Stagisti col Bollino / Enrico Florio, da stagista a "scienziato in azienda" in Dompé Farmaceutici

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 06 Dic 2010 in Storie

Per raccontare «dal di dentro» l'iniziativa Bollino OK Stage, attraverso cui la Repubblica degli Stagisti incentiva le imprese a garantire ai giovani percorsi "protetti" e di qualità secondo i principi della Carta dei diritti dello stagista, la redazione raccoglie le testimonianze degli ex stagisti delle aziende che hanno aderito al Bollino. Di seguito quella di Enrico Florio, oggi dipendente di Dompé.

Ho 27 anni e sono nato a Bari. Il mio percorso è iniziato nel luglio del 2001, dopo la maturità classica, con l’iscrizione a Scienze biologiche a Bologna. La facoltà l’ho scelta per passione; la città per mettermi alla prova. Il periodo da fuorisede è stato molto importante per la mia formazione personale e mi ha permesso di imparare come gestire gli impegni tra libri, sale studio, lezioni, esami, casa, coinquilini... In quel periodo ho anche cercato una piccola libertà economica lavorando saltuariamente come maschera, sorveglianza notturna della Fiera di Bologna e “language partner” per studenti stranieri: così ho potuto permettermi qualche spesa extra senza dover dipendere costantemente dai miei genitori. Gli anni sono volati e nel luglio del 2007 mi sono specializzato con lode in biologia molecolare.
Dopo la laurea mi è stata prospettata la possibilità di approfondire gli studi con un dottorato di ricerca. Mi ci sono buttato a capofitto e nel dicembre 2007 ho vinto il concorso per un dottorato in Biotecnologie, sempre a Bologna, e per un assegno di ricerca da ben 1.200 euro netti al mese. Ma una volta all’interno del sistema universitario il mio entusiasmo si è scontrato con la dura realtà della ricerca scientifica in Italia. Dopo nove mesi ho deciso di lasciare il dottorato e l’assegno di ricerca. Non è stato facile, ma il professore che mi seguiva mi ha capito e mi ha lasciato andare con un in-bocca-al-lupo.
Una volta fuori dall’università ho rivolto lo sguardo alle aziende farmaceutiche e medico-scientifiche, per dare continuità e coerenza al mio percorso professionale. Non avendo però alcuna esperienza in questo settore, ho cercato informazioni su master specifici e alla fine ne ho trovato uno che faceva al caso mio: “Scienziati in azienda”, organizzato dalla Fondazione Istud. Costava complessivamente 6mila euro: non potevo permettermelo ma i miei genitori mi sono venuti in aiuto, finanziando questa mia nuova avventura. Le lezioni sono iniziate nell’ottobre 2008 e per seguirle mi sono trasferito a Stresa, sul lago Maggiore, affittando una casa con un ragazzo che seguiva il mio stesso corso. Pagavamo circa 300 euro a testa per due singole. Siamo praticamente andati a vivere insieme a scatola chiusa, non ci conoscevamo affatto: poi siamo diventati amici, fortunatamente!
Il master si è rivelato molto interessante: un’infarinatura generale sulle aziende farmaceutiche, meccaniche aziendali, psicologia aziendale e varie figure professionali. Ero in una classe di 30 ragazzi e ragazze, tutti all’incirca della mia età che, avendo una formazione scientifica come la mia, cercavano un modo per entrare nel mondo delle aziende. Dopo due mesi di lezioni intensive che hanno spaziato dal counselling al project management, erano previsti gli incontri con le aziende, le selezioni e uno stage di sei mesi.
Io l’ho fatto in Roche Diagnostics a Monza, dopo un colloquio di gruppo ed un colloquio personale. Ho iniziato nel dicembre 2008, la mia job description era «Sales marketing retail support» e il mio progetto era di analizzare la distribuzione dei clienti sul territorio italiano e cercare di indirizzare delle attività di marketing specifiche. Ricevevo un rimborso di 700 euro e alcuni benefit, la mensa e la navetta Milano - Roche. Questo primo stage mi è servito per capire la mentalità del lavoro in azienda, più rigida e strutturata rispetto all’ambiente universitario. Dopo i sei mesi, a fine maggio 2009, in concomitanza con il boom della crisi economica non c’è stata purtroppo possibilità di continuare il rapporto di lavoro.
