volta presa la laurea ho cominciato a mandare qualche curriculum: su uno dei tanti siti dedicati alla ricerca di lavoro ho trovato un annuncio di Tetra Pak per uno stage e così ho mandato la mia autocandidatura. A quel punto è cominciato l’iter di selezione: prima un colloquio telefonico, poi di gruppo, poi con il recruiter e il manager. Alla fine mi è stato offerto un tirocinio nell’area Supply Chain della fabbrica di Rubiera. Ma al momento della firma del contratto ecco la prima doccia fredda: l’università di Genova all’epoca non era convenzionata con la Regione Emilia Romagna, quindi non è stato possibile attivare il tirocinio attraverso l’ateneo. Per fortuna Tetra Pak non si è fermata alla prima difficoltà e attraverso IAL Emilia Romagna nell’aprile 2014 è cominciato il mio tirocinio: sei mesi con un rimborso spese di 1.100 euro mensili, che mi hanno permesso di essere da subito indipendente economicamente. Quella in Tetra Pak è stata la mia prima e unica esperienza di stage: mi sono occupato di pianificazione dei materiali, riordino e gestione degli stock delle materie prime. Ho avuto un ottimo rapporto con il manager, che era anche il mio tutor, ricevendo tutto il supporto necessario per svolgere il mio lavoro al meglio. Il trasferimento in Emilia é stato abbastanza facile e anche nell’ambientarmi non ho avuto grosse difficoltà, nonostante all’epoca in quella sede non ci fossero molti stagisti. Una volta concluso lo stage, a ottobre, mi è stato offerto un contratto a tempo determinato nell’area Logistica, rinnovato altre due volte per un totale di circa due anni, prima di essere assunto a tempo indeterminato nel dicembre 2016, sempre nella stessa area ma con una mansione differente. Sono stato assunto come responsabile del mio ufficio e mi è stata riconosciuta l’esperienza pregressa, con uno stipendio di circa 1.900 euro al mese. Sinceramente, da studente ero convinto di firmare un contratto a tempo indeterminato in meno tempo. La realtà è stata diversa, ma sono comunque molto contento del mio percorso. Nel frattempo, due anni dopo essermi trasferito in Emilia, mi sono iscritto all’edizione 2016-2017 del Master in Business Administration nella formula part-time serale presso la Bologna Business School. Volevo ampliare le mie competenze in ambito gestionale, così mi sono focalizzato su questo corso. È stata un’esperienza difficile visto che le lezioni erano due sere a settimana dopo il lavoro e il weekend c’era lo studio. Ma è stato molto gratificante e il supporto da parte dei miei responsabili dell’epoca in termini di flessibilità oraria sul lavoro é stato vitale. Il master costava circa 12.500 euro, pagati in cinque rate nell’arco di un anno grazie ai primi risparmi accumulati e al supporto della mia famiglia. Ogni anno c’è la possibilità di usufruire di sconti, io per esempio l’ho avuto con un’iscrizione anticipata, e di avere un prestito molto vantaggioso messo a disposizione dalla scuola. Certo il costo è alto, ma è un valido investimento per il futuro, per cui lo consiglio a chi, come me, avesse voglia di ampliare le proprie competenze e crescere nella propria carriera.Avere un contratto a tempo indeterminato non ha portato grossi stravolgimenti nella mia vita, anche perché le condizioni economiche e lavorative in Tetra Pak sono ottime anche per chi è a tempo determinato. Sicuramente, però, mi ha portato una condizione di tranquillità: la costante incertezza del futuro, unita all’impossibilità di pianificare la propria vita per un orizzonte temporale superiore ai sei mesi hanno un grosso impatto psicologico per chi si affaccia alla vita da adulto.Oggi ho il ruolo di Analista sempre in ambito logistica non piú per la sola fabbrica di Rubiera, ma per tutti i siti produttivi dell’area Europa e Asia Centrale. Supporto il direttore Logistica in attivitá come ottimizzazione dei processi, implementazione di nuove tecnologie, gestione dei rapporti con i fornitori. Un ruolo molto stimolante, che mi dá la possibilitá di interfacciarmi con colleghi provenienti da diverse aree aziendali e da tantissime nazioni del mondo e di mettere in discussione le mie competenze e il mio approccio al lavoro.Sono uno dei pochi fortunati a lavorare nel campo dei propri studi: mi piace molto la Logistica e mi piacerebbe continuare in questo campo. Certo, sono ancora all’inizio della mia carriera, ma Tetra Pak mi