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Fellowship Programme UN/Desa, un anno di lavoro all'estero con stipendi fino a 6mila dollari al mese

Riparte il Fellowship Programme, il programma finanziato dal Governo italiano attraverso la Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e curato dal dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UN/Desa), arrivato alla 21esima edizione.Obiettivo: offrire a giovani italiani l’opportunità di svolgere un’esperienza formativa e professionale nelle organizzazioni internazionali di circa dodici mesi, preceduta da un corso di formazione della durata di due settimane, in programma per maggio del prossimo anno. La scadenza per la presentazione delle candidature è il 30 ottobre 2020, esclusivamente online attraverso il sito UN/Desa.Anche per l’edizione 2020/2021 sono una quarantina i posti disponibili, con importi mensili variabili tra i 1.200 e i circa 6mila dollari a seconda del costo della vita della località di destinazione: si va ad esempio dai 1.200 della Guinea agli oltre 6mila dello Zambia. «Gli stipendi  vengono calcolati dall’International Civil Service Commission (ICSC) in base ad un insieme di costi locali variabili» spiega un addetto dell'ufficio UN/Desa alla Repubblica degli Stagisti: «In alcune città capitali alcune voci di spesa, come gli affitti di alloggi ufficialmente approvati, possono essere particolarmente alte. Grosse variazioni di mese in mese possono anche capitare dovuto a fattori del tipo svalutazione della valuta locale, inflazione galoppante, incertezze economiche dovute ad instabilità politica, e così via».Requisiti necessari per l’invio della candidatura sono: età inferiore ai 28 anni (con data di nascita il 1° gennaio 1992 o successiva, quindi); nazionalità italiana; ottima conoscenza della lingua inglese e italiana; possesso di uno dei seguenti titoli accademici: laurea specialistica/magistrale; laurea magistrale a ciclo unico; laurea triennale accompagnata da un titolo di master universitario; Bachelor’s Degree accompagnato da un titolo di master universitario.Per fornire ai candidati tutte le informazioni utili alla presentazione della domanda sono in corso dei webinar: il prossimo è previsto proprio oggi, mercoledì 21 ottobre, alle ore 17, e poi un altro lunedì 26 ottobre alle 10:30 di mattina.Dal 1999, anno della prima edizione, a oggi sono state inoltrate ogni anno in media poco più di 1.200 candidature, per una media di 33 partecipanti a ciascuna edizione. Relativamente all'edizione 2019/2020, le donne partecipanti sono state 27 (il 69% del totale) e 12 gli uomini, per una media di età di 26 anni e mezzo. La preselezione dei candidati è effettuata dall'ufficio UN/Desa di Roma. A seguito di un esame dei profili di tutti i candidati idonei, l'Ufficio redige una rosa di massimo cinque candidati per ciascuna borsa di studio, che soddisfano tutti i requisiti richiesti dall'organizzazione beneficiaria. Vengono prese in considerazione nell’ambito del processo di selezione anche caratteristiche e competenze come motivazione, conoscenze linguistiche e tecniche, qualifiche e specializzazioni universitarie, nonché esperienze volontarie e professionali. Solo i candidati selezionati vengono informati dell'esito del processo di preselezione, con l'invito a partecipare alle fasi successive del processo di selezione.La fase finale si compone di due parti: una prova scritta e un colloquio basato sulle competenze. La prova scritta è gestita sempre dall'ufficio UN/Desa di Roma tramite un'applicazione appositamente progettata. Le interviste sono condotte a distanza tramite videoconferenza da gruppi convocati dagli uffici destinatari, nel caso di borse di studio in agenzie/organizzazioni del Sistema delle Nazioni Unite, e convocati da UN/Desa, nel caso di borse di studio in uffici sul campo dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.L'integrità dell'intero processo di selezione viene successivamente esaminata dal Comitato Fellowship dell'UN/Desa nella sede centrale di New York, che è responsabile della finalizzazione dell'elenco dei candidati selezionati sulla base delle raccomandazioni di ciascuna giuria.Tutti i candidati selezionati vengono informati tramite e-mail dell'esito della selezione finale. Nei casi in cui il candidato di prima scelta rifiuta il premio, l'Ufficio UN/Desa di Roma contatta gli altri candidati consigliati in ordine di graduatoria per verificare la loro disponibilità.«Ho partecipato al Fellowship Programme nell'anno 2019-2020 e sto attualmente trascorrendo i miei ultimi mesi di fellowship in Niger» racconta il ventottenne Luigi Limone: «Lavoro per l'UNODC, che sta per United Nations Office on Drugs and Crime, e sono stato assegnato al Country Office a Niamey, la capitale del Paese, per occuparmi di assistenza tecnica e rafforzamento delle capacità delle autorità nazionali coinvolte nel contrasto alla tratta di esseri umani e al traffico illecito di migranti, con riferimento soprattutto agli aspetti di law enforcement & legal cooperation». Luigi ha una laurea magistrale in Relazioni e Istituzioni dell'Asia e dell'Africa con un focus sulle regioni Medio-Oriente/Nord Africa e Africa sub-sahariana, oltre a una triennale in Scienze della Mediazione linguistica e culturale che gli ha permesso di scoprire e approfondire i principali aspetti giuridici, economici, socio-culturali e linguistici del mondo arabo-islamico: «Il mio lavoro quotidiano prevede mansioni che vanno dall'organizzazione, implementazione e monitoraggio delle attività progettuali, in particolare formazioni, sessioni informative e tavole rotonde con il coinvolgimento dei diversi attori nazionali, regionali e internazionali coinvolti nella lotta contro la tratta di esseri umani e il traffico illeciti di migranti in Niger e nella regione dell'Africa occidentale, alla gestione e rafforzamento delle relazioni con le istituzioni nazionali, i principali, gli enti e le agenzie ONU e le organizzazioni internazionali e non-governative, alla ricerca di opportunità di finanziamento e alla stesura di nuovi progetti».Non si tratta della sua prima esperienza all'estero: «Avevo già fatto un Erasmus Mundus di un anno in Marocco, vissuto e lavorato per un po’ di tempo a Bruxelles e fatto esperienze di volontariato internazionale in Giordania. Tuttavia questa è la mia prima vera esperienza di lavoro sulla gestione e implementazione di progetti di assistenza tecnica e cooperazione allo sviluppo sul campo. La caratteristica del bando Fellowship è proprio quella di permettere a chi viene selezionato di svolgere un programma di learning on the job in un Paese in via di sviluppo; e io grazie alla Fellowship ho avuto l’occasione di farlo per la prima volta».La Fellowship di Luigi Limone prevede una borsa di studio di  2.999 dollari mensili, importo che «permette di coprire le principali spese che bisogna affrontare in un contesto particolarmente complicato come il Niger, in cui – a differenza di altre duty station previste nel Fellowship Programme – è richiesto il rispetto di una serie di misure di sicurezza, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di protezione attorno alle abitazioni per lo staff delle Nazioni e la comunità expat in generale a Niamey. L’alloggio non viene fornito dal Programme, che si occupa di assegnare una somma di denaro per coprire le spese – ma la ricerca dell’alloggio spetta ai singoli Fellow. In Niger lo staff Onu non vive in compounds, ma esiste comunque un quartiere specifico di Niamey dove è consigliato cercare l’alloggio e dove effettivamente tutto lo staff Onu vive. Attraverso un accordo con un’impresa locale, sono forniti guardiani che sorvegliano la casa 24 ore su 24, è richiesta la presenza del filo spinato attorno alle mura e le inferriate alle finestre, oltre che meccanismi di protezione e sicurezza interna». Ma com'è vivere all'estero in un periodo di pandemia mondiale? «In Niger gli effetti della pandemia si sono sentiti relativamente poco. Nel periodo “caldo”, quello compreso tra marzo e maggio, sono state introdotte misure come la chiusura delle frontiere terrestre e aeree, il coprifuoco durante la notte tra le 19 e le 6 di mattina, la chiusura dei principali luoghi pubblici come ristoranti e bar e l’isolamento della città di Niamey. Per quanto riguarda l’implementazione delle attività, sicuramente le organizzazioni umanitarie ne hanno risentito con possibilità di intervento limitate. Io per scelta ho deciso di rimanere in Niger, nonostante ci sia stata data la possibilità dal Fellowship Programme di continuare la fellowship in telelavoro dall’Italia. Devo dire che sono stato fortunato nella mia scelta, perchè da giugno l’emergenza Covid in Niger è terminata e abbiamo potuto riprendere le nostre attività, almeno a livello nazionale. Restano sospese quelle attività che richiedevano spostamenti nella regione o missioni all’estero. Ora mi ritrovo a Niamey e non sono ancora uscito dal Paese dall’inizio della Fellowship, quindi è inevitabile che si inizi a sentire un po’ di incertezza e pressione soprattutto alla luce di una seconda ondata in Europa e dei rischi di rimanere bloccato qui senza sapere quando potrò rivedere la mia famiglia. Sono comunque contento della decisione di essere rimasto, nonostante io debba ammettere che in un Paese come il Niger il Covid è forse l’ultimo dei problemi».A chi vuole prepararsi per il colloquio Luigi consiglia di «fare esperienze che possano permettere di acquisire competenze trasversali e allo stesso tempo specializzarsi in un paio di settori specifici. Le capacità di adattamento, la flessibilità e la predisposizione al lavoro in team, oltre alla conoscenza delle lingue e l'interesse verso le tematiche della cooperazione allo sviluppo sono sicuramente aspetti molto importanti e che vengono testati durante la fase di selezione».Chiara Del Priore

Vigilanza sulle pensioni, l'Autorità europea offre 1300 euro al mese ai suoi stagisti: il bando è aperto

Ancora qualche giorno a disposizione, e poi domenica 25 ottobre chiuderà la call per candidarsi a uno degli stage offerti dall'Autorità europea di vigilanza sulle pensioni e le assicurazioni, Eiopa, con sede a Francoforte, in Germania. I posti vacanti non sono molti, «tra i dieci e i quindici ogni anno» fa sapere alla Repubblica degli Stagisti Jerneja Orthmayr, addetta stampa dell'organizzazione. Ma il rimborso spese è sostanzioso, pari a 1.330 euro mensili netti. L'emergenza Covid sta aprendo a nuovi scenari sulle modalità di partecipazione ai tirocini, per cui non è escluso che possano svolgersi anche dalla propria postazione casalinga al computer.  «La sicurezza sarà messa al primo posto» sottolinea Orthmayr, «nel caso in cui presenziare in ufficio oppure viaggiare dal proprio paese di origine verso Francoforte risultasse rischioso oppure impossibile per eventuali future misure restrittive». Non è esclusa pertanto la possibilità di «lavorare da casa se si daranno queste circostanze». E se così dovesse essere «saranno studiati  programmi su misura per garantire ai partecipanti di beneficiare al massimo dell'esperienza». Al momento dunque tutte le opzioni restano aperte, anche perché i tirocini «avranno inizio a partire da gennaio 2021»: impossibile oggi fare previsioni accurate su a che punto sarà, allora, l'emergenza epidemiologica. La durata dei tirocini è flessibile, potendo variare da uno a sei mesi; per farsi avanti bisogna dimostrare di possedere i requisiti comunemente richiesti per i programmi di stage presso le istituzioni europee: la cittadinanza europea, una laurea già ottenuta oppure in fase di conseguimento, padronanza dell'inglese, non avere alle spalle ruoli quali assistente di un parlamentare europeo o un contratto a tempo determinato presso una istituzione Ue, «di qualunque durata esso sia» precisa il regolamento. Quanto al background di studi, è preferibile avere una preparazione di stampo economico, incentrata su materie quali Finanza, Corporate affairs, Protezione dei consumatori, oltre che una conoscenza dei principali pacchetti applicativi Microsoft. Uno dei passaggi centrali del programma prevede poi che sia il candidato a proporsi per un determinato dipartimento in cui opera l'Autorità. L'elenco è lungo e ben dettagliato. Solo per citare alcuni esempi, uno dei settori disponibili è il Dipartimento per la Protezione del consumatore, «responsabile di fornire supporto legislativo alla Commissione Ue, produrre linee guida per assicurare il rispetto della legislazione, monitorare il mercato per la mitigazione del rischio assicurativo». Gli stagisti qui si occupano di «analizzare normative in un'ottica comparata, realizzare ricerche anche in diverse lingue e preparare appunti per gli stakeholders, supportare nelle attività di realizzazione di documenti». Per chi invece fosse interessato al Dipartimento del Corporate Support, il cui compito principale è l'assegnazione delle risorse, i progetti a disposizione sono ad esempio nel campo del project managment o delle risorse umane. E ancora, per chi fosse attratto dall'area Rischi e Stabilità finanziaria, responsabile di monitorare i livelli di rischio nel campo assicurativo e pensionistico, le mansioni si concentrano su «contributi agli studi focalizzati sulla stabilità finanziaria, supporto sull'analisi dei mercati e dati statistici, contributo allo sviluppo di nuovi strumenti di analisi». Quasi tutto il regolamento è dedicato alla spiegazione del funzionamento dei vari dipartimenti e delle mansioni del tirocinante, per cui è cura del candidato proporsi per il profilo più confacente alla propria formazione e ai propri interessi. Curriculum e lettera motivazionale vanno poi redatti in inglese e spediti via mail. La palla passerà infine ai recruiter dei vari dipartimenti che li analizzeranno e valuteranno a seconda delle esigenze di organico. Potrà seguire, in caso di esito favorevole, una intervista via Skype o telefono. La corsa al posto non sarà in discesa perché «le candidature di quest'anno sono enormemente aumentate» sottolinea l'ufficio stampa. Quelle ricevute finora sono infatti 320, «contro le 43 del 2018». E tra quelle di due anni fa, ben 12 – dunque quasi un quarto – provenivano da italiani, come sempre tra i più attivi nella caccia al tirocinio in Europa.  Ilaria Mariotti 

Università, iscrizioni in aumento nonostante il Covid  

L'università è ricominciata e il temuto crollo delle nuove iscrizioni nell'anno del Covid-19 non c'è stato, anzi. A giudicare dai dati provvisori, si sta registrando una crescita di immatricolazioni. Dopo il semestre di didattica a distanza e sedute di laurea da remoto, in quasi tutte le università italiane in queste settimane si sta intanto avviando una nuova esperienza: il sistema misto, in cui convivono didattica in presenza e a distanza. Se infatti le lezioni negli atenei sono riprese in sede, le disposizioni anti Covid-19 consentono di accogliere solo circa il 50 per cento degli studenti in aula. Le università si sono quindi attrezzate con applicazioni e piattaforme di prenotazione online. Una volta esaurito il numero di posti, viene proposta allo studente la lezione online, da seguire in contemporanea da casa. Per garantire a tutti la possibilità di seguire in presenza, sono previsti turni alterni. In alcuni atenei, per garantire la ripresa almeno parziale delle attività è stato necessario prevedere spazi temporanei. A Padova l'università ha a disposizione il polo fieristico di Rovigo, un cinema e una parrocchia; a Firenze un cinema multisala; mentre la Luiss di Roma ha allestito appositamente due tensostrutture. Le indicazioni principali per chi torna in sede sono poche e semplici: distanziamento minimo di 1 metro, obbligo di mascherina anche da seduti durante la lezione, autocertificazione della temperatura corporea al di sotto di 37.5. «Da noi le lezioni sono cominciate il 28 settembre» spiega alla Repubblica degli Stagisti Eugenio Gaudio, rettore dell'università La Sapienza di Roma «ed entro fine ottobre saranno avviati tutti i corsi. Tendenzialmente gli studenti sono divisi in due/tre gruppi, che si alternano una settimana ciascuno in aula».  L'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, è al lavoro per monitorare la nuova esperienza di insegnamento. «Insieme alla rete European association for quality assurance in higher education stiamo avviando uno studio sull'efficacia della didattica a distanza» dice il presidente Antonio Felice Uricchio «e nelle prossime settimane sottoporremo studenti, governance e docenti a questionari di valutazione. Le università stanno lavorando con impegno e ne misureremo i risultati». Senza dubbio la pandemia, con tutte le difficoltà e le disomogeneità del caso, ha accelerato una svolta tecnologica da tempo evocata. «L'auspicio è che questa fase sia colta non solo come tragedia, ma come opportunità per l'Università per migliorare la qualità della formazione e della ricerca» aggiunge Uricchio, già rettore dell'università di Bari «attraverso un utilizzo della tecnologia sempre più spinto e modalità didattiche duali per abbattere i costi di mobilità senza perdere il senso di comunità e le relazioni sociali e prestando sempre attenzione anche al profilo psicologico dello studente». Nonostante le incertezze, c'è tanta voglia di normalità, e il ritorno allo studio ne rappresenta una parte importante a cui non si intende, per fortuna, rinunciare. «Chi ha chiuso le immatricolazioni vede già un incremento direi diffuso su tutto il territorio» ragiona Ferruccio Resta, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) e rettore del Politecnico di Milano «e anche le pre iscrizioni degli studenti stranieri mostrano in alcuni casi incrementi incoraggianti». Un buon segnale, se si pensa che l'Italia è penultima in Europa, davanti alla Romania, per quota di giovani laureati, pari al 27,6 per cento a fronte della media europea del 40 per cento.  Il rettore Gaudio conferma la tendenza alla crescita. «A Medicina, su cui abbiamo già i dati definitivi, abbiamo registrato una richiesta del 10 per cento superiore rispetto al 2019. Per gli altri corsi avremo dati certi a fine dicembre, ma già possiamo rilevare un aumento di 3mila iscritti. In particolare, oltre che per Medicina, sono cresciute le domande per i corsi di laurea in Lettere e filosofia, Scienze politiche e Ingegneria informatica, che sono poi i punti di forza dell'ateneo». Questo probabilmente anche per effetto del pacchetto di agevolazioni previsto dall'università per scongiurare un crollo delle immatricolazioni. «Abbiamo innalzato la no tax area, fissata dal governo a 20mila euro, fino a 24mila» illustra Gaudio «e previsto, per gli Isee fra i 24mila e i 40mila euro, una riduzione delle tasse fino all'80 per cento. E ancora, abbiamo aumentato le borse di studio per reddito e merito di 1 milione e mezzo, per un totale di 5 milioni di euro». A queste misure straordinarie, si sommano quelle già previste dall'ateneo romano, come la riduzione delle tasse per gli appartenenti allo stesso nucleo familiare e l'esenzione completa per i meritevoli con una media superiore a 27. Fra le altre iniziative volte a incentivare le iscrizioni, citiamo quella dell'Università di Padova che ha introdotto un contributo alle matricole per l’acquisto di computer di alta gamma con importi che vanno dai 240 euro (Isee da zero a 20mila euro) ai 180 euro (Isee tra i 20mila e i 50mila euro). E ancora, la possibilità di richiedere una Sim dati gratuita di 60 giga al mese e, per chi ha un Isee fino a 50mila euro, un contributo di 500 euro per l’affitto per i fuori sede e di 350 euro per i pendolari.  Nei decreti che si sono succeduti da inizio pandemia a oggi il governo ha stanziato 165 milioni per supportare le iscrizioni e innalzare la no tax area. Dal mondo accademico e associazionistico non manca un appello a dare continuità all'investimento sulla formazione, a più livelli. «Il sistema universitario è cronicamente sottofinanziato» conclude il rettore de La Sapienza «con un definanziamento che negli ultimi 15 anni ha raggiunto il venti per cento. Il nuovo Ministro ha già introdotto un'iniezione di risorse, con un aumento del dieci per cento sul fondo di finanziamento ordinario, segnale che salutiamo con favore. Ora va intrapresa una fase che veda gli studi, la ricerca e l'internazionalizzazione dell'università quali driver di sviluppo del Paese».   Il presidente Crui manifesta segnali di ottimismo a riguardo: «Il Covid-19 sembra aver rimesso al centro del dibattito pubblico il ruolo della scienza per la sicurezza e la salute. I luoghi in cui quella stessa scienza viene esercitata, innovata, sistematizzata e insegnata si chiamano università. Siamo fiduciosi nel fatto che, quando si dovrà decidere come investire il cosiddetto Recovery Fund, i decisori avranno ancora ben chiara questa evidenza». «Se prima esisteva un problema di sovraffollamento delle aule, oggi la situazione è inevitabilmente peggiorata» sottolinea Camilla Guarino, coordinatrice di Link Coordinamento Universitario, tra le associazioni scese in piazza lo scorso 26 settembre per chiedere il diritto allo studio per tutti «e se si fosse investito sull'edilizia scolastica ora la situazione sarebbe diversa. Senza contare che ci sarà sicuramente un aumento degli idonei non beneficiari di alloggio, a causa della necessità di garantire il distanziamento anche negli studentati». Non basta contenere l'emergenza sociale sul breve periodo: occorre pensare al futuro. «In questa fase chiediamo di investire sul diritto allo studio e di rendere l'università gratuita. Se quest'anno si è riusciti a tamponare, ora servono misure strutturali» aggiunge Guarino «non solo per tornare alla normalità pre crisi per per avere una situazione migliore. Se non è questa un'occasione per rimediare e puntare su ricerca e sanità allora quando?».   Rossella Nocca

