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Finalmente l'assunzione per chi da oltre 10 anni fa stage nei tribunali: in Lazio il cerchio si sta per chiudere

Avevano cominciato il tirocinio nel lontano 2010, una soluzione trovata all’epoca per smaltire l’arretrato negli uffici giudiziari al collasso: cassintegrati, lavoratori in mobilità, trentenni, quarantenni, addirittura cinquantenni. Adesso, 12 anni dopo, riescono a guardare al futuro con un po’ di sicurezza: sono gli ex tirocinanti della giustizia che a partire dal 2021 hanno firmato un contratto a tempo determinato – quindi finalmente con le dovute tutele per malattia, ferie, e sopratutto con il versamento dei contributi. Dal prossimo anno dovrebbero avere l’agognato tempo indeterminato. Finalmente lavoratori a tutti gli effetti, non più falsi tirocinanti.Per Daniele De Angelis – oggi alle soglie dei cinquant'anni e tra i primi a cominciare questo percorso – e per i suoi colleghi il futuro sembra più roseo: «Tanto è cambiato, dietro l’angolo mi sembra di vedere finalmente il contratto a tempo indeterminato, dopo dieci anni di tirocinio formativo aggirando il blocco del turn over e le leggi in materia di stage. Mi auguro che il nostro caso sia di insegnamento per l’amministrazione centrale che possa cambiare approccio nei metodi di inserimento nel settore pubblico». Per lui l’agognata firma l’anno venturo sarebbe «la conclusione di un pezzo di vita. Quando ho cominciato nel marzo 2010 mia figlia faceva la prima elementare, quest’anno è al quinto liceo scientifico. Ci siamo formati insieme: l’anno prossimo lei farà 18 anni e io 50, lei si diplomerà e io, forse, avrò il mio contratto a tempo indeterminato».Il primo bacino di stagisti è stato creato nel 2010 nel Lazio: circa 420 persone distribuite nel distretto della Corte di appello di Roma. «Il primo protocollo d’intesa viene firmato tra Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, e Paolo Di Fiore, presidente del tribunale di Roma e Lazio», ricostruisce De Angelis. Passa qualche mese e da maggio si arriva a novembre quando con protocolli firmati dalla Corte di appello si estendono i tirocini a tutto il Lazio e si amplia la platea di soggetti. «A quel punto il ministero della Giustizia vede che l’esperienza è positiva: sostanzialmente siamo serviti a coprire il blocco del turn over e i vuoti di organico nel decennio brunettiano».I tirocini si replicano in tutta Italia, con protocolli locali firmati dai presidenti di tribunali e Corti di appello «e nel giro di un anno diventiamo circa 3mila persone in tutta Italia. Ai soggetti iniziali se ne aggiungono altri perché qualche regione aggiunge le work experience con neo laureati in materie giuridiche in Campania, Umbria, Abruzzo e Toscana». Scelte che poi si pagheranno nel tempo, con un bacino sempre più ampio e differenziato per cui diventerà difficile trovare una soluzione omogenea per tutti.De Angelis conosce bene la vertenza: ha cominciato il suo stage extralungo a 37 anni, prima nella sezione fallimentare del Tribunale civile di Roma e poi nella Cancelleria civile della Corte di appello. È stato tra i fondatori dell’Unione precari giustizia, un collettivo informale creato per dialogare con il mondo politico; è stato il primo a trovare il numero totale dei tirocinanti della giustizia, di cui nemmeno il ministero era a conoscenza, e con il tempo è diventato anche  referente nazionale della Fp Cgil per questi stagisti. Lo spartiacque è arrivato nel 2014 con l’istituzione dell’ufficio per il processo, introdotto dall’articolo 50 del decreto legge 90/2014: una struttura di supporto al lavoro giudiziario con l'obiettivo di riorganizzare il lavoro e le incombenze dei magistrati. I tirocinanti vengono ufficialmente riconosciuti e legittimati anche dal legislatore nelle loro attività di affiancamento del personale regolarmente assunto negli uffici giudiziari. «La selezione era per 1.500 persone, la metà del bacino all’epoca in corso, anche se in realtà ne presero poco più di 1.100», spaccando il gruppo e lasciando alle Regioni con i numeri più alti dei tirocinanti la libertà di continuare – come poi avvenne – con i protocolli locali che hanno consentito per anni la prosecuzione di stage per i soggetti rimasti fuori dall’ufficio per il processo in particolare in Lazio, Campania e Calabria.«È inutile negarlo: i tribunali avevano bisogno di questo personale e, infatti, anche il nostro tirocinio nell’ufficio per il processo dai 12 mesi iniziali durò all’incirca tre anni, con “perfezionamento” e “completamento” dello stage», escamotage lessicali adottati dalla politica per proseguire contro legge i tirocini e assicurarsi, a seconda delle varie tornate elettorali, un consenso importante. Finito anche il lungo stage dell’ufficio per il processo, iniziano due anni difficili: 2019 e 2020 sono anni di blocco, questi tirocinanti sono fuori, continuano a manifestare, alzare la voce, ma per loro non arriva nulla.Nel 2019 il ministero della Giustizia indice una procedura di assunzione attraverso i centri per l’impiego di 616 operatori giudiziari, conscio della necessità di avere qualcuno che svolga questo ruolo. Anche lì tante polemiche, perché i posti non rispettano i numeri in realtà già esistenti all’interno delle Regioni e perché ai tirocinanti della giustizia viene assegnato un punteggio aggiuntivo soltanto una volta formate le graduatorie, quindi dopo ben tre prove selettive. Qualcuno comunque ce la fa, e nel marzo 2021 firma finalmente il contratto a tempo indeterminato.Tutti gli altri restano ancora ad aspettare – fino a quando nel 2020 il decreto Rilancio non introduce un concorso a tempo determinato mediante colloquio e titoli dedicato ai soli partecipanti ad attività di formazione e tirocinio presso l’amministrazione giudiziaria. Il bando è per l’assunzione per 24 mesi di mille soggetti che andranno alle dipendenze del ministero della Giustizia, che vengono assunti da marzo 2021. A questi se ne aggiungono altri mille per i quali c'è un contratto a tempo determinato ma solo di un anno.Non tutti i tirocinanti della giustizia, però, riescono a rientrare nella selezione. In aggiunta nel bando – come previsto dalla legge – è presente una riserva del trenta per cento per i militari o riservisti che quindi entrano a far parte del bacino avendo, però, requisiti diversi che incideranno sugli ulteriori passaggi. Restano fuori in tutta Italia un centinaio di persone per le quali, come sempre nell’ultimo decennio, è la politica che deve trovare una soluzione – e si spera non solo temporanea.In Lazio, con la prima selezione per 24 mesi, firmano il contratto a tempo determinato in 181, a cui si aggiungono tra giugno dello scorso anno e gennaio di questo, con tempistiche diverse di assunzione, altri 172 soggetti, per un totale assunti di circa 350 persone. In pratica quasi tutto il bacino iniziale, considerando che nel tempo qualcuno è andato in pensione, ha trovato un altro lavoro o – purtroppo ed è capitato anche questo: dodici anni sono lunghi, e alcuni dei tirocinanti iniziali erano già avanti con l'età – è deceduto.De Angelis firma il suo contratto a tempo determinato nel marzo 2021 e la sua vita cambia, non solo per la tranquillità di avere finalmente davanti due anni di lavoro con uno stipendio degno di tal nome, i contributi, le ferie, l’eventuale malattia, ma anche per la prospettiva di arrivare all’ambito tempo indeterminato. Questo perché nel decreto Pnrr 2 c'è un emendamento per la stabilizzazione degli operatori giudiziari ora a tempo determinato (in pratica gli ex tirocinanti della giustizia), utilizzando i fondi europei. Il testo prevede che il ministero della Giustizia possa fino al dicembre 2023 assumere a tempo indeterminato fino a 1.200 unità per ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare le professionalità acquisite. In pratica si mette nero su bianco quello che avevano chiesto per un decennio i tirocinanti prima e i sindacati poi. E per fare in modo che quante più persone riescano ad avere i requisiti previsti dall’emendamento, ovvero essere in carica al 30 maggio di quest’anno e avere almeno tre anni di servizio anche non continuativi negli ultimi dieci anni, contestualmente vengono prorogati tutti i contratti in corso nel 2022 fino al 31 dicembre. In pratica chi aveva firmato per 12 mesi nel marzo 2021 ha avuto la proroga del contratto fino alla fine di quest’anno, indipendentemente da cosa accadrà il prossimo.«Lo zoccolo duro dei tirocinanti storici con questo emendamento verrebbe stabilizzato», spiega De Angelis: «Resta fuori quella parte di bacino che ha meno anni alle spalle di stage, come i tirocinanti dei magistrati che hanno cominciato più tardi» e che è probabile non resteranno comunque a piedi visto che «il ministero ha tutto l’interesse a mantenerli» e potrebbe rinnovare i contratti in essere per poi procedere all’assunzione a tempo indeterminato. “Meno anni”, per capirci, può voler dire anche cinque o sei anni già con inquadramento da stagisti. Così come saranno esclusi i riservisti militari che non possono contare sugli anni di tirocinio alle spalle. Per questi soggetti continua la battaglia per riuscire a garantire a tutti, dopo un decennio di “stage” tra mille virgolette, un posto di lavoro.   Marianna Lepore

