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Lavoro, una scelta consapevole con gli sportelli d'orientamento

Scegliere cosa fare da grandi: è un problema che non riguarda solo i laureati alle prese con la ricerca di un lavoro, ma anche i diplomati dei licei e degli istituti tecnici che troppo spesso sono lasciati soli nel difficile passaggio verso l’età adulta. E che rischiano di scegliere a caso, senza avere una reale cognizione della formazione necessaria per cominciare a svolgere una determinata professione, degli sbocchi occupazionali e sopratutto delle prospettive di guadagno. Per questo motivo stanno nascendo centri dedicati ad accogliere e istruire i giovani e le loro famiglie sulle possibili scelte da fare per evitare la dispersione scolastica e l’abbandono. Uno degli ultimi sportelli di orientamento alla formazione è nato a Torino, presso il Centro Informagiovani di via delle Orfane 20: è Laborientarsi, un servizio gratuito per i ragazzi dai 16 ai 22 anni e per le loro famiglie, aperto tutti i martedì e i mercoledì dalle ore 15 alle 18. Qui lavorano (in coordinamento con gli altri sportelli) un referente di progetto che coordina il gruppo di lavoro, dieci orientatori per l'accoglienza e l'orientamento individuale e di gruppo (con esperienza quinquennale nel settore), dieci tutor coinvolti anche per la ricerca delle aziende e dieci formatori coinvolti nelle attività seminariali.  Già a maggio erano nati altri due sportelli nel capoluogo piemontese grazie alla collaborazione tra il Comune  e la Provincia di Torino con l’obiettivo di prevenire e contrastare la dispersione scolastica e di aiutare i giovani a fare scelte consapevoli negli studi e nel passaggio al mondo del lavoro. Da allora sono stati accolti quasi cinquecento giovani nella fascia d'età 16-22 e quasi duecento hanno potuto conoscere le aziende con visite e prove pratiche di mestiere. Puntare quindi su preparazione e formazione è la strategia adottata per arginare il crescente numero di giovani che non lavorano, non studiano e non investono nella formazione professionale. Sono circa 80mila i giovani disoccupati nella sola provincia di Torino e circa 20mila sono quelli che non cercano lavoro e non intendono seguire un corso di studi o formazione. Secondo i dati dei centri per l’impiego, il cinquanta per cento degli iscritti al collocamento non ha proseguito gli studi dopo la terza media o li ha abbandonati senza finire le superiori. Così in attuazione del Piano provinciale pluriennale 2010/2013, a maggio 2012 grazie alle risorse finanziarie del Fondo sociale europeo 2007/2013 sono stati aperti i primi due sportelli orientamento denominati Laborientarsi che vedono il coinvolgimento di istituzioni scolastiche e formative, della regione Piemonte, dei comuni, degli atenei e dei soggetti attuatori. Gli sportelli sono aperti dal lunedì al sabato e forniscono un aiuto nella scelta dei progetti professionali e formativi, attraverso consulenze individuali, seminari e incontri con professionisti e mondo delle imprese, esperienze concrete di conoscenza dei mestieri e delle professioni, specifiche attività laboratoriali di simulazione di mestieri. Un modo non solo per conoscere qualcosa in più sugli sbocchi professionali del lavoro che si è scelto, ma anche per verificare le competenze necessarie per svolgerlo.L’indecisione è, infatti, uno dei fattori predominanti che caratterizza questi giovanissimi. Secondo il rapporto sul Profilo dei diplomati 2012 presentato al ministero dell’istruzione il 30 novembre da AlmaDiploma e AlmaLaurea, su quasi 40mila diplomati delle scuole prese in esame ben il 42% cambierebbe l’indirizzo di studio e/o la scuola frequentata, il più delle volte scelta in seguito alle influenze dell’ambiente familiare. Di questi, uno su quattro sceglierebbe un altro percorso per compiere studi che preparino meglio al mondo del lavoro. Il dato più importante è quello sugli incerti, i ragazzi che non sanno bene che strada prendere dopo il diploma e per cui le iniziative di orientamento possono giocare un ruolo fondamentale: sono il 16% del totale, sono più diffusi nei percorsi tecnici (25%) rispetto ai licei (7%), provengono da contesti socioculturali più svantaggiati e nel lavoro che cercheranno sono meno interessati alla coerenza con gli studi intrapresi. Ed è proprio sugli indecisi che bisognerebbe puntare con dei corsi e incontri specifici, come fa Laborientarsi a Torino, per evitare di far perdere tempo prezioso ai giovani, anticipando l’orientamento prima della fine della scuola superiore. Non si tratta solo di situazioni episodiche come i saloni dell’orientamento presenti in più regioni. Ma di veri e propri centri dove poter raccogliere tutte le informazioni necessarie per capire prima quali sono le proprie capacità e dopo come sfruttarle in ambito lavorativo. Perché nonostante la crisi, secondo gli ultimi dati Excelsior Unioncamere nel 2012 ci sono 65mila posti di lavoro che restano scoperti, il 16,1% delle assunzioni non stagionali previste dalle imprese. Difficoltà che non riguardano solo il reperimento di laureati (quasi 12mila profili introvabili), ma anche di diplomati: ben 27mila.I centri di orientamento acquisiscono un ruolo quindi sempre più centrale. E, infatti, iniziano a nascere su tutto il territorio. A Cagliari c’è lo sportello Informa e Orienta, per aiutare i giovani a scegliere le scuole medie secondarie e le offerte di lavoro. È un servizio nato dall’iniziativa di un gruppo di giovani su finanziamenti concessi al Comune di Cagliari dalla Regione autonoma della Sardegna nell’ambito della legge regionale 13/2003. Una scelta per favorire l’associazionismo tra i giovani, che in questo modo oltre alle classiche informazioni possono ascoltare anche opinioni ed esperienze dei coetanei. In Toscana c’è un sistema diverso: la Regione con i finanziamenti del Fondo sociale europeo ha creato il progetto Tuo dedicato agli studenti del quarto e quinto anno delle superiori e comprende questionari per conoscere il percorso orientativo più coerente alle proprie inclinazioni personali, giornate di colloqui orientativi e anche una full immersion di cinque giorni negli atenei toscani per entrare direttamente in contatto con la vita universitaria. A Bologna c'è il servizio Informagiovani del Comune che offre consulenza ai giovani tra i 14 e i 35 anni, è aperto tutti i giorni e rientra nel progetto Informazione multitasking cofinanziato dalla regione Emilia Romagna e realizzato in collaborazione con l'associazione SocialLab. Oltre al normale tutoraggio e alle consulenze individuali organizza incontri a cadenza settimanale sulle tematiche legate all'accesso al lavoro, dalla creazione delle imprese all'associazionismo, e da novembre ha attivo anche uno sportello di ascolto psicologico per i giovani che hanno difficoltà nell'area lavorativa. A Salerno c’è lo sportello Passwork, nato nel 2002 e gestito dall'Arci anche se da due anni è integrato nel servizio Informagiovani, rivolto alla fascia di età tra i 16 e i 29 anni con l'obiettivo di aiutare i giovani a trovare un lavoro valorizzando le potenzialità individuali. Si offrono colloqui personali con operatori specializzati, assistenza per la compilazione del curriculum e per i colloqui di lavoro, informazioni sui finanziamenti disponibili, orientamento agli studi e alla formazione, ma anche disponibilità della sala internet e corsi di informatica gratuiti. Da nord a sud, quindi, si inizia a puntare anche sull’orientamento dei ragazzi nella fascia di età tra la fine delle superiori e i primi anni della maggiore età. Con la convinzione che per avere dei lavoratori produttivi in futuro sia necessario proprio partire dagli ultimi anni di istruzione superiore e focalizzare sulle capacità individuali di ogni giovane. Riuscendo, magari, a colmare quei 27mila posti di lavoro disponibili per diplomati che quest’anno non sono riusciti a trovare risposta, nonostante la crisi economica, perché nessuno era adeguato alle figure richieste. Ripartire quindi dall’istruzione potrebbe essere il punto di svolta per risolvere il problema occupazionale e riportare in pareggio il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.Marianna Lepore   Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, un problema sottovalutato- Censis: in Italia i laureati lavorano meno dei diplomati. E i giovani non credono più nel «pezzo di carta»- Istat, pubblicato il nuovo rapporto sull'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro: situazione preoccupante sopratutto al Sud

