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Stage in Veneto, la durata massima resta a sei mesi (a dispetto delle nuove linee guida)

La data del 25 novembre si avvicina: è il termine entro cui le Regioni italiane devono aggiornare la propria normativa relativa agli stage extracurriculari, seguita all’approvazione, avvenuta a fine maggio 2017, delle nuove “Linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento” da parte della Conferenza Stato-Regioni. Come nel 2013, in occasione dell’emanazione delle prime linee guida, la Repubblica degli Stagisti sta seguendo l’iter di rinnovamento in tutte le regioni italiane (più le province autonome di Trento e Bolzano) delle nuove DGR per gli stage: in sostanza, ogni Regione è libera di modificare e migliorare la propria normativa come meglio crede, ma il documento emesso pone dei paletti che cercano di dettare la linea anche a livello locale. La Repubblica degli Stagisti ha già discusso delle modifiche introdotte al testo precedente, e pure dei punti critici che questo solleva, ma la partita è aperta e non resta che vedere come le Regioni implementeranno le nuove direttive. Il Lazio si è già attivato in questo senso, e ad agosto ha approvato la nuova delibera, decidendo di portare il rimborso spese minimo a 800 euro mensili. E le altre Regioni a che punto sono?In Veneto, dopo qualche insistenza, il team dell’assessore Elena Donazzan si è fatto sentire. Non è stato possibile ricevere il testo integrale della delibera dei tirocini, il quale attualmente non risulta disponibile nemmeno sui siti regionali, ma dalla segreteria la Repubblica degli Stagisti ha ricevuto prima un comunicato sui numeri dei tirocini in Regione e poi un documento in risposta alle nostre richieste sulle modalità di approvazione e gli aggiornamenti contenuti nella nuova delibera regionale. «L'esame è cominciato lo scorso giugno» comunicano dall'Area Capitale Umano, Cultura e Programmazione Comunitaria «sulla base di una proposta presentata dalla struttura regionale competente, la Direzione Lavoro». La palla è poi passata alla Crcps, la Commissione regionale per la concertazione tra le parti sociali (in cui rientrano le associazioni datoriali, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti delle associazioni dei disabili e del mondo del credito veneti) che ha approvato il testo definitivo il 5 ottobre, e infine è arrivato all'esame della Commissione consiliare regionale il 25 ottobre, ricevendo parere positivo all'unanimità. «Le disposizioni in materia di tirocini sono state definitivamente approvate dalla Giunta regionale nella seduta del 7 novembre 2017», dichiara l'ufficio dell'assessorato, ed entreranno in vigore a partire dal 1 gennaio 2018. Il termine dei sei mesi è stato quindi rispettato.Ma che cosa dice la legge, e in quali aspetti si discosta dalle linee guida emesse a maggio? Prima di tutto, il Veneto ha deciso di riconfermare la durata massima di 6 mesi (proroghe comprese) sia per i tirocini formativi e di orientamento, sia per quelli di inserimento o reinserimento: un punto importante, che va controcorrente rispetto all'indicazione/imposizione, da parte delle direttive nazionali, di portare a 12 mesi la durata massima di entrambe le tipologie di stage. Come a dire, il tirocinio è un'esperienza utile per iniziare a conoscere una certa professione e ad acquisire competenze in quel campo, ma prolungarne troppo la durata è inutile: sei mesi sono più che sufficienti per gettare le basi di una carriera. Secondo, il Veneto ha aumentato il rimborso spese minimo di 50 euro (in un'indennità che comunque in Veneto era già leggermente più alta rispetto all'importo indicato nelle linee guida, rimasto fermo a 300 euro): adesso gli stagisti riceveranno 450 euro per tirocini full time o 350 con riconoscimento di buoni pasto o servizio mensa, 250 euro per tirocini part-time o 200 se con riconoscimento di buoni pasto o servizio mensa. Un'altra (piccola) buona notizia per gli extracurriculari, quindi. Il terzo punto in cui la Regione Veneto si allontana dalle linee guida, invece, è una nota un po' dolente: se prima non era specificato nella normativa regionale, adesso il tutor all'interno del soggetto promotore potrà seguire fino a 40 stagisti contemporaneamente (dove le disposizioni generali ne indicano invece 20). Non era questo già un numero sufficiente? Si spera che la misura non impatti troppo gli stagisti, ma quel che è certo è che tende a portare, da parte del soggetto promotore, un'attenzione minore, piuttosto che maggiore, verso i loro percorsi di tirocinio.Per il resto il testo del Veneto non si discosta granché dalle direttive approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, incentrate più che altro ad impedire gli abusi da parte delle aziende. Nel documento viene ribadito che il tirocinio non è «un contratto di lavoro, ma un’esperienza che combina, obbligatoriamente, attività formativa e lavorativa, applicabile a inoccupati, categorie svantaggiate e soprattutto giovani». Nel concreto, in accordo con le linee guida, tra i destinatari dello strumento stage vengono introdotti i lavoratori occupati in cerca di un altro lavoro e quelli a rischio di disoccupazione, oltre a – questa è un'altra novità del Veneto – i minori in dispersione scolastica. Viene da chiedersi se le stesse tipologie di tirocinio possano adattarsi bene alla diversità di questi gruppi sociali (soprattutto per quanto riguarda i minorenni), ma tant’è. A questo punto, gli stagisti veneti dovranno tenersi la nuova normativa almeno per qualche anno.Invariati rispetto alle linee guida i criteri di determinazione del numero di tirocinanti in rapporto all’organico aziendale: nel conteggio possono rientrare anche i lavoratori a tempo determinato, «purché la data di inizio del contratto sia anteriore alla data di avvio del tirocinio e la scadenza posteriore alla data di fine del tirocinio», e vengono inoltre confermate le nuove deroghe sulla durata minima dei tirocini: un mese invece di due per le imprese che operano stagionalmente, e due settimane per i tirocini estivi rivolti a studenti. Uguale alle linee guida è anche il criterio di premialità per le aziende, che ora potranno attivare da 1 a 4 tirocini in più rispetto ai limiti previsti, se negli ultimi due anni avranno assunto dal 20 al 100% dei propri tirocinanti con contratto di apprendistato o con contratto di lavoro subordinato della durata di almeno 6 mesi.Rimangono le classiche indicazioni su divieto di utilizzo dei tirocinanti per sostituire i lavoratori temporaneamente assenti, quelli in malattia, ferie o in congedo parentale, o i subordinati nel periodo di picco delle attività. Stesso discorso per le persone che abbiano già avuto un rapporto di lavoro, incarico o prestazione di servizi in azienda, a meno che questi non si siano conclusi da almeno due anni, oppure che abbiano svolto per più di 30 giorni anche non consecutivi, nei 6 mesi precedenti l’attivazione, prestazioni di lavoro accessorio o occasionale. Il soggetto ospitante non può poi impiegare tirocinanti per attività che non necessitino di un periodo formativo, così come per profili professionali elementari, caratterizzati da compiti generici e ripetitivi.Infine, la nuova normativa regionale prevede anche l’introduzione di un «sistema di controllo e vigilanza che possa scoraggiare abusi e utilizzi distorti dello strumento», anche se non è ancora chiaro in che cosa consisterà. Intanto, però, viene confermata l’introduzione di sanzioni per le violazioni non sanabili, così come enunciato nelle linee guida, e meglio definiti «il contenuto e la spendibilità dell’attestazione finale» per il riconoscimento delle competenze acquisite dagli stagisti, attraverso un nuovo modello allegato alle ultime direttive nazionali.Particolarmente importante è infatti il monitoraggio dello strumento stage in una Regione, come il Veneto, dove i tirocini sono in continuo aumento. Secondo il comunicato inviato alla Repubblica degli Stagisti dalla segreteria dell'assessorato, che evidenzia i dati elaborati da Veneto Lavoro sui tirocini attivati tra il 2013 e il 2015, gli stagisti nel triennio sono stati quasi 70mila, inseriti in 19mila aziende ospitanti, attive principalmente nei settori del commercio, turismo e attività professionali. «In Veneto 7 tirocini su 10 anticipano un contratto di lavoro», si legge: tanti (il 69%) sono infatti gli stagisti che hanno continuato a lavorare o trovato un lavoro entro un anno, la metà dei quali all’interno della stessa impresa. I contratti post stage sono prevalentemente a tempo determinato (28%) o di apprendistato (26%), mentre quelli a tempo indeterminato si fermano al 9%, e molti sono quelli che iniziano un nuovo tirocinio una volta concluso quello precedente (il 24%). A preoccupare, però, è soprattutto la quota di tirocinanti che dichiara di aver svolto tre o più esperienze di stage: il 13%, una percentuale non indifferente, che evidenzia come il tirocinio rischi di diventare «una “giostra” di occasioni poco utili all’inserimento lavorativo e alla carriera professionale del soggetto, ma solo un ripetersi di esperienze temporanee e dal dubbio valore formativo», come riporta il comunicato.Insomma, i numeri dicono che lo stage è uno strumento sempre più utilizzato in Veneto per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Il che evidenzia la necessità sempre crescente di prestare un'attenzione minuziosa ai percorsi dei tirocinanti in tutte le loro forme. Rimane da vedere quali saranno gli effetti che la nuova normativa avrà su aziende e stagisti, ma intanto il Veneto ha rispettato la scadenza del 25 novembre.Irene Dominioni

Dieci anni di Agenzia nazionale giovani, è tempo di bilanci: ma il meglio deve ancora venire