EvolvU, il progetto di ManpowerGroup per investire sul talento

Raggiungere il target della generazione Z per inserire nuovi talenti in azienda: da qui parte il progetto EvolvU che l'agenzia per il lavoro Manpower, che fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, ha ideato per i neolaureati under 30, nativi digitali, interessati a intraprendere una carriera nel mondo delle risorse umane.Il progetto nasce quest’anno con l’ambizioso obiettivo di assumere fino a cinquanta giovani attraverso uno stage di soli tre mesi seguito poi da due anni in apprendistato con job rotation. I candidati sono venuti a conoscenza dell’iniziativa attraverso la campagna di comunicazione #GuessTheRiddle (letteralmente “risolvi il rompicapo”) lanciata sui social network e pensata proprio per la generazione Z: una challenge composta da cinque quiz con l’ulteriore funzione di fornire una prima valutazione sui giovani partecipanti. Dopo una prima fase pubblicitaria del programma, Manpower ha iniziato la promozione su stampa e territori coinvolgendo le oltre duecento filiali e le università. «Per individuare, attrarre e selezionare i giovani talenti della GenZ non si possono più utilizzare metodi di recruiting “tradizionali”» spiega Daniela Caputo, direttrice Marketing Communication and Innovation di ManpowerGroup Italia alla Repubblica degli Stagisti: «Essendo quella la generazione dei primi veri nativi digitali, abbiamo deciso di portare il processo di selezione nel contesto a loro più familiare: i social». Non è stato però solo uno spostamento su canali diversi, perché «abbiamo sperimentato anche una modalità innovativa: quella della “challenge”, che propone una sfida agli interessati prima di candidarsi. I nostri obiettivi erano raggiungere il target d’interesse e incuriosirlo verso la nostra proposta. Il futuro dell’Hr si giocherà sul saper governare le sfide di un mondo del lavoro, anzi di un mondo dei lavoratori, in forte cambiamento».Il nuovo metodo di selezione è stato costruito dopo aver analizzato il target di riferimento, ovvero i nati tra il 1995 e il 2010, la prima generazione di nativi digitali. In questa categoria quasi otto su dieci si descrivono come personalmente responsabili della propria carriera; cercano stabilità economica più dei Millennials, sono più disponibili a lavorare molto anche se preferiscono una routine e un lavoro organizzato e sono sensibili a una cultura aziendale focalizzata su green, diversity equity e inclusion.La maggior parte dei trentuno candidati arrivati in cima al percorso di selezione ha svolto prima uno stage con il consueto rimborso spese mensile di 500 euro previsto da Manpower ma una durata più breve del solito, di soli tre mesi. Ed è entrata a far parte di un'azienda già giovane, visto che l'età media è intorno ai 38 anni. Dopo la fine del percorso formativo i giovani hanno cominciato i due anni di apprendistato in tre job rotation di quattro mesi ciascuna e chiusura degli ultimi 12 mesi nella posizione di destinazione, con una retribuzione annua lorda del terzo livello del contratto collettivo del commercio, pari a oltre 25mila euro. Le assunzioni nell'ambito del progetto EvolvU hanno toccato tredici regioni italiane in cui sono presenti filiali Manpower: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e provincia di Trento.La parte di gioco usata per selezionare gli under 30 prevedeva alcuni quiz di matematica, cultura generale e logica per cui era necessario spesso applicare il pensiero laterale, cioè la capacità di osservare un problema da diversi punti di vista. «Questa challenge non serviva solo ad attirare i candidati», osserva Daniela Caputo, «ma era parte integrante del processo di selezione. I talenti che vogliamo inserire in azienda, infatti, devono essere dotati anche di soft skill come il pensiero laterale e il decision making. Siamo convinti che le professioni delle Risorse umane debbano sapersi aggiornare e reagire di continuo a scenari in costante trasformazione. Spesso la GenZ ha saputo sviluppare queste competenze in autonomia, magari attraverso i videogiochi, per questo sono un target per noi molto interessante».«L'obiettivo di #GuessTheRiddle non era solo di inserire giovani GenZ in azienda, quanto di conservare nel tempo l'equilibrio generazionale, che consente di avere un mix ottimale per favorire il confronto e lo scambio di idee, garantendo anche un bilanciamento corretto tra esperienza e continua innovazione», aggiunge Caputo. Ed è proprio per gli esiti positivi ottenuti che Manpower continuerà ad assumere giovani nei prossimi anni e a lanciare nuove edizioni di questo progetto o nuove iniziative simili.In più il progetto ha permesso ai candidati di far emergere durante le fasi della selezione qualità diverse dalla tradizionale modalità di recruiting: «Oltre a essere più attrattivo come modalità di ingaggio, un processo di selezione che passi anche attraverso una fase di gioco riesce a svelare molte più informazioni sulle capacità del candidato. In particolare per quanto riguarda le soft skill» riflette Caputo, «sempre più importanti e richieste dalle aziende, ma difficili da far emergere con un colloquio tradizionale». Invece con questa modalità innovativa adoperata da Manpower è possibile per il candidato svelare maggiormente i propri punti di forza e le proprie potenzialità.La risposta dei giovani è stata positiva: «Abbiamo rilevato grande entusiasmo e motivazione da parte di tutti i candidati, in particolare grazie alla modalità innovativa di contatto e selezione. I candidati dicono di essersi trovati molto più a loro agio a interagire con noi attraverso i social e il gioco rispetto alla modalità tradizionale di colloquio di lavoro di persona in filiale. Ed è proprio il risultato che volevamo ottenere». Marianna Lepore

Poco spazio in campagna elettorale per i temi che stanno a cuore ai giovani: gli appelli “Fuori Programma”

