Contro il maschilismo sul lavoro serve caparbietà, e il coraggio di chiedere riconoscimenti

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 18 Ago 2020 in Storie

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Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Isabella De Biase, Insurance Operation Leader per Marsh, società di servizi professionali globale specializzata nell'intermediazione assicurativa e nella gestione dei rischi.

Ho 47 anni, lavoro a Milano e vivo a Pavia, ma sono di origini calabresi. Dopo il liceo scientifico, ho studiato Economia aziendale all’Unical, l’università della Calabria, a Cosenza.

Inizialmente volevo iscrivermi a Ingegneria gestionale, via di mezzo tra Ingegneria ed Economia. Mio padre era un po’ spaventato, in quanto considerava difficile il percorso e l’inserimento di una donna in un mondo al maschile. Allo stesso tempo in me era forte il desiderio di realizzarmi subito nel lavoro, quindi non faticò a convincermi. 

Il mio interesse era legato all’organizzazione aziendale, all’ambito concernente le soft skills, la formazione e lo sviluppo delle risorse umane e la gestione del cambiamento. Ho avuto la fortuna di avere dei docenti della Bocconi di Milano, che hanno portato molta innovazione nel nostro territorio e nella nostra università. Il problema poi è stato trovare una coerente applicazione di quanto avevamo studiato in termini pratici. 

Inizialmente ho supportato la mia relatrice nell’ambito della formazione universitaria, ma dopo un po’ lei mi disse che ero “un cavallo che scalpitava”. All’epoca l’ambiente universitario era molto politicizzato e con tempi molto lunghi di ingresso. Così lei, che aveva fatto esperienza in Accenture, mi indirizzò verso la consulenza, che mi avrebbe permesso di aggiungere consapevolezza su quello che avrei voluto fare da grande. 

Allora avevo bisogno di lavorare: ero la prima di tre figlie e mio padre era l’unico percettore di reddito. Grazie alla lettera referenziata della professoressa, fui contattata da EY, quindi decisi a malincuore di lasciare la mia terra per Milano. Iniziai a lavorare, dapprima con un contratto a tempo determinato e poi dopo 12 mesi indeterminato, nell’ambito dell’implementazione di sistemi ERP e di reingegnerizzazione dei processi. Un’esperienza molto formativa, grazie alla possibilità di vedere tante aziende e progetti diversi.

Si lavorava dalle 10 alle 12 ore al giorno, ma per noi era una “palestra di vita”, visto che l’università non ti preparava al lavoro. L’azienda investiva molto sul training: full immersion d’inglese, sei mesi di formazione presso il Knowledge Center di EY a Dorking (UK) per apprendere le metodologie da utilizzare e fare esperienza trasversale con altri team EY europei.

Dopo quasi tre anni in EY, mi è stata offerta la posizione di Senior Specialist in Zurich Financial Services, dove mi sono occupata di organizzazione e sviluppo del personale per altri tre anni. Quindi sono stata contattata da una società di head hunters, in quanto un ingegnere di Marsh era alla ricerca di persone con le mie competenze e con esperienza in ambito consulenziale. I colloqui sono durati quasi un anno, anche perché inizialmente cercavano... un uomo! Venni finalmente convocata e all'inizio di marzo del 2003 mi assunsero con contratto a tempo indeterminato con sei mesi di prova: avevo 29 anni e una qualifica di quadro. L’idea era fare 3-5 anni e cambiare per un settore diverso dall’Insurance... invece dopo diciassette anni sono ancora qui. 

Pur rimanendo nella stessa azienda, si sono avvicendati modelli organizzativi completamente diversi e non mi sono mai annoiata. Dapprima mi sono occupata di Organization, poi di un progetto di creazione funzione Operations, per il quale siamo diventati case study per altri paesi a livello europeo.

Oggi sono Insurance Operation Leader per l’Italia e ho trentacinque persone sotto la mia responsabilità. Un team quasi completamente al femminile, con soli cinque uomini, con un’età media di trentasette anni e molto dinamico e trasversale, in quanto supporta le varie linee di business e i ruoli sono interscambiabili. La nostra attività è di back office (gestione amministrativa-contabile delle polizze assicurative, reminder e sollecito pagamenti e attività operative a supporto del business), e i nostri interlocutori sono: team di business, aziende e compagnie, con cui ci interfacciamo per la gestione documentale delle polizze e dei pagamenti.