Linee guida sugli stage, 400 euro al mese di rimborso «obbligatorio»: ma solo in teoria

Oltre alla sentenza della Corte costituzionale della settimana scorsa, che afferma che lo Stato non può legiferare sullo stage e che le decisioni su questa materia possono essere prese esclusivamente dalle Regioni, c'è un'altra importante notizia dell'ultim'ora che riguarda i tirocini formativi. E cioè che le linee guida promesse dal ministro Fornero stanno prendendo forma. Ma nessuno si faccia illusioni sulla forza (poca) e l'efficacia immediata (inesistente) di queste linee guida: anche a causa del recentissimo pronunciamento della Corte, esse non saranno che un accordo tra Stato e Regioni, non prenderanno la forma di un vero e proprio atto normativo, e non saranno subito operative. Non diventeranno cioè una legge vera e propria, ma avranno bisogno che tutte le regioni elaborino e approvino ciascuna la propria legge regionale, con tempi e modalità che al momento è impossibile prevedere.Dunque anche la disposizione più cara a tutti i giovani italiani - e alla Repubblica degli Stagisti - e cioè l'introduzione dell'obbligo di corrispondere un compenso minimo agli stagisti resterà sulla carta ancora per lungo tempo. E anche se la sottoscrizione delle linee guida da parte delle Regioni e del governo dovrebbe avvenire a gennaio, poi i principi espressi nelle linee guida resteranno teorici fintanto che ciascuna regione non li tradurrà in una propria legge regionale. E chissà quanto tempo ci vorrà. Dunque è assai prematuro dire «addio allo stage gratis in azienda» e parlare, al presente o al futuro prossimo, di «compenso minimo a 400 euro»: perché per ora si tratta praticamente solo di buoni propositi. Che per giunta non abbracciano tutti gli stage, bensì solo quelli extracurriculari. Restano dunque fuori dal "cappello di garanzie" delle linee guida tutti stage curriculari attivati ogni anno da scuole, università e corsi di formazione. Questa enorme fetta di tirocini, che si può calcolare rappresenti quasi la metà degli stage attivati ogni anno in Italia (quindi all'incirca 200mila sui 500mila totali), dunque non verrà toccata dagli effetti delle linee guida. Rendendo il provvedimento ancor più tenue e anodino: di fatto dunque, è bene ripetere chiaramente che la lunga gestazione e poi il parto della "regola" che sancirebbe l'obbligo di pagare 400 euro al mese agli stagisti non varrà per tutti coloro che faranno questo tipo di esperienze formative mentre frequentano università, master, scuole o corsi di formazione.In ogni caso, la Repubblica degli Stagisti è in grado di anticipare i contenuti delle linee guida, che Regioni e governo stanno concordando tra di loro, senza la collaborazione di associazioni sindacali, parti datoriali nè di rappresentanti dei giovani, e che la Commissione Lavoro della Conferenza delle regioni ha esaminato l'altroieri, mercoledì 19, dando un ok sostanziale al testo e prendendo l'impegno a discuterlo e approvarlo nella prima seduta di conferenza Stato regioni che ci sarà a gennaio.Un documento abbastanza lungo, con una prima parte fitta di riferimenti al quadro di riferimento legislativo attuale europeo, che entra poi nel merito riprendendo le tre definizioni "inaugurate" dalla circolare del ministero del Lavoro del settembre 2011 - poi riprese dalla legge regionale toscana e altrove: tirocini formativi e di orientamento, tirocini di inserimento e reinserimento, tirocini destinati categorie deboli. Si parla sempre e solo di stage extracurriculari: «Non rientrano come oggetto delle presenti linee guida i tirocini curriculari nè i periodi di pratica professionale nonché i tirocini previsti per l'accesso alle professioni ordinistiche». «Queste due competenze sono infatti proprie dello Stato» ribadisce Gianfranco Simoncini [nella foto], assessore al Lavoro della Regione Toscana e responsabile Lavoro all'interno della conferenza Stato-Regioni, alla Repubblica degli Stagisti.Per ciascuna delle tre categorie viene definita una durata massima, che ricalca la legge regionale Toscana: 6 mesi per quelli formativi, 12 mesi per quelli di inserimento lavorativo, 24 mesi per quelli dedicati a soggetti svantaggiati. Ma come, di nuovo stage di 12 mesi proprio per quella categoria di stagisti "attempati", che hanno da tempo terminato la propria formazione e che cercano lavoro? «Sì, perché spesso questi stage sono connessi all'acquisizione di competenze che la persona disoccupata non ha e di cui ha bisogno proprio per ricollocarsi. Un percorso di riqualificazione professionale può aver bisogno di tempi più lunghi» spiega Simoncini.Nulla di nuovo nelle linee guida rispetto ai soggetti promotori (che potranno essere individuati dalle Regioni e dalle Province), alla necessità di stipulare una convenzione scritta e un progetto formativo, esplicitando i diritti e i doveri delle parti coinvolte, tra cui l'obbligo del soggetto ospitante di mettere a disposizione dello stagista un tutor che lo affianchi.Tra i punti significativi, quello che prescrive che ciascun soggetto ospitante non possa realizzare più di un tirocinio con il medesimo stagista e quello che - pur molto blandamente - vieta gli stage per mansioni di basso profilo («I tirocinanti non possono essere utilizzati per attività non coerenti con gli obiettivi formativi del tirocinio»). E quanti stagisti potrà prendere al massimo un soggetto ospitante? Le linee guida demandano esplicitamente questa decisione alle leggi regionali, suggerendo che per le realtà «fino a 5 dipendenti» venga posto il limite massimo di un tirocinante alla volta, che per quelle con «tra 6 e 20 dipendenti» il limite sia due, e così via. Ancora una volta non viene affrontato il problema sulla univoca interpretazione di quel «fino a», stabilendo quindi se possano o non possano ospitare stagisti le aziende senza dipendenti. Le linee guida parlano di «dipendenti», quindi di lavoratori assunti con contratto di tipo subordinato: ma tanto se le Regioni decideranno di stabilire paletti diversi (come ha fatto pochi mesi fa la Lombardia, prevedendo che nella proporzione stagisti/dipendenti venissero conteggiati anche i cocopro e i cococo), nessuno potrà dire nulla perché «le linee guida danno indicazioni, non fanno legge», come ammette Simoncini.Poi la bozza arriva finalmente ad affrontare il tema del compenso obbligatorio in favore degli stagisti, che viene definito «indennità di partecipazione» e quantificato in non meno di 400 euro lordi, aggiungendo che «c'è facoltà da parte delle amministrazioni centrali e delle regioni di prevedere misure agevolative per sostenere i tirocini». Ma il rimborso sarà garantito solo per stage superiori a un certa durata, come in Francia dove il compenso è dovuto solo per quelli lunghi almeno due mesi? «La posizione delle Regioni è che non ci può essere gratuità» assicura Simoncini: «Anche per tirocini di un solo mese».C'è poi un riferimento al monitoraggio che finalmente il ministero del Lavoro avvierà sull'utilizzo dello strumento dello stage, rielaborando i dati delle comunicazioni obbligatorie di avvio degli stage: i due soggetti indicati per la realizzazione di questo report nazionale sull'attuazione dei tirocini sono l'Isfol e Italia Lavoro.Quello che le linee guida non contengono, invece, è una definizione chiara e univoca del termine «tirocinio» nè una differenziazione tra «curriculare» ed «extracurriculare» in grado di uniformare le interpretazioni - spesso discordanti - date a questi termini da università a università. Non contengono  un limite anagrafico per l'attivazione degli stage, che quindi potranno essere usati anche per cercare di ricollocare quaranta-cinquantenni in mobilità. Non contengono riferimenti alle sanzioni verranno applicate a chi trasgredirà: «Non le abbiamo inserite perchè ci sono già nella legge Fornero, con multe da mille a 6mila euro» spiega Simoncini, ma in realtà le sanzioni amministrative previste dalla riforma del mercato del lavoro riguardano solo i casi di «mancata corresponsione dell'indennità», e non tutte le altre - numerosissime, come da anni testimonia questo sito - fattispecie di abuso dello strumento dello stage. Ma in conclusione la domanda è una: come si farà a far rispettare questi principi, se verranno espressi attraverso delle semplici linee guida e non attraverso un atto normativo avente forza di legge? E cosa succederà se qualche regione ritarderà - di poco o magari anche di tanto - l'emanazione di una sua legge in materia? Gli stagisti di quella regione resteranno a bocca asciutta?di Eleonora VoltolinaPer saperne di più, leggi anche:- La Corte costituzionale annulla l'ultima legge sugli stage: «Solo le Regioni competenti in materia»- Stage negli enti pubblici, il ministro Patroni Griffi: «Per il momento niente rimborso»E anche:- Anche gli stage finiscono nella manovra del Governo: da oggi solo per neodiplomati e neolaureati, e per un massimo di sei mesi- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti- Normativa sui tirocini, le novità da Liguria, Veneto e provincia di Trento- Mai più stage gratis: parte in Toscana il progetto per pagare gli stagisti almeno 400 euro al mese