Una campagna elettorale con un programma già visto mille volte, in cui i politici promettono sempre le stesse cose e milioni di cittadini scoraggiati spengono la tv e vanno a dormire. Possibile che in un momento così cruciale per la storia italiana non ci sia altro da offrire e non si possa provare a risolvere i problemi che stanno veramente a cuore alla società civile? Parte da questa riflessione e dalla ferma convinzione di non rimanere fermi a guardare il “Fuori programma!” un elenco alternativo di obiettivi da raggiungere e condividere con tutti i candidati e i prossimi vincitori delle elezioni politiche.«La campagna è stata lanciata una decina di giorni fa» spiega Federico Anghelé direttore dell’ufficio italiano di The Good Lobby, «Ci siamo interrogati su cosa avremmo potuto fare per dare il nostro contributo per le elezioni. Avevamo visto che i temi che a noi e a moltissimi italiani stanno a cuore non venivano minimamente toccati. L’idea è stata di congiungere i punti, portare avanti la propria causa e inserirsi nelle politiche pubbliche». Così si è deciso di focalizzare l’attenzione su alcune aree tematiche che sono quelle su cui anche The Good Lobby lavora maggiormente, e sono state create le categorie a cui hanno aderito le varie organizzazioni. The Good Lobby nasce nel 2015 come organizzazione di volontari della società civile a Bruxelles e dal 2019 ha anche una sede in Italia. Tra i traguardi raggiunti dall’organizzazione c’è per esempio una legge italiana e una direttiva europea per la tutela dei whistleblower, l’introduzione nel nostro ordinamento del diritto di accesso ai dati della pubblica amministrazione, la revoca del vitalizio ai parlamentari condannati.Per le associazioni che fossero interessate ad aderire basta inviare una mail a info [chiocciola] thegoodlobby.it e sottoporre un video breve in cui spiegare la propria proposta. «La modalità adottata è quella della video presentazione» spiega Anghelé «che seppur in un tempo contingentato, un minuto e mezzo, facilita l’ascolto e la condivisione eventuale della proposta. Abbiamo superato le 40 proposte». Chi si sente vicino alle tematiche affrontate può aderire al manifesto e firmare il Fuori Programma. Al momento sono state raccolte oltre 3.600 firme, «ci auguriamo di arrivare almeno a 20mila, non c’è una scadenza per aderire. Da qualche giorno abbiamo iniziato a contattare i leader politici e i candidati con specifiche competenze sulle materie proposte nella campagna e abbiamo chiesto un impegno già ora. Sappiamo che sarà molto difficile perché abbiamo pochi giorni a disposizione» dice ancora Anghelé: «La prima cosa è far esporre i candidati su temi che sono nelle aree tematiche, in una seconda fase visto che la legislatura inizierà a ottobre inoltrato e il governo non si formerà subito continueremo a far conoscere queste istanze ai parlamentari. Ci auguriamo che nel frattempo la petizione sia cresciuta e ci sia una sensibilità da parte dell’opinione pubblica di rivendicare la necessità di un ascolto delle organizzazioni e delle proposte della società civile».Una volta formato il nuovo parlamento e governo, le proposte verranno nuovamente condivise con tutto l’arco politico. «È probabile che anche nella nuova legislatura le istanze della società civile non saranno ascoltate, quindi uno degli obiettivi è fare in modo che questo non avvenga. Lavorare in coalizione, creare delle alleanze e fare in modo che le organizzazione della società civile si abituino sempre di più».Fuori Programma raccoglie le proposte di quanti ad oggi si sono battuti per conquistare nuovi diritti, salvaguardare l’ambiente, aiutare i nuovi sfruttati del mondo del lavoro, di chi si preoccupa della condizione dei giovani sempre troppo poco discussa nei programmi elettorali. Sono una quarantina le proposte che arrivano da altrettanti organizzazioni no profit o gruppi della società civile, che hanno deciso di mettersi in gioco e spiegare le loro battaglie attraverso dei video in pillole in cui raccontano i loro traguardi raggiunti e su cosa il nuovo governo dovrebbe puntare. Anche la Repubblica degli Stagisti ha aderito con la sua direttrice Eleonora Voltolina, lanciando un appello tanto semplice quanto potente: «Non dimenticatevi degli stagisti. Questi ultimi mesi erano stati particolarmente buoni per i diritti degli stagisti» ricorda Voltolina, «perché si erano innescati dei processi che stavano migliorando le normative attualmente in vigore sia per i tirocini curricolari, di competenza statale e svolti mentre si studia, sia per i tirocini extracurriculari, che sono di competenza regionale e sono al di fuori del periodo di formazione». La cosa più importante che caratterizza entrambi i tipi di stage è la sostenibilità economica, quindi Voltolina chiede «l’introduzione anche per i curricolari di una indennità obbligatoria e la trasparenza sui dati attraverso un monitoraggio costante. Speriamo davvero che il prossimo parlamento porti avanti queste tematiche».Sull'equità intergenerazionale verte la proposta dell’associazione no profit Yezers, composta da oltre 600 attivisti under 35 «accomunati dalla voglia di disegnare un paese migliore». Chiara Manconi, membro dell’associazione, ricorda come «ogni scelta e azione compiuta in merito all’ambiente, al lavoro o al patrimonio culturale ha ripercussioni non solo nel breve ma anche nel medio lungo termine. Da un’attenta analisi dei programmi dei partiti politici candidati alle elezioni è evidente che il concetto di equità intergenerazionale non sia presente o risulti solo nominato senza una chiara strategia di implementazione». Per equità intergenerazionale si intende il prendere in considerazione le conseguenze di ogni decisione politica in un’ottica pluridecennale andando contro le politiche di debito. Yezer propone «l’introduzione di una commissione parlamentare bicamerale di indirizzo vigilanza e controllo e l’istituzione di un portavoce per le generazioni future, che possa non solo monitorare l’impatto delle nuove proposte legislative ma anche suggerire nuove soluzioni per garantire rispetto dell’equità intergenerazionale». Una proposta che mira a fermare il sentimento di sfiducia tra cittadini e istituzioni.Di diritto a vivere una vita dignitosa e a lavorare in sicurezza potendo progettare la propria vita si fa portavoce, invece, la campagna Abiti puliti per voce di Deborah Lucchetti che nella sua video pillola spiega: «Crediamo che tutti e tutte abbiano diritto a una retribuzione minima sufficiente a mangiare cibo di qualità, abitare una casa confortevole, spostarsi in sicurezza, accedere a cure mediche, pagare le bollette, garantire un’istruzione ai propri figli. Per questo crediamo che sia urgente istituire un salario minimo legale anche in Italia che protegga il potere d’acquisto dei lavoratori. Dai nostri calcoli» quantifica Lucchetti, questo salario «equivale a 11 euro netti all’ora cioè 1905 euro netti al mese», ricordando anche come il salario dignitoso sia un diritto universale già riconosciuto dall’articolo 36 della nostra Costituzione. Pone un altro problema che ha spesso trovato spazio sulle pagine della Repubblica degli Stagisti, Stefano La Barbera, Presidente del comitato Io voto fuori sede. «L’Italia è l’unico paese europeo insieme a Malta e Cipro che non ha una legge che consente il voto ai cittadini in mobilità ovvero chi per studio, lavoro o viaggio di qualsiasi genere si trovi lontano dal luogo di residenza al momento delle elezioni. Ad aprile 2022 il Governo ha pubblicato il libro bianco sull’astensionismo: qui mette nero su bianco quello che denunciamo da quattordici anni, ovvero che cinque milioni di italiani secondo dati Istat si trovano in queste condizioni e rischiano di non poter votare». Farlo significherebbe sostenere costi in termini di tempo e denaro che non possono permettersi e finiscono per diventare degli astensionisti involontari pari a un decimo degli aventi diritto al voto in Italia. L'appello: «Approvate in tempi brevissimi una legge per il voto a distanza, sanate questa ferita della democrazia».Tra le tante altre proposte val la pena ricordare anche quella di Mario Mirabile, di South working, lavorare dal sud, che chiede un futuro del lavoro da remoto più sostenibile attraverso la riduzione dei divari esistenti tra nord e sud italia, tra poli più industrializzati e aree più marginalizzate. «Il lavoro agile è un vettore assolutamente incredibile per la riduzione delle diseguaglianze e rendere più sostenibile la nostra società. Il nostro obiettivo è la creazione di una infrastruttura sociale che permetta la riduzione delle diseguaglianze, quindi spazi di aggregazione sociale per i lavoratori e le lavoratrici da remoto che tornano o si recano per la prima volta sul territorio e le comunità locali. Luoghi che devono essere pensati in funzione delle comunità locali di cui stiamo parlando per avviare processi partecipati di costruzione di una infrastruttura sociale che guardi al futuro dei nostri territori».Non resta che guardare i video, leggere le proposte, farsi qualche domanda e appoggiare Fuori Programma, cercando nel segreto dell’urna di votare chi è più vicino a queste tematiche. Per provare a costruire un futuro migliore.  Marianna Lepore

Calabria, per 4.300 adulti ancora 12 mesi di proroga: alcuni sono in tirocinio da dieci anni

