Categoria: Approfondimenti

Stagisti sfruttati, i casi finiti in tribunale

La prima volta che uno stage è finito in Tribunale è stato probabilmente nel 2001. Un’ispettrice della Direzione provinciale del lavoro di Trieste, arrivata in un supermercato per fare verifiche di tutt’altro genere, si accorse che veniva fatto un uso disinvolto di decine di giovanissimi stagisti. Approfondendo, vennero fuori almeno 42 casi in cui lo stage era stato utilizzato per mascherare ordinario lavoro dipendente. I ragazzi erano infatti utilizzati alla salumeria, alla cassa, o con il compito di disporre la merce sugli scaffali. Il verbale di ispezione fu lapidario: gli stagisti svolgono funzioni di dipendenti, e quindi l’azienda li assuma come dipendenti e paghi tutti i contributi arretrati all’Inail e all’Inps.Ma i proprietari del supermercato non accettarono e, forti di un’assoluzione in un parallelo procedimento in sede penale (dove però, attenzione, l’accusa era di truffa ai danni dell’Inail e dell’Inps – non quello di uso improprio di stagisti, anche perché questo reato non esiste), fecero opposizione al verbale. La palla passò nel 2004 al Tribunale del lavoro, che nell’agosto del 2007 ha emesso una prima sentenza in cui si legge chiaramente, tra l’altro, che per uno stage del genere una durata di sei mesi, «a fronte della tipologia poco qualificante delle mansioni, appare incongrua». «Di fatto i rapporti realizzati erano rapporti di lavoro subordinato», rileva il giudice Annalisa Multari, e specifica che lo strumento dello stage veniva utilizzato «al solo fine di poter far lavorare personale con bassa specializzazione a costo inferiore al dovuto, senza vincoli di mantenimento in servizio qualora la prestazione lavorativa non avesse soddisfatto determinati canoni, né tanto meno di assunzione successiva». I proprietari del supermercato hanno fatto appello: per la prossima udienza, però, bisognerà attendere l’ottobre del 2010. Un caso simile è accaduto a Lecco, all’inizio del 2007: anche qui si è mossa la Direzione provinciale del lavoro, su segnalazione di un ragazzo, e ha riscontrato un uso improprio di sette stagisti, addetti principalmente alla disposizione dei generi alimentari sugli scaffali. Anche qui il supermercato, appartenente a una nota catena, si è opposto al verbale (che diffidava a legalizzare il rapporto con gli stagisti quale rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti), e quindi ora la vicenda si trasferirà in Tribunale.Altri stage-truffa sono stati smascherati negli ultimi anni dalla Direzione provinciale del lavoro di Milano, anche a livelli di scolarità più alti. Un asilo nido per esempio aveva reclutato una 22enne diplomata al conservatorio come educatrice musicale dei bambini, salvo poi affidarle mansioni di tutt’altro genere (lavare le mani ai bambini, sistemare brandine, coperte e cuscini, pulire i tavoli) e in pratica usarla come puericultrice. Ma la ragazza non è stata al gioco, e si è rivolta alla DPL che ha fatto scattare l’ispezione scoperchiando un vaso di pandora: non solo l’asilo si reggeva sulle spalle di dipendenti tutti rigorosamente cocopro, ma nel caso dello stage non esisteva nemmeno un ente promotore e non era stata aperta una posizione Inail. Il massimo: uno stage in nero! La vicenda ha un parziale lieto fine: la proprietaria dell’asilo, convocata dagli ispettori presso gli uffici della DPL, ha acconsentito a regolarizzare i suoi dipendenti e a pagare le sanzioni amministrative per gli illeciti commessi. E così il caso si è chiuso prima ancora di finire in Tribunale. Altri due invece arriveranno in giudizio, perché i datori di lavoro hanno impugnato le ordinanze con cui l’ufficio aveva confermato le ipotesi di violazione prospettate dal personale ispettivo.Per uno gli stage risalgono al 2004 e la richiesta di intervento al 2006: due donne, all’epoca entrambe trentenni e neolaureate, hanno raccontato di aver trovato sulla bacheca della loro università l’annuncio per uno stage presso un’agenzia di grafica pubblicitaria convenzionata con l’ufficio tirocini. Lo stage però si è rivelato una truffa: le stagiste venivano utilizzate come dipendenti, e del tutor non c’era neanche l’ombra. Gli accertamenti, condotti dagli ispettori della di Milano insieme ai funzionari dell’Inpgi, si sono conclusi nel 2007. Le segnalazioni delle ragazze si sono dimostrate fondate: gli ispettori hanno accertato che durante il periodo dello stage il tutor era del tutto assente e che il socio amministratore della società esercitava di fatto un potere direttivo, organizzativo e gerarchico, organizzava il lavoro ed attribuiva i compiti, si riservava il diritto di concedere o meno eventuali permessi che le stagiste dovevano richiedere addirittura con una settimana di anticipo, e di muovere rimproveri in caso di assenze o ritardi. La causa è in corso: in questo momento si è alla fase istruttoria.Così come è in corso la causa che ha come protagonista una società di ricerca, progettazione e sviluppo di sistemi di comunicazione e formazione per l'impresa, che non solo ospitava più stagisti di quanto la legge consenta (due stagisti e nemmeno un dipendente a tempo indeterminato), e li faceva lavorare come normali dipendenti, ma in più non aveva nemmeno formalizzato gli stage dal punto di vista burocratico: anche qui i due ragazzi in questione erano quindi stagisti in nero. La cosa interessante da rilevare, in questo caso, è che la società si è difesa affermando che la normativa, nell’indicare il limite massimo di tirocinanti ospitabili, non prevede alcun tipo di sanzione  in caso di mancato rispetto di questi termini, né tantomeno l’automatica trasformazione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Cioè qualcosa del tipo «anche se ho infranto tutti i punti della normativa sui tirocini, voi  tantonon potete farmi niente perché non sono previste sanzioni precise». Fortunatamente le cose non stanno esattamente così, e alcune DPL lavorano per dimostrarlo.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- I controlli degli ispettori del lavoro sull’utilizzo dello stage nelle imprese – i risultati dell'inchiesta- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato- Le (poche ma buone) DPL che si occupano (anche) di stage- Controlli sugli stage, tutti i numeri dell'inchiesta della Repubblica degli Stagisti  

