Categoria: Notizie

Reddito minimo garantito, parte la raccolta firme della Cgil per ripristinare la legge sperimentale in Lazio. Con due ombre: il costo spropositato e il rischio di assistenzialismo

Reddito minimo garantito per adulti in difficoltà economiche. È questo in estrema sintesi il contenuto della campagna 'La precarietà non paga, il reddito garantito sì!', lanciata giovedì scorso, il 24 novembre, da Cgil Roma e Lazio, Giovani non più disposti a tutto e Bin (Basic Income Network). Obiettivo: raccogliere firme per ripristinare una legge regionale già esistente – e che la giunta Polverini vorrebbe abrogare - che fino all’anno scorso garantiva 700 euro netti al mese a disoccupati, inoccupati o lavoratori in mobilità tra i 30 e i 44 anni residenti nel Lazio e con un reddito inferiore agli 8mila euro annui. Qualcosa di diverso dal sussidio di disoccupazione, che riguarda chi nel mercato del lavoro è già entrato con un contratto a tempo indeterminato o determinato, e una volta scaduto il termine oppure licenziato riceve dallo Stato un contributo temporaneo. Il reddito minimo, al contrario, potrebbe includere anche chi non ha mai avuto un contratto e un lavoro vero e proprio. Per accedervi è sufficiente rispettare i criteri indicati.Il provvedimento per il reddito minimo era stato varato per la prima volta nel 2009, quando la Regione Lazio era presieduta da Piero Marrazzo. L’allora governatore aveva stanziato 46 milioni di euro per un progetto sperimentale unico in Italia che prevedeva l’erogazione di un contributo ai lavoratori precari in situazione di difficoltà economica. In Regione erano arrivate ben 135mila domande, di cui 7mila risultate poi vincitrici (anche se di fatto le procedure di pagamento non sono mai state avviate). La giunta Polverini ha però recentemente deciso di apportare una modifica alla manovra finanziaria sottraendo i fondi necessari all'applicazione della legge, e dichiarando infine pochi giorni fa di voler procedere a una sua definitiva abrogazione. Il tema del reddito minimo in tempi di crisi potrebbe forse risultare un po’ stridente, non può comunque essere liquidato con l’argomento della mancanza di risorse economiche. Ne è certo Salvatore Marra dell’ufficio Politiche giovanili della Cgil Roma e Lazio. La ricetta per finanziarlo è semplice: «attingere dal buco mostruoso della sanità», oppure abolire «qualcuna delle ventuno commissioni regionali in cui ogni deputato percepisce doppi stipendi grazie a doppi incarichi», insomma «razionalizzare le spese». In effetti sono diversi in Europa i casi di paesi (uno è la Danimarca) che garantiscono un reddito minimo, o che se non altro adottano misure di welfare che permettono ai soggetti più svantaggiati di condurre una vita dignitosa.La questione è anche arrivata sul tavolo del neo insediato governo Monti, al quale il comitato Il nostro tempo è adesso ha fatto pervenire il suo decalogo di proposte per migliorare la condizione dei giovani, lanciando idee in larga parte condivise dalla Repubblica degli Stagisti: contratto di lavoro stabile, lavoro ben pagato, previdenza, diritti come malattia e maternità, formazione continua, aiuti per la casa. Altra cosa è però il reddito minimo garantito, iniziativa che solleva perplessità sia di carattere economico - s livello nazionale erogare anche solo 500 euro al mese, cioè 6mila euro annui, a una platea ipotetica di un milione di beneficiari costerebbe l'esorbitante cifra di 6 miliardi di euro all'anno - sia di tipo organizzativo e in un certo senso morale. Ad esempio: come si potrebbe essere sicuri che gli assegnatari del sussidio continuerebbero ad attivarsi per cercare lavoro pur percependo soldi dallo Stato? Non bisogna nascondersi che in Italia la tendenza a "sedersi" sugli aiuti pubblici è più marcata che in altri Paesi. A detta di Sandro Gobetti di Bin Italia, intervenuto alla presentazione della campagna, la questione troverebbe soluzione nello stesso dettato della legge, che stabilisce che «il centro per l’impiego dia avviso delle nuove offerte di lavoro». Ma la norma permette di rifiutarle se ritenute non congrue al proprio background formativo: e dunque non vi sarebbe limite agli eventuali rifiuti? Elemento che non è dato sapere. Gobetti si dice poi convinto che i beneficiari del reddito minimo non starebbero certo a casa con le mani in mano, ma al contrario andrebbero «in cerca di opportunità o di come guadagnare qualche soldo per sopravvivere, sperando che qualcosa vada in porto per dare vita a un progetto di lavoro». Insomma, è d’obbligo concedere il massimo della buona fede. E alla domanda se quella del reddito minimo garantito non potrebbe trasformarsi in una misura assistenzialistica fine a se stessa e per di più molto pesante per le casse dello Stato, Gobetti risponde che «in termini generali può costare molto meno dare 500 euro a una ragazza madre senza lavoro piuttosto che lasciare a lei o alla famiglia il compito di occuparsi della propria sopravvivenza».In linea teorica forse è vero. In pratica, però, stabilire che chiunque non abbia un lavoro possa essere mantenuto dallo Stato anche per anni, e di conseguenza mettere una spesa dell'ordine dei miliardi di euro sulle casse dello Stato, non è probabilmente la mossa migliore per incentivare l'occupazione giovanile.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»- In Italia si guadagna troppo poco: per rendere dignitose le retribuzioni dei giovani bisogna passare dal «minimo sindacale» al «salario minimo»  

Laureati, sempre più tirocini gratis e lavori lontani dagli studi. Se il centro-sud fotografato da Almalaurea piange, il nord che emerge dall'indagine Stella non ride