Alla fine sono stati rinnovati: i Tis, “tirocini di inclusione sociale”, per 4.300 calabresi disoccupati ex percettori di mobilità in deroga continueranno per altri 12 mesi nell’attesa – ancora una volta – di trovare una soluzione.Ma anche stavolta non avverrà né la chiusura del programma abnorme di tirocini (alcune persone li stanno facendo, una proroga dopo l'altra, da oltre un decennio) né l'agognata assunzione. «Tutti questi precari li ho solo ereditati, non li ho creati io di certo!» ricorda alla Repubblica degli Stagisti il presidente della Regione Roberto Occhiuto: «Lavoro costantemente per assicurare loro per quanto possibile condizioni di lavoro e vita migliori. La contrattualizzazione di 4.300 lavoratori non è una cosa che può fare la Regione da sola. Si pensi che i dipendenti regionali sono complessivamente 1.800, credo sarebbe impraticabile contrattualizzarne altri 4.300».E dunque, nel frattempo, si fa quel che si può: e lo stage diventa ancora una volta ammortizzatore sociale. La delibera 410 della giunta regionale del 1° settembre a firma Occhiuto, pur ricordando che «la durata dei tirocini non può essere superiore a 24 mesi», evidenzia anche che «le regioni hanno la possibilità di stabilire deroghe sulla durata e ripetibilità» e che, quindi, il tirocinio può essere prorogato oltre il limite dei due anni purché «in seguito all’attestazione della sua necessità da parte del servizio pubblico che ha in carico la persona e non più di una volta per un massimo di 24 mesi». Nella delibera, quindi, vista la scadenza dei percorsi di tirocinio precedentemente avviati, si dispone che il dipartimento lavoro debba avviare le interlocuzioni necessarie con gli enti ospitanti per prorogare gli stage per ulteriori 12 mesi. Non solo, si invita anche ad avviare «ogni altro atto necessario a dare impulso alla prosecuzione dei percorsi per un’ulteriore annualità» coinvolgendo i centri per l’impiego.Questi tirocini, vale la pena ricordare, non sono “normali” stage extracurricolari e dunque non fanno riferimento alle “classiche” linee guida (le ultime sono state approvate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2017) sui tirocini. In questo caso il riferimento normativo sono le linee guida, sempre stabilite in sede di Conferenza Stato-Regioni, del gennaio 2015.«Si tratta di un risultato importante, che consente un ulteriore periodo di sostegno alle famiglie in una fase di crisi sociale ed economica», spiega il presidente Occhiuto. I fondi per prorogare il tirocinio per un anno ammontano a circa 32 milioni di euro, di cui 17 milioni a valere sul Programma di Azione e Coesione (PAC) Calabria 2014/2020 e circa 15 milioni sul Piano Sviluppo e Coesione (PSC) Calabria: «Risorse per garantire la prosecuzione di un’esperienza di politica attiva e allo stesso tempo fornire un aiuto in vista della costruzione di soluzioni che portino nella direzione della creazione di opportunità lavorative nel mondo delle imprese e di percorsi assunzionali legittimi nel contesto pubblico». La delibera, si diceva, prevede la proroga e, quindi, i Tis andranno in continuità senza alcuna interruzione man mano che i percorsi nei 458 enti interessati termineranno.Il provvedimento arriva dopo mesi di proteste e manifestazioni dei tirocinanti che fino all’ultimo non hanno saputo che cosa ne sarebbe stato di loro. Per capire di cosa si sta parlando bisogna riavvolgere il nastro e dare qualche elemento in più. Nell’ultimo decennio in Calabria, complice una scarsa regolamentazione dei tirocini e una crescente disoccupazione anche nelle fasce di età più avanzate, si è deciso di attivare percorsi di stage in vari enti pubblici. Sopperendo così alla mancanza cronica di personale, dovuta anche all’assenza di concorsi, e contemporaneamente consentendo a persone ormai fuori dal mercato del lavoro e senza più ammortizzatori sociali di fare dei percorsi di formazione all’interno di tribunali, comuni, province, scuola, regione.Del più famoso caso dei “tirocinanti della giustizia” la Repubblica degli Stagisti si occupa da molti anni, ma senza mai dimenticare l'esistenza di un altro tipo di stagisti, 6.700 persone in totale: di questi circa duemila erano i cosidetti tirocinanti della funzione pubblica, direttamente alle dipendenze dei ministeri, per i quali dopo alterne vicende ad aprile di quest'anno è stato pubblicato un bando di concorso per 1.956 posti che sulla carta – ma anche qui ci sono varie polemiche e accuse in circolazione – serviva per dare un definitivo contratto a questi stagisti.Restavano fuori i circa 4.300 tirocinanti di inclusione sociale, quindi «quelli che fanno servizi all’Asp, nei comuni, in Provincia, in Regione e nelle scuole ma non tramite Miur, per i quali è attivo l’altro bando, ma chiamati a suo tempo dalle scuole che chiedevano ulteriore personale», spiega alla Repubblica degli Stagisti Saverio Bartoluzzi, dell’Unione Sindacale di base. Proprio a questi tirocinanti era dedicato l’avviso pubblico seguente per una annualità di stage di 12 mesi cominciati nel 2020, con una sospensione nel periodo di chiusura causa Coronavirus. Poi a fine ottobre 2021 con un nuovo decreto è stata avviata una nuova annualità decidendo di innalzare il rimborso spese mensile, precedentemente di 500 euro mensili, a 700 euro.  Si arriva così agli ultimi mesi, e ai tirocini per l'ennesima volta in scadenza. È mancato un dialogo con i sindacati, ha denunciato l’Usb, prima della nuova proroga arrivata a inizio di questo mese. «Come Unione sindacale di base siamo contrari» dice Bartoluzzi alla Repubblica degli Stagisti, «perché i 28 milioni spesi l’anno scorso per la proroga e i 32 adesso fanno pensare che ci sono abbastanza soldi per cui si poteva arrivare a un minimo di contrattualizzazione o tramite una legge regionale, come hanno fatto per i lsu lpu, e poi cercare magari una collaborazione con il governo nazionale. Gli ultimi 12 mesi di proroga sono passati nel silenzio, aspettando gli ultimi venti giorni per un nuovo rinnovo, mentre l’onorevole Cannizzaro e il presidente Occhiuto, all’epoca deputato, avevano detto che sarebbero serviti per creare qualcosa e portare alla contrattualizzazione».Il sindacalista Usb evidenzia poi un altro problema: «Nessuno lo dice: ma se un comune si rifiuta di continuare questa proroga automaticamente tutti i tirocinanti che sono in quell’ente sono esclusi. Come Usb siamo a conoscenza del fatto che alcuni comuni per consentire il rinnovo obbligano i tirocinanti a fare tutte le 80 ore mensili previste, quando basterebbe il settanta per cento, senza mai assentarsi».Il fatto di svolgere tutte le ore previste sembra in effetti una richiesta di semplice buonsenso – perché mai dovrebbero farne di meno? Solo per sfruttare la possibilità prevista dall'accordo? – anche perché va ricordato che per questo impegno di 80 ore mensili, che equivalgono a venti ore la settimana, circa un part-time al 25%, queste persone ricevono dallo Stato 700 euro.D'altro canto, va però ricordato anche che si tratta di adulti che da anni, all'interno di questa gabbia dei tirocini, non ricevono un euro di contributi previdenziali: gli stage infatti non hanno alcun valore ai fini pensionistici, dunque tutti questi soggetti non solo sono e rimangono a rischio di esclusione sociale, ma stanno anche costruendo enormi buchi nella loro storia previdenziale che avranno effetti deleteri al momento di andare in pensione.Al sindacato, per giunta, risulta perfino che vi siano comuni che «chiedono ai tirocinanti di fare lavori senza dispositivi di protezione individuale». E questo è realmente inaccettabile, perché agli stagisti andrebbero garantiti tutti i presidi di sicurezza dati ai dipendenti che svolgono le medesime attività.Cosa succederà una volta terminato questo nuovo rinnovo? Lo si può presumere leggendo bene la delibera di inizio mese, dove si parla di 24 mesi e di un ulteriore anno terminati questi primi dodici. Frase che fa presupporre la disponibilità, eventualmente, di fare ancora un altro anno di stage in attesa di qualche altro provvedimento di regolarizzazione.«Sulla carta non hanno nessuna soluzione», conclude Bartoluzzi. «Non siamo contro il centro destra ma contro i politici che durante le elezioni corteggiano i tirocinanti e subito dopo li abbandonano. Ora cercheremo di capire che cosa succederà. Rimaniamo convinti che questa proroga sia un ulteriore sperpero di denaro. Questa sarebbe la tredicesima annualità di tirocinio, contro tutte le leggi in materia».Su un altro fronte sindacale, quello della Cisl, questa proroga viene invece definita una buona notizia. Tonino Russo e Gianni Tripoli, rispettivamente segretario generale Cisl calabrese e segretario generale FeLSA Cisl Calabria, lanciano però un monito: «Serve altro. Serve dare dignità al lavoro. Servono politiche attive del lavoro. Serve costruire un futuro per dare speranza alle persone, sedersi intorno a un tavolo e andare avanti fino a trovare soluzioni concrete».“Costruire un futuro” nel gergo sindacale ovviamente equivale ad assumere. Questi tirocinanti «in verità sono lavoratori a tutti gli effetti», ammette chiaramente il presidente della Regione Occhiuto alla Repubblica degli Stagisti: «Sono diventati indispensabili per alcune funzioni che svolgono all’interno delle varie amministrazioni».Per assumerli, come vorrebbe il sindacato, «occorrerebbe una deroga da parte del governo nazionale ai vincoli assunzionali dei Comuni» dice ancora il presidente della Regione Occhiuto: un'opzione difficile senza «un governo nella pienezza delle funzioni». Ecco quindi la soluzione-tampone della proroga «in modo da garantire una soluzione di continuità» che però non potrà verosimilmente essere ripetuta: «32 milioni all’anno, ciò che abbiamo stanziato per questo intervento, sul bilancio della Regione rappresenterebbero una massa difficile da reperire ogni anno» dice infatti Occhiuto. Senza contare che si continuerebbe a condannare 4mila persone a restare tirocinanti a vita, senza contributi previdenziali. «È necessario che il Governo faccia la sua parte» dice il governatore: «Per attuare un piano complessivo di inserimento lavorativo sarà necessario avere a disposizione interventi legislativi nazionali, per la messa a punto dei quali la Regione si farà promotrice».In pratica per ora c’è solo questa ennesima proroga, cui potrebbe forse fare seguito qualche tipo di contratto, con l’aiuto di fondi statali. Agli oltre 4mila tirocinanti decennali non resta che svolgere l’ennesimo tirocinio fittizio, confidando che la battaglia sindacale porti anche per loro l’agognata firma di un vero contratto di lavoro.Marianna Lepore