Le (poche ma buone) DPL che si occupano (anche) di stage

La Direzione provinciale del lavoro di Milano e quella di Lecco non sono le uniche a stare in guardia per scoraggiare le imprese dallo sfruttare lo strumento dello stage. Anche altre agiscono, chi più chi meno, per tutelare gli stagisti.A Reggio Emilia, per esempio, dall’inizio del gennaio del 2009 l’ufficio Sare si occupa, tra le altre cose, di valutare i progetti formativi degli stage che per legge dovrebbero essere tutti trasmessi alla DPL provinciale (anche se molti se ne dimenticano). Tra gennaio e aprile questa DPL si è fatta anche promotrice di un’iniziativa ad hoc di informazione e formazione sul corretto utilizzo dello strumento dello stage destinata enti formativi, scuole, sindacato e imprese. Terminata l’azione promozionale, con l’arrivo dell’autunno si è passati alla fase due – cioè all’azione repressiva, controllando e sanzionando le aziende che non si atterranno alle direttive e utilizzeranno in maniera scorretta gli stagisti. La Direzione provinciale del lavoro di Belluno controlla una trentina di posizioni di stage ogni anno, trovando in media irregolarità nel 10% dei casi, perlopiù nel settore dell’edilizia: in questo caso gli ispettori diffidano la ditta chiedendo di inquadrare lo stagista come lavoratore dipendente, ed è raro che si arrivi al contenzioso. A Massa Carrara nel biennio 2008-2009 i controlli sugli stage sono stati 50, con sei discoscimenti; la DPL di Latina nel 2009 ha controllato tre stage senza rilevare criticità; quella di Napoli ha effettuato otto verifiche a campione nel 2008 e sei nel 2009. A Gorizia negli ultimi tre anni ci sono stati due disconoscimenti di stage ritenuti impropri, senza però che i casi siano finiti in Tribunale; a Pordenone uno stage è stato disconosciuto nel 2008. A Livorno negli ultimi anni ci sono stati due disconoscimenti: uno stagista in un’agenzia immobiliare e un altro in un ristorante. A Potenza nel 2008 sono state riscontrate irregolarità in tre stage.La Direzione provinciale del lavoro di Pisa sulla base delle comunicazioni di attivazione di stage si è costruita una banca dati, dalla quale trae spunto per lo svolgimento di attività di vigilanza, con particolare attenzione a quei casi in cui l'utilizzo dello stage appare poco appropriato. Quella di Pavia proprio recentemente ha avviato un progetto di verifiche ad hoc sui tirocini, ma essendo gli accertamenti ancora in corso non può divulgare i particolari.Controlli a campione (una quindicina ogni anno) vengono eseguiti anche dalla DPL di Novara, che per il 2009 si è concentrata sui controlli degli stage nei pubblici esercizi. A Brescia, pur controllando gli stagisti solo nell’ambito di ispezioni avviate per altri motivi, i controlli ammontano a un centinaio all’anno. Stessa cifra per Catanzaro nel 2008: qui in 28 casi sono saltate fuori irregolarità, ma solo di natura formale. La Direzione provinciale del lavoro di Sassari effettua una ventina di verifiche all’anno, e anche qui le eventuali irregolarità sono solo formali e danno luogo a semplici sanzioni amministrative.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- I controlli degli ispettori del lavoro sull’utilizzo dello stage nelle imprese – i risultati dell'inchiesta- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voce- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato- Stagisti sfruttati, i casi finiti in tribunale- Controlli sugli stage, tutti i numeri dell'inchiesta della Repubblica degli Stagisti

I controlli degli ispettori del lavoro sull’utilizzo dello stage nelle imprese – la grande inchiesta della Repubblica degli Stagisti

