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Cento posti alla Scuola di politiche, aperto il nuovo bando

Mancano ancora due settimane alla chiusura delle iscrizioni ad una delle opportunità più interessanti per tutti quei giovani che sognano di mettersi in gioco e diventare parte attiva della realtà pubblica e istituzionale. Scade infatti il 16 luglio il bando per le candidature alla Scuola di Politiche dell’Arel, il progetto nato dall’idea di Enrico Letta e diretto dal deputato Marco Meloni che ha l’obiettivo di «offrire un’opportunità di formazione a giovani di talento» per creare «una nuova classe dirigente autorevole, aperta ed europea». La scuola, attiva dal 2015, offre ogni anno a 100 ragazzi di età compresa tra i 18 e i 26 anni – nati tra il 1° gennaio 1991 e il 31 dicembre 1998 – la straordinaria possibilità di partecipare ad un corso annuale di formazione politica in modo totalmente gratuito: il costo di iscrizione di 2mila euro a studente per l’intero corso è, infatti, interamente coperto da erogazioni liberali e donazioni. Ai ragazzi sarà inoltre offerta la possibilità di usufruire di un contributo alle spese di viaggio, data la presenza, all’interno del corso, non soltanto di lezioni frontali ma anche di visite ad organi e istituzioni nazionali ed europee.Il corso è affidato ad oltre 70 docenti di profilo internazionale e si articola in più parti, così da permettere a ciascun ragazzo di acquisire un bagaglio di conoscenze e competenze variegate, frutto di studio ma anche di esercitazioni in aula ed importanti momenti di confronto. Il tassello principale è quello costituito dai moduli formativi, ossia lezioni su macrotemi quali Unione Europea, Costituzione e pubblica amministrazione, economia italiana e internazionale, innovazione, società e comunicazione. «Considerata la diversa provenienza accademica degli studenti» si legge «lo scopo dei moduli formativi è fornire una base comune di conoscenza su un ampio spettro di discipline». Ad integrare i macromoduli ci sono poi le lezioni monografiche, dedicate ad approfondire un argomento o un particolare aspetto dell’attualità, le simulazioni e le esercitazioni in aula, che coinvolgono in maniera interattiva gli studenti, e le conferenze di importanti personaggi del panorama politico come Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Marc Lazar e tanti altri. Estremamente stimolanti, infine, gli appuntamenti al di fuori della scuola, che porteranno i ragazzi a conferenze e visite presso le principale istituzioni italiane (come la Camera dei deputati o il Senato della Repubblica) e ad una “tre giorni” a Bruxelles nel mese di giugno, a conclusione del corso, dove gli studenti avranno la possibilità di partecipare ad incontri e dibattiti con i vertici istituzionali e amministrativi dell’Ue. Il corso va da ottobre a maggio ed è articolato in lezioni da otto ore al giorno (10-18) che si tengono, un venerdì al mese, a Roma, presso la sede dell’Arel. Un impegno pensato, dunque, come perfettamente compatibile con qualsiasi altra attività lavorativa o di studio. Per chi fosse interessato a candidarsi, l’unico requisito è quello dell’età. Se la fascia è quella giusta, basta andare sul sito e compilare il form che richiede, oltre ai classici dati sul percorso formativo, l’invio di un video di un minuto in cui il candidato si presenti e spieghi le ragioni per cui vorrebbe avere l’opportunità di frequentare la scuola. Ad esaminare le candidature sarà un comitato guidato da Emma Bonino e Pascal Lamy, che selezionerà i 100 studenti secondo «criteri di diversità e inclusione (di genere, territoriale, di cultura politica), di performance negli studi e di passione per la cosa pubblica».Un progetto ambizioso quanto innovativo: gli obiettivi che la scuola si propone per gli anni a venire sono quello di costruire un network «integrato e proattivo» grazie alla collaborazione tra studenti – ed ex studenti – e professori, potenziare le partnership con le università e, soprattutto, creare una scuola europea che permetta ogni anno a giovani provenienti da tutta Europa di frequentare corsi nella stessa lingua e partecipare ad esperienze di studio nei paesi coinvolti e a Bruxelles: «Un progetto per la costruzione di una classe dirigente effettivamente europea». Giada Scotto

StraJob, l’app che aiuta i lavoratori sfruttati ad ottenere giustizia

Uno stage che “nasconde” un rapporto di lavoro? Un contratto a progetto gestito con le stesse condizioni,escluse quelle economiche, di un tempo indeterminato? Per la legge italiana è possibile fare ricorso. Ma per questo servono le prove. E ora c’è un’app che è in grado di fornirle.O meglio, è lo stesso diretto interessato a costruirle. Intanto, con ordine: l’applicazione si chiama StraJob e si può scaricare sia su iOS che su Android. Ad idearla un imprenditore, Franco Fontana (57 anni, a sinistra nella foto sotto), un avvocato che si occupa di diritto del lavoro, Luca Daminzio (29), e un’esperta di marketing e comunicazione, Silvia Pugi (45). «Mi chiedono sempre perché un datore di lavoro come me abbia creato un’app come questa», spiega Fontana, «il fatto è che le aziende che non pagano i loro lavoratori, o li pagano male, per me sono dei concorrenti sleali».Ecco spiegato l’impegno nello sviluppare una soluzione digitale che permette a chi è sfruttato di ottenere delle prove per poi ricorrere al giudice del lavoro. Ma come si fa? Intanto, attraverso la geolocalizzazione: il gps integrato all’interno degli smartphone. «L’applicazione effettua una rilevazione della posizione ad intervalli regolari». Ad esempio, una volta ogni venti minuti. In questo modo è possibile dimostrare di essere in azienda. Magari anche al di fuori dell’orario previsto.Una persona  potrebbe però – è l’obiezione – lasciare volutamente il cellulare in ufficio, così da risultare presente anche durante il tempo libero. «Attraverso l’accelerometro degli smartphone l’app è in grado di capire se la posizione è registrata mentre si sta camminando o si è fermi», spiega Fontana. Per questo “dimenticarlo” sulla scrivania serve a poco. Più utile, invece, accendere la connessione wi-fi. «Nel database viene inserito l’ip di quella alla quale ci si connette. Ma anche tutte le altre reti delle quali si riceve il segnale». Ad esempio, se si lavora in un palazzo, anche quello degli uffici vicini.Non solo. È possibile scattarsi delle foto: un selfie che può dimostrare la propria presenza sul posto di lavoro. E anche utilizzare l’applicazione per registrare conversazioni o telefonate. Ad esempio «se il datore di lavoro dice cose sgradevoli, che possono configurare il mobbing. O se fa affermazioni che possono confermare lo sfruttamento del lavoratore».Ora, tutte queste funzionalità sono possibili grazie alle caratteristiche di ogni smartphone in commercio. Quello che offre StraJob in più è la possibilità di trasmetterli criptandoli e di conservarli sui server di questa start-up innovativa. L’idea, insomma, è quella di creare un dossier, «mettere insieme tanti elementi in modo coerente che permettano di dare un quadro credibile, forte e significativo in caso di opposizione al datore di lavoro». Se cioè si arriva ad una causa di fronte al giudice del lavoro. Non solo: la testimonianza di un collega o di un cliente può confermare se si è presenti in azienda. Ma non per quanto tempo. Elemento, quest'ultimo, che incide sul calcolo di un'eventuale indennizo. L'app di StraJob, che registra la presenza ogni 10 minuti, consente anche di stabilire quanto tempo si trascorre in azienda.Certo, non è detto che si debba per forza arrivare in tribunale. È possibile che, riconoscendo il torto, l’azienda decida di offrire una soluzione stragiudiziale al contenzioso. Ma questo sta all’autonomia dei singoli. Il fatto è che StraJob si pone come un player innovativo sul mercato del lavoro. Col rischio, ad esempio, di mettere in secondo piano il ruolo delle organizzazioni sindacali.«Intanto diciamo che, fino ad oggi, i sindacati sono rimasti un po’ lontani dai lavoratori atipici», la critica di Fontana. Detto questo, l’idea è quella di collaborare. «Hanno accolto con molto interesse la possibilità di avere uno strumento che consenta di ottenere un quadro probatorio più completo e raffinato». E che non richiede nemmeno la necessità di ricorrere alle testimonianze di altri colleghi, magari reticenti a parlare per paura di ritorsioni. In particolare è stato stretto un accordo con Cisl Lombardia che prevede tariffe ridotte per l'utilizzo dell'applicazione.Al momento «una cinquantina di persone stanno utilizzando l’app, un paio hanno già risolto la situazione in via stragiudiziale. Ma in soli due mesi abbiamo già registrato più di 500 download». Scaricare l’applicazione e utilizzarla è completamente gratuito. Ma allora, dove ci guadagnano i founder? «Abbiamo previsto una tariffa molto popolare nel caso si chieda di poter utilizzare i dati». Un report con il materiale raccolto dall’utente ha un costo di 90 euro. Se poi si va a giudizio ci saranno quelli per la perizia legale. «Ma anche in questo caso vogliamo stare su prezzi decisamente inferiori a quelli di mercato». Il tutto in linea con la mission di un’app sviluppata per aiutare i lavoratori sfruttati ad ottenere giustizia.Riccardo Saporiti 

100mila euro in premi di laurea, tutti bandi dell'estate

Un’estate ricca di opportunità per chi intende concorrere per uno dei premi di laurea banditi per i prossimi mesi da atenei e associazioni. Da giugno a settembre una serie di scadenze da appuntare. Il 30 giugno è la data più vicina. Si tratta dell’ultimo giorno utile per l’invio della candidatura per il premio di laurea del valore di 3.500 euro bandito da Acat Italia sul tema «Tortura e pena di morte: una laurea per abolirle», indirizzato a due studenti che abbiano conseguito una laurea magistrale o specialistica sull’argomento presso università statali e non e atenei pontifici. La documentazione va inviata ad «Acat Italia, premio di laurea, via della Traspontina 15 – 00193 Roma» e comprende copia cartacea e copia digitale della tesi, sintesi di lunghezza non superiore alle due cartelle, copia ufficiale del certificato di laurea, lettera di accompagnamento firmata dal relatore della tesi e contatti del candidato.  Stesso giorno di scadenza per il premio dell'importo di 6mila euro dedicato alla contessa Caterina De Cia Bellati Canal e dedicato a tesi in ambito linguistico, storico, letterario, giuridico, architettonico, scienze naturali e sociologico. Per partecipare è sufficiente inviare il proprio lavoro in doppia copia cartacea alla segreteria del premio, presso l'Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali - piazza Piloni 11 - 31 200, Belluno.  Entro il 5 luglio è possibile candidarsi ai tre premi di laurea del valore di mille euro ognuno promossi dall'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, rivolti ad autori di tesi di primo e secondo livello o di vecchio ordinamento, discusse tra il primo luglio 2016 e il 30 giugno 2017. Sarà assegnato un premio per un elaborato in disciplina giuridica, uno per elaborati in discipline umanistiche e un terzo per elaborati in altre discipline. La domanda è disponibile sul sito del premio.Scade il prossimo 15 luglio il termine per provare ad aggiudicarsi il premio di laurea ICD, Italian Cruise Day, promosso da Risposte Turismo, società di ricerca e consulenza a servizio della macroindustria turistica. Al premio, del valore di mille euro, possono concorrere neolaureati che hanno conseguito un titolo di studio triennale o specialistico o un master incentrati sull’industria crocieristica nel periodo primo giugno 2016- 31 maggio 2017.Per inoltrare la domanda è sufficiente compilare il modulo online, allegando indice e un abstract della tesi di massimo 2.500 caratteri. Il processo di selezione prevede che i 5 candidati più meritevoli inviino il file elettronico completo della tesi così da procedere alla valutazione finale e alla selezione del vincitore.Il 31 luglio è invece l’ultimo giorno utile per l’edizione 2017 del premio Valeria Solesin per tesi di laurea magistrali o di vecchio ordinamento sul tema «beni relazionali, nuovi modelli sociali, culturali, politici ed economici», organizzato dalla Fondazione EllePì (Lavoro per la Persona). Il premio è rivolto a tutti i candidati nati a partire dal primo gennaio 1991 che abbiano discusso in qualsiasi università italiana una tesi nei seguenti ambiti: filosofia, economia, management, architettura, agraria, sociologia, giurisprudenza, psicologia, bioetica, scienze politiche, scienze ambientali, pedagogia, scienze della comunicazione, scienze umane, conservazione dei beni culturali. L'importo del premio è pari a 41.400 euro, tra somme in denaro e offerte di stage.Le domande, redatte in carta semplice, insieme all’elaborato in forma digitale, dovranno essere inviate tramite raccomandata A/R entro la data indicata all’indirizzo Fondazione Lavoroperlapersona (EllePì), Via Ferdinando Fabiani 24, 63073 Offida (AP).Stessa scadenza per i tre premi dell'importo rispettivamente di 5mila euro per il primo classificato, 4mila per il secondo e 3mila per il terzo, banditi dalla fondazione Artemio Franchi. I premi sono destinati ad autori di tesi su argomenti di natura giuridica, economica e sociale e di medicina sportiva relative alle società sportive e allo sport in genere. Possono concorrere autori di testi magistrali o di vecchio ordinamento discusse dopo il primo gennaio 2013. La candidatura può essere inviata online all'indirizzo www.fondazioneartemiofranchi.org, compilando la domanda di partecipazione.Sempre il 31 luglio è l'ultimo giorno utile per concorrere al premio di laurea intitolato a Neda Agha Soltan, studentessa iraniana uccisa in seguito alle proteste per le elezioni presidenziali del 2009. Si tratta di due premi del valore rispettivamente di 2mila e mille euro dedicati ad autori di tesi di laurea magistrale di facoltà umanistiche. La domanda può essere inviata tramite PEC all'indirizzo comune.pordenone@certgov.fvg.it, tramite raccomandata all'indirizzo presente sul bando oppure a mano presso gli uffici servizi scolastici o relazioni per il pubblico del comune di Pordenone.Il 31 luglio è anche l'ultima data utile per il premio di laurea del valore di mille euro per autori di tesi triennali e magistrali discusse in atenei del Triveneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, discusse tra il primo ottobre 2015 e il 31 luglio 2017. Le tesi dovranno essere relative ai temi inerenti lo sport, tra cui panathlon e sue finalità, sport e disabilità, lotta al doping. La domanda di partecipazione va consegnata a mano o tramite raccomandata alla sede del Collegio Didattico di Scienze Motorie in Via Casorati 43 - 37131 Verona, con l’indicazione “Premio Panathlon”. Stessa data di scadenza per il bando relativo ai premi per le tesi di laurea magistrale e di dottorato sul tema del contrasto alla violenza contro le donne, indetto dalla Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale, con la Crui e il Consiglio d’Europa. Possono partecipare gli autori di tesi di laurea discusse tra il primo agosto 2015 e il 31 luglio 2017. Il premio di 5mila euro per la migliore tesi di laurea magistrale consiste nell’effettuare un periodo di perfezionamento presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Quello per la migliore tesi di dottorato prevede sia un periodo di perfezionamento grazie a un contributo di 4200 euro lordi, oltre alla corresponsione di un ulteriore premio in denaro di 4200 euro lordi da parte del dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio dei ministri.La domanda di partecipazione va inviata via email entro e non oltre la data indicata all’inidirizzo premiotesi2017 [chiocciola] camera.it indicando nell’oggetto «nome – cognome – premio tesi di laurea convenzione Istanbul 2017» e allegando copia della tesi in pdf, autocertificazione di laurea, autocertificazione di conoscenza della lingua inglese o francese.C'è poi un'azienda, la Sapa srl, attiva nella produzione e lavorazione di materie plastiche per il settore automative, bandisce tre premi dell'importo rispettivamente di 10mila, 7mila e 5mila euro per tesi di laurea e dottorato nei settori dell'ingegneria e della chimica discusse nel 2015 e 2016. La candidatura va inviata esclusivamente online collegandosi al sito e seguendo le indicazioni contenute nel bando. Le candidature anche in questo caso sono aperte fino al 31 luglio.Deadline fissata invece un mese più tardi, al 31 agosto, per chi volesse competere per uno dei 4 premi «Calcio: disabilità, benessere e inclusione» banditi dall’Associazione Italiana Allenatori Calcio Onlus, dell’importo di 1.500 euro ciascuno, destinati a laureati delle facoltà di Scienze motorie, Giurisprudenza, Economia e Commercio e Psicologia che abbiano discusso una tesi sul tema negli anni accademici 2014/2015 e 2015/2016. La domanda di partecipazione, scaricabile dal sito ufficiale, può essere inviata via posta tramite raccomandata A/R all’indirizzo Aiac onlus, viale G. D'Annunzio,138 - 50135 Firenze, direttamente alla segreteria AIAC di Coverciano, tramite email all’indirizzo aiaconlus [chiocciola] pec.assoallenatori.it. Alla domanda vanno allegati una serie di documenti elencati nel bando. Sono infine sei i premi, dell'importo di 500 euro ciascuno, messi a bando dall'Associazione Italiana Sindrome di Pitt-Hopkins - Insieme di più, per le migliori tesi di laurea dedicate alle sindrome di Pitt-Hopkins discusse nel periodo agosto 2015-agosto 2017. I candidati al premio possono inviare tramite raccomandata A/R la domanda di ammissione in carta libera diretta al coordinatore del comitato scientifico, la professoressa Marcella Zollino, presso l'Istituto di Genetica medica dell'università Cattolica del Sacro Cuore del Policlinico A. Gemelli di Roma in largo F. Vito,1 00168. Scadenza: primo settembre.Chiara Del Priore

Best stage 2017, ecco i problemi dell'occupazione femminile

Ogni anno per la Repubblica degli Stagisti c'è una ricorrenza speciale: è l'evento Best Stage, un'occasione «per fare il punto sullo stato dell'occupazione giovanile in Italia» ha spiegato la fondatrice e direttrice della testata Eleonora Voltolina, fresca di nomina come Ashoka Fellow. Per questa edizione, andata in scena pochi giorni fa a Milano il focus è stato sul mercato del lavoro dal punto di vista delle ragazze: se ne è discusso con esperti del settore tra cui Giuseppe Pierro, dirigente del Miur; Cristina Tajani, assessora alle Politiche del lavoro, attività produttive, commercio e risorse umane del Comune di Milano; Francesca Maria Montemagno, presidentessa dell'associazione Pari e Dispare; Alessandro Rosina, direttore del dipartimento di Scienze statistiche dell'Università Cattolica; Carlo Maria Capé, ad di Bip e presidente di Assoconsult; e Riccarda Zezza, ceo di Maam – maternity as a master.Ed è proprio quest'ultima a aprire la tavola rotonda raccontando la nascita del suo progetto, oggi diventato una start up sotto forma di piattaforma digitale. Tutto inizia con un libro che scardina la teoria secondo cui la maternità rappresenti un problema per la carriera delle donne invece che un'opportunità attraverso cui crescere e migliorare le proprie competenze. «Specie quelle tanto ricercate dalle aziende come le trasversali: niente come diventare madri rende capaci di gestire il tempo, le eventuali crisi, la capacità di delegare» ragiona Zezza. Un'azienda dovrebbe concepire una lavoratrice madre come una risorsa. «Ancora oggi sento continuamente donne incinte preoccupate di come comunicarlo al proprio capo: perché la verità è che si pensa sia un tradimento». E la riprova sono i dati che dicono che le donne dopo la maternità difficilmente riescono a rientrare in ufficio, «senza che la situazione migliori neppure a tre anni dalla nascita del figlio».  La maternità equivale invece a un master, a acquisire competenze: «Tanti studi dimostrano che la cura intensa di qualcun altro sviluppa competenze, rafforza il cervello, fa tornare la capacità di apprendere come a scuola. Proprio quello che Maam sta cercando di fornire alle aziende clienti: donne che tornano al lavoro più consapevoli e competenti» continua Zezza. Il collegamento tra maternità, bassa occupazione femminile e anche mancata crescita economica c'è anche per il demografo Rosina [nella foto in basso]. «Il nostro Paese si è perso quando ha smesso di investire in politiche di conciliazione tra maternità e lavoro» spiega. «Fino agli anni Sessanta la fecondità era elevata. Nel periodo del boom economico welfare e demografia erano intreccciati tra loro e si sostenevano in modo positivo». Ma a partire dagli anni Ottanta «il Paese si perde e cessa quell'equilibrio che funzionava».Fino a quel momento «il sistema consentiva ai soggetti di diventare produttori. Poi si è chiuso a difesa della ricchezza prodotta e non ha messo le nuove generazioni e le donne in condizioni di cogliere le nuove opportunità». Il risultato sono stati la crescita del debito pubblico, l'individualismo e un'Italia nel suo complesso bloccata. L'esempio è quello dei Paesi più virtuosi: «Con l'aumento delle donne fuori dalle mura domestiche si è verificata una riduzione del numero di figli. Ma in quei Paesi si è poi investito sulle politiche di conciliazione, facendo in modo di tenere insieme i due elementi». Come in Germania, dove fino al 2006 la copertura di asili nido era bassissima, «peggio che in Italia». Quando se n'è accorta però «ha deciso di investire fortemente: proprio durante la crisi ha puntato sugli aspetti deboli per rialzare il livello di copertura».Milano è un caso di studio in tal senso. «Benché il tasso di occupazione femminile sia al 60%, il tasso di natalità della città è inferiore a quello atteso o desiderato dalle donne» rammenta Tajani. «E lo stesso vale per le donne straniere, che assumono comportamenti sociali simili a quelle delle milanesi abbassando il tasso fertilità quando si inseriscono in mercato lavoro». Di qui l'esigenza di «sviluppare progetti di lavoro agile, una frontiera su cui lavorare attraverso finanziamenti per allargare gli strumenti di welfare aziendale» continua l'assessora. Che ha di recente lanciato l'iniziativa Settimana del lavoro agile, consentendo ai lavoratori milanesi di sperimentare fino a cinque giornate lavorative in modalità smart working senza penalizzazioni. D'altronde, sostiene Tajani, «l'attività lavorativa può essere organizzata con profitto per l'azienda anche senza passare 18 ore in ufficio o presso il cliente».Fondamentale per migliorare il basso tasso di occupazione femminile sono anche le materie Stem, quelle scientifiche «che saranno sempre più richieste dai lavori del futuro» ricorda Voltolina. Per questo le ragazze non devono restarne fuori. Spesso sono proprio le aziende a trovare difficoltà a reperire profili femminili di stampo scientifico. Lo conferma Carlo Maria Capé, presidente di Assoconsult e ad di Bip, player della consulenza e membro virtuoso dell'RdS network: «Le donne sono molto adatte al mestiere di consulente, in molte cose sono più brave. Oltre a ciò che si può imparare all'università ci vuole intuito». E loro lo hanno. Ma nonostante siano più brillanti e i numeri delle assunzioni annuali del settore della consulenza siano da capogiro («circa 10mila all'anno: il mestiere di consulente dura in genere pochi anni, serve a lanciare sul mercato» commenta Capè), le donne restano in minoranza: «rappresentano il 38%, un tasso che rispetta la quota di presenze all'università». Per invertire questa tendenza anche al ministero dell'Istruzione qualcosa si muove. «Abbiamo avviato programmi di orientamento per incentivare lo studio di queste materie anche attraverso il sito di Pari e Dispare, parallelo a quello dell'istruzione. Abbiamo chiesto a aziende, ong e enti ricerca di candidarsi per programmi di orientamento» racconta Pierro [nella foto]. «Dall'8 marzo scegliamo aziende testimonial che vadano nelle scuole a parlare e spiegare queste materie», oltre a aver lanciato l'iniziativa del mese delle Stem. Bisogna quindi lavorare sui pregiudizi culturali secondo il dirigente perché in Italia «le materie scientifiche sono affidate per il 70% agli uomini», e lavorare «sulla fase di passaggio di quando si sceglie l'università per evitare che si commettano errori». Perché il problema del superamento degli stereotipi di genere è soprattutto culturale. Un nodo su cui è al lavoro l'associazione Pari e Dispare presieduta da Francesca Maria Montemagno: «Ogni semestre incontro giovani per la mentorship in cui si cerca di fornire strumenti che non si trovano in nessun manuale». Momenti dedicati alle consulenza, perché «se è vero per esempio che c'è carenza di donne ai vertici è anche perché nel mondo delle startup le ragazze entrano come dipendenti e collaboratrici e non come founder». Un supporto insomma non solo per dare competenze ma anche sviluppare capacità.Ilaria Mariotti

Pseudo “volontari” pagati coi rimborsi degli scontrini, la Biblioteca Nazionale non è che la punta dell'iceberg

Gli scontrinisti hanno fatto scalpore per qualche giorno, poi sono subito finiti nel dimenticatoio. Eppure la vicenda finita sui giornali racconta solo una parte – forse la punta dell'iceberg – di un fenomeno ben più vasto. Breve recap: decine di pseudo volontari, tali solo nella forma ma nei fatti impiegati nelle più disparate mansioni della più importante biblioteca capitolina, la Biblioteca Nazionale, protestano per una situazione che li vede coinvolti da anni. Prestano servizio come normali dipendenti, salvo poi ricevere a fine mese un rimborso spese di circa 400 euro che incassano dopo aver racimolato ovunque scontrini: l'importante è trovare giustificativi che consentano di erogare il rimborso. Epilogo della storia: dopo lo scandalo tutti a casa con un sms che mette un punto finale alla storia. O almeno così sembra. Un caso isolato? Niente affatto, come la Repubblica degli Stagisti ha potuto comprovare. «Ho prestato servizio presso diverse biblioteche romane per un anno, da maggio 2016 a oggi» racconta la ormai ex volontaria C. R., che preferisce restare anonima perché «ancora devo ricevere il dovuto». Per lei, 34enne laureata in Scienze dell'educazione, il pagamento arriva tramite ticket restaurant. «Venivo chiamata in media una volta a settimana, il servizio durava mezza giornata. Mi occupavo di prestiti e riconsegne dei volumi, rispondere al telefono, rinnovo delle tessere» racconta. Mansioni da vera dipendente, altro che volontaria. E a fine mese il compenso in buoni pasto: «Per un totale minimo, dai 40 agli 80 euro, calcolando che ogni giornata veniva retribuita con ticket da dieci euro».Alla fine decide di interrompere. Sbotta dopo la richiesta arrivata pochi giorni fa: «Mi si chiedeva di portare scontrini, come per la Biblioteca Nazionale, perché i ticket sarebbero stati sospesi». Così «decido di non accettare proprio per principio». E alla RdS spiega come avviene il reclutamento. Si entra a far parte di un'associazione di volontariato pagando una piccola quota, dai 5 ai 10 euro. Si porta il curriculum e poi si viene smistati a seconda delle esigenze delle varie biblioteche. «Ogni associazione ha una lista: io sono sempre stata mandata alla Enzo Tortora a Testaccio o al centro di Trastevere». E quando chiamano «ti dicono che non devi prenderlo come un lavoro: ma la realtà è che siamo disperati». Dentro «ci sono persone di quarant'anni che fanno di tutto per fare più turni possibili e guadagnare di più».C'è anche chi non avverte alcuno sfruttamento. «Per quanto mi riguarda non c'è nulla da denunciare e trovo ridicolo pretendere di essere messi in regola presso il Ministero, senza un regolare concorso» dice in risposta alla protesta degli scontrinisti un'altra testimone. Anche lei ha «lavorato» come volontaria «per l'Archivio di Stato e la Biblioteca di Archeologia e Storia dell'arte di Palazzo Venezia». Una situazione durata per anni dopo la laurea in Archivistica. Oggi, a 36 anni, ha un contratto a progetto nel suo settore. Ha smesso a 33 anni, al presentarsi di altre opportunità. «Allora per me era solo una piccola collaborazione, un lavoretto part time che potevo associare a altro: grazie agli scontrini arrivavo a 200-300 euro al mese». Quando se ne è andata però lo scontento c'era: «Si era creata una specie di mafia, alla fine il rimborso lo ricevevano solo i figli dei dipendenti».L'associazione nel suo caso è ancora Avaca, la stessa dietro gli scontrinisti della Nazionale. Il presidente è Gaetano Rastelli [nella foto], che con la Repubblica degli Stagisti si giustifica: «Ho la coscienza a posto. Sono un funzionario del Mibact e presiedo questa associazione a titolo gratuito» racconta. Quando al ministero c'era la Melandri (governo D'Alema, 1998-2001) si firmò un accordo tra dicastero e sindacati, spiega Rastelli, «che consentiva alle associazioni di volontariato di creare convenzioni con le biblioteche». Ma «di 100 che ricevo, 99 lo do ai volontari» assicura. A suo dire niente di illegale dunque: «Ho solo l'obbligo di rendicontare attraverso gli scontrini, ho interi faldoni raccolti negli anni. Non sono tenuto a controllarne il contenuto ma solo a rimborsare i volontari per le spese sostenute».Avaca è «solo una piccola realtà», fatta di qualche decina di associati. Rastelli fa presente che «ce ne sono altre tipo Auser, Touring Club etc. con giri ben più grossi». E i ragazzi dice di capirli, perché «in mezzo c'è anche mio figlio, che è tra quelli cacciati dalla Biblioteca nazionale». Ma il loro destino «dipende dalla volontà politica del governo, non dal ministero e non da me».I Beni culturali affidati a volontari o presunti tali sono prassi nel nostro paese. Racconta alla RdS un dipendente della Biblioteca Nazionale di Firenze come l'ente sia pieno di giovani che svolgono «mansioni  simili a quelle dei lavoratori effettivi, quindi si può anche dire che coprano dei buchi di organico». Tutti presi tramite servizio civile, cooperative, talvolta come stagisti. «La differenza con gli scontrinisti è che ci sono regole più chiare, come la durata di un anno senza proroghe: sono una decina-ventina alla volta, per mandate di sei mesi. E le mansioni sì, si sovrappongono a quelle dei dipendenti».E ancora, denuncia una expat 29enne, di Catania, oggi in Inghilterra come dottoranda in Archeologia: «Ho una borsa di studio da 1300 pound esentasse presso l'Arts and Humanities Research Council e non mi posso assolutamente lamentare: ho accesso a strutture d'avanguardia, servizi efficienti, biblioteche aggiornate aperte notte e giorno, posso fare richiesta per rimborsi per eventuali conferenze, trasferte di ricerca». A questo associa lezioni come assistente, pagate «22 pound l'ora». In Italia, dice sicura «il volontariato è un po' la norma nell'ambito dei Beni Culturali», tanto da far nascere il gruppo di protesta di cui è parte 'MI riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali'. «Io da archeologa mi sono ritrovata a fare scavi da volontaria presso l'associazione Sicilia Antica». Per poi scappare via dall'Italia.Sono almeno due i bandi usciti ultimamente, entrambi per il reclutamento di 'volontari' da impiegare in istituti dedicati ai Beni culturali. Uno, scaduto il 12 giugno, è del Comune di Cesenatico: un avviso pubblico per la selezione di associazioni di volontariato. Lo scopo è «la ricerca di volontari destinati allo svolgimento di attività di sorveglianza, assistenza al pubblico e attività varie nei musei, spazi espositivi, biblioteche, archivi e centri di documentazione». E a seguire la Biblioteca Nazionale di Roma, che ci ricasca ancora una volta. Campeggia infatti sulla home page della Biblioteca nazionale un 'Avviso per la selezione di un'associazione di volontariato senza scopo di lucro per supporto alle attività di accoglienza, distribuzione e ricollocazione di materiale bibliografico nel periodo dal 1° luglio 2017 al 30 giugno 2018'. Cacciati i precedenti volontari, si ricomincia con una nuova tornata. Ilaria Mariotti 

Best Stage 2017, le sfide di quest'anno

Oggi a Milano c'è quarta edizione di “Best Stage”, l'evento annuale della Repubblica degli Stagisti. Una occasione per parlare di diritti e doveri: è importante conoscere la normativa di riferimento, la differenza tra tirocini curriculari ed extracurriculari, l'esistenza delle 21 normative regionali diverse in materia di extracurriculari. Quest'anno poi c'è anche una novità non da poco: la Conferenza Stato-Regioni a fine maggio ha approvato le nuove Linee Guida, cui le singole Regioni dovranno adeguarsi entro fine anno, apportando modifiche - alcune delle quali piuttosto significative - che, una volta recepite dalle varie leggi regionali, andranno per alcuni aspetti a mutare il quadro di questi diritti e doveri.E non a caso quest'anno, nella Guida Best Stage (che sarà dowloadabile gratuitamente a partire da domani), abbiamo deciso di evidenziare per ciascuna Regione i tre dettagli più importanti per i giovani: l'ammontare del rimborso spese minimo, la durata massima consentita e la possibilità o impossibilità di attivare stage presso aziende prive di dipendenti.Il focus speciale quest'anno è invece dedicato alle ragazze. In media più veloci e brillanti dei loro coetanei all'università, stando ai dati Almalaurea, ma ancora molto penalizzate dal mondo del lavoro. Basti pensare che, nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni, c'è già un disequilibrio di 10 punti percentuali rispetto al tasso di occupazione: solo il 34% delle giovani donne lavora, a fronte del 43% dei coetanei maschi. E anche per le troppo poche che trovano lavoro vi è ancora una questione di gender pay gap - vale a dire che, a parità di qualifica e di mansioni, tendono ad essere pagate meno dei coetanei maschi. Più in generale, dobbiamo ancora fare i conti con radicati pregiudizi di genere. Purtroppo qualcuno pensa ancora, nel terzo millennio, che ci siano ancora “scuole da maschio” e “scuole da femmina”, “università da maschio” e “università da femmina”. E sopratutto, “lavori da maschio” e “lavori da femmina”. Per questo è importante focalizzare il tema delle Stem, e incoraggiare le ragazze a studiare queste materie (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per essere più competitive, oggi e domani, nel mondo del lavoro.Best Stage sarà un'occasione per parlarne con ospiti autorevoli tra i quali Giuseppe Pierro, dirigente del ministero dell'Istruzione; Cristina Tajani, assessora alle Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane del Comune di Milano; Francesca Maria Montemagno, presidentessa dell'associazione Pari e Dispare; Alessandro Rosina, direttore del dipartimento di Scienze statistiche dell'università Cattolica; Riccarda Zezza, ceo di Maam – maternity as a master.E una grande differenza, infine, la fanno le singole aziende che compongono questo astratto e multiforme “mondo del lavoro”. Per questo è sempre importante, per noi, far conoscere attraverso la “Guida Best Stage” tutte quelle che al momento fanno parte del nostro RdS network. Sono aziende che si impegnano a garantire buone condizioni ai giovani, e a rendere trasparenti le loro policy HR: uno spiraglio di luce in un mondo, quello dell'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, troppo spesso opaco.Tre manager di aziende dell'RdS network saranno i protagonisti della seconda tavola rotonda dell'evento, dedicata alla valorizzazione delle donne in azienda: Simona Erba, recruiting manager di Bosch, racconterà Women@Bosch, un programma che permette alle studentesse di ingegneria di trascorrere una giornata in azienda, confrontandosi con manager e professioniste del gruppo; Sonia Malaspina, hrd business service HR di Danone, porterà l'esempio dell'iniziativa“Baby Decalogo”, dieci regole d’oro a supporto della genitorialità nel percorso che precede e segue la nascita di un bambino; e Salvatore Muscia, reward leader MED di EY, spiegherà la genesi della policy Mamme@EY, introdotta pochi mesi fa nella sua azienda, che bilancia le esigenze di mamme e professioniste in azienda attraverso iniziative di work/life balance e supporti economici nei primi mesi di vita del bambino.Speriamo di aver fatto anche quest'anno un buon lavoro, e di poter essere utili, con l'evento Best Stage e con la guida omonima, a tutti coloro che siano in cerca di informazioni sul tema dello stage in Italia. Buon Best Stage e… per tutti gli aggiornamenti, vi aspettiamo sempre qui.

Dis-Coll ora anche per assegnisti e dottorandi di ricerca, ma l'Inps non sa dire quanti ne hanno finora usufruito

Dopo una battaglia durata due anni, ora anche i dottorandi e gli assegnisti di ricerca potranno contare sulla Dis-Coll, l’indennità di disoccupazione introdotta dal decreto legislativo 22/2015 e rivolta ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’Inps.Precedentemente prorogata fino al 30 giugno 2017 dal decreto milleproroghe, la misura è stata resa strutturale ed estesa ad assegnisti e dottorandi con borsa di studio attraverso il disegno di legge 2223/B sul lavoro autonomo approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 10 maggio scorso e in vigore dal 1° luglio 2017.Ma a quante persone è stata finora utile la Dis-Coll? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto all'Inps, che tuttavia in oltre un mese non è stato in grado di fornire i dati precisi sui percettori dell'indennità dal 2015 a oggi. Provando a dedurre i primi dai dati contenuti nell’Osservatorio sui lavoratori parasubordinati dell’Inps, nel 2015 il numero di collaboratori ammontava a 1 milione 111.684, a cui vanno sottratti i sindaci e gli amministratori (503mila), i borsisti e gli assegnisti (52mila), nonché i collaboratori non iscritti alla gestione separata in via esclusiva.  Ma questo ci dice solo che la platea potenziale della Discoll era di poco meno di mezzo milione di persone: non ci dice quanti, di quel mezzo milione, abbiano effettivamente usufruito di questo ammortizzatore sociale.Sembra bizzarro parlare dell'estensione di una misura senza poter avere dall'ente preposto all'erogazione di quella misura dati specifici sull'utilizzo che ne è stato fatto finora; ma le cose in Italia sembrano andare così, nel senso inverso a quell'accountability tanto invocata. In ogni caso, pur non sapendo con precisione quanti ne abbiano usufruito negli anni passati, ora la Discoll è stata estesa a nuove categorie. Il decreto ha abrogato uno dei requisiti per la sua fruizione, ovvero la necessità che il soggetto possa far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione. Restano invece invariati gli altri due requisiti: lo stato di disoccupazione al momento della domanda; e l’aver versato almeno tre mesi di contributi alla gestione separata tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente la data di cessazione dal lavoro e il giorno di disoccupazione.L’entità della Dis-Coll ammonta al 75% del reddito medio mensile, a condizione che esso sia pari o inferiore a 1.195 euro. Nel caso invece in cui superi questa cifra, l’indennità di disoccupazione sarà pari al 75% del predetto importo, incrementato del 25% della differenza tra il reddito medio mensile e il predetto importo. In ogni caso, l’ammontare dalla Dis-Coll, stando alle disposizioni attualmente in vigore, non può superare i 1.300 euro mensili, con importo ridotto progressivamente del 3% al mese a partire dal quarto mese di fruizione dell'ammortizzatore. La durata massima di percezione è di sei mesi. Per provvedere al finanziamento della Dis-Coll, è stato disposto un aumento dello 0,51% per l’aliquota della gestione separata Inps. Dunque dal 32,72% si passerà al 33,23%.La domanda per ottenere la Dis-Coll va presentata all’Inps per via telematica entro 68 giorni dalla data di cessazione del contratto di collaborazione e l’indennità di disoccupazione spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno o, qualora sia presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di presentazione.L’estensione della Dis-Coll ad assegnisti e dottorandi con borsa di studio ha rappresentato un piccolo grande successo per il mondo del precariato universitario. «È una vittoria anche simbolica, che afferma la dignità di due categorie che hanno tenuto in piedi la didattica e la ricerca nell’ultimo decennio» commenta Claudia Pratelli, responsabile nazionale Scuola di Sinistra italiana e precedentemente membro del Direttivo nazionale Flc Cgil (Federazione lavoratori della conoscenza), in prima linea nella battaglia per l’estensione della Dis-Coll «e di cui era stata messa in discussione la natura lavorativa della prestazione». Ricordiamo infatti che due anni fa il ministro del lavoro Giuliano Poletti aveva dichiarato: «La finalità del dottorato non è quella di eseguire prestazioni lavorative dietro pagamento di un compenso ma di consentire al beneficiario della borsa di studio di dedicarsi ad attività di studio e di ricerca utili a perfezionare il proprio bagaglio di conoscenze».Ma l’estensione della Dis-Coll «è solo il primo passo di una battaglia più ampia, visto che la legge esclude partite Iva, dottorandi senza borsa, borsisti di ricerca con borse post lauream o date da fondazioni ed enti privati», precisa Pratelli. Inoltre la previdenza sociale non basta a risolvere i problemi dell’università italiana. «Secondo i dati dell'ultima Indagine Adi su Dottorato e Post-Doc 2016, dei 13.725 assegnisti di ricerca italiani il 93,5% è destinato a essere espulso nei prossimi anni dall’università», aggiunge l'ex sindacalista.«La Dis-Coll è una condizione necessaria, ma non risolve il problema strutturale del finanziamento del sistema universitario, del reclutamento e del turnover», le fa eco Giuseppe Montalbano, segretario nazionale dell’Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) che, insieme alla Flc-Cgil ha portato avanti le istanze dei precari dell’università «perchè riguarda figure che non hanno più uno sbocco e, finito il sussidio, probabilmente fuggiranno all'estero. Per questo il giorno stesso dell’approvazione della legge abbiamo lanciato la nuova campagna #ricercaèfuturo: il nostro impegno non finisce qui». Insomma, il rinnovo e l'estensione della Dis-Coll rappresentano una boccata d'aria, ma anche una soluzione ancora troppo magra per una categoria che vive nella precarietà di lavoro e di futuro.Rossella Nocca

Nuove linee guida sui tirocini, le scelte al ribasso della Conferenza Stato-Regioni impatteranno sugli stagisti

Nuove linee guida in materia di tirocini. Sono arrivate (inaspettate, a dire il vero) lo scorso 25 maggio dalla Conferenza Stato Regioni, e contengono parecchie modifiche rispetto alla vecchia versione, quella del gennaio 2013, dalla quale sono discese tutte le normative regionali che dal 2013 ad oggi hanno regolamentato diritti e doveri degli stagisti extracurriculari.Ma quando, e su impulso di chi, è stato stabilito di aggiornare le linee guida? La Repubblica degli Stagisti lo ha chiesto ad Antonella Catini, avvocatessa in forza alla Presidenza del consiglio e responsabile del Servizio Sanità, lavoro e politiche sociali della Conferenza Stato-Regioni; Catini ci ha indirizzato verso Marinella Colucci, dirigente della direzione generale per le Politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione del ministero del Lavoro, e direttamente coinvolta nella stesura materiale delle nuove Linee guida.«D'accordo con le Regioni e Province, nel corso degli incontri tecnici che si tengono, di norma, mensilmente sulle politiche attive del lavoro e alla luce delle esperienze dei tirocini in Garanzia Giovani. Riteniamo che lo strumento sia molto attenzionato e per tale motivo abbiamo deciso di rivederne la disciplina, fermo restando la competenza esclusiva delle regioni in merito costituzionalmente prevista» è la risposta di Colucci: «Il nuovo testo è stato  scritto – nel vero senso della parola – unitamente ai colleghi delle amministrazioni regionali, nel corso di un lavoro tecnico durato diversi mesi, mettendo a fattor comune le problematiche emerse in questi primi anni di implementazione del tirocinio. È stato un lavoro lungo e al quale tutti gli attori coinvolti – ministero del Lavoro, Anpal, regioni e province autonome – hanno collaborato per garantire un salto di qualità nella regolamentazione. Abbiamo avuto incontri periodici a livello tecnico con i colleghi delle regioni e province autonome, poi la proposta è passata al vaglio dei rappresentanti politici. Il processo è durato poco meno di un anno».A una prima analisi comparata dei due testi emergono alcune differenze. In particolare è stato deciso di portare da 6 a 12 mesi la durata massima dei tirocini formativi e di orientamento: perché?  «Abbiamo aggiornato il testo  e cercato di rendere più omogeneo il percorso per tutti» dice Colucci. Vale la pena ricordare che la precedente versione delle linee guida aveva differenziato i tirocini extracurriculari in due grandi filoni: quelli extracurriculari di formazione e orientamento, attivati nei primi 12 mesi dopo il conseguimento dell'ultimo titolo di studio (per i quali era stata indicata una durata massima di 6 mesi) e quelli extracurriculari di inserimento / reinserimento lavorativo, che comprendevano tutti gli stage attivati su persone che avessero concluso gli studi da oltre 12 mesi (per i quali la durata massima era 12 mesi). Si sarebbe potuto decidere di “omogeneizzare” sui 6 mesi, anziché sui 12. La conferenza Stato-Regioni su questo punto ha preso una decisione in maniera deliberata, la domanda dunque resta: chi – tra le regioni, o dal governo – ha spinto perché vi fosse una omogeneizzazione verso i 12 anziché verso i 6?Un altro aspetto non positivo per gli stagisti riguarda l'indennità minima mensile, che resta ferma a 300 euro. Nel 2013 in realtà le Regioni avevano prodotto un documento separato ma allegato alle Linee guida, in cui attestavano la volontà di quantificare in 400 euro anziché 300 l'indennità minima. Questa revisione sarebbe potuta essere l'occasione giusta per ratificare questa volontà, e innalzare a 400 euro l'indennità minima: ciò avrebbe spinto le Regioni più “tirchie” a rivedere al rialzo le proprie normative. Invece no. «Sull'indennità non ci sono novità rispetto al testo precedente. Non si può prevedere indennità inferiore a 300 euro» commenta laconica Colucci. In un certo senso è vero: 300 era, 300 rimane. Ma in un altro senso la novità c'è: ed è che il documento in cui le Regioni si impegnavano a considerare 400 euro come soglia minima è stato ignorato, e di fatto sotterrato.Ma il passaggio più preoccupante e potenzialmente dannoso di queste nuove linee guida sta nel penultimo paragrafo dell'articolo 6: che, rispetto ai limiti numerici, dispone che «non c'è cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari». Cosa vuol dire? Che se io ho un'azienda con 100 dipendenti, posso ospitare 10 stagisti al massimo. È sensato no? Certo che lo è: deve esserci un numero massimo di stagisti in proporzione all'organico aziendale. Questa frase però specifica che io azienda con 100 dipendenti posso ospitare 10 stagisti extracurriculari, e in più posso anche ospitare altri stagisti: basta che siano curriculari. E quanti? Non si sa, dato che non vi è una normativa aggiornata e specifica per i curriculari – noi come Repubblica degli Stagisti la sollecitiamo da anni al ministero dell'Istruzione. «Nel confronto tra gli operatori è emersa l'esigenza di questo chiarimento, sempre per creare un minimo comun denominatore su tutto il territorio nazionale» specifica Marinella Colucci «fermo restando che la disciplina dei tirocini curriculari è espressamente fuori dal provvedimento in esame». In realtà, è ben evidente che il “minimo comun denominatore” sarebbe potuto consistere nello specificare che le due tipologie di tirocinio dovessero essere cumulabili: aver specificato che al contrario non lo siano è una decisione deliberata. Che non sarà indolore.Le nuove linee guida sviluppano invece il paragrafo che parla delle sanzioni, cioè di ciò che succede se qualcosa durante il tirocinio non va per il verso giusto (all'articolo 14 “Misure di vigilanza, controllo ispettivo e disciplina sanzionatoria”). Tutti sanno quanto sia stato difficile in questi decenni riuscire a monitorare adeguatamente questo aspetto e sanzionare gli abusi. Ma ragionevolmente cosa possono fare gli ispettori del lavoro rispetto agli abusi se sono in numero così scarso e anche, bisogna dirlo, scarsamente formati rispetto agli stage e alle modalità specifiche attraverso cui riconoscere prontamente le violazioni delle – diverse – leggi regionali?«L'impianto sanzionatorio nazionale è già previsto dalla normativa vigente» commenta Colucci: «Si è fatto un passo avanti, prevedendo una base comune per le eventuali sanzioni da parte delle regioni. Si è inoltre incentivata una maggiore sinergia e scambio di informazioni tra regioni e ispettori del lavoro dell'INL, a maggior tutela dei tirocinanti».Eppure le domande restano: è ragionevole pensare che anche le Regioni possano attuare controlli, e se sì, affidandoli a chi? E poi: chi dovrebbe essere incaricato di comminare le sanzioni che indicate nelle linee guida, e cioè il divieto progressivamente più duraturo di ospitare tirocinanti nelle aziende all'interno delle quali si sono verificati abusi? Un giudice del lavoro?Una novità invece interessante, sulla carta, è quella che vieta di essere contemporaneamente soggetto promotore e soggetto ospitante di uno stage (articolo 4, ultimo paragrafo). Con la Repubblica degli Stagisti siamo stati i primi a focalizzare questa fattispecie, indagando questa pratica sul territorio del comune di Milano nel corso di un monitoraggio effettuato cinque anni fa per conto dell'assessorato al lavoro del Comune, raccogliendo dati dai principali soggetti promotori di stage sul territorio, prime fra tutte le università. Questa pratica infatti è assolutamente tipica delle università, che attivano stage non solo presso soggetti ospitanti esterni, ma anche al proprio interno. Nella nostro monitoraggio avevamo individuato una sola università milanese che per propria policy prevedeva esplicitamente l'impossibilità di attivare tirocini al proprio interno, realizzando appunto quella fattispecie di coincidenza tra tra soggetto promotore e soggetto ospitante. Peccato però che, come giustamente ricorda Marinella Colucci, «occorre tener presente che i tirocini curriculari sono esclusi da questa regolamentazione». E dato che questa fattispecie – coincidenza tra soggetto promotore e soggetto ospitante – riguarda essenzialmente gli studenti universitari, che sono stagisti curriculari, sembra chiaro che questa nuova prescrizione avrà un raggio d'azione piuttosto limitato. Un elemento che si prefigura invece come significativo, e che avrà un ampio raggio d'azione, è la possibilità sancita dalle nuove Linee guida di svolgere stage in aziende prive di dipendenti (articolo 6). Finora questo punto era rimasto non specificato, e quindi alcune regioni avevano esplicitamente vietato questa pratica (come la Toscana). Altre, come la Lombardia, l'avevano esplicitamente ammessa. E altre infine avevano mantenuto questo aspetto non specificato. «Il testo è stato discusso e condiviso tra tutti gli attori, nella consapevolezza di creare un filo comune minimo tra tutti, onde garantire parità di trattamento su tutto il territorio nazionale» ribadisce Colucci. Anche qui è ben evidente che il “filo comune minimo” sarebbe potuto consistere nello specificare che gli stage in aziende prive di dipendenti non fossero possibili: aver specificato che al contrario lo sono è un'altra decisione deliberata. In questa nuova versione delle linee guida, come del resto anche nella precedente, vi è un esplicito riferimento alla necessità di verificarne periodicamente e sistematicamente l'efficacia. Ma, appunto, l'obbligo sussisteva già nelle linee guida del 2013, e non è stato granché rispettato nei quattro anni intercorsi da allora ad oggi. Le normative che sono discese dalle linee guida del 2013 non state sufficientemente monitorate dalle regioni e un'inversione di tendenza pare poco probabile.Come nel 2013, però, queste Linee guida non hanno alcun valore di per sé. Devono essere declinate in atti normativi dalle singole Regioni. Infatti «Le Regioni e province autonome, laddove necessario, recepiscono con propri atti le presenti linee guida entro 6 mesi dalla data di adozione in sede di Conferenza Stato Regioni» (questa data per la cronaca è dunque il 25 maggio 2017).Si tratta, in effetti, del tallone d'Achille delle linee guida: esse non sono prescrittive, e le Regioni possono tranquillamente scegliere di normare questa materia in maniera differente da quanto concordato. Ciò peraltro è specificamente ammesso nelle linee guida stesse, ma con la dicitura che vincolerebbe le regioni a poter porre delle condizioni differenti solo in un'ottica di miglioramento e quindi di maggior tutela dello stagista («Le linee guida indicano taluni standard minimi di carattere disciplinate la cui definizione lascia, comunque, inalterata la facoltà per le Regioni e province autonome di fissare disposizioni di maggior tutela»). Ma chi determina cosa voglia dire maggior tutela per una stagista? Se per esempio una regione come il Veneto pone a nove mesi la durata massima di un tirocinio extracurricolare di inserimento / reinserimento lavorativo, ciò è un elemento che tutela maggiormente gli stagisti, oppure un elemento che può invece essere inteso come un danno per uno stagista, che in Veneto dunque non può effettuare stage di durata superiore a nove mesi? O, altro esempio, il fatto che in Campania la proporzione tra i dipendenti e gli stagisti sia doppia rispetto a quanto previsto dalle linee guida e da tutte le altre regioni italiane, e che equivalga al 20% dell'organico anziché al 10%, è una condizione di maggior tutela per lo stagista? La verità è che non vi è uno strumento coercitivo da parte della conferenza Stato regioni per sanare le normative divergenti, anche quando è evidente che le disposizioni siano di minor, anziché maggior, tutela.Non resterà che aspettare il 25 novembre e vedere come le 19 Regioni (più le due Province autonome di Trento e Bolzano) recepiranno queste nuove linee guida.Eleonora Voltolina

Aggiornamento delle linee guida in materia di tirocini: ecco le novità

Risale a pochi giorni fa la seduta della Conferenza Stato-Regioni che ha portato all’approvazione delle nuove “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” che rivedono e aggiornano quelle delineate nell’accordo del 24 gennaio 2013. Intento di tale revisione è, si legge, «superare le criticità emerse nei primi anni di attuazione delle discipline regionali» ed «affrontare adeguatamente anche le problematiche che hanno riguardato l’attuazione della misura “tirocini” nell’ambito del programma Garanzia giovani». La garanzia di qualità dei tirocini è stata infatti indicata dalla Commissione europea, nell’ambito della strategia Europa 2020, come una priorità, considerato come questi risultino uno «strumento di orientamento professionale per i giovani» nonché di «primo accesso al mercato del lavoro», agendo sulla «fluidità della transizione scuola-lavoro» ed incrementando «la mobilità geografica e settoriale, in particolare dei giovani». Per tali motivi si è resa necessaria una ridefinizione delle norme relative ai tirocini, nonché un’implementazione di tutte quelle misure atte a rafforzare la vigilanza sulla loro qualità e «genuinità», al fine di far emergere eventuali forme fittizie di lavoro subordinato.Prima di sottolineare tutti i cambiamenti e le novità introdotte dalle nuove linee guida, è tuttavia necessario ricordare che tali disposizioni riguardano esclusivamente i tirocini extracurriculari, ossia quei tirocini formativi e di orientamento o di inserimento/reinserimento lavorativo rivolti a soggetti in stato di disoccupazione (compresi coloro che hanno completato i percorsi di istruzione secondaria superiore e terziaria), lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, lavoratori a rischio disoccupazione, soggetti già occupati che siano in cerca di altra occupazione e soggetti disabili e svantaggiati. Una delle modifiche più significative rispetto alla vecchia regolamentazione riguarda la durata del tirocinio: se, infatti, secondo l’accordo del 2013, la durata massima variava a seconda della tipologia di tirocinio (6 mesi per quelli formativi e di orientamento e 12 mesi per quelli di inserimento/reinserimento lavorativo), adesso, con le nuove linee guida, il tetto massimo diviene per tutti 12 mesi. Resta invece immutata la regolamentazione dei tirocini per disabili, la cui durata complessiva può arrivare fino a 24 mesi. Un’altra novità arriva invece con l’introduzione di una durata minima del servizio, assente nel vecchio regolamento: secondo le nuove direttive, infatti, il tirocinio non può durare meno di 2 mesi, ad eccezione, si precisa, di quello svolto presso soggetti ospitanti che operano stagionalmente, per i quali la durata minima è ridotta ad un mese. Il nuovo accordo tenta di mettere in evidenza aspetti precedentemente “trascurati”; si legge così, in aggiunta rispetto al vecchio documento, che «il tirocinio può essere interrotto dal soggetto ospitante o dal soggetto promotore in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei soggetti coinvolti. In caso di interruzione del tirocinio da parte del tirocinante, quest’ultimo deve dare motivata comunicazione scritta al tutor del soggetto ospitante e al tutor del soggetto promotore; il tirocinio può essere altresì interrotto dal soggetto ospitante o dal soggetto promotore, in caso di impossibilità a conseguire gli obiettivi formativi del progetto». Novità anche per quanto riguarda i soggetti promotori, con l’introduzione di tre nuovi soggetti abilitati all’attivazione dei tirocini: le fondazioni di istruzione tecnica superiore (ITS), l’Anpal (l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che naturalmente nel 2013 non esisteva!), e i soggetti autorizzati all’intermediazione dall’Anpal stessa. Se, tuttavia, non si danno differenze riguardo l’attivazione di tirocini regionali, le cose cambiano quando si tratta di mobilità interregionale: non tutti gli enti promotori saranno, infatti, abilitati a promuovere tirocini presso soggetti ospitanti situati al di fuori del territorio regionale. Tale autorizzazione riguarda solamente i servizi per l’impiego e le agenzie regionali per il lavoro, gli istituti di istruzione universitaria statali e non statali abilitati al rilascio di titoli accademici e dell’Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica) e le fondazioni di istruzione tecnica superiore.Inoltre il medesimo soggetto non potrà più fungere, in relazione ad uno stesso tirocinio, da soggetto promotore e soggetto ospitante, rendendo necessari due diversi enti: il primo, adibito all’attivazione del progetto, ed il secondo, atto alla realizzazione del progetto stesso. Per chi si affaccia per la prima volta al mondo “tirocini”, bisogna sapere che, per poterne svolgere uno, è necessario non aver avuto alcun rapporto di lavoro, di collaborazione, o un incarico (prestazioni di servizi) con il medesimo soggetto ospitante per il periodo di tempo che concerne i due anni precedenti all’attivazione del tirocinio. Nuova è tuttavia la clausola per cui è possibile attivare un tirocinio nell’ipotesi in cui il tirocinante abbia svolto prestazioni di lavoro accessorio per il medesimo soggetto ospitante per non più di 30 giorni, anche se non consecutivi, nei sei mesi precedenti l’attivazione. Il numero di tirocini attivabili contemporaneamente all’interno di una medesima azienda varia, chiaramente, in proporzione alle dimensioni dell’unità operativa. Le cifre restano le stesse del passato, ma a cambiare è la modalità di conteggiare i dipendenti di ciascuna unità: non si tratta più soltanto degli assunti a tempo indeterminato, ma anche di coloro che possiedono un contratto a tempo determinato. Per i soggetti ospitanti con unità operative aventi più di 20 dipendenti a tempo indeterminato, si aggiunge una novità: l’attivazione di nuovi tirocini, se supera la quota di contingentamento del 10% già prevista, è subordinata alla quantità di contratti di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi (in caso di part-time deve essere pari almeno al 50% delle ore settimanali previste dal contratto collettivo applicato dal soggetto ospitante) stipulati a favore dei precedenti stagisti.La nuova regolamentazione amplia nella giusta direzione sia i compiti del soggetto promotore sia quelli del soggetto ospitante.  Oltre a favorire l’attivazione del tirocinio, ad individuare un tutor per il tirocinante e a provvedere alla predisposizione del progetto formativo (PFI), infatti, il soggetto promotore dovrà, d’ora in poi, assumersi il dovere di «segnalare al soggetto ospitante l’eventuale mancato rispetto degli obiettivi contenuti nel PFI e delle modalità attuative del tirocinio, nonché ai competenti servizi ispettivi i casi in cui vi siano fondati motivi per ritenere che il tirocinante venga adibito ad attività non previste dal PFI o svolga comunque attività riconducibile ad un rapporto di lavoro». Raddoppiano i compiti del soggetto ospitante, che dovrà adesso trasmettere al soggetto promotore le comunicazioni effettuate e le comunicazioni di proroga, di interruzione e di infortuni; garantire, nella fase di avvio del tirocinio, un’adeguata informazione e formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, e mettere a disposizione del tirocinante tutte le attrezzature idonee e necessarie allo svolgimento delle attività assegnate. «Nell’ambito delle attività di monitoraggio e valutazione si pone particolare attenzione alla rilevazione di eventuali elementi discorsivi presenti nell’attuazione dell’istituto quali, a titolo esemplificativo: cessazioni anomale, attività svolta non conforme al PFI, impiego di tirocinanti per sostituire personale sospeso/licenziato o concentrazione dell’attivazione di tirocini in specifici periodi dell’anno». Per le «violazioni non sanabili», ossia nei casi in cui il tirocinio sia attivato senza il rispetto delle condizioni e dei limiti stabiliti, è prevista l’intimazione della cessazione del tirocinio e l’interdizione per 12 mesi, rivolta al soggetto promotore e/o a quello ospitante, dall’attivazione di tirocini. In caso di «violazioni sanabili», ossia di inadempienza dei compiti assegnati ai soggetti promotori, ai soggetti ospitanti o ai tutor, è invece previsto un invito alla regolarizzazione, senza alcuna sanzione. Se rimasto inascoltato, l’invito sarà tuttavia seguito dalle medesime sanzioni previste per le violazioni non sanabili. Rendere i tirocinanti più tutelati non significa tuttavia ridurne il numero. Ad un aumento dei doveri e delle accortezze da parte dei soggetti promotore e ospitante corrisponde, infatti, l’aumento del numero di tirocinanti assegnabili contemporaneamente a ciascun tutor: si passa da 3 a 20. E sopratutto, all'articolo 6 nel penultimo paragrafo viene specificato che, rispetto ai limiti numerici, “non c'è cumulabilità tra tirocini curriculari ed extracurriculari”. Questo è un aspetto molto rilevante e non certo positivo: rende molto incerta la definizione di uno “sforamento” del numero massimo di stagisti ospitabili contemporaneamente (posto che i tirocini curriculari, come denunciato a più riprese negli ultimi quattro anni dalla Repubblica degli Stagisti, non hanno più una propria normativa ad hoc e si devono basare sul dm 142/1998 ormai desueto e in alcune parti palesemente in conflitto con le nuove normative regionali). E apre le porte a un abuso dello strumento del tirocinio, quantomeno dal punto di vista numerico.Ora le Regioni hanno 6 mesi per adeguare la propria normativa alle nuove linee guida: la deadline è dunque 25 novembre 2017.Giada Scotto

Avete mai fatto uno stage all'estero? Se sì, due ricercatori vi chiedono una mano

Un sondaggio online per dare voce a tutti coloro che hanno fatto un'esperienza di stage all'estero, e hanno voglia di raccontarne i lati positivi e quelli negativi. Lo hanno ideato due ricercatori, l'italiana Valentina Cuzzocrea, attualmente junior fellow presso il Max Weber Kolleg für kultur und sozialwissenschaftliche Studien dell'università tedesca di Erfurt, e l'irlandese David Cairns, che lavora presso il Centre for Research and Studies in Sociology dell'università di Lisbona, in Portogallo.Una veloce batteria di domande, a cui si risponde naturalmente in forma anonima, che la Repubblica degli Stagisti invita a compilare a chiunque abbia svolto almeno uno stage fuori dall'Italia (anche anni fa!).

«La survey è inscritta all'interno di un percorso di ricerca che vuole investigare i processi di mobilità geografica in relazione ai giovani in contesti europei» racconta Cuzzocrea, che studia i problemi legati al precariato e ai tirocinio dal 2002, quando con una tesi di laurea sul lavoro interinale e i giovani cominciò a occuparsi di questi temi. La survey è un approfondimento di un lavoro iniziato con il volume “The Consequences of Mobility”, dove un capitolo era infatti focalizzato sugli internships.«Vogliamo reperire dati empirici esistenti che riguardino le esperienze dei giovani» spiega la ricercatrice alla Repubblica degli Stagisti: «Abbiamo in mente di fare qualche intervista semistrutturata o in profondità più avanti, ma per ora l'obiettivo è, con la survey, di avere un panorama descrittivo empirico entro cui collocare successivi approfondimenti». C'è tempo fino a fine giugno per partecipare: sulle prime elaborazioni dei risultati della survey i due ricercatori baseranno un articolo che prevedono di presentare a fine agosto al convegno biannuale dell'associazione europea di Sociologia all'interno del research network “Youth & Generation”, di cui proprio Valentina Cuzzocrea è la coordinatrice.Per quanto riguarda i tirocini, «non vedrei grossi problemi se si trattasse di esperienze che iniziano e finiscono - 1, 2 tirocini al massimo a testa – e che insegnano qualcosa. Di fatto invece, in contesti come spesso quelli italiani, l'aspetto formativo può mancare del tutto. Questo è gravissimo ma va inserito in un contesto di culture del lavoro genericamente scarsamente interessato alla crescita collettiva e al lavoro di gruppo e più orientato verso particolarismi e favoritismi che hanno poco a che fare con la formazione e anche con la produzione/raggiungimento di obiettivi».Con questa survey Cuzzocrea e Cairns vogliono indagare «come a questo scenario di generale difficoltà e precarietà si aggiungano ulteriori difficoltà legate ai continui spostamenti per la rincorsa  di questa o quell'altra opportunità di internship, spesso in città diverse, in Paesi diversi». Senza però dimenticare – «non vogliamo essere ciechi» – che talvolta queste esperienze sono utili ai fini professionali: «Con questo tipo di occasioni si possono aprire prospettive: per fare un esempio personale, io sto divertendo molto durante il mio “anno tedesco”!» confida Cuzzocrea.Rispetto a svolgere un tirocinio in un paese diverso dal proprio, uno dei temi principali è l'incertezza su quale sia la legge da seguire: quella dove ha luogo lo stage, verrebbe da dire, ma a volte questo vuol dire che lo stagista “rinuncia” a dei diritti e delle garanzie che gli sarebbero assicurati se facesse lo stage nel suo Paese. «Questo aspetto in effetti è già emerso. Di fatto noi vogliamo discutere criticamente l'“imperativo alla mobilità” e le “promesse della mobilità”, che corrispondono alla logica europea secondo cui basta spostarsi dove c'è un lavoro, e in questo modo si risolvono i problemi di disoccupazione in Europa».«È fondamentale mettere in primo piano la dignità dei giovani» conclude Valentina Cuzzocrea «e riconoscere gli sforzi che questi fanno per vedersi riconosciuti con un proprio ruolo nella sfera pubblica. Questo può significare diverse cose, dal reddito di cittadinanza a altre forme di sostegno economico mentre si cerca la propria strada».Se volete contribuire al suo approfondimento scientifico… Fate il questionario!