Gender Gap, il paradosso delle donne nel mondo del lavoro: webinar con Alessia Mosca, Michela Carlana ed Eleonora Voltolina

«Son stati fatti negli ultimi cinquant’anni notevoli passi avanti, che non dobbiamo negare: attualmente nelle università di tutti i Paesi OECD la maggior parte delle persone iscritte sono donne, e anche la partecipazione al mondo del lavoro è aumentata moltissimo» afferma Michela Carlana, docente di Public Policy alla Harvard Kennedy School: «Tuttavia gli stereotipi di genere sono all’interno della nostra società sin dalla prima infanzia – si pensi semplicemente ai diversi giochi che vengono proposti a bambini e bambine, o alla divisione del lavoro all’interno della famiglia, che sembra essere l’ultimo miglio per permettere alle donne di avere veramente una eguale partecipazione, al di là di tutti i progressi fatti a livello normativo. Gli stereotipi di genere si perpetuano nella scuola – “La matematica non è un ambito da ragazze!” – per arrivare al mondo del lavoro e al glass ceiling che non permette alle donne, o con molta fatica, di raggiungere le posizioni apicali. Quindi c’è moltissima strada ancora da fare».Posizione condivisa da Alessia Mosca, già parlamentare ed europarlamentare e oggi docente universitaria a Parigi, che porta «due dati molto recenti abbastanza eclatanti: l’Italia si trova al 77esimo posto su 79 paesi Ocse quanto a divario di competenze matematico scientifiche tra ragazzi e ragazze, ed è all’ultimo posto quanto a divario di competenze sull’educazione finanziaria. Questi due dati sono significativi rispetto alle competenze che oggi sono richieste e al tipo di ritardo che ancora scontiamo. Certo è importante riconoscere i passi che sono stati fatti, ma non bisogna abbassare mai la guardia: su alcuni ambiti è indispensabile fare uno sforzo enorme».Sono due delle riflessioni emerse durante il webinar “Gender Gap: il paradosso nel mondo del lavoro” promosso dalla Fondazione Roberto Franceschi: una tappa del percorso di eventi e iniziative online e offline che porterà al 23 gennaio 2023, cinquantesimo anniversario della morte di Roberto Franceschi, con lo scopo di creare momenti di riflessione e confronto sulle tante tematiche che la Fondazione ha affrontato in tutti questi anni, anche attraverso l’apporto delle ricercatrici e dei ricercatori che negli anni sono stati sostenuti attraverso i fondi di ricerca. La discussione sul Gender Gap fa parte del ciclo "Eva: il futuro della terra alle donne" che la Fondazione Franceschi ha chiesto di coordinare alla direttrice della Repubblica degli Stagisti, Eleonora Voltolina, che da diversi anni fa parte del cda della Fondazione.La puntata – che Voltolina apre con una citazione del libro “Dodici Parole” di Gabriela Jacomella, sottotitolo “Storie e pensieri di donne eccezionali per diventare ciò che vuoi essere”, pubblicato da Feltrinelli nel 2019 – ha come protagoniste Michela Carlana e Alessia Mosca, che approfondiscono le difficoltà che incontrano le donne non solo all’ingresso, ma anche in itinere, specie quando (come ancora troppo spesso succede) la maternità o potenziale maternità è considerata come una “iattura”; e poi il grande tema degli stereotipi di genere che ancora oggi tengono lontane le giovani donne da alcuni tipi di formazione e da alcuni mestieri.Michela Carlana, laureata nel 2012 a Padova e addottorata in Economia alla Bocconi di Milano, oggi insegna ad Harvard dove è affiliata al programma Women in Public Policy e al Center for International Development che si occupa di studi di genere. Lavora sui temi legati alle ineguaglianze e all’istruzione, con un focus sul genere e sull’immigrazione. Tra le sue più recenti pubblicazioni "Implicit Stereotypes: Evidence from Teachers’ Gender Bias”, "Parents and Peers: Gender Stereotypes in the Choice of the Field”, e “Hacking Gender Stereotypes: Girls’ Participation in Coding Clubs”.Alessia Mosca è stata deputata e poi fino al 2019 eurodeputata nelle fila del Partito Democratico. Nella sua attività politica politici c'è la legge 120/2011 chiamata “Golfo-Mosca”, sull'inserimento di quote di genere nei consigli di amministrazione di società quotate e a partecipazione pubblica. Attualmente è docente di politica commerciale europea a Sciences Po, a Parigi, e vicepresidente dell'associazione Il Cielo Itinerante. È anche impegnata all’interno dell’associazione Fuori Quota, un organismo no profit che riunisce donne board members di società quotate e donne in posizione apicali di impresa e di istituzioni, che si impegnano ad azioni proattive per l’empowerment del talento femminile e il superamento dell’iniquità della disparità di genere. A inizio 2021 Mosca ha fondato l’Associazione “Il cielo Itinerante” insieme, tra gli altri, a Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer dell'Agenzia spaziale europea, con l’obiettivo di avvicinare allo studio delle materie Stem i bambini e le bambine in situazioni di povertà educativa o di disagio sociale, sperimentando metodi formativi innovativi. «Abbiamo messo quattro telescopi su un camioncino e siamo andati nei posti dove c’è maggiore fragilità, maggior abbandono scolastico, maggiori diseguaglianze, per fare vedere le stelle ai bambini attraverso il telescopio» dice Mosca di questa nuova attività: «Perché le stelle? Perché da sempre l’osservazione dell’universo ha portato a un avanzamento dell’umanità da tutti i punti di vista – non solo matematico scientifico ma anche filosofico, religioso, artistico. L’osservazione del cielo ha sempre ispirato e fatto nascere il desiderio di migliorarsi. Quello che abbiamo cercato di fare in questi due anni è instillare in questi ragazzi delle medie il desiderio di poter e voler andare oltre la propria quotidianità, superare gli stereotipi, superare l’idea che il loro destino sia determinato, e dar loro l’idea che invece possono prendere in mano il loro destino e decidere quello che vogliono approfondire e studiare. E in questo modo cerchiamo di gettare qualche seme, che può portare alla riduzione di questi stereotipi».In chiusura dell’episodio Eleonora Voltolina ricorda anche gli importanti risultati della ricerca “Perché i giovani non studiano informatica?”, realizzata a fine 2019 dalla Repubblica degli Stagisti insieme alla società di consulenza informatica Spindox, con la collaborazione scientifica dell’Istituto Toniolo. E soprattutto il clamoroso risultato di un terzo del campione che dichiara che, se avesse saputo - prima di iniziare le superiori o l'università - quanto erano e sono richieste le competenze informatiche nel mercato del lavoro, avrebbe considerato con più attenzione questa possibilità. Nello specifico, il 36% delle ragazze e il 29% del campione, composto da duemila ragazzi tra i 20 e i 34 anni: e a tornare indietro sarebbero soprattutto le donne tra i 26 e i 34 anni. Quelle che oggi hanno spesso più difficoltà a trovare lavoro di qualità.

Come si diventa esperti nel far donare denaro per il bene comune? Un nuovo master insegna la filantropia

Cos’è la filantropia? L’enciclopedia Treccani, dopo la classica definizione «amore verso il prossimo, come disposizione d’animo e come sforzo operoso di un individuo o anche di gruppi sociali a promuovere la felicità e il benessere degli altri», spiega che in età ellenistica e poi romana la parola cominciò a indicare un atteggiamento benevolo dei sovrani nei confronti dei sudditi; mentre la filantropia moderna,  a partire dal 1800, ha portato per esempio alla creazione di ospedali e scuole e alla promozione di iniziative di lavoro o cultura, una «complessa azione di assistenza per la felicità e il benessere degli uomini»: assistenza dai più abbienti ai meno abbienti, restituzione, sostegno economico e materiale a iniziative meritevoli e orientate al bene comune. Rhodri Davies, autore nel 2016 di “Public Good by Private Means: How Philanthropy Shapes Britain” e responsabile del think tank “Giving Thought” della Fondazione inglese Charities Aid Foundation definisce la filantropia come «il perseguimento del bene comune attraverso mezzi privati» (è proprio la traduzione letterale del titolo del suo libro).Essere un filantropo, nel linguaggio di oggi, vuol dire sostenere settori meritevoli di attenzione ma poveri di mezzi. Così come il mecenate protegge e finanzia poeti e artisti, il filantropo protegge e finanzia iniziative e attività che ritiene importanti per la comunità. Oggi perfino ciascuno di noi può essere un po’ filantropo, per esempio attraverso il crowdfunding; e certamente anche il mondo aziendale non resta escluso: la cosiddetta “filantropia d’impresa” descrive proprio quelle aziende che scelgono di contribuire economicamente ad una causa benefica.La filantropia si può imparare? Sta per partire, in Piemonte, un master che scommette che si possa. Viene promosso dalla SAA, la Scuola di Amministrazione Aziendale di Torino, insieme all'Istituto Nazionale di Filantropia e alla Fondazione Accademica Maurizio Maggiora, nel quadro di un programma più ampio «volto a promuovere l’idea di “capitalismo cosciente” quale modello economico di cooperazione sociale per la creazione di valore condiviso e di sostenibilità». Guidato da Giampiero Giacomel, presidente dell’Istituto Nazionale di Filantropia Filantropolis e managing director di Cultural Philanthropy, una società di consulenza specializzata nella filantropia per le arti, il master è sostenuto anche da Ashoka, ONG americana che rappresenta più grande network mondiale di imprenditori sociali innovativi. L’idea degli organizzatori è quella di offrire un percorso formativo “olistico” che assicuri «un quadro completo e integrato su questi temi» presentando ogni materia «in modo prima teorico e poi pratico» e, più nello specifico, «attività di action learning con challenge finale, attraverso un project work nel quale i partecipanti lavoreranno su un progetto applicativo reale, anche proposto da loro stessi, seguiti da un team di esperti». Primo giorno di scuola venerdì 16 settembre 2022; lezioni di giovedì e venerdì pomeriggio e di sabato mattina per tre weekend al mese fino a maggio, per un totale di 300 ore di cui 200 di formazione - suddivise in quattro moduli: “Filantropia”, “Promuovere il capitalismo cosciente”, “Fondazioni: filantropia in azione” e per finire “Teorie e metodologie di analisi” - più 100 ore di Project Work in modalità blended (quindi i partecipanti potranno seguire i moduli sia online che in presenza). La didattica si basa sulla metodologia “Flipped Classroom” che prevede, si legge sul sito, «un coinvolgimento attivo con sessioni in presenza essenzialmente dedicate al confronto, ad attività di gruppo, ad esercitazioni e alla realizzazione di compiti operativi reali».Il master, di cui la Repubblica degli Stagisti ha scelto di diventare partner per la grande importanza che attribuisce alle attività di sostegno di iniziative che abbiano rilevanza sociale, è rivolto a chi già lavora o vorrebbe lavorare in organizzazioni del terzo settore o per fondazioni e aziende socialmente responsabili. I suoi ideatori propongono lo sviluppo di una professione nuova per l’Italia, il “Philanthropy Advisor”, cioè un professionista capace di operare in  realtà che si trovano a gestire importanti risorse finanziarie come fondazioni, banche, studi notarili, commercialisti, consulenti, manager. Questo percorso formativo, il cui titolo completo è “Executive master in Filantropia, CSR e Grant Making”, potrebbe interessare anche giovani laureati: le “figure d’uscita” indicate nella brochure del master, oltre al già citato Philanthropy advisor per famiglie e privati, spaziano da dirigenti e funzionari di Fondazione a dirigenti e funzionari di responsabilità sociale d’impresa, da consulenti e dirigenti per il non profit a ricercatori in studi filantropici.Chi fosse interessato può ancora candidarsi fino a venerdì 9 settembre. Il parterre di docenti e collaboratori che focalizzeranno questa “nuova filantropia” - oggi «diversificata, globale, collaborativa, più imprenditoriale» e anche orientata ai risultati, dato che «prevede la misura dei risultati sia economici che sociali» - è decisamente internazionale: da Tobias Jung, direttore del centro di studi filantropici e per il bene comune presso la University of St. Andrews e presidente dell’European Research Network on Philanthropy a Bhekintasi Moyo, direttore del Centro studi sulla filantropia africana presso l’università di Johannesburg; da Chiara Cordeli, che insegna al dipartimento di Scienze politiche dell’università of Chicago, a Luisa Levi d’Ancona, docente al dipartimento di Storia della Hebrew University di Tel Aviv, fino a Paola Pierri, fondatrice della Pierri Philanthropy Advisory, società di consulenza e formazione specializzata sui temi della filantropia e dell'economia sociale. Solo per citarne alcuni.La quota d’iscrizione è 6.200 euro + Iva; ci saranno anche alcune borse di studio a copertura totale o parziale, da richiedere al momento dell’iscrizione attraverso una lettera motivazionale e la propria certificazione Isee. In alternativa si può provare, grazie a una convenzione stipulata tra la Saa e Banca Intesa Sanpaolo, ad accedere a un prestito d’onore. Fare questo master dà diritto a un Diploma Attestato di partecipazione rilasciato dalla SAA – School of Management il e agli Digital Open Badge come validazione e certificazione delle specifiche competenze acquisite. I futuri Philanthropy advisor si facciano avanti!

Nuove normative sui tirocini, la Corte costituzionale non si pronuncerà prima del 2023

Entro lo scorso 30 giugno la Conferenza delle Regioni avrebbe dovuto approvare nuove linee guida per i tirocini extracurriculari. Il testo ad oggi non è ancora arrivato: il dibattito si è praticamente interrotto quando è caduto il governo. Ma già prima c’era stato un intoppo di non poco conto: il ricorso della Regione Veneto per illegittimità costituzionale presentato contro la decisione del governo Draghi, di indicare nella legge di Bilancio 2022 alla Conferenza Stato-Regioni in quale senso legiferare su un tema di competenza “residuale” delle Regioni, i tirocini, con relativa scadenza appunto al 30 giugno.Il ricorso della Regione guidata da Luca Zaia era stato depositato in cancelleria il 1 marzo di quest'anno e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 31 dello stesso mese.  Ad oggi però il ricorso 18 - questo il numero per identificarlo - non risulta ancora fissato e sarà calendarizzato solo nei primi mesi del 2023: questa è la risposta ufficiale che la Repubblica degli Stagisti è riuscita a ottenere da Francesco Bianco dell’ufficio stampa della Corte Costituzionale.Eppure sono passati già cinque mesi. La Repubblica degli Stagisti ha cercato di capire se questi tempi dilatati siano la norma o meno. La conferma, purtroppo, della consuetudine nei tempi lunghi arriva da Marco Betzu, professore associato di diritto costituzionale all’università di Cagliari: «La tempistica di fissazione dell’udienza pubblica dinnanzi alla Corte è in media di circa 10/11 mesi dal deposito del ricorso. Si tratta di un periodo che può apparire lungo, e senz’altro lo è rispetto a un ideale di efficienza, ma è determinato dall’alta conflittualità Stato-Regioni indotta dal Titolo V. La riforma costituzionale del 2001» precisa Betzu, «ha, infatti, consegnato un testo confuso, costruito senza tenere adeguatamente conto gli interessi sottostanti all’attribuzione delle competenze». Visti i tempi della Corte, quindi, «il caso in oggetto rientra nelle tempistiche consuete» è la conclusione del docente.E, infatti, come risulta dall'ultima relazione annuale sull’attività della Corte, nei giudizi in via principale, quelli tra Stato e Regioni, i tempi della decisione - calcolati sull'intervallo tra la pubblicazione del ricorso in Gazzetta Ufficiale e la trattazione della causa - nel 2021 sono stati di 351 giorni. (Da notare che nel 2020 erano stati 372: una riduzione dei tempi di giudizio nell’ultimo anno, anche se contenuta, esiste). Anche per il precedente quesito sui tirocini portato davanti alla Corte costituzionale, quello inerente il decreto legge 138 del 2011 - in quel caso fu la Toscana tra le prime regioni a far ricorso nel novembre 2011 - i tempi furono più o meno gli stessi: ricorso depositato a novembre 2011, sentenza pubblicata a dicembre 2012.Sul ritardo accumulato Betzu, però, non ravvisa problemi. Il comma 721 della legge di bilancio per il 2022 prevede il termine di centottanta giorni affinché il Governo e le regioni concludano, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un accordo per la definizione di linee-guida. «Tale termine non è assistito da alcuna previsione in caso di suo superamento, e quindi può essere considerato ordinatorio. La conseguenza» aggiunge Betzu è che «in assenza di nuove linee guida continuerà ad applicarsi la disciplina previgente, in attesa che la Conferenza provveda. E quindi le Regioni continueranno ad applicare le regole adottate sulla base delle precedenti linee guida». Anche perché le nuove Linee guida potrebbero farsi attendere ancora per un bel pezzo: «Certo, la situazione politica attuale con un Governo dimissionario ed elezioni politiche a settembre deve far ritenere che non vi sia spazio per una soluzione in tempi brevi» concorda il professore. Dunque in attesa di nuove linee guida le Regioni dovranno applicare ai tirocini extracurriculari le regole attualmente esistenti. «L’irresponsabile ricorso della Regione Veneto, che verte sulle norme della legge di bilancio in materia, e la crisi politica nazionale hanno bloccato il lavoro della Conferenza Stato-Regioni» dice alla Repubblica degli Stagisti Eleonora Mattia, Presidente della Commissione lavoro del Consiglio regionale del Lazio: “Lazio e Toscana hanno tentato di proseguire i lavori, ma la maggioranza si è espressa in maniera opposta e con tutta probabilità si tornerà a lavorare alle linee guida con il nuovo governo». L’obiettivo, aggiunge la presidente, è quello di arrivare presto a un testo definitivo. Ma fino a quel momento non ci dovrebbero essere problemi nell’applicare le norme vigenti: «Nel frattempo, però, non si riscontrano particolari criticità sia con i tirocini in corso che con le nuove attivazioni, essendo vigente la normativa precedente. Quando sarà il momento saremo pronti ad adeguarci e confido ci sarà modo di avviare un proficuo confronto con le altre Regioni e tutte le parti interessate per rendere la nuova disciplina sostenibile ed efficiente».Non resta che aspettare quindi il nuovo anno per vedere come la Corte costituzionale si pronuncerà, e poi come le Regioni si accorderanno sul nuovo testo di Linee guida, se in maniera fortemente restrittiva o meno.