La Corte costituzionale annulla l'ultima legge sugli stage: «Solo le Regioni competenti in materia» 

Una sentenza della Corte costituzionale boccia il famoso articolo 11 del decreto legge 138/2011 sugli stage. Quello che aveva escluso i diplomati e laureati da oltre 12 mesi dalla possibilità di fare stage, e che aveva ridotto a un massimo di 6 mesi la durata di tutti gli stage extracurriculari. Lo fa rispondendo a vari ricorsi presentati mesi fa dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Sardegna, rigettando la difesa della presidenza del Consiglio dei ministri che  aveva affermato che la norma contestata aveva lo scopo di «fornire una disciplina uniforme dei tirocini formativi e di orientamento non curriculari, con l’obiettivo di contenere gli abusi nell’utilizzo di tale strumento e consentire la  formazione e l’orientamento dei giovani a stretto contatto con il mondo del lavoro» e che di conseguenza rientrava «nella materia di competenza esclusiva statale relativa alla "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali"». L'intento dell'articolo 11, insomma, era semplicemente quello di garantire su tutto il territorio italiano «livelli essenziali di tutela nella promozione e nella realizzazione dei tirocini formativi e di orientamento».Niente da fare: la Corte ritiene che ci sia stata un'invasione di campo. Nella sua sentenza ricorda di essersi già pronunciata nel 2005, affermando che «la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale "riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi" e che «la giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono "allo stato puro"» (viene citata la sentenza 176/2010 sull’apprendistato) «ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale […] – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente […] al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro». Insomma non si deve fare confusione tra competenza legislativa regionale di carattere residuale e competenza concorrente in materia di istruzione, e neanche con quella in materia di professioni, pur «nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione».Dopo tutto questo ragionamento, la Corte costituzionale conclude che lo Stato - all'epoca era in carica il governo Berlusconi e il ministro del lavoro era Maurizio Sacconi - ha sbagliato a emanare una legge in materia di stage: «Alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato articolo 11 si pone in contrasto con l’articolo 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni». Questo perché «interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento» e poi «dispone che [...] i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari». E in questo modo «la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti "preventivamente determinati dalle normative regionali" – interviene comunque in via diretta» in una materia in cui non può avere voce in capitolo.La Corte rigetta l'interpretazione secondo cui lo Stato avrebbe facoltà di legiferare anche in materie di cosiddetta "competenza regionale", applicando l'articolo 117, secondo comma, lettera m della Costituzione. Spiega infatti che il diritto di stabilire «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» non può «essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione […], mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa». Alla Corte appare «evidente», invece, «che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale». Insomma la Corte costituzionale non ritiene che garantire standard minimi di qualità e tutela a tutti gli stagisti sul territorio italiano sia prioritario. E dunque dichiara l'articolo 11 del decreto legge 138/2011, poi convertito in legge 148/2011, «costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione». La decisione di questa sentenza risale all'11 dicembre ed è stata depositata in Cancelleria il 19: l'ultimo passaggio che rimane è quello della pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Di fatto, in questo modo i giudici della Corte costituzionale aprono una porta molto pericolosa: quella che porta alla leopardizzazione delle condizioni e sopratutto dei diritti degli stagisti italiani. E le linee guida nazionali promesse dalla Fornero? Arriveranno a gennaio. Ma sembra proprio che non potranno avere la forza di vincolare le Regioni a un determinato comportamento: e questa sentenza limita ancor di più il loro raggio d'azione.   Eleonora Voltolina   Per saperne di più:- Tirocini, il costituzionalista: «Lo Stato potrebbe fare una legge quadro»- Manovra, la riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativa- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti- Anche gli stage finiscono nella manovra del Governo: da oggi solo per neodiplomati e neolaureati, e per un massimo di sei mesi- Normativa sui tirocini, clamoroso retrofront del ministero del Lavoro: in una circolare tutti i dettagli che riducono il raggio d'azione dei nuovi paletti

