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Emergenza neet, la Città dei Mestieri di Milano lancia la ricetta per incrementare l'occupazione giovanile

Dei due milioni 200mila neet italiani (dove neet sta per not in education, employment or training – ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano), quasi 200mila vivono nella ricca Lombardia. Anche di loro si occupa la Città dei Mestieri, istituzione lombarda che quest’anno compie dieci anni, che ha lo scopo di creare sul territorio una rete per la ricerca di lavoro e formazione sia per i giovani sia per chi vuole cambiare attività. Ispirata alle Cités des métiers francesi, la CdM è stata celebrata qualche giorno fa a Milano, nella sede di Assolombarda, attraverso due tavole rotonde – che però si sono trasformate in una sorta di glorificazione di questa istituzione, contornata da una chiacchierata sulle caratteristiche dell’orientatore ideale. Purtroppo infatti non è stato concesso nessuno spazio alle domande del pubblico: la discussione è stata mantenuta amichevole e astratta, evitando accuratamente che si accendesse un vero confronto tra i partecipanti.Walter Passerini, giornalista della Stampa e moderatore della prima tavola rotonda - «Orientare per costruire il futuro» - partendo da alcuni numeri ha fatto un quadro dell’attività della CdM [nella foto a fianco]. 70mila utenti serviti in dieci anni, 2.500 visite in sede (ora in via Soderini 24) solo negli ultimi dieci mesi. A creare la Città sono stati Assolombarda, la Camera di commercio di Milano, la Provincia e la Regione Lombardia ma si sono subito aggiunti all’iniziativa l’accademia Teatro alla Scala, la Fondazione Cologni, il museo della scienza e tecnologia Leonardo da Vinci, l'ufficio scolastico regionale e l'università Cattolica. I servizi che offre la CdM sono vari come il suo target. Gli studenti possono reperire informazioni su scuole superiori e corsi universitari, chi cerca un primo impiego o uno stage riceve dritte su come trovarlo (in Italia e all’estero) come scrivere un curriculum, come presentarsi a un colloquio. Anche disoccupati e cassintegrati possono rivolgersi alla CdM per farsi aiutare a riorientarsi, tramite coaching e corsi di formazione ad hoc oppure consigli su come diventare imprenditori. E in effetti dal 2008 gli ultratrentacinquenni sono in costante crescita: trovare lavoro è l’obiettivo esplicito del 50% degli utenti, e così le altre due finalità della CdM (costruire un progetto professionale e scegliere una formazione) restano irrimediabilmente indietro.Eppure la finalità iniziale era proprio quella, come ha ricordato Olivier Las Vergnas - astrofisico e direttore della CdM francese [foto a fianco] - raccontando la nascita di questa istituzione vent’anni fa a Parigi: «Volevamo permettere alle persone di capire meglio il proprio tempo, in particolare l’evoluzione tecnologica e i mestieri a essa collegata. Invece di una mostra statica, pensammo fosse meglio creare un centro di dialogo tra la gente ed esperti del settore. Ed è così che la Cité si è trasformata gradualmente in un luogo di orientamento e collocamento».Il padrone di casa Alberto Meomartini [nella foto a destra], presidente di Assolombarda e delle Città lombarde, ha riportato il discorso sulla situazione italiana attuale. «Ci sono oggi in Lombardia 180mila ragazzi senza speranze per il futuro che non studiano e non lavorano, mentre 147mila richieste di lavoratori da parte delle aziende rimangono senza risposta». Un mismatch che non aiuta l’occupazione giovanile: «Per giunta il 20-30% degli iscritti alle università abbandona prima della fine degli studi». Per Meomartini il problema non è legato solo alla crisi del nostro paese ma anche a scelte personali sbagliate e a un deficit di orientamento in entrata, in grado di guidare gli studenti delle superiori verso i mestieri e le facoltà più richieste dal mercato: ci sarebbe quindi bisogno di un network regionale per scongiurare le frotte di iscritti a Scienze della comunicazione e le aule vuote a Ingegneria.Secondo Gianni Rossoni [nella foto sotto a sinistra], assessore all’istruzione, formazione e lavoro della regione Lombardia, il problema sta invece nella scarsa integrazione tra teoria e pratica: il modello degli istituti professionali dovrebbe essere applicato in dappertutto in modo da «aprire le imprese alle scuole e le scuole alle imprese». Con buona pace di chi teme che un’ingerenza troppo forte da parte dell’impresa – e delle sue logiche commerciali – possa distorcere le finalità educative del sistema scolastico.    Riprendendo la riflessione sull’orientamento il direttore dell’ufficio scolastico regionale per la Lombardia Giuseppe Petralia ha osservato che questo «percorso, un atteggiamento didattico costante» può avvenire solo «in una scuola nuova che punti al merito, come quello creata dalla riforma Gelmini». Anche se, dato che i tagli hanno già ridotto il numero dei docenti e degli operatori, è difficile ipotizzare che possano spuntare nuovi budget per attrezzare servizi di orientamento di qualità.Un accenno più concreto all’attualità è venuto dallo svizzero Grégoire Evequoz, direttore generale della Città dei Mestieri del cantone di Ginevra, e da Cristina Castelli, ordinario di psicologia all’università Cattolica di Milano. Concordi nel dire che nel mondo di oggi in continuo cambiamento «il posto fisso è un’utopia», che «lavoro e formazione ormai si alternano nella vita di un individuo anche dopo la fine dell’università», e che quindi le CdM possono essere «un importante punto di riferimento per orientarsi e riorientarsi».Ma insomma, la Città dei Mestieri non ha nemmeno un difetto? Luigi Degan, direttore generale Afol Milano, ha provato a trovargliene due: «Ancora non permette di ottenere, e soprattutto certificare, le informazioni sulle capacità e le competenze di ciascun utente. Cosa che sarebbe fondamentale». E poi è scarsamente connessa alle esigenze del territorio: «Per migliorare il servizio bisognerebbe studiare più a fondo i bisogni aziendali». La mancanza di un dibattito con il pubblico ha impedito ai molti orientatori presenti in sala d’intervenire e confrontare i vari direttori e assessori con la realtà del lavoro pratico e quotidiano. Forse qualcuno avrebbe voluto chiedere come sarà possibile ampliare il servizio della Città se la legge di stabilità ha tagliato a regioni ed enti locali i finanziamenti per la formazione addirittura della metà. E forse qualcun altro avrebbe potuto obiettare che la soluzione semplicistica e individualistica del problema proposta dai relatori – se riesci a orientarti meglio, avrai una vita felice – in parte è vera, ma lascia un po’ troppo sullo sfondo la scena politica sociale ed economica – non buona nemmeno in una regione “fortunata” come la Lombardia – in cui una persona si trova a vivere, studiare e lavorare.        Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Precari sottopagati oggi, anziani sottopensionati domani? Ecco come stanno veramente le cose: meglio prepararsi al peggio- Al via il nuovo Progetto Fixo: 115 milioni di euro per evitare il "job mismatch" e aumentare la qualità dell'occupazione dei neolaureatiE anche:- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»- Lavoro e giovani: ce l'abbiamo un'idea? L'associazione Rena mette pepe al dibattito