ha dato la possibilitá di crescere molto in questi anni. Mi piacerebbe espandere il mio raggio di azione, magari entrando nel team globale trasferendomi per un’esperienza all’estero, che tutt’ora purtroppo manca al mio curriculum. Penso sia molto importante per la crescita personale lavorare fuori dall’Italia. E in effetti sono molto fortunato ad aver trovato un’azienda come Tetra Pak, e a non aver dovuto fuggire all’estero. Non é cosí per tutti. Tra le mie amicizie ho visto ogni tipo di situazione: chi é stato fortunato si é dovuto trasferire, a Milano, in Svizzera, in Olanda. Chi é stato meno fortunato ha incontrato il mondo delle finte partite iva, dei contratti a tempo determinato rinnovati per anni, del precariato.Purtroppo ancora oggi molte aziende usano gli stage come possibilitá di avere dipendenti a basso costo, senza progetti a lungo termine. I compensi sono spesso troppo bassi, massimo 500 euro al mese, per permettere alle persone di essere indipendenti e mantenersi lontani da casa. Per fortuna ci sono ancora “isole felici” in Italia, come l’Emilia, dove molti laureati riescono a trovare tirocini a buone condizioni e con possibilitá di sviluppo, ma c’é ancora molto da fare.Purtroppo ho conosciuto la Repubblica degli Stagisti tardi, quando il mio tirocinio era già concluso. Me ne aveva parlato una collega. Penso sia un sito di grandissima utilità per chi si affaccia al mondo del lavoro: fa capire che ancora esistono aziende che si impegnano per garantire ai propri stagisti un adeguato sviluppo alle giuste condizioni. Ripensando al difficile periodo in cui ero alla ricerca di uno stage, leggere un sito come il vostro sarebbe stato sicuramente di grande supporto. Condivido in pieno i principi espressi nella Carta dei diritti dello stagista, e penso che sempre piú aziende dovrebbero adottarla!Oggi se dovessi dare un consiglio ai ragazzi che entrano per la prima volta in un’azienda, gli direi di approcciarsi al lavoro con mente aperta e curiosità. La capacità di assorbire informazioni, mettersi in discussione e imparare costantemente sono i fattori chiave per un buon avvio della carriera.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Assunto a sorpresa dopo lo stage curricolare, “La mia fortuna? Essere entrato in un'azienda attenta alle persone”

Per raccontare «dal di dentro»  l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito all'RdS network. Di seguito quella di Ludovico Lorenzon, 27 anni, oggi assunto a tempo indeterminato in Ferrero.Sono di un piccolo paesino in provincia di Torino, Moriondo Torinese. Una volta finito il liceo, non avendo ancora chiaro cosa volessi “fare da grande”, ho deciso di continuare gli studi e iscrivermi alla facoltà di Economia a Torino. Era il 2010 e mi sembrava la scelta migliore per prepararmi al mondo del lavoro perché mi avrebbe lasciato diverse opportunità di sviluppo professionale.Così nel luglio 2013 ho preso la laurea triennale in Economia e Commercio. Sono stati tre anni determinanti per capire meglio come proseguire il mio percorso di studi. In particolare, il primissimo tirocinio che ho fatto in uno studio commercialista mi ha fatto capire che quel mondo non faceva per me. Così ho deciso di iscrivermi alla specialistica in Economia e direzione delle imprese – Marketing Management dove mi sono laureato nel marzo 2016.Durante la laurea specialistica ho svolto anche un tirocinio curriculare scelto attraverso il Job Placement dell’università di Torino. Tra le varie offerte ce n'era anche una di Ferrero. Ho mandato la candidatura e il giorno dopo sono stato contattato per svolgere alcuni test individuali. Sono passati alcuni mesi e poi, nell’aprile 2015, mi hanno comunicato che avevo superato i test. Ho fatto un colloquio con il manager e a quel punto mi è stato proposto uno stage di cinque mesi nel marketing di Estathé, da aprile a settembre 2015, con un rimborso spese di 250 euro, più mensa e palestra aziendale.Lo stage in Ferrero non è stata la mia prima esperienza nel mondo dei tirocini. Il primo è stato appunto durante la triennale, nello studio commercialista: un mese in cui non ho percepito, peraltro, alcun rimborso spese. Il secondo, invece, durante la specialistica mentre ero in attesa della risposta di Ferrero. Anche questa esperienza è stata trovata grazie al job placement dell’università e l’ho svolta nel marketing di un’azienda