"Miss anti-crisi" e arriva lo stage per rifatte

Siamo la società dell'immagine, si dice. Non dovrebbe stupire più di tanto, allora, un'iniziativa come quella lanciata di recente da Laclinique, una delle più importanti cliniche di chirurgia estetica in Italia - da non confondere con la marca di creme quasi omonima - che dal 2008 è leader nel settore con un giro d'affari pari a 20 milioni di euro l'anno. Si chiama "Miss anti-crisi” ed è un concorso per sole donne che garantirà all'unica vincitrice finale uno stage “formativo” (come si legge nel comunicato diramato dall'azienda) presso la sede centrale o una delle filiali. Un processo di selezione che assomiglia a un casting, e dove l'essere avvenenti è una condizione sottintesa (anzi, avere già fatto un ritocchino può essere d'aiuto, come lascia intuire il comunicato quando dice che si è a caccia di «neolaureate o lavoratrici che si siano sottoposte a un ritocchino o siano interessate a un incontro con un chirurgo»). Con buona pace insomma di chi crede nel valore dello studio e della formazione, quella vera, per ottenere un lavoro. L'importante, qui, è un viso carino. Anche se quelli de Laclinique lo dicono solo velatamente: «la bellezza diventa fattore sociale oltre che estetico, di grande interesse, anche alla luce dei dati sulla disoccupazione femminile» si legge. Per partecipare le aspiranti lavoratrici del settore estetico – a cui è richiesta un'età dai 25 ai 45 anni e un diploma di scuola superiore o laurea - devono  iscriversi attraverso l'apposito form entro il 31 dicembre inserendo i propri dati, il curriculum, una foto e soprattutto rispondendo con un breve testo al perché ci si propone come miss anti-crisi. «La candidata prescelta sarà colei che, più di ogni altra, saprà incarnare i valori essenziali del concetto Miss anti crisi» scrivono nel comunicato. Che peraltro ha un claim davvero evocativo: 'Rifatti una carriera, non c’è recessione per la bellezza', proprio a voler far passare il concetto che il ritocchino estetico serva (anche) a spalancare le porte del mondo del lavoro. Ma poi non è solo la bella presenza il lasciapassare per questo concorso per miss, ci vuole anche la testa, quanto meno nello scrivere una motivazione che colpisca la giuria «qualificata» (così è definita nel regolamento ma quanto ai membri che la comporranno nulla è dato sapere) e il suo «insindacabile giudizio».Per la selezione quelli de Laclinique non si smentiscono e proseguono sulla linea della provocazione (perché di questo forse si tratta, di una strategia di marketing). Le giovani candidate appariranno sul sito della clinica e i loro profili muniti di foto saranno votati dagli utenti (un solo voto a persona al giorno). In base a un indice di popolarità verranno scelte tre candidate, alle quali sarà chiesto di partecipare a un evento finale (tutto a spese loro). Altre sette invece saranno indicate da una giuria 'locale' non meglio specificata. A quel punto le miss dovranno dare il meglio di sé per dimostrare di rappresentare più delle avversarie lo spirito della ragazza anti recessione. Qualcosa che ricorda non molto da lontano le serate di miss Italia in cui le giovani candidate spiegano ai telespettatori perché dovrebbero votarle. Solo che qui non c'è di mezzo un contratto a molti zeri per debuttare nel mondo dello spettacolo, ma uno stage, di cui nel regolamento non si specificano né durata né condizioni contrattuali, e la chimera di un lavoro associato attraverso criteri piuttosto oscuri alla chirurgia estetica. Ma insomma, cosa sta facendo Laclinique? Usa la crisi e il fatto che tante donne siano in cerca di lavoro per una spudorata operazione di marketing? L'amministratore delegato della società, Omar Fogliadini [nella foto in alto], assicura alla Repubblica degli Stagisti che non è così e ribatte: «Noi vogliamo rimpolpare un settore in sviluppo come quello della chirurgia estetica con risorse di qualità». E qui viene il punto: «ci interessa sfatare il mito della bella e sciocca; se è innegabile che da noi lavorano persone 'che si tengono' è anche vero che sono molto preparate». Tant'è che «puntiamo soprattutto a persone laureate», anche se poi i ruoli offerti sono quelli di advisor o officer manager (una sorta di tutor e pr). E non si capisce perché mai dovrebbe servire una laurea, e soprattutto uno stage, per mansioni di questo tipo. Quanto a condizioni contrattuali per lo stage l'imprenditore spiega poi che si sta vagliando la possibilità di una durata semestrale e di un rimborso 'standard' sui 600 euro mensili. E alla domanda su come sia possibile offrire uno stage a donne di 30, 40 o addirittura 45 anni, Fogliadini risponde che «si vuole cercare qualcuno che non abbia trovato uno sbocco adeguato altrove». Oltre alla bellezza quindi la solidarietà: «vogliamo offrire un'opportunità a chi lo merita facendo venir fuori motivazione e carattere, in un mondo del lavoro dove le persone sono trattate come stracci». L'intento, almeno quello, sembrerebbe nobile.Ilaria Lani dei Giovani Non Più (campagna della Cgil contro lo sfruttamento delle nuove generazioni nel lavoro) interpellata dalla Repubblica degli Stagisti, ha definito l'iniziativa «un messaggio degradante, ma purtroppo calzante per un paese che disprezza il talento dei giovani, e in particolare delle giovani donne che sono sempre più sfruttate con stage gratuiti o contratti di lavoro indecenti, oppure messe in mostra come oggetti da consumare». Non bastano precarietà e contratti di lavoro a condizioni intollerabili, adesso «bisogna essere disposte a tutto, anche a fare un ritocchino estetico». E lancia un appello: «Noi, come tante altre donne hanno fatto in passato, pretendiamo rispetto per il nostro lavoro, per le nostre capacità, per le nostre competenze. Forse un 'ritocchino' alle normative sul lavoro e sugli stage sarebbe decisamente più efficace».  Ilaria Mariotti Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Il Natale risveglia la voglia di stagisti in profumerie e saloni di bellezza. Tirocini «sospetti» anche in tabaccherie e fast food- La Cgil scende in campo per stanare gli sfruttatori di stagisti con la campagna «Non + Stage Truffa»- Stage per mansioni di basso profilo, eppure qualche volta sono utili: la parola ai centri per l'impiego- Bando per stage pagati e incentivi all'assunzione in Puglia: le ragioni del ritardo    

Servizio civile 2012 soppresso, arriva l'interrogazione parlamentare

La questione del servizio civile 2012  "soppresso" per mancanza di fondi arriva a Montecitorio: ancora una volta il lavoro della Repubblica degli Stagisti finisce in un'interrogazione parlamentare. I deputati del Partito democratico Alessia Mosca [nella foto] e Guglielmo Vaccaro, letta lunedì su questo sito la notizia del bando 2012 annullato per colpa dei tagli progressivamente inflitti al progetto dal governo Berlusconi e poi da quello Monti, non hanno perso tempo e hanno preparato un'interrogazione indirizzata al ministro della Cooperazione internazionale e l'integrazione, competente in questa materia (anche se privo di "portafoglio", cioè di autonomia di bilancio e quindi di spesa). Il documento, presentato ieri , si apre con una premessa che descrive l'importanza del servizio civile a livello sociale: «Si tratta di un' opportunità messa a disposizione dei giovani dai 18 ai 28 anni di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico» e ricorda dove vadano a prestare servizio i volontari: «amministrazioni pubbliche, associazioni non governative (Ong) e associazioni no profit». Nella seconda parte della premessa si entra nel vivo dell'attualità, con le informazioni tratte dall'articolo della Repubblica degli Stagisti: «Nel 2010 e 2011 il bando era stato aperto a settembre-ottobre, mentre il bando del 2012 non è stato ancora emanato» e non per caso: «come confermano i dirigenti dell'ufficio del servizio civile, non si tratterebbe di un semplice ritardo nella pubblicazione ma di una conseguenza dei drastici tagli effettuati al Fondo nazionale per il servizio civile negli anni 2011 e 2012». Tagli che già negli anni precedenti avevano fortemente ridimensionato l'istituto: vedendosi dimezzati i fondi, di fatto l'ufficio aveva dovuto progressivamente diminuire i posti, arrivando a dimezzarli: «negli ultimi anni il servizio civile ha viste drasticamente ridotte le cifre a disposizione del Fondo nazionale, da 170 milioni di euro nel 2009 a soltanto 100 milioni nel 2010. Ciò ha comportato una diminuzione dei posti messi a disposizione, che sono passati da poco più di 50mila nel 2007 ad appena 20mila nel 2011, fino ad arrivare alla decisione di sopprimere un anno, il 2012». L'interrogazione di Mosca e Vaccaro riprende poi alla lettera le dichiarazioni rilasciate da Raffaele De Cicco, dirigente coordinatore dell'ufficio del servizio civile, alla Repubblica degli Stagisti: «Per il 2013, come viene riportato nella legge di stabilità, l’entità delle erogazioni previste per il servizio civile diminuirà da 71 a 61 milioni di euro. Di questi importi circa 40 milioni serviranno a pagare i volontari partiti nel 2012, dopo aver risposto al bando del 2011, che termineranno nel 2013. I restanti 21 milioni circa serviranno a pagare le spese di funzionamento dell’ufficio ed i volontari avviati con il bando 2013 a partire dal mese di settembre 2013 fino a dicembre»I due deputati chiamano infine direttamente in causa il ministro Riccardi, ricordandogli che è inaccettabile che proprio a un progetto importante come quello del servizio civile vengano tagliate risorse in una misura talmente abnorme da rendere impossibile l'emanazione del bando 2012. E al ministro chiedono di riferire al Parlamento «quali azioni […] intenda altresì promuovere per garantire al Servizio Civile nazionale una copertura delle spese per le sue attività di assistenza, utilità sociale e di promozione culturale, in linea con quanto operato nel corso degli anni e quali iniziative intenda seguire per tutelare questi strumenti di cittadinanza rivolti ai giovani».Non resta che attendere la risposta del ministro, che se solitamente è molto attento alle questioni riguardanti il volontariato e il terzo settore - essendo lui stesso il fondatore della Comunità di Sant'Egidio - d'altro canto fa parte di un governo che al momento è in piena crisi, e dunque con tutta probabilità ha ben poco margine di azione. La speranza è che, in attesa della risposta all'interrogazione di Alessia Mosca e Guglielmo Vaccaro, qualche membro del Senato più sensibile alla questione si muova per apportare una piccola modifica alla legge di stabilità, al fine di ripristinare qualche fondo per il servizio civile: potrà non essere sufficiente - e sufficientemente tempestivo - da permettere l'emanazione del bando 2012, ma un risultato del genere potrebbe contribuire almeno a garantire un maggior numero di posti per il bando 2013.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Servizio civile, salta il bando 2012: tutta colpa della spending reviewE anche:- Leonzio Borea, direttore dell'Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi»- Servizio civile, tempo di selezioni: al sud si sgomita, al nord posti vuoti. E anche il volontariato diventa un ammortizzatore sociale