Tirocini, in Campania i centri per l'impiego ignorano la circolare e li attivano solo entro i 12 mesi dal diploma o dalla laurea

Quest’estate il decreto legge 138, con l'articolo 11, ha destinato i tirocini solo a neodiplomati e neolaureati da non più di 12 mesi. A metà settembre è arrivata poi una circolare interpretativa che ha circoscritto la regola ai tirocini formativi e di orientamento, dando il via libera all'utilizzo di quelli di «reinserimento / inserimento al lavoro» per disoccupati e inoccupati. In alcune Regioni, però, questi stage sono ancora fermi. È il caso della Campania, in cui a partire dalla pubblicazione del decreto legge non si attivano più i tirocini dopo i 12 mesi dalla laurea o diploma. La segnalazione arriva sul forum della Repubblica degli Stagisti dal lettore “agenziaformativa”, che scrive: «in Campania i cpi attivano stage agli inoccuppati solo se l'azienda garantisce l'assunzione (roba da pazzi!!!) il che equivale a non attivarli perchè le aziende, in questo caso giustamente, non ci stanno».La Repubblica degli Stagisti ha contattato 16 centri per l’impiego e un ufficio provinciale dei servizi per l’impiego per cercare di capire cosa sta succedendo.A Napoli Giannandrea Trombino [leggi qui l’intera intervista], responsabile del cpi di Fuorigrotta, conferma subito che l’interpretazione data nella provincia napoletana da lui e dai suoi colleghi è di poter stipulare – in mancanza di una normativa regionale specifica - i tirocini solo con diplomati e laureati da non più di 12 mesi, per rispettare lo spirito del decreto e cioè quello di evitare l’abuso dei tirocini. «Se fossero aperti a tutti i disoccupati e inoccupati» continua Trombino «allora nel contesto napoletano ci sarebbero molti 40enni che chiederebbero di parteciparvi». Ai tanti esclusi dai tirocini resta, a suo avviso, la legge sull’apprendistato e i molti altri progetti della provincia napoletana che a volte hanno, però, requisiti troppo restrittivi. «Si potrebbe derogare a quei limiti», dice Trombino, «ma la responsabilità non può spettare ai singoli cpi, dovrebbe arrivare con un intervento normativo da parte della Regione o Provincia». Si cambia provincia ma la situazione è la stessa: a Caserta il centro per l’impiego «ha avuto un’attività intensissima nell’attivazione dei tirocini fino all’approvazione del decreto 138 che ci ha bloccato», come racconta il signor Toscano. Anche se quelli attivati non avevano alcuna garanzia per l’inserimento lavorativo a fine stage perché l’azienda «può sempre ritenere il tirocinante non idoneo». Da metà agosto, però, non sono più stati attivati tirocini per disoccupati di lunga durata e per gli inoccupati e lo stesso succede in tutta la provincia. Il responsabile del cpi di Sessa Aurunca, Renato Capriglione, conferma che da metà agosto non sono stati più attivati tirocini per disoccupati e inoccupati. Nella provincia salernitana, invece, qualcuno rimanda all’ufficio di coordinamento dei centri per l’impiego, è il caso dei cpi di Salerno e di Agropoli, mentre da quello di Battipaglia la responsabile, Antonietta Barone, promette una risposta da parte del dirigente di settore Domenico Ranesi [che però al momento non è ancora arrivata]. All’ufficio provinciale dei servizi per l’impiego di Salerno, invece, Immacolata Carillo [leggi qui l’intervista], referente per il settore tirocini, conferma che nella provincia salernitana con l’articolo 11 del decreto legge 138 l’attivazione dei tirocini è calata vertiginosamente e si è focalizzata su quelli per i neodiplomati e neolaureati. I numeri parlano chiaro: fino all’11 agosto l’ufficio aveva attivato 102 tirocini, da quella data in poi solo cinque. E a fine anno saranno ancora più al ribasso le percentuali di assunzione da parte delle aziende dopo un tirocinio, già in calo negli ultimi anni, e passate da un 34% di tirocini trasformati in un contratto nel 2009 a un 28% nel 2010. Oggi nella provincia salernitana sono quindi stati praticamente bloccati i tirocini per quanti non rientrano tra i neodiplomati e neolaureati. Ma 12 mesi sono veramente pochi secondo la Carillo: se un giovane decide «dopo il diploma di andare all’estero invece di provare a mandare curriculum alle aziende, si gioca l’unica possibilità che ha per farsi notare nel mondo del lavoro». Fanno eccezione Pompei e Ischia. Dal centro per l’impiego di Pompei il funzionario amministrativo, Teresa Donadio, assicura che l’ufficio «continua ad attivarsi e promuovere tirocini di inserimento e reinserimento nei confronti di inoccupati e disoccupati sia di laureati e neodiplomati anche se, con l’approvazione del decreto anticrisi 138 ne è diminuita la richiesta di attivazione». Il cpi stipula le convenzioni anche senza la certezza di assunzione, perché non esiste una normativa che obbliga l’azienda ad assumere il tirocinante, ma la Donadio assicura che «parecchie aziende hanno trasformato lo stage in contratto a tempo determinato o indeterminato». Anche a Ischia l’orientamento è quello di continuare con l’attivazione dei tirocini destinati sia ai disoccupati sia agli inoccupati. Il responsabile del cpi, Gennaro Ferrillo, spiega che il centro «sta promuovendo in ogni occasione pubblica lo strumento del tirocinio, chiedendo ai datori di lavoro privati con cui abbiamo contatti di presentarci richiesta se desiderano utilizzare lo strumento di pre-inserimento lavorativo», e aggiunge che il cpi ha stipulato «una convenzione quadro con Federalberghi sul territorio per promuovere anche i tirocini estivi di orientamento». Nessuna risposta, invece, nonostante i solleciti, dai cpi di Giugliano (Napoli), Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Avellino, Ariano Irpino (Avellino), Benevento, Sant’Agata dei Goti (Benevento), Maiori e Mercato San Severino, entrambi in provincia di Salerno. L’indagine dimostra che il problema sollevato dal lettore della Repubblica degli Stagisti riguarda quasi tutta la regione Campania. I centri per l’impiego hanno bloccato praticamente ovunque i tirocini per i giovani laureati o diplomati da più di 12 mesi. Tutti in attesa che arrivino misure più specifiche.Marianna LeporeScarica l'intero Dossier in formato PDF >>Per saperne di più su questo argomento leggi anche:- Crollo degli stage in tutta la Provincia di Salerno: Immacolata Carillo racconta i tre mesi dopo il decreto legge 138- Laureati e diplomati da più di 12 mesi, in Campania niente più tirocini. Il responsabile del centro per l'impiego di Napoli spiega perché- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli Stagisti

