Perché è importante parlare di occupazione femminile, a partire da cosa studiano le ragazze

Eleonora Voltolina

Eleonora Voltolina

Scritto il 06 Nov 2017 in Notizie

cosa studiare occupazione femminile STEM

Cosa studiano le ragazze? A che lavori aspirano? Che riscontri trovano sulla loro strada, a scuola, in famiglia, nella cerchia di amici, quando pensano e parlano del loro futuro lavorativo?

Ci sono ancora tanti, troppi pregiudizi su cosa le donne possano o non possano fare nel mondo del lavoro – o meglio, cosa sarebbe opportuno e preferibile che facessero o non facessero. Le ragazze raramente vengono incoraggiate nello studio delle materie tecnico-scientifiche; già nel passaggio tra scuole medie e scuole superiori subito lo stereotipo di genere impatta, se non sui licei, sicuramente sugli istituti tecnici e sulle scuole professionali, facendo sì che alcuni indirizzi – interi istituti! – raccolgano studenti di un solo genere. Stessa cosa nel passaggio tra le superiori e l’università: ancor oggi le facoltà “Stem” – dove si studiano materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche – sono scelte in maggioranza da studenti maschi. Come se le studentesse sentissero una invisibile barriera, una difficoltà ad avvicinarsi e approcciarsi a questo tipo di materie, e ai mestieri a cui esse conducono.

stage lavoroE questo poi le penalizza, chiudendo loro le porte sulle opportunità lavorative più gratificanti, sui ruoli dirigenziali e sulle retribuzioni più sostanziose.

Uno dei problemi principali è appunto la rappresentazione del proprio futuro: “che lavoro fare da grande” nella testa delle bambine, delle ragazze. Se la prospettiva di potersi appassionare a qualcosa di tecnico o scientifico o tecnologico, e farne un lavoro, è ”socialmente accettata” oppure no. Se siamo pronti, a livello culturale, ad avere una folta schiera di ragazze determinate a fare le ingegnere, le meccaniche, le informatiche, insomma tutti quei mestieri che tradizionalmente sono maschili.

Qui sulla Repubblica degli Stagisti da tempo abbiamo deciso di occuparci in profondità di questi temi. Lo abbiamo fatto attraverso una serie di articoli dedicati proprio a cosa vuol dire studiare le Stem per le ragazze, prendendo queste materie una per una e facendole raccontare alle donne ”pioniere”, che si impegnano ogni giorno per portare più ragazze nelle aule di ingegneria, di fisica, di informatica.

Lo abbiamo fatto dedicando quest’anno il focus della nostra guida annuale, Best Stage, proprio alle “ragazze al lavoro”, evidenziando non solo i dati statistici su quanto le ragazze si tengano purtroppo alla larga dalle scuole e dalle facoltà universitarie che poi sono invece le più richieste dal mercato del lavoro – costruendosi di fatto da sole una sorta di “handicap”.

E continueremo a farlo con la nuova rubrica ”Girl power” che racconterà le storie di donne, giovani e meno giovani, che hanno scelto di rompere gli stereotipi, studiare materie “da maschio” e fare lavori ”da maschio”, o ricoprire ruoli tipicamente maschili.

Oggi parlo di questo tema così importante in televisione, nella trasmissione La vita in diretta su RaiUno. Una vetrina importante sopratutto per arrivare alle famiglie, che possono essere la chiave di volta per il superamento degli stereotipi. Se genitori e insegnanti impareranno a incoraggiare le ragazze a sviluppare le loro inclinazioni e curiosità, se le sproneranno a studiare e fare quel che piace a loro e non quello che “è normale” che piaccia alle ragazze, allora potremmo trovarci tra qualche anno un mercato del lavoro profondamente diverso, con molte più ragazze con competenze Stem, capaci di competere per i posti di lavoro più numerosi e ben pagati.

Bisogna far conoscere tutte le iniziative che esistono sul territorio per un empowerment delle giovani donne; per esempio l’evento di domani mattina a Milano organizzato da Fondazione Mondo Digitale, dal titolo #SheMeansBusiness, che avrà un intervento di apertura di Nicola Mendelsohn, vicepresidente di Facebook per l’Europa, e le storie di alcune startupper «che hanno creato e costruito con successo la loro attività».

Altrimenti la situazione continuerà a stagnare, e le classifiche internazionali continueranno a tratteggiare un’Italia arretrata, con livelli di occupazione femminile troppo bassi e di disoccupazione e inattività femminile troppo alti e un gender pay gap – la differenza tra quanto, a parità di ruolo e mansioni, viene pagato un uomo rispetto a quanto viene pagata una donna – che non accenna a diminuire. Un paese dove una dipendente che va in maternità è ancora vista come una iattura, e dove zitti zitti molti ancora pensano che, in una situazione di crisi economica, il posto di lavoro del capofamiglia (maschio) sia quello che andrebbe salvaguardato, e che la donna può anche tornare a fare le faccende domestiche.

Beh, no grazie.

Eleonora Voltolina

Community