Servizio civile, salta il bando 2012: tutta colpa della spending review

Chi attendeva la pubblicazione del bando nazionale per il servizio civile si sarà accorto che quest’anno sulla Gazzetta ufficiale non è stato pubblicato. Nel 2010 e 2011 il bando era stato aperto a settembre-ottobre, quest'anno invece tutto tace. Che succede? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto a Raffaele De Cicco [nella foto sotto], dirigente coordinatore dell'ufficio del servizio civile. «Non siamo in ritardo con il bando di selezione dei ragazzi per l’anno 2012, più semplicemente non è stato emanato» è stata la sorprendente ammissione del dirigente «a seguito dei drastici tagli effettuati al Fondo nazionale per il servizio civile negli anni 2011 e 2012». Qualche posto verrà aperto per i bandi “straordinari”. Entro dicembre sarà possibile per 368 volontari candidarsi alle selezioni per progetti relativi all’accompagnamento dei  grandi invalidi e dei ciechi civili; «Poi tra dicembre 2012 e gennaio» anticipa De Cicco «è prevista l’emanazione di un bando straordinario per le aree terremotate delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto per circa 500 volontari».La pubblicazione del prossimo bando “vero”, quello ordinario con migliaia di posti, è invece prevista per la primavera del 2013, mentre l’avvio al servizio dei volontari inizierà dal 1° settembre. Il problema è che comunque i numeri non saranno grandissimi: negli ultimi anni la scure dei tagli si è abbattuta sul servizio civile al punto che le cifre a disposizione del Fondo nazionale si sono ridotte da 170 milioni di euro nel 2009 a soltanto 100 milioni nel 2010. La conseguenza diretta di questa difficoltà si è manifestata con la progressiva diminuzione dei posti messi a disposizione, che sono passati da poco più di 50 mila nel 2007 ad appena 20 mila nel 2011, come dimostrano i dati riportati nel grafico pubblicato sul sito ufficiale del Servizio Civile [qui sotto]. Fino ad arrivare alla decisione di sopprimere tout-court un anno, il 2012, evitando – senza troppo clamore – di far uscire il bando.E per il 2013 quali sono le prospettive? Come De Cicco spiega alla Repubblica degli Stagisti, «I tagli sono contenuti nella legge di stabilità 2013 [cioè quella che una volta si chiamava legge finanziaria, ndr], in fase di approvazione al Parlamento. In media ci sarà una riduzione di circa 5 milioni di euro per il 2013 e il 2014  rispetto a quanto era stato previsto dalla precedente legge di stabilità per il 2012 [poco più di 68 milioni come riportato nel grafico sotto], mentre per il 2015 lo stanziamento dovrebbe aumentare a 75 milioni di euro». Inoltre la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella logica di spending review, ha previsto una riduzione – già a partire dal prossimo anno - di 40 milioni di euro dei finanziamenti destinati alle politiche attive. «Tale obiettivo verrà rispettato attraverso un accantonamento obbligatorio del 14% delle somme stanziate per ogni progetto» chiarisce De Cicco: «In questo modo l’entità delle erogazioni previste per il servizio civile diminuirà, nel 2013, da 71 a 61 milioni di euro. Di questi importi circa 40 milioni serviranno a pagare i volontari partiti nel 2012, dopo aver risposto al bando del 2011, che termineranno nel 2013. I restanti 21 milioni circa serviranno a pagare le spese di funzionamento dell’ufficio ed i volontari avviati con il bando 2013 a partire dal mese di settembre 2013 fino a dicembre». Una carenza di fondi gravissima su cui già Andrea Riccardi, pur essendo titolare di un ministero – quello per la Cooperazione Internazionale e l'integrazione – “senza portafoglio” dunque senza dotazioni finanziarie autonome, si è fortemente speso per mettere una pezza: «Senza l’intervento del ministro, che a giugno scorso ha annunciato di avere reperito ulteriori 50 milioni di euro, l’impatto dei tagli sarebbe stato devastante, e avrebbe ridotto il numero annuale dei volontari a poche migliaia di unità. Questi fondi reperiti dal Ministro consentiranno, per il prossimo anno, di garantire un numero di posti in linea con quelli dell’ultimo bando pubblicato». Dunque ventimila, un numero modesto se confrontato con quello dei bandi del 2005 e del 2006 in cui erano stati 45-50mila i percorsi avviati, e destinato sembra purtroppo a rimanere tale: «Nonostante questa boccata di ossigeno, la richiesta del ministro per altri 120 milioni da ripartire nel triennio 2013-2015 non è stata accolta».Insomma il servizio civile rischia davvero di chiudere lasciandosi alle spalle molti progetti che non avranno volontari da impiegare, ma allo stesso tempo tanti giovani. La politica starà a guardare? Lorenza Margherita Per saperne di più leggi anche: - Leonzio Borea, direttore dell'Ufficio servizio civile nazionale: «Offriamo ai giovani un'esperienza preziosa, ma abbiamo sempre meno fondi»- Servizio civile, tempo di selezioni: al sud si sgomita, al nord posti vuoti. E anche il volontariato diventa un ammortizzatore sociale- «Il Servizio civile non è un modo per ammazzare un anno di tempo o guadagnare qualche soldo», parla l'ex volontario Luca Crispi- Servizio civile, si parte: 19mila giovani tirano un sospiro di sollievo per il rientrato allarme scatenato dalla sentenza "antidiscriminazione"