Chi ha la responsabilità di vigilare sul corretto utilizzo degli stagisti per sventare il pericolo che le aziende meno corrette li usino come dipendenti a basso costo, per risparmiare sul personale? Sono le DPL, Direzioni Provinciali del Lavoro. Gli ispettorati, insomma: è qui che chi ritiene di essere sfruttato può rivolgere le proprie lamentele, ed è da qui che dovrebbero partire le ispezioni. Così come si va a controllare che in un cantiere gli operai abbiano il casco e le scarpe anti-infortunio, o che in un ufficio non ci siano lavoratori in nero, si dovrebbe anche verificare che le persone prese in stage siano lì per completare la propria formazione, sorvegliate e istruite da un tutor, e non messe a lavorare come un qualsiasi dipendente (ma senza stipendio né contributi).La Repubblica degli Stagisti ha deciso di bussare alla porta delle DPL italiane per scoprire quanto e come questi controlli vengono effettuati. La risposta è: poco. Anzi, pochissimo.Andiamo con ordine. Sono state contattate negli ultimi mesi praticamente tutte le circa cento DPL esistenti, dal Veneto alla Sicilia. Una sessantina ha risposto all’appello: quindi il campione su cui si basano i dati rappresenta circa il 60% del totale. [Leggi l’approfondimento con i numeri]Il primo dato che emerge è che solo il 10% delle DPL ritiene lo stage un fenomeno degno di attenzione particolare. [Leggi l’approfondimento con i casi “virtuosi” e l’intervista a Paolo Weber, direttore della DPL di Milano] Il restante 90% non effettua controlli ad hoc sugli stagisti: questo beninteso non vuol dire che non controlli mai i tirocini, ma che lo fa solamente se nel corso di un’ispezione avviata per altri motivi si imbatte, tra un dipendente e l’altro, in uno stagista. Il primo importante caso finito in Tribunale, ormai quasi dieci anni fa, scoppiò proprio in questa maniera: nel corso di un’ispezione in un supermercato un’ispettrice di Trieste si accorse che c’erano molti ragazzi giovanissimi che sulla carta erano stagisti e che invece svolgevano mansioni lavorative a tutti gli effetti (al banco salumeria, alla cassa, inseriti nei turni).Tornando all’inchiesta di oggi: malgrado il numero degli stagisti cresca con percentuali a due cifre (secondo le rilevazioni Unioncamere Excelsior, + 19% nel 2008 rispetto al 2007, + 34% rispetto al 2006), e l’esercito degli stagisti italiani conti ormai circa 400mila “soldati” ogni anno (per tre quarti nelle imprese private e per un quarto negli enti pubblici), nove DPL su dieci non effettuano controlli ad hoc per verificare che non vengano sfruttati come lavoratori. Un secondo dato è che la percentuale di DPL che hanno rilevato irregolarità tanto significative da comportare il passaggio del caso a un’aula di tribunale è ancora più bassa: solo tre, pari al 5% sul totale del campione, hanno avuto casi di questo tipo – oltre a Trieste, sono Milano e Lecco. [Leggi l’approfondimento con i casi]Gli ispettori non si muovono anche, anzi soprattutto, perché non ricevono mai (o quasi) segnalazioni. Qui bisogna fare un passo indietro, e ricordare che le DPL sono le “cellule” del ministero del Lavoro sul territorio. Sono uffici aperti al pubblico, dove tutti coloro che ritengono di subire soprusi o irregolarità da parte dei datori di lavoro possono rivolgersi e fare una segnalazione. Si entra, si viene ricevuti da un ispettore, si compila una sorta di “denuncia” indicando il luogo di lavoro e le motivazioni  che spingono ad avanzare la segnalazione. Talvolta questo procedimento può essere avviato anche per iscritto, per esempio tramite email, ma mai in forma anonima.Tornando agli stagisti: anche per loro le porte delle DPL sarebbero aperte, specialmente in caso si sentano sfruttati come se fossero dipendenti. “Sarebbero”, è proprio il caso di dirlo, perché non solo quasi la metà delle DPL non ha mai ricevuto nemmeno una segnalazione da parte di stagisti scontenti, ma anche quelle che dichiarano di averne ricevute parlano di numeri davvero microscopici: per esempio a Livorno ricevono 2-3 segnalazioni all’anno, a Milano ancor meno, 1-2 all’anno.Forse, se non ci sono segnalazioni, vuol dire che va tutto bene e che non c’è niente da segnalare? La Repubblica degli Stagisti ritiene che non sia affatto così: sono decine e decine gli sfoghi arrivati solo negli ultimi mesi, sul Forum o via email, da parte di stagisti esasperati, stanchi di lavorare gratis o per rimborsi spese irrisori, con le stesse mansioni dei vicini di scrivania regolarmente assunti. Stagisti messi a fare volantinaggio per le strade o le commesse nei negozi, a gestire in completa autonomia il front-office di uffici e agenzie, a servire cubalibre e piñacolade nei locali notturni.Gli ispettori delle DPL contattati in questi mesi confermano questa versione: alcuni hanno segnalato che i giovani hanno paura a venire allo scoperto, perché la speranza è sempre quella di venire assunti al termine dello stage e si sa bene che i piantagrane non vengono visti di buon occhio; altri hanno sottolineato che in alcuni casi, anche di fronte a fondati sospetti degli ispettori, sono gli stessi stagisti a negare l’evidenza per “coprire” le imprese che li ospitano. [Leggi l’approfondimento con i  racconti di Annarita e Martina]Ed ecco il ragionamento che spiega un ulteriore dato emerso da questa inchiesta: un terzo delle DPL dichiara che, quando si è trovata a controllare gli stage, sia nel corso di verifiche ad hoc sia, più di frequente, nel corso di altri tipi di ispezioni, non ha mai verificato nessuna irregolarità. All’apparenza, quindi, il fenomeno stage è perfettamente sotto controllo e viaggia su binari tranquilli: nella realtà, invece, le irregolarità restano nell’ombra.L’ultimo aspetto – emerso quasi spontaneamente nel corso di questa inchiesta – è quello legato alle sanzioni. Anche quando si imbattono in casi di stage-truffa, che camuffano normale lavoro dipendente, le DPL non hanno strumenti efficaci. Per le violazioni “minori”, come la mancata comunicazione di avvio dello stage al centro per l’impiego o simili, ci sono delle piccole multe. Per le violazioni “medie”, come per esempio un numero di stagisti superiore al numero massimo previsto dalla normativa, o una durata dello stage superiore alla durata massima, non ci sono sanzioni precise. Per la violazione più grave, cioè quando si appura che uno stagista venga usato come lavoratore, la DPL può stendere un verbale chiedendo all’impresa di assumere il lavoratore – ma per quanto, e con quale tipo di contratto, non è dato sapere. Ed ecco che questa inchiesta si conclude con una proposta che la Repubblica degli Stagisti avanza al ministro del lavoro Maurizio Sacconi [leggi il testo integrale della proposta]: emettere un provvedimento per invitare gli ispettori delle DPL italiane a prestare più attenzione agli stage, e indicare loro la strada. Quale? Prevedere come sanzione per le violazioni medie e gravi l’obbligo per il datore di lavoro di assumere il giovane con un contratto di apprendistato. Che, nella volontà di un suo predecessore Roberto Maroni, sarebbe dovuto (e dovrebbe cominciare ad) essere «l'unico contratto di lavoro a contenuto formativo presente nel nostro ordinamento» e quindi il solo «strumento idoneo a costruire un reale percorso di alternanza tra formazione e lavoro».Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Tanti stage impropri, nessuna segnalazione agli ispettori. Perché? Due testimonianze- Intervista a Paolo Weber: «Gli ispettori a Milano vigilano anche sugli stage, ma quanto è difficile»- La proposta della Repubblica degli Stagisti al ministro Sacconi: imporre a chi sfrutta gli stagisti di fare un contratto di apprendistato- Stagisti sfruttati, i casi finiti in tribunale- Le (poche ma buone) DPL che si occupano (anche) di stage- Controlli sugli stage, tutti i numeri dell'inchiesta della Repubblica degli Stagisti

Aziende senza dipendenti: è possibile lo stage? Regione (e provincia) che vai, risposta che trovi