A quel punto mi sono messo alla ricerca di un’altra opportunità: consultavo ogni giorno la sezione Job in Pharma del sito AboutPharma, inviavo il mio curriculum alle società di head hunting, mi sono iscritto nei social network a carattere professionale come Monster e LinkedIn e contemporaneamente mi mantenevo in stretto contatto con la fondazione Istud. Un periodo difficile, costellato di colloqui – tra cui alcuni in Chiesi e Novartis. Ma non ho mai perso la fiducia: più colloqui facevo e più mi sentivo sicuro su come presentarmi. A fine luglio, grazie a una segnalazione dell’Istud, ho fatto il colloquio decisivo in Dompé, una delle aziende che partecipano all'iniziativa Bollino OK Stage, e mi hanno proposto uno stage di sei mesi, con un rimborso spese di 800 euro più la mensa e un contributo aziendale all’abbonamento annuale ATM. Ho avuto la soddisfazione di poter scegliere: ero infatti stato selezionato, sempre per uno stage, anche da Novartis,.
In Dompé sono stato stagista dal settembre del 2009 al febbraio di quest’anno, come Business development analyst. Il mio ruolo era di affiancare il Business development manager e il direttore medico nella valutazione di farmaci non ancora in commercio ma in fase di sviluppo clinico, con l’obiettivo di espandere il portafoglio prodotti tramite partnership, licensing, acquisizioni. Nella pratica il mio lavoro è consistito nel reperire, organizzare e studiare la documentazione scientifica di un farmaco ancora in sperimentazione per valutarne le potenzialità di mercato. Trovo estremamente interessante capire il percorso che una molecola fa dalla provetta, sul banco di un laboratorio, fino al paziente.
Dopo sei mesi di stage, nei quali ho imparato tantissimo dalle persone coinvolte nelle valutazioni dei farmaci, anche soltanto ascoltando le loro discussioni e osservazioni, mi è stato proposto un contratto a tempo determinato di un anno da 27mila euro lordi, cioè circa 1700 euro netti al mese: uno stipendio che finalmente mi permette di essere autonomo e anche di mettere qualcosa da parte. Vivo a Sesto San Giovanni, vicino Milano, con altri due ragazzi e pago 450 euro al mese per una singola. Ho già cambiato casa una volta – capita, quando abiti con ragazzi giovani: oggi ci sono, domani magari cambia tutto! Ultimamente mi è venuta la voglia di andare a stare per conto mio, ma sto valutando i pro e i contro. L'affitto di un monolocale a Milano si aggira sui 700 euro spese escluse: a queste condizioni potrei comprare la casa e accendere un mutuo, converrebbe. Ma il mio contratto è a tempo determinato, oggi sono qui, domani non lo so, potrei finire a lavorare dall'altra parte di Milano, o addirittura in un'altra città: ha senso vincolarsi in un luogo con l’acquisto di una casa? Paradossalmente potrei permettermelo dal punto di vista economico, ma non dal punto di vista dei progetti sul futuro! Poi dal lato umano mi fa anche piacere avere dei coinquilini, per certi versi è come una famiglia.
Anche se io in realtà una ragazza ce l’ho: ha quasi la mia età e stiamo insieme da cinque anni, siamo entrambi di Bari. La nostra è sempre stata una relazione a distanza: prima Bari-Bologna, poi Bari-Stresa, poi Bari-Milano e durante i suoi sei mesi di dottorato all'estero la distanza era anche maggiore: Milano-Utrecht. Adesso sembra esserci accorciata stabilmente: Milano-Bologna. Lei infatti ha iniziato a lavorare lì e per noi è un record in termini di vicinanza.
Credo che la mia generazione porti il segno dei cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi anni; il fenomeno del precariato è stato il primo tassello dell'effetto domino, che ha colpito a cascata tutti gli altri valori cui le generazioni precedenti davano per scontati: famiglia, carriera, casa di proprietà. Non credo che questi cambiamenti siano tutti completamente negativi. Come biologo ho capito che tutti gli equilibri sono dinamici: non ci resta che trovare il nostro equilibrio.

testo raccolto da Eleonora Voltolina

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