Microcredito: in Campania arriva il sostegno alle microimprese

Già oltre 1500 richieste: un vero boom per il primo bando sul microcredito in Campania dopo soli tre giorni dall’avvio della presentazione delle domande. I dati sono incoraggianti perché mostrano che i giovani hanno tante idee imprenditoriali che spesso non riescono a realizzare solo perché non hanno la liquidità necessaria. Proprio per questo motivo la regione ha istituito il Fondo Microcredito Fse che destina 65 milioni di euro da finanziamenti del Fondo sociale europeo, incrementabili fino a 100, a sostegno dell’avvio e dell’investimento delle microimprese per quei soggetti con difficoltà di accesso al credito e in condizione di svantaggio.In pratica la Regione, attraverso la sua spa “in-house” Sviluppo Campania che si occuperà della gestione del denaro, erogherà prestiti dai 5mila ai 25mila euro che dovranno essere restituiti in sessanta mesi a tasso zero a partire dal settimo mese successivo alla sottoscrizione del finanziamento. Per fare domanda c’è tempo fino alle ore 12 del 19 dicembre: il microcredito sarà distribuito in base all’ordine cronologico delle domande, ma saranno considerate prioritarie le proposte che rientrano nei settori del turismo, tutela dell’ambiente, servizi sociali alle persone, servizi culturali, ICT, risparmio energetico ed energie rinnovabili, manifatturiero, artigianato e valorizzazione di prodotti tipici locali, attività professionali in genere e commercio di prossimità per cui saranno attribuiti venti punti in più nella valutazione del finanziamento.La scelta di puntare sulle microimprese non è casuale perché negli ultimi anni sono state proprio le piccole e medie imprese a creare più occupazione. Già i dati Istat sul 2010, pubblicati a giugno, mostrano che le imprese con meno di dieci addetti rappresentano il 95% del totale andando così a caratterizzare il sistema produttivo italiano. In particolare è il terziario a vedere la grande presenza di micro e piccole imprese: le più numerose sono nei settori del commercio, trasporto, alberghi e dei servizi.E anche a livello europeo sono proprio le piccole aziende a creare più occupazione: nel periodo 2002-2010 l'85% dei nuovi posti di lavoro è stato creato da loro. Infatti i dati Excelsior Unionicamere per il terzo trimestre 2012 sulle assunzioni programmate in Campania, calcolano una ripartizione per circa il 32% in imprese con almeno 50 dipendenti e per il restante 68% in aziende di dimensioni inferiori. Dati che restano incoraggianti anche per il quarto trimestre 2012.Per chi avesse quindi una buona idea ma non i requisiti per chiedere un prestito in banca, non resta che esaminare le quattro linee di intervento individuate dal Fondo Microcredito e presentare il prima possibile il proprio progetto. I soggetti ammessi a partecipare, che potranno accedere a un solo intervento finanziario, devono avere alcuni requisiti: per le persone fisiche essere cittadini europei o in possesso di carta o permesso di soggiorno, aver compiuto diciotto anni alla presentazione della proposta, non aver riportato condanne con sentenza definitiva per reati di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e impiego di denaro o beni di provenienza illecita e non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione a contrarre con la pubblica amministrazione; per le imprese questi requisiti dovranno essere rispettati dal titolare della ditta individuale e dai soci della società e potranno fare domanda nello specifico le microimprese (con meno di dieci occupati e un fatturato annuo non superiore a 2milioni di euro) e le imprese del terzo settore, costituende o costituite, tutte con sede legale, operativa e amministrativa nella regione Campania.  Requisiti più semplici rispetto al normale accesso al credito: basti pensare anche solo al fondo Jeremie a cui la Regione ha destinato circa ottanta milioni di euro per supportare lo sviluppo delle piccole e medie imprese campane per finanziamenti dai 10mila a oltre 1milione di euro sotto forma di mutuo solo per il 45% a tasso zero. A cui possono partecipare solo le aziende già costituite e iscritte nel registro delle imprese e che devono rispettare una lunga serie di requisiti. O al bando dedicato alle micro imprese del settore turistico che è stato pubblicato precedentemente, ma aveva requisiti più restrittivi visto che era solo per i residenti in un comune nell'area del Gal Cilento.  Invece il bando per il microcredito è pensato per essere molto più inclusivo. Per la prima linea di intervento Asse I adattabilità sono stati stanziati 15milioni di euro per sostenere lo spin off di impresa nel settore della ricerca pubblica e privata. I destinatari sono i titolari di assegni di ricerca, di borse di studio universitarie, post-laurea e post-dottorato, gli allievi dei corsi di specializzazione e dottorato, i laureati specializzati, i dottori di ricerca e i soggetti impegnati in contesti di ricerca industriali. Per la seconda linea di intervento Asse II occupabilità sono stati assegnati 10milioni di euro per progetti di autoimprenditorialità, autoimpiego, emersione e nuova imprenditorialità e le domande potranno essere presentate da giovani under 35 e donne. Per la terza linea di intervento sempre Asse II occupabilità sono stati stanziati altri 10milioni di euro per il consolidamento del sistema d’incentivi rivolto ai segmenti deboli del mercato del lavoro. In questo caso potranno fare domanda i disoccupati, lavoratori in cig o mobilità. La quarta linea di intervento Asse III inclusione sociale ha a disposizione ben 30milioni di euro per interventi di inclusione sociale rivolti al terzo settore e ai lavoratori svantaggiati e i destinatari sono i lavoratori disabili, immigrati, svantaggiati e le imprese del terzo settore. La Regione, per aiutare i destinatari nella compilazione della domanda e formulazione del progetto, ha reso disponibile attraverso la società Sviluppo Campania un servizio gratuito di accompagnamento alla presentazione della proposta e di tutoraggio. Sul sito c’è una sezione con le domande più frequenti ed è disponibile un numero verde (800.188.688) per trovare risposta ai propri dubbi. Oppure si può andare nelle sedi Cgil dove agli sportelli orientamento al lavoro (Sol) sarà possibile ricevere supporto e informazioni per verificare l’esistenza dei requisiti e avere aiuto in fase di utilizzo del credito. Se si è in possesso di tutti i requisiti indicati, generali e specifici, si può passare alla compilazione della domanda che va fatta esclusivamente online, ricordandosi che in caso di inattività superiore ai 10 minuti sulla pagina la sessione non sarà più attiva. Solo in seguito si potrà spedire la documentazione cartacea completa entro cinque giorni dall’invio online, con raccomandata, posta celere o corriere sempre con avviso di ricevimento al Fondo microcredito Fse all’indirizzo indicato sul bando. Tutto sarà poi affidato al punteggio: quello minimo affinché il progetto sia valutato finanziabile è di 60/100 di cui 40 punti derivanti dalla validità tecnica, economica e finanziaria del progetto. Altri trenta punti possono arrivare dalla creazione di nuova occupazione e dalla coerenza del progetto rispetto ai settori prioritari d’intervento e altri trenta punti a seconda della modalità organizzativa (dieci punti per le micro attività, dieci per l’integrazione sociale e quindi la presenza di soggetti normalmente fuori dal mercato del lavoro, dieci per le cooperative). Una volta ottenuto il finanziamento, l’impresa beneficiaria dovrà poi essere disponibile a richieste di controlli, dati, informazioni, fino alla completa restituzione del finanziamento. La regione Campania, quindi, per rilanciare l’occupazione decide di affidarsi alle donne, ai giovani e ai disoccupati con idee brillanti che hanno voglia di scommettere su se stessi. E lo fa puntando su uno strumento in cui ha fortemente creduto il premio Nobel Mohammed Yunus, che già negli anni 70 iniziò a concedere prestiti principalmente alle donne, che non avevano garanzie e a cui le banche negavano ogni assistenza al credito, aiutando così l’emancipazione femminile. Ai possibili destinatari del microcredito non resta che studiare bene tutti i dettagli del bando e procedere il prima possibile alla consegna dei documenti per riuscire a rientrare tra i fortunati a cui verrà concesso il prestito prima dell’esaurimento dei fondi per singolo asse e obiettivo operativo.Marianna Lepore Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Bandi e progetti per finanziare le startup. In attesa che il crowdfunding diventi realtà - Impresa a 1 euro, dopo otto mesi la promessa del governo è finalmente realtà- La Regione Toscana presenta il progetto «Giovani Sì!» per sostenere studenti, stagisti e precari: 300 milioni di euro in tre anni- Chance ai giovani, Bangladesh - Italia uno a zero. A quando anche qui un microcredito "alla Yunus" per aiutare i ragazzi a diventare indipendenti?