Fare uno stage in una piccola azienda o, come è capitato a un lettore della Repubblica degli Stagisti, in una rivista con molti collaboratori ma nessun assunto. Giorgio ha chiesto di svolgere un tirocinio nel giornale di una cooperativa, ma gli è stato risposto che non era possibile: «Non ci sono dipendenti con contratto di lavoro subordinato» scrive «e questo elemento sembra impedire da un punto di vista normativo il mio stage. Cosa posso fare?». La Repubblica degli Stagisti ha girato la domanda ai responsabili degli uffici stage delle università e ai direttori dei centri per l’impiego. Le normative regionali non sono univoche, così come l’opinione degli addetti ai lavori. Prima di tutto bisogna fare riferimento al decreto ministeriale 142 del 25 marzo 1998 che proprio all’articolo 1 indica i limiti nei quali i datori di lavoro possono ospitare i tirocinanti. In generale, le imprese con un numero di dipendenti assunti a tempo indeterminato compreso tra 1 e 5 possono ospitare solo uno stagista, mentre quelle tra 6 e 19 possono ospitarne al massimo due contemporaneamente; quelle con oltre 20 lavoratori possono accogliere un numero di stagisti non superiore al 10% dei propri dipendenti. Niente di esplicito viene detto per quei casi in cui, invece, di dipendenti non ce ne sono: casi non frequenti, ma su cui alcune regioni si sono pronunciate.  «La legge parla chiaro, il minimo è un dipendente a tempo indeterminato» concordano il centro per l'impiego della provincia di Milano, quello di Roma, la Provincia di Firenze e il servizio Sportello Stage - associazione Actl «quindi per le imprese con solo il titolare non è possibile attivare alcun tipo di stage». Il fronte del no richiede almeno un dipendente a tempo indeterminato, come previsto dal decreto ministeriale, senza alcuna eccezione.Ma c'è chi sceglie di seguire una strada diversa. L'Emilia Romagna prevede questi casi nella sua legge regionale 17/2005 che all'articolo 2 recita: «Il datore di lavoro può essere costituito da imprenditore o da persona esercente una professione, ancorché senza lavoratori dipendenti». Analogo l'articolo 38 della legge regionale 34/2008 del Piemonte che usa le stesse parole.Idem in Sicilia: «I tirocini formativi promossi da questa agenzia regionale per l'impiego e dagli uffici periferici, così come quelli promossi da enti promotori diversi, possono essere attivati presso aziende con un numero di dipendenti a tempo indeterminato pari a zero» dice alla Repubblica degli Stagisti Rosa Cusumano dell'agenzia per l'impiego di Palermo: «Ciò è possibile sulla scorta della circolare assessoriale n. 22/2002, però solo su presentazione di istanza da parte del datoro di lavoro ospitante e previa preventiva autorizzazione da parte della commissione regionale per l'impiego».Anche il Veneto si orienta in questa direzione: «Sì, attivare stage presso imprese che non hanno nemmeno un dipendente secondo noi è possibile» conferma Giuseppe Paletto, direttore del centro per l’impiego di Venezia  «Però chiediamo al datore di lavoro di sottoscrivere una dichiarazione in cui si impegna ad assicurare in ogni caso la presenza del titolare della ditta, che è legale rappresentate e tutor, durante l'orario nel quale il tirocinio viene svolto». Lo stesso avviene a Padova («Per i datori di lavoro senza dipendenti è necessario che il titolare garantisca l’affiancamento continuo e il tutoraggio del tirocinante») e a Verona, dove questa possibilità è prevista sopratutto per permettere ai giovani di fare stage in studi di liberi professionisti. «La Regione Veneto ha emanato una direttiva, protocollo 601343/5910 del 19 ottobre 2006, che dice testualmente: "Possono ospitare tirocinanti imprese pubbliche e private di tutti i settori in relazione al numero di dipendenti a tempo indeterminato full-time e part-time presenti in organico. Con esclusione dunque di personale a tempo determinato, apprendisti e personale con contratto di somministrazione". Il soggetto ospitante può essere anche imprenditore o libero professionista senza dipendenti» spiegano allo sportello Job4you della provincia veronese «però deve dichiarare che si tratta "di impresa o professionista privi di lavoratori dipendenti" e che "il soggetto ospitante assicurerà, in ogni caso, la sua presenza durante l'orario di lavoro nel quale il tirocinio viene svolto"». In Liguria, il centro per l'impiego della provincia di La Spezia permette alle aziende senza dipendenti assunti a tempo indeterminato di accogliere stagisti purchè il titolare/tutor garantisca la propria presenza e soltanto se l’attività è stata avviata da meno di 12 mesi: questa scelta mira ad agevolare le aziende nuove che non hanno personale e che, magari, assumeranno proprio lo stagista.Gerardo Segneri, coordinatore dei centri per l'impiego della provincia di Frosinone, già qualche mese fa in un'intervista rilasciata alla Repubblica degli stagisti aveva spiegato le motivazioni che spingono a permettere questo tipo di stage: «A differenza di altri centri per l'impiego, attiviamo stage anche ad aziende che non hanno nemmeno un dipendente. E non lo facciamo a caso: siamo persuasi che il titolare abbia la possibilità di seguire molto da vicino il suo stagista, non avendo altri dipendenti. E i fatti ci danno ragione: non di rado è capitato che alla fine dello stage l'impresa passasse da zero dipendenti a un dipendente!».In sostanza, sembra che dove la normativa viene interpretata in maniera più aperta, e consentita l'attivazione di stage in imprese senza dipendenti, l’importante sia garantire un adeguato percorso formativo e la presenza costante di una persona che svolga il ruolo tutor: il caso più frequente è quello dei liberi professionisti che possono mettere a disposizione la propria esperienza ai giovani stagisti. Un caso comunque poco frequente: le università contattate dalla Repubblica degli stagisti non si sono mai trovate davanti richieste di questo tipo e le convenzioni aperte dagli stessi atenei sono sempre con aziende strutturate con numerosi dipendenti. Un caso però c’è: l’università di Bari ha recentemente dato l’ok ad uno studente della facoltà di informatica, con sede a Brindisi, per effettuare uno stage in un’impresa senza dipendenti. Eleonora Della RattaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche l'articolo Quanti stagisti può prendere un'azienda? Tanti, anzi: troppiE anche: - Cosa costituisce tirocinio formativo e cosa no (secondo la legge italiana)- Centro per l'impiego di Frosinone: il posto «magico» dove uno stagista su due trova lavoro- Stage attivati dai centri per l'impiego: ecco la radiografia annuale dell'Isfol- Stage negli enti pubblici, la proposta: che valgano qualche punto in sede di concorso

Il brainstorming? Una gran caxxata: in libreria un manuale che demolisce manager e aziende

C’è chi lavora fino alle 10 di sera, chi frequenta master esclusivi, chi si impegna per ottenere una certificazione di qualità per la propria azienda e chi farebbe carte false per tagliare i costi e aumentare gli utili. Niente di strano: comportamenti legittimi e apparentemente assennati, sempre più diffusi nel mondo del lavoro. Eppure, secondo Nicola Zanella, autore del libro Il brainstorming è una gran caxxata, edito da Sperling&Kupfer, la via per l’inferno (lavorativo) è spesso lastricata dalle buone intenzioni di manager e dipendenti sin troppo zelanti. Così, questi stessi atteggiamenti e molti altri descritti nel libro appaiono controproducenti e quasi nevrotici sotto l’impietosa luce gettata dalle critiche sferzanti di Zanella. Il libro, 116 pagine per 12 capitoli, ha uno scopo dichiarato: demolire tutte le certezze instillate da guru e teorici del lavoro o più semplicemente derivanti da una malsana routine giornaliera. E per farlo non disdegna un linguaggio vibrante, colorito e volutamente provocatorio. Ma allora, perché il brainstorming (o “biesse”, come lo chiamano gli appassionati) sarebbe una… gran cazzata? Semplice: secondo Zanella, la maggior parte dei partecipanti arriva alle riunioni creative stanco e timoroso di fare brutte figure davanti a colleghi e superiori. E poi, scrive l’autore, «che cavolo di azienda può essere quella che affida l’innovazione a un “biesse”? Quale futuro può avere un’impresa che invita i suoi dipendenti a sparare caxxate, affidando il proprio successo a un’estemporanea e improvvisata tempesta di sciocchezze? La creatività e l’innovazione devono essere prodotte in modo costante, quasi scientifico». I master, poi, sono soldi e tempo buttati: «Quanto sono orgogliosi di se stessi quando pronunciano quella frase: “ho fatto un master”. Bravo ...glione! Hai buttato un sacco di tempo e migliaia di euro per sentirti dire da qualche incompetente quello che avresti trovato su qualche volume nella libreria sotto casa. E per ritardare l’inizio della tua carriera». Così, senza peli sulla lingua, Zanella spiega, di capitolo in capitolo, che la carriera è solo un’illusione, le grandi imprese hanno vita breve, i capi bastardi sono i migliori e gli open space fanno solo casino. Tutto questo tra presentazioni power point dagli esiti disastrosi, dipendenti che lavorano fino a mezzanotte rinunciando a vita privata e salute mentale, dirigenti fissati con le ultime teorie manageriali new-age. E con un’avvertenza finale degna di nota, che ben riassume lo spirito del libro: «Si tratta di un testo di management, scritto da una persona che si presenta come esperto… Attento… Anche questo libro potrebbe essere una caxxata».   Andrea Curiat Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Nicola Zanella, autore de "Il brainstorming è una gran caxxata": «Gli stage servono a far lavorare gratis la gente»E anche:- Stage in fabbrica raccontati in un libro al vetriolo: «Mi sento già molto inserito» di Mauro Orletti- «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)- «Stagista a quarant'anni»: un libro per riflettere sul mercato del lavoro- Giovani, lavoro e stipendi troppo bassi: quando al mutuo ci pensa papà (indebitandosi). Parola di Luigi Furini - Michel Martone: ecco cosa penso degli stage

Aiutati che il web t'aiuta: il circolo Non dimenticare il futuro lancia il progetto "Patto intergenerazionale" e il blog 10storie

Si chiama «Non dimenticare il futuro»: è un circolo indipendente composto da persone che si occupano di temi pubblici e politici non per mestiere ma per passione civile. I creatori di questa iniziativa sono Enrico Oggioni [nella foto] e Mariano Marchetti, a cui si deve anche il nome del circolo - mutuato dal suo libro Il futuro dimenticato, sottotitolo «L'economia italiana dalla metà degli anni '60 ad oggi», pubblicato dalla casa editrice FrancoAngeli nel 2006.«Siamo dei veri ragazzini» scherza Oggioni con la Repubblica degli Stagisti: «Io ho 54 anni e lui un po' più di sessanta. Io sono milanese milanese, mentre lui è un bolognese trapiantato a Milano: per lavoro facciamo entrambi consulenza di management e siamo imprenditori nell'area della gestione risorse umane».Oggioni e Marchetti hanno cominciato, tre anni fa, a riflettere sulla politica e soprattutto sulle strategie economiche che i governi degli ultimi trent'anni hanno messo in atto, mirate più a soddisfare gli interessi di breve respiro dei gruppi dominanti del momento che a fare il bene della maggioranza dei cittadini: «Con effetti deleteri sulle nuove generazioni e sulla competitività dell'Italia» osserva Oggioni «Ed è sulla base di queste riflessioni che abbiamo fondato il circolo. I nostri obiettivi sono concreti: elaborare idee e linee guida su temi specifici come per esempio il sistema pensionistico, il debito pubblico, il fisco,  e su temi trasversali che possono essere di volta in volta l'etica e il costo della politica, il sistema elettorale, il sistema dell'informazione».Il primo incontro risale al 22 marzo del 2007, ormai quasi tre anni fa: da allora il circolo organizza a Milano un appuntamento ogni tre-quattro settimane, invitando di volta in volta esperti dell'argomento (professori universitari, politici, giornalisti). Gli incontri durano un paio d'ore, dalle 19 alle 21, e vengono organizzati il più delle volte al bar Baldassarre, a due passi dal Duomo, proprio sotto la Torre Velasca. «Nel tempo hanno partecipato alle nostre iniziative circa 200 persone, una trentina in media ad ogni incontro, di vario orientamento politico e varia età» spiega ancora Oggioni: «Il circolo è un'associazione di fatto, a ricavi zero e a costi zero, senza finanziamenti, basata sul volontariato di chi vi partecipa».A luglio è partito il progetto «Patto intergenerazionale», con tre obiettivi principali: mettere a confronto le esigenze e le visioni dei due soggetti del patto (genitori e figli, giovani e maturi) rispetto al futuro, in particolare rispetto a lavoro e pensioni; sintetizzare le migliori proposte di riforma in tema di lavoro e sistema previdenziale/pensionistico; elaborare un manifesto programmatico che tenga conto delle esigenze ascoltate e delle proposte in campo.Tutte le informazioni sulla filosofia e le attività del circolo si possono trovare sul sito: per essere sempre aggiornati sulle attività, basta inviare una email a nndimenticarefuturo [chiocciola] libero.it chiedendo di essere inseriti nella mailing list.Da poche settimane al sito si è aggiunto un blog, 10storie, [nell'immagine, l'homepage] per raccogliere le storie, le aspettative, le opinioni dei giovani. Ad oggi sul blog sono disponibili le testimonianze del 32enne brianzolo Gabriele e della 25enne milanese Betty, e un'intervista doppia sul tema delle consulenze a partita Iva con le voci di Annalisa e Albachiara.Il prossimo appuntamento del circolo «Non dimenticare il futuro» è in calendario per giovedì 10 dicembre, dalle 19 alle 21, come di consueto presso il bar Baldassarre di Milano (la fermata più vicina della metropolitana è Missori, sulla linea gialla). L'ospite sarà Davide Corritore [nella foto], vicepresidente del Consiglio comunale di Milano: con lui si discuterà di economia e in particolare delle «proposte del (nuovo?) PD per il rilancio economico».Eleonora VoltolinaLeggi anche le puntate precedenti della rubrica Aiutati che il web t'aiuta: - Offline, le notizie «inaltreparole» raccontate da sei ex stagisti giornalisti intraprendenti- Lavoratorio, annunci di lavoro e non solo- Dillinger, un sito per i giovani che hanno voglia di cambiamento