«Avremo un’Europa vera quando la capacità di camminare e correre per le strade europee sarà un’esperienza comune a molti, non solo ai giovani che partecipano al progetto Erasmus. Sarà difficile, allora, costruire muri se ci sono centinaia di migliaia di giovani che ogni anno attraversano frontiere, conoscono culture, vivono esperienze in ogni angolo dell’Europa». Si può sintetizzare con questa frase di Luigi Bobba, sottosegretario del ministero del lavoro e delle politiche sociali con delega alla gioventù, l’evento “10, 30, 60 E ora è ora – Giovani in Europa… il meglio deve ancora venire” organizzato dall’Agenzia nazionale giovani qualche giorno fa alla Camera di Commercio di Roma presso la Sala del tempio di Adriano. Un evento per festeggiare i dieci anni dell’Agenzia, ma ricordare anche il trentennale del programma Erasmus e i 60 anni dall’Unione Europea. Una due giorni in cui Giacomo D’Arrigo, direttore generale Ang, ha evidenziato soprattutto i numeri del lavoro di questi dieci anni. Oltre 4.500 progetti presentati, finanziati e monitorati, 92 milioni di euro di fondi europei messi in circolazione, 100% delle risorse europee impegnate, più di 110mila giovani che hanno partecipato ai programmi di scambio, con un’età media tra i 18 e i 25 anni, di cui il 53,3% donne. Tanti speech in sequenza in cui ascoltare tante persone, politici e non, confrontarsi su quello che si è fatto fino ad ora e sui nuovi progetti, ma anche per sentire le storie di chi proprio grazie a dei piccoli sogni è riuscito a creare qualcosa e oggi vuole essere fonte di ispirazione per altri. Così si alternano i panel con il ministro per la coesione territoriale e il mezzogiorno, Claudio De Vincenti, che sottolinea l’importanza del progetto Erasmus Plus: «è importantissimo, consente di ritrovarsi ad avere il gusto di essere europei». E ricorda come siano necessari proprio i giovani per «avere l’entusiasmo di accogliere i diversi». Ma presenta anche i provvedimenti fatti con il decreto legge mezzogiorno per andare incontro ai giovani. Come Resto al Sud, che prenderà il via a fine novembre, e permette a cooperative di giovani che vogliono metter su un’impresa di avere i finanziamenti da parte dello Stato. O come la Banca delle terre, grazie al quale i terreni abbandonati, magari da emigrati andati via negli anni 50, possono essere usati da giovani e cooperative per fini produttivi ed essere tolti dallo stato di abbandono. Alle parole di un ministro segue la storia di Fabio Zaccagnini, inventore di Rockin1000, chiamato a parlare di sogni, in particolare del suo. Che era quello di far suonare i Foo Fighters a Cesena e c’è riuscito grazie a un’idea, un progetto, e grazie a tante altre persone con cui ha realizzato un video che ha ricevuto 40 milioni di visualizzazioni e ha convinto Dave Grohl a esibirsi proprio a Cesena. «Non importa se non avete idea di quale sia il vostro sogno» racconta alla platea di giovani presente «perché quando lo trovate allora penserete solo a quello e perderete tutto per realizzarlo. L’importante è non pensare in grande: sognate in piccolo perché le cose cambiano nel tempo. E dividete i sogni in piccoli micro ambizioni». Altre storie e altre testimonianze come quella di Michele Tranquilli, che spiega L’importanza della partecipazione attiva dei giovani, lui che ha partecipato all’Erasmus+ ma che ha iniziato a “partecipare” a 10 anni con il suo primo summercamp. Lì decide di imparare l’inglese per parlare con l’animatore che conosce solo quella lingua. Da allora Michele ha fatto molta strada per partecipare, conoscere, interagire, litigare. Fino a un viaggio in Tanzania a 17 anni per fare il volontario. «Lì mi scopro perennemente infelice, a disagio, mi sento inutile. Due anni dopo nel 2008 sono sempre in Tanzania in un piccolo villaggio e vedo una piccola capanna che aveva la funzione di una scuola, con dei genitori che cercavano di fare dei mattoni per farne una nuova. Capisco che voglio aiutarli. Da solo però non vado da nessuna parte e allora cerco di far partecipare altri giovani. E di coinvolgerli con le loro competenze. Ci riesco e dopo sette mesi in un campo dove non c’era nulla, c’era finalmente una scuola completa». Un racconto entusiasta per far capire che la partecipazione va ispirata e raccontata. «Partecipare significa tirar fuori le tue competenze e capire di che pasta sei fatto». Altri giovani, altre storie, entusiasmo, racconti di partecipazione: a loro Federico Taddia, presentatore della due giorni, chiede «Non vi sentite diversi dal resto del mondo, da come sono i giovani o da come vengono narrati?». E la risposta è unanime: diversi no, fortunati per aver vissuto percorsi diversi, per aver avuto dei mentori e aver imparato ad apprezzare la diversità.Conoscenze, cambi di orizzonte che trasformano quasi tutti quelli che vi partecipano. Tra questi anche il sottosegretario agli affari europei, Sandro Gozi, che definisce l’Erasmus «una parte bellissima della propria vita». E che proprio grazie agli scambi prima al liceo e poi all’università deve la sua crescita come “europeo”. «Sono cresciuto moltissimo come persona, capendo cose che si danno per scontate. Perciò dico: fatelo tutti». Dal 1989, quando lui ha partecipato, le cose sono cambiate e «oggi nessuno deve spiegare cosa è andato a fare in un altro Paese». Gozi, però, allontana con decisione il tema del non ritorno di chi va a studiare all’estero. «È un falso problema. Sono stato 16 anni fuori e poi sono tornato per impegnarmi in politica. L’Europa è il nostro Paese. Il problema non è che si espatri. Il problema è che l’Italia non riesce a essere attrattiva».E a proposito dell’Erasmus, il sottosegretario dice «è un antidoto al razzismo, alla xenofobia, all’antieuropeismo, all’illusione di chiudere il mondo fuori. Se oggi c’è tanto euroscetticismo è perché non abbiamo trovato l’Europa dove l’aspettavamo. Credevamo avrebbe governato il terrorismo, l’immigrazione, la crisi finanziaria: non l’ha fatto e gli italiani che erano i più euro entusiasti sono diventati i più delusi».Non bisogna, però, avere paura del futuro. Di come l’Italia e il mondo intorno sta cambiando. Ed è il sottosegretario Bobba a dirlo in chiusura del suo intervento. Ricordando ai presenti in sala una frase che aveva letto: «Il coraggio cresce quando agisci, cammini. La paura aumenta quando stai fermo». E spiegando che «Tutto quello che siamo e vorremmo diventare è legato ai nostri desideri. Cosa desideriamo dalla nostra vita, dal lavoro, dallo studio, dagli affetti. Sono i desideri che ci muovono. Eppure la radice di questa parola è singolare, viene dal latino “de-sidera” che significa la mancanza delle stelle. Il desiderio indica quindi una mancanza, un tendere verso una meta. Ed è chiaro che le stelle siano qualcosa che ci guida. Quindi se prendiamo consapevolezza dei nostri desideri allora possiamo fare in modo che quei sogni diventino progetti, realtà concrete. E allora sì, ritornando alla frase, è tempo di camminare, crescere, cambiare».E lo è anche per l’Agenzia nazionale giovani, che in dieci anni è diventata grande, ha avuto le sue difficoltà che è riuscita ad affrontare e ha continuato a dare una mano ai tanti giovani che a lei si sono affidati. Buon compleanno!  Marianna Lepore

Stage più brevi e indennità più alta, ecco cosa chiedono i giovani alle Regioni

In occasione della Giornata internazionale degli stagisti, fissata per il 10 novembre, pubblichiamo i risultati di un sondaggio informale che abbiamo realizzato per raccogliere il parere dei giovani sulla normativa riguardante gli stage.In particolare sulle nuove nuove linee guida della Conferenza Stato Regioni, approvate a fine maggio, che contengono parecchie modifiche rispetto alla vecchia versione (quella del gennaio 2013). Per ora solo il Lazio sembra aver recepito – con alcune “licenze” – le nuove linee guida: le altre Regioni sono molto in ritardo.Il primo risultato del sondaggio è che i giovani vorrebbero stage più brevi: considerano 12 mesi un tempo troppo lungo, sproporzionato rispetto alla maggior parte degli obiettivi di formazione professionale.Ai partecipanti è stato infatti sottoposto il quesito sulla decisione della conferenza Stato-Regioni di portare da 6 a 12 mesi la durata massima di tutti i tirocini extracurriculari (differenziati in quelli extracurriculari di formazione e orientamento, attivati nei primi 12 mesi dopo il conseguimento dell'ultimo titolo di studio, per i quali l'attuale durata massima è 6 mesi; e quelli extracurriculari di inserimento / reinserimento lavorativo, che comprendono tutti gli stage attivati su persone che abbiano concluso gli studi da oltre 12 mesi, per i quali la durata massima è già ora 12 mesi).La stragrande maggioranza dei partecipanti, quasi il 60%, ritiene che si tratti di una decisione sbagliata e risponde: “Male, la durata massima di tutti gli stage dovrebbe essere 6 mesi: una durata più lunga è eccessiva”.Vi è poi un 32% che ritiene che “bisognerebbe differenziare le durate massime degli stage a seconda delle mansioni da apprendere: durata massima più breve (6 mesi o meno) per stage per compiti ripetitivi e mansioni semplici, durata massima più lunga (anche 12 mesi va bene) per mansioni complesse e di concetto”.Solo meno del 10% dei partecipanti è d'accordo con la Conferenza Stato-Regioni.Per quanto riguarda l'aspetto monetario, nelle linee guida il rimborso spese forfettario minimo mensile resta fermo a 300 euro. Il secondo quesito posto dal sondaggio, sottolineando che lo stage non deve essere un lavoro ma un momento di "learning on the job", ha chiesto di valutare questa cifra. Solo il 3% ha giudicato che 300 euro al mese sia una indennità congrua.Oltre il 62% dei partecipanti ha risposto auspicando un allineamento “ai minimi di Piemonte e Abruzzo, che prevedono 600 euro al mese, limitando le occasioni di stage a quelle aziende che possono investire sulla formazione dei giovani anche dal punto di vista economico”. I ragazzi sono dunque consapevoli che un rimborso spese minimo più alto significherebbe probabilmente una certa riduzione della disponibilità delle aziende ad ospitare stagisti, e di conseguenza una diminuzione del numero di opportunità disponibili sul mercato: ma ritengono che la sostenibilità economica dei percorsi di stage sia più importante del “piuttosto che niente, meglio piuttosto”.Vi è comunque circa un terzo delle voci che, probabilmente proprio per timore di questo possibile risvolto negativo - meno occasioni di stage per i ragazzi - ha scelto invece una risposta intermedia, ritenendo che la cosa migliore sarebbe “trovare un giusto mezzo di indennità minima mensile tra 300 e 600 euro, per creare il più occasioni possibili di inserimento lavorativo per i giovani ma impedire stage non economicamente sostenibili (per gli stagisti e le loro famiglie)”.Vi è poi la questione della possibilità di fare stage in aziende che non hanno dipendenti: per esempio quelle aperte da liberi professionisti che lavorano da soli, oppure da imprenditori che si avvalgono di collaboratori ma senza avere dipendenti fissi. “È positivo per gli stagisti fare uno stage in un'azienda priva di dipendenti? Le nuove linee guida lo prevedono esplicitamente mentre finora questo punto era rimasto non specificato, e quindi alcune regioni (come la Toscana) avevano esplicitamente vietato questa pratica, altre (come la Lombardia) l'avevano esplicitamente ammessa”.Qui la presa di posizione è netta: quasi l'80% è convinto che “no, in un'azienda che non ha dipendenti il rischio che lo stagista venga usato impropriamente aumenta”, e il fatto che un'esperienza del genere possa rivelarsi poteva e che si possa “imparare molto anche in un'azienda che non ha dipendenti” convince solo meno di un giovane su cinque.Infine il sondaggio ha indagato il tema dell'aspettativa che lo stage si trasformi in un contratto di lavoro. “Rispetto alla percentuale di assunzione post stage, posto che nessun tirocinio può prevedere una “garanzia” di successiva assunzione, le nuove linee guida introducono una “premialità”: se un soggetto ospitante dimostra di assumere una buona percentuale di stagisti, può accogliere un numero superiore di stagisti l'anno successivo rispetto ai limiti numerici posti dalla normativa. Secondo te è giusto?”. I partecipanti qui hanno scelto in maggioranza (61%) la risposta intermedia: “nì: il principio è giusto ma non dovrebbe essere concretizzato attraverso una “premialità” che permette di ospitare più stagisti a chi ne assume di più, ma al contrario attraverso una “disincentivo” che dovrebbe impedire di ospitare stagisti a chi ne assume di meno”. Vi è poco meno di un quarto di partecipanti che dice “sì, certo: le aziende che assumono, dimostrando di essere in espansione, devono poter ospitare più stagisti, perché offrono più possibilità di inserimento lavorativo”. Si ferma a poco più di un sesto la percentuale di chi è convinto che “no, il limite massimo del numero di stagisti fissato dalla normativa è già alto - 10% rispetto al numero dei dipendenti - e non dovrebbe essere derogabile”.Il sondaggio è stato effettuato su un campione casuale di circa 250 lettori della Repubblica degli Stagisti; il 27,5% dei rispondenti proveniva dalla Lombardia, il 13% dal Lazio, a seguire tutte le altre regioni.A rispondere sono stati sopratutto i 30enni: tre quarti dei partecipanti aveva più di 25 anni. E uno su tre aveva una grande esperienza in fatto di stage, avendone già più di due al suo attivo al momento della compilazione del sondaggio.Ovviamente il sondaggio non ha un valore rappresentativo, ma è comunque significativo rispetto a come i giovani vedono lo stage dal punto di vista dei diritti & doveri, e di come vorrebbero che fosse normato. Con l'auspicio che le Regioni che ancora non hanno legiferato tengano conto anche di queste istanze. È bene ricordare infatti che le linee guida non sono prescrittive, e le Regioni possono scegliere di normare i tirocini in maniera differente da quanto “prescritto” dalla Conferenza. Ciò peraltro è specificamente ammesso nelle linee guida stesse, con una dicitura che vincola le regioni a poter porre delle condizioni differenti solo in un'ottica di miglioramento e quindi di maggior tutela dello stagista («Le linee guida indicano taluni standard minimi di carattere disciplinate la cui definizione lascia, comunque, inalterata la facoltà per le Regioni e province autonome di fissare disposizioni di maggior tutela»). Proprio grazie a questo il Lazio ha potuto innalzare a 800 euro al mese il rimborso spese mensile minimo obbligatorio a favore degli stagisti. Capito Regioni?

Torna la giornata internazionale degli stagisti: uniti contro lo sfruttamento

Qualcuno si è chiesto se possano o meno essere considerati una schiavitù moderna: sta di fatto che i tirocini gratis sono diventati il grande incubo della stragrande maggioranza dei giovani che cercano di entrare nel mondo del lavoro. E proprio a questi giovani è dedicata la terza edizione dell’International Interns’ Day 2017, che si svolgerà nei giorni del 9 o 10 novembre, a seconda delle singole città. Tranne per Ginevra, in Svizzera, dove l’evento si è già svolto da apripista il 3 novembre. Un problema mondiale, non solo italiano, quello degli stage senza rimborso spese, e che riguarda tutti i tipi di lavoro. A ricordarlo ci pensa questa giornata, organizzata da InternsGoPro, un’organizzazione che ha la missione di migliorare le condizioni generali dei tirocini in Europa, e dallo European Youth Forum, una piattaforma di 104 organizzazioni giovanili in Europa che si batte per una Carta europea di qualità dei tirocini per far diventare gli stage un’esperienza preziosa e di qualità in tutto il continente europeo. A questi si aggiungono poi gli altri organizzatori nei singoli Paesi, dalla Fair Internship Initiative che racchiude gli stagisti alle Nazioni Unite a Ginevra, Vienna e New York, alla francese Generation Precaire, dalla Repubblica degli Stagisti, in Italia, alla piattaforma portoghese Ganhem Vergonha, passando per gli stagisti americani di Intern Labor Rights e quelli australiani di Interns Australia, solo per citare alcuni dei tanti supporter di questa giornata di protesta.Tutti al fianco dei quattro milioni e mezzo di giovani che ogni anno fanno un tirocinio in Europa. Un passaggio diventato ormai obbligatorio per trovare un lavoro, nonostante la gran parte di questi tirocini non perseguano il proprio scopo, visto che il 30% degli stage non ha alcun contenuto didattico. Certo, l’attenzione mediatica si è alzata negli ultimi tempi nei confronti di questa tematica, ma non è ancora abbastanza. Per questo, spiegano gli organizzatori dell’evento, «L’obiettivo di quest’anno è creare un mercato del lavoro completamente trasparente per i giovani valutando collettivamente la qualità dei loro tirocini». Per farlo, venti organizzazioni non governative e università di otto paesi si uniranno ai partner internazionali «per creare una completa trasparenza sulle condizioni di lavoro dei giovani, potenziare la comunità degli stagisti, ottenere cambiamenti politici concreti».L’iniziativa ha ricevuto anche l’appoggio di alcune figure di spicco dell’Unione europea. Come Marianne Thyssen commissario europeo responsabile per l'occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori, che sottolinea come il tirocinio «dovrebbe essere un investimento, non un sostituto del lavoro» e dichiara di accogliere con favore «il lavoro di InternsGoPro che integra i nostri sforzi a livello comunitario per promuovere la qualità dei tirocini».Appoggi sono arrivati anche da Martin Schultz, leader del partito tedesco SPD, e da Ulrike Lunacek, vice presidente del Parlamento europeo, che nel suo messaggio a sostegno della giornata ha detto che «i tirocini sono certamente utili per completare la formazione teorica nel percorso verso il mercato del lavoro», ma ha ricordato come in molti stati membri ci siano ancora troppi problemi riguardo alla normativa e alla qualità degli stage. Assicurando che nel suo ruolo di vice presidente continuerà a lavorare per tirocini giuridicamente regolamentati.Tra i sostenitori dell’evento anche Brando Benifei, membro del Parlamento europeo, che nel suo messaggio ha ricordato come l’International interns’ day sia ancora più importante se si considera che «si svolge dopo una sessione di Strasburgo in cui i deputati del Parlamento europeo hanno discusso con il commissario in uscita Laszlo Andor la questione dell’occupazione giovanile». Tanti gli eventi in giro per il mondo: a Bruxelles il 9 novembre, mentre a Madrid, Parigi, Belgrado e in Nord America venerdì 10. Per sapere i dettagli di ogni evento e gli appuntamenti nelle altre città europee basta registrarsi alle relative pagine facebook dove trovare tutte le informazioni. Appuntamenti che saranno l’occasione per confrontarsi, ascoltare dibattiti, discutere e assistere al lancio della nuova campagna “Trasparency at work” con l’obiettivo, come dice il nome stesso, di portare trasparenza sulle condizioni dei tirocini e delle offerte di lavoroIl tutto sarà realizzabile dando ai giovani la possibilità di valutare online la loro esperienza di tirocinio/lavoro e condividere le loro recensioni con gli altri: una sorta di TripAdvisor per il mercato del lavoro, che ha l’obiettivo di aiutare un milione di giovani nell’accedere a migliori opportunità di lavoro, tirocinio e apprendistato entro il 2020 creando, appunto, un mercato del lavoro trasparente. Ad oggi più di 1.400 persone hanno lasciato la loro valutazione sul sito. E i dati raccolti andranno a creare la prima classifica internazionale delle migliori società per giovani, organizzate per settore, paese e tipo di lavoro. Nel frattempo il primo appuntamento con l’International interns’ day si è svolto a Ginevra il 3 novembre, con una mattinata di discussioni a cui ha preso parte in apertura anche Guy Ryder, DG Ilo. Ryder ha sottolineato l’importanza di riflettere sulla situazione incredibilmente problematica in cui i giovani si affacciano al mondo del lavoro. Qualcosa che, ha voluto ricordare, la sua generazione non ha dovuto affrontare perché non esistevano i tirocini, «ma ora sono realtà ed è molto importante parlarne». Non solo, il DG ha dichiarato, senza giri di parole, che «gli stagisti contribuiscono enormemente al lavoro della nostra organizzazione» e come rappresentanti Ilo hanno la responsabilità che «il tempo trascorso nella nostra organizzazione rappresenti concretamente e realmente un processo nello sviluppo della carriera». E ha poi dichiarato che a suo avviso i tirocini senza rimborso spese vadano aboliti perché «sono ingiusti e rappresentano il maggior ostacolo alla mobilità sociale». A chi gli ha poi chiesto se non sia possibile risolvere la questione fondi relativa al capitolo tirocini ha risposto che «si può investire di più nei programmi di tirocinio. Possiamo sempre provare a fare di più. E dobbiamo mettere più soldi».Dichiarazioni importanti per i tanti stagisti che sono passati attraverso le sedi europee a svolgere degli stage. E che della mancanza di borse di studio adeguate hanno provato anche a fare dell’ironia con un video, fatto dallo European Youth Forum, in cui si ricorda che il 48% degli stagisti ha bisogno del sostegno economico dei propri genitori durante lo stage non retribuito. Che alla fine non aiuta nemmeno ad avere un posto di lavoro. Perché, ricordano, se i giovani continuano ad accettare gli stage è solo per la mancanza di posti di lavoro disponibili dopo la crisi del 2008.Non è mai troppo tardi, però, per reagire. Quindi giovedì 9 e venerdì 10 novembre, stagisti di tutto il mondo, unitevi e fate valere i vostri diritti!Marianna Lepore

