Ospedali a corto di personale, eppure centinaia di tirocini per operatori sanitari vengono bloccati

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 14 Nov 2020 in Notizie

covid professioni sanitarie Regione Lombardia sospensione tirocinio

A Cremona 160 tirocinanti curricolari prossimi all'abilitazione per la professione di operatore sanitario e ausiliario assistenziale (cosiddetti Oss e Asa) si sono visti interrompere i percorsi di formazione a un passo dalla fine. Di mezzo naturalmente c'è il Covid, e la decisione dei soggetti ospitanti – ospedali e case di riposo – di fermare i tirocini per ragioni di sicurezza e nel rispetto delle norme anti contagio. Sono proprio queste strutture a aver imposto lo stop ai tirocini giustificando la decisione con l'aggravarsi dei dati sulla pandemia e la necessità di arginare i rischi, ma di fatto impedendo ai tirocinanti di completare l'iter e ottenere in seguito un posto di lavoro.  

In Italia si contano nel complesso circa 250mila Oss secondo i calcoli di Migep, la federazione che li rappresenta. Sei-settemila sono invece le nuove leve che mediamente ottengono il titolo ogni anno. Il paradosso è che di figure ausiliarie in campo medico ce ne sarebbe un bisogno estremo nel pieno di una pandemia. E invece proprio nella regione più colpita dal Covid, la Lombardia, stage sospeso e diploma a data da destinarsi per un folto gruppo di corsisti che, se avessero raggiunto i crediti necessari nei tempi previsti, con tutta probabilità sarebbero stati reclutati da subito dal circuito della sanità locale. «Quelli della precedente edizione sono rimasti a casa al massimo una settimana prima di essere assunti» conferma alla Repubblica degli Stagisti Mariapia Maccaglia, 33 anni, una delle tirocinanti coinvolte nella vicenda. Il suo corso per diventare Oss è partito a settembre 2019, e include – appunto – oltre alla teoria, una parte pratica di tirocinio presso ospedali e rsa. La scuola che lo eroga è la Cr Forma di Cremona.

I corsi sono a pagamento: il costo è di 2mila euro, «un sacrificio con la certezza però di lavorare dopo» conferma Maccaglia. In classe con lei non solo ragazzi, ma anche «diversi quarantenni e padri di famiglia» intenzionati a intraprendere la professione. Il primo stop «c'era stato a marzo» ripercorre. Così il tirocinio – suddiviso in 450 ore – era slittato all'estate.
Adesso è di nuovo tutto saltato: «Mi mancherebbero 200 ore, circa un mese e mezzo, da svolgere in una rsa» si rammarica Maccaglia. Insieme ai suoi colleghi ha rivolto una petizione alla direzione Welfare della Regione Lombardia, quella diretta dall'assessore Giulio Gallera, per chiedere di rimediare all'intoppo.

A questa e alla direzione Istruzione e formazione da luglio scorso si sta rivolgendo anche l'ente promotore Cr Forma. Dagli uffici della prima il silenzio assoluto mentre «la DG Istruzione e formazione ci ha confermato che sta lavorando per trovare una soluzione al problema» spiega alla RdS Paola Brugnoli, direttrice di Cr Forma [nella foto]. Che denuncia l'assurdità della situazione: quelle dei tirocinanti Oss «sono figure che in questo momento servono come il pane: non venissero poi a lamentarsi che manca il personale!».

Le richieste di soluzioni alla Regione Lombardia vanno avanti da mesi. Lo scorso 8 settembre c'è stata perfino una interrogazione rivolta al presidente del Consiglio regionale lombardo, Alessandro Fermi, in quota Forza Italia, da parte del consigliere regionale del Pd Matteo Piloni. Oggetto ancora una volta i corsi di formazione per operatori sanitari: «Il ritardo nell’inserimento lavorativo delle figure professionali in oggetto, sempre più richieste dal mercato del lavoro, provocherà una mancanza di nuove figure qualificate in questa annualità» si legge nel documento.

Anche la Repubblica degli Stagisti ha contattato le direzioni regionali per chiedere chiarimenti. La sola a rispondere è Sabrina Sammuri, a capo della direzione Istruzione. Il problema, scrive, è da imputare «
alla difficile situazione vissuta dalle strutture sanitarie e socio assistenziali che da un lato manifestano un crescente fabbisogno di personale qualificato, e dall’altro stanno progressivamente chiudendo l’ingresso ai tirocinanti, sia per motivi di sicurezza che per l’aggravio organizzativo che comporta la loro gestione anche in termini di responsabilità e costi». Non solo misure di prevenzione quindi, ma anche la questione economica di tamponi e dispositivi da fornire ai tirocinanti, su cui le aziende ospitanti stanno facendo marcia indietro.

Sammuri sposta la responsabilità sulla direzione Welfare, «quella competente a trovare una soluzione», mentre dal canto suo, afferma, «il coordinamento delle Regioni ha prodotto un documento tecnico che individua alcune soluzioni di emergenza, che è stato trasmesso anche al Coordinamento Formazione». Questione di giorni e «sarà sottoposto al Ministero della Salute». Lo stop ai tirocini per figure sanitarie non riguarda infatti solo la provincia lombarda, «ma tutto il territorio nazionale» evidenzia Sammuri.

Proposte più concrete di soluzioni ci sarebbero, elencate nell'interrogazione del consigliere Piloni. Una sarebbe quella di «far svolgere tirocini curricolari al di fuori del territorio regionale con una deroga alle disposizioni in vigore». Una seconda via quella di «riconoscere crediti formativi acquisiti in contesti non formali a fronte di sottoscrizione di contratti di lavoro per analoga mansione». E ancora l'abolizione del «doppio ambito di intervento per lo svolgimento del tirocinio», vale a dire eliminare l'obbligo di svolgere il duplice stage sia negli ospedali che nelle rsa concentrandoli invece verso reparti meno rischiosi. Infine il tema delle spese, il più spinoso. La richiesta del consigliere è quella di «prevedere per le strutture ospitanti delle risorse aggiuntive per coprire i costi per i dispositivi di protezione, test sierologici e ulteriori esami richiesti dei tirocinanti».

Ma c'è anche chi è contrario per principio al reclutamento delle nuove leve di Oss. Per esempio il coordinatore nazionale Angelo Minghetti del Migep: «Si manderebbero in guerra soldati con le scarpe di cartone» dice riferendosi ai tirocinanti. «Sono inesperti, hanno una formazione di appena qualche mese». Si dovrebbe andare ad attingere, a suo dire, «dalle graduatorie già esistenti» senza intasare ulteriormente il sistema con corsi «talvolta anche non riconosciuti». Ma il reclutamento, obietta ad esempio Mariapia Maccaglia, non necessariamente dovrebbe convergere là dove si concentrano i contagi Covid. Ci sono «anche in reparti 'puliti' come ostetricia o oncologia». Si andrebbe comunque a alleggerire la catena, «di cui noi siamo il primo anello: ci occupiamo di smaltimento rifiuti, distribuzione pasti, igiene dei pazienti». Figure essenziali in questo momento, ragiona lei, «ancora di più del personale infermieristico deputato invece alla sola somministrazione delle terapie».

Ilaria Mariotti  

Community