È l’abuso di tirocini il dato che emerge con forza quest’anno nell’indagine Stella, che insieme al Rapporto Almalaurea è una delle due rilevazioni fondamentali sull’occupabilità dei laureati in Italia. «Si nota un uso improprio dello stage» conferma alla Repubblica degli Stagisti Nello Scarabattolo, 56 anni, che oltre ad essere presidente del comitato scientifico Stella è uno dei più importanti esperti europei di informatica e insegna al Dipartimento di tecnologie dell'informazione di Crema. «Questo strumento viene sempre più utilizzato per coinvolgere ripetutamente persone in attività sottopagate giungendo alla situazione limite di precariato continuo». Proprio a causa dell’aumento di stage e tirocini Cilea, il Consorzio interuniversitario lombardo per l'elaborazione automatica, ha aggiunto quest’anno al questionario alcuni quesiti relativi al tema: «Ha uno stage ancora in corso?», «Se ancora in corso è retribuito?», «Se non lavora, non cerca occupazione e non studia cosa sta facendo?». Grazie alle risposte a queste domande si sono profilate interessanti novità e conferme. La maggior parte degli stage sono gratuiti e il numero dei tirocini sale all’incremento del titolo di studio, perciò la percentuale più alta si registra tra i laureati a ciclo unico.Nel dettaglio, su 5mila laureati triennali che hanno conseguito il titolo nel primo semestre 2010 intervistati a luglio 2011, sono solo 111 (due su cento) ad aver dichiarato di essere impegnati al momento esatto della rilevazione in uno stage o un praticantato: nella metà dei casi senza percepire un euro. Aumentano a uno su venti se si prendono invece in considerazione i quasi 5mila laureati magistrali: su 254 stagisti-praticanti in 133 fanno l'esperienza formativa gratis, 93 con borsa-lavoro e 26 con un compenso maggiore. La percentuale si impenna  infine se si considerano le risposte dei laureati a ciclo unico: su 705 intervistati, quasi uno su quattro ha dichiarato di essere in stage o di svolgere un praticantato. Qui la metà percepisce almeno un rimborso per le spese vive, e "solo" uno su tre lo fa gratis; sempre piccolissima (un misero 13%) la quota di stagisti o praticanti "graziati" da un compenso un po' più consistente. «I laureati a ciclo unico che dichiarano di svolgere un stage o tirocinio o praticantato non retribuito  sono per la maggior parte di giurisprudenza e ciò spiega l’impennata dei valori dei praticantati che, se in passato erano retribuiti, ad oggi sono perlopiù a titolo gratuito» riflette Claudia Montalbetti, responsabile del coordinamento tecnico e organizzativo di Cilea Stella. Mancano nell’indagine le rilevazioni a proposito delle diverse tipologie di soggetti ospitanti (la "vetrina universitaria laureati con curricula per le aziende navigabile on-line") e i numeri relativi agli stage curriculari svolti durante gli studi che Cilea Vulcano comprende nella sua indagine sui laureandi, non inclusa nell’indagine Stella.Ma i dati non fanno emergere solamente fenomeni negativi: la prima rilevazione del 2011 relativa agli esiti occupazionali di 14mila laureati del primo semestre 2010 a 12 mesi dalla laurea rivela che l’occupabilità di laureati ha subito un’inversione di tendenza rispetto al trend dell’ultimo biennio ed è leggermente aumentata.Tra coloro che decidono di mettersi sul mercato del lavoro, tre laureati triennali su quattro (73%) e 8 laureati specialistici su 10 hanno trovato  infatti  occupazione in circa sei mesi dal conseguimento del titolo. Ma non è tutto oro quello che luccica; infatti un altro dato da interpretare , probabilmente alla luce di un forzato spirito di adeguamento, è la diminuzione delle percentuali di soddisfazione: «La sensazione è che siano aumentati i posti di lavoro ma che molti neolaureati svolgano professioni meno legate al loro ambito di specializzazione» spiega Scarabottolo. Col risultato, non certo positivo, di un mismatch al ribasso.Per i laureati triennali emerge inoltre, probabilmente a causa delle difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, la tendenza a proseguire negli studi (si passa dal 44,2% per i laureati 2009 al 46,4% per i laureati 2010), scelta che però per alcuni percorsi di laurea triennali è quasi fisiologica. «Per il laureati magistrali invece» prosegue il presidente «l’effetto della crisi è evidenziato da un aumento di oltre due punti percentuali di laureati che cercano lavoro e dalla forma di collaborazione, visto che più del 7% dei laureati magistrali accetta uno stage o una esperienza di praticantato gratuito».Sul fronte dello stipendio nessuna grande novità: la retribuzione media passa da 1.126 euro per i laureati 2009 a 1.133 euro per i laureati 2010. Ancora presente una certa disparità tra i generi: le laureate guadagnano di meno all’ingresso. Il 50% dei maschi guadagna tra i 1.000 e i 1.500 euro, mentre il 50% delle colleghe dichiara un reddito compreso tra i 500 e i 1.250 euro. I tempi di ingresso nel mondo del lavoro invece incrementano dai cinque mesi per i laureati del 2009 a più di sei mesi per quelli 2010, registrando variazioni tra gruppi disciplinari. Leggermente in aumento la quota di coloro che dichiara di lavorare all’estero (1,7% dei laureati specialistici occupati; 1% dei laureati del primo ciclo).L’iniziativa Stella, ad oggi, raccoglie le adesioni di 11 atenei italiani, dei quali otto lombardi, (università di Bergamo, Brescia, università Cattolica, Milano-Bicocca, Milano Statale, Pavia, Politecnico di Milano, Iulm, università di Pisa, scuola superiore Sant’Anna e università di Palermo), rappresenta il 17,3% dei laureati italiani e l’84% dei laureati in atenei lombardi.Ma come si integrano Stella e Almalaurea? E quali sono le principali differenze? «Al momento non si integrano, piuttosto sono confrontabili» risponde Scarabottolo «e quest’anno abbiamo appositamente armonizzato i questionari per poter comparare e leggere in maniera unitaria i dati delle due iniziative e fornire quindi al ministero, agli atenei e al mondo del lavoro un quadro nazionale sull’occupabilità dei laureati».Almalaurea si riferisce inoltre a un numero più consistente di atenei (54, rispetto agli 11 Stella) e a un bacino di laureati intervistati a un anno dalla laurea più numeroso: 161mila contro i 31mila di Stella; però ad Almalaurea mancano quasi completamente gli atenei lombardi, molto importanti ovviamente a livello di occupazione in Italia. «Per quanto riguarda le differenze di metodo noi prediligiamo un approccio partecipato: tutte le università che si associano a Stella hanno un delegato del rettore esperto di statistica nel nostro comitato tecnico scientifico».Giulia CimpanelliPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Censis: in Italia i laureati lavorano meno dei diplomati. E i giovani non credono più nel «pezzo di carta»- Almalaurea fotografa i laureati del 2010 e lancia l'allarme: in Italia ce ne sono troppo pochi in confronto al resto d'Europa- Almalaurea, crollano occupazione e stipendi dei laureati. E chi fa uno stage ha solo il 6% in più di opportunità di lavoro

Provincia di Padova, la giunta detta le linee guida: stop agli stage gratuiti e niente stagisti nelle imprese non virtuose

Un passo concreto contro lo sfruttamento degli stagisti arriva dalla Provincia di Padova dove negli ultimi tre anni il numero dei tirocini è aumentato del 43%: la Repubblica degli Stagisti è in grado di anticipare il  documento in dodici punti per promuovere «un tirocinio di qualità» che è stato approvato in giunta martedì 22 novembre e  che verrà presentato ufficialmente domani (venerdì 25). «Penso sia il primo regolamento in materia di stage approvato da una provincia» dice fiero l'assessore al Lavoro del Pdl Massimiliano Barison «E credo che farà anche da apripista». «Raccogliamo  il frutto di uno sforzo bipartisan» sottolinea Paolo Giacon, consigliere Pd [foto sotto], coautore del progetto: «questa volta la politica ha dimostrato di essere sensibile ai giovani che si affacciano sul mondo del lavoro». Ma cosa prevede nel dettaglio questa delibera? Anzitutto l'introduzione a favore dei tirocinanti di un compenso (definito «borsa lavoro» o «rimborso spese»):  almeno 400 euro mensili per i laureati e 300 euro per gli studenti. «Al fine di garantire risorse minime ed evitare che per gli spostamenti ed il vitto il giovane possa pesare sulla famiglia». E poi l'introduzione di precisi limiti al reclutamento di stagisti che sembrano ricalcati sulla Carta dei diritti dello stagista: le aziende non potranno più utilizzarli in sostituzione di personale in malattia, maternità, mobilità o cassa integrazione. Inoltre, i centri per l'impiego (cpi) «non promuoveranno tirocini durante i periodi di sospensione dal lavoro Cigo, Cigs, cassa in deroga, salvo che gli stessi non vengano proposti per qualifiche e mansioni diverse da quelle dei sospesi». Misure simili a quelle previste dalla legge regionale del Piemonte e nel Protocollo per i tirocini di qualità della Regione Toscana. Né li promuoveranno «per la medesima qualifica e mansione dei lavoratori licenziati nelle aziende che abbiano posto in mobilità personale nei sei mesi precedenti». Non solo. Per poter attivare nuovi stage, i datori di lavoro dovranno aver assunto, negli ultimi due anni, anche a tempo determinato (o a progetto) e per un minimo di otto mesi, il 30% degli ex tirocinanti.  Proprio la quota  prevista dalla Carta dei diritti dello stagista. In modo da evitare di trasformare lo stage «in uno strumento sostitutivo e a basso costo del lavoro». Ancora, addio agli stagisti commessi, operai e camerieri. La Provincia di Padova dice stop agli stage per mansioni di basso profilo  stabilendo  l'impossibilità di attivare stage per lavori generici e non qualificanti. Infine i cpi non potranno «promuovere più di un tirocinio tra una stessa azienda o con aziende appartenenti a uno stesso gruppo e un medesimo lavoratore né di concordare proroghe salvo in casi particolari e documentati».  Una lunga assenza per malattia del tirocinante ad esempio, o un significativo cambiamento nell'organizzazione dell'azienda, comunque sempre entro la durata massima di sei mesi.Il monitoraggio della Provincia sul rispetto delle regole sarà duplice. Da un lato si terrà d'occhio la qualità dell'esperienza formativa raccogliendo - attraverso un contatto diretto e telefonico - il feedback di ogni singolo protagonista. Dall'altro si sfrutterà il database del CoVeneto che attraverso le comunicazioni obbligatorie è in grado di avere una panoramica completa sul territorio ed evidenziare eventuali abusi.  Attraverso questi due strumenti, il controllo sarà affidato ai singoli cpi: qualora un datore di lavoro risulti inadempiente sospenderanno  la promozione di tirocini presso la sua azienda per un anno.Il progetto per un tirocinio di qualità, lanciato la scorsa estate da Giacon, è stato subito accolto dall'assessore Barison diventando oggetto di un'ampia concertazione che ha coinvolto anche sindacati e parti sociali. «Questa guida» spiega l'assessore alla Repubblica degli Stagisti «è il frutto di un lungo lavoro di collaborazione. Col consigliere Giacon ci siamo tenuti sempre in contatto perché, al di là del colore politico, sugli stage la pensiamo allo stesso modo». «Per realizzarla» racconta «siamo partiti dal presupposto che il tirocinio debba essere uno strumento in grado di aiutare i giovani ad inserirsi nel mondo de lavoro. Perché se perde questa finalità diventa inutile. Ecco Perché i punti che abbiamo approvato vanno tutti nella direzione di impedirne un uso distorto». Un rischio che anche a Padova  si è dimostrato sempre in agguato. «L'abuso nell'utilizzo di questo istituto» ammette Barison «l'abbiamo toccato con mano. Giovani abbandonati a sé stessi, costretti a fare le fotocopie: un classico che mi ha colpito perché penso che una persona non debba essere degradata nella propria professionalità. In questo modo si corre il rischio di allontanarla anziché avvicinarla al mondo del  lavoro. E c'era già chi diceva “non faccio più lo stage perché ho avuto un'esperienza pessima”. Abbiamo quindi voluto dare un segnale per valorizzare l'impegno della persona e stimolare la sua partecipazione introducendo un compenso minimo che  si potrà corrispondere anche con l'attivazione di corsi  a patto che siano qualificanti ed economicamente quantificati».Un regolamento importante insomma, che pur muovendo molti passi nella direzione di tutelate i giovani dallo sfruttamento mantiene però almeno un paio di punti deboli. Può stupire, ma ad essere esentate dall'obbligo della borsa lavoro saranno proprio le pubbliche amministrazioni. Un'esenzione che nel caso di tirocinanti portatori di handicap riguarderà anche le aziende. «Per quanto riguarda l'amministrazione pubblica» si difende Giacon «non abbiamo potuto fare diversamente, il rischio era di aumentare la spesa, una cosa che non possiamo imporre. In ogni caso la deroga è minima perché la Provincia tramite i cpi promuove quasi esclusivamente stage aziendali. I disabili, invece, godono già di normative ad hoc». Infine resta un pericoloso spazio interpretativo laddove si sancisce che la Provincia «si riserva di promuovere ugualmente i tirocini in assenza dei requisiti» qualora lo si ritenga caratterizzato da elevata qualità. «In realtà» obietta ancora il consigliere «io la leggerei come una clausola di elasticità e di buon senso che ci consentirà di adattarci via via alle condizioni del mondo del lavoro». Le nuove regole, che entro l'anno verranno discusse in Consiglio, per il momento riguarderanno solo gli stage promossi dalla Provincia e dai cpi che, a leggere i dati raccolti dall’Osservatorio provinciale del Lavoro, mostrano un trend in crescita: 3.790 tirocini attivati nel 2008 e ben 5.415 nel 2010. La speranza, però, è di poter presto estendere queste linee guida anche all'università. «Siamo già in contatto per avviare un confronto» conclude Barison «e mi auguro che altri possano seguire il nostro esempio». «L'augurio» gli fa eco Giacon «È che tutte le altre provincie d'Italia adottino lo stesso provvedimento in attesa di un intervento del legislatore nazionale».Ivica Graziani Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage in Lombardia, i punti controversi della bozza del regolamento regionale: niente rimborso spese obbligatorio, di nuovo 12 mesi di durata e apertura alle aziende senza dipendenti

Stagisti laureati, solo nelle imprese private sono 100mila. Un esercito che però difficilmente trova lavoro: gli ultimi dati dell'indagine Excelsior-Unioncamere

Gli stagisti italiani sono colti: un terzo ha una laurea in tasca, o sta per conseguirla. Eppure le assunzioni rimangono molto basse. Sono alcuni dei dati ufficiali contenuti nel focus Formazione continua e tirocini formativi di Excelsior, l'indagine promossa da Unioncamere che ogni anno misura il polso  dei fabbisogni occupazionali e fa anche il punto sull'utilizzo dello stage da parte delle imprese private. Proprio oggi il focus viene presentato a Verona in occasione della fiera "Job&Orienta": e uno dei dati più significativi a emergere è proprio quello del piccolo esercito di 100mila stagisti laureandi o laureati che affollano le imprese private italiane.Come già anticipato nell'anteprima di settembre, nel 2010 il numero di stagisti totali  nelle imprese è diminuito, seppur di poco: siamo a quota 311mila, meno 3% rispetto all'anno precedente. Un lieve calo probabilmente dovuto alla crisi, che comunque lo stesso rapporto interpreta «più come stabilizzazione che non come inversione di tendenza». Del resto la contrazione riguarda quasi esclusivamente un solo settore, quello turistico e alberghiero, che raccoglie un sesto degli stagisti totali e dove più spesso si registrano casi di abuso - complice il periodo di recessione economica. Il macrosettore dei servizi è appunto quello più affollato di giovani in formazione: finisce qui il 71% del totale, contro il 28% dell'industria; in termini assoluti si parla rispettivamente di 221mila e 90mila unità. Al suo interno, il settore terziario rimane il più gettonato, raccogliendo da solo oltre un terzo dei tirocinanti totali, 132mila (+2,3%). Il primato in particolare va ancora all'ambito comunicazione e ai servizi socio-assistenziali, seguiti dai servizi alle imprese. A perdere più stagisti è invece il comparto costruzioni, che registra un sonoro -17%; segno che la stasi del mercato immobiliare ha falciato anche le posizioni di stage. A livello geografico sono le imprese del nord est quelle più popolate da tirocinanti, che finiscono soprattutto nelle piccole aziende, ma con sempre minore frequenza. Nel 2010 sono passati di qui 149mila giovani, con una leggera flessione rispetto al 2009, mentre nelle grandi è stato boom: +88%, da 25mila a 46mila unità.  Dopo lo stage a restare in azienda sono ancora in pochi, mediamente il 12,3%  (+0,7% rispetto al 2009). Le chances crescono al crescere delle dimensioni (si arriva al 23% nelle imprese con oltre 250 dipendenti) ma anche il settore conta: in quello dei servizi di trasporto e logistica quasi un quarto degli stage si trasformano in contratti; "bene" anche i servizi informatici, le public utilities e le industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere. L'affollato ambito comunicazione si ferma invece alla media nazionale, mentre a fondo classifica ci sono istruzione, servizi per l'alloggio e industria mineraria. Ad incidere sulla possibilità di assunzione sono però anche altri due fattori, che Excelsior ha preso in esame per la prima volta quest'anno: laurea e durata dello stage. Più lungo è lo stage, maggiori sono le possibilità di assunzione e i laureati, soprattutto se neo, sono avvantaggiati. E dovrebbe essere una buona notizia, dal momento che in Italia i tirocinanti laureati sono quasi un terzo del totale. Con prevedibili disparità: nel settore comunicazione si registrano picchi del 70% (molte pergamene anche nei servizi finanziari, assicurativi e nelle imprese informatiche, chimiche e farmaceutiche), mentre nei servizi di alloggio e ristorazione la quota di tirocinanti laureati sprofonda al 12%; in coda anche i comparti costruzioni, impiantistica, metallurgico, e le attività commerciali. Una volta tanto il sud fa la parte del "più colto": quasi il 42% di stagisti laureati, contro il 37 del centro e il 30 del nord; ma in questo caso non è un primato di cui andare fieri, dato che si tratta per lo più di risorse che non trovano sbocchi lavorativi. La palma d'oro spetta alla Campania, con oltre la metà degli stagisti che hanno conseguito almeno il primo livello; all'estremo opposto il Trentino Alto Adige (18%), terra di alberghi, ristoranti e lavori stagionali, ma sopratutto terra di alternanza scuola-lavoro, dove lo stage si fa già alle scuole superiori.Di buono c'è che, secondo il monitoraggio Excelsior, i tirocini extra lunghi sono una rarità: oltre la metà è durata tra i 2 e i 6 mesi; un altro 40% un solo mese e una piccola parte (il 7%) ha superato il semestre. Quelli più corposi appartengono al settore dei servizi, che raccoglie l'8,6% dei tirocini sopra i sei mesi, e il primato spetta ancora all'ambito media e comunicazione, seguito dai servizi alle imprese e dall'assistenza sociale. Durata e grandezza dell'azienda sono direttamente proporzionali, ma la relazione sottolinea più che altro l'importanza di alcune «caratteristiche strutturali»: alti livelli tecnologici, forti quote di laureati, capitali elevati, attività interne di ricerca e sviluppo. Insomma, più impegnativo è lo stage, più dura. E più dura più è probabile che si venga assunti. Excelsior sembra restituire l'immagine di uno stage dove merito e competenza contano, facilitando il traghettamento dalla formazione al lavoro vero e proprio. Ma i risultati sono ancora deludenti: si rimane inchiodati a una media nazionale di poco più di uno stagista ogni dieci assunto, malgrado l'altissima percentuale di laureati che, comprensibilmente, aspirano ad un contratto. Annalisa Di Palo Per saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Dati Unioncamere 2010, per la prima volta in dieci anni diminuiscono (di pochissimo) gli stage. Ma è una buona notizia solo a metà- Corsa agli stage, la crisi mette un freno. Primi dati del nuovo Rapporto Excelsior: 322mila tirocinanti l'anno scorso nelle imprese private italiane- Indagine Excelsior, focus Tirocini / A sorpresa le regioni che assumono più stagisti sono Lazio, Basilicata e Campania - Stagisti in hotel, bar e ristoranti: se 55mila all'anno vi sembran pochi