Perché è importante parlare di occupazione femminile, a partire da cosa studiano le ragazze

Cosa studiano le ragazze? A che lavori aspirano? Che riscontri trovano sulla loro strada, a scuola, in famiglia, nella cerchia di amici, quando pensano e parlano del loro futuro lavorativo?Ci sono ancora tanti, troppi pregiudizi su cosa le donne possano o non possano fare nel mondo del lavoro – o meglio, cosa sarebbe opportuno e preferibile che facessero o non facessero. Le ragazze raramente vengono incoraggiate nello studio delle materie tecnico-scientifiche; già nel passaggio tra scuole medie e scuole superiori subito lo stereotipo di genere impatta, se non sui licei, sicuramente sugli istituti tecnici e sulle scuole professionali, facendo sì che alcuni indirizzi – interi istituti! – raccolgano studenti di un solo genere. Stessa cosa nel passaggio tra le superiori e l’università: ancor oggi le facoltà “Stem” – dove si studiano materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche – sono scelte in maggioranza da studenti maschi. Come se le studentesse sentissero una invisibile barriera, una difficoltà ad avvicinarsi e approcciarsi a questo tipo di materie, e ai mestieri a cui esse conducono.E questo poi le penalizza, chiudendo loro le porte sulle opportunità lavorative più gratificanti, sui ruoli dirigenziali e sulle retribuzioni più sostanziose.Uno dei problemi principali è appunto la rappresentazione del proprio futuro: “che lavoro fare da grande” nella testa delle bambine, delle ragazze. Se la prospettiva di potersi appassionare a qualcosa di tecnico o scientifico o tecnologico, e farne un lavoro, è ”socialmente accettata” oppure no. Se siamo pronti, a livello culturale, ad avere una folta schiera di ragazze determinate a fare le ingegnere, le meccaniche, le informatiche, insomma tutti quei mestieri che tradizionalmente sono maschili.Qui sulla Repubblica degli Stagisti da tempo abbiamo deciso di occuparci in profondità di questi temi. Lo abbiamo fatto attraverso una serie di articoli dedicati proprio a cosa vuol dire studiare le Stem per le ragazze, prendendo queste materie una per una e facendole raccontare alle donne ”pioniere”, che si impegnano ogni giorno per portare più ragazze nelle aule di ingegneria, di fisica, di informatica.Lo abbiamo fatto dedicando quest’anno il focus della nostra guida annuale, Best Stage, proprio alle “ragazze al lavoro”, evidenziando non solo i dati statistici su quanto le ragazze si tengano purtroppo alla larga dalle scuole e dalle facoltà universitarie che poi sono invece le più richieste dal mercato del lavoro – costruendosi di fatto da sole una sorta di “handicap”.E continueremo a farlo con la nuova rubrica ”Girl power” che racconterà le storie di donne, giovani e meno giovani, che hanno scelto di rompere gli stereotipi, studiare materie “da maschio” e fare lavori ”da maschio”, o ricoprire ruoli tipicamente maschili.Oggi parlo di questo tema così importante in televisione, nella trasmissione La vita in diretta su RaiUno. Una vetrina importante sopratutto per arrivare alle famiglie, che possono essere la chiave di volta per il superamento degli stereotipi. Se genitori e insegnanti impareranno a incoraggiare le ragazze a sviluppare le loro inclinazioni e curiosità, se le sproneranno a studiare e fare quel che piace a loro e non quello che “è normale” che piaccia alle ragazze, allora potremmo trovarci tra qualche anno un mercato del lavoro profondamente diverso, con molte più ragazze con competenze Stem, capaci di competere per i posti di lavoro più numerosi e ben pagati.Bisogna far conoscere tutte le iniziative che esistono sul territorio per un empowerment delle giovani donne; per esempio l’evento di domani mattina a Milano organizzato da Fondazione Mondo Digitale, dal titolo #SheMeansBusiness, che avrà un intervento di apertura di Nicola Mendelsohn, vicepresidente di Facebook per l’Europa, e le storie di alcune startupper «che hanno creato e costruito con successo la loro attività».Altrimenti la situazione continuerà a stagnare, e le classifiche internazionali continueranno a tratteggiare un’Italia arretrata, con livelli di occupazione femminile troppo bassi e di disoccupazione e inattività femminile troppo alti e un gender pay gap – la differenza tra quanto, a parità di ruolo e mansioni, viene pagato un uomo rispetto a quanto viene pagata una donna – che non accenna a diminuire. Un paese dove una dipendente che va in maternità è ancora vista come una iattura, e dove zitti zitti molti ancora pensano che, in una situazione di crisi economica, il posto di lavoro del capofamiglia (maschio) sia quello che andrebbe salvaguardato, e che la donna può anche tornare a fare le faccende domestiche.Beh, no grazie.Eleonora Voltolina

Career day di Almalaurea a Roma, presenti anche quattro aziende virtuose dell’RdS network

I neolaureati sono sempre a caccia di buone opportunità, e domani hanno un’occasione in più per farlo. A Roma, al Palazzo dei Congressi dell’Eur, giovedì 19 ottobre si tiene il nuovo career day di Almalaurea, la fiera del lavoro che periodicamente riunisce piccole, medie e grandi imprese a caccia di talenti. Il career day consente ai giovani infatti non solo di conoscere nuove aziende e di lasciare il proprio curriculum ai vari stand aziendali, ma anche di incontrare personalmente gli addetti alle risorse umane - un’occasione preziosa, che a volte può fare la differenza rispetto ad una semplice application spontanea per email o sulle sezioni “Lavora con noi” dei siti aziendali.Più di 60 aziende prenderanno parte al career day di domani, dalle 9 alle 17. La varietà è grande, e spazia dalle società di consulenza alle banche, dai grandi gruppi assicurativi alle aziende automobilistiche. Tra loro, ci saranno anche Bricocenter, EY, Magneti Marelli e Tetra Pak, quattro delle aziende virtuose parte del network della Repubblica degli Stagisti e garanzia di qualità nel trattamento degli stagisti e dei giovani in generale. «Bricocenter è un'azienda in trasformazione dove le innovazioni hanno un grande valore. Per questo motivo è per noi importante incontrare giovani laureati che possano entrare nella nostra realtà, partecipare a nuovi progetti, sperimentare nuovi approcci, sviluppare le proprie competenze e contribuire con il loro talento all'evoluzione della nostra insegna» dichiara Sara Cicognani, recruiter di Bricocenter.Per partecipare alla giornata di recruitment basta aggiornare il proprio cv sul sito di Almalaurea, e poi iscriversi all’evento. Nella pagina di registrazione è anche possibile segnalare il proprio cv direttamente alle aziende per un breve colloquio: una novità interessante, che aiuta i giovani ad avere un contatto mirato con le realtà per loro di interesse, e anche le aziende nella ricerca dei profili professionali più vicini alle loro necessità.L’ultima edizione dell’iniziativa, che si è tenuta a maggio a Napoli e a Milano, ha visto la partecipazione di oltre 40 aziende e di 4mila laureati, che hanno svolto più di 2mila colloqui individuali. Con la sua banca dati di 2,4 milioni di curriculum certificati dai 73 atenei aderenti al consorzio, rappresentanti oltre il 92% della popolazione dei laureati del Paese, Almalaurea offre una piattaforma solida per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e rappresenta una risorsa a cui le aziende già attingono largamente da anni.Non resta che armarsi di curriculum e di sorriso, allora, per andare ad incontrare le tante aziende del career day: una sorta di speed-dating del lavoro in cui cercare il match perfetto per sé e dare il via ad una bella “storia” lavorativa. Buona fortuna!Irene Dominioni

348 opportunità di stage in ambasciate, consolati e istituti di cultura: 300 euro al mese di rimborso, bando aperto fino al 23 ottobre

Tornano i tirocini al ministero degli Esteri. Il bando, aperto la settimana scorsa e online fino al 23 ottobre, mette in palio 348 posti in ambasciate, rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali, consolati e istituti di cultura. Qualcosa di simile al vecchio Mae-Crui: ora però questi tirocini si chiamano Maeci-Crui. Il programma Mae-Crui era stato interrotto nel 2012 e poi sostituito nel 2015 con questo nuovo Maeci-Crui, ma soltanto in via sperimentale, con tre mini-bandi: il primo da 82 posti (il bando, uscito a luglio 2015, riguardava tirocini da svolgersi da ottobre a dicembre 2015); poi il secondo da 77 posti (bando di ottobre 2015, con tirocini da gennaio ad aprile 2016); e il terzo da 82 posti (bando di gennaio 2016, tirocini da aprile a luglio 2016). Per un totale di soli 241 posti. Un numero davvero molto basso, sopratutto considerando che l'originale Mae-Crui metteva a bando più o meno 1.800 posti all'anno. Poi, da gennaio 2016 a settembre 2017 più niente. Fino ad oggi. Il bando attualmente aperto è frutto di un lungo lavoro: al tavolo ministero dell'Istruzione, ministero degli Esteri, Conferenza dei rettori, e alcuni parlamentari particolarmente sensibili al tema, prima fra tutte la giovane democratica Lia Quartapelle. Rispetto al vecchio Mae-Crui, le differenze più rilevanti sono due. La prima è che questi tirocini sono esclusivamente curriculari. Sono esclusi a priori dalla partecipazione, cioè, i laureati (anche neolaureati). Per candidarsi bisogna essere tassativamente studenti - anzi, non ci si può nemmeno laureare in itinere. Lo status di studente deve essere confermato dal momento della candidatura a quello dello svolgimento dello stage, fino alla sua conclusione. La seconda differenza è che, a differenza del Mae-Crui che per i partecipanti non prevedeva un euro, finalmente c'è un minimo di indennità. Qui bisogna notare che, rispetto ai tre mini-bandi “di transizione”, invece c'è stato di fatto un piccolo peggioramento. Per le tre sessioni 2015-2016 a favore dei tirocinanti era previsto un emolumento di 400 euro, 200 erogati dall'università e 200 dal Maeci. Il Maeci, se forniva l'alloggio, era esonerato dal pagamento dei suoi 200. Adesso per i tirocinanti è previsto un compenso pari a 300 euro, tutti erogati dall'università. Il che sembra sia un miglioramento, se non fosse che il Maeci non ci mette più soldi. Ci mette l'alloggio, ove possibile, ma quante sedi diplomatiche effettivamente lo mettono a disposizione? Solo 21 su 251. Dunque di fatto possiamo dire che il compenso dei tirocinanti è diminuito del 25%, salvo un piccolissimo 8% di partecipanti che riceverà il compenso ma anche l'alloggio.  In realtà non è proprio così. «Alcune sedi diplomatiche potranno erogare delle indennità integrative ai loro Maecicruini, in aggiunta ai 300 euro del Miur» assicura Lia Quartapelle. Però ciò significa che i candidati non potranno sapere in anticipo se riceveranno un'integrazione ai 300 euro mensili, oppure no. Il che è un tema non da poco: la sostenibilità economica è da sempre il tallone d'Achille di questo programma di tirocini, pensati per chi ha famiglie benestanti, in grado di pagare viaggi (a volte anche intercontinentali), assicurazioni mediche, stanze in affitto. Perché non insistere per una maggiore uniformità e trasparenza?«Sembra incredibile per un programma che è win-win per i ragazzi e l’amministrazione pubblica e che costa relativamente poco, ma... trovare le risorse per riattivare il programma non è stato facile» aggiunge Quartapelle: «Il rimborso non è solo una questione di dignità per i giovani che hanno voglia di mettersi al servizio dell’Italia e delle sue rappresentanze all’estero, ma può essere il discrimine che permette la partecipazione al programma o meno. Per questo abbiamo lavorato per mettere una soglia, quella dei 300 euro mensili, al di sotto della quale non si potesse assolutamente scendere: è un modo per affermare che non si lavora gratis e per venire incontro a quei ragazzi che senza almeno un minimo riconoscimento economico sarebbero stati esclusi dal programma perché troppo costoso. Questa soglia vale per tutti i tirocini curricolari, per i quali in teoria, il riconoscimento dei crediti formativi avrebbe potuto sostituire il rimborso. Ma la nostra è stata una battaglia di principio». Adesso la partita sarà quella di riammettere i neolaureati alla possibilità di fare questo tipo di esperienze: «Ora puntiamo anche ai tirocini extracurriculari» aggiunge Quartapelle: «Il nostro prossimo obiettivo è far riaprire i Maeci-Crui anche ai neolaureati, attraverso un bando ad hoc. E per questo avremo bisogno di ulteriori risorse economiche, perché gli extracurriculari hanno già finito i loro studi, hanno delle competenze più solide e, nel quadro dei programmi di inserimento al lavoro, hanno diritto ad un rimborso certamente superiore ai 300 euro». Dunque, ricapitolando. Ci sono 348 posti a disposizione, sparsi su 251 sedi diplomatiche in giro per il mondo (da notare: non sono previste stavolta posizioni all'interno della Farnesina), a cui ci si può candidare compilando l'apposito form entro le 17 di lunedì 23 ottobre. Coloro che verranno selezionati cominceranno lunedì 15 gennaio 2018 il proprio tirocinio nella sede a cui saranno stati assegnati e lo termineranno venerdì 13 aprile (salvo la possibilità di concordare una proroga, della durata massima di un mese). I requisiti principali per poter provare a cogliere questa opportunità sono avere la cittadinanza italiana, essere iscritti a uno dei 48 atenei aderenti all'iniziativa, avere meno di 28 anni, parlare l'inglese almeno a livello B2. Vi sono 12 classi di laurea ammesse per le candidature ai tirocini presso ambasciate, rappresentanze permanenti e consolati; mentre la platea si allarga enormemente se si vuole concorrere ai tirocini presso gli istituti di cultura. In questo caso sono 37 le classi di laurea per le quali è prevista la possibilità di candidatura, compresa quella di Lingue che era la grande esclusa nel passaggio da Mae-Crui a Maeci-Crui. Nell'elenco delle opportunità disponibili, tra i quali i giovani candidati sono chiamati a esprimere due preferenze, spiccano gli 8 posti presso il settore politico della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea a Bruxelles, i 7 posti presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Onu a Ginevra e altrettanti presso la rappresentanza permanente d'Italia all'Onu a New York, i 5 posti presso il Consolato generale di Londra, i 4 posti presso la Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Onu a Ginevra e altrettanti presso il settore culturale di quella presso l'Unione europea a Bruxelles, e i 3 posti presso il Consolato generale a Curitiba, in Brasile. Ma attenzione: candidarsi per questi posti non conviene affatto. In termini statistici, infatti, la stragrande maggioranza dei candidati esprime preferenza per le sedi diplomatiche più blasonate e le città e i Paesi più glamour – a chi non piacerebbe andare tre mesi nella Grande Mela? – e la probabilità di essere scelti crolla. Se si vogliono più chance di fare il Maeci-Crui, è molto più lungimirante invece scegliere sedi diplomatiche periferiche. Volete provarci? Qui un approfondimento su come funziona il bando e come si fa a candidarsi.Eleonora Voltolina

Bando Maeci Crui 2017, ecco come candidarsi agli stage nelle sedi diplomatiche italiane nel mondo

Sognate un'esperienza nel mondo della diplomazia internazionale? Il nuovo bando Maeci-Crui può fare al caso vostro. C'è tempo fino al 23 ottobre per candidarsi per uno dei 348 stage trimestrali che avranno luogo a partire dal 15 gennaio 2018 presso le sedi all’estero del ministero degli Esteri: ambasciate, rappresentanze permanenti presso le organizzazioni internazionali, consolati, istituti di cultura (IIC).Il bando riguarda tirocini curriculari, dunque è riservato agli studenti universitari; in particolare a chi sia attualmente iscritto a uno dei 48 atenei che aderiscono all'iniziativa (l'elenco è in fondo alla pagina), e che non preveda di laurearsi prima della metà di aprile del 2018.Per i partecipanti è previsto un rimborso spese mensile forfettario di 300 euro, più la possibilità di alloggio gratuito nelle sedi diplomatiche che dispongono di appartamenti per dipendenti e collaboratori (purtroppo si tratta di sole 21 sedi sulle 251 presenti nel bando). Possono candidarsi gli studenti iscritti a 12 specifiche classi di laurea: Giurisprudenza (LMG/01), Finanza (LM-16), Relazioni internazionali (LM-52), Scienze dell'economia (LM-56), Scienze della politica (LM-62), Scienze delle pubbliche amministrazioni (LM-63), Scienze economiche per l'ambiente e la cultura (LM-76), Scienze economico-aziendali (LM-77), Scienze per la cooperazione allo sviluppo (LM-81), Servizio sociale e politiche sociali (LM-87), Sociologia e ricerca sociale (LM-88) e Studi europei (LM-90).La facoltà di Lingue è tra quelle escluse, ma viene ripescata tra le 37 classi di laurea ammesse alla candidatura per i tirocini presso gli istituti di cultura, che rappresentano 62 dei 348 posti a disposizione (pari al 18% del totale). Anche in questo caso, per semplicità l'elenco è in fondo alla pagina.  I requisiti per candidarsi sono, in sintesi: avere la cittadinanza italiana; non essere stati condannati o imputati in procedimenti penali; non essere destinatari di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione; avere acquisito almeno 60 crediti formativi universitari (cfu) nel caso delle lauree specialistiche o magistrali e almeno 230 cfu nel caso delle lauree magistrali a ciclo unico. Seerve inoltre una conoscenza certificata dell'inglese a livello B2 e, a titolo preferenziale di una seconda lingua straniera. Necessario infine avere una media non inferiore a 27/30 e un’età non superiore ai 28 anni.Non possono invece ricandidarsi coloro che abbiano già svolto un tirocinio Maeci-Crui e i vincitori di passate edizioni che abbiano rinunciato in precedenza - per qualsiasi motivo - al posto offerto. Possono invece ricandidarsi i candidati selezionati per un subentro che avessero rinunciato al posto offerto.I tirocini hanno durata trimestrale, a tempo pieno, con partenza il 15 gennaio e termine il 13 aprile, e la possibilità di concordare una proroga (di massimo un mese).Ci si candida online, compilando il form entro le ore 17 di lunedì 23 ottobre. Tra i documenti da inserire, un modulo di autocertificazione della veridicità delle informazioni fornite, la scannerizzazione di un documento di identità, una lettera motivazionale.Ogni candidato deve indicare obbligatoriamente la sua preferenza per due sedi di destinazione, una nel Gruppo 1 (ovvero Paesi UE, Norvegia, Principato di Monaco, Santa Sede, Svizzera, USA) e l'altra nel Gruppo 2 (resto del mondo). Tutte le candidature verranno preselezionate dalle università di appartenenza, che verificheranno il possesso dei requisiti indicati nel bando; al termine della preselezione, le candidature ritenute idonee verranno esaminate da una Commissione congiunta Maeci - Miur - Fondazione Crui che effettuerà la selezione finale. I 348 candidati prescelti avranno tre giorni, una volta ricevuta la comunicazione di ammissione da parte della propria università, per accettare o declinare l'offerta. I tirocini comportano il riconoscimento di almeno 1 credito formativo universitario per ciascun mese di attività effettiva, ferma restando la valutazione del periodo formativo di competenza degli atenei di riferimento.Elenco atenei:1) - Alma Mater Studiorum Università di Bologna2) - Libera Università "Maria SS. Assunta"3) - LUMSA4) - Libera Università di Lingue e Comunicazione5) - IULM6) - Sapienza Università di Roma7) - Università Ca' Foscari Venezia8) - Università Cattolica del Sacro Cuore9) - Università Commerciale "Luigi Bocconi"10) - Università degli Studi dell'Insubria11) - Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"12) - Università degli Studi di Bergamo13) - Università degli Studi di Brescia14) - Università degli Studi di Cagliari15) - Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale16) - Università degli Studi di Catania17) - Università degli Studi di Firenze18) - Università degli Studi di Genova19) - Università degli Studi di Milano20) - Università degli Studi di Milano Bicocca21) - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia22) - Università degli Studi di Napoli "Federico II"23) - Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"24) - Università degli Studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"25) - Università degli Studi di Padova26) - Università degli Studi di Palermo27) - Università degli Studi di Parma28) - Università degli Studi di Pavia29) - Università degli Studi di Perugia30) - Università degli Studi di Roma Tor Vergata31) - Università degli Studi di Roma Tre32) - Università degli Studi di Salerno33) - Università degli Studi di Sassari34) - Università degli Studi di Siena35) - Università degli Studi di Teramo36) - Università degli Studi di Torino37) - Università degli Studi di Trento38) - Università degli Studi di Trieste39) - Università degli Studi di Udine40) - Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"41) - Università degli Studi di Verona42) - Università degli Studi Internazionali di Roma43) - UNINT44) - Università del Salento45) - Università per Stranieri di Perugia46) - Università Politecnica delle Marche1) Bari - Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"2) Bari Politecnico - Politecnico di Bari3) Bergamo - Università degli Studi di Bergamo4) Bologna - Alma Mater Studiorum 5) Università di Bologna6) Brescia - Università degli Studi di Brescia7) Cagliari - Università degli Studi di Cagliari8) Camerino - Università degli studi di Camerino9) Campania Vanvitelli - Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli10) Catania - Università degli Studi di Catania11) Firenze - Università degli Studi di Firenze12) Genova - Università degli Studi di Genova13) Insubria - Università dell'Insubria14) Macerata - Università degli Studi di Macerata15) Messina - Università degli Studi di Messina16) Milano - Università degli Studi di Milano17) Milano Bicocca - Università degli Studi di Milano-Bicocca18) Milano Bocconi - Università Commerciale "Luigi Bocconi"19) Milano Cattolica - Università Cattolica del Sacro Cuore20) Milano IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM21) Napoli Federico II - Università degli Studi di Napoli "Federico II"22) Napoli L'Orientale - Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"23) Napoli Parthenope - Università degli Studi di Napoli "Parthenope"24) Napoli Suor O. Benincasa - Univesità degli Studi "Suor Orsola Benincasa”25) Padova - Università degli Studi di Padova26) Palermo Università degli Studi di Palermo27) Parma - Università degli Studi di Parma- Pavia 28) Università degli Studi di Pavia29) Perugia Stranieri - Università per Stranieri di Perugia30) Piemonte Orientale - Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"31) Pisa Scuola S. Anna - Scuola Superiore "S.Anna" di Studi Universitari e di Perfezionamento32) Roma LUISS G. Carli - Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli”33) Roma LUMSA - Libera Università "Maria SS. Assunta" – LUMSA34) Roma Sapienza - Università degli Studi di Roma "La Sapienza"35) Roma Tor Vergata - Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"36) Salerno - Università degli Studi di Salerno37) Sassari - Università degli Studi di Sassari38) Scuola Normale Superiore - Scuola Normale Superiore39) Siena - Università degli Studi di Siena40) Siena Stranieri - Università per Stranieri di Siena41) Teramo - Università degli Studi di Teramo42) Torino - Università degli Studi di Torino43) Trento - Università degli Studi di Trento44) Trieste - Università degli Studi di Trieste45) Udine - Università degli Studi di Udine46) Urbino - Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"47) Venezia Ca' Foscari - Università Ca' Foscari Venezia48) Verona - Università degli Studi di VeronaElenco classi di laurea ammissibili per candidature a posizioni in IIC:- Giurisprudenza (LMG/01) - Antropologia culturale ed Etnologia (LM-01) - Archeologia (LM-02)- Archivistica e Biblioteconomia (LM-05)- Conservazione dei beni architettonici e ambientali (LM-10)- Conservazione e Restauro dei beni culturali (LM-11)- Filologia moderna (LM-14)- Filologia, Letterature e Storia dell’antichità (LM-15)- Finanza (LM-16)- Informazione e Sistemi editoriali (LM-19)- Lingue e letterature dell’Asia e dell’Africa (LM-36)- Lingue e letterature moderne europee e americane (LM-37)- Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale (LM-38)- Linguistica (LM-39)- Metodologie informatiche per le discipline umanistiche (LM-43)- Musicologia e beni culturali (LM-45)- Progettazione e gestione dei sistemi turistici (LM-49)- Relazioni internazionali (LM-52)- Scienze dell’economia (LM-56)- Scienze della comunicazione pubblica, d’impresa e pubblicità (LM-59)- Scienza della politica (LM-62)- Scienze delle pubbliche amministrazioni (LM-63)- Scienze delle religioni (LM-64) - Scienze dello spettacolo e produzione multimediale (LM-65)- Scienze economiche per l’ambiente e la cultura (LM-76)- Scienze economico-aziendali (LM-77)- Scienze filosofiche (LM-78)- Scienze per la cooperazione allo sviluppo (LM-81)- Scienze storiche (LM-84)- Servizio sociale e politiche sociali (LM-87)- Sociologia e ricerca sociale (LM-88)- Storia dell’arte (LM-89)- Studi europei (LM-90)- Tecniche e metodi per la società dell’informazione (LM-91)- Teorie della comunicazione (LM-92)- Traduzione specialistica e interpretariato (LM-94)- Conservazione e restauro dei beni culturali (LMR/02)Qui il link diretto al bando

I fuori sede riusciranno a votare alle prossime elezioni? Tutto dipende da un emendamento

Giovani che vengono da Bari e studiano a Pavia, che da Palermo si trasferiscono a Roma, a Padova da Napoli, a Bologna da Torino. Adulti che lavorano in una regione diversa dalla loro, e magari tornano a casa soltanto per le feste comandate. Sono i “fuori sede”, coloro che, per motivi di studio, lavoro o magari di salute, sono lontani da casa, anzi, per essere più precisi, dal loro comune di residenza. E quando si tratta di votare per le elezioni, sono grane. Per poter votare dall’estero il meccanismo è già consolidato da qualche anno, e basta essere registrati all’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, per imbucare il proprio voto nella cassetta postale (anche se, va detto, ci sono moltissimi italiani all’estero che non sono iscritti nei suoi registri). All’interno dei confini italiani, però, paradossalmente questo diritto non esiste: il voto è strettamente vincolato alla residenza, e l’unica agevolazione che lo Stato concede ai suoi cittadini è un rimborso spese sulla tariffa intera del treno. Un italiano quindi potrebbe ritrovarsi a dover andare da Aosta a Siracusa, dovendo affrontare 23 ore di treno e un esborso di 200 euro, unicamente per votare. Com’è possibile che per poter esercitare un proprio diritto/dovere (che peraltro sarebbe anche opportuno facilitare, considerando che in Italia abbiamo un’affluenza pari al 60%, stando ai dati delle ultime amministrative) si debba complicare la vita in questo modo ai cittadini?Se l’erano chiesti, già diversi anni fa, anche i fondatori di quello che nel 2008 è diventato il Comitato Iovotofuorisede, nato proprio per sollevare la questione e consentire il voto in mobilità ai cittadini italiani che vivono lontani dalla propria regione. Dopo una petizione e il contatto con alcuni parlamentari e senatori, negli anni sono state elaborate diverse proposte di legge per rendere possibile l’early vote, la procedura di “voto anticipato” per le elezioni politiche, europee e referendarie per questi soggetti. Ben sei proposte, presentate dai deputati Carmelo Briguglio, Roberto Occhiuto, Federica Mogherini (oggi Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'UE) e Annagrazia Calabria e dai senatori Francesco Pardi e Stefano Ceccanti, che si erano però risolte in un nulla di fatto, visto il parere negativo del ministero dell’Interno che sosteneva “difficoltà organizzative“ e “rischio brogli e manomissioni” con questa procedura. Ieri, però, la proposta di emendamento alla legge elettorale è stata nuovamente presentata in una conferenza stampa alla Camera da Andrea Mazziotti, presidente della Commissione Affari istituzionali, rimettendo sul tavolo la questione.«Noi ci battiamo da dieci anni perché questo provvedimento venga attuato, dalla nostra prima petizione abbiamo ricevuto tante promesse, ma non si è mai concretizzato nulla» dice Stefano La Barbera, presidente del Comitato Iovotofuorisede. «Ieri abbiamo avuto la conferenza stampa per presentare la proposta, ma a metà giornata è stata emessa la fiducia, quindi l’emendamento è decaduto. Adesso stiamo spingendo perché venga discusso in Parlamento già questo giovedì». Il Comitato ha lanciato proprio oggi una petizione su Change.org perché il governo metta all’ordine del giorno l’emendamento e lo discuta il prima possibile. «Questo è un cambiamento che va introdotto se non vogliamo rimanere indietro rispetto al resto d’Europa. Siamo l’unico paese dell’Unione a non avere ancora una legislazione che consenta il voto in mobilità» aggiunge La Barbera.Già molti paesi europei, tra cui Danimarca, Francia e Germania, infatti, utilizzano diverse modalità di voto da remoto. In Italia l’ipotesi più plausibile sarebbe quella dell’advanced voting, ovvero la votazione presso una sezione elettorale diversa da quella a cui si è iscritti nel comune di residenza, come già si usa in Danimarca - «un esempio utile di un sistema con cui vota il 5% della popolazione e si conserva la segretezza del voto», specifica il presidente del Comitato. Se dovesse andare in porto, l’emendamento potrebbe essere applicato in due modi: con una modifica alla legge elettorale, oppure attraverso un decreto da parte del governo in cui si regolamentino le modalità di voto in mobilità. «Non chiediamo un meccanismo specifico, ma di interrompere questa “astensione forzata” che vale per un milione di italiani, e parliamo di una stima elaborata per difetto» aggiunge La Barbera.Sono molte le organizzazioni che hanno già dichiarato il loro appoggio all’iniziativa. Tra queste, oltre a Iovotofuorisede, anche l’Erasmus student network, i Giovani democratici, la Rete per l’eccellenza nazionale, Skuola.net, l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca (ADI), il Comitato Ventotene e l’Associazione nazionale famiglia emigrati. Andrea Mazziotti, che ha presentato la proposta, peraltro, si è distinto per aver promosso in passato diverse proposte di legge, tra cui la riforma dell’articolo 38 della Costituzione per garantire l’equità generazionale delle pensioni, sottoscritta da deputati di maggioranza e opposizione, e il compenso minimo per tirocinanti e praticanti negli studi professionali, con un restyling delle norme elettive per i vertici di alcune categorie professionali e uno “svecchiamento” degli ordini.Dal Comitato si dicono speranzosi di vedere la misura entrare in vigore entro le elezioni politiche della primavera 2018. «Il provvedimento era già stato appoggiato da più parti, sappiamo che il Parlamento è favorevole e speriamo che venga approvato in blocco soprattutto dal PD. La nostra richiesta è che non si rimandi più, questa è l’ultima occasione che abbiamo in questa legislatura di attuarlo», incalza La Barbera. Tra gli esponenti che si sono schierati a favore della proposta, Maria Elena Boschi, Anna Finocchiaro e Anna Ascani, dell’intergruppo giovani del Parlamento, con cui “abbiamo un’interlocuzione costante”, specifica il presidente del comitato.«Le promesse che l’attuale governo ci ha fatto devono essere mantenute. I disegni di legge presentati finora sono quelli che hanno portato all’approvazione del voto all’estero anche per chi ci vive solo temporaneamente, e secondo lo stesso principio chiediamo che venga applicato anche qui». E in effetti, se il problema si può considerare risolto per gli italiani all’estero, oltre 4,8 milioni nel 2016 (nonostante l’iscrizione all’Aire e le tempistiche rimangano un po’ macchinose), basti dire che gli studenti che frequentano l’università al di fuori della propria regione sono ben 349mila (dato Istat del 2015), il che rappresenta solo una parte degli italiani in mobilità in altre regioni.Dal Comitato, infine, tengono a sottolineare come si tratti di un emendamento tecnico e non politico. «L’early vote in prefettura garantisce segretezza e certezza, libera il diritto di voto e combatte l’astensione», riporta Andrea Mazziotti sul suo blog. E, soprattutto, «l’early vote assicura poi risparmi». Infatti, stando ai dati riportati, i rimborsi delle agevolazioni ferroviarie o marittime hanno richiesto l’impiego di circa 30 milioni di soldi pubblici tra il 2004 e il 2009, mentre la stima del governo sul voto dei cittadini temporaneamente all’estero nel 2011 si fermava a 700mila euro.Dopo tante vicissitudini e rinvii, sembrerebbe essere arrivato il momento di dare una svolta alla questione, consentendo a tutti, a partire dai giovani, di esprimere il proprio voto anche a distanza, cercando di recuperare un almeno un po’ sul cronico ritardo italiano nello scenario europeo. «La legge elettorale è l’occasione per innovare le procedure di voto. Con l’Italicum abbiamo dato la possibilità di votare all’estero ai cittadini temporaneamente fuori dai nostri confini, come gli studenti Erasmus» incalza Mazziotti. «Ora facciamolo anche per chi studia o lavora a Milano, Bologna o Roma e risiede in un’altra regione. Una scelta di innovazione democratica».Irene Dominioni

Generazione cultura, il bando per fare stage nelle istituzioni culturali - e poi aprire una startup

Un mese e mezzo di formazione alla Luiss di Roma, sei mesi di stage con indennità in una delle tante istituzioni culturali italiane, dagli Uffizi di Firenze alla Reggia di Caserta, e l’opportunità di ricevere un finanziamento per un’idea di startup in ambito culturale. Questo è quel che si prospetta ai 50 giovani neolaureati entro i 27 anni che saranno ammessi a Generazione Cultura, il progetto promosso e finanziato dal Gioco del Lotto in collaborazione con il MiBact, Ales (Arte lavoro e servizi, la società in house del Mibact) e Luiss Business school. Le candidature aprono da oggi fino al 1° novembre, e lo scopo è di promuovere innovative idee imprenditoriali nel campo dei beni culturali, notoriamente uno dei più preziosi e al tempo stesso bistrattati del nostro Paese, attraverso l’intraprendenza e la creatività delle nuove generazioni.«L’idea di fondo è che noi abbiamo fondamentalmente due asset non sfruttati a pieno, i beni culturali, di cui abbiamo la maggiore concentrazione al mondo, e i giovani», dice alla Repubblica degli Stagisti Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School. «Generazione Cultura tende a mettere insieme la freschezza, l’innovazione e la capacità di sviluppo imprenditoriale di giovani ad alto potenziale al servizio dello sviluppo del settore culturale, e lo fa fornendo strumenti formativi di conoscenza del settore della cultura ma anche dell’innovazione in questo campo, offrendo uno stage all’interno di enti e fondazioni culturali, per sperimentare cosa significa veramente gestire, valorizzare e mantenere i beni culturali e, non meno importante, un contest di idee per lanciare dei progetti innovativi che potrebbero essere oggetto di incubazione all’interno dell’università Luiss».Per partecipare al programma bisogna essere nati dopo il 2/10/1989, possedere un titolo di laurea magistrale in qualsiasi disciplina e avere un buon livello di inglese. Il test di ammissione e il colloquio per sondare motivazione e conoscenza della lingua inglese avverranno da novembre e, per gli ammessi, le lezioni partiranno a gennaio 2018. La formazione di 200 ore, spalmata su 6 settimane, è curata dalla Luiss Business School e verte sui temi della Digital transformation e comunicazione, Marketing dell’arte e della cultura, Adventure Lab, Cultural project management ed Economia e gestione delle istituzioni culturali pubbliche italiane. Gli stage sono previsti da marzo a settembre 2018 in uno dei 25 istituti tra musei, fondazioni e gallerie aderenti, con un rimborso spese pari a 3mila euro sui sei mesi, erogati in due tranche. Ma l’elemento cruciale e più intrigante è lo step dedicato allo sviluppo di idee di impresa: alla fine del percorso di stage i ragazzi presenteranno i loro progetti e i cinque più meritevoli saranno avviati alla fase di incubazione, dove potranno completare la stesura del business plan e usufruire di un servizio di tutoring on demand per l’analisi competitiva, il posizionamento di mercato e la definizione di tutte le fasi che caratterizzano il pre-seed delle nuove idee imprenditoriali.Quella in apertura domani è la seconda tornata di selezioni. La prima, avviata a marzo, ha già portato il gruppo iniziale dei partecipanti alla fine del periodo di formazione, e proprio in questi giorni si stanno apprestando ad iniziare lo stage. La Repubblica degli Stagisti li ha sentiti per sapere se finora sono stati soddisfatti del programma. «La formazione è stata una pagina molto importante del progetto, perché ci siamo confrontati con i maggiori esperti del settore della cultura. L’aspetto fondamentale è poter acquisire delle competenze che attualmente sono richieste, perché in Italia c’è una crescente necessità di digitalizzare qualsiasi cosa, e noi abbiamo studiato un po’ come si fa» racconta Anna Maria Maselli, 26enne campana, laureata in Filosofia con un master in Management delle organizzazioni no profit. Quali aspettative hanno verso lo stage? «Mi aspetto soprattutto di imparare il più possibile, e soprattutto da un punto di vista pratico, come mettere a frutto i miei studi e la formazione che ho ricevuto in una realtà concreta. Da quanto mi è stato detto mi occuperò principalmente di gestione degli eventi e di comunicazione» dice Sara Da Ronch da Padova, 25 anni, laureata in Lettere e Filologia moderna e in procinto di iniziare il tirocinio alle gallerie dell'Accademia di Venezia. E quanto riguarda le idee di startup? «Durante il percorso formativo abbiamo tutti ideato un progetto» racconta Piercarlo Zizzari, salentino laureato in Giurisprudenza: «Chi di noi ha pensato a proposte simili si è unito in un unico gruppo, e devo dire che il corso, da questo punto di vista, ha forse dato la giusta carica a più di qualcuno per mettersi in moto. E’ proprio per questo che mi sento di poter consigliare Generazione Cultura».Sembrano tutti soddisfatti, management compreso, tant’è che «si sta già discutendo per ripartire con una nuova edizione di Generazione Cultura», racconta Boccardelli. C’è un però. Il settore culturale nel nostro Paese è notoriamente in crisi da lungo tempo, tanto da essere definito «il più grande disinvestimento settoriale che si sia avuto in Italia negli anni 2000», secondo l’ultimo report dell’Agenzia per la coesione territoriale. Secondo le stime di Eurostat, l’Italia ha più siti culturali Unesco di tutti gli Stati Europei, e nonostante il settore culturale sia il terzo in Italia per numero di occupati (880mila nel 2015), il suo livello di impiegati è minore della maggior parte degli altri paesi europei. In più, la spesa pro capite in cultura continua a diminuire (dai 121 euro pro capite del 2014 ai 119 del 2015), segno di un’Italia che, seppur ricca di cultura, non sa fruirne o non vuole valorizzarla a dovere. E’ possibile che un progetto come Generazione Cultura riesca a cambiare le carte in tavola? «E’ vero che esiste un tema di domanda di mercato, nel senso che i beni e i servizi culturali hanno subìto una flessione legata in parte al ciclo economico e alla crisi, e in Italia forse si potrebbe fare di più per far crescere la nostra società verso un consumo di prodotti culturali più ricco» dice Boccardelli. «Però c’è anche un problema di offerta: in altri mercati, il bene di natura culturale viene fruito in maniera più efficace. In questo senso Generazione Cultura non è un progetto di formazione, ma un progetto culturale che pone le basi per costruire una classe di talenti che hanno a cuore lo sviluppo del patrimonio culturale, e soprattutto lo sviluppo dell’offerta di beni e servizi culturali che permettano anche di alimentare la domanda». Eppure, secondo Almalaurea, i laureati in materie umanistiche sono i più penalizzati, a un anno dal diploma: quante possibilità hanno i partecipanti al programma riuscire a trovare un impiego in questo campo? «Se le persone che approcciano Generazione Cultura pensano di utilizzare le proprie competenze culturali solo per fare il sovrintendente, questo non è il programma per loro: la domanda è quella dei concorsi per sovrintendenti ai beni culturali» scherza Boccardelli. «Il programma che noi offriamo è un programma di sviluppo di competenze gestionali, con un approccio innovativo e imprenditoriale applicato al settore culturale, quindi un percorso diverso. Quelle lauree hanno uno sbocco naturale nelle professioni culturali, ma sicuramente la domanda è superiore per le professioni gestionali legate al mercato dei servizi culturali. La promessa è di costruire una professionalità solida che questo mercato riconoscerà, perché è quello di cui ha bisogno».E’ anche per questo che il progetto rimane aperto ai laureati di tutte le discipline, vedendo nell’interdisciplinarietà un valore aggiunto nella formazione di team innovativi. Anche chi possiede competenze più tecniche, quindi, può metterle a disposizione per esempio per il lancio di un’iniziativa digitale o la progettazione di una nuova customer experience all’interno di un museo. Alla fine, l’elemento distintivo è la passione per il prodotto cultura, al di là del background di studi.I partecipanti a Generazione Cultura potrebbero quindi sì trovare collocazione all’interno delle istituzioni culturali esistenti, ma anche nel mondo delle imprese che offrono servizi nei settori culturali, come eventi, servizi di gestione, o società di consulenza; o, infine, sviluppare progetti imprenditoriali che colmino un bisogno del mercato non soddisfatto pienamente dall’offerta culturale attuale. Certo è che un mese e mezzo di formazione suona come un periodo un po’ breve per costruire una professionalità solida, in grado di dare vita ad una startup. «La formazione imprenditoriale è legata a tutto il percorso, l’importante è acquisire strumenti e conoscenza del settore culturale, sperimentare all’interno di alcune organizzazioni cosa significa gestire beni e servizi culturali. Fare la startup invece è tutta un’altra storia: c’è la fase di incubazione, con un’attività di assistenza, di formazione e di mentorship, è un processo che si sviluppa in un tempo molto più lungo. Quello che noi facciamo è portare i ragazzi all’inizio di questo percorso, stimolando la loro creatività e cercando il collegamento con altre risorse e competenze che possono completare il team imprenditoriale» replica Boccardelli. «Noi offriamo una piattaforma di relazioni e di opportunità tali per cui, se ci sono in campo gli ingredienti giusti e la giusta motivazione, qualcosa di buono si riesce a fare».La partita è aperta, ed è inevitabilmente destinata a giocarsi su più piani, sia su quello del talento individuale, sia sulla capacità del sistema di incanalare e sviluppare questo talento. «Il settore dei beni culturali in Italia è e rimarrà in crisi anche dopo questo esperimento; se e come questo progetto migliorerà la situazione delle realtà culturali italiane, dipenderà esclusivamente dalla destrezza degli agenti di questo settore di poter cogliere al volo l'enorme potenzialità che la Luiss sta mettendo in campo» riflette Piercarlo Zizzari. «Spero che Generazione Cultura possa darmi un aiuto nell'aprirmi un varco in questo settore e soprattutto nel potervi dare un contributo, ma penso anche che questo dipenda in prima persona da noi stessi, da come viviamo quest'opportunità e da ciò che seminiamo durante il percorso», aggiunge Sara Da Ronch. Se questa è la strada da intraprendere, la scommessa di Generazione Cultura dovrebbe iniziare a portare i suoi frutti nella prossima primavera, quando le prime idee di startup verranno incubate.  Almeno per il momento, però, sembrerebbe di aver imboccato la giusta direzione: la valorizzazione culturale, insieme a quella dei giovani, non potrà che rappresentare un passo positivo per il progresso del Paese.Irene Dominioni