Emergenza neet, la Città dei Mestieri di Milano lancia la ricetta per incrementare l'occupazione giovanile
Dei due milioni 200mila neet italiani (dove neet sta per not in education, employment or training – ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano), quasi 200mila vivono nella ricca Lombardia. Anche di loro si occupa la Città dei Mestieri, istituzione lombarda che quest’anno compie dieci anni, che ha lo scopo di creare sul territorio una rete per la ricerca di lavoro e formazione sia per i giovani sia per chi vuole cambiare attività. Ispirata alle Cités des métiers francesi, la CdM è stata celebrata qualche giorno fa a Milano, nella sede di Assolombarda, attraverso due tavole rotonde – che però si sono trasformate in una sorta di glorificazione di questa istituzione, contornata da una chiacchierata sulle caratteristiche dell’orientatore ideale. Purtroppo infatti non è stato concesso nessuno spazio alle domande del pubblico: la discussione è stata mantenuta amichevole e astratta, evitando accuratamente che si accendesse un vero confronto tra i partecipanti.Walter Passerini, giornalista della Stampa e moderatore della prima tavola rotonda - «Orientare per costruire il futuro» - partendo da alcuni numeri ha fatto un quadro dell’attività della CdM [nella foto a fianco]. 70mila utenti serviti in dieci anni, 2.500 visite in sede (ora in via Soderini 24) solo negli ultimi dieci mesi. A creare la Città sono stati Assolombarda, la Camera di commercio di Milano, la Provincia e la Regione Lombardia ma si sono subito aggiunti all’iniziativa l’accademia Teatro alla Scala, la Fondazione Cologni, il museo della scienza e tecnologia Leonardo da Vinci, l'ufficio scolastico regionale e l'università Cattolica. I servizi che offre la CdM sono vari come il suo target. Gli studenti possono reperire informazioni su scuole superiori e corsi universitari, chi cerca un primo impiego o uno stage riceve dritte su come trovarlo (in Italia e all’estero) come scrivere un curriculum, come presentarsi a un colloquio. Anche disoccupati e cassintegrati possono rivolgersi alla CdM per farsi aiutare a riorientarsi, tramite coaching e corsi di formazione ad hoc oppure consigli su come diventare imprenditori. E in effetti dal 2008 gli ultratrentacinquenni sono in costante crescita: trovare lavoro è l’obiettivo esplicito del 50% degli utenti, e così le altre due finalità della CdM (costruire un progetto professionale e scegliere una formazione) restano irrimediabilmente indietro.Eppure la finalità iniziale era proprio quella, come ha ricordato Olivier Las Vergnas - astrofisico e direttore della CdM francese [foto a fianco] - raccontando la nascita di questa istituzione vent’anni fa a Parigi: «Volevamo permettere alle persone di capire meglio il proprio tempo, in particolare l’evoluzione tecnologica e i mestieri a essa collegata. Invece di una mostra statica, pensammo fosse meglio creare un centro di dialogo tra la gente ed esperti del settore. Ed è così che la Cité si è trasformata gradualmente in un luogo di orientamento e collocamento».Il padrone di casa Alberto Meomartini [nella foto a destra], presidente di Assolombarda e delle Città lombarde, ha riportato il discorso sulla situazione italiana attuale. «Ci sono oggi in Lombardia 180mila ragazzi senza speranze per il futuro che non studiano e non lavorano, mentre 147mila richieste di lavoratori da parte delle aziende rimangono senza risposta». Un mismatch che non aiuta l’occupazione giovanile: «Per giunta il 20-30% degli iscritti alle università abbandona prima della fine degli studi». Per Meomartini il problema non è legato solo alla crisi del nostro paese ma anche a scelte personali sbagliate e a un deficit di orientamento in entrata, in grado di guidare gli studenti delle superiori verso i mestieri e le facoltà più richieste dal mercato: ci sarebbe quindi bisogno di un network regionale per scongiurare le frotte di iscritti a Scienze della comunicazione e le aule vuote a Ingegneria.Secondo Gianni Rossoni [nella foto sotto a sinistra], assessore all’istruzione, formazione e lavoro della regione Lombardia, il problema sta invece nella scarsa integrazione tra teoria e pratica: il modello degli istituti professionali dovrebbe essere applicato in dappertutto in modo da «aprire le imprese alle scuole e le scuole alle imprese». Con buona pace di chi teme che un’ingerenza troppo forte da parte dell’impresa – e delle sue logiche commerciali – possa distorcere le finalità educative del sistema scolastico. Riprendendo la riflessione sull’orientamento il direttore dell’ufficio scolastico regionale per la Lombardia Giuseppe Petralia ha osservato che questo «percorso, un atteggiamento didattico costante» può avvenire solo «in una scuola nuova che punti al merito, come quello creata dalla riforma Gelmini». Anche se, dato che i tagli hanno già ridotto il numero dei docenti e degli operatori, è difficile ipotizzare che possