Categoria: Approfondimenti

Recuperano metalli in modo economico ed ecologico: e vincono il premio Marzotto

Innovative, attive nel settore del Made in Italy o in quello della cultura. Sono queste le start-up che possono partecipare al premio Gaetano Marzotto. In palio ci sono premi in denaro e periodi di incubazione per un valore complessivo di 800mila euro. Per partecipare c'è tempo fino al 30 giugno. Ecco la storia di una delle aziende vincitrici della passata edizione.«Innanzitutto noi consentiamo ai nostri clienti di recuperare metalli preziosi riducendo i tempi di manutenzione ed aumentando la produttività dell'impianto. Con benefici anche sotto il profilo della responsabilità sociale, visto che vengono utilizzate meglio le materie prime in ingresso». Dietro a questo “noi” ci sono due 26enni pugliesi, Salvatore Modeo [a destra nella foto] e Antonio Andrea Gentile: ingegnere gestionale il primo, fisico il secondo, si sono conosciuti frequentando a Lecce l'Isufi e nel marzo del 2011 hanno dato vita a Mrs.Si tratta di un'azienda che sfrutta un brevetto, «un'idea che ha avuto Antonio quando si è trovato di fronte allo stesso problema in laboratorio», racconta Modeo. La questione riguarda quei forni - il nome tecnico è evaporatore termico - che vengono utilizzati nella produzione di microchip, circuiti integrati e lenti: si tratta di apparecchiature che raggiungono temperature tali da far evaporare i metalli preziosi necessari alla produzione fino a che non si depositano per realizzare il pezzo desiderato. Nella parte bassa del forno si depositano di volta in volta le diverse materie prime, in alto lo stampo di silicio sul quale si vuole arrivare a depositare una pellicola d'oro piuttosto che di titanio o di cromo.Il problema è che, come avviene ad esempio in una pentola d'acqua portata ad ebollizione, le polveri di metallo prezioso si depositano anche sui lati del forno. E devono quindi essere eliminate: «La maggior parte delle aziende utilizza degli schermi statici alle pareti», sulle quali si depositano i vari metalli. Una volta ogni mese questi crogiuoli devono essere fermati per effettuare la pulizia, che consiste nello smontare le pareti e sabbiarle per rimuovere i metalli, il recupero dei quali richiede poi l'utilizzo di diversi solventi chimici come i cianidi o il mercurio. La soluzione offerta da Mrs è tanto all'apparenza semplice quanto efficace: uno «schermo dinamico». Si tratta di pareti formate da tanti singoli elementi che, visti in sezione, hanno la forma di un prisma. Il meccanismo ruota questi elementi ad ogni cambio di metallo portato in evaporazione, così che su ogni lato si depositino le polveri di un unico materiale. «Su ogni lato noi inseriamo prima uno strato di polimero che poi rimuoviamo insieme alle polveri ed immergiamo in acqua: una volta sciolto, rimangono delle pellicole dei metalli che volevamo recuperare».I due giovani startupper, ai quali da qualche mese si è aggiunto con una quota di minoranza ed il compito di occuparsi degli aspetti finanziari anche il 35enne Giovanni Doria, impiegato al Monte dei Paschi di Siena e professore associato all'università del Salento, hanno registrato questo sistema con un brevetto che copre Europa, Cina ed America. «Ci è costato intorno ai 20mila euro». Questi soldi, come i 2mila necessari nel 2011 per creare una società a nome collettivo, sono arrivati grazie ai premi vinti nel corso degli anni. Il primo, a novembre del 2010, è stato “Principi attivi”, concorso per start-up indetto dalla Regione Puglia che li ha premiato con 25mila euro. «Con questi soldi abbiamo realizzato un prototipo e abbiamo iniziato la procedura per il brevetto», completata grazie ai 15mila euro del premio “Startup Puglia” conseguito l'anno successivo.A fine 2012, poi, è arrivata la vittoria anche al Premio Gaetano Marzotto, che ha offerto ad Mrs la possibilità di essere incubata all'interno dell'acceleratore milanese SeedLab. «Questa esperienza è iniziata da poco più di un mese, noi stiamo seguendo fin dove e possibile le presentazioni in streaming. Non riusciamo però ad essere fisicamente presenti a Milano perché il premio non comprende le spese di vitto e alloggio», per cui ogni settimana dovrebbero pagarsi «treno andata e ritorno e tre notti in albergo, ci costerebbe 1.200 euro al mese». Soldi che i due startupper non hanno a disposizione, visto che ancora non hanno iniziato a fatturare.Ma allora come si mantengono? Al momento Gentile ha un assegno di ricerca all'università del Salento, Modeo segue un master retribuito. «Stiamo aspettando una prima commessa da un gruppo, che quindi potrebbe richiederci più di un impianto». Oltre alle prime entrate, questo accordo permetterebbe anche di validare la tecnologia a livello industriale, dimostrare cioè che il procedimento funziona. Nell'attesa i due non smettono di guardarsi intorno alla ricerca di nuove opportunità, come quelle garantite dal decreto Crescita 2.0, convertito in legge dal parlamento a dicembre dello scorso anno. Così che con il 2013 Mrs è diventata una isrl, ovvero una start-up innovativa. «Ho seguito tutto il cammino della norma, sono stato a entrambi gli ISDay ad H-Farm ed ho apprezzato tanto i contenuti, anche se ancora ci sono dei punti che mancano all'appello». Come ad esempio «gli aspetti legati alla flessibilità del lavoro, che ancora è troppo ingessato. Il Paese è troppo burocraticizzato, dobbiamo sveltire le pratiche». E poi rimane il problema dei finanziamenti. Mentre ancora si attendono le regole per il crowdfunding, l'unica soluzione è quella di rivolgersi alle banche. Peccato che spesso chiedano i bilanci di addirittura due anni per concedere un prestito: «Ma una start-up non ha questi dati, anche perché in 24 mesi può nascere e morire». Il risultato è che ad oggi gli unici vantaggi del decreto Crescita 2.0 cui fa ricorso Mrs sono quelli legati alla possibilità di non pagare le imposte di registro in Camera di Commercio.Le difficoltà sul mercato italiano non riguardano però solo gli aspetti normativi: «È tutto il sistema ad essere lento. Abbiamo chiesto dei preventivi per un piccolo motore e le aziende italiane ci hanno risposto dopo tre settimane. In Cina lo hanno fatto dopo dieci minuti. E dopo venti ci hanno scritto per dire che ci stavano inviando gratuitamente un pezzo così che potessimo testarlo». In un contesto del genere, guardare all'estero è quasi obbligatorio. Giusto la settimana scorsa i due startupper sono volati a Dublino per partecipare all'Intel Business Challenge Europe. In palio un viaggio all'università di Berkeley. «Siamo arrivati tra i nove finalisti, ma non tra i cinque che voleranno negli Stati Uniti», racconta Modeo, senza riuscire a nascondere un pizzico di amarezza.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it Vuoi saperne di più sul premio Gaetano Marzotto? Leggi:- Al via il premio Gaetano Marzotto 2013: in palio 800mila euro per le start-upVuoi conoscere la storia di un'altra start-up vincitrice del Marzotto? Leggi:- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solareVuoi saperne di più sul decreto "Crescia 2.0" e sul sostegno alle start-up? Leggi anche:- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro Passera- Gianluca Dettori: «Decreto start-up, un passo nella giusta direzione»- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutereVuoi saperne di più sull'incubatore di impresa H-Farm? Leggi:- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-upVuoi conoscere le storie di alcune di start-up? Leggi anche:- Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Un appello al governo: «Non dimenticate le start-up»

È stato uno dei protagonisti della task force voluta dall'allora ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera per elaborare una serie di proposte per lo sviluppo dell'ecosistema start-up. Ad un anno dall'inizio di quell'esperienza Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup e fondatore dell'incubatore di impresa H-Farm, torna a chiedere alla politica di impegnarsi per favorire la nascita e la crescita di imprese innovative. «Non ci si dimentichi delle start-up!». Perché ha sentito il bisogno di lanciare questo appello e perché ha ritenuto di farlo di fronte alla platea del Digital economy forum?Le start-up sono un motore per la crescita economica e pertanto una risorsa indispensabile per l’Italia, soprattutto oggi che la crisi tocca da vicino tutta l’industria. Possono dare speranza, far ritrovare competitività al Paese e offrire nuove forme e opportunità di lavoro. Mai come in questo momento la crisi sta portando le aziende a cercare nuovi modelli di business, aprendole a sperimentazioni innovative che spesso sono il frutto del lavoro di tante start-up presenti sul territorio italiano. Percepire nella platea presente al Digital economy forum, egregiamente organizzato dall’Ambasciata americana, un clima di preoccupazione e incertezza per il mancato completamento del quadro normativo, mi ha spinto a prendere posizione in modo forte. Questo settore deve essere sostenuto e bisogna mantenere alta l’attenzione. Ne va del futuro del Paese.Appunto un anno fa partiva il percorso della task force che ha elaborato il rapporto "Restart Italia", una parte del quale è diventato il decreto "Crescita 2.0". Quanto delle idee contenute in quella relazione si è concretizzato? Come Italia Startup abbiamo dato una mano importante per elaborare il rapporto Restart Italia, che ha poi portato alla strutturazione della cosiddetta legge “Crescita 2.0” per le nuove imprese innovative. Purtroppo solo una parte di quanto contenuto nel rapporto si è tradotto, a oggi, in provvedimenti concreti ed effettivi. Il registro dedicato presso le Camere di commercio e le normative di semplificazione in tema di contratti di lavoro sono le due iniziative più rilevanti. Manca il regolamento che permette uno sgravio fiscale per chi investe in startup innovative e manca il regolamento per il crowdfunding. Inoltre non ha mai visto la luce un provvedimento che riguarda il cosiddetto fondo dei fondi, cioè un fondo di garanzia pubblico che copra parzialmente il rischio di chi investe in start-up. Il quadro va completato. E con urgenza. Senza dimenticare che, per seguire da vicino l’evoluzione della normativa e una sua applicazione efficace, è opportuno mantenere un concetto di task force, cioè di gruppo ristretto di esperti che accompagnino il governo nello sviluppo e nell’aggiornamento dei provvedimenti.Lei ha detto di aspettarsi un gesto concreto da parte del governo. Cosa chiede nell'immediato?Tre cose, tutte molto semplici. L’approvazione del regolamento per lo sgravio fiscale di chi investe in nuove imprese innovative. L’approvazione del regolamento sul crowdfunding. La riattivazione di una task force di sostegno al Governo, per la quale ci candidiamo a essere parte attiva e interlocutore.Uno degli aspetti più innovativi era certamente quello legato al crowdfunding. Il regolamento Consob era atteso per marzo, ora dovrebbe essere approvato entro l'estate. Quanti danni crea all'ecosistema questa pessima abitudine italiana di fissare delle scadenze e poi ignorarle?I ritardi nelle scadenze legislative producono problemi rilevanti perché creano aspettative, anche presso interlocutori stranieri come è avvenuto in questo caso, che poi vengono disattese. Parlando di crowdfunding ci riferiamo a uno strumento nuovo, che permette l’investimento per le start-up a un pubblico molto vasto di soggetti, con cifre contenute. Se il regolamento venisse approvato in tempi brevi e seguisse logiche liberiste, senza dare troppo peso agli investitori istituzionali, si aprirebbero nuove opportunità per le start-up, si includerebbero nuovi soggetti investitori, anche singoli cittadini, e si attirerebbero certamente portali e soggetti stranieri, che già operano in questo mercato.All'appello manca anche il registro degli incubatori certificati. Cosa si aspetta da questo punto di vista?Sul registro degli incubatori certificati, così come su quello delle imprese innovative, vorremmo poter interagire col governo per rivedere quanto è stato fatto. Ci sono regole troppo restrittive, che non tengono conto della grande varietà di start-up e di incubatori che esistono sul mercato. Il ruolo della task force o gruppo di accompagnamento di cui dicevo prima, va proprio in questa direzione. Il nostro è un settore giovane, molto dinamico ma ancora immaturo e parcellizzato. Non si possono mettere paletti troppo rigidi ed è necessaria una valutazione specifica, quasi caso per caso o comunque settore per settore. Siamo a disposizione per dare un supporto in tal senso.Oltre 800 imprese si sono iscritte al registro start-up innovative. Nei giorni scorsi si è chiusa l'application di Working Capital con la cifra record di 1200 domande di ingresso in questo programma di accelerazione. Segno di una vitalità dell'ecosistema nonostante la politica?È esattamente così. I riflettori sono stati puntati su questo comparto dal precedente governo. La crisi spinge molti giovani a creare piuttosto che a cercare un lavoro, così come molti manager che escono forzatamente dal mondo del lavoro. Si è creato un formidabile dinamismo. Molto “dal basso” e che, come tale, necessita di selezione e di sedimentazione, ma che indica una vitalità che va assecondata e agevolata. Forse non siamo ancora allo sviluppo industriale degli anni Sessanta e Settanta, però c’è una voglia di fare impresa che è davvero portatrice di speranza per il nostro Paese che spesso va avanti a prescindere dalla politica. Non sarebbe male quindi se la politica assecondasse, almeno in una logica di semplificazione, questo processo in corso.L'ultimo rapporto Istat parla di disoccupazione giovanile al 40%. L'applicazione delle norme per le start-up è in forte ritardo. Di fronte a questo quadro cosa prova quando sente i partiti dibattere sul semipresidenzialismo alla francese piuttosto che sul cancellierato alla tedesca?Non entro nel merito dei temi che sono di competenza della politica. Mi limito a osservare, come dicevo prima, che c’è in atto un fenomeno di sviluppo imprenditoriale dal basso, che può portare innovazione, occupazione e competitività. Non chiediamo soldi né incentivi. Chiediamo attenzione al fenomeno, quadro normativo certo e tanta semplificazione. I provvedimenti in termini giuslavoristici sono un esempio virtuoso. Agevolare contratti flessibili, dare opportunità di stock option ai dipendenti, rendere cioè il sistema flessibile, aperto e partecipato, crea le condizioni giuste per stimolare la nascita di nuove imprese e di nuova occupazione, aiutando in tal senso soprattutto i giovani che potranno aspirare a qualcosa di più di quella che Beppe Severgnini ha definito una "Repubblica fondata sullo stage".Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it Vuoi saperne di più sul decreto "Crescia 2.0" e sul sostegno alle start-up? Leggi anche:- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro Passera- Gianluca Dettori: «Decreto start-up, un passo nella giusta direzione»- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutereVuoi saperne di più sull'incubatore di impresa H-Farm? Leggi:- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-upVuoi conoscere le storie di alcune di start-up? Leggi anche:- Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Al via il premio Gaetano Marzotto 2013: in palio 800mila euro per le start-up

L'importo complessivo del premio è di 800mila euro. Anche se gli startupper sanno bene che in palio non ci sono (solo) i soldi, ma la possibilità di compiere quel salto di qualità che può instradare la propria azienda verso il successo imprenditoriale. Scadono il 30 giugno i termini per partecipare alla terza edizione del premio Gaetano Marzotto, competizione riservata a realtà innovative, originali, finanziariamente sostenibili ed in grado di generare un impatto sociale positivo sul territorio italiano.Sono questi gli unici requisiti richiesti a coloro che si mettono in competizione in una delle quattro sezioni nelle quali è suddiviso il premio. L'unica eccezione è rappresentata dal premio «Dall'idea all'impresa», riservato agli under 35. È questa la sezione più corposa della manifestazione, che mette in palio ben 300mila euro. Che in realtà non saranno erogati "cash": la cifra indica infatti il valore dei periodi di incubazione ai quali potranno accedere le dieci start-up selezionate come vincitrici, che entreranno così in altrettanti acceleratori di impresa. I periodi di incubazione vanno da un minimo di due mesi ad un massimo di dodici e, in alcuni casi, prevedono l'impegno da parte dell'acceleratore di impresa a valutare un investimento nella start-up. I dieci “ospiti” sono la milanese Boox, la trevigiana H-Farm, I3P, l'incubatore del Politecnico di Torino, Luiss Enlabs e M31. E ancora, la Fondazione Filarete, Seedlab, la sede padovana di Talent Garden, The Hub e la veneziana VEGAinCUBE.Altra sezione del “Marzotto” è l'«Impresa del futuro», dedicato alle aziende che operano nei settori di riferimento del Made in Italy: ovvero moda e tessile, agroalimentare, turismo, farmaceutico, meccanica, casa, arredamento e ambiente. In questo caso il premio per la start-up vincitrice è un bonifico da 250mila euro, oltre ad un periodo di affiancamento da parte della Fondazione Cuoa che assisterà l'impresa in settori come le strategie commerciali, il bilancio, la gestione dei collaboratori e gli aspetti legali. Assistenza che questo ente garantirà anche al vincitore del premio «Nuova impresa sociale e culturale», dedicato alle realtà del terzo settore che si contenderanno anche una somma di 100mila euro, versata sul conto del vincitore.Novità di quest'anno è una quarta sezione, dedicata al premio speciale «UniCredit - Talento delle idee», che sarà assegnato ad almeno una start-up per ciascuna delle tre categorie “storiche” del Marzotto. Le aziende selezionate si vedranno assegnare un tutor, potranno partecipare alla Startup Academy e seguiranno un programma di mentorato. E soprattutto avranno la possibilità di incontrare singolarmente possibili investitori. Il valore di questa iniziativa è quantificato in 150mila euro, ma anche in questo caso il premio non sarà erogato in denaro.Fatta eccezione per la sezione «Dall'idea all'impresa», riservata come detto agli under 35, non ci sono limiti di età per la partecipazione. Possono iscriversi al premio persone fisiche, team di progetto, start-up, imprese già stabilite, cooperative e associazioni. L'iscrizione avviene solo online, compilando i moduli nella sezione del sito dedicata, entro il prossimo 30 giugno. Le quattro giurie avranno poi tempo fino alla fine di luglio per valutare i progetti più interessanti per ciascuna sezione, che dovranno presentare un progetto più dettagliato entro il 1° settembre, per partecipare poi il 12 ad un colloquio con i giurati. I vincitori saranno premiati a novembre. Per avere maggiori informazioni è possibile partecipare agli incontri di presentazione del Gaetano Marzotto: i prossimi sono in programma oggi, mercoledì 12 giugno, nella sede palermitana di Confindustria, e il 19 a Milano presso gli uffici di Talent Garden.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere la storia di un'impresa che ha vinto il Premio Marzotto? Leggi:- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solareVuoi conoscere alcuni degli incubatori coinvolti nel progetto? Leggi:- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-up- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- Milano capitale delle start-up grazie a Polihub e Tag MilanoVuoi conoscere altre iniziative di sostegno alle start-up? Leggi anche:- Milano e la Lombardia, terreno fertile per le start-up- L'Abruzzo investe 9 milioni per le start-up: la speranza sta nell'innovazione- Al via Wind business factor 2013, il campionato italiano delle start-up- Non solo mele, con TechPeaks a Trento si coltiveranno anche start-up

Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online

«È assurdo affermare che il lavoro e la vita siano due cose separate. Bisogna trovare una soluzione per conciliarle». Il 24enne Andrea De Spirt [al centro nella foto] cita le parole di Richard Donkin, giornalista e scrittore considerato uno dei massimi esperti internazionali di tematiche relative al mondo del lavoro, per raccontare JobYourLife, la start-up che ha fondato a febbraio dello scorso anno insieme al 29enne Francesco Fonte e al 27enne Pietro Stracquadanio [a destra nella foto]. La risposta al monito di Donkin è un sito per la ricerca di lavoro. Diverso rispetto ai portali “tradizionali”: «Ci siamo posti l'obiettivo di creare uno strumento che integrasse la domanda e l'offerta, un nuovo modo di cercare e connettere il lavoro nel web: siamo il primo strumento di recruiting online che utilizza la geolocalizzazione del curriculum insieme a degli annunci mirati che permettano ad un'azienda di trovare il candidato ideale ovunque lo stia cercando». In altre parole, si inverte il normale meccanismo di ricerca di un'occupazione: «Non è più l'utente che si candida rispondendo ad un annuncio, ma le società che contattano i potenziali dipendenti».In questo modo chi è in cerca di un'occupazione «riceverà solo gli annunci giusti», ovvero quelli che rispecchiano il suo profilo e da parte di aziende interessate al suo curriculum. «Per gli utenti l'iscrizione è gratuita, pagano solo le imprese: abbiamo previsto una formula di abbonamento annuale standard per le piccole e medie imprese, uno plus per le multinazionali». Anche se è a queste ultime che De Spirt e soci guardano con maggiore interesse: «i nostri concorrenti fanno pagare magari 500 euro per mettere un annuncio. Poi però dopo due giorni finisce nella seconda pagina delle ricerce e per fare un refresh [ovvero renderlo di nuovo visibile, ndr] bisogna pagare ancora. Da noi si paga una volta e si mandano quanti annunci si vuole».L'idea di un'azienda di questo tipo è venuta lavorando sul campo. Nel senso che «io volevo fare un'altra start-up e mi servivano dei programmatori. Li cercavo sui social network, andavo alle fiere tecnologiche ma sembrava impossibile trovare persone che fossero interessate al mio progetto. Cercavo uno strumento semplice che mi permettesse di trovare delle persone con le competenze che mi servivano nella mia area geografica», racconta De Spirt. Per averlo, questo studente di Filosofia che ha accantonato i libri per diventare un imprenditore, ha dovuto costruirselo.«Siamo nati nel febbraio del 2012 a Milano come srl. Questa era la formula societaria più conveniente per quello che facevamo noi, visto che avevamo anche soci con più di trent'anni e non avremmo avuto agevolazioni». Il riferimento alla srl semplificata, detta anche impresa a 1 euro, che nel febbraio dello scorso anno era riservata esclusivamente agli under 35. Oltre De Spirt, Fonte e Stracquadanio della squadra fa infatti parte anche Lorenzo Mecocci [a sinistra nella foto in alto], responsabile risorse umane 40enne che ha creduto nel progetto e ha deciso di farne parte. Per avviare la start-up «ho speso una somma che mi aveva lasciato mio nonno». Soldi, circa 12mila euro, serviti «per il primo ufficio in uno scantinato buio, i server e il doppio schermo per il programmatori».Ad oggi l'azienda non ha ancora iniziato a fatturare, «prevediamo di raggiungere il break even il prossimo anno. Ora abbiamo bisogno di un grosso investimento in termini di marketing e per allargare il team». Ad oggi sono sei le persone che lavorano per JobYourLife, cui si aggiungono due consulenti esterni. E tutti, ad eccezione di De Spirt e Mecocci, ricevono uno stipendio. Da dove arrivano i soldi? «Da un gruppo di angel investor che ha finanziato il progetto». Tra questi c'è Guido De Spirt, padre di Andrea ed amministratore delegato di Willis Italia, Gherardo Barbini, consigliere di amministrazione di alcuni istituti bancari, e l'imprenditore Gianfranco Agostini. Insieme questi tre investitori hanno finanziato con 150mila euro questa start-up.Ad oggi l'azienda è incubata nell'acceleratore d'impresa del Politecnico di Milano. Un'esperienza che «ci ha inserito all'interno di una situazione agevolata a livello di costi, per l'ufficio paghiamo solo 400 euro al mese. Lo consiglio assolutamente anche perché creano un network davvero interessante». Una rete di contatti che ha fatto conoscere JobYourLife e le ha permesso di essere una delle prime aziende ammesse alla fiera delle start-up organizzata dal Sole24Ore per il prossimo 17 giugno a Milano. Un'occasione per farsi conoscere e per cercare quel milione e mezzo di euro che De Spirt e soci vogliono investire nel marketing per far decollare la loro azienda.Riccardo Saporiti startupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche:- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Milano e la Lombardia, terreno fertile per le start-up

La città di Milano e la Lombardia in generale si confermano un terreno fertile per l'ecosistema delle start-up. Da un lato Palazzo Marino mette a disposizione le sue banche dati sfidando i giovani ad utilizzarle per realizzare applicazioni innovative, dall'altra il Pirellone, di concerto con il circuito delle Camere di commercio lombarde, stanzia 2 milioni di euro per interventi di formazione e di accesso al credito degli imprenditori di domani. Oltre che per favorire l'occupazione degli under 35.Si chiama App4Mi il progetto che il comune di Milano ha lanciato in collaborazione con RCS Media Group e il contributo di DigitalMagics. In pratica l'amministrazione mette a disposizione i propri open data a giovani, studenti e imprese con meno di dieci dipendenti chiedendo loro di utilizzarli per realizzare applicazioni per pc, smartphone e tablet che siano in grado di migliorare i servizi offerti dal comune e più in generale la qualità della vita dei milanesi. Un'iniziativa, ha sottolineato l'assessore allo Sviluppo economico Cristina Tajani durante la conferenza stampa di presentazione del progetto, grazie alla quale la città «compie un ulteriore passo verso lo sviluppo di Milano SmartCity».Quanti volessero partecipare al concorso non devono far altro che collegarsi alle banche dati di Palazzo Marino e scaricare i dati necessari per sviluppare la propria idea. La richiesta è quella di studiare strumenti utilizzabili nei settori della mobilità, del traffico e dei trasporti, della cultura e dell'educazione, dell'ambiente, del turismo e del tempo libero, della sanità e della disabilità. I vincitori, che saranno selezionati da una giuria composta da personalità di spicco del mondo dell'innovazione digitale italiana, si divideranno un montepremi di 20mila euro: 6mila andranno alla prima classificata, 4mila alla seconda e 2mila alla terza. Le migliori per ciascuna delle sei categorie riceveranno mille euro. Altri 2mila euro saranno assegnati da una giuria popolare, ovvero attraverso una votazione sul sito della manifestazione, per partecipare alla quale c'è tempo fino al 31 luglio.Il comune di Milano, insieme a quello di Monza, collabora anche al bando Start Lombardia promosso dalla Regione di concerto con le Camere di commercio lombarde. Si tratta di un progetto da 2 milioni di euro finalizzato al sostegno dell'occupazione giovanile, articolato in due filoni: da un lato si formano coloro che voglioni diventare imprenditori, dall'altro si incentivano le piccole e medie imprese che assumono o stabilizzano under 35. In realtà è quest'ultimo intervento a catalizzare la maggior parte dei fondi.Sono infatti solo 660mila euro quelli destinati alla formazione degli startupper. Articolato in quattro fasi successive, questo progetto è aperto a disoccupati, inoccupati, cassintegrati ed iscritti alle liste di mobilità. Per partecipare non ci sono limiti anagrafici ma geografici, visto che bisogna essere residenti in una delle provincie lombarde o comunque interessati ad avviare la propria impresa sul territorio regionale.La prima fase è quella della selezione: attraverso un colloquio verranno valutate le idee imprenditoriali ritenute più interessati, che entreranno nel progetto vero e proprio. E avranno innanzitutto la possibilità di frequentare un corso di formazione della durata di 56 ore che serviranno a definire il progetto imprenditoriale. Anche in questo caso è prevista una valutazione finale: i partecipanti dovranno infatti fornire una descrizione dettagliata della loro idea di start-up. Solo quelle che riceveranno una valutazione tecnica positiva potranno accedere all'assistenza personalizzata. In questo terzo passaggio si lavorerà alla definizione del business plan, andando anche ad individuare le possibili fonti di finanziamento.Tutta dedicata all'accesso al credito la quarta e ultima fase, che si concentrerà sul sistema dei Confidi, ovvero quei consorzi che offrono garanzie per l'erogazione di finanziamenti bancari. L'idea è che queste realtà facciano da garante rispetto al prestito, rappresentando un argomento a favore della concessione dei fondi da parte delle banche. In particolare, sarà promosso il microcredito così come previsto dall'accordo sottoscritto nel luglio 2012 tra il Fondo Europeo di Investimento e Federfidi. In pratica, verrà offerta una garanzia dell'80% della somma a fronte di finanziamenti per un importo massimo di 40mila euro richiesti da neo imprenditori. Ad esempio, se uno startupper dovesse chiedere 10mila euro e non riuscisse a restituirli, 8mila li metterebbero i Confidi: riducendo i rischi per le banche, l'auspicio è che esse si decidano a sostenere coloro che vogliono lanciare un'attività.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere altre iniziative di sostegno alle start-up? Leggi anche:- L'Abruzzo investe 9 milioni per le start-up: la speranza sta nell'innovazione- Al via Wind business factor 2013, il campionato italiano delle start-up- Non solo mele, con TechPeaks a Trento si coltiveranno anche start-upVuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche:- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Confrontare online i preventivi degli artigiani: l'idea di tre amici emiliani è «Fazland»- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Toscana, l'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»

La Toscana è a posto. Almeno per quanto riguarda l'aggiornamento della normativa sui tirocini extracurriculari, anzi, la Regione guidata da Enrico Rossi è la prima della classe: le linee guida concordate in sede di Conferenza Stato - Regioni lo scorso gennaio, mirate a uniformare – secondo quanto previsto da uno specifico punto della riforma Fornero – le varie normative regionali sullo stage, sono letteralmente modellate sulla legge approvata dalla giunta Rossi nel gennaio 2012, che ha introdotto nuove tutele a favore dei tirocinanti. A cominciare dal diritto a ricevere un'indennità mensile.E non a caso l'assessore regionale al lavoro della Toscana, Gianfranco Simoncini, è anche il responsabile del settore Lavoro della Conferenza ed è stato il protagonista, insieme all'ex ministro Fornero, della trattativa per concordare il testo sugli stage. «Noi non abbiamo bisogno di introdurre modifiche alla nostra normativa» conferma alla Repubblica degli Stagisti, «anche perché buona parte delle linee guida hanno fatto riferimento alla nostra legge».In effetti la legge regionale 3/2012 contiene già praticamente tutti i punti che le linee guida prescrivono. La normativa, preceduta dal progetto sperimentale della “Carta dei tirocini e stage di qualità nella Regione Toscana” ha introdotto a partire dalla primavera del 2012 «l’obbligo a carico dei soggetti ospitanti di erogare un importo forfetario a titolo di rimborso spese», poi definito dal successivo regolamento in un minimo di 500 euro lordi al mese, a favore di tutti gli stagisti extracurriculari. Prevedendo novità incisive sul fronte del monitoraggio della qualità formativa, dei controlli e delle sanzioni: alla fine di ogni stage le competenze acquisite devono essere «registrate nel libretto formativo del cittadino»; le Province, attraverso i centri per l’impiego, sono tenute a garantire «il corretto utilizzo dei tirocini  mediante  attività di informazione e di controllo»; e finalmente viene introdotta una sanzione per chi si approfitta degli stagisti: «In caso di mancato rispetto della convenzione e dell’allegato progetto formativo, accertato dall’organo di controllo, il soggetto ospitante non può attivare tirocini per il periodo di un anno dall’accertamento ed è tenuto al rimborso delle quote eventualmente corrisposte dalla Regione». Di più. Lo scorso novembre, su sollecitazione di alcuni uffici stage universitari e centri per l'impiego che avevano richiesto delucidazioni, la Direzione generale Competitivà del sistema regionale e sviluppo delle competenze, settore Formazione e lavoro, ha emesso una lunga circolare che fornisce risposte ai dubbi interpretativi relativi alla legge.Nel documento, firmato dal dirigente responsabile Gianni Biagi, dopo aver ancora una volta chiarito alla voce «applicabilità» che «le disposizioni di cui alla legge e al regolamento si riferiscono esclusivamente ai tirocini non curriculari», si specifica per esempio che il divieto di ripetizione del tirocinio presso il medesimo soggetto ospitante va interpretato «nel senso che lo stesso non deve aver svolto un tirocinio, né deve aver avuto nessun precedente rapporto di lavoro o incarico (prestazione di servizi) con il medesimo soggetto ospitante». Si ribadisce poi che «non può essere attivato alcun tirocinio, anche con riferimento a tirocinanti disabili o svantaggiati, con soggetti ospitanti privi di dipendenti a tempo indeterminato». E più avanti che «possono essere attivati tirocini con soggetti di età superiore ai 30 anni», ma che «per tali soggetti non potrà essere richiesto il contributo regionale» a meno che non appartengano alle categorie dei «soggetti disabili» o «soggetti svantaggiati»: insomma, mentre la Regione rende all'azienda una parte del rimborso spese erogato dal soggetto ospitante se lo stagista è un under 30, non lo fa dopo questa soglia di età.Altra precisazione importante riguarda le aziende che hanno un distaccamento in Toscana, ma non la propria sede legale, che sono comunque tenute a uniformarsi ai dettami della legge toscana: «I soggetti promotori aventi sede al di fuori della Regione Toscana che attivano tirocini che si svolgono sul territorio regionale sono tenuti all’osservanza integrale della normativa regionale in tema di tirocini». Rispetto ai tutor, che la legge toscana ha responsabilizzato, la circolare specifica che deve essere fisicamente presente nella stessa sede dello stagista, e ovviamente «in orario compatibile con l’attività del tirocinante».Una questione poi molto molto sentita sia dai soggetti ospitanti sia dagli stessi stagisti è quella degli aspetti fiscali del rimborso spese. Qui la circolare però fa un passo indietro: «Questa Amministrazione non può fornire chiarimenti vincolanti in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, di competenza dell’Agenzia delle Entrate». Si limita a ricordare che «la normativa fiscale delle borse di studio prevede un generale criterio di imponibilità ai fini dell'Irpef, disposto dall'art. 50, comma 1, lett. c), del Tuir, che assimila ai redditi di lavoro dipendente "le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante"». Dunque, chiarito che l’importo minimo di 500 euro mensili «deve essere considerato al lordo», la circolare dice correttamente che «sarà la “situazione” fiscale di ciascun tirocinante che determinerà le modalità operative del soggetto ospitante nella sua veste di sostituto d’imposta».Ma dalla circolare emerge un grande problema, già evidenziato dalla Repubblica degli Stagisti e ammesso anche da altri rappresentanti di enti regionali: cioè quello del vuoto normativo sul numero massimo di tirocini attuabili contemporaneamente presso uno stesso soggetto ospitante che non solo la normativa toscana, ma tutte le normative regionali in fieri sono destinate a creare. Si legge infatti che «I tirocini curriculari attivati presso il soggetto ospitante non sono computati nel numero massimo di tirocini attuabili».Queste poche parole aprono la porta a un possibile abuso molto pericoloso: le aziende (e gli enti pubblici) cioè potrebbero attenersi alla normativa per quanto riguarda il numero di tirocinanti extracurriculari ospitati (per esempio: 10 se il massimo previsto è 10), ma poi aggiungere ad libitum tirocinanti curriculari, senza avere qui - di fatto - un tetto massimo. È una delle tante storture generate dall'aver preteso di suddividere gli stage curriculari da quelli extracurriculari, assegnando addirittura a ciascuno dei due insiemi un differente referente competente per legislazione. Prima - con il decreto ministeriale 142/1998 che certamente tanti limiti portava con sè - almeno questa ipocrisia non c'era: i tirocini erano regolati da una sola normativa, i tirocinanti venivano conteggiati tutti insieme e sul numero totale veniva fatta la proporzione con il numero di dipendenti del soggetto ospitante. Ora tutto è nel caos. Le Regioni, supportate dalla Corte Costituzionale, si sono battute per affermare il proprio diritto a esercitare una competenza esclusiva in materia di tirocini: ma solo quelli extracurriculari. Si sono date (nel caso della Toscana) o si stanno dando nuove leggi per regolamentarli. Ma in tutto questo, i tirocini curriculari da chi saranno regolamentati? Urge un intervento statale immediato.Comunque, nel suo piccolo anche su questo la Toscana è avanti: in avanzato stato risulta infatti un "Accordo di collaborazione tra la Regione Toscana, le Università degli studi e gli Istituti di alta formazione e specializzazione toscani per lo svolgimento di tirocini curriculari e non curriculari", che nelle prossime settimane dovrebbe essere approvato. In attesa che il neoministro Carrozza, toscana peraltro anche lei, batta un colpo.Nel frattempo, dalle prime rilevazioni emerge che un effetto della nuova legge - in vigore ormai da un anno - ha comportato una riduzione del numero dei tirocini sul territorio toscano. Tanto che all'inizio di maggio la vicepresidente della Provincia di Prato, Ambra Giorgi, ha invocato una «sospensione delle nuove regole dei tirocini, per rifletterci sopra e lasciare che la recessione si allenti», denunciando che il numero di tirocini attivati nella sua provincia «si è ridotto del 25%» e che «il mercato è paralizzato», anche per colpa della nuova normativa. La richiesta però viene rispedita al mittente dall'assessore Simoncini: «È una sciocchezza. Chi dice "diminuiscono i tirocini rispetto a prima" deve tener conto che prima i tirocini erano utilizzati come strumento di sfruttamento. Non a caso anche in Toscana erano cresciuti sopratutto nel momento della crisi, a fronte di un abbattimento dei contratti di apprendistato: perché venivano utilizzati strumentalmente per far lavorare i giovani sottopagati o non pagati. Quel 25% di tirocini che si sono persi sono quelli di sfruttamento che noi non volevamo». Simoncini è dunque convinto che sia quasi un bene che si abbassi un po' il numero dei tirocini: «Il mio obiettivo non è ridurli, anzi, è incentivarli. Ma come strumento di formazione, non come rapporto di lavoro mascherato».Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Marche / «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»- Emilia / Ancora in alto mare, Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Sicilia / La politica tace. E allora interviene il sindacato- Puglia / C'è già una bozza: «La approveremo entro luglio»- Campania / Il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previstoE anche:- La Toscana approva la nuova legge sugli stage: per la prima volta in Italia il rimborso spese diventa obbligatorio- Tirocini extracurriculari, linee guida approvate: le Regioni legiferino entro luglio- Leggi regionali sui tirocini: si va verso il caos e l'anarchia- Simoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative»

HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio

In Cina ha vissuto qualche mese tra il 2009 ed il 2010, quando lavorava per un'azienda che si occupa di impianti industriali.  Ora a Pechino torna da imprenditore per stringere un accordo con il governo per la vendita di 120mila filtri nasali Sanispira: è tutta italiana la soluzione per respirare meglio in una delle città più inquinate del mondo.Il protagonista di questa storia è Gianpietro Rizzini [a destra nella foto], un ingegnere meccanico bresciano di 35 anni. Dopo la laurea nel 2002 ha iniziato a lavorare per un'impresa che si dedica a progettare e realizzare impianti per le produzioni industriali. Un'occupazione che nel 2008 l'ha portato per nove mesi in Australia e l'anno successivo in Cina. «Sono tornato nel 2010: per me è stata un'esperienza stressante, faticosa e complicata. A quel punto ho deciso di mettermi in proprio». L'evento che gli ha fatto «accendere le lampadine» è stata la conoscenza con il brevetto dei filtri nasali, depositato da un avvocato romano. «L'esperienza a Pechino mi ha reso sensibile a queste tematiche. Quando ho individuato questi apparecchi ho deciso di mettermi in proprio e fondare HSD Europe. Io porto avanti il processo di industrializzazione e commercializzazione, quegli aspetti che dall'idea portano al business».L'idea è quella di un filtro capace di “catturare” le polveri inquinanti così come gli allergeni, aiutando chi lo indossa a respirare meglio. Sanispira appare come una coppia di tronchi di cono collegati da una sottile bandellina esterna, realizzata in silicone medico. La struttura elicoidale interna è ricoperta di biogel e crea una turbolenza che attira le particelle presenti nell'aria, che restano intrappolate grazie alla loro carica elettrostatica. Venduto in farmacia in confezioni da sei al prezzo di 9,90 euro, questo strumento è in grado di intrappolare fino all'82% di particolato. Si capisce quindi l'interesse per un prodotto come questo in una città che a gennaio ha registrato concentrazioni di Pm10 pari a 456 microgrammi per metro cubo, quando la soglia di attenzione scatta una volta superati i 50.A marzo l'ambasciata cinese di Roma ha ospitato la firma del contratto di fornitura di 120mila filtri, destinati a quei lavoratori che operano all'aperto - poliziotti, vigili urbani, taxisti, giardinieri, operatori ecologici, muratori.  Pechino non è l'unica città interessata a questo prodotto: nel 2011 Torino l'ha testato con i vigili urbani volontari, mentre Avellino ha annunciato di volerli rendere obbligatori per gli ausiliari della sosta. Mentre, nel 2012, Rizzini ha ricevuto il premio “Il Talento delle idee”.Fondata nel 2010, HSD Europe è una società a responsabilità limitata con un capitale sociale di 18mila euro. Per crearla Rizzini ha chiesto aiuto ai suoi familiari e alle banche della provincia di Brescia. L'azienda garantisce un'occupazione a sette persone, tutte assunte a tempo indeterminato. HSD è un acronimo che sta per Holding Smart Decive: «in cantiere abbiamo altre idee da sviluppare in futuro», spiega l'ingegnere bresciano, «sono tutte nel settore della salute e della sicurezza. E sono tutte smart».Al momento però l'azienda è concentrata sulla commercializzazione di Sanispira. «Il go to market è uno degli aspetti più delicati. Per noi la pubblicità televisiva non è accessibile, quindi ci concentriamo sulle riviste specializzate e cerchiamo di avere visibilità nelle pagine di economia. Il punto è che quando si ha un prodotto nuovo bisogna andare a solleticare chi potrebbe averne l'esigenza, un processo molto delicato da innescare». Difficile nonostante i concorrenti siano «quattro o cinque a livello mondiale. Anche se il nostro è l'unico ad avere la certificazione di dispositivo di protezione individuale».Pur essendo la sua impresa una start-up, Rizzini non ha voluto passare attraverso realtà come gli incubatori, nella convinzione che «il processo non sarebbe stato rapido dal punto di vista gestionale». Nè è interessato alle agevolazioni del decreto Passera. «Start-up innovative? Noi siamo più avanti per questo discorso, siamo una realtà grande e in questa fase non avremmo vantaggi». Il fatturato, che lo scorso anno ha raggiunto i 600mila euro e che quest'anno dovrebbe portarlo al pareggio di bilancio, sembra dargli ragione. Dopo tre anni di vita, insomma, HSD Europe può tirare un sospiro di sollievo.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche:- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Dalla Romania a Torino per diventare startupper. E italiano- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Stage, Regione Marche: «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»

Indennità minima di 300 euro lordi mensili per i tirocini formativi e di 400 per quelli di inserimento/reinserimento, entrambi con una durata massima di sei mesi. È quanto i circa 6mila giovani che, secondo i dati forniti dalla Regione, ogni anno svolgono un tirocinio extracurriculare nelle Marche si devono aspettare dalla delibera di giunta che recepirà le linee guida sugli stage.  «Rispetteremo la deadline del 24 luglio entro cui tutte le Regioni italiane sono chiamate a legiferare in materia», promette Antonio Secchi, responsabile politiche attive del lavoro. «Abbiamo già un testo che abbiamo sottoposto all’attenzione della Commissione regionale per il lavoro (Crl), la sede di concertazione per la proposta, la valutazione e la verifica delle linee programmatiche e delle politiche in quest'ambito». Le Marche, annuncia Antonio Secchi, affideranno la nuova disciplina sui tirocini a una delibera regionale di giunta (Dgr). «Abbiamo optato per uno strumento normativo più snello perché la materia è già regolamentata dall’articolo 18 della legge regionale 2 del 2005 e dalla Dgr 1007 del 2008 sui tirocini formativi attivati utilizzando il Fondo sociale europeo nel triennio 2007-2013. In particolare quest’ultima introduce norme molto dettagliate e innovative nel panorama italiano in materia di stage, che vorremmo mantenere anche nella nuova delibera». La più grande novità per i tirocinanti marchigiani sarà dunque l’indennità obbligatoria. Le linee guida avevano fissato il minimo mensile a 300 euro lordi, ma le Regioni si erano impegnate, in un documento annesso, ad alzarlo ad almeno 400 euro. Come mai allora nelle Marche l’indennità per i tirocini formativi rimarrà a quota 300? «Siamo assolutamente d’accordo con il principio dell’indennità obbligatoria, non è accettabile che un giovane sia occupato a tempo pieno e non abbia neppure i soldi per sostenere le spese di affitto o di trasporto», afferma Secchi [nella foto]. «Però nella determinazione dell’indennità abbiamo pensato anche a come evitare l’effetto boomerang: in Abruzzo, dove un anno fa è stato introdotto l’obbligo di corrispondere agli stagisti extracurriculari almeno 600 euro al mese, il numero di tirocini attivati è drasticamente calato. Per le imprese è un momento di grande difficoltà, e se introducessimo un’indennità elevata correremmo il rischio di disincentivare l’utilizzo di questo strumento. Invece i tirocini, in base all’esperienza che abbiamo potuto osservare nel nostro territorio, costituiscono uno degli strumenti più idonei a colmare il divario tra le competenze di chi cerca lavoro e quelle richieste dalle imprese. Per questo crediamo che sia uno strumento da qualificare, monitorare e potenziare, non da disincentivare».Qualificare, migliorare, potenziare: ma come? «Per esempio fornendo degli incentivi alle imprese che ne fanno un buon uso: in base alla legge regionale 2 del 2005 la Regione già oggi dà un contributo sia per pagare l'indennità degli stagisti sia per incentivare la stabilizzazione dei giovani al termine del tirocinio. In tanti casi nelle Marche, anche grazie al contributo attivo della Regione, abbiamo assistito a un percorso virtuoso di inserimento dei giovani: 6 mesi di tirocinio formativo indennizzato, poi un contratto di tre anni di apprendistato e infine l'assunzione. Questo iter offre indubbi vantaggi a tutti: all’impresa e al tirocinante, che possono migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro, e al territorio, cui è assicurato un utile ritorno in termini di professionalità diffusa», afferma Secchi. Una seconda tipologia di intervento per qualificare i tirocini riguarda poi l'individuazione degli enti promotori: «Già con la delibera del 2008 nella Marche abbiamo deciso non solo di identificarli con precisione, ma anche di “specializzarli” in base alla loro missione. Possono pertanto fungere da enti promotori di tirocini formativi gli enti formativi certificati (scuole, università etc), mentre i centri per l’impiego possono promuovere esclusivamente stage di inserimento/reinserimento; infine le comunità terapeutiche e le cooperative sociali promuovono i tirocini per i soggetti svantaggiate e disabili. Vorremmo fare lo stesso anche nella nuova delibera», spiega Secchi.Un altro importante punto di criticità nell'universo stage è, secondo Secchi, la figura del tutor. «Anche su questo punto, siamo già intervenuti con la delibera del 2008 sui tirocini formativi attivati utilizzando il Fondo sociale europeo e abbiamo introdotto dei principi assolutamente innovativi. Il tutor didattico-organizzativo è il responsabile al quale compete il controllo dei contenuti formativi del tirocinio, il supporto allo stagista in termini di motivazione e orientamento e la verifica degli esiti del percorso. Si tratta di una figura cruciale per evitare gli abusi. Il problema è che però spesso il tutor rimane “un nome su una foglio”: non va a controllare sul luogo di lavoro il regolare svolgimento del tirocinio, a volte non sa neppure che faccia abbia il ragazzo. Con la nostra delibera del 2008 la Regione Marche ha rivoluzionato questa figura: i tutor sono nominati dai soggetti promotori con una procedura di selezione comparativa dei curricula tra coloro che risultano in possesso di competenze certificate. In ogni caso, non possono assistere più di cinque tirocinanti contemporaneamente. Questo consente loro di seguire realmente i ragazzi, effettuando visite periodiche in azienda per verificare il buon andamento del progetto formativo. Nella delibera del 2008 avevamo previsto che, qualora il tutor non fosse un dipendente pubblico, percepisse un compenso per ogni tirocinante seguito. Nella nuova delibera non potremo introdurre lo stesso principio perché abbiamo il vincolo che la norma non produca oneri per lo Stato. Ma vorremmo comunque stabilire un massimo di dieci stagisti per ogni tutor», spiega Secchi. «Inoltre, intendiamo anche introdurre un'ulteriore norma: solo le aziende che dimostreranno di assumere almeno il 50% degli stagisti potranno attivare altri tirocini». E per quanto riguarda invece i circa 9mila stagisti che, secondo il funzionario della Regione, ogni anno effettuano nelle Marche uno stage curriculare, previsto nel loro percorso di studi – scuola, università, master? Le linee guida non li prendono in considerazione, partendo dal presupposto che le Regioni siano competenti solo in materia di tirocini extracurriculari. A febbraio però la Repubblica degli Stagisti attraverso il suo Patto per lo stage aveva proposto che le Regioni concordassero con scuole, università ed enti di formazione del territorio alcune garanzie minime (a cominciare da un'indennità di almeno 250 euro al mese) anche per loro. Cosa ne pensa il funzionario marchigiano? «I tirocini curriculari vengono effettuati dagli studenti iscritti a un corso di studi a integrazione del proprio curriculum. In questo caso, penso che l'aspetto più rilevante sia la qualità del contenuto formativo e non l'indennità. Piuttosto, penso che sia importante regolamentare a livello nazionale un'altra questione molto importante: oggi, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha affermato la competenza regionale in materia di stage extracurriculari, i tirocini curriculari attivati presso un soggetto ospitante non sono computati nel numero massimo di stage attivabili in base al numero di dipendenti. Questo significa che oltre ai limiti massimi indicati dalle singole leggi regionale, ogni azienda potrà prendere un numero indefinito di  tirocinanti curriculari». Per di più gratis! Una situazione paradossale che rischia di vanificare tutti gli sforzi di controllo sugli abusi. «Proprio così. Purtroppo però le Regioni non possono intervenire su questo. Occorre una normativa nazionale che risolva questo pasticcio». di Anna GuidaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Leggi regionali sugli stage, la Puglia ha già una bozza: «La approveremo entro luglio»- Stage, la Regione Veneto promette «Veglieremo sugli abusi»: ma l'indennità minima sarà bassa- Stage, prime ribellioni alle linee guida: in Campania il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto- Nuove regole sugli stage, Emilia ancora in alto mare. La Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Nuove norme sui tirocini, in Sicilia la politica tace. E allora interviene il sindacatoE anche:- Simoncini: «Positive le linee guida sugli stage: ora vigilate affinché ciascuna Regione le renda al più presto operative»- Patto per lo stage: perché dalle parole si passi ai fatti

Servizio civile: il bando slitta a settembre e il numero di posti sarà il più basso di sempre

Dal 2007 a oggi i fondi per il servizio civile Nazionale si sono polverizzati: da 296 milioni si è passati a 68,8 milioni nel 2012, meno di un quarto. Tanto che l'anno scorso il bando è stato perfino soppresso. Una circostanza incredibilmente denunciata solo dalla Repubblica degli Stagisti e ripresa poi da pochissime testate, quasi che denunciare questa soppressione fosse un tabù. Eppure il bando del servizio civile è una cosa importante, che decine di migliaia di giovani italiani attendono impazientemente da un anno all'altro.Ebbene, anche per il 2013 le notizie su questo fronte non sono buone. Dopo l'anno «saltato», infatti, vi era stata la promessa che il bando 2013 sarebbe uscito in primavera. Invece non è così: l'uscita è stata rimandata di altri cinque mesi e avverrà a settembre, salvo miracoli. Lo conferma alla Repubblica degli Stagisti Raffaelle De Cicco, direttore del coordinamento nazionale del servizio civile: colpa delle Regioni, afferma, «in ritardo su questioni di ordine tecnico». Oltre al nodo della proroga, la situazione non è neppure destinata a migliorare sul fronte degli stanziamenti: secondo le previsioni si avranno 61 milioni nel 2013, 76 nel 2014 e 77 nel 2015. E a fronte di questi dati Diego Cipriani, responsabile del Servizio Civile Caritas, intervenuto a un recente convegno dell'Arel dal titolo «Una porta aperta sul mondo del lavoro: il servizio civile», fa notare che «il numero di giovani aspiranti a svolgere un anno di servizio civile non è diminuito col diminuire dei posti messi a bando, passati dai 57mila del 2007 ai 20mila del 2011». Nel 2011, «a fronte di 20.157 posti ci sono state ben 86.571 domande, vale a dire più di quattro giovani aspiranti per ciascun posto da volontario. Una fascia crescente di giovani delusi, anche dal servizio civile», sottolinea Cipriani. Il motivo è semplice: la maggioranza dei volontari impiegati proviene dal Centro-sud e isole, e quindi il servizio civile va a tamponare - e potrebbe farlo sempre di più - quelle sacche più corpose di Neet, precari e disoccupati, che proprio lì si annidano. Dati alla mano, nel biennio 2005-2006 i volontari di queste zone d'Italia sono stati 25mila (contro i 10mila del Centro e i 9mila del Nord), poi dimezzati nel 2008 fino a scemare a quota 8mila nel 2011 (quando i giovani delle altre parti del Paese erano meno di 4mila). Pochi posti a disposizione sono un'opportunità sprecata anche secondo Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio Civile [nella foto a destra], altro relatore del seminario: «Oggi questo servizio è riservato solo a una piccola minoranza di giovani, il 2,3% dei potenziali, perché non ci sono i soldi». E anche l'aspetto internazionale del servizio civile dovrebbe tornare al centro del dibattito: «Un ragazzo straniero che voglia fare il servizio civile nazionale oggi può farlo, mentre non vale il contrario perché un italiano deve per forza restare qui». Concepire il servizio civile nazionale in un'ottica internazionale secondo Palazzini aiuterebbe anche gli immigrati, «quelli che oggi non possono partecipare in quanto privi di cittadinanza pur essendo nati nel nostro Paese».Il raffronto con l'estero è impietoso anche secondo Edoardo Patriarca, presidente del Cnv e deputato del Pd: «In altri paesi, seppur con modalità diverse, non solo si investono soldi ma si creano anche politiche adeguate. Del resto il servizio civile rientra a pieno titolo nel contesto più ampio delle politiche per i giovani. Non è assolutamente secondario». In attesa che venga pubblicato il prossimo bando Cipriani, Patriarca e Palazzini hanno colto l'occasione del convegno per fare il punto sullo stato attuale. «La situazione degli ultimi anni non autorizza l’ottimismo tenendo conto che nel 2012 non c’è stato un bando ordinario, per la prima volta dal 2001, anno di istituzione del servizio civile nazionale» ha ricordato Cipriani. In base alle dichiarazioni dello scorso anno del ministro Riccardi, si era riusciti a reperire risorse per 50 milioni di euro, che avrebbero consentito l'avvio di quasi 19mila progetti. Questa cifra c'è, e l'entità dei compensi dei volontari non è messa in dubbio: la conferma è dello stesso De Cicco, che giustifica i ritardi solo con una questione di mera programmazione, che è di competenza dalle Regioni. Ma la richiesta al Mef un'integrazione di 70 milioni fino a 120 milioni per ciascun anno «non è stata accolta: infatti, la legge di stabilità ha previsto per quest’anno circa 71 milioni di euro e poco più negli anni a venire». Anzi secondo Palazzini la realtà è ancora più compromessa perché «il bando 2013 potrebbe prevedere meno di 18mila posizioni», sempre a causa all'esiguità dei fondi stanziati: «Sarebbe un'ulteriore doccia fredda per i giovani e per gli enti».  Gli enti e i giovani si aspettano «legittimamente che il prossimo bando contenga almeno 18.810 posti, secondo le proiezioni dell’Ufficio nazionale fatte un anno fa. Già questo numero sarebbe il più basso degli ultimi otto anni: ma se fosse ancora più basso sarebbe difficile da spiegare agli stessi giovani. Mi preoccupa il senso di frustrazione che potrebbe provocare in loro un simile scenario negativo», aggiunge Cipriani. A maggior ragione perché i ragazzi sembrano entusiasti dell'esperienza: «La quasi totalità di chi lo ha fatto lo ritiene molto utile», e – stando alle statistiche – riguarda in buona parte persone tra i 27 e i 28 anni (più del 20% nel 2011, anche se la maggioranza, il 33% è nella fascia 21-23), con un livello di istruzione medio (il diploma nel 68% dei casi e la laurea nel 25%, dati 2011), quindi soggetti che si stanno affacciando al mercato del lavoro. Insomma: sottrarre o mortificare l'opportunità del servizio civile significherebbe un ulteriore affossamento delle già scarse prospettive su cui possono contare i giovani in questo momento storico. I campi di inserimento sono diversi, e ognuno potrebbe essere fonte di futuri sbocchi lavorativi. Dai dati diffusi durante l'incontro all'Arel, la fetta più ampia di volontari risulta inserita nell'assistenza (10mila giovani nel 2011). Gli altri si suddividono però tra ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e protezione civile. «Si tratta di una formazione personale e di relazione, un'esperienza arricchente che non può essere replicata altrove» ribadisce Patriarca. «La stessa forza di coinvolgimento non c'è nelle scuole o nelle parrocchie, aiuta ad acquisire competenze tecniche e relazionali poi richieste dal mondo del lavoro» assicura. «Se svolto bene, il servizio civile procura indiscutibili benefici non solo ai giovani, ma anche ai destinatari di quel servizio e, più in generale, all’intera comunità» afferma Cipriani [nella foto a destra]. «Tant’è che negli ultimissimi anni non pochi economisti, notisti e intellettuali propongono di estendere questa esperienza a tutti i giovani italiani», continua il responsabile rilanciando il suo sogno: «un servizio civile per 500mila giovani all’anno». Il rischio è invece che, se non rifinanziato, si riduca a un'esperienza di nicchia, «che coinvolgerà non più di 10mila giovani. Una grave forma di disattenzione per le nuove generazioni» sottolinea ancora Patriarca. Per il deputato i ragazzi in partenza ogni anno dovrebbero essere almeno 30mila, e per questo «sarà necessario vigilare sugli stanziamenti per il 2014». Sulla stessa linea Palazzini, per cui «questa riduzione non produce solo un danno economico ma anche sulla visione dei giovani del servizio civile nazionale». L'appello è quindi al nuovo «governo Letta che ha detto nelle sue dichiarazioni programmatiche che vuole impegnarsi per promuovere la nascita degli Stati Uniti d'Europa. Ebbene che inserisca il servizio civile nazionale in quell'obiettivo garantendo almeno 20mila posti all'anno». Più precisa la proposta di Cipriani: «Mi accontenterei di un piano straordinario del governo che in tre anni faccia dimenticare l'ultimo quinquennio, e che riporti almeno a 50mila il numero di volontari impiegabili ogni anno nei progetti. Sarebbe un bel segnale di speranza». Soprattutto ai giovani.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Servizio civile, dalla legge di stabilità nessun aiuto- Servizio civile 2012 soppresso, arriva l'interrogazione parlamentare- Servizio civile, salta il bando 2012: tutta colpa della spending reviewE anche:- «Il Servizio civile non è un modo per ammazzare un anno di tempo o guadagnare qualche soldo», parla l'ex volontario Luca Crispi- Giovanni Malservigi: «Il servizio civile in una casa di riposo mi ha aperto un altro mondo»  

Col crowdfunding si sostengono anche le start-up

Ancora aspetta di essere definito a livello normativo, ma ha già permesso di raccogliere qualcosa come 13 milioni di euro. È un mondo in fermento quello del crowdfunding, realtà polimorfica che permette a progetti di più varia natura di cercare finanziamenti in rete, anche da singoli privati cittadini che scelgono di sostenere idee che ritengono interessanti.Un settore che sarà al centro della sesta edizione del Festival del fundraising, in programma da oggi, martedì 14, fino a venerdì 17 al Gran Hotel Terme di Castrocaro, in provincia di Forlì-Cesena. La manifestazione è curata da Valerio Melandri, docente alla facoltà di Economia e direttore del master in Fundraising per il nonprofit e gli enti pubblici dell'università di Bologna, e si articola in oltre 80 appuntamenti dedicati al tema della raccolta di finanziamenti. Un comparto in cui, secondo i dati dell'associazione “Festival del fundraising” che promuove l'iniziativa di questi giorni, due occupati su tre sono donna e il 70% ha meno di 45 anni. La maggior parte degli addetti lavora in Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna.Stando ai dati elaborati dall'ufficio placement del master in fundraising dell'Alma Mater, il 48% di chi lavora in questo settore guadagna meno di 15mila euro netti l'anno, mentre la stessa percentuale ha un reddito compreso tra i 15 ed i 25mila euro annui. Solo il 4% riesce a superare questa soglia. E del resto l'83% degli occupati lavora all'interno di organizzazioni nonprofit, mentre meno di uno su dieci è inserito in un'azienda profit che si occupi di raccogliere fondi. Una percentuale che, con l'approvazione del decreto Passera, è verosimilmente destinata a salire.Una delle questioni affrontate nella normativa riguarda infatti la possibilità per le start-up innovative di accedere alla «raccolta di capitali di rischio tramite portali on line», come recita l'articolo 30. La legge ha dato mandato alla Consob di definire le regole per il crowdfunding: l'autorità di controllo sulla Borsa avrebbe dovuto pubblicarle entro lo scorso 19 marzo, ma alla fine dello stesso mese ha allungato i tempi avviando una consultazione online,  che si è conclusa lo scorso 30 aprile, incentrata su una bozza di regolamento. Il tema al centro della questione riguarda le garanzie offerte ai piccoli investitori. Verosimilmente nel giro di qualche settimana dovrebbe essere pubblicato il regolamento, così da rendere operativa anche questa parte della cosiddetta Agenda digitale.Non che il mondo del crowdfunding resti ad aspettare con le mani in mano: erano ben 16 [vedi foto sotto] le piattaforme attive a novembre dello scorso anno, e altre cinque in fase di lancio. La più “antica”, Produzioni dal basso, ha iniziato ad operare nel lontano 2005. A censirle ci hanno pensato Daniela Castrataro e Ivana Pais: la prima è cofondatrice di Crowdfuture, conferenza dedicata alla raccolta di finanziamenti online, e direttrice della società di consulenza Twintangibles, la seconda è docente di Sociologia economica alla Cattolica di Milano.Stando alla loro "Analisi delle piattaforme di crowdfunding italiane", due terzi dei soggetti attivi  hanno scelto il modello reward-based o donation-based. In pratica, il finanziatore dona una somma di denaro ricevendo in cambio dei premi messi in palio da chi cerca fondi. In questa categoria rientrano anche delle piattaforme settoriali, come Musicraiser e Cineama, che raccolgono fondi rispettivamente per la produzione di dischi e di film. Pur essendo la realtà più numerosa, questo tipo di piattaforma ha raccolto negli anni un milione di euro sui 13 totali veicolati dall'intero settore.Dieci sono arrivati dai meccanismi di social-lending, per cui chi investe offre un prestito e si aspetta di vederselo restituire. Le piattaforme equity-based, per cui il finanziatore ottiene in cambio dei suoi soldi una quota nella società che sostiene con le proprie risorse, hanno invece permesso di raccogliere 2 milioni di euro. Meglio, la piattaforma: l'unica realtà studiata appositamente per agevolare le start-up operante in Italia è SiamoSoci, realtà milanese che raccoglie un pubblico di circa 700 potenziali investitori ed è già riuscita a garantire un finanziamento a sei aziende.È questo il modello sul quale punta il decreto Passera per sostenere le imprese innovative. Ad oggi, scrivono Castrataro e Pais, una delle principali difficoltà per il settore è rappresentato dal fatto che «molti addetti ai lavori reputano il corrente quadro legislativo restrittivo e poco chiaro». Alla Consob il compito di chiarirlo, per dare spazio anche in Italia ad un settore che, secondo la piattaforma statunitense Massolution, ha raccolto 2,7 miliardi di dollari nel solo 2012, con un incremento dell'81% rispetto all'anno precedente. Una somma che nel 2013 secondo le previsioni dovrebbe raggiungere i 5,1 miliardi. Quanta parte riuscirà a fare l'Italia dipende anche dalla rapidità con cui l'autorità di vigilanza sulla Borsa, già in ritardo di un paio di mesi, definirà le regole per le start-up innovative che vogliono cercare risorse attraverso il crowdfunding.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi saperne di più sul crowdfunding e sul decreto Passera? Leggi anche:- Crowdfunding e registro delle start-up innovative: il punto sul decreto Passera- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutere- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro PasseraVuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche:- Confrontare online i preventivi degli artigiani: l'idea di tre amici emiliani è «Fazland»- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa