Milano, i bamboccioni non abitano qui
Nella capitale lombarda la maggior parte dei giovani tra i 18 e i 30 anni lavora mentre studia e solamente 33 ragazzi su 100 affermano di dedicarsi esclusivamente all’università. E i famosi Neet? Solo il 3% degli intervistati rientra nella categoria, secondo la ricerca svolta da Francesco Marcaletti, professore dell'università Cattolica [nella foto a destra], presentata venerdì scorso al convegno «Bamboccioni: giovani e lavoro nell'era della flessibilità».L’indagine svolta dai volontari dell'Azione Cattolica ambrosiana si basa sulla diocesi di Milano (comprese anche Varese, Lecco e Monza). Il campione di quasi 600 ragazzi non è rappresentativo di tutta la realtà cittadina (le donne sono leggermente più degli uomini, tutti sono italiani e 1 su 2 ha almeno una laurea triennale), ma i risultati sono comunque interessanti.È vero che il 33% del campione decide di non avere alcuna esperienza lavorativa per potersi concentrare sullo studio. È vero che quasi tutti gli intervistati tra i 18 e i 24 anni vivono ancora in famiglia ma la percentuale scende tra i 25 e i 30, quando le ragazze tendono ad andare a vivere da sole mentre i maschi, se escono di casa, vanno a convivere con amici. È vero anche solo un giovane milanese su venti aiuta in casa, e la percentuale scende ancora tra chi ha un impiego. Però il 42% lavora oltre a frequentare l’università, soprattutto le ragazze. Una volta finiti gli studi, però, a fronte di questo impegno maggiore da parte delle donne sono invece gli uomini a trovare più facilmente un’occupazione, contratti migliori (il 53% ottiene il tempo indeterminato contro il 22% delle ragazze) e salari più alti (quasi uno su cinque guadagna più di 1500 a superare questa soglia è invece solo una donna su venti). Come sottolinea Ida Regalia, professoressa della Statale: «Si è socializzati alla vita in modo diverso a seconda che si nasca uomini o donne».Sfatato invece il mito dell’importanza delle conoscenze per trovare lavoro dato che in tre casi su cinque la raccomandazione porta sì a un impiego, ma senza contratto. Frutta di più autocandidarsi presso un’impresa, in questo modo infatti un neoassunto su quattro ottiene un posto a tempo determinato. Nell’area milanese per fortuna questo non è un caso raro: l’ha ottenuto il 14% degli intervistati, mentre addirittura il 37% è impiegato a tempo indeterminato. Ma in un campione che va dai 18 ai 30 anni non è specificato quanto tempo ci è voluto per arrivare a un buon contratto.L’indagine si occupa anche di chi un lavoro proprio non ce l’ha e scopre come i milanesi disoccupati siano abbastanza schizzinosi, tanto da rifiutare un posto che li porti in un’altra città o in un altro paese. Mammoni o abbastanza realisti da non voler traslocare per un contratto a progetto? Secondo Marcaletti ed Emiliano Novelli, vicepresidente del Gruppo Giovani imprenditori Assolombarda, molti ragazzi preferiscono stare a casa piuttosto che fare lavori considerati umili, mentre all’estero pur di non vivere con mamma e papà gli studenti fanno le pulizie negli uffici, raccolgono frutta nei campi o servono hamburger nei fast-food. Eppure, nonostante stiano attenti a scegliersi l’occupazione, solo il 7% degli intervistati ha risposto di fare qualcosa che gli piace. Quindi sono bamboccioni o no i giovani lombardi? In definitiva, dalla ricerca dell’Azione Cattolica emerge il ritratto di una generazione molto legata al nido, ma più per necessità che per scelta: spesso questi ragazzi hanno stipendi così bassi che senza il supporto dei genitori non riuscirebbero a sopravvivere.Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- «Non solo bamboccioni: i giovani hanno voglia di riscatto». La testimonianza di un'ex stagista di Chiesi.- E se Steve Jobs fosse nato a Napoli? Essere «affamati e folli» a volte non basta- «Non è un paese per bamboccioni», un libro per chi è stufo di piangersi addosso