Stage a 7 euro al giorno al ministero dell'Economia, dalla Sicilia mail bombing contro il governo

«Così choosy da non accettare l'elemosina». Suona così la campagna di mail bombing sostenuta dalla Cgil Sicilia contro la ministro del Welfare Elsa Fornero, finita nel mirino del sindacato per un programma di tirocini lanciato dal dicastero dell'Economia e delle Finanze. Un bando aperto lo scorso 26 novembre, al quale è possibile candidarsi entro venerdì 7 dicembre, che offre 34 tirocini nelle diverse sedi del Mef. Prevedendo un rimborso spese pari a 7 euro al giorno - che per giunta saranno erogati solo «compatibilmente con le disponibilità di bilancio».«Una cifra di questo genere è ridicola, insufficiente a coprire i costi di trasporto, di abitazione e di sopravvivenza anzitutto per chi non vive nel luogo dello stage» è la condanna di Andrea Gattuso [sotto nella foto di Salvatore Contino] membro della direzione Cgil Sicilia. Di qui l'idea di inondare le caselle di posta elettronica del ministero con una mail che ha come oggetto lo slogan di questa campagna: «Cara Fornero, siamo così choosy da non accettare l'elemosina», espressione che riprende il termine utilizzato dalla stessa ministro per definire i giovani italiani che non riescono a trovare lavoro. Perché, però, se il bando è stato emesso dal ministero dell'Economia tramite la Fondazione Crui il sindacato si scaglia contro la titolare del Welfare? Il manifesto diffuso a sostegno di questa campagna ricorda che la riforma del lavoro che porta il nome della ministro ha introdotto «il rimborso spese obbligatorio per gli stagisti». Affermazione di un principio che stride con i 140 euro mensili garantiti dai percorsi formativi proposti dal Mef. La realtà dei fatti, però, è un po' più complessa. Intanto va detto che il Tesoro propone questo programma da anni - almeno dal 2010 - e sempre, come denunciato dalla Repubblica degli Stagisti, alle medesime condizioni: 7 euro al giorno. Si può certamente discutere sul valore che, secondo uno dei più importanti ministeri italiani, viene conferito al tempo di tanti giovani (peraltro laureati con un punteggio di almeno 100 su 110).Ma la realtà è che i 140 euro mensili dei quali parla la Cgil Sicilia, calcolando 20 giorni di stage al mese, non hanno nulla a che vedere con la «congrua indennità» per i tirocinanti introdotta dall'articolo 12 della riforma del lavoro. Intanto perché, come ha raccontato a RdS Domenico Bova di Italia Lavoro, pare che questo rimborso minimo - se mai verrà fissato - nelle intenzioni del governo si aggirerà sui 500 euro. Ma soprattutto perché questa norma non è ancora esecutiva, visto che l'ammontare dell'indennità dovrebbe essere definita dalla Conferenza Stato-Regioni, che ha tempo fino a metà gennaio 2013 per definirla.E quindi l'interrogativo rivolto alla Fornero, «che fine hanno fatto le sue promesse sui tirocini?», dovrà attendere almeno altri 40 giorni per poter essere posto. Il che rende quantomeno pretestuosa la locandina a sostegno di questa campagna, che invece ritrae la titolare del Welfare. L'iniziativa dei giovani della Cgil Sicilia, che nei mesi scorsi hanno presentato una legge regionale di iniziativa popolare per introdurre il rimborso spese obbligatorio per i tirocini attivati sull'isola, ha avuto un certo eco sui media nazionali: ne ha scritto, ad esempio, Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera. Il bando scade venerdì 7 dicembre, ma i promotori hanno deciso di mobilitarsi con un mail bombing che continuerà ben oltre questo termine. L'obiettivo, spiega Gattuso, è «restituire dignità allo strumento dello stage». Il che «significa in primo luogo renderlo possibile a tutti prevedendo adeguate borse di studio, ricondurlo alla sua missione originaria persa per strada soprattutto nelle aziende, e garantire in ogni circostanza e in ogni contesto i diritti di chi vi si avvicina».Riccardo SaporitiHai trovato interessante questo articolo? Leggi anche:- 140 tirocini per giovani laureati al ministero dell’Economia: il bando Mef-Crui è aperto fino al 17 maggio- Riforma del lavoro approvata: e adesso che succede?E anche:- Sicilia, 12mila firme per una legge sui tirocini di qualità- Stage in Sicilia, primo passo verso la legge di iniziativa popolare   

Quattro milioni di euro pubblici per stage da elettricisti e muratori. Ma non era meglio l'apprendistato?