Campus Mentis: ecco il backstage della tappa di Milano del maxi career day sponsorizzato dal ministero della Gioventù

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: soprattutto in fatto di occupazione giovanile. Uno degli ultimi progetti attivati dal ministero della Gioventù - prima che fosse soppresso dal neopremier Monti - è stato Campus Mentis: un maxi career day ad accesso limitato pensato - e spesato - per i migliori laureati specialistici d'Italia. Sulla carta tutto bello: ma la sottoscritta, che ha partecipato "in borghese" all’edizione milanese di fine ottobre, ora racconta ai lettori della Repubblica degli Stagisti il dietro le quinte. Tanto fumo e poco arrosto.Pero, Milano,  mercoledì 26 ottobre - ore 8:00. La tappa milanese, divisa in tre turni da tre giorni l'uno, si svolge in un albergo a quattro stelle alla periferia nord-ovest del capoluogo lombardo. Bisogna essere lì entro le 10 per registrarsi e consegnare la documentazione di ingresso. Orario non molto agevole per chi viene da lontano e ha sulle spalle viaggi lunghi: il meridione è la macroregione di gran lunga più rappresentata, nonostante siano previste tappe più comode, a Sorrento e Pomezia ad esempio. Per arrivare puntuali tanti si sono dovuti arrangiare: chi ha chiesto ospitalità ad amici e parenti per la nottata precedente, chi si è pagato di tasca sua una stanza (ma non certo a quattro stelle), chi addirittura la notte l'ha passata in viaggio per ammortizzare tempi e costi. Arrivati all'albergo, tra marmi e architetture avveniristiche, l'entusiasmo dei 100 partecipanti sale.Ore 11:00 La documentazione (regolamento e liberatoria al trattamento dei dati firmati, più certificato medico per le attività sportive) è stata consegnata, i bagagli depositati: si parte. Il benvenuto ufficiale spetta a Federico Moneta, collaboratore di ImpreSapiens [sopra una foto di Fabrizio D'Ascenzo, direttore del centro di ricerca, durante la prima edizione del campus nel 2009]. Pochi minuti per i saluti e qualche indicazione logistica di massima, poi la palla passa alla Fondazione Italia-Cina per un piccolo focus sul Paese più economicamente rilevante dell'ultimo ventennio. Un contenuto extra di cui però alla platea, tutta gente in cerca di lavoro, non importa granché a dire il vero. A meno che il laureato in questione non parli bene il cinese e voglia entrare nella Fondazione, che è alla ricerca di qualche nuova risorsa; ma si rimane a bocca asciutta da entrambe le parti.Ore 12:00 Prima di pranzo c'è spazio giusto per una presentazione aziendale; per il momento si cercano soprattutto ingegneri. I colloqui di questa prima giornata inizieranno nel pomeriggio, ma è possibile prenotarsi iscrivendosi alla lista cartacea che la maggior parte delle imprese presenti predispone per regolare l'afflusso di candidati.Ore 15:00 Dopo il pranzo - buffet di verdure, primo, secondo, contorno e dessert serviti a tavola - si parte con i colloqui, che hanno luogo nel salone d'ingresso dell'hotel, dove le aziende hanno gli stand. Tra il via vai di ragazzi e clienti. Ci si scambia resoconti ed opinioni e iniziano a spuntare le prime facce perplesse: poca varietà di offerta, tutti sembrano cercare economisti o ingegneri, o avere buchi nel settore commerciale. E a tutti gli addetti HR raccomandano «Poi inserisca anche il cv nella pagina "Lavora con noi" del nostro sito»: ma  che senso ha allora essere lì di persona?Ore 18:00 Si chiudono i battenti: finiscono gli ultimi colloqui e iniziano le attività sportive, facoltative. Ci sono lezioni di difesa personale o di fitness, oppure ping pong e calcio balilla; in attesa della cena, prevista intorno alle 20:30. Il regolamento vieta di uscire dalla struttura - tranne in casi eccezionali, come è stato precisato nell'incontro di apertura.Ore 21:00 In programma c'è uno spettacolo di cabaret di due giovani artisti siciliani, dal vivaio di "Zelig Off": risate, applausi e la giornata si chiude in allegria. Complice la stanchezza, si torna tutti nelle accoglienti stanze, da due o tre letti ciascuna e minimo 150 euro a notte di listino.Giorno 2, ore 9:00 Dopo la colazione si riparte a pieno ritmo con il binomio presentazioni-colloqui, che va avanti per tutta la giornata. Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro a questo punto è ufficiale: chi ha una laurea in lettere, comunicazione, arte, lingue, biologia, giurisprudenza - praticamente tutte tranne economia e ingegneria - comincia a sentirsi nel posto sbagliato. L'offerta è appiattita sul settore economico, tecnologico e commerciale; per gli altri c'è davvero poco spazio. Qualcuno lascia comunque la propria candidatura, secondo il detto "ogni lasciata è persa", sentendosi rispondere «Se ci saranno posizioni aperte la ricontatteremo». Insomma quello che succede a ogni giovane italiano a ogni career day.Lascia esterrefatti poi che il ministero abbia dato spazio anche ad aziende che offrono ruoli poco adatti a «brillanti laureati», come hostess e steward di terra e di bordo: «Lei signorina supera il metro e 60?». Veramente pensavo di esser qui per il mio 110 e lode, a prescindere dall'altezza: e speravo di incontrare aziende interessate a quello. In ogni caso anche arrivare ad un colloquio può essere complicato, quasi impossibile: il combinato disposto di 100 ragazzi, una ventina di selezionatori e poche ore al giorno vuol dire file, attese, tempi morti. Concorrenza. Senza contare che qualche azienda non si presenta: Microsoft, L'Oréal e Samsung quelle che suscitano più malcontento tra i ragazzi. Ore 21:00 Dopo le attività sportive e la cena, la seconda serata è vuota. Che si fa? Alla fine ognuno si organizza per conto proprio: chi torna in stanza, chi rimane a chiacchierare nel salone, chi prende qualcosa dal (costosissimo) bar dell'albergo. C'è anche chi esce per una birra, in barba al regolamento. Non ci sono controlli, non ci sono firme di presenza. Una ragazza il pomeriggio precedente non si era sentita bene e aveva dormito a casa sua - a due passi - rientrando come se niente fosse. Insomma, l'andazzo è diventato chiaro ormai: per la ricerca di lavoro si fa il poco che si può fare. Metaforicamente ma non solo, si allentano i nodi di cravatte e si sbottonano le giacche dei tailleur: a tratti sembra una gita di classe. Verrebbe tra l'altro da chiedersi se il 10% di qualsiasi cosa, in questo caso dei laureati specialistici ogni anno (tanti quanti intende premiarne il ministero nel triennio 2011-13) può davvero dirsi eccellenza, concetto che include implicitamente quello di ristrettezza numerica. Le selezioni per questo turno milanese sembrano essere state piuttosto tenere.Giorno 3. Solito copione: presentazioni e colloqui, ma ormai si è perso il mordente iniziale e si ragiona secondo la logica del "tentar non nuoce". O si getta la spugna, stravaccandosi sui divani. Ad un certo punto però qualcosa si muove: un paio di ragazzi vengono richiamati per ulteriori colloqui da una delle imprese presenti, e in palio c'è... uno stage, con rimborso di 600 euro al mese. In tarda mattinata è Fabrizio D'Ascenzo, direttore di ImpreSapiens, a chiudere ufficialmente la tregiorni, e in collegamento Skype c'è anche la ministra Meloni. Per lei dalla platea arrivano due domande che riguardano lo stage: perché tagliare fuori chi non è più neolaureato? E come fare con il rimborso che non c'è? Tutte questioni su cui la Repubblica degli Stagisti batte il ferro da tempo. Il ministro risponde in maniera poco convincente, senza citare la circolare del collega Sacconi che a metà settembre ha rimesso in gioco gli "over 12 mesi" e soffermandosi sull'attività dell'ormai ex governo per promuovere l'apprendistato. Già, apprendistato, questo sconosciuto: nessuna delle aziende presenti ha pronunciato questa parola, tranne Bricocenter - che assume con questo contratto i laureati per formarli alla mansione di «caposettore». Quasi sempre il primo passo è lo stage, e non sempre rimborsato. Ore 16:00. È tempo di lasciare l'albergo - ma molti in realtà sono già andati via, perdendosi l'attestato di partecipazione. La speranza che Campus Mentis possa servire è flebile, e il bilancio molto negativo: iniziativa lodevole nelle intenzioni ma troppo dispendiosa nei mezzi e poco incisiva nel sistema domanda-offerta. Di quelle che servono più a dire di aver fatto che non a fare sul serio.Ma dato che la pazienza è la virtù dei forti, si è deciso di attendere un mese per giudicare i risultati. La formula promessa era «far crescere il talento». Ma in questi 30 giorni non è successo granché: solo una piccola tour operator romana si è fatta sentire, per mail. Ed è meglio non l'avesse fatto, dal momento che la proposta riguarda «stage professionali» all'estero. A pagamento. Ma forse è colpa della laurea sbagliata.Annalisa Di PaloPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Campus Mentis, 9 milioni di euro dal ministero della Gioventù per investire sui nuovi talenti: ma il gioco vale la candela?- Intervista al ministro Giorgia Meloni: «Più controlli per punire chi fa un uso distorto dello stage. Ma i giovani devono fare la loro parte e denunciare le irregolarità»- La Repubblica degli Stagisti lancia quattro proposte alla Regione Lombardia per regolamentare i tirocini in maniera innovativa - Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro

Stage in Lombardia, i punti controversi della bozza del regolamento regionale: niente rimborso spese obbligatorio, di nuovo 12 mesi di durata e apertura alle aziende senza dipendenti

Qualche giorno fa Gianni Rossoni, assessore al Lavoro della Regione Lombardia, ha presentato nel corso di una conferenza stampa - seminario promossa dal gruppo consiliare PD i punti principali del prossimo regolamento regionale sugli stage. Ne è emersa una chiara volontà della Regione di scostarsi dalla normativa nazionale appena promulgata, per ripristinare in alcuni punti lo status quo pre-Ferragosto. «Riapriremo i tirocini extracurriculari anche agli inoccupati, e in casi particolari agli disoccupati giovani, o chi è stato all'estero, o alle donne che rientrano da una maternità» ha esordito Rossoni. E per quanto riguarda la durata di questi tirocini, anche il limite di 6 mesi verrà con tutta probabilità rivisto: «Per me 6 mesi sono già una durata buona, ma anche gli stage di un anno possono servire in situazioni particolari». In queste parole riecheggia la considerazione del vicedirettore di Confindustria Lombardia Daniele Botti, «per noi i 12 mesi di durata sono importantissimi», contestata dai sindacati: secondo Fulvia Colombini della Cgil «Le imprese dicono di aver bisogno di 12 mesi, noi pensiamo di no. È un lasso di tempo troppo lungo, che diventa un problema anche economico per una persona». Trovando concordi Roberto Benaglia della Cisl («con 6 mesi ce la facciamo, i ragazzi sono veloci, imparano presto. Diverso il discorso per le fasce deboli»), e Claudio Negro della Uil («bisogna far tornare lo stage nei binari della formazione: 6 mesi sono ampiamente sufficienti. E si devono anche individuare settori, mansioni e status - come per esempio i cassintegrati - per i quali vietare i tirocini»).Raddoppiata, nelle intenzioni dell'assessore Rossoni, anche la durata della "finestra" a disposizione di ogni giovane per poter fare esperienze on the job: «Io sono per un massimo di 24 mesi, all'interno dei quali poter fare 2, 3, 4 tirocini. Chiaramente non nella stessa azienda». Ma la vera bomba è l'idea della Regione di rivoluzionare il meccanismo di proporzione numerica tra stagisti e organico aziendale. Ad oggi questa proporzione viene effettuata considerando solamente i dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, perché così prescrive il dm 142/1998. «Io sono invece per conteggiare tutti i lavoratori, anche i cocopro e le partite Iva». Un discorso pericoloso, che permetterebbe ad aziende che non contano nemmeno un dipendente subordinato di potersi giovare dell'apporto di stagisti; e inoltre anche tecnicamente impreciso, perché i lavoratori autonomi possono avere più committenti nello stesso momento e non sono affatto tenuti a svolgere il proprio lavoro nella sede dell'azienda con cui collaborano (e quindi a garantire una presenza costante e una guida allo stagista). Per quanto riguarda il rimborso spese, Rossoni ha anticipato che la Lombardia non seguirà l'esempio della Toscana: «Non sono per prevedere l'obbligatorietà; lasciamo libertà ai soggetti promotori e soggetti ospitanti di accordarsi autonomamente per quanto riguarda il compenso». Un vero peccato perché poco prima da Confindustria era arrivata una interessante e inaspettata apertura su questo fronte: «Non abbiamo nessuna difficoltà ad accollarci un rimborso spese a favore degli stagisti e gli oneri assicurativi» aveva detto Botti poco prima dell'intervento dell'assessore.«La bozza ha tanti colori perché sta raccogliendo tanti contributi: vorremmo chiuderla nei prossimi 10-15 giorni per poi portarla in giunta» ha chiuso Rossoni. Il problema però è che nella fase preparatoria della bozza ben pochi sono stati chiamati al tavolo. Completamente esclusi, per esempio, i principali enti promotori di stage - le università e i centri per l'impiego - come ha lamentato Luca Riva in rappresentanza del JobCaffé della Provincia di Milano, che da solo attiva ben 1.500 tirocini all'anno.Anche la Repubblica degli Stagisti ha lanciato all'assessore quattro importanti proposte per integrare e migliorare la bozza di regolamento: staremo a vedere se verranno prese in considerazione.Eleonora Voltolina torna alla Home di Repubblica degli Stagisti >>Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- La Repubblica degli Stagisti lancia quattro proposte alla Regione Lombardia per regolamentare i tirocini in maniera innovativa- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti- I sindacati rispondono alla Regione Lombardia: «Nella proporzione numerica tra stagisti e dipendenti non si devono contare anche i precari»E anche:- Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro- Normativa sugli stage, salvi anche in Toscana i disoccupati: la Regione non riconosce la circolare ma con una delibera ad hoc istituisce i «tirocini di inserimento»- Il presidente della Regione Enrico Rossi promette: «In Toscana ricevere dei soldi per uno stage sta per diventare un diritto»

Emergenza neet, la Città dei Mestieri di Milano lancia la ricetta per incrementare l'occupazione giovanile

Dei due milioni 200mila neet italiani (dove neet sta per not in education, employment or training – ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano), quasi 200mila vivono nella ricca Lombardia. Anche di loro si occupa la Città dei Mestieri, istituzione lombarda che quest’anno compie dieci anni, che ha lo scopo di creare sul territorio una rete per la ricerca di lavoro e formazione sia per i giovani sia per chi vuole cambiare attività. Ispirata alle Cités des métiers francesi, la CdM è stata celebrata qualche giorno fa a Milano, nella sede di Assolombarda, attraverso due tavole rotonde – che però si sono trasformate in una sorta di glorificazione di questa istituzione, contornata da una chiacchierata sulle caratteristiche dell’orientatore ideale. Purtroppo infatti non è stato concesso nessuno spazio alle domande del pubblico: la discussione è stata mantenuta amichevole e astratta, evitando accuratamente che si accendesse un vero confronto tra i partecipanti.Walter Passerini, giornalista della Stampa e moderatore della prima tavola rotonda - «Orientare per costruire il futuro» - partendo da alcuni numeri ha fatto un quadro dell’attività della CdM [nella foto a fianco]. 70mila utenti serviti in dieci anni, 2.500 visite in sede (ora in via Soderini 24) solo negli ultimi dieci mesi. A creare la Città sono stati Assolombarda, la Camera di commercio di Milano, la Provincia e la Regione Lombardia ma si sono subito aggiunti all’iniziativa l’accademia Teatro alla Scala, la Fondazione Cologni, il museo della scienza e tecnologia Leonardo da Vinci, l'ufficio scolastico regionale e l'università Cattolica. I servizi che offre la CdM sono vari come il suo target. Gli studenti possono reperire informazioni su scuole superiori e corsi universitari, chi cerca un primo impiego o uno stage riceve dritte su come trovarlo (in Italia e all’estero) come scrivere un curriculum, come presentarsi a un colloquio. Anche disoccupati e cassintegrati possono rivolgersi alla CdM per farsi aiutare a riorientarsi, tramite coaching e corsi di formazione ad hoc oppure consigli su come diventare imprenditori. E in effetti dal 2008 gli ultratrentacinquenni sono in costante crescita: trovare lavoro è l’obiettivo esplicito del 50% degli utenti, e così le altre due finalità della CdM (costruire un progetto professionale e scegliere una formazione) restano irrimediabilmente indietro.Eppure la finalità iniziale era proprio quella, come ha ricordato Olivier Las Vergnas - astrofisico e direttore della CdM francese [foto a fianco] - raccontando la nascita di questa istituzione vent’anni fa a Parigi: «Volevamo permettere alle persone di capire meglio il proprio tempo, in particolare l’evoluzione tecnologica e i mestieri a essa collegata. Invece di una mostra statica, pensammo fosse meglio creare un centro di dialogo tra la gente ed esperti del settore. Ed è così che la Cité si è trasformata gradualmente in un luogo di orientamento e collocamento».Il padrone di casa Alberto Meomartini [nella foto a destra], presidente di Assolombarda e delle Città lombarde, ha riportato il discorso sulla situazione italiana attuale. «Ci sono oggi in Lombardia 180mila ragazzi senza speranze per il futuro che non studiano e non lavorano, mentre 147mila richieste di lavoratori da parte delle aziende rimangono senza risposta». Un mismatch che non aiuta l’occupazione giovanile: «Per giunta il 20-30% degli iscritti alle università abbandona prima della fine degli studi». Per Meomartini il problema non è legato solo alla crisi del nostro paese ma anche a scelte personali sbagliate e a un deficit di orientamento in entrata, in grado di guidare gli studenti delle superiori verso i mestieri e le facoltà più richieste dal mercato: ci sarebbe quindi bisogno di un network regionale per scongiurare le frotte di iscritti a Scienze della comunicazione e le aule vuote a Ingegneria.Secondo Gianni Rossoni [nella foto sotto a sinistra], assessore all’istruzione, formazione e lavoro della regione Lombardia, il problema sta invece nella scarsa integrazione tra teoria e pratica: il modello degli istituti professionali dovrebbe essere applicato in dappertutto in modo da «aprire le imprese alle scuole e le scuole alle imprese». Con buona pace di chi teme che un’ingerenza troppo forte da parte dell’impresa – e delle sue logiche commerciali – possa distorcere le finalità educative del sistema scolastico.    Riprendendo la riflessione sull’orientamento il direttore dell’ufficio scolastico regionale per la Lombardia Giuseppe Petralia ha osservato che questo «percorso, un atteggiamento didattico costante» può avvenire solo «in una scuola nuova che punti al merito, come quello creata dalla riforma Gelmini». Anche se, dato che i tagli hanno già ridotto il numero dei docenti e degli operatori, è difficile ipotizzare che possano spuntare nuovi budget per attrezzare servizi di orientamento di qualità.Un accenno più concreto all’attualità è venuto dallo svizzero Grégoire Evequoz, direttore generale della Città dei Mestieri del cantone di Ginevra, e da Cristina Castelli, ordinario di psicologia all’università Cattolica di Milano. Concordi nel dire che nel mondo di oggi in continuo cambiamento «il posto fisso è un’utopia», che «lavoro e formazione ormai si alternano nella vita di un individuo anche dopo la fine dell’università», e che quindi le CdM possono essere «un importante punto di riferimento per orientarsi e riorientarsi».Ma insomma, la Città dei Mestieri non ha nemmeno un difetto? Luigi Degan, direttore generale Afol Milano, ha provato a trovargliene due: «Ancora non permette di ottenere, e soprattutto certificare, le informazioni sulle capacità e le competenze di ciascun utente. Cosa che sarebbe fondamentale». E poi è scarsamente connessa alle esigenze del territorio: «Per migliorare il servizio bisognerebbe studiare più a fondo i bisogni aziendali». La mancanza di un dibattito con il pubblico ha impedito ai molti orientatori presenti in sala d’intervenire e confrontare i vari direttori e assessori con la realtà del lavoro pratico e quotidiano. Forse qualcuno avrebbe voluto chiedere come sarà possibile ampliare il servizio della Città se la legge di stabilità ha tagliato a regioni ed enti locali i finanziamenti per la formazione addirittura della metà. E forse qualcun altro avrebbe potuto obiettare che la soluzione semplicistica e individualistica del problema proposta dai relatori – se riesci a orientarti meglio, avrai una vita felice – in parte è vera, ma lascia un po’ troppo sullo sfondo la scena politica sociale ed economica – non buona nemmeno in una regione “fortunata” come la Lombardia – in cui una persona si trova a vivere, studiare e lavorare.        Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Precari sottopagati oggi, anziani sottopensionati domani? Ecco come stanno veramente le cose: meglio prepararsi al peggio- Al via il nuovo Progetto Fixo: 115 milioni di euro per evitare il "job mismatch" e aumentare la qualità dell'occupazione dei neolaureatiE anche:- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»- Lavoro e giovani: ce l'abbiamo un'idea? L'associazione Rena mette pepe al dibattito

Tirocini, in Campania i centri per l'impiego ignorano la circolare e li attivano solo entro i 12 mesi dal diploma o dalla laurea

Quest’estate il decreto legge 138, con l'articolo 11, ha destinato i tirocini solo a neodiplomati e neolaureati da non più di 12 mesi. A metà settembre è arrivata poi una circolare interpretativa che ha circoscritto la regola ai tirocini formativi e di orientamento, dando il via libera all'utilizzo di quelli di «reinserimento / inserimento al lavoro» per disoccupati e inoccupati. In alcune Regioni, però, questi stage sono ancora fermi. È il caso della Campania, in cui a partire dalla pubblicazione del decreto legge non si attivano più i tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea o diploma. La segnalazione arriva sul forum della Repubblica degli Stagisti dal lettore “agenziaformativa”, che scrive: «in Campania i cpi attivano stage agli inoccuppati solo se l'azienda garantisce l'assunzione (roba da pazzi!!!) il che equivale a non attivarli perchè le aziende, in questo caso giustamente, non ci stanno».La Repubblica degli Stagisti ha contattato 16 centri per l’impiego e un ufficio provinciale dei servizi per l’impiego per cercare di capire cosa sta succedendo.A Napoli Giannandrea Trombino [leggi qui l’intera intervista], responsabile del cpi di Fuorigrotta, conferma subito che l’interpretazione data nella provincia napoletana da lui e dai suoi colleghi è di poter stipulare – in mancanza di una normativa regionale specifica - i tirocini solo con diplomati e laureati da non più di 12 mesi, per rispettare lo spirito del decreto e cioè quello di evitare l’abuso dei tirocini. «Se fossero aperti a tutti i disoccupati e inoccupati» continua Trombino «allora nel contesto napoletano ci sarebbero molti 40enni che chiederebbero di parteciparvi». Ai tanti esclusi dai tirocini resta, a suo avviso, la legge sull’apprendistato e i molti altri progetti della provincia napoletana che a volte hanno, però, requisiti troppo restrittivi. «Si potrebbe derogare a quei limiti», dice Trombino, «ma la responsabilità non può spettare ai singoli cpi, dovrebbe arrivare con un intervento normativo da parte della Regione o Provincia». Si cambia provincia ma la situazione è la stessa: a Caserta il centro per l’impiego «ha avuto un’attività intensissima nell’attivazione dei tirocini fino all’approvazione del decreto 138 che ci ha bloccato», come racconta il signor Toscano. Anche se quelli attivati non avevano alcuna garanzia per l’inserimento lavorativo a fine stage perché l’azienda «può sempre ritenere il tirocinante non idoneo». Da metà agosto, però, non sono più stati attivati tirocini per disoccupati di lunga durata e per gli inoccupati e lo stesso succede in tutta la provincia. Il responsabile del cpi di Sessa Aurunca, Renato Capriglione, conferma che da metà agosto non sono stati più attivati tirocini per disoccupati e inoccupati. Nella provincia salernitana, invece, qualcuno rimanda all’ufficio di coordinamento dei centri per l’impiego, è il caso dei cpi di Salerno e di Agropoli, mentre da quello di Battipaglia la responsabile, Antonietta Barone, promette una risposta da parte del dirigente di settore Domenico Ranesi [che però al momento non è ancora arrivata]. All’ufficio provinciale dei servizi per l’impiego di Salerno, invece, Immacolata Carillo [leggi qui l’intervista], referente per il settore tirocini, conferma che nella provincia salernitana con l’articolo 11 del decreto legge 138 l’attivazione dei tirocini è calata vertiginosamente e si è focalizzata su quelli per i neodiplomati e neolaureati. I numeri parlano chiaro: fino all’11 agosto l’ufficio aveva attivato 102 tirocini, da quella data in poi solo cinque. E a fine anno saranno ancora più al ribasso le percentuali di assunzione da parte delle aziende dopo un tirocinio, già in calo negli ultimi anni, e passate da un 34% di tirocini trasformati in un contratto nel 2009 a un 28% nel 2010. Oggi nella provincia salernitana sono quindi stati praticamente bloccati i tirocini per quanti non rientrano tra i neodiplomati e neolaureati. Ma 12 mesi sono veramente pochi secondo la Carillo: se un giovane decide «dopo il diploma di andare all’estero invece di provare a mandare curriculum alle aziende, si gioca l’unica possibilità che ha per farsi notare nel mondo del lavoro». Fanno eccezione Pompei e Ischia. Dal centro per l’impiego di Pompei il funzionario amministrativo, Teresa Donadio, assicura che l’ufficio «continua ad attivarsi e promuovere tirocini di inserimento e reinserimento nei confronti di inoccupati e disoccupati sia di laureati e neodiplomati anche se, con l’approvazione del decreto anticrisi 138 ne è diminuita la richiesta di attivazione». Il cpi stipula le convenzioni anche senza la certezza di assunzione, perché non esiste una normativa che obbliga l’azienda ad assumere il tirocinante, ma la Donadio assicura che «parecchie aziende hanno trasformato lo stage in contratto a tempo determinato o indeterminato». Anche a Ischia l’orientamento è quello di continuare con l’attivazione dei tirocini destinati sia ai disoccupati sia agli inoccupati. Il responsabile del cpi, Gennaro Ferrillo, spiega che il centro «sta promuovendo in ogni occasione pubblica lo strumento del tirocinio, chiedendo ai datori di lavoro privati con cui abbiamo contatti di presentarci richiesta se desiderano utilizzare lo strumento di pre-inserimento lavorativo», e aggiunge che il cpi ha stipulato «una convenzione quadro con Federalberghi sul territorio per promuovere anche i tirocini estivi di orientamento». Nessuna risposta, invece, nonostante i solleciti, dai cpi di Giugliano (Napoli), Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Avellino, Ariano Irpino (Avellino), Benevento, Sant’Agata dei Goti (Benevento), Maiori e Mercato San Severino, entrambi in provincia di Salerno. L’indagine dimostra che il problema sollevato dal lettore della Repubblica degli Stagisti riguarda quasi tutta la regione Campania. I centri per l’impiego hanno bloccato praticamente ovunque i tirocini per i giovani laureati o diplomati da più di 12 mesi. Tutti in attesa che arrivino misure più specifiche.Marianna LeporeScarica l'intero Dossier in formato PDF >>Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Crollo degli stage in tutta la Provincia di Salerno: Immacolata Carillo racconta i tre mesi dopo il decreto legge 138- Laureati e diplomati da più di 12 mesi, in Campania niente più tirocini. Il responsabile del centro per l'impiego di Napoli spiega perché- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

Anche don Ciotti e la Repubblica degli Stagisti a Genova per il salone ABCD + Orientamenti

Genova, si riparte dalla formazione. Da ieri e fino a venerdì sera va in scena alla Fiera, in piazzale Kennedy, «ABCD + Orientamenti, il Salone dell'educazione e dell'orientamento». Un evento importante per i giovani e per gli operatori della formazione, che riunisce Regione, Confindustria, università, scuole, enti locali. «L'alluvione ha duramente colpito la nostra città, ma i suoi abitanti hanno dimostrato forza e solidarietà lavorando insieme per rimettere in ordine il più possibile» dicono dall'agenzia Liguria Lavoro: «I lavori di preparazione dell'evento non si sono mai fermati: a maggior ragione in un momento come questo dove guardare al futuro è quanto mai importante». Tutti i partecipanti (l'ingresso è libero) potranno rivolgersi agli oltre cento stand (tra cui anche quello della Repubblica degli Stagisti) per chiedere informazioni e consigli; in particolare l'università di Genova offre la possibilità di svolgere test di orientamento e colloqui con psicologi e orientatori, e la Provincia organizza seminari informativi sulla riforma scolastica. Grazie alla collaborazione tra l'Agenzia Liguria Lavoro e l'Aidp sono anche previsti colloqui con direttori del personale e imprenditori liguri. E non convenzionale è il «laboratorio di aiuto alla scelta per genitori», gestito dall'università insieme alla Asl, all'Agenzia Liguria Lavoro e all'Usr.In particolare il programma di giovedì 17 prevede, tra le altre cose, un importante convegno sulla dispersione scolastica alle 11; ma l'evento clou è sicuramente l'incontro alle 15:30 con don Luigi Ciotti - il presidente nazionale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie  - per celebrare il 2011 che è stato l'anno europeo del volontariato. Per chiudere la giornata il coordinamento dei presidenti delle scuole della provincia di Genova propone il dibattito «Quale scelta dopo la terza media? Professionale, tecnico o liceo».Venerdì 18 per l'intera giornata un'area della Fiera è riservata al career day organizzato dall'università: oltre trenta le aziende partecipanti, tra cui spicca Leroy Merlin che fa parte del network della Repubblica degli Stagisti aderendo alle iniziative OK Stage e Milledodici (gli altri nomi: Abb, Almaviva, Altran, Ansaldo Energia, Ansaldo Sistemi Industriali, Aism, Banca Carige, Bitron Industrie, Bricocenter, Bombardier, Coop Liguria Scc, Costa Crociere, Decathlon Italia, Deloitte & Touche, Demont, Exprivia, Fip Formatura Iniezione Polimeri, Helios Green, Hyla Soft, Ina Assitalia, Nh Hotels, Nis, Outokumpu, Paul Wurth, Rina, Rsa - Sun Insurance Office Ltd., Saint Gobain Vetri Marchio Verallia, Schneider Electric, Siemens, Stc, Sutter Industries e 3v Sigma). Anche qui Repubblica degli Stagisti sarà presente con uno stand e in più il suo direttore, la giornalista Eleonora Voltolina, tiene il seminario "Il tirocinio di qualità" alle 9:30 nella sala 1 del padiglione B.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Basta davvero un clic per trovare lavoro? Il Ministero del lavoro investe 400mila euro in un nuovo portale per l'impiegoE anche: - Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro- Al via il nuovo Progetto Fixo: 115 milioni di euro per evitare il "job mismatch" e aumentare la qualità dell'occupazione dei neolaureati

«Gratis non si lavora». Anche su Twitter monta la protesta contro il lavoro sottopagato

Dopo la grande campagna "Non + disposti a tutto" di un anno fa - partita attraverso un tamtam sul web e poi rivelatasi iniziativa della Cgil - anche il popolo di Twitter si mobilita a difesa di lavoratori precari e sottopagati. Con l’hashtag #nofreejobs (diventato un «trend topic») il social network sta raccogliendo nelle ultime ore decine e decine di messaggi di protesta contro datori di lavoro senza scrupoli che pagano stipendi da fame, sfruttando dipendenti e collaboratori, specie se giovani. E che offrono tirocini senza rimborso spese e a condizioni vessatorie. «Lavorare (gratis) debilita l’uomo» dice Essedomani. «Se voglio fare volontariato vado alla Caritas», ironizza Ladycaos. Ma non si tratta solo di slogan originali coniati da quella che sembrerebbe l’ultima versione degli indignati italiani. Sul wall compaiono anche storie vere come questa: «Stage per centralinista. Richieste: tre lingue fluenti, otto ore al giorno, minimo laurea triennale con votazione maggiore a 100. Paga: buoni pasto», sintetizzata da Geron1mus. O ancora: «Creazione e community management di dieci pagine Facebook di prodotto e Seo di un sito: 150 euro mese!!! Ma scherziamo?». Tutte facce di una stessa realtà che accomuna giovani - ma non solo - a un destino che vede preclusa ogni aspettativa di vita dignitosa. Naturale che a un certo punto la rabbia esploda, anche se per il momento si limita al web.L’ideatrice dell'ultima iniziativa in ordine di tempo, che sta scatenando tanti "cinguettii", è l'esperta di social media Cristina Simone [nella foto], che racconta di essersi ispirata a un articolo di Wikiculture dal titolo «Caro blogger, ti pago 20 euro al mese e tu mi scrivi 40 pezzi». Facile intuirne il contenuto: l'autore - Stronco - parla di un’offerta di lavoro per blogger che prevede una retribuzione di 20 euro al mese per un minimo di 40 pezzi, senza mai scendere sotto i dieci alla settimana pena l’inadempienza. Facendo i conti, significa 50 centesimi a post. Stronco tenta di sdrammatizzare con l'ironia, ed elenca una serie di modi alternativi per guadagnare 20 euro, che vanno dal «chiederli alla nonna» fino al «suonare con un flauto in piazza». Il blogger Paolo Ratto rilancia il post e inventa un motto: «Gratis non si lavora. Si ozia». È qui che il web si scatena. Cristina crea sia una pagina su Facebook che una su Twitter, quindi l’hashtag che sta spopolando in questo momento.È ormai qualche anno che l'insofferenza sta dilagando tra i giovani  - come riporta quotidianamente questo sito. Inoltre, di recente Danilo Masotti, scrittore e consulente web, aveva sollevato la questione del lavoro non pagato sul suo blog del Fatto Quotidiano. E risale a poco tempo fa la vicenda di Flash Art, di cui la Repubblica degli Stagisti si è occupata e che è ora finita in tribunale con una querela da parte della ragazza a cui era stata dato della “mignotta”. Il Manifesto dello Stagista, online da circa un anno, ha da parte sua stilato una mappa europea di stage considerati indecenti. La Repubblica degli Stagisti dal 2007 si batte per una giusta retribuzione dei giovani. Lo ha fatto prima con la Carta dei diritti dello stagista, che al punto 6 chiede un adeguato rimborso spese per gli stage (indicando 500 euro come minimo per gli stagisti laureati). E più di recente con l'iniziativa Milledodici, un progetto a cui già hanno aderito diverse imprese, che prevede contratti di lavoro di almeno 12 mesi per un minimo di mille euro netti al mese. Senza contare le centinaia di discussioni del Forum, su cui arrivano continue denunce contro casi di 'malostage' e lavori non remunerati.«Quando lo dirà il governo? La rete dice no al lavoro sottopagato o gratuito», twitta ChiaraM_arch. «Perché non viene adottato il salario minimo anche in Italia?» si chiede Eleonora Voltolina nel suo ultimo editoriale. Saranno in tanti a chiedersi la stessa cosa. Sempre sperando, naturalmente, che #nofreejobs sia un'iniziativa genuina, e non il preludio al lancio di una qualche operazione di marketing. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- In Italia si guadagna troppo poco: per rendere dignitose le retribuzioni dei giovani bisogna passare dal «minimo sindacale» al «salario minimo»- Milledodici, ovvero almeno mille euro netti al mese per almeno un anno. Ecco le condizioni minime per offerte di lavoro dignitose- Precari sottopagati oggi, anziani sottopensionati domani? Ecco come stanno veramente le cose: meglio prepararsi al peggio- Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto» E anche:- Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. E il web si rivolta- Caso Flash Art, l'indignazione di Caterina arriva al Quirinale: «Presidente Napolitano, non lasciateci soli»