Anche don Ciotti e la Repubblica degli Stagisti a Genova per il salone ABCD + Orientamenti

Genova, si riparte dalla formazione. Da ieri e fino a venerdì sera va in scena alla Fiera, in piazzale Kennedy, «ABCD + Orientamenti, il Salone dell'educazione e dell'orientamento». Un evento importante per i giovani e per gli operatori della formazione, che riunisce Regione, Confindustria, università, scuole, enti locali. «L'alluvione ha duramente colpito la nostra città, ma i suoi abitanti hanno dimostrato forza e solidarietà lavorando insieme per rimettere in ordine il più possibile» dicono dall'agenzia Liguria Lavoro: «I lavori di preparazione dell'evento non si sono mai fermati: a maggior ragione in un momento come questo dove guardare al futuro è quanto mai importante». Tutti i partecipanti (l'ingresso è libero) potranno rivolgersi agli oltre cento stand (tra cui anche quello della Repubblica degli Stagisti) per chiedere informazioni e consigli; in particolare l'università di Genova offre la possibilità di svolgere test di orientamento e colloqui con psicologi e orientatori, e la Provincia organizza seminari informativi sulla riforma scolastica. Grazie alla collaborazione tra l'Agenzia Liguria Lavoro e l'Aidp sono anche previsti colloqui con direttori del personale e imprenditori liguri. E non convenzionale è il «laboratorio di aiuto alla scelta per genitori», gestito dall'università insieme alla Asl, all'Agenzia Liguria Lavoro e all'Usr.In particolare il programma di giovedì 17 prevede, tra le altre cose, un importante convegno sulla dispersione scolastica alle 11; ma l'evento clou è sicuramente l'incontro alle 15:30 con don Luigi Ciotti - il presidente nazionale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie  - per celebrare il 2011 che è stato l'anno europeo del volontariato. Per chiudere la giornata il coordinamento dei presidenti delle scuole della provincia di Genova propone il dibattito «Quale scelta dopo la terza media? Professionale, tecnico o liceo».Venerdì 18 per l'intera giornata un'area della Fiera è riservata al career day organizzato dall'università: oltre trenta le aziende partecipanti, tra cui spicca Leroy Merlin che fa parte del network della Repubblica degli Stagisti aderendo alle iniziative OK Stage e Milledodici (gli altri nomi: Abb, Almaviva, Altran, Ansaldo Energia, Ansaldo Sistemi Industriali, Aism, Banca Carige, Bitron Industrie, Bricocenter, Bombardier, Coop Liguria Scc, Costa Crociere, Decathlon Italia, Deloitte & Touche, Demont, Exprivia, Fip Formatura Iniezione Polimeri, Helios Green, Hyla Soft, Ina Assitalia, Nh Hotels, Nis, Outokumpu, Paul Wurth, Rina, Rsa - Sun Insurance Office Ltd., Saint Gobain Vetri Marchio Verallia, Schneider Electric, Siemens, Stc, Sutter Industries e 3v Sigma). Anche qui Repubblica degli Stagisti sarà presente con uno stand e in più il suo direttore, la giornalista Eleonora Voltolina, tiene il seminario "Il tirocinio di qualità" alle 9:30 nella sala 1 del padiglione B.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Basta davvero un clic per trovare lavoro? Il Ministero del lavoro investe 400mila euro in un nuovo portale per l'impiegoE anche: - Laureato da più di 12 mesi? Non ci interessi. Il meccanismo perverso che rischia di escludere un'intera generazione dal mercato del lavoro- Al via il nuovo Progetto Fixo: 115 milioni di euro per evitare il "job mismatch" e aumentare la qualità dell'occupazione dei neolaureati

«Gratis non si lavora». Anche su Twitter monta la protesta contro il lavoro sottopagato

Dopo la grande campagna "Non + disposti a tutto" di un anno fa - partita attraverso un tamtam sul web e poi rivelatasi iniziativa della Cgil - anche il popolo di Twitter si mobilita a difesa di lavoratori precari e sottopagati. Con l’hashtag #nofreejobs (diventato un «trend topic») il social network sta raccogliendo nelle ultime ore decine e decine di messaggi di protesta contro datori di lavoro senza scrupoli che pagano stipendi da fame, sfruttando dipendenti e collaboratori, specie se giovani. E che offrono tirocini senza rimborso spese e a condizioni vessatorie. «Lavorare (gratis) debilita l’uomo» dice Essedomani. «Se voglio fare volontariato vado alla Caritas», ironizza Ladycaos. Ma non si tratta solo di slogan originali coniati da quella che sembrerebbe l’ultima versione degli indignati italiani. Sul wall compaiono anche storie vere come questa: «Stage per centralinista. Richieste: tre lingue fluenti, otto ore al giorno, minimo laurea triennale con votazione maggiore a 100. Paga: buoni pasto», sintetizzata da Geron1mus. O ancora: «Creazione e community management di dieci pagine Facebook di prodotto e Seo di un sito: 150 euro mese!!! Ma scherziamo?». Tutte facce di una stessa realtà che accomuna giovani - ma non solo - a un destino che vede preclusa ogni aspettativa di vita dignitosa. Naturale che a un certo punto la rabbia esploda, anche se per il momento si limita al web.L’ideatrice dell'ultima iniziativa in ordine di tempo, che sta scatenando tanti "cinguettii", è l'esperta di social media Cristina Simone [nella foto], che racconta di essersi ispirata a un articolo di Wikiculture dal titolo «Caro blogger, ti pago 20 euro al mese e tu mi scrivi 40 pezzi». Facile intuirne il contenuto: l'autore - Stronco - parla di un’offerta di lavoro per blogger che prevede una retribuzione di 20 euro al mese per un minimo di 40 pezzi, senza mai scendere sotto i dieci alla settimana pena l’inadempienza. Facendo i conti, significa 50 centesimi a post. Stronco tenta di sdrammatizzare con l'ironia, ed elenca una serie di modi alternativi per guadagnare 20 euro, che vanno dal «chiederli alla nonna» fino al «suonare con un flauto in piazza». Il blogger Paolo Ratto rilancia il post e inventa un motto: «Gratis non si lavora. Si ozia». È qui che il web si scatena. Cristina crea sia una pagina su Facebook che una su Twitter, quindi l’hashtag che sta spopolando in questo momento.È ormai qualche anno che l'insofferenza sta dilagando tra i giovani  - come riporta quotidianamente questo sito. Inoltre, di recente Danilo Masotti, scrittore e consulente web, aveva sollevato la questione del lavoro non pagato sul suo blog del Fatto Quotidiano. E risale a poco tempo fa la vicenda di Flash Art, di cui la Repubblica degli Stagisti si è occupata e che è ora finita in tribunale con una querela da parte della ragazza a cui era stata dato della “mignotta”. Il Manifesto dello Stagista, online da circa un anno, ha da parte sua stilato una mappa europea di stage considerati indecenti. La Repubblica degli Stagisti dal 2007 si batte per una giusta retribuzione dei giovani. Lo ha fatto prima con la Carta dei diritti dello stagista, che al punto 6 chiede un adeguato rimborso spese per gli stage (indicando 500 euro come minimo per gli stagisti laureati). E più di recente con l'iniziativa Milledodici, un progetto a cui già hanno aderito diverse imprese, che prevede contratti di lavoro di almeno 12 mesi per un minimo di mille euro netti al mese. Senza contare le centinaia di discussioni del Forum, su cui arrivano continue denunce contro casi di 'malostage' e lavori non remunerati.«Quando lo dirà il governo? La rete dice no al lavoro sottopagato o gratuito», twitta ChiaraM_arch. «Perché non viene adottato il salario minimo anche in Italia?» si chiede Eleonora Voltolina nel suo ultimo editoriale. Saranno in tanti a chiedersi la stessa cosa. Sempre sperando, naturalmente, che #nofreejobs sia un'iniziativa genuina, e non il preludio al lancio di una qualche operazione di marketing. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- In Italia si guadagna troppo poco: per rendere dignitose le retribuzioni dei giovani bisogna passare dal «minimo sindacale» al «salario minimo»- Milledodici, ovvero almeno mille euro netti al mese per almeno un anno. Ecco le condizioni minime per offerte di lavoro dignitose- Precari sottopagati oggi, anziani sottopensionati domani? Ecco come stanno veramente le cose: meglio prepararsi al peggio- Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto» E anche:- Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. E il web si rivolta- Caso Flash Art, l'indignazione di Caterina arriva al Quirinale: «Presidente Napolitano, non lasciateci soli»

L'appello a Mario Monti: nel prossimo governo devono esserci anche giovani e donne

Umberto Veronesi: 86 anni. Gianni Letta: 76 anni. Giuliano Amato: 73 anni. Rolando Mosca Moschini: 72 anni. Carlo Dell'Aringa: 71 anni.  Ugo De Siervo e Cesare Mirabelli: 69 anni. Lanfranco Senn: 68 anni. Carlo Secchi: 67 anni. Lorenzo Ornaghi: 63 anni. Antonio Catricalà: 59 anni. Guido Tabellini, Lorenzo Bini Smaghi, Giampiero Massolo ed Enzo Moavero, tra i 55 e i 57 anni, emergono come i "ragazzini". Unica donna: Emma Bonino.APPELLO A MONTI: che almeno il 50% del suo governo non sia composto da anziani maschi, PER CAMBIARE DAVVERO L'ITALIA.Il totoministri del probabile - ormai quasi certo - governo Monti impazza. Molti dei nomi sono senz’altro di alta qualità, ma è preoccupante osservare che i papabili hanno due caratteristiche sopra tutte le altre, molto coerenti con le anomalie di composizione della classe dirigente italiana: sono tutti maschi, e sono tutti anziani.Rivolgiamo pertanto un appello al senatore Monti: se dal presidente della Repubblica le verrà dato l'incarico di formare un nuovo governo, costruisca una squadra rappresentativa delle forze dinamiche di questo paese, finora largamente escluse, e rivolta al futuro. Ci sono tanti giovani cervelli eccezionali, persone competenti, non appartenenti alle generazioni culturalmente compromesse con gli errori del passato, che hanno già avuto modo di dimostrare le proprie capacità e che potrebbero portare all'Italia una ventata di innovazione.Se è vero che la caratteristica dei cosiddetti governi "tecnici" è la competenza dei suoi componenti, è altrettanto vero che essa non coincide solo ed esclusivamente con gli anni di anzianità e di esperienza. Escludendo dall’esecutivo le più giovani generazioni pensiamo che si rischierebbe di partire, anche simbolicamente, senza quella discontinuità che è invece necessaria per rimettere in gioco le forze di cui ha più bisogno l’Italia di oggi e di domani. Un segnale forte sarebbe invece dimostrare nei fatti che è possibile dare spazio e responsabilità a donne e giovani basandosi esclusivamente sul merito e sulle competenze, al contrario di quanto fatto finora.Le lanciamo quindi un appello: costruisca un esecutivo PARITARIO, o almeno che si avvicini ad esserlo, in cui almeno il 50% dei membri non sia composto da maschi over 50. E anche un un appello nell'appello: che venga possibilmente scelto anche qualche giovane italiano tra i tanti di valore ma misconosciuti che attualmente sono all’estero e che rappresentano l’eccellenza nell’"Italia diffusa" oltre confine.Eleonora Voltolina, giornalista e direttore della testata Repubblica degli StagistiAlessandro Rosina, professore di Demografia all'università Cattolica di Milanoresponsabili dell'associazione Italents CONDIVIDI su  e su

Da Londra arriva un primo alt ai tirocini gratuiti: secondo i consulenti legali del governo violano la legge sul salario minimo

Migliaia di stage gratuiti promossi da enti pubblici e privati di Oltremanica potrebbero essere fuori legge. La denuncia arriva dai consulenti legali del governo inglese, ed è stata ripresa qualche giorno fa dal quotidiano The Guardian.Un’indagine condotta dagli avvocati della Whitehall in seguito ad alcune segnalazioni, ha, infatti, evidenziato come numerosi tirocini abbiano una durata maggiore rispetto a una soglia prevista e possano essere di fatto qualificati come lavoro. Per questo i datori, non pagando lo stagista, violerebbero la legge sul salario minimo, che stabilisce una paga minima per ogni lavoratore, variabile a seconda della fascia d’età. Secondo i legali, tirocini non retribuiti per più di un paio di settimane non rispetterebbero la disposizione.Il National Minimum Wage è stato introdotto per la prima volta dall’omonima legge, elaborata dal partito laburista ed entrata in vigore l’1 aprile 1999. Da ottobre 2011 le soglie minime di retribuzione ammontano a 6,08 sterline all’ora per lavoratori da 21 anni in su, equivalenti a poco più di sette euro (un po' più di 1.100 euro al mese per un full-time). Poi a scendere: 4,98 sterline per la fascia tra i 18 e i 20 anni, 3,68 sterline per i lavoratori di 16 e 17 anni e 2,60 sterline per gli apprendisti con meno di 19 anni o al primo anno di apprendistato (la cosiddetta apprentice rate). Retribuzioni che non sono, ovviamente, applicate a chi si offre volontario per enti di beneficenza o governativi. L’attuazione della legge è stata, però, finora piuttosto blanda: secondo il giornale britannico, dall’introduzione solo sette aziende sono state perseguite per la sua violazione dall’Her Majesty Revenue & Customs, l’ente governativo responsabile.Migliaia di stagisti inglesi potrebbero, ora, avere diritto a un risarcimento. Non è facile quantificare con precisione il numero di stage non retribuiti e quanti tra questi non rispettano la norma sul National Minimum Wage: le stime del Governo inglese, basate sui dati forniti dal Chartered Institute of Personnel and Development, parlano di 50/70mila stage annuali, di cui tra i 10mila e i 15mila gratuiti.Uno degli aspetti più interessanti della vicenda è che a essere penalizzato dalla guerra ai tirocini illegali potrebbe essere proprio il governo britannico: secondo una ricerca fatta dal Guardian, più della metà dei 29mila annunci di stage pubblicati sul Graduate Talent Pool, sito del governo specializzato in offerte di lavoro, si riferiscono a tirocini che non rispetterebbero la soglia minima di retribuzione.La denuncia dei legali inglesi ruota, in pratica, intorno alla distinzione tra stage e lavoro: un tirocinio che supera una certa durata non può più essere considerato tale, ma è in tutto e per tutto assimilabile a un lavoro e, in quanto tale, va regolarmente retribuito. Obiettivo è evitare che lo stage vada di fatto a sostituire l’attività lavorativa, a vantaggio di aziende ed enti pubblici, che hanno, così, lavoratori a costo zero. Chiara Del PriorePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- In Inghilterra un'impresa su cinque usa gli stagisti come lavoratori a basso costo- Gli stagisti inglesi visti dal Guardian: «carne da macello». E non è solo una metafora- Il Daily Telegraph mette il naso nella vita degli stagisti inglesi. Conclusione:non se la passano bene neanche loro- Stagisti inglesi, il Guardian svela: un'ente vigilierà affinché le aziende non li sfruttino- La denuncia del Financial Times: «Le aziende smettano di prendere stagisti per coprire i loro buchi di organico, e comincino a pagarli»

Il Pd apre due posizioni di stage: 400 euro al mese per un part time. E sul web scoppia un'incredibile polemica

Stagisti grafici per quattro ore al giorno in un ufficio creativo, emolumento di 400 euro al mese. Un'offerta più che dignitosa, specie in tempi difficili, eppure questo annuncio pubblicato sul sito del Partito Democratico è stato immediatamente condannato dal Popolo viola come un fatto scandaloso e ha scatenato in rete una tempesta. In un bicchiere d'acqua.Tiziana Cesselon, coordinatrice dell’ufficio grafico del Pd, chiarisce alla Repubblica degli Stagisti: «Qui non siamo alla ricerca di persone che coprano un buco di organico. Abbiamo già tutto il personale necessario. Questo stage è stato pensato piuttosto come un’operazione culturale, quello che vogliamo è entrare in contatto con giovani interessati alla comunicazione politica». Si tratta insomma di uno stage formativo, dove i ragazzi, nella massima flessibilità di orario, «vengono stimolati nella loro creatività. Ma sono poi i dipendenti del partito a svolgere il lavoro bruto». La polemica, a pochi giorni dalla bufala dei dieci stage gratuiti  - inesistenti - all’ufficio stampa dell’Italia dei Valori, appare quantomeno strumentale. Eppure nel giro di qualche ora (la notizia è dell'altroieri) la pagina Facebook del segretario Pierluigi Bersani è stata subissata di critiche e di sarcasmo - che i gestori del sito hanno a un certo punto rimosso. Eccone alcune: «Predicate bene e razzolate male. Siete contro la precarietà dell'esistenza e poi assumente i precari sotto forma di stagisti a 400 euro al mese? Dire che è una vergogna è poco» tuona Emanuele B. Rincara la dose Fabio S.: «Fatti i conti paghiamo sempre noi. Aggiungerei 'noi precari'». «Parlate di voler far ripartire l'Italia, e poi prendete gli stagisti a pochi euro per lavorare?», chiede caustica Antonella P. Qualcuno, come Pierluigi C., prova a controbattere: «Ma per 4 ore al giorno a progettare qualche manifesto seguiti da un tutor che ti insegna come fare con l'unica competenza richiesta l'uso della lingua italiana, 400 euro vi sembrano pochi (tasse pagate e tutto in regola)? I due anni di praticantato da avvocato ed il servizio civile allora cosa sono?». Il commento di Pierluigi coglie nel segno. Le condizioni offerte possono essere definite più che dignitose e soprattutto coerenti con la linea del partito in materia di lavoro e formazione: il Pd non ha mai sostenuto infatti di voler abolire gli stage, lavorando invece a una migliore regolamentazione di questo strumento. Per esempio con il disegno di legge di Cesare Damiano, già ministro e oggi capogruppo Pd alla commissione Lavoro, che prevede appunto per gli stage l'introduzione di un emolumento minimo di 400 euro (e da notare che questa cifra, analoga a quella francese, si riferisce a un full-time).Il Giornale, quotidiano della corrente politica opposta, non ha perso tempo a rilanciare la notizia. «Il solito Pd che predica bene ma razzola male: offre stage ai giovani per quattro euro all'ora», titolava ieri la versione online della testata, arrivando a paragonare la situazione degli stagisti grafici alla tragedia delle operaie di Barletta. L'interesse giornalistico ad alimentare la polemica è comprensibile, ma qualcuno davvero crede che sia intellettualmente onesto paragonare il lavoro nero sottopagato delle lavoratrici pugliesi a uno stage, rispetto a cui la legge non prevede purtroppo obblighi di emolumento?L'annuncio per giunta è aperto a «creativi e copywriter di età compresa tra i 22 e 27 anni, che siano in procinto di conseguire, o abbiano da poco conseguito un titolo di studio nell'ambito della comunicazione (diploma o laurea)». Insomma appare chiaro che non si stia cercando un esperto o una persona già formata da sfruttare a piacimento in assenza di organico, ma un giovane alle prime armi. Una conferma arriva da Facebook. Randa El Tahmy Bayoumy Amar, 29enne neolaureata in Comunicazione sociale e istituzionale, racconta di aver fatto questa esperienza: «Già da tempo controllavo proposte di stage offerte da aziende, agenzie e quant'altro, ma la maggior parte non prevedeva nemmeno un rimborso spese. Così quando sono venuta a conoscenza dello stage del Pd, ho inviato carica di speranza la mia candidatura. Non soltanto perché ritenevo che fare uno stage in una grande organizzazione partitica mi avrebbe certamente formata ulteriormente ma perché questo mi avrebbe consentito, grazie ad un rimborso spese di 400 euro, di pagare quantomeno le spese di alloggio a Roma». Randa risponde poi alle critiche apparse sul web: «Mai mi sono sentita sfruttata per il mio impegno durante lo stage. Sono una giovane precaria anche io, e riesco davvero a comprendere l’indignazione per le condizioni economiche, sociali e professionali che riguardano la mia generazione e quelle future. Ma credo che questo non sia il caso». E in effetti, non pare proprio il caso.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Urgono nuove regole per proteggere tirocinanti e praticanti: tante idee della Repubblica degli Stagisti nel disegno di legge di Cesare Damiano- Stagisti a zero euro, no grazie: ecco perchè vietare il rimborso spese per legge sarebbe ingiusto e controproducente- Mai più stage gratis: parte in Toscana il progetto per pagare gli stagisti almeno 400 euro al mese E anche:- Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. E il web si rivolta- Caso Flash Art, l'indignazione di Caterina arriva al Quirinale: «Presidente Napolitano, non lasciateci soli»

«Cercasi stagista incline alla subordinazione». L'annuncio shock solleva la rete

Cercasi stagista «incline alla subordinazione e al rispetto delle disposizioni che vengono impartite». È il testo di un annuncio pubblicato dal Centro per l’impiego di Livorno. Oggetto: un tirocinio della durata di 6 mesi offerto da un’azienda locale, in cerca di un addetto alla gestione logistica e amministrativa di magazzino. Poche righe, sufficienti a scatenare una piccola sommossa sul web a partire dal blog della sceneggiatrice di fumetti Francesca Santi, che per prima ha segnalato l’annuncio. Per fortuna, verrebbe da dire: segno che sempre meno ragazzi sono disposti ad accettare passivamente richieste improbabili e condizioni despotiche, e che la coppa dell’indignazione è ormai colma sino all’orlo.La Repubblica degli Stagisti ha contattato direttamente il direttore del Cpi di Livorno Paolo Borghi per scoprire origini e retroscena del discusso annuncio. «L’azienda ci ha chiesto di conservare l’anonimato, quindi i dati del datore di lavoro restano assolutamente riservati», premette Borghi. «Posso però dire questo: si tratta di una piccola azienda locale, assolutamente seria e solida, che offre stage finalizzati all’assunzione e che si era già avvalsa dei servizi del Centro senza nessun problema. Anche in questo caso è ricorsa a noi per filtrare le richieste in modo da non essere sommersa da centinaia di curriculum, in un contesto occupazionale difficile come quello attuale».Il responsabile ammette di aver seguito da vicino l’esplodere del caso sul web e di aver avviato le debite verifiche a posteriori: «È stata l’azienda, ovviamente, a scrivere quelle righe sul modulo. Da quanto ci risulta, comunque, si è trattato solo di un caso di formulazione infelice. Bisogna tener presente che parliamo di una piccola azienda locale, che usa un linguaggio, appunto, da piccola impresa. Quello che l’azienda voleva dire era questo: cerchiamo ragazzi disposti ad accettare rapporti di lavoro subordinati, e in grado di seguire indicazioni precise per imparare a lavorare in un contesto organizzativo delicato in vista di un’assunzione».Sarà. Però certo il testo dell’annuncio si prestava, nel migliore dei casi, a tutt’altra interpretazione e con poche possibilità di equivoci. E nel peggiore dei casi si potrebbe quasi dire che, dietro la spiegazione alternativa, si avverte il rumore di unghie in cerca di appigli su uno specchio. Resta inoltre aperta la domanda: ma davvero occorrono sei mesi di stage per formare un addetto al magazzino? Nel frattempo, i commenti dei lettori sul blog di Francesca Santi rendono il polso dell’indignazione popolare. «Ecco cosa intendo quando dico che ci hanno rubato il futuro. Ci hanno rubato anche la speranza di essere trattati un minimo bene, adesso ci dicono direttamente che vogliono schiavi e siamo schiavi», scrive un lettore. «Ma come si misura l'inclinazione alla subordinazione? », chiede ironicamente un altro. Particolarmente a tema questa risposta: «La risposta migliore sarebbe solo se mi fa un contratto di lavoro subordinato. Allora ne possiamo parlare!».C’è però anche chi difende l’azienda, almeno in linea di principio: «Ho a che fare spessissimo con ragazzi giovani che vengono il più delle volte al lavoro con due ore di sonno sulle spalle ancora ubriachi o mezzi fatti». E ancora: «Non capisco tutto questo clamore per la ricerca di un tirocinante che sia diplomato da 4 mesi... se sei uno spirito libero o hai la mentalità da libero professionista non ti candidi, altrimenti ci provi e tutt'al più sarà un'esperienza che non vorrai ripetere... Se poi uno vuole cambiare il mondo, allora, è tutto un altro discorso...». Tanto che alla fine è la stessa Santi a intervenire: «Il fatto che alcuni di voi non si siano resi conto della gravità di quello che c'è scritto nell'annuncio è un chiaro segnale che siamo messi davvero male in Italia, siamo così esasperati e affamati di lavoro che spesso difendiamo l'indifendibile».E cominciano ad arrivare le prime reazioni anche dalle autorità. L’assessore regionale al lavoro Gianfranco Simoncini su segnalazione della Repubblica degli Stagisti ha attivato ieri gli uffici regionali affinché la Provincia di Livorno chiarisca la posizione di tale azienda, che vorrebbe anche avvalersi del contributo Giovani Sì, rispetto alla “Carta dei tirocini e stage di qualità in Regione Toscana”, assicurando: «Nessun rimborso per chi cerca tirocinanti “inclini alla subordinazione”». E ricorda secondo che secondo la Carta lo stage dev'essere «una misura di accompagnamento al lavoro finalizzata a creare un contatto diretto tra una persona in cerca di lavoro ed un’azienda allo scopo di permettere al tirocinante di acquisire un’esperienza per arricchire il proprio curriculum e di favorire una possibile costituzione di un rapporto di lavoro con l’azienda ospitante». Altro che stagisti subordinati. di Andrea CuriatPer saperne di più, leggi anche:- Migliaia di precari scesi in piazza il 9 aprile: «Non vogliamo più essere sfruttati»;- La sedia la portiamo da casa... per protesta! Flash mob a Roma contro gli annunci «indecenti» di stage;- «Stagisti sfruttati, ribellatevi: anche il sindacato sarà al vostro fianco»: la promessa di Ilaria Lani, responsabile Politiche giovanili della Cgil   123RF Stock Photos

Forum delle Risorse umane, le aziende raccontano la crisi. Marco Masella: «In Italia non investe più nessuna multinazionale»

Crisi economica e un sistema Italia sempre più malfunzionante. Sono alcuni dei temi emersi l'altroieri alla terza edizione del Forum delle Risorse umane presso l'Auditorium Parco della Musica di Roma, appuntamento annuale per manager e addetti ai lavori nel campo del recruiting organizzato da Comunicazione Italiana - società di servizi internet ed eventi - e Aidp - Associazione italiana direttori del personale. L'evento voleva essere aperto anche ai non addetti ai lavori, e per questo un'area era dedicata alla raccolta di curriculum da parte di quattro aziende (tra di loro anche Neomobile, aderente al progetto Bollino OK Stage della Repubblica degli Stagisti), anche se a dir la verità in giro si vedevano soprattutto manager delle risorse umane e ben pochi ragazzi armati di cv.Come prevedibile, vista la crisi che attraversa il nostro paese, nella plenaria di apertura dal titolo «Giovani, donne e welfare» si è parlato della situazione economica e politica dell’Italia, che non ne esce con una bella immagine. Tra i relatori, Marco Masella [nella foto], presidente della scuola di management di Palo Alto, che descrive una situazione allarmante, provocata in primo luogo dal fatto che le multinazionali si rifiutano di investire in Italia, nonostante lo facciano nel resto d’Europa. I principali ostacoli percepiti dalle aziende straniere? La complicazione burocratica - ad esempio la difficoltà a compilare le nostre buste paga composte da decine di voci - e l'eccessiva gravosità del fisco. Ma Masella fa riferimento anche al gender gap, che vede l'Italia al 72esimo posto nella classifica mondiale (preceduta addirittura da stati africani come il Botswana), e allo scarso rispetto dei contratti, talmente evasi che in classifica siamo al 156esimo posto su 188 paesi. Il manager però, oltre a snocciolare dati preoccupanti sulle criticità italiche, lancia anche un «manifesto per lo sviluppo»: sette proposte per ridare competitività all'Italia. Semplificare le leggi (in Italia sono 150mila mentre ad esempio il Regno Unito ne ha appena mille), iniziare a pianificare tutto e non solo i grandi progetti, misurare le performance (abitudine con scarso seguito in Italia), abbattere i privilegi, eliminare il lavoro interinale («sarò impopolare nel dirlo» mette le mani avanti Masella  «ma questo sistema ha fallito, ha creato solo maggiore precarietà e qualche nuovo ricco»), ridurre le tasse («perché nessuno vuole pagarle se ingiuste e questo è uno dei motivi per cui l’estero non investe»), e infine introdurre un’etica in politica, a cominciare dalla regola per cui nessuno possa avere una carriera politica più lunga di dodici anni.Anche Filippo Abramo, presidente di Aidp, rimarca l’arretratezza dell’Italia. Nel suo intervento illustra il modello di flexsecurity danese, un successo lontano anni luce dal sistema italiano asserragliato attorno all’articolo 18: «in Danimarca licenziano come gli pare. Per tre anni lo stato offre un sussidio di disoccupazione che è come uno stipendio e con agenzie apposite si prende in carico la persona per riaddestrarla e renderla occupabile altrove». Un’idea che non piace a Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil. «La Danimarca è piccola e ci sono risorse spendibili. In Italia si cresce meno di altri paesi da 15 anni, ben prima della crisi e a causa di un deficit profondo». E ricorda come il tasso di occupazione femminile sia al di sotto del 50%, e i contratti di lavoro precario siano di ben 47 tipologie, due terzi dei quali vanno considerati una truffa, a partire dagli stage dietro cui spesso si maschera lavoro a tutti gli effetti.Nel calderone delle conferenze della giornata, tra crowdsourcing, visual coaching e altre inglesismi un po' ostici, spicca l'intervento di Donatella Lucantoni [nella foto a destra], direttore del personale di Fox Channel. Entusiasta nel raccontrare che il loro team si occupa principalmente di rendere migliore la vita dei dipendenti, organizzandoli come una community con party a tema, festeggiamenti per compleanni e matrimoni degli impiegati e così via. Insomma un mondo a parte, a tratti surreale. Sarà che nel settore tv la crisi non colpisce?Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato- Crisi e mercato del lavoro, Tito Boeri: è il momento che i giovani si facciano sentire e lancino delle proposte- Riforma del mercato del lavoro, i giovani vogliono la Flexsecurity

Mercoledì 19 ottobre: al Jobmeeting di Bologna dibattito «Si può mangiare con la filosofia o la semiotica?», a Torvergata tavola rotonda «Trovare lavoro, inventarsene uno»

Stesso giorno, mercoledì 19 ottobre, due città diverse, appuntamenti simili. A Bologna va in scena la tappa emiliana del JobMeeting, la fiera del lavoro che ormai da un decennio favorisce il contatto tra giovani e aziende. A Roma invece l'appuntamento è all'università di Tor Vergata, per la quarta edizione del career day della facoltà di Economia.A Bologna il Jobmeeting dalle 10 alle 17 offre ai partecipanti lo spazio career lab, con incontri e seminari: un appuntamento da non perdere è il dibattito «Il mercato delle lauree deboli: si può mangiare con la filosofia o la semiotica?» organizzato dalla Repubblica degli Stagisti. Un quesito di grande importanza in un Paese con una importante tradizione umanistica ma un mercato del lavoro che sembra diventato allergico a lauree che non siano economia o ingegneria. Dove ogni anno decine di laureati in lettere si vedono scartati a priori ai colloqui, o nel migliore dei casi si sentono suggerire di completare la formazione con un bel master (solitamente costosissimo) che li riscatti e faccia perdonare l'errore di gioventù di essersi laureati in materie poco affini al mercato.Ma davvero il mercato non ha bisogno di filosofi, musicologi, linguisti? Alle 11:30, nella sala bianca del Padiglione Polivalente della Fiera che ospita il Jobmeeting, ne discuteranno tre esperti: Giovanna Cosenza, docente di semiotica e anche presidente del corso di laurea magistrale in semiotica; Giampaolo Colletti, fondatore di AltraTV e animatore dell'evento web La notte dei ricercatori; e Andrea Curiat, giornalista esperto di mercato del lavoro e collaboratore "storico" della Repubblica degli Stagisti. Insieme cercheranno la quadratura del cerchio e faranno il punto sulla situazione delle lauree umanistiche in Italia, confrontandola anche con quella degli altri paesi europei, e sugli sbocchi offerti dalle lauree "deboli" in campo accademico e nel settore privato. Intanto, alla domanda che dà il titolo al dibattito hanno già risposto molti giovani, sulla pagina Facebook dedicata all'evento. La maggior parte è pessimista. «La risposta che darei è un "no"» si rammarica Marco: «No, perché filosofia, semiotica, ma anche antropologia, sociologia, lettere moderne sono discipline morte in questo Paese. In molti altre nazioni quando si pianifica un nuovo quartiere servono, per esempio, antropologi. Da noi, a volte, persino gli architetti sono di troppo. La filosofia serve ad uno Stato moderno che si domanda del suo futuro, del modello di civiltà, della conoscenza di sé. In Italia la conoscenza di sé è limitata alla rassegna stampa della mattina. Ed è già tanto». «Per la mia situazione di laureato in Comunicazione, la risposta è "no"» gli fa eco Fabrizio: «Infatti sto per iscrivermi agli esami singoli per l'accesso al TFA della SSIS e, nei ritagli di tempo, penso di prendere una certificazione Cisco CCNA. Tornassi indietro farei scelte più pratiche e meno dettate dalla passione personale. Il mercato impera ed occorre, ahinoi, sottomettersi». Ma c'è anche qualcuno più ottimista: «Per me sì, ci si può guadagnare da vivere occupandosi di quelle materie» dice Leopoldo, ma poi specifica: «a patto che le università non sfornino qualche migliaio di filosofi e esperti di semiotica l'anno. Ne basterebbero una decina di alto livello». Insomma, il problema insomma è numerico: «Di filosofi e psicologi e sociologi, antropologi, letterati e storici ne abbiamo in quantità industriale, e ogni anno gli atenei ne sfornano altre tonnellate. Come sia possibile occuparli tutti nei loro settori di studio, mi risulterebbe difficile capirlo, anche in un paese funzionante, figuriamoci in Italia». Rosella invece è ottimista in maniera sintetica e senza condizioni: «Certo che si può, mai debolezza fu più apparente».Parallelamente a Roma, al career day di Torvergata, si parlerà di occupazione giovanile nella tavola rotonda «Trovare lavoro, inventarsene uno». La ricercatrice Paola Pianura commenterà i più rilevanti dati Istat sull'occupazione giovanile; poi Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti, farà il punto della situazione sul tema stage anche alla luce dei recenti cambiamenti normativi, e chiamerà a partecipare al dibattito due giovani ex studenti, entrambi classe 1985, con due belle avventure imprenditoriali da raccontare. Il primo, Andrea Giansante [nella foto a destra], è a capo di Rumjungle, una marca di abbigliamento sportivo. L'ha fondata nel 2007 insieme a suo fratello Mattia - di un anno più vecchio - in seno alla Yell, società di cui anche il loro padre faceva parte. «All'inizio eravamo “appoggiati” alla sede di Yell, assunti come dipendenti». Ma quando il management ha proposto una acquisizione i due fratelli hanno rifiutato: «Volevamo che la nostra “creatura” continuasse nella direzione che avevamo pensato per lei». Nella primavera del 2009 hanno dunque deciso di staccarsi e dare avvio a una gestione al 100% autonoma della loro realtà imprenditoriale. Senza il paracadute è stato utto più difficile, ma Elia e suo fratello sono riusciti a ottenere un finanziamento per l’imprenditoria giovanile, 100mila euro erogati dalla Banca delle Marche e garantiti dalla  Imprefidi Lazio con una fideiussione bancaria (pari al 75% dell’importo). «Con questi soldi ci siamo dotati delle attrezzature base per allestire la nuova sede operativa: mobilio, muletti e traspallet per il magazzino, computer». A gennaio 2010 sono stato finalmente pronti a partire con la nuova gestione: i tre fratelli fondatori (ad Elia e Mattia si è nel frattempo aggiunta la giovanissima Martina, 21 anni) e un dipendente per l'ufficio grafico. Oggi, a meno di due anni di distanza, sono in otto: «Abbiamo assunto un responsabile fatturazione e vendite, uno per l’ufficio ordini, un altro in sala grafica, ed un mio ex collega dell’università come part time mentre termina gli studi della specialistica». Il fatturato glielo permette: dagli 850mila euro del 2009 i giovani Giansante sono passati a 1 milione 450mila euro nel 2010, e prevedono di chiudere il 2011 a due milioni di euro: «Forse potremmo toccare i due milioni e 200mila se il maltempo ci assiste: freddo e pioggia potrebbero permetterci di vendere qualche giubbino in più!».Un'altra storia a lieto fine è quella di Francesco Maria D'Apuzzo [a sinistra], proveniente da una famiglia di imprenditori campani. Il padre però opera nel settore automobilistico; Francesco invece ha scelto di tentare la via dell'autonomia, tuffandosi nel ramo alimentare e riprendendo un marchio storico della famiglia, con un passato glorioso a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Ha dunque riacquisito il marchio nel 2007 e due anni dopo, appena terminati gli studi, con 5mila euro di investimento si dedicato anima e corpo al rilancio della «Pasta Francesco D'Apuzzo». «Ho fatto un accordo con un cugino a Gragnano, vicino a Napoli, che si sarebbe occupato della produzione mentre io del marketing e della distribuzione. Poi ho fatto uno studio sulla concorrenza e trovato un packaging accattivante e che lasciasse intendere artigianalità e tradizione». Francesco comincia personalmente a girare per enoteche, ristoranti, gastronomie specializzate a Roma per trovare i primi acquirenti. Oggi la sua piccola azienda personale conta cinque agenti di vendita, centinaia di clienti nel mondo, piccoli furgoni e alcuni giovani che aiutano Francesco a fare consegne e magazzino. Il 2010 per lui si è chiuso con 100mila euro di fatturato: «Siamo in forte crescita, e nel 2012 siamo sicuri di raddoppiare il fatturato, soprattutto all'estero!». Insomma, il lavoro al tempo della crisi può ancora aprire inaspettate finestre di speranza.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il deputato Aldo Di Biagio spiega la sua interrogazione: «Bisogna difendere chi ha lauree "deboli" dalla discriminazione nelle selezioni»E anche:- Il ministro Giorgia Meloni: «Per investire sui giovani è necessario un cambio di mentalità»- I laureati italiani fotografati da Almalaurea: sempre più disoccupati e meno retribuiti- Censis: in Italia i laureati lavorano meno dei diplomati. E i giovani non credono più nel «pezzo di carta»