Il Parlamento europeo condanna i tirocini gratuiti, risoluzione storica per gli stagisti

574 voti a favore, 77 contrari, 43 astenuti (di cui, tra gli italiani, tutti gli eurodeputati della Lega): con questi numeri è passata ieri pomeriggio al Parlamento europeo la proposta di “Risoluzione del Parlamento europeo sulla garanzia per i giovani”. Un testo attraverso cui l'organo legislativo dell'UE finalmente condanna esplicitamente «la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti», specificando che la gratuità «costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti».«Mai prima d'ora il Parlamento europeo aveva espresso ufficialmente come propria posizione la messa al bando dei tirocini non remunerati», dice alla Repubblica degli Stagisti Brando Benifei, 34enne capodelegazione degli europarlamentari del Partito Democratico, «perché è un tema che non è così condiviso da tutti»; ma ieri «si è costruita invece una maggioranza politica – e quindi una posizione del Parlamento – che dice cose molto chiare», esortando anche gli Stati membri «a garantire che i giovani che si registrano nei programmi della garanzia per i giovani ricevano offerte qualitativamente valide, diversificate e personalizzate, con un'equa remunerazione». Certo, la risoluzione è un atto “non vincolante”, ma ha una grande rilevanza. Il lavoro per arrivare a questo risultato è durato mesi, coinvolgendo tutte le forze politiche: «Ovviamente ci sono state divergenze su alcuni punti, tra cui quello “più caldo” sulla presa di posizione per la messa al bando dei tirocini non remunerati e senza contenuto formativo, con uno strumento giuridico nuovo da far proporre alla Commissione europea con una nuova iniziativa legislativa» racconta Benifei. C’è stata nei mesi scorsi «una forte mobilitazione dei movimenti giovanili, per esempio dello European Youth Forum che segue da vicino la legislazione europea», per convincere uno per uno gli europarlamentari a votare a favore: «Il PPE, i liberali e i conservatori europei – il partito dove sta Fratelli d’Italia – si sono divisi al loro interno. Quelli che sono stati più compatti nel lavorare su questo punto sono stati i Socialisti e democratici, i Verdi e la sinistra».In particolare fino a ieri il fiato è rimasto in sospeso a causa di uno dei sette emendamenti proposti, che se fosse stato approvato avrebbe sostanzialmente «annacquato» la risoluzione: «Bisogna dirlo sinceramente: non tutti sono d’accordo – ed è legittimo, ci mancherebbe – che i tirocini extracurricolari debbano essere remunerati e che anche quelli curricolari debbano avere un minimo di rimborso spese, per essere economicamente sostenibili» dice Benifei: «C'è stato un tentativo di escludere i curricolari da questa considerazione». L'emendamento, proposto da Monica Semedo – 36enne eurodeputata del Lussemburgo – a nome del gruppo Renew, voleva che la frase «condanna la pratica degli stage, dei tirocini e degli apprendistati non retribuiti, che costituisce una forma di sfruttamento del lavoro dei giovani e una violazione dei loro diritti» venisse sostituita con la ben più morbida formulazione «esorta gli Stati membri a garantire una remunerazione adeguata per gli stage, i tirocini e gli apprendistati al di fuori dei programmi di studio ufficiali, in modo da evitare ostacoli fattuali per i giovani provenienti da gruppi vulnerabili e da contesti socioeconomici modesti». Se l'emendamento fosse stato approvato ieri durante le votazioni, sarebbe scomparso dalla risoluzione il termine “condanna”, che invece è una delle parole-chiave di tutto il testo; e in più, come sottolinea Benifei, avrebbe circoscritto la presa di posizione del Parlamento europeo ai soli tirocini extracurricolari, cioè quelli “al di fuori dei programmi di studio ufficiali”, anziché a tutti i tirocini. Fortunatamente gli eurodeputati che hanno votato a favore della proposta di cambiamento si sono fermati a 303 (tra cui tutti gli eletti di Forza Italia, a cominciare da Silvio Berlusconi), e 375 hanno invece contro: dunque il testo è potuto rimanere com'era. «La formulazione che è stata mantenuta parla di tirocini in generale. Chiaramente non possono essere messi sullo stesso piano gli extracurricolari e i curricolari – questo lo dico io, al di là del testo ma a fronte delle discussioni fatte. Ma il tentativo di escludere i curricolari non è stato approvato» e dunque si può affermare che il testo tocchi «tutti i tirocini, ribadendo la necessità di una tutela, di un percorso di dignità».Andando a spulciare il testo della risoluzione si legge, al paragrafo 11, che il Parlamento chiede che «siano delineati criteri e norme di qualità chiari e vincolanti per le offerte» all’interno di un «quadro di qualità». Questo vorrebbe dire uno stop ai tirocini di basso profilo, come magazzinieri in negozi e supermercati, pagati coi soldi di Garanzia Giovani? In Italia sono stati quasi 20mila, dall’avvio di GG a fine aprile di quest’anno secondo i dati dell’Anpal, i tirocini attivati in questa categoria, che tecnicamente si chiama “Professioni non qualificate nel commercio e nei servizi” e che comprende, tra gli altri, i mestieri di addetti allo spostamento e alla consegna merci, addetti ai servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli, e  addetti ai servizi di custodia di edifici, attrezzature e beni. «Quando parliamo di questo punto ci riferiamo esattamente a questo genere di situazioni, dove palesemente si tratta di lavoro a basso costo, con poco percorso formativo per i tirocinanti» conferma Benifei: «Secondo il Parlamento europeo, Garanzia Giovani non dovrebbe finanziare questo tipo di esperienze. E quindi noi chiediamo che oggi i Governi, che hanno l’ultima responsabilità anche sul monitoraggio dell’utilizzo di queste risorse, adeguino il funzionamento interno del programma nei propri Paesi in modo che le risorse non possano essere utilizzate per esperienze di tirocinio che non abbiano un contenuto utile». Garanzia Giovani dev'essere usata insomma per aiutare i giovani partecipanti a «trovare una strada», e non come «un aiuto per le imprese che vogliono avere un lavoratore a basso costo» ribadisce l'eurodeputato: «Non si possono usare i fondi europei per forme di “cheap labor”: questo è il messaggio». Ora tutto sta a vedere come si comporterà la Commissione europea, che «dopo tante nostre insistenze raccoglie finalmente questo tema», dopo sei anni dalla partenza di Garanzia Giovani. L'auspicio di Benifei è che la risoluzione approvata ieri non resti «solo una affermazione di principio», ma che la Commissione la usi come base per prendere la decisione di «impedire, rendendolo non conforme alle regole del programma, l’utilizzo di Garanzia Giovani per esperienze che non hanno contenuto formativo».Del resto Ursula von der Leyen, alla guida della Commissione dal dicembre dello scorso anno, sembra essere più sensibile rispetto ai suoi predecessori rispetto al tema della qualità del lavoro giovanile. Non solo aveva risposto positivamente alla domanda che Benifei già aveva posto qualche mese fa sulla possibilità di immaginare un aiuto finanziario ai tirocinanti rimasti senza tirocinio a causa del Covid attraverso il fondo Sure. «In passato,  a fronte di domande puntuali su questo tipo di questioni, avevo ricevuto risposte fumose dalla Commissione europea» dice l'eurodeputato, ma ora sembra che la musica sia cambiata: «Von Der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione ha anche voluto ricordare il lavoro per uno schema europeo di salario minimo. Quindi mi sembra più sensibile al tema della buona remunerazione del lavoro rispetto alla precedente Commissione europea».Ora tutti i Paesi dovranno tenere conto – e dare conto anche alle proprie opinioni pubbliche – del fatto che il Parlamento europeo si è espresso con una raccomandazione molto netta «contro pratiche abusive» nell'utilizzo degli stage gratuiti e/o privi di contenuto formativo «dentro e fuori Garanzia Giovani», riassume Benifei, che si augura «ci sia una spinta a una mobilitazione dell’opinione pubblica» per portare i governi di ogni singolo Paese membro a migliorare l'uso dello strumento dello stage al proprio interno: «Lanciamo la palla anche alle organizzazioni giovanili, ai sindacati, alle realtà del lavoro» affinché facciano la loro parte nel fare pressione.E rispetto in particolare a Garanzia Giovani, dove «c’è un potere diretto più incisivo, perché comunque si tratta di fondi europei», questa risoluzione indica «alla Commissione di impedire alle autorità di gestione di finanziare attività di utilizzo di Garanzia Giovani che non rispondano a criteri di qualità. Serve non una indicazione generica, ma una norma cogente». Il parlamento ieri ha preso «una posizione netta» e ora, dice Brando Benifei, «vogliamo delle risposte».Eleonora Voltolina