Fellowship Programme, tutte le informazioni per partecipare alla nuova edizione

È fissata al 29 luglio la scadenza per la nuova edizione dell Fellowship Programme, il programma finanziato dal governo italiano attraverso la Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e curato dal dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UN/Desa).L’iniziativa è finalizzata a offrire a giovani laureati un’opportunità di formazione professionale nelle organizzazioni internazionali di circa dodici mesi presso uffici legati alle Nazioni Unite o sedi estere dell’Agenzia Italiana della Cooperazione allo Sviluppo. Il numero preciso di posti disponibili non è indicato sul sito, ma, in analogia con le edizioni precedenti, dovrebbero essere circa una quarantina, con retribuzioni mensili variabili tra i 1.200 e i circa 6mila dollari in base al costo della vita della località di destinazione. Gli importi massimi mensili per paese sono consultabili alla pagina dedicata sul sito UN/Desa.Per candidarsi, esclusivamente online attraverso il sito UN/Desa entro le ore 15 del 29 luglio,  è necessario essere in possesso di alcuni requisiti: data di nascita il 1° gennaio 1994 o successiva; nazionalità italiana; ottima conoscenza della lingua inglese e italiana; possesso di uno dei seguenti titoli accademici: laurea specialistica/magistrale; laurea magistrale a ciclo unico; laurea triennale accompagnata da un titolo di master universitario; Bachelor’s Degree accompagnato da un titolo di master universitario. L’inizio dell’esperienza formativa è previsto per marzo del prossimo anno, dopo il workshop di orientamento fissato a febbraio.Anche per questa nuova edizione per supportare i candidati e fornire tutte le informazioni utili all’inoltro della domanda sono stati organizzati dei webinar, a cui è possibile partecipare dopo aver effettuato la registrazione sul sito www.undesa.it.Dal 1999, anno della prima edizione, a oggi sono state inoltrate ogni anno in media oltre1.200 candidature, per una media di 33 partecipanti a ciascuna edizione. Per la precedente edizione sono stati selezionati 41 partecipanti, 10 uomini e 31 donne, a fronte di 1.232 candidature valide, per un'età media di 27 anni. Sempre per l'edizione 2021/2022, il 72% dei candidati era di sesso femminile. Relativamente al meccanismo di selezione, l'ufficio UN/Desa di Roma effettua una prima scrematura per individuare massimo cinque candidati per ciascuna borsa di studio, in possesso di tutti i requisiti richiesti dall'organizzazione beneficiaria. Motivazione, conoscenze linguistiche e tecniche, qualifiche e specializzazioni universitarie, eventuali esperienze volontarie e professionali sono alcuni degli elementi che guidano la valutazione. I candidati selezionati saranno contattati e informati dell'esito, con l'invito a partecipare alle fasi successive del processo di selezione.La fase conclusiva consiste in una prova scritta e in un colloquio basato sulle competenze. La prima è gestita sempre dall'ufficio UN/Desa di Roma, le interviste sono invece condotte a distanza tramite videoconferenza da gruppi convocati dagli uffici destinatari, nel caso di borse di studio in agenzie/organizzazioni del Sistema delle Nazioni Unite, e convocati da UN/Desa, nel caso di borse di studio in uffici sul campo dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Tutti i candidati selezionati vengono informati tramite e-mail dell'esito della selezione finale.Chiara Del Priore  

Chi sono le dieci aziende che hanno vinto gli AwaRdS 2022? Eccole

Durante il nostro evento annuale "Best Stage" abbiamo assegnato gli AwaRdS, i premi della Repubblica degli Stagisti per quelle aziende dell'RdS network che si sono particolarmente distinte, l'anno scorso, per un particolare della loro policy.L'AwaRdS per il “miglior rimborso spese” è andato a Ferrero, Flex e Cefriel: queste aziende garantiscono ai propri stagisti intorno ai 1000 euro di indennità mensile, e non solo. Nelle loro pagine azienda qui sul sito si può scoprire nel dettaglio quanto offrono ai loro stagisti e quali altri benefit aggiungono al rimborso spese mensile.[nella foto Deborah Zago, Head of HR Italy di Ferrero, riceve il premio dalla direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina]Per la categoria “miglior tasso di assunzione post stage” l'AwaRdS è andato a T4V, Marsh e a Bip: tutte e tre hanno assunto oltre il 90% degli stagisti che avevano accolto nel corso del 2021. Anche in questo caso, secondo la tradizione di trasparenza della Repubblica degli Stagisti, nelle pagine azienda di ciascuna i lettori possono vedere con precisione quanti stage sono stati avviati nel 2021, che percentuale di assunzione post stage è stata raggiunta – beh, in questo caso è facile: l'indicazione per tutte e tre le imprese vincitrici è “oltre 90%” perché, anche se capita che alcune vadano addirittura sopra questa soglia, per una sorta di understatement preferiamo fermarci a quella formula – e anche quali sono state le tipologie contrattuali maggiormente utilizzate per le assunzioni degli (ex!) stagisti.Bip si è aggiudicata anche l'AwaRdS per il “miglior tasso di assunzione diretta di giovani”, che premia il miglior rapporto tra organico aziendale e nuove assunzioni di under 30 senza passare per la fase del tirocinio; le altre aziende premiate in questa categoria sono state EY e Spindox.In particolare nel 2021 Bip ha effettuato 401 assunzioni dirette, quasi tutte a tempo indeterminato, su un organico di quasi 2.800 persone in Italia. EY ha assunto direttamente 880 giovani, nella grande maggioranza con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato, su oltre 4.700 dipendenti. E Spindox ha totalizzato 117 assunti extra stage, anche qui quasi tutti con contratto di apprendistato o a tempo indeterminato, su poco meno di 900 dipendenti. Infine, due premi speciali: Edelman ha vinto l'AwaRdS “Speciale Piccola Azienda”, per aver costantemente migliorato, nel corso degli anni, le condizioni economiche offerte ai suoi stagisti e le prospettive di assunzione post stage. E Nestlé si è aggiudicata l'AwaRdS “speciale Gender equality & work- life balance” per la policy “Baby Leave”, attraverso la quale ha assicurato ai suoi dipendenti un congedo di paternità retribuito di ben tre mesi.

Più diritti per gli stagisti? I cambiamenti normativi sono all'orizzonte, ma non ancora raggiunti