di Torino specializzata in ambio CRM. Durante questo stage aiutavo il mio tutor a progettare campagne per trovare nuovi clienti per implementare i software CRM proposti dall’azienda. Ho iniziato a febbraio 2015, doveva durare tre mesi, ma dopo due mesi ho dovuto interrompere la mia collaborazione a seguito della chiamata di Ferrero. Anche in questo caso non avevo alcun rimborso spese visto che era uno stage curriculare. Quindi di fatto quello in Ferrero non è stato il mio primo tirocinio... ma è stato il primo per il quale abbia ricevuto un compenso economico!Il primo giorno in Ferrero è stato molto emozionante: sono entrato con un misto tra timore e felicità, ma il timore è passato quasi subito dopo aver conosciuto il mio team che mi ha fatto sentire a mio agio fin dal primo momento. Mi sembrava di essere stato accolto in una grande famiglia! Le prime competenze che ho dovuto sviluppare sono state quelle legate alla padronanza dei numeri. In un’azienda di questo tipo entri subito in contatto con una grande mole di dati e devi essere bravo ad interpretarli al meglio per portare il tuo valore aggiunto. E poi bisogna imparare a conoscere a fondo il proprio prodotto e brand, punto di partenza per sviluppare tutte le competenze legate alle strategie di comunicazione e sviluppo.Durante lo stage ho avuto un rapporto molto positivo con il mio tutor: i primi mesi mi ha seguito molto insegnandomi tutto il necessario per poter acquisire maggiore autonomia. Quello che ho apprezzato di più è stato l’essere coinvolto in tutti i progetti, come se lavorassi in azienda da sempre.Una volta finito lo stage, a settembre del 2015, Ferrero mi ha offerto un contratto di apprendistato di tre anni, con uno scatto di livello dopo un anno e mezzo, sempre nel marketing Estathe. Onestamente è stata una notizia inaspettata: era tutto partito con uno stage curriculare e non pensavo si sarebbe tradotto in un’assunzione, ma logicamente... ho accettato! Certo, non è stato facile conciliare l’università, che stavo terminando, con il lavoro. È stata dura lavorare in una grande azienda, sostenere gli ultimi esami e scrivere la tesi. Ma nonostante tutto ho concluso il mio percorso di studi conseguendo la laurea specialistica nel marzo 2016.L'apprendistato prevedeva 14 mensilità, per una ral di circa 29mila euro. Il mio lavoro è stato in continuità con quanto avevo fatto nei mesi precedenti, visto che ho avuto la fortuna di essere assunto sullo stesso brand dove avevo svolto lo stage. Poi a settembre 2018, la firma del contratto a tempo indeterminato con una Ral di circa 35mila euro.Oggi il mio ruolo in azienda è cambiato: dopo due anni in Estathé ho proseguito il mio percorso nel marketing Kinder, nel team che segue le ricorrenze. Ed è questa una delle cose che mi piace di più del lavorare in Ferrero: la possibilità di entrare in contatto con diversi mercati e scenari competitivi pur continuando a lavorare per la stessa azienda. Oggi ho terminato i miei tre anni di apprendistato e sono stato confermato in azienda con un contratto a tempo indeterminato.In futuro per completare il mio profilo mi piacerebbe entrare in contatto con altri mercati, oltre a quello delle bevande e del cioccolato in cui ho lavorato, o altre funzioni aziendali. Il mio percorso professionale è appena iniziato, c’è sempre da imparare.Penso di essere stato fortunato a fare lo stage in un’azienda come Ferrero, che ha grande attenzione verso le persone. Ma se guardo a molti ex compagni di università o amici, la situazione non è la stessa. Molti hanno fatto mesi di stage senza avere alcun rimborso spese, con la falsa speranza di un’assunzione, rinunciando spesso ad altre opportunità. Per questo credo che ci dovrebbero essere molte più tutele per gli stagisti nel nostro paese. In questo senso credo che la Carta dei diritti dello stagista della Repubblica degli Stagisti sia un’ottima cosa. Prima di oggi non avevo mai avuto modo di consultarla, ma vedo che tocca tutte le tematiche più rilevanti per uno stagista quindi è uno strumento molto utile per i giovani neolaureati.Testimonianza raccolta da Marianna Lepore

Girl Power, a 27 anni designer di applicativi di consulenza: "Non è vero che con l'arte non si lavora"

Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Jessica Ruta, UX designer per Prometeia, società di consulenza, sviluppo software e ricerca economica, tra le principali nelle soluzioni per il Risk e il Wealth Management, e nei servizi per gli investitori istituzionali a livello europeo.Ho quasi 28 anni e vengo da Modica, in Sicilia. Sono sempre stata appassionata di arte sotto ogni suo aspetto, così ho frequentato il liceo artistico e poi l'Accademia delle Belle Arti di Catania, nello specifico il corso Arti tecnologiche, che mi ha permesso di scoprire come ad oggi è possibile applicare l’arte in molteplici settori. Passavamo dalle arti più convenzionali, come la fotografia e la grafica editoriale, fino al mondo dei videogiochi e alla realtà aumentata.Mi sono laureata riuscendo a includere nel mio progetto di tesi ben cinque aspetti dell’arte: fotografia, video, storia dei beni culturali, realtà aumentata e web design. Si trattava di un progetto turistico e innovativo: un sito web contenente un virtual tour del centro storico di Comiso, un paesino della provincia di Ragusa. Con l’unione di questi strumenti siamo riusciti a ottenere una visita guidata virtuale e interattiva di un piccolo borgo conosciuto da pochi. E, proprio grazie a questo progetto, sono stata contattata da uno studio grafico di Ragusa, dove ho lavorato per due anni, occupandomi di fotografia, web design, grafica editoriale e digitale per il marketing e la comunicazione.A un certo punto, anche se a malincuore, perché amo tanto la mia Sicilia, ho sentito il bisogno di cercare qualcosa di più concreto a livello professionale ma anche culturale. Mi sono spostata a Bologna, dove vivo da circa un anno. Ho cominciato a cercare lavoro e, a un evento professionale, un ragazzo mi ha parlato di Prometeia. Mi sono informata, e ho ottenuto un colloquio!Ho da subito notato, con mia grande sorpresa, una filosofia professionale dove al centro di tutto viene posta la persona. Una prospettiva che ad oggi, con una visione dall’interno, posso confermare: non si tratta soltanto di apparenza. Dopo il colloquio, per conoscere i miei metodi di lavoro e le mie competenze, mi hanno chiesto di sviluppare un piccolo progetto pratico, quindi mi hanno proposto un periodo di prova di tre mesi e successivamente un contratto di apprendistato di tre anni.Qui in Prometeia sono UX e UI designer, una figura introdotta da poco in azienda. Il mio lavoro inizia dalla user experience: l’analisi e lo studio dei metodi più efficaci per l'usabilità degli applicativi di consulenza. Il secondo step è la user interface, con cui rendiamo l’aspetto più accattivante per garantire l’esperienza nell’utilizzo piacevole e funzionale. Trovarsi all'inizio di un nuovo percorso dell'azienda è complesso ma estremamente stimolante. Inoltre non ci occupiamo solo di progetti commissionati dai clienti, ma sviluppiamo anche attività interne dove diamo spazio alla nostra creatività e facciamo ricerca e sviluppo di innovazione. L'ideale per spezzare la monotonia di un qualsiasi lavoro.La complessità di questo ruolo mi ha sorpreso particolarmente: non è semplice trovare la giusta funzionalità di qualcosa. Bisogna studiare, capire, immedesimarsi in tutte le azioni che compie l'utente per utilizzare l'applicativo, e in questo l’esperienza e la costanza hanno decisamente un ruolo fondamentale.Tuttavia, anche se non avevo affrontato studi mirati in ambito UX, mi sono resa conto che ciò che ho studiato è strettamente legato ad esso. La user experience è dappertutto − dalla maniglia di una porta al pulsante di un elettrodomestico − e sono sempre stata una persona estremamente attenta ai dettagli. Un aspetto fondamentale: nel mio lavoro sono i dettagli a fare la differenza. Insomma, anche se per me è un mondo tutto nuovo, lo sento perfettamente in linea con il mio modo di essere.Anche l'ambiente di lavoro rispecchia a pieno le mie aspettative. Inizialmente temevo la pesantezza della grande azienda, il lavoro frenetico, le scadenze strette e magari anche il peso delle gerarchie, ma ho apprezzato tantissimo il metodo di lavoro, dove alla base c’è la collaborazione. Il lavoro in team è agevolato dal nuovo Headquarter del Gruppo, che è strutturato in open space per facilitare il confronto, a prescindere dalla seniority. In Prometeia tutti abbiamo la possibilità di dire la nostra, con la possibilità di valutare anche i nostri manager. Si può crescere come singoli ma soprattutto come gruppo.Auguro a tutti di riuscire a conciliare il lavoro con i propri interessi. Di insistere, non demoralizzarsi e credere sempre nelle proprie capacità!Rossella Nocca

Donne ed elettronica contro gli stereotipi: con una laurea in Ingegneria si può essere project manager a 27 anni

La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso di studi in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccontarle una ad una attraverso una rubrica, Girl Power, che ha la voce di tante donne innamorate della scienza e fortemente convinte che, in campo scientifico più che altrove, di fronte al merito non ci sia pregiudizio che tenga. La testimonianza di oggi è quella di Martina Pedrielli, Project Manager in Meta System, azienda dell’RdS network specializzata in sistemi elettronici avanzati per il settore automobilistico. Ho 31 anni e vengo da Modena. Dopo il liceo scientifico, avevo tante idee diverse sul mio futuro. Volevo studiare Lingue e diventare interprete, ho fatto il Conservatorio e mi vedevo pianista o violoncellista. Ho fatto il test di ammissione alla facoltà di Medicina, ma sono rimasta fuori per pochi posti. Ho deciso allora di scegliere un corso di studi che mi desse più sbocchi occupazionali. Mio padre è ingegnere meccanico e non volevo prendere lo stesso ramo, perché abbiamo caratteri simili e ci saremmo scontrati. Ho optato per Ingegneria elettronica: all’inizio ho fatto la triennale a fatica, poi ho incontrato un gruppo di colleghi che mi ha accompagnato e aiutato a tenere ritmi serrati. Se prima ero orientata verso l’ambito biomedicale – via di mezzo tra medicina e ingegneria – poi ho proseguito con la magistrale sempre in ingegneria elettronica. Studiare l’ingegneria ti dà un approccio sfidante alle cose, una forma mentis che ti insegna ad arrivare fino in fondo. Capisci che ce la puoi fare e lo applichi al resto della vita. A fine percorso sono partita per l’America per scrivere la tesi magistrale a San Diego, in California, in una clinica che faceva drug discovery ad alti livelli. Consiglio a tutti di fare un’esperienza all’estero, perché ti forma e ti rende indipendente a un livello che a vent'anni non immagineresti mai. A me ha insegnato a buttarmi, a credere in me stessa. La prima cosa che mi hanno detto in America è che la differenza tra gli italiani e gli americani è che gli italiani davanti a una sfida mettono più in dubbio le proprie capacità, gli americani dicono “lo faremo e lo faremo meglio di tutti”, anche senza essere certi di averne le capacità. Al ritorno, prima ancora di laurearmi, mi sono ritrovata a fare una serie di colloqui tramite Almalaurea. Mi era chiaro che non volevo fare il tecnico puro. Sono finita un po’ per caso nel settore automotive, nell'azienda Meta System, dove cercavano un Project Manager, e ho subito ottenuto un contratto a tempo indeterminato. Io non sapevo nemmeno inquadrare quel ruolo, ma per fortuna ho trovato persone che mi hanno guidato e allo stesso tempo lasciato prendere i miei spazi. Oggi mi occupo di elettrificazione di case auto elettriche e ibride e coordino un team di una ventina di persone. È un ruolo di forte responsabilità, perché rispondi di fronte al cliente sia dell’azienda che del lavoro delle altre persone. Per avere credibilità bisogna dedicare tempo e fare rinunce, ma poi si è ripagati. Il mio obiettivo ora è crescere nello stesso ruolo, guadagnando sempre più responsabilità e indipendenza.Qui ho trovato un mondo tutto maschile, sì, ma non maschilista. Già all’università eravamo due-tre ragazze su una cinquantina di studenti. In genere a Ingegneria è così, tranne per i rami civile e ambientale. In azienda ho due colleghe donne che hanno studiato come me elettronica.Quando sono entrata in Meta System avevo ventisette anni e un ruolo “manageriale” – ed ero una donna. Se dimostri che sei brava poi la gente crede nelle tue potenzialità. Per me è fondamentale che le persone con cui lavoro mi stimino: credo che la coesione rappresenti il 90 per cento della riuscita dei progetti. Qui l’ho trovata e mi sento fortunata. Alle ragazze consiglio di convincersi che arriveranno fino in fondo e di appoggiarsi a chi le supporta nel loro percorso. Il segreto è credere in te stessa anche quando gli altri ti guardano pensando che non ce la farai. Consiglio loro di scegliere senza remore le materie scientifiche, se le appassionano: è un percorso pieno di rinunce, ma anche di tanta soddisfazione!  Rossella Nocca