Rossella Nocca
Scritto il 16 Set 2022 in Storie
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Essere una donna in carriera e costruire una famiglia si può. La Repubblica degli Stagisti ha deciso di testimoniarlo attraverso una rubrica, Girl Power, che ha la voce di tante donne e professioniste fortemente convinte che, di fronte al merito, non ci sia pregiudizio che tenga. La testimonianza di oggi è quella di Alessia Pastori, Associate Partner China Leader dell’area Tax&Law di EY.
Ho quarantacinque anni, sono nata e vivo a Milano. Ho studiato al liceo scientifico, dopo di che avevo una doppia scelta: Psicologia alla Cattolica, dove avevo superato anche i test di ammissione, e Giurisprudenza alla Statale, che come università mi aveva colpito di più. Ho optato per quest'ultima e mi sono laureata in quattro anni con il massimo dei voti.
Volevo entrare in magistratura, poi le circostanze della vita mi hanno portato altrove, e sono contenta. Anche perché il mio lavoro attuale – avvocata d'affari per EY, con un approccio multidisciplinare – mi porta ad applicare in qualche modo quella stessa etica e quello stesso approccio che avrei avuto da magistrata.
Mi sono laureata con una tesi in diritto internazionale su un caso di cronaca: il rapimento di un bambino da parte del padre egiziano, nel 1999. Grazie a essa ho ottenuto la mia prima esperienza di lavoro. Dopo la laurea ho inviato infatti il mio curriculum al ministero degli Affari esteri, che mi ha selezionato per far parte di una task force proprio sul rapimento di bambini da genitori di doppia nazionalità, in adeguamento alla nuova convenzione dell'Aia sul tema. Dopo quell'esperienza, molto formativa, dal 2002 al 2006 ho vissuto in Cina, dove ho lavorato per studi legali e associazioni governative italiane.
Quindi ho deciso di rientrare in Italia, dove ho lavorato per due studi legali, Nctm e Gianni Origoni, sempre contattata da head hunters. Circa quattro anni fa mi è arrivata la proposta di entrare in EY, dove oggi sono avvocata d'affari per il mercato cinese, con un ruolo sia di business che legale. Assisto aziende italiane in Cina e aziende cinesi in Italia.
In Italia la normativa prevede che un avvocato assunto da un'azienda debba disiscriversi dall'ordine professionale. Nel mio caso non è stato necessario, in quanto EY ha a sua volta uno studio legale.
Nel 2018 Stefania Radoccia, Tax&Law Managing partner di EY e figura a cui come tante altre avvocate mi sono sempre molto ispirata, ha pensato di trasferire in azienda la sua idea di professione legale fortemente legata al business. Così è nato il progetto di fare un desk dedicato alla Cina/Russia e multi-competenze, in un'ottica di vera internazionalizzazione. Una scommessa a cui ho aderito con entusiasmo e che si è rivelata vincente.
All'inizio non è stato semplice passare da uno studio legale tradizionale a una realtà completamente diversa, con un livello importante di complessità. Ma la crescita per me è stata rapida, infatti sono diventata Associate Partner, gestendo un team multiculturale e budget.
Certo i momenti complicati capitano, ma poi i problemi si risolvono, e servono anche quelli a crescere. Lavorando con la Cina, la giornata inizia e finisce tardissimo e i viaggi sono frequentissimi, a parte purtroppo in questo periodo di pandemia. Ma è molto stimolante, perché ai classici contratti si unisce il lavoro con varie unità di business. Mi occupo di Cina e Russia a 360 gradi: mercato, cultura, lingua. La multicanalità e la contaminazione dei servizi qui sono molto sentite.
Inoltre, c'è una grande flessibilità: lavoriamo tanto ma dovunque e questo, rispetto agli studi legali tradizionali che nella maggior parte dei casi sono ancora lontani, consente una buona conciliazione con la vita personale. Io sono una "mamma mamma": sono molto presente. Dopo le gravidanze non sono tornata subito a lavorare: ho preso cinque mesi, anche se qui non sono obbligatori (c'è chi rientra il mese dopo). Al mio rientro ho trovato la massima flessibilità nella gestione lavoro/famiglia e i miei passaggi di carriera li ho fatti comunque tutti. Nel 2008, in piena crisi, lavoravo in Nctm e sono andata in maternità per poi rientrare nel pieno delle mie funzioni. Quando sono stata assunta in Gianni Origoni mio figlio aveva due anni. Essere madre non ha mai costituito un rallentamento.
In EY c'è una forte attenzione alla diversity e c'è bilanciamento di genere. Il team di lavoro che gestisco è addirittura a prevalenza femminile, con quattro professioniste e due professionisti. In generale, durante la mia carriera, non ho mai avvertito discriminazioni, nemmeno in sede negoziale. Anche se penso che una avvocata donna, almeno nel privato, sia svantaggiata rispetto a un uomo per la quantità di tempo a disposizione, difficilmente conciliabile con la maternità.
Nonostante lavori prevalentemente con la Cina, colpita severamente e per prima dall'emergenza sanitaria, l'impatto sul mio lavoro non è stato così rilevante: le aziende continuano ad avere bisogno del nostro accompagnamento e abbiamo fin da subito avuto a disposizione gli strumenti per lavorare in maniera efficiente anche da remoto. L'eccellenza del lavoro non è mai stata intaccata.
Durante la pandemia ho riscoperto il bello di stare a casa. Sia io che mio marito, che lavora nel settore dello sport, abbiamo potuto essere presenti e occuparci di più dei nostri due figli. Uno alle medie, che ha seguito da subito efficacemente la didattica a distanza, l'altro alla materna, dove invece l'organizzazione è stata purtroppo minore. Certo il momento è pesantissimo, viviamo nell'incertezza e questo non fa bene né ai bambini né alle mamme né alle aziende. Quanto a EY, ha comunque sempre messo al primo posto il benessere della persona e la creazione di un ambiente controllato e sicuro.
Alle ragazze e ai ragazzi dico che bisogna studiare, essere preparati. E, per chi sceglie gli studi in Giurisprudenza, avere un approccio alla materia nuovo, che permetta la risoluzione efficiente di un problema. Oggi l'avvocato generalista è superato: bisogna specializzarsi, saper fare bene qualcosa. Buoni sbocchi attualmente sono: privacy, nuove tecnologie, intelligenza artificiale. L'inglese è indispensabile, e poi può essere un plus conoscere lingue come russo e cinese. Io ho il cinese ho iniziato a studiarlo in Cina nel 2002 e ho proseguito una volta rientrata in Italia. Oggi lo parlo a livello colloquiale e anche i miei figli lo studiano. Il primo ha iniziato con un corso alla Fondazione Italia Cina a soli cinque anni.
Io vengo da una famiglia "normale": mio padre lavorava nell'amministrazione del Politecnico di Milano, mia madre nel settore marketing in un'azienda di fertilizzanti. Non ho mai chiesto nulla a nessuno, non sono mai finita in un posto per motivi diversi dal merito e continuo a credere in esso!
Testimonianza raccolta da Rossella Nocca
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