Un momento di dibattito sui tirocini: anche quest’anno l’evento annuale della Repubblica degli Stagisti, “Best Stage”, è stato l'occasione per capire in che direzione sta andando il mondo dello stage, e in generale per fare il punto sul grande tema della transizione dalla formazione al lavoro. Quest’anno la discussione è stata incentrata su un tema di stretta attualità: i cambiamenti normativi che si profilano all’orizzonte sia per il segmento dei tirocini curriculari, quelli svolti mentre si studia, sia per il segmento dei tirocini extracurriculari. «Potrebbe essere un momento di svolta» ha detto la giornalista Eleonora Voltolina, fondatrice e direttrice della Repubblica degli Stagisti, introducendo gli ospiti e dando avvio al dibattito: «Potremmo ottenere presto un quadro normativo molto più favorevole per gli stagisti, con una notevole diminuzione degli spazi per l'abuso dello strumento, e con una attenzione più forte alla sostenibilità economica di queste esperienze di formazione on the job».Dagli ospiti sono arrivati annunci e informazioni di peso. Innanzitutto l’assessora al lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello ha voluto proseguire la tradizione di amicizia e collaborazione tra l’assessorato al Lavoro del Comune di Milano e la Repubblica degli Stagisti, e ha annunciato il suo ambizioso progetto di voler rendere il Comune di Milano il primo Comune con il 100% di tirocini con indennità. Naturalmente il progetto per essere implementato ha bisogno di risorse, ma l’assessora è convinta che l’importanza etica del progetto valga lo sforzo: «Stiamo lavorando con la Direzione Risorse umane per far sì che tutti gli stage del Comune di Milano siano retribuiti». “Tutti” significa che non verrebbero più fatte differenze tra tirocini extracurricolari e curriculari: «A prescindere dalla forma di stage che ci sarà o che c'è» - qui l’assessora ha fatto riferimento proprio ai possibili cambiamenti normativi prossimi venturi - «iniziamo a dire che all'interno del Comune di Milano facciamo stage che sono retribuiti. Perché in una città come questa, dove il costo della vita è elevato, davanti a una inflazione che ha raggiunto  l'otto per cento» e dove il tema casa è «gigante», gli stage gratuiti semplicemente non sono più sostenibili, dal punto di vista economico, per i giovani.«Ho un'esperienza pregressa sia da stagista sia da persona che seleziona gli stagisti» ha ricordato l’assessora, che coi suoi 37 anni compiuti da poco è tra i componenti più giovani della nuova giunta Sala: «Lo stage ha per i giovani un grosso valore formativo di inserimento nel contesto lavorativo». Al contempo lo stagista è utile nel luogo di lavoro che lo ospita, e dopo le prime settimane di addestramento diventa produttivo: diventa un “collaboratore”. Dunque se si entra in quest’ottica «credo che sia doveroso, e prima di tutto etico, che quella collaborazione debba avere una prestazione economica che segue il tempo e la fatica che lo stagista sta mettendo a disposizione».Rispetto all’iter della proposta di legge sul riordino dei tirocini curriculari, attualmente in discussione alla Camera dei deputati, il parlamentare Massimo Ungaro ha dato gli ultimi aggiornamenti: «Il testo vuole aggiornare il decreto ministeriale del 1998 che dava un minimo di regole imponendo una durata massima, un limite massimo di tirocinanti per azienda; adesso cerchiamo anche di proporre l'introduzione di una indennità per chi fa i tirocini curricolari». Una battaglia non facile, che trova resistenze dentro e fuori del Parlamento: «Alcuni partiti – Lega, Forza Italia, Coraggio Italia – concordano con la maggior parte della legge, ma non concordano su questo punto dell'indennità. E quindi c'è adesso uno stallo». Sul fronte del no sono sopratutto alcune aziende private ed enti pubblici che guardano con insofferenza la prospettiva di essere obbligati a pagare anche gli stagisti curricolari (come otto anni fa erano stati obbligati a cominciare a pagare gli extracurricolari), e di conseguenza le università e istituti di formazione che temono che questa insofferenza si possa tradurre in porte chiuse per i loro studenti, cioè in una riduzione del numero di opportunità di tirocinio curricolare. Paola Suardi, segretaria generale della fondazione EMiT Feltrinelli che ospitava l’evento, l’ha riassunta così: «Benissimo andare verso un miglioramento» del quadro normativo «ma facciamo attenzione a non creare degli ostacoli di entrata: vanno lasciati alle aziende almeno uno-due mesi di tirocinio gratuito».Dell’uno-due mesi auspicati da Suardi, in effetti la proposta di legge accoglie l’istanza prevedendo la possibilità di non pagare nulla per i tirocini di durata inferiore a un mese. Ma per tirocini più lunghi è giusto e sacrosanto che ai giovani venga dato un corrispettivo economico. «Si pensa in Italia che i tirocini siano un favore che l'azienda fa ai ragazzi, che devono essere grati» si rammarica Ungaro: «È una battaglia anche culturale. Le forze dello status quo cercano di conservare l'esistente contro i cambiamenti: hanno paura della direzione in cui si potrebbe andare. Ma è stato desolante vedere che alcuni enti che dovrebbero essere predisposti a sostenere la causa progressista» o quantomeno «la causa di maggiori tutele per i tirocinanti, non ci hanno aiutato». Per Ungaro «è stata un po' una delusione», per esempio, assistere alla presa di posizione di «alcuni sindacati contro l'introduzione dell'indennità». Uno sconcerto condiviso anche dalla direttrice della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina, cui Massimo Bonini, segretario della Camera del Lavoro di Milano, ha risposto spiegando che la Cgil non ha appoggiato la proposta di legge sugli stage curriculari, e l’idea di introdurre un’indennità minima, perché il suo obiettivo è un altro. «Capisco che la posizione che è stata espressa forse non è comprensibile» ha ammesso il sindacalista: «Ma noi vogliamo un altro mondo, e a volte ci sono dei passaggi stretti in cui per arrivare a quel mondo lì bisogna dire determinate cose. I tirocini ci sono, ci faremo i conti: ma noi vogliamo andare oltre i tirocini. E per raggiungere quell'obiettivo ci sono delle tappe che, mi rendo conto, risultano essere di poca comprensione. Attraverso le audizioni in Commissione proviamo a mettere l'asticella più in là».La Cgil, ha spiegato Bonini, auspica un radicale superamento dei tirocini: «Il sindacato non è contrario al tirocinio in sé» ma ha snocciolato alcuni dati dell'Anpal: «Dal 2014 al 2019 oltre un milione e mezzo di persone hanno avuto un tirocinio. Di queste, 400mila hanno fatto tirocini più di una volta: è questa la questione che non funziona!».Tra “fuoco prevedibile” e “fuoco amico”, intanto il tempo stringe: la legislatura ha ancora a disposizione soltanto un anno perché la discussione si concluda alla Camera, la proposta venga approvata, e poi passi al Senato per l’ulteriore approvazione. La crisi di governo naturalmente non aiuta: se la situazione politica non dovesse risolversi, probabilmente la questa proposta di legge sui tirocini curricolari finirebbe di nuovo in un cassetto.Stessa situazione per i tirocini extracurricolari: anche in questo caso la crisi di governo e le dimissioni di Draghi pesano non poco. A “Best Stage” è stato Pietro Galeone, consigliere esperto del Ministro Andrea Orlando proprio sul tema dell’occupazione giovanile, a raccontare come si stia cercando di risolvere il rompicapo della formulazione, contenuta in un comma della legge di bilancio 2022, del perimetro di azione dei tirocini extracurriculari. E contemporamente rispettare la competenza esclusiva delle regioni in materia di formazione professionale e tirocini extracurricolari.«Il documento al quale siamo arrivati con le parti sociali e con le Regioni che si sono sedute al tavolo», tra cui c’è anche «la Lombardia, che non ha fatto ricorso» (come invece il Veneto, anche’esso a guida leghista) «e che con profitto ed efficacia sta portando dei contributi interessanti alla discussione» prevede nella bozza attuale, ha anticipato Galeone, che «la restrizione della platea» si indirizzi «verso quelli che sono più lontani dal mercato del lavoro. Quindi chi è più a rischio di esclusione sociale, e poi i giovani… però non tutti i giovani!». Galeone ha spiegato che «i Neet sono un gruppo troppo eterogeneo» e che metterli tutti indistintamente tra i “soggetti a rischio di esclusione sociale” rischierebbe di rinforzare «il meccanismo della turnazione degli stagisti: tu fai uno stage, finisce, sei di nuovo un Neet, fai un altro stage, finisce, sei di nuovo un Neet, fai un altro stage…». Quindi la platea che potrà accedere ai tirocini extracurricolari non dovrebbe comprendere tutti i Neet, ma solo quelli «entro 12 mesi dal conseguimento del titolo di studi». E poi eventualmente, «ma questo è ancora da definire», anche la platea più ampia degli inoccupati «quindi disoccupati e inattivi» ma, nella postilla di Galeone, «non subito! Perché anche in questo caso se inseriamo subito chiunque è disoccupato» nella platea dei potenziali stagisti, considerando la disoccupazione-inoccupazione tout-court come elemento chiave, «com'è attualmente nelle Linee guida», torna il rischio del «fenomeno della turnazione degli stagisti». Invece considerare solo quelli «“di lungo periodo” è ragionevole» e le Regioni sembrano «disponibili a trovare il compromesso». Nelle parole di Galeone molto pragmatismo: «Non possiamo disegnare il mondo che vogliamo: dobbiamo sederci al tavolo con delle Regioni a una maggioranza di colore diverso da quella del ministro Orlando, e bisogna trovare un punto di caduta. Quello sul quale stiamo provando a stringerci la mano e firmare è questo»: ridurre il raggio d’azione dei tirocini extracurricolari, nelle prossime Linee Guida della Congerenza Stato-Regioni, a «coloro che sono più distanti dal mercato del lavoro: chi ha terminato un percorso di studi da un tot numero di mesi, chi è inoccupato di lungo periodo, e chi è oggettivamente svantaggiato come è scritto nella dicitura che tanta “ira funesta” ha causato».Non resta che aspettare e vedere i prossimi sviluppi.