In questi anni ho avuto la possibilità di essere una professionista, ma anche di diventare mamma di tre bambini, che oggi hanno dodici, undici e sei anni. E non sono mai stata né penalizzata né tantomeno bloccata da questo, anzi le sfide a ogni maternità diventavano più alte.

Considero Marsh come la mia seconda casa e le ricambio la fiducia in me riposta dando il massimo. Mi ha permesso di raggiungere un equilibrio che mi consente di essere una persona serena sia da un punto di vista professionale che personale. Equilibrio che è il mio asse vitale e che cerco di riportare anche nel mio team.  

Nei primi anni di percorso lavorativo ho dovuto constatare che era difficile imporsi: soprattutto quando  penso ai meeting, in qualità di consulente, giovane e donna. Ma le mie origini calabresi mi hanno ben supportata nel mio percorso: ho la “testa dura” e  questa caparbietà è diventata con il tempo resilienza, consentendomi di trasformare le minacce in opportunità. 

Anche la retribuzione inizialmente non era equiparabile a quella di un collega maschio, ma non me ne sono mai curata: mi interessava solo che il lavoro continuasse a farmi sentire viva, a farmi svegliare con il piacere di andare a lavorare. Una pecca delle donne è che non chiedono mai: quello che mi è stato dato è stato sempre per riconoscimento interno. 

Oggi le cose sono molto cambiate: il nuovo management spinge verso una  leadership al femminile.  Il  concetto di Diversity & Inclusion è molto sentito e praticato attraverso la creazione di un ambiente di lavoro con pari opportunità dove persone di ogni età, genere e background culturale sono coinvolte nel processo decisionale.

Nella mia esperienza quello che posso confermare è che noi donne siamo molto orientate al conseguimento degli obiettivi, anche se poi nel corso della carriera può intervenire un rallentamento, riscontrando difficoltà nella crescita professionale a causa delle problematiche relative alla gestione degli impegni familiari e professionali. 

È opportuno, allora, chiedersi quali siano i fattori che incidono su questi aspetti, ma anche cosa si può fare per superare gli elementi che ostacolano le pari opportunità relative al genere. Anche perché le donne sono costrette a scegliere ancora tra il sogno di costruire una famiglia e il desiderio di fare carriera. Le aziende hanno un ruolo fondamentale nel creare condizioni favorevoli affinché i dipendenti possano avere la serenità mentale che consenta loro di essere realmente produttivi. 

Per fortuna strumenti e condizioni di flessibilità fanno parte del nostro modello culturale-aziendale:  la pratica dello smart working, inserita da tempo in azienda, ha fatto sì che l’emergenza Covid-19 non ci cogliesse impreparati, anzi. Tutti eravamo dotati di portatili e lavorare con modalità di gestione per obiettivi è sempre stato il nostro mantra: le performance non hanno subito il minimo declino. 

Marsh è un’azienda in cui ruoli e competenze sono legati a un sistema di meritocrazia che rappresenta uno dei fattori critici di successo. Le lauree ricercate vanno da Economia a Giurisprudenza, passando per Ingegneria gestionale, ambientale e civile, in quanto si spazia tra moltissimi ambiti: attività di vendita e di sviluppo commerciale, gestione tecnica a supporto del cliente, analisi e mappatura dei rischi e implementazione di soluzioni atte a contenerli.

La mia ambizione? Visto il mio amore iniziale per l’ambito soft skills, il mio sogno nel cassetto è diventare HR manager, coniugando gli aspetti della selezione, della gestione della formazione e dello sviluppo della competenza. 

Le donne che mi hanno ispirato? Nel mio sistema familiare sicuramente mia madre: una donna molto tenace e forte, che ha sempre considerato l’istruzione e l’umiltà come i “driver” che permettono di distinguersi nella vita e sul lavoro. Invece, pensando all’ambiente lavorativo, mi vengono in mente Donne con la D maiuscola come Alessandra Giacoma Bottalat, che è Risk Incoming Director.

Alle ragazze e ai ragazzi dico di non avere fretta volendo conseguire nel breve un certo ruolo senza pensare di costruire prima un percorso di competenza. A volte manca la sana umiltà di affrontare le attività a tutto tondo. Il che non vuol dire non avere ambizione, ma accompagnarla con sana curiosità. Provare tutto, per avere sempre più un bagaglio culturale che possa sviluppare la flessibilità di commisurarsi in maniera diversa a seconda dell’occasione. Occorre avere tanta buona volontà, guardarsi intorno e avere l’ambizione di crescere in maniera costruttiva, sempre. 

Testimonianza raccolta da Rossella Nocca

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