Emilia Romagna, quasi 300 indennizzi Covid mai arrivati agli stagisti: decine di enti promotori “non collaborano”

Sono quasi trecento gli stagisti dell'Emilia Romagna a cui sono state negate – almeno per il momento – le indennità Covid stanziate per gli stage extracurriculari sospesi a causa della pandemia. Piccole somme, dai 450 ai 900 euro, ma comunque una boccata d'ossigeno per quanti si sono visti di punto in bianco sospendere l'attività, perdendo qualunque tipo di entrata economica. La doccia fredda dei mancati bonifici è arrivata con il rifiuto da parte di alcuni enti promotori di seguire il protocollo indicato dalla Regione per i rimborsi. La procedura prevedeva che fossero appunto tali enti non solo a contattare i tirocinanti impegnati negli stage da loro attivati, ma anche – in sintesi – a anticipare gli importi dei sussidi. C'è una buona notizia però: la Regione ha incaricato l'Agenzia regionale per il Lavoro di fare da tramite per erogare le indennità finora non pervenute. Per capire nel dettaglio la vicenda occorre fare qualche passo indietro e ripercorrere i diversi passaggi. È aprile 2020, in piena emergenza sanitaria, quando l'Emilia Romagna per prima, poi seguita da diverse altre Regioni italiane, prende la virtuosa decisione di sostenere economicamente una delle categorie più colpite dalla crisi, quella degli stagisti rimasti a casa a causa del Covid. Firmata la delibera a fine mese, scatta la procedura che consente di attingere a fondi regionali pari a 9 milioni e 384mila euro di cui andranno a beneficiare circa 15mila tirocinanti. Ma nella provvedimento si stabilisce un passaggio chiave: a provvedere all'esecuzione della misura devono essere gli stessi soggetti promotori, gli enti cioè incaricati di sbrigare tutte quelle pratiche necessarie all'attivazione degli stage: devono contattare gli stagisti e a fare i bonifici pagando di tasca propria i bonus, per poi essere rimborsati in un secondo momento dalla Regione. In alternativa possono chiedere una garanzia fideiussoria con un'azienda terza che faccia da garante (ma di fatto sempre anticipando i soldi). A convincere i soggetti promotori a partecipare non bastano i 100 euro previsti dalla Regione come “incentivo” per ogni stagista preso in carico a cui far arrivare l'indennizzo: alcuni declinano l'invito. Alla Repubblica degli Stagisti arrivano diverse segnalazioni che qualcosa non va. Una è della lettrice Marilù Conte: «Sono una stagista dell'Emilia Romagna e ho accolto con gioia la notizia che prevedeva l'erogazione di un bonus di 450 euro dalla Regione» scrive. Peccato che «pur avendo tutti i requisiti elencati nel decreto regionale, l'ente promotore del mio stage ha comunicato di non avere intenzione di aderire al progetto regionale». L'ente in questione è Actl, il primo della lista per numero di tirocini assegnati e risorse da distribuire per un totale di circa 52mila euro: «Il nostro ente non ha partecipato al bando» conferma alla Repubblica degli Stagisti la segreteria: «Non siamo in grado, a causa anche delle limitazioni delle attività in emergenza Covid 19, di gestire attività di erogazione in anticipazione di sussidi di competenza dell'amministrazione regionale». Actl non è il solo. A fine giugno «su un totale di 224 soggetti promotori, risultano aver aderito in 168 per un totale di circa 14mila tirocinanti», come conferma alla Repubblica degli Stagisti l'addetto stampa della Regione Emilia Romagna Giovanni Masala. Un 25%, cioè 56 di questi, non accetta, lasciando a bocca asciutta circa trecento tirocinanti. Nel frattempo, con il passare delle settimane e la proroga delle scadenze nelle delibere che si succedono per la presentazione delle candidature (l'ultima viene fissata per il 15 luglio), qualche ente si convince e arrivato fine settembre il fronte del no risulta sceso a quota 40, «per un totale di 265 tirocinanti» precisa Claudia Gusmani, responsabile alla Direzione generale Economia della conoscenza, del lavoro e dell’impresa della Regione.Fortunatamente la Regione Emilia Romagna ha deciso di correre ai ripari. Con delibera della Giunta del 3 agosto (la dgr numero 1033) «sono state trasferite risorse all’Agenzia regionale per il lavoro per garantire ai tirocinanti i cui promotori non hanno aderito alla procedura, l’erogazione del bonus». Tradotto: i 154mila euro ancora inevasi sono finiti nelle casse di tale agenzia per procedere con la verifica dei requisiti dei potenziali beneficiari e l'esecuzione dei bonifici. Nel documento sono indicati tutti i quaranta che che si sono rifiutati di collaborare. I nomi sono tanti, solo per citarne alcuni compaiono ad esempio gli atenei Federico II di Napoli, le università di Padova e di Palermo. Ma anche cooperative e agenzie per il lavoro come Generazione vincente spa. L'elenco completo è nell'allegato della delibera, scaricabile qui. Si riaprono quindi le speranze per i 265 esclusi dai bonus. Ma non mancano gli intoppi: «Attualmente l’agenzia sta verificando i requisiti dei tirocini e cercando di contattare i tirocinanti» spiega alla RdS Paola Cicognani, direttore dell’agenzia. «Trattandosi di tirocinanti per noi sconosciuti, il reperimento dei riferimenti e degli elementi di svolgimento del tirocinio presenta delle difficoltà» riconosce. Tanto che in alcuni casi «è necessario contattare anche i soggetti ospitanti». C'è però una scadenza a rassicurare, ed è il 31 novembre prossimo. Le operazioni saranno eseguite «entro quella data, come richiesto dalla dgr, almeno ai tirocinanti che saremo riusciti a raggiungere per ricevere i riferimenti bancari su cui accreditare l’importo».Ilaria Mariotti  