Diversamenteoccupati, le vignette di Arnald dal blog a un libro: presentazione sabato 5 dicembre a Roma

I miei genitori guadagnano più di me, fa uno. E l'altro risponde: e perché non se ne vanno a vivere da soli?Basterebbe questa battuta a dimostrare che Arnald è un genio. Le sue vignette, apparse qualche anno fa su Diversamenteoccupati, sono fulminee e potenti, dissacranti ed eloquenti più di un articolone di tre pagine. Fino a ieri diluite nel blog, da oggi sono concentrate in un libriccino pubblicato da Guerini: 126 pagine imperdibili per sorridere amaramente o piangere ridacchiando, fate voi. Le armi di Arnald sono l'ironia e la sintesi, e il nostro le affila ogni mattina mentre si fa il caffè. Per raccontare il lavoro, e attraverso il lavoro l'Italia di oggi: disillusa, gerontocratica, sempre sull'orlo del collasso. Tra una vignetta e l'altra, l'autore-artista scrive dei piccoli testi lapidari che ruotano tutti intorno alla figura ormai epica del precario: persone giovani e meno giovani che vivono «senza permessi, giorni di malattia, maternità, contributi per la pensione, straordinari e ferie pagate». Persone professionalmente handicappate: ed è da lì che viene quel neologismo, diversamenteoccupati, che fa il verso al politicamente corretto (ma un po' ipocrita) «diversamente abili».Però adesso basta parole, lasciamo che parli una vignetta. Sullo stage. La prima presentazione del libro è a Roma sabato 5 dicembre (in coincidenza con il No B. Day: sarà casuale?) alle 19 alla libreria Flexi in via Clementina 9, rione Monti. Tutti i diversamenteoccupati sono invitati a partecipare.Eleonora Voltolina

Sei milioni di euro per le aziende che ospitano stagisti lucani, campani, calabresi, pugliesi, sardi e siciliani

Imprese pagate dallo Stato per il disturbo di ospitare uno o più stagisti: questa ancora non si era sentita. Il progetto Lavoro e Sviluppo 4 - Les 4 di Italia Lavoro – cugino dell'omonimo avviato da Promuovi Italia per il settore turismo – dedicato alla promozione di tirocini orientati all'inserimento lavorativo in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia, prevede che per ogni mese di stage l'azienda ospitante riceva un contributo statale di 250 euro. Su 6mila tirocini in tre anni, il contributo pubblico alle imprese (preso dal Fondo europeo di sviluppo regionale) sarà all'incirca di 2 milioni di euro all'anno. Totale: 6 milioni di euro. A dire il vero, un "rimborso dei costi del tutor aziendale" era già previsto nella precedente edizione del programma, il Lavoro e Sviluppo 3,  anche se la cifra era un po' più bassa: 200 euro al mese per ogni stagista. Soltanto nell'ultimo anno di attività, in questo modo il Les 3 ha distributo più o meno 430mila euro tra le aziende partecipanti.Una misura difesa da Domenico Bova, responsabile del progetto per Italia Lavoro: «È sufficiente che un dipendente dell’azienda dedichi un paio d’ore al giorno ad istruire i tirocinanti, che già il contributo di 250 euro non è sufficiente a compensare il costo del suo tempo sottratto al lavoro: non parliamo poi delle spese per la sicurezza, o del caso in cui i ragazzi alle prime armi facciano qualche danno.  Certo, se si parlasse di periodi di tirocinio più lunghi, dagli otto ai dieci mesi, ci sarebbe una vera e propria sostituzione di manodopera e non credo che progetti del genere dovrebbero ricevere alcun contributo pubblico. Appunto per questo noi abbiamo fissato un tetto massimo di quattro mesi alla durata degli interventi: in un arco di tempo così ristretto, i costi per l’azienda legati alla formazione dei ragazzi sono senz’altro prevalenti rispetto agli eventuali benefici derivanti dall’attività lavorativa di questi ultimi».Ma è difficile pensare che una persona ci metta addirittura quattro mesi a diventare produttiva: se pure le attività previste dal Les 4 sono volte alla formazione e alla trasmissione degli specifici know-how aziendali, nella quasi totalità dei casi i tirocinanti costituiscono una risorsa importante per le imprese, almeno dopo le prime settimane di adattamento. A maggior ragione se gli unici limiti fissati alla presenza di stagisti sono quelli del decreto 142/1998, cosicché, ad esempio, un’azienda con 50 dipendenti potrebbe arrivare ad inserire sino a 5 tirocinanti (non c'è infatti un numero massimo di stagisti assegnabili ad una data azienda nell'ambito di questo progetto) sfruttando le relative economie di scala per la loro formazione e percependo un contributo pubblico pari a 1250 euro al mese.La Repubblica degli Stagisti ha fatto i conti e ha calcolato che in questo modo lo Stato regalerà in tre anni circa 6 milioni di euro a poche centinaia di aziende: un "indennizzo per il disturbo" (di cui non godono, naturalmente, le altre decine di migliaia di aziende che ogni anno in Italia ospitano stagisti). Così, a fondo perduto. A tutte, anche a quelle che al termine del periodo di formazione non assumeranno lo stagista.Il budget del Les 4 di Italia Lavoro ammonta a 120 milioni di euro, il doppio rispetto a quello a disposizione di Promuovi Italia per il settore turistico. Questo finanziamento verrà utilizzato così: i partecipanti otterranno un rimborso spese onnicomprensivo pari a 500 euro al mese per i tirocini effettuati in loco, a 1200 nei casi di mobilità interregionale e a 1600 per le esperienze all'estero. Non sono previsti contributi ulteriori per alloggio, vitto e trasporti, mentre le coperture assicurative di responsabilità civile e Inail restano a carico di Italia Lavoro. Vi è poi un ulteriore premio alle imprese che faranno un contratto allo stagista: un bonus una tantum di 5mila euro in caso di assunzione a tempo pieno indeterminato, 4mila euro circa per inserimenti part-time a tempo indeterminato, 3500 euro per contratti di apprendistato.Le criticità del programma non si fermano al contributo statale per le aziende. Non c'è alcun limite di età per i tirocinanti: rimane così aperta la questione dei potenziali stagisti ultraquarantenni. Ci si rifà, ancora una volta, a una visione del tirocinio inteso come strumento di formazione tout court e non come momento di passaggio dal mondo dello studio a quello del lavoro, pensato per i giovani e ad essi rivolto.L'assenza di limiti di età complica ulteriormente la questione del contributo pubblico: il tirocinio, infatti, può essere richiesto anche da professionisti già ben preparati al lavoro, per i quali i supposti costi di formazione saranno prevedibilmente molto contenuti o addirittura nulli. «Casi del genere sono possibili» ammette Bova «ma bisogna guardare il rovescio della medaglia: ci sono gli inserimenti di ragazzi problematici, psichicamente labili, che costituiscono una vera e propria sfida per le aziende. È bene prendere in considerazione il tessuto sociale, fatto anche di giovani che sono ad oggi disoccupati perché dopo il diploma hanno mostrato serie difficoltà a integrarsi in un contesto lavorativo».Andrea CuriatPer conoscere nel dettaglio il progetto Les 4 di Italia Lavoro, leggi l'articolo «Al via la seconda parte del Les 4: altri 120 milioni di euro per 6mila tirocini in aziende di tutti i settori in Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia»Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Stage, maxi-finanziamento europeo da 60 milioni per disoccupati di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma tra i criteri di selezione non c'è l'età- Progetto "Les 4" di Promuovi Italia: il rovescio della medaglia