«L'apprendistato dovrà rappresentare la tipica modalità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Negli ultimi mesi lo ha dichiarato a più riprese il ministro del Welfare Elsa Fornero. Un concetto che l'esponente del governo farebbe bene a chiarire anche ai suoi dirigenti, visto che una società interamente controllata dal suo dicastero ha lanciato un progetto da 4,5 milioni di euro per avviare 3mila giovani alle professioni di 'bottega', scegliendo come modalità non quella dell'apprendistato, ma lo stage - meno tutelante per chi lo svolge e meno costoso per le aziende.Al ministero del Welfare, dunque, si predica bene ma si razzola male. La società in questione è ItaliaLavoro, che ha appena lanciato «Botteghe di mestiere», un progetto che prevede l'attivazione di oltre 3mila stage semestrali. Destinatari giovani under 29 disoccupati o inoccupati interessati ad avvicinarsi, come si legge sul sito di IL, ad «una serie di mestieri artigiani come i pellettieri, i valigiai, i borsettieri, i falegnami, gli impagliatori, i muratori, i carpentieri, i lattonieri, i carrozzieri, i meccanici auto, i saldatori, gli armaioli, i riparatori di orologi e di protesi dentarie, i tipografi, gli stampatori offset, i rilegatori, i riparatori di radio e Tv, gli elettricisti, gli elettromeccanici, gli addetti alla tessitura e alla maglieria, i sarti, i materassai, i tappezzieri, i dipintori, gli stuccatori, i ponteggiatori, i parchettisti e i posatori di pavimenti».Tutte professioni più che rispettabili, sia chiaro. Anzi professioni che probabilmente oggi come oggi – come dimostrano i dati sul “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro – possono offrire più posizioni aperte e garanzie occupazionali e di reddito rispetto ad altre più “blasonate” e di concetto. Ma in sostanza tutte professioni prevalentemente manuali, che mai prima d'ora avevano necessitato di un periodo di pre-formazione come lo stage. E allora perché IL, il cui azionista unico è proprio il ministero, punta sui tirocini e non sposa la linea dell'esecutivo che privilegia l'apprendistato? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto al responsabile del progetto Domenico Bova. «Nel caso delle Botteghe di mestiere il tirocinio è stato ritenuto, in condivisione con le regioni, lo strumento più adatto per consentire ai giovani di acquisire un'esperienza formativa presso realtà lavorative che affondano le radici nella tradizione produttiva italiana», la sua premessa. Il punto è che lo stesso risultato lo si sarebbe potuto ottenere con un contratto di lavoro da apprendistato. Insomma perché dopo l'approvazione di una contestatissima riforma che ne ha fatto, almeno nelle intenzioni, la principale porta d'ingresso al mondo del lavoro per i giovani, si continua a preferire lo stage?«La modalità ipotizzata dovrebbe favorire la riduzione di quel fenomeno di interruzione che avviene nell'arco dei primi mesi di lavoro con i contratti di apprendistato». Ma cosa differenzia uno stage da un contratto di apprendistato e perchè sarebbe così importante che Italia Lavoro destinasse i suoi fondi a sostenere la seconda tipologia e non la prima? Semplice: lo stage non è un contratto di lavoro mentre l'apprendistato sì, e assicura il versamento dei contributi, le ferie, la tredicesima e gli straordinari, la malattia, la maternità: in una parola i diritti dei lavoratori. E soprattutto, a voler essere banali, è la formula sulla quale il governo ha deciso di puntare. Almeno a parole. «È auspicabile che dopo il primo periodo di tirocinio», prosegue Bova, «l'esperienza formativa possa essere seguita dall'instaurazione di un rapporto di lavoro in apprendistato, attraverso il quale si potrà garantire da un lato la crescita del giovane lavoratore, dall'altro la soddisfazione di un bisogno da parte dell'impresa». Insomma secondo ItaliaLavoro questi stage saranno, auspicabilmente, l'anticamera di un contratto di apprendistato, a sua volta propedeutico al tempo indeterminato. Nessuna azione di indirizzo, nessuna politica attiva a favore dell'apprendistato, nessuna richiesta alle “botteghe” rispetto ad un'assunzione: solo auspici. Davvero questo tutto ciò che un ente controllato dal governo sa dire ai giovani in un Paese in cui, secondo l'Istat, la disoccupazione tra gli under 24 ha toccato a settembre il 35,1%.La questione però rischia di complicarsi ulteriormente e proprio per effetto della stessa legge Fornero. ItaliaLavoro garantisce infatti ai tirocinanti un rimborso mensile di 250 euro, che le aziende che ospiteranno gli 'stagisti di Bottega' dovranno integrare per un importo analogo. A gennaio, però, dovrebbe essere definita la cosiddetta «congrua indennità» per gli stage prevista dall'articolo 12 della riforma del lavoro. E cosa succederebbe se la conferenza Stato-Regioni, chiamata a deliberare in proposito, stabilisse che un rimborso di 500 euro mensili non è sufficiente? «Le informazioni ad oggi di nostra conoscenza vanno nella direzione di individuare la somma di 500 euro mensili quale importo congruo per una borsa di tirocinio», assicura Bova, «tuttavia è opportuno sottolineare che proprio il carattere di sperimentalità di iniziative come Amva (progetto nel quale rientrano le Botteghe di mestiere, ndr) ha anche l'obiettivo di verificare sul campo l'applicabilità di scelte e indirizzi anche di carattere normativo». Una verifica sul campo che comporta l'utilizzo di soldi pubblici per tirocini in professioni che non richiedono una lunga formazione on the job, per le quali davvero l'apprendistato dovrebbe «rappresentare la tipica modalità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro». Perché di spendere quattro milioni e mezzo di euro per finanziare stage per elettricisti, carrozzieri e muratori non si sentiva francamente l'esigenza. Il suggerimento alla ministro Fornero potrebbe essere quello di fare lo sforzo di essere un po' più choosy quando si tratta di scegliere quali progetti finanziare con i soldi pubblici.Riccardo SaporitiHai trovato interessante questo articolo? 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«Bamboccioni» a teatro

Sabato 1 dicembre al teatro sociale di Segrate o ancora il 12 e 13 gennaio al teatro Traiano di Fiumicino andrà in scena «Bamboccioni - ovvero che noia il posto fisso» una commedia trascinante per ridere a crepapelle delle vicende e dei luoghi comuni che a torto o a ragion veduta investono i «giovani adulti» di oggi. Lo spettacolo, andato in scena dall'8 al 25 novembre a Milano, è stato inserito nella ricca stagione teatrale del Teatro Martinitt e vede protagonista Roberto D’Alessandro, attore, regista e autore romano, nonché fondatore dell’associazione culturale e compagnia teatrale I Picari. «Pronto? Ciao mammina, sì ho mangiato, sì ho messo la canottiera…va bene mammina». Tre quarantenni  ottengono uno degli appartamenti  che il sindaco della loro città ha messo a disposizione per i “giovani” che faticano a tagliare il cordone ombelicale. L’affitto non si paga a condizione che gli inquilini impieghino parte del loro tanto tempo libero ad offrire assistenza sociale ai più bisognosi. Ecco così che Antonino [Giuseppe Alagna], gloria del calcio mancata, professore di educazione fisica extra graduatoria, Gian Alberto [Roberto D’Alessandro, regista e sceneggiatore] fisico quantistico dalla mole importante ma ancora avvinghiato alla «copertina di Linus» e Anton Giulio [Enzo Casertano], maestro elementare ma solo sulla carta, si ritrovano sotto lo stesso tetto per la loro prima esperienza lontano da casa di mamma e papà. Le loro giornate trascorrono tra lavoretti improbabili e il volontariato che li porterà a conoscere da vicino chi davvero non ha più nulla, come la strampalata coppia di clochard Nevio [Franco Barbero] e Lucida [Maria Cristina Fioretti]. Sognatore incallito il primo, disillusa e sconsolata la seconda, dall’incontro con loro sortiranno effetti improbabili per tutti. Non si smette di ridere durante le due ore di messa in scena, ma allo stesso tempo non mancano gli spunti di riflessione seri sulla realtà che quotidianamente bamboccioni più o meno giovani si trovano ad affrontare, sia a titolo personale sia a livello collettivo. L’epiteto “bamboccioni” che dà il titolo alla pièce entrò in auge nell’ottobre 2007, quando l’allora ministro dell’economia Tommaso Padoa-Schioppa  disse pubblicamente «Mandiamo i bamboccioni fuori di casa: incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi. E’un’idea importante». Dimostrando il coraggio, o forse la sfrontatezza, di sollevare il velo che ricopriva la generazione “Y” più silente del mondo, cresciuta a suon di televisione commerciale e nutrita da cinque cereali all’interno delle rassicuranti mura domestiche. I bamboccioni, nelle migliori intenzioni del professore bocconiano, erano quei ragazzi cui si indirizzavano i provvedimenti, contenuti nella finanziaria dell’epoca, per ottenere agevolazioni fiscali sull’affitto. Da allora le cose non sono però migliorate: colpa della crisi economica, della recessione e della disoccupazione che hanno contribuito all’evoluzione dei bamboccioni in “sfigati” e “choosy”. I giovani, se si sono sentiti offesi da queste definizioni, hanno avuto e avranno l’occasione di smentire. Del resto è forse anche grazie a queste discutibili etichette che stanno poco per volta ritornando nell’agenda politica di chi governa. Piccoli passi, ma almeno qualcosa inizia a muoversi. Chi si ferma è perduto diceva un proverbio, ma una pausa a teatro per farsi due risate, perché no?di Lorenza MargheritaPer saperne di più, leggi anche:- Altro che choosy: un'indagine su giovani e lavoro smentisce il ministro Fornero- #bechoosy.it- Liberiamoci dalla precarietà: Camusso all'incontro con i giovani tra  contestazioni e proposte- E se Steve Jobs fosse nato a Napoli? Essere «affamati e folli» a volte non basta