Lavoro e stage in contemporanea, sorpresa: la Did non sempre è necessaria

Una persona manda un cv, sostiene un colloquio, e arriva l'esito positivo: una proposta di stage. Evviva, si comincia – fermi un attimo. Questa persona ha già un lavoro, che non vuole, o non può, lasciare. È un lavoro part-time, che permetterebbe tranquillamente a livello di orari di svolgere anche lo stage. Ma per attivare uno stage non è obbligatorio fare la DID, la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, al centro per l'impiego? E questa DID non equivale a dichiarare di essere disoccupati? C'è un decreto legislativo del 2015 che dice che «sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano in forma telematica al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro […] la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego». La DID, appunto.E come è possibile dichiararsi “disoccupati” se si ha un lavoro, anche se solo part-time? In casi come questo bisogna rinunciare allo stage? O al lavoro?Non necessariamente. La DID non è indispensabile per poter procedere con l'attivazione di un tirocinio extracurricolare: lo conferma senza indugi Luca Riva, esperto di politiche del lavoro, che la Repubblica degli Stagisti ha chiamato in causa per far luce su questo aspetto.Il tirocinio extra curricolare, infatti, può essere attivato o promosso per una serie di soggetti: disoccupati ma anche lavoratori a rischio disoccupazione, beneficiari di sostegno al reddito o anche occupati in cerca di altra occupazione. E la Dichiarazione di Disponibilità (DID) è il primo passo da fare per una persona che non ha un lavoro, o l’ha perso e/o non supera alcune soglie di reddito, per ottenere lo stato di disoccupazione e avere alcune agevolazioni economiche, come la Naspi o il Reddito di cittadinanza. «DID che da sola non basta perché la persona deve attivare successivamente il Patto di servizio personalizzato con l’ente accreditato che ha scelto e con cui concorderà la politica attiva/formativa che andrà a svolgere» spiega Riva, come appunto un tirocinio extra curricolare. Se, però, il soggetto è occupato e vuol cambiare lavoro non è necessario averla. Anche perché «non potrà mai rilasciare una Dichiarazione di Disponibilità presso il centro per l’impiego perché non ha i requisiti per essere considerato disoccupato. Ma può comunque attivare un tirocinio extracurricolare, a meno che non si tratti di uno stage promosso utilizzando finanziamenti riservati alle persone disoccupate, come Garanzia giovani o Dote unica lavoro, per cui questo status è espressamente richiesto». Quindi, se si lavora in un call center e poi si fa un tirocinio in contemporanea per imparare a fare il pizzariolo non c’è alcun divieto. «Se a livello orario le due cose sono compatibili perché no?» chiede Riva. «Con una politica attiva ci si riqualifica», in linea con l’obiettivo dello stage. Una situazione che capita sempre più spesso: si comincia da giovani a fare un lavoretto, magari per contribuire alle spese universitarie o essere economicamente indipendenti. Col tempo quel lavoro diventa più importante ed impegnativo e talvolta porta anche a un contratto subordinato. Strada facendo arriva l’opportunità di fare uno stage in un’azienda in un settore per cui si è studiato. Il dilemma, quindi, diventa: sarà compatibile, a cosa devo rinunciare? La Repubblica degli Stagisti ha deciso di vederci chiaro, partendo da un quesito arrivato proprio sul nostro Forum, in cui il nostro lettore giug ha chiesto: «Posso svolgere contemporaneamente un lavoro a tempo indeterminato part time e uno stage in un’azienda operante in un settore completamente diverso?». Nel caso in questione quindi il giovane è già occupato, anche se solo part time. Per questo motivo Riva chiarisce: «Si può fare uno stage anche se si è già occupati, questo problema non sussiste. Un part time lavorativo», con contratto di tipologia subordinata a tempo determinato o anche indeterminato, «è assolutamente compatibile con un’esperienza di tirocinio di mezza giornata». La questione è leggermente diversa se il giovane in questione ha lo status di disoccupazione. Per fare un tirocinio con la qualifica di disoccupato, infatti, oltre alla questione delle ore precedentemente illustrata è necessario mantenere anche lo status di disoccupato. E «per mantenere lo stato di disoccupazione è necessario non superare le soglie economiche di reddito che sono di 8mila 145 euro se si è lavoratori subordinati o di 4.800 euro se si è lavoratori autonomi». Ma di solito, spiega Riva, «lo status non è obbligatorio per attivare uno stage a meno che non si entri in percorsi finanziati, come Garanzia giovani o Doti lavoro che richiedono la disoccupazione per attivare i tirocini».Dello stesso avviso anche Enrico Limardo, direttore di Fondazione Lavoro: «L’importante è conoscere il monte ore totale della propria posizione lavorativa ed è chiaro che questo non può essere superato. Vale per un lavoro a tempo parziale, determinato o indeterminato: le ore in aggiunta a quelle dello stage non possono superare il monte ore previsto per la contrattazione collettiva. Quindi le 40, massimo 48, ore della disciplina dell’orario di lavoro a meno che i singoli contratti collettivi non stabiliscano un monte ore diverso e in quel caso bisognerà prendere in considerazione quello».Ci sono, però, delle differenze a livello regionale, vista la possibilità per le regioni di normare sull’argomento. Ad esempio, «in Puglia non è possibile fare i tirocini per i soggetti già occupati, visto che non hanno aggiornato la nuova disciplina», precisa Limardo, «in tutte le altre regioni, sì». Anche Molise, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia non specificano nulla né nella normativa né nelle faq interpretative alla normativa «quindi qui i limiti sono l’orario di lavoro e la contrattazione collettiva». Diverso il caso della Liguria, «che è intervenuta sia sulla norma sia sulle faq». Altro caso particolare è l’Abruzzo che con una faq precisa che una persona occupata può essere avviata a tirocinio per assecondare la ricerca di un’altra occupazione e che «sono considerati soggetti occupati le persone che abbiano in corso un rapporto di lavoro dipendente o svolgano un’attività di lavoro autonomo, il cui reddito di lavoro corrisponde a un’imposta lorda superiore alle detrazioni spettanti».Stessa situazione se un giovane ha già in corso un contratto a tempo indeterminato ma con un part time particolare: per esempio fa il cassiere in un cinema o in un negozio ma lavora solo in orari serali durante la settimana e nei pomeriggi del weekend non superando le 15-20 ore settimanali. «Anche questo tipo di contratto è compatibile. Se è richiesto lo stato di disoccupazione c’è sempre la questione del reddito altrimenti, lavorando di sera o nel fine settimana, certamente non supera le 40 ore previste da tutti i contratti ed è dunque compatibile», spiega Riva. «Bisogna vedere la compatibilità di orario e se c’è da parte dell’azienda la possibilità di fare una formazione vera e propria, ma si può fare con tutte le attenzioni del caso», aggiunge Limardo.Altro contratto, altra casistica. Se in corso c’è un apprendistato part time, poniamo con un monte ore di 20 ore settimanali, è possibile contemporaneamente attivare anche uno stage. «Però dovrà essere di massimo altre 20 ore. Dal punto di vista logico, però», continua Riva, «è un po’ strano che una persona che già è in un percorso formativo come l’apprendistato faccia poi un tirocinio che appunto è formazione per giunta in un ambito diverso». Certo può capitare che in quel momento il contratto di apprendistato sia l’unico che è stato proposto ad un giovane anche se magari senza una vera valenza formativa e per questo voglia poi fare un tirocinio per imparare un’altra cosa. A rigor di logica, quindi, è un caso un po’ al limite, «ma da un punto di vista pratico può accadere». Essendo entrambi dei contratti che prevedono una formazione, Limardo pone un altro problema su questa compatibilità: «bisognerebbe capire quali sono le due esigenze formative, capire quindi il contratto di apprendistato a cosa si riferisce e per quale figura è finalizzato il tirocinio».Regole uguali secondo Riva anche se il ragazzo ha in corso un contratto cococo: essendo una collaborazione «non dovrà superare i 4.800 euro di reddito come disoccupato». In questo caso, aggiunge Limardo, «non sarà possibile vedere il limite orario massimo da non superare, perché il contratto di collaborazione continuativa non ha obbligo di orari da rispettare. Bisognerà, quindi, guardare solo al limite di reddito». C’è però un’altra domanda che il giovane in questione dovrebbe farsi, ovvero se riesce a gestire entrambe le cose. «Se la collaborazione rientra tra quelle che una volta erano a progetto, allora bisogna capire se riesce a portare avanti il progetto e allo stesso tempo imparare qualcosa di nuovo con uno stage» riflette Riva. Se, invece, non ha bisogno dell’indicazione dello stato di disoccupazione ma vuole fare uno stage da occupato allora anche in questo caso può farlo, non superando le ore settimanali massime previste nella somma dei due contratti subordinati. Nessuna limitazione invece per quanto riguarda il settore: questo significa che si può tranquillamente attivare un tirocinio in un ambito diverso da quello in cui si ha già un contratto di lavoro di tipo subordinato. Non ci sono divieti nemmeno nell’attivare uno stage nello stesso settore in cui si ha già un contratto di lavoro, anche se non ha senso, sottolinea Riva, visto che con un tirocinio lo scopo è imparare un lavoro.Sulla possibilità di attivare il tirocinio nello stesso settore in cui si ha già un contratto, Limardo avanza però qualche dubbio: «È da escludere che si possa attivare uno stage nella stessa azienda in cui si ha un contratto di lavoro. A volte ce lo hanno chiesto ma abbiamo sempre rifiutato di farlo. Quanto allo stesso settore, potrebbe esserci il caso di un contratto di lavoro part time in corso e la volontà di migliorare la posizione lavorativa, immaginando un contratto di tirocinio nel tempo rimanente con un’altra azienda per migliorare le competenze trasversali. Questo è possibile. Ma il progetto formativo non può essere assolutamente indentico a quello che si sta svolgendo come rapporto di lavoro altrimenti non avrebbe senso».Marianna Lepore

Tirocini: crollano in alberghi e ristoranti, reggono negli uffici pubblici e nella sanità

Nei primi sei mesi del 2020 i tirocini si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2019: 185.152 sono quelli partiti tra gennaio e giugno dell'anno scorso, solo 96.376 quest'anno. La botta più forte, dal punto di vista economico, il Covid l’ha data al settore dei trasporti e del turismo. Non sorprende quindi che anche i dati inediti sul crollo degli stage, che la Repubblica degli Stagisti ha potuto raccogliere dal ministero del Lavoro, lo confermino: il settore di attività dove si è registrato il maggior calo percentuale del numero di tirocini nei primi sei mesi del 2020 è stato proprio quello ricettivo, e cioè alberghi e ristoranti. Un settore che ovviamente va inteso in senso esteso, e che dunque comprende anche ostelli, campeggi, villaggi turistici, bar, gelaterie, mense. Qui tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati attivati solo poco più di 8mila stage extracurricolari (gli unici che vengono conteggiati), il 62% in meno rispetto agli oltre 21mila dell’anno scorso.A poca distanza l’agricoltura: in questo settore, che include anche gli allevamenti di animali e le attività legate a boschi e foreste, i tirocini sono stati 1.450 contro i 3.377 dello stesso periodo dell’anno scorso: dunque meno 57%.All’estremo opposto c’è il settore Pubblica amministrazione, istruzione e sanità: qui la diminuzione è stata molto più contenuta, solo del 38%, che in cifre significa poco meno di 14mila tirocini avviati contro gli oltre 22mila del 2019. Forse anche perché in questo settore ci sono ospedali e i laboratori di analisi cliniche: luoghi di lavoro che con il Coronavirus si sono trovati più che mai in prima linea.Un po’ a sorpresa, anche il settore delle Costruzioni non sembra aver risentito più di tanto della situazione: il calo registrato è soltanto del 39%, con 4.078 tirocini attivati tra gennaio e giugno 20210 a fronte dei 6.704 del 2019.Per tutti gli altri settori la diminuzione è all’incirca della metà, in linea con la media (che è 48% in meno): in particolare il comparto Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese ha visto attivati 24.287 tirocini contro poco più di 44mila nel 2019, dunque un calo del 45%.Stessa percentuale anche per le Attività svolte da famiglie e convivenze, ma qui i numeri sono davvero irrilevanti: solo 33 erano stati i tirocini attivati in questo settore nei primi sei mesi del 2019, ridotti a 18 nel primo semestre 2020.Meno 48% sia per il settore Commercio e riparazioni sia per il settore Altri servizi pubblici, sociali e personali. In particolare, in negozi e officine sono partiti un po’ meno di 22mila tirocini, contro i quasi 42mila dell’anno scorso.Il settore “altri servizi pubblici, sociali e personali” è quello invece che comprende le proiezioni cinematografiche, la gestione di sale di spettacolo, le attività riguardanti i parchi di divertimento, le discoteche e sale da ballo; e poi ancora gli stadi, le piscine, i campi sportivi, i parrucchieri, i saloni di bellezza. Tutte attività che sono state chiuse ermeticamente durante il periodo di lockdown e che sono state sottoposte, al momento della riapertura, a pesanti limitazioni per prevenire il contagio. Non sorprende quindi che, a fronte degli oltre 12mila tirocini avviati in questo settore nel primo semestre dell’anno scorso, nel 2020 questo numero sia piombato a 6.402.Infine, il dato sul settore dell’ “Industria in senso stretto”, cioè tutte le attività industriali escluse le costruzioni: il numero di tirocini è esattamente dimezzato, 16.481 nel 2020 contro 33.004 nel 2019.L’ordine non cambia di molto considerando solo il secondo trimestre, dunque i tirocini attivati tra il 1° aprile – in pieno lockdown – e il 30 giugno di quest’anno: in tutto le esperienze formative “on the job” partite in questo periodo sono state solamente poco più di 27mila, il 73% in meno rispetto alle oltre 100mila dello stesso lasso di tempo dell'anno scorso.Crollo totale per Alberghi e ristoranti (1.925 su 13.706, con un calo di ben tredici punti percentuali superiore alla già altissima media nazionale: meno 86%), per l’Industria in senso stretto, sopratutto a causa delle chiusure obbligatorie di gran parte delle attività (3.988 tirocini attivati contro i 17.096 del 2019, meno 77%), e per l’Agricoltura (495 su 2.025, meno 76%).Pesanti cali nel numero dei tirocini anche per il settore Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese (5.891 tirocini contro i 22.255 dello stesso periodo del 2019, meno 74%) e per quello del Commercio e riparazioni (6.144 contro 23.143, meno 73%).Al di sotto della media nazionale, con un meno 68%, vi è invece il settore Altri servizi pubblici, sociali e personali, con 2.249 avviamenti di tirocini a fronte dei 7.053 del secondo trimestre 2019; meno 66% per le Attività svolte da famiglie e convivenze (ma qui i numeri sono come detto microscopici, 6 tirocini contro 18).Esattamente come nel caso dei dati riguardanti l’intero primo semestre, i due settori che hanno “patito” di meno dal punto di vista del numero di tirocini attivati, anche considerando solo il secondo trimestre 2020, sono quello delle Costruzioni, dove sono partiti 1.463 stage extracurricolari (solo il 60% in meno dei 3.641 del 2019) e poi quello della Pubblica amministrazione, istruzione e sanità – dove i tirocini sono stati 4.863 a fronte degli 11.496 dello stesso periodo del 2019, il che significa una diminuzione del 58%.Questi dati sono significativi ma comunque ancora molto generici, perché le “macroaree” sono troppo estese: nello stesso raggruppamento possono in effetti esserci attività che si sono quasi fermate a causa del Covid, e altre attività che invece sono addirittura aumentate.Le foto che corredano questo articolo sono tratte da Flickr in modalità Creative Commons, in particolare:“Medical Laboratory”, foto di Ben Dracup“Street Food”, foto di Tom Mrazek“Serving Drinks”, foto di calltheambulance

Nuove date per gli stage alla Corte dei Conti dell’UE e tirocinio in partenza in smart internshipping

Ogni anno offre un minimo di cinquanta stage a giovani laureati con un rimborso spese oltre i mille euro e ha sempre un alto numero di richieste italiane: è la Corte dei Conti europea, con sede a Lussemburgo. Da oggi, primo ottobre, e fino al 30 novembre, è possibile fare domanda per i tirocini che prenderanno il via il primo marzo 2021. La novità sta proprio nei mesi di stage e di candidatura che cambiano in questa chiusura d’anno. A partire dal prossimo, infatti, le tre sessioni annuali di tirocinio presso la European Court of Auditors prenderanno il via rispettivamente il primo marzo, primo maggio e primo ottobre, per chiudersi tre o cinque mesi dopo. A cambiare, quindi, sono le date delle sessioni autunnale e invernale. Fino a tutta l’estate 2020, infatti, gli stage iniziavano il primo febbraio, primo maggio e primo settembre. Con lo slittamento dei mesi si modificano anche le date per le candidature. «Per i primi tirocini del 2021 ci si potrà candidare a partire dal mese di ottobre», spiega Claudia Spiti, addetto stampa della Corte, che aggiunge «Stiamo aggiornando il sito e le informazioni saranno diffuse anche attraverso i nostri canali social su twitter, facebook e linkedin».Si cambia, quindi, sia per mese di candidatura sia per mese di inizio tirocinio. E il cambiamento più sostanziale lo avranno gli stagisti che prenderanno il via a inizio ottobre. Per la prima volta, infatti, uno stage prenderà il via direttamente in smart internshipping, quindi dalla propria abitazione del Paese di origine. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di far domanda per i tirocini che prenderanno il via nel marzo 2021, al momento non si sa ancora quanti posti saranno disponibili, che non sono pre distribuiti per nazionalità, perché molto dipende dalle richieste che vengono fatte dai singoli uffici. Nelle ultime due sessioni di stage svolte, settembre 2019 e febbraio 2020, il numero di stagisti totali è stato rispettivamente di 24 e 27. «Possono essere concessi tirocini da un minimo di tre a un massimo di cinque mesi: la durata dipende dai compiti assegnati o dalla disponibilità dei candidati», spiega Vincent Bourgeais, addetto stampa della European Court of Auditors. I tirocinanti selezionati ricevono un rimborso mensile di 1.350 euro oltre al rimborso delle spese di viaggio sostenute a inizio e fine stage. E «per gli stagisti che abbiano una disabilità certificata la somma sale a 1.850 euro al mese». Anche la Corte dei Conti dell’Unione europea si è trovata alle prese con la diffusione della pandemia Covid questo tardo inverno e primavera. E logicamente questo ha avuto ripercussioni anche sulla gestione degli stage. Se la sessione di maggio è stata cancellata, diversamente è stato per quella di febbraio che era in corso. «Come misura precauzionale, e vista anche la possibilità molto limitata per i tirocinanti di partecipare ai lavori dei loro dipartimenti e di realizzare gli obiettivi del tirocinio, è stato proposto agli stagisti di interrompere immediatamente lo stage», spiega Bourgeais. C’erano, però, due opzioni a scelta del tirocinante: «La prima prevedeva l’interruzione dello stage e il pagamento della borsa di studio mensile fino alla fine del periodo inizialmente previsto per compensare gli effetti negativi che la cessazione del contratto di tirocinio può avere sullo sviluppo sia professionale sia personale dei tirocinanti. La seconda opzione, invece, prevedeva il pagamento delle spese di viaggio di ritorno e il mantenimento della possibilità di riprendere lo stage o nella terza sessione 2020 o nella prima del 2021, a seconda dell’evoluzione della crisi sanitaria e della situazione personale dello stagista». L’opzione dell’interruzione comportava anche per il tirocinante di non poter più fare domanda per uno stage presso la Corte visto che il suo stage si considera concluso a tutti gli effetti. Certo non deve essere stato facile, ma alla fine «dodici stagisti hanno scelto l’opzione della definitiva interruzione», con il rimborso mensile regolarmente versato per i mesi mancanti. In più gli è stato consegnato anche un attestato per i mesi effettivamente svolti. Hanno, invece, preferito la seconda opzione 13 tirocinanti. «La durata dei nuovi tirocini per questi giovani è stata decisa con un accordo comune con il tirocinante, da un minimo di tre a un massimo di cinque mesi. I compiti del tirocinante e gli obiettivi del suo stage saranno gli stessi fissati precedentemente». Ai 12 stagisti che hanno interrotto il percorso e ai 13 che sono in attesa di ripetere lo stage questo autunno, si aggiungono anche due tirocinanti che hanno continuato lo stage in smartinternshipping, «una deroga a loro consentita in quanto già residenti in Lussemburgo». Modalità di stage da casa che continuerà, visto che per i tirocinanti di Ottobre, fa sapere Bourgeais alla Repubblica degli Stagisti, «la Corte ha deciso che lavoreranno tutti dai loro Paesi di origine», quindi appunto in smart internshipping. Eppure, nonostante i minori posti a disposizione per lo stage che prenderà il via a Ottobre, nonostante i problemi avuti con l’emergenza Coronavirus e l’incertezza di quello che accadrà nei prossimi mesi, gli italiani continuano a non lasciarsi scoraggiare, nemmeno dal rapporto tra numero di domande inviate e posti a disposizione e, anche per la Corte dei Conti, istituzione europea decisamente meno conosciuta rispetto al Parlamento, al Consiglio o alla Corte di giustizia, sono sempre nei vertici per application. Per la sessione che prenderà il via a Ottobre, invece che a Settembre, la Corte ha ricevuto 1963 domande, di cui ben 1011 italiane, ben distanziate dalle 339 della Spagna e dalle 96 del Portogallo. Vuol dire che gli italiani hanno quasi triplicato le domande dei cugini spagnoli, raggiungeno da soli il cinquantuno per cento delle domande totali. Questa volta i tirocinanti selezionati sono stati solo 15, visto che a questi si affiancheranno gli stagisti “sospesi” del periodo Coronavirus. E della nuova selezione i primi tre paesi per numero di stagisti selezionati sono Italia, Francia e Spagna, ognuno con due stagisti. Seguiti da Svezia, Bulgaria, Irlanda, Belgio, Austria, Portogallo, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Grecia, tutti con uno stagista ciascuno. Per la precedente sessione 2020, quella di Febbraio, la Corte, invece, ha ricevuto 1.743 domande, di cui ben 665 italiane. Il nostro Paese, nemmeno a dirlo, è stato il primo per numero di application, seguito dalla Grecia con meno della metà delle domande italiane, solo 290, e dalla Spagna a 208. Sono state, però, Francia e Svezia ad avere più tirocinanti selezionati, tre a testa, e l’Italia si è accontentata di due stagisti, al pari di Austria, Belgio, Bulgaria, Spagna, Irlanda e Lussemburgo. I numeri non cambiano molto per la sessione di Settembre 2019: in quel caso sono arrivate un totale di 1.561 domande, di cui 665 italiane, 228 spagnole e 112 greche. Dei 24 stagisti selezionati, però, sono Germania e Irlanda ad aggiudicarsi tre tirocinanti a testa, seguite da Austria, Italia, Paesi bassi e Portogallo, tutti con due tirocinanti. Numeri che non si discostano molto dal passato. Se si va un po’ indietro nel tempo si scopre che nel 2016 delle 4.778 candidature ricevute, 2.983, oltre il 62%, provenivano dall’Italia, seguita dalle 565 della Spagna e dalle 199 della Grecia. Stesso trend anche nel 2017, con 3.859 candidature complessive di cui 1.816 italiane, pari al 47%, poi 487 dalla Spagna e 376 dalla Grecia. Per fare domanda per uno stage, cosa possibile dai primi di ottobre, è necessario essere cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione europea, avere almeno una laurea triennale o aver superato quattro semestri di studi universitari in uno dei campi di interesse per la Corte, avere una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’UE e una buona di un’altra lingua, non aver avuto condanne o sentenze di colpevolezza di nessun tipo, non aver beneficiato di un altro tirocinio presso una qualsiasi istituzione o organo dell’Unione Europea. I candidati selezionati devono poi presentare un estratto recente del casellario giudiziario e un certificato medico attestante l’idoneità fisica all’impiego. Come spesso capita, la Corte contatterà solo i candidati selezionati, quindi non tutti riceveranno una risposta. Se poi si vuole avere qualche notizia in più direttamente da chi ci è passato, si può dare un’occhiata alle testimonianze degli ex stagisti presenti anche sulla pagina facebook della Corte.Se selezionati si entrerà a far parte dell’organo di controllo delle finanze dell’Unione europea, il cui lavoro è utilizzato da Commissione, Parlamento e Consiglio per sorvegliare la gestione del bilancio dell’Unione. Istituita nel 1977, la Corte conta un organico di circa 900 persone di tutte le nazionalità, con tre quarti del personale in servizio che a fine 2019 aveva un’età compresa tra i 40 e i 59 anni e una proporzione uguale di donne e uomini. Da tenere a mente, però, che il tirocinio non offre sbocchi occupazionali visto che per riuscire ad avere un posto presso la Corte è necessario partecipare ai concorsi banditi dall’Ufficio europeo di selezione del personale (Epso).  Marianna Lepore

Nasce la Città dei Talenti per i ragazzini tra i 7 e i 13 anni, a Cuneo l'orientamento si fa precoce

Scegliere quale percorso di istruzione superiore affrontare, se iscriversi o meno all’università, quale ateneo preferire e una volta fuori che lavoro fare: decisioni che tutti prima o poi affrontano nella vita e che sembrano molto lontane per gli under 13. Invece allenarsi alle scelte potrebbe essere determinante per la propria realizzazione futura. A questo scopo tende la Città dei Talenti, uno spazio fisico inaugurato mercoledì 29 a Cuneo presso l’edificio di Rondò Garibaldi, ex sede UBI Banca e realizzato dalla Fondazione CrC, ente non profit privato e autonomo nonché una delle prime dieci Fondazioni in Italia per “patrimonio netto”.Questa apertura era il terzo obiettivo del progetto Città dei Talenti, dopo l’avvio partito nel 2019 di attività di orientamento precoce nelle scuole del territorio della provincia di Cuneo e la realizzazione di un corso di Alta Formazione sulle tecniche di orientamento precoce. L’obiettivo è far diventare questo spazio totalmente ristrutturato in un luogo per ospitare bambini e ragazzi nella fascia di età 7-13 anni e offrire loro un punto di riferimento per ampliare l’esplorazione di sé. L’idea progettuale è di Fondazione CrC nell’ambito delle iniziative in cofinanziamento sostenute dall’impresa sociale Con i Bambini. Ente capofila è la Cooperativa Sociale O.R.So, con il coinvolgimento di numerosi partner attivi proprio nell’ambito educativo. In totale sono stati investiti 950mila euro, 700mila erogati dalla Fondazione CrC e 250mila dall’impresa sociale Con i Bambini. Il progetto servirà le famiglie del Cuneese – una provincia che ha una popolazione di poco meno di 600mila abitanti, di cui circa 38mila nella fascia “chiave” per il progetto, quella appunto tra i 7 e i 13 anni.La visita alla Città dei Talenti sarà aperta a scuole, famiglie e gruppi e all’interno i bambini potranno esplorare i loro interessi attraverso giochi digitali e analogici. Senza dimenticare il punto centrale, ovvero l’orientamento: ogni visita può essere preceduta o seguita da percorsi orientativi sul territorio, rivolti ai bambini e ai ragazzi ma anche ai loro genitori e insegnanti. Due i percorsi che possono essere affrontati in un susseguirsi di varie tappe: la Bottega delle professioni, in cui ogni giovane visitatore potrà scoprire informazioni sulle tante e diverse professioni, partendo dagli strumenti utilizzati fino al lavoro svolto e alle sue particolarità, e il Centro Città dove bambini e ragazzi metteranno alla prova le proprie abilità grazie a giochi informatici e pratici. Linee guida, quindi, che offriranno un metodo che potrà poi essere riutilizzato nel corso della vita continuando a confrontarsi con gli adulti nelle prossime tappe cruciali di sviluppo della propria personalità.Si può accedere al Centro partecipando ai seminari di approfondimento realizzati o prenotando un appuntamento che è differenziato a seconda si tratti di scuole, famiglie, insegnanti. Per i mesi da ottobre a dicembre le scuole possono prenotare dal 6 ottobre al 18 dicembre per visite il martedì o il giovedì la mattina; per le famiglie o per un adulto che accompagna più ragazzi dai 9 ai 12 anni è possibile fare il percorso esperenziale nelle ore pomeridiane; per insegnanti e operatori è possibile prenotare una visita sempre in orario pomeridiano. I dettagli su date disponibili, numeri massimo dei gruppi e orari sono disponibili sul sito.«Con questa inaugurazione trova compimento il grande investimento realizzato negli ultimi anni dalla Fondazione CrC sull’orientamento e sulla lotta alla dispersione scolastica», spiega alla Repubblica degli Stagisti Giandomenico Genta [nella foto a sinistra], presidente della Fondazione: «Un progetto che mette al centro bambini e ragazzi e ha trovato casa in un posto significativo, un edificio acquistato l’anno scorso e sul quale c’è in corso un ampio lavoro di ristrutturazione e recupero per cui abbiamo dato spazio ai talenti delle giovani generazioni di professionisti». Per riqualificare l’edificio, infatti, nel 2019 la Fondazione ha promosso in collaborazione con l’Ordine degli Architetti un concorso di idee rivolto agli architetti under 40, che ha ricevuto una grande partecipazione – ben settanta progetti presentati da tutta Italia. L’incarico finale è stato assegnato agli architetti Giuseppe Tagliabue e Marco Oriani. Quest'ultimo in particolare si è detto colpito dalla volontà della Fondazione di raccogliere idee progettuali attraverso un concorso pubblico, per di più «aperto solo a giovani progettisti: un’opportunità unica per confrontarci con un progetto e una tipologia di intervento solitamente appannaggio di studi grandi e già avviati». Proprio durante la presentazione del progetto Andrea Genova, presidente della Cooperativa Sociale ORSo, aveva dichiarato lo spirito con cui i vari partner coinvolti prendevano parte a questo piano: «Attivare una comunità che crede e investe nelle potenzialità e nei talenti delle nuove generazioni, offrendo la possibilità di intravedere e costruire traiettorie di futuro». Il restyling completato riguarda i due piani che ospiteranno la Città dei Talenti, il secondo e il terzo, ed è durato 246 giorni con 85 persone al lavoro, su una superficie di 500 metri quadri con la realizzazione finale di sei aree da esplorare e una divisione anche fisica delle attività: dal piano terra dedicato alle presentazioni pubbliche ed eventi, passando per il primo piano per laboratori didattici per scuole, famiglie e associazioni. Il progetto andrà avanti fino ad agosto 2023 proponendo sul territorio cuneese attività orientative per studenti della scuola primaria e della secondaria di primo grado. Ad oggi i percorsi proposti hanno visto l’esplorazione del mondo delle professioni e del talento per i bambini delle scuole primarie, visite aziendali e interviste a professionisti, percorsi di accompagnamento per gli studenti della scuola secondaria di primo grado, seminari per genitori e insegnanti oltre a formazione per i docenti.La Città dei Talenti entrerà subito in servizio già da oggi, 30 settembre: è pronta ad accogliere gratuitamente i giovanissimi, con l’obiettivo di dar loro tutte quelle conoscenze necessarie per fare da adulti delle scelte di vita e professionali consapevoli, senza vincoli di genere o appartenenza sociale. Poi più avanti ci sarà un periodo di sospensione delle attività in sede perché a inizio 2021 partirà la ristrutturazione complessiva dell’edificio e per qualche mese non sarà quindi più possibile accedere ai piani ora disponibili.Marianna Lepore

Calo dei tirocini Regione per Regione: il Friuli ne perde due terzi, le meno colpite a sorpresa sono Sicilia e Calabria

Il crollo dei tirocini nei primi sei mesi del 2020 è stato del 48%, considerando la media nazionale. A fronte degli oltre 185mila tirocini che erano stati attivati nel primo semestre 2019, a causa del Covid questo numero nel 2020 si è fermato a poco più di 96mila, creando appunto una riduzione di quasi la metà. Ma non è dappertutto proprio così. La media somma insieme i tirocini attivati in tutte le Regioni italiane: ma in realtà a ben guardare vi sono grandi differenze tra territorio e territorio.Grazie ai dati inediti del Sistema Informativo Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del ministero del Lavoro la Repubblica degli Stagisti è in grado di tracciare una mappa, una sorta di “termometro” della “intensità” del crollo delle opportunità di stage extracurricolari Regione per Regione. Questo crollo, se scorporato, varia da una riduzione minima del 28%, poco più di un quarto, a una riduzione massima del 66%, che equivale a due terzi in meno.Le Regioni che in assoluto hanno risentito di più della situazione sono il Friuli Venezia Giulia, la Val D’Aosta e l’Umbria, con un calo certificato di molti punti percentuali superiore alla media nazionale.In particolare in Friuli la contrazione delle opportunità è stata la più alta d'Italia, vale a dire meno 66%: 969 tirocini attivati nel primo semestre 2020 a fronte di 2.223 che erano stati attivati nello stesso periodo dell’anno scorso. In Val d’Aosta si è registrato un meno 61%, con 97 tirocini attivati a fronte di 249. In Umbria i tirocini sono stati 1.438 nei primi sei mesi del 2020, il 56% in meno rispetto ai 3.241 dell’anno precedente.All’estremo opposto vi sono la Sicilia, la Calabria, la Provincia di Bolzano, il Molise, l'Abruzzo e la Campania: sei territori che hanno registrato cali molto meno importanti rispetto alla media.Mettendo i numeri sotto la lente di ingrandimento si vede che la Sicilia con 4.458 tirocini attivati nel primo semestre 2020 è stata la Regione che ha risentito meno della pandemia, registrando un calo di solo il 28% rispetto al dato dell’anno precedente (6.162). La Calabria e la Provincia di Bolzano entrambe con una riduzione del 33% (5.599 attivati in Calabria tra gennaio e giugno 2020 a fronte degli 8.352 dello stesso periodo del 2019; 808 a fronte di 1.201 per Bolzano); e il Molise che, pur con numeri molto piccoli (429 nel 2020, 657 nel 2019) statisticamente ferma la sua riduzione di tirocini a un meno 35%. E ancora l’Abruzzo, dove nei primi sei mesi del 2020 sono stati attivati 2.044 a fronte dei 3.436 del 2019, con una diminuzione del 41%; e la Campania che si attesta a meno 43% (6.896 a fronte di 12.148)Nel mezzo ci sono tutte le altre. Liguria e Sardegna a meno 47% (Liguria 3.117 a fronte di 5.933, Sardegna 1.951 a fronte di 3.655), poi Lombardia a meno 48%  (19.482 a fronte di 37.740), Puglia a meno 49% (6.291 a fronte di 12.294). Veneto, Lazio e Basilicata, pur con proporzioni diverse, statisticamente raggiungono tutte e tre esattamente un dimezzamento: un meno 50% che in Veneto consiste in 9.931 tirocini extracurricolari attivati nei primi sei mesi del 2020 a fronte dei 19.789 che erano partiti nello stesso periodo del 2019, in Lazio in 8.870 a fronte di 17.728, in Basilicata in 759 a fronte di 1.522.Meno 51% nelle Marche, dove tra gennaio e giugno di quest’anno sono stati avviati 2.575 tirocini rispetto ai 5.303 dello stesso lasso di tempo dell’anno scorso.Piemonte, Toscana e Provincia di Trento si attestano tutte e tre su un meno 52%: in particolare in Piemonte i tirocini sono stati 7.971 nel primo semestre 2020 quando erano stati 16.745 nel 2019; in Toscana 3.867 a fronte di 8.126; a Trento 547 a fronte di 1.139. E infine l’Emilia Romagna, dove ne sono stati attivati 8.276 a fronte dei 17.504 del 2019: qui dunque il calo è del 53%.Considerando poi esclusivamente i numeri del secondo trimestre del 2020, il calo rispetto all'anno scorso a livello nazionale è del 73%: 27mila attivati tra aprile e giugno di quest'anno contro gli oltre 100mila attivati negli stessi tre mesi del 2019.Qui i dati regionali indicano che le Regioni in cui la diminuzione nel secondo trimestre è stata più marcata sono la Sardegna (meno 85%), il Piemonte (meno 82%), e poi Lazio, Emilia Romagna e Toscana (tutte e tre a meno 80%).Invece i territori dove nel secondo trimestre i dati dei tirocini non sono calati così tanto sono la Regione Calabria (meno 29%), la Provincia autonoma di Bolzano (meno 39%), e – molto distaccate – le Regioni Campania e Sicilia entrambe con un risultato di meno 63%.Le differenze possono dipendere da varie ragioni. La prima e più importante è la policy che ciascuna Regione ha deciso di adottare, all’indomani del lockdown e poi nelle fasi successive, rispetto alla possibilità di attivare nuovi tirocini. Le Regioni che l’hanno vietato prima, o più a lungo, sono verosimilmente anche quelle che hanno poi risentito di cali maggiori. Un altro fattore significativo è quello della situazione economica: là dove la crisi economica “morde” di più le aziende sono restie ad attivare nuovi stage, quando vi è una tale incertezza rispetto a che ne sarà dei dipendenti.Ma attenzione. In situazioni come questa si profilano due worst-case scenario: il primo è appunto un crollo delle opportunità di stage per i giovani, dunque una drastica riduzione delle posizioni di stage aperte e contendibili. Il secondo, diametralmente opposto, è una “tenuta” del numero delle posizioni di stage sul mercato del lavoro, ma dovuta al tentativo di utilizzare gli stagisti, in un momento di crisi, come dipendenti a basso costo, distorcendo la finalità formativa dello strumento con l'obiettivo di ridurre i costi del personale. In questo senso le buone performance di Regioni storicamente “deboli” dal punto di vista economico, con mercati del lavoro fragili e solitamente non zeppi di opportunità, fanno sorgere più di un dubbio. Come mai proprio in Sicilia e in Calabria il numero dei tirocini attivati ha subito un calo così mite?In Sicilia, osservando i dati, si nota che vi è stato nel primo trimestre 2020 un numero di attivazioni molto alto, 3.049, il 28% in più rispetto all’anno precedente. Dunque si può presumere che la maggior parte dei tirocini “in più” sia stata attivata in maniera “innocente” prima che scoppiasse la bomba Covid. E infatti poi nel secondo trimestre i numeri delle attivazioni in Sicilia sono scesi molto, fermandosi a  1.409.Ma in Calabria invece a fronte di  2.184 attivazioni di stage extracurricolari nel primo trimestre 2020, tra gennaio e marzo, saltano all’occhio le 3.415 attivazioni nel secondo trimestre – come anticipato, solo il 29% in meno che l’anno precedente. Come si giustificano così tanti stage in partenza quest’anno proprio nei mesi di aprile, maggio e giugno, quando ad aprile e per gran parte di maggio si era in piena fase 1?Questi numeri sono di estremo interesse per chiunque voglia analizzare il “mercato degli stage” in epoca Covid nelle varie Regioni italiane. Non parlano da soli, ma pongono le basi per approfondimenti che sono tanto più necessari quanto più si considera importante, per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, un sano utilizzo dello strumento dello stage.