Giovani e lavoro, il manifesto dei ministri Sacconi e Gelmini: «Non c'è bisogno di grandi riforme, basta avvicinare la scuola alle imprese»

Si chiama Italia 2020 il «Piano di azione per l’occupabilitá dei giovani attraverso l’integrazione tra apprendimento e lavoro» presentato qualche settimana fa da Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi [nelle foto], che da un anno e mezzo guidano rispettivamente il ministero dell'Istruzione e quello del Lavoro, salute e politiche sociali. Il documento parte con una promessa impegnativa: «I nostri giovani prima di tutti. È questo il nostro impegno per l’Italia del futuro». I due ministri non negano che la situazione sia difficile: «Condividiamo il giudizio e la preoccupazione di molti. I giovani italiani sono oggi penalizzati da una società bloccata. Piegata su se stessa. Incapace di valorizzare tutto il proprio capitale umano, di riconoscere il merito e premiare i molti talenti. Ciò che invece non condividiamo è la retorica deresponsabilizzante del precariato, quale inesorabile destino per le nuove generazioni». Le nuove forme di lavoro flessibile vengono indicate come il naturale risultato della «necessaria modernizzazione delle regole di funzionamento di un mondo del lavoro che cambia con una rapidità senza precedenti». Sacconi e Gelmini sono convinti che la soluzione non stia, come indicano molti politici e specialisti di diritto del lavoro (per esempio il senatore Pietro Ichino, qui il suo progetto di legge) in una riforma del mercato del lavoro: «Non è a colpi di leggi e decreti che si contrasta il precariato e si combatte il profondo senso di disagio e insicurezza che affligge i nostri ragazzi. Dobbiamo spiegare ai giovani e alle loro famiglie che i processi di vero cambiamento non possono mai prescindere dall’impegno e dalla responsabilità personali. Che le riforme utili – quelle fatte e ancor di più quelle ancora da fare – non sostituiscono, ma semmai stimolano i buoni comportamenti delle persone e delle istituzioni». Il piano dei due ministri si articola su sei punti: facilitare la transizione dalla scuola al lavoro; rilanciare l’istruzione tecnico-professionale; rilanciare il contratto di apprendistato; ripensare l’utilizzo dei tirocini formativi, promuovere le esperienze di lavoro nel corso degli studi, educare alla sicurezza sul lavoro, costruire sin dalla scuola e dalla università la tutela pensionistica; ripensare il ruolo della formazione universitaria; e infine aprire i dottorati di ricerca al sistema produttivo e al mercato del lavoro.Il problema principale è che i giovani arrivano al lavoro tardi e per vie tortuose: «Rispetto ai coetanei di altri Paesi i nostri giovani incontrano il lavoro in età troppo avanzata e, per di più, con conoscenze poco spendibili anche per l’assenza di un vero contatto con il mondo del lavoro in ragione del noto pregiudizio che vuole che chi studia non lavori e che chi lavora non studi. Quasi del tutto assenti, nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, sono moderni servizi di collocamento e orientamento al lavoro che possano agevolare una più celere transizione verso il mercato del lavoro consentendo altresì, alle istituzioni scolastiche e alle università, la continua riprogettazione e l’adattamento della offerta formativa e un costante contatto con il territorio in cui operano». Sacconi e Gelmini si ripromettono, nel documento, di agire per modificare questo stato di cose: «Non occorre inventarci nulla di nuovo. Dobbiamo semmai portare a definitivo completamento, pezzo dopo pezzo, i processi di riforma già avviati anche nel nostro Paese nel decennio passato. Ci riferiamo, in particolare, alla leggi Biagi e ai diversi interventi di riforma in atto della Scuola e della Università, ancora oggi largamente inesplorate nelle loro enormi potenzialità e accolte con spirito conservatore, se non ideologico, a causa di una concezione vecchia, ma assai radicata, dei modelli educativi di istruzione e di formazione. Una concezione lontana dalla realtà. Che porta ancora a vedere nella scuola e nel lavoro due mondi alternativi e inesorabilmente separati. Con la conseguenza di perpetuare artificiosamente una sequenza di sviluppo della persona che vuole dissociate le fasi dell’apprendimento e dello studio da quelle del lavoro e della partecipazione alla vita attiva».E per unire queste due fasi i ministri vogliono puntare sopratutto su due azioni: rilanciare il contratto di apprendistato e anticipare il più possibile le esperienze di stage. «Il collegamento stabile tra la scuola e il mondo del lavoro, anche attraverso tirocini ed esperienze di lavoro, assume un ruolo decisivo per promuovere e sostenere lo sviluppo e la diffusione della cultura della prevenzione negli ambienti di vita, studio e lavoro» scrivono, responsabilizzando poco più avanti le università e mettendole in guardia dal promuovere stage troppo brevi [esistono tirocini curriculari da sole 150-250 ore, equivalenti a 3-4 settimane di stage, ndr] e ribadendo il loro dovere di «vigilare sul buon andamento dei progetti formativi avviati dagli studenti all’interno delle aziende».In diciassette pagine Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi riassumono insomma la loro ricetta per migliorare le condizioni lavorative dei giovani italiani nei prossimi dieci anni, ripartendo dalla scuola e dalla formazione sul campo. Ora però si aspetta il prossimo passo: le "disposizioni di attuazione", per così dire, di questo manifesto. Cioè le azioni concrete che i due ministri metteranno in atto per raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Luci e ombre del contratto di apprendistato - una buona occasione, ma preclusa (o quasi) ai laureati- Apprendistato questo sconosciuto – Tiraboschi: «No allo stage come "contratto di inserimento": per quello ci sono oggi altri strumenti»- Rapporto Excelsior 2009: sempre più stagisti nelle imprese italiane, sempre meno assunzioni dopo lo stage

L'esame da notaio? Uno su quindici ce la fa. Ma in palio ci sono 400mila euro l'anno - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / terza puntata

Quanti sono: Molti, almeno rispetto ai posti disponibili: circa 2mila praticanti - distribuiti in 94 distretti notarili - a fronte di 4.723 notai attualmente in esercizio. Nell’aprile del 2008 il ministero della Giustizia ha disposto l’istituzione di 840 nuove sedi notarili. L’età media di ingresso nella professione notarile è fra i 27 e i 30 anni. Secondo il Consiglio nazionale dell’Ordine [nell'immagine, l'homepage del sito] la percentuale di donne rispetto al totale è in aumento e ha raggiunto il 28% del 2008 dal 17% del 1991. Anche il luogo comune della “ereditarietà” della professione sarebbe un mito da sfatare: oltre l’82% dei notai non è figlio di notaio.Quanti diventano notai: Il concorso richiede una approfondita preparazione giuridico-fiscale: la selezione è dura e in media soltanto un aspirante su 15 riesce a superare l’esame. Gli ultimi due concorsi hanno assegnato 230 e 350 posti. Il numero e la residenza dei notai per ciascun distretto viene determinato dal ministero della Giustizia in base ad una tabella calcolata in funzione dell’esigenza di assicurare il servizio su tutto il territorio nazionale. La tabella viene aggiornata ogni 7 anni sulla base del numero degli abitanti (1 notaio ogni 7mila abitanti), della quantità e qualità degli affari, dell’estensione e delle caratteristiche del territorio e della mobilità. Il numero programmato, inoltre, consente allo Stato di effettuare controlli su chi esercita la professione.Il praticantato: Per accedere alla professione notarile occorre la laurea in giurisprudenza. Nel 2006   è stata ridotta la durata del periodo di "pratica" da 24 a 18 mesi (di cui almeno un anno continuativamente dopo la laurea), con la possibilità di cominciarla già durante l'università. Almeno un anno di pratica deve essere svolto all'interno di uno studio notarile del distretto designato dal praticante, con il consenso del notaio stesso e con l'approvazione del Consiglio. Spetta al Consiglio notarile, su richiesta dell'interessato, la designazione del notaio presso cui effettuare la pratica, che va tassativamente completata entro 30 mesi dall'iscrizione. In caso di scadenza del  termine, il periodo effettuato prima del conseguimento della laurea non è computato. Per i funzionari dell'ordine giudiziario e gli avvocati in esercizio da almeno un anno è prevista la possibilità di una pratica abbreviata a 8 mesi.Le scuole di specializzazione: Attualmente sono attive su tutto il territorio nazionale 17 scuole gestite dai Consigli notarili e dai Comitati regionali (a Bari, Bologna, Cagliari, Sassari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Perugia, Roma, Teramo, Torino). La frequenza dei corsi, che durano in media due anni, non è obbligatoria. Esistono anche delle scuole post universitarie di specializzazione che possono essere frequentate da aspiranti notai, magistrati e avvocati.Quanto guadagnano i notai: Nel 2006, stando ai dati dell’agenzia delle Entrate, il reddito medio dei notai in esercizio era di circa 400mila euro l’anno. In seguito alla riduzione di alcune competenze previste dal decreto Bersani, e soprattutto alla crisi, i redditi sono scesi del 30%, attestandosi a circa 250mila euro l’anno. Negli studi notarili lavorano circa 70mila dipendenti.Quanto guadagnano i praticanti: Non sono mai state date indicazioni in merito alla retribuzione dei praticanti: in generale, dipende dall’attività che il praticante svolge all’interno dello studio notarile. Manca anche una qualsiasi disposizione dell’Ordine in merito a un rimborso spese.Le borse di studio: Nel 2008 il Consiglio nazionale del notariato, tramite la Fondazione italiana per il notariato, ha erogato 30 borse di studio triennali, da 14.400 euro annui, per i giovani aspiranti notai più meritevoli, ma meno abbienti. L’impegno complessivo per il loro finanziamento triennale è di 1,3 milioni di euro, pari a 432mila euro l’anno.Il concorso: Si svolge a Roma e prevede tre scritti (atto tra vivi, atto di diritto commerciale e testamento) e tre orali su diverse materie (diritto civile, commerciale, urbanistica, diritto tributario, legislazione notarile, diritto tributario e altri argomenti attinenti alla professione). Per superare la prova scritta occorre aver raggiunto un punteggio minimo di 105 su 150. Il limite d’età per partecipare al concorso è di 50 anni.Cosa fare se non si supera il concorso: Molti notai sono ex magistrati o ex avvocati di stato e viceversa. Il Consiglio nazionale notarile assicura che la preparazione richiesta è di livello tanto elevato da consentire senza difficoltà di partecipare ad altri concorsi pubblici.Cosa si va a fare se lo si supera: I notai  si occupano di rapporti nell’ambito della famiglia, successioni, circolazione di beni immobili, imprese.Andrea Curiatcon la collaborazione di Eleonora VoltolinaSe vuoi saperne di più, leggi anche:- Elena Lanzi, vincitrice della borsa di studio notarile: «Dopo un anno e mezzo il mio secondo concorso, senza ancora conoscere i risultati del primo»- Gianfranco Orlando, vincitore della borsa di studio notarile: «Teoria e pratica devono andare di pari passo» E anche:- Da grande voglio fare l'avvocato - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / prima puntata- Commercialisti, l'esame è una scommessa - Pianeta praticanti: inchiesta della Repubblica degli Stagisti / seconda puntata- Videointervista a Duchesne: il libro «Studio illegale» vola sulle ali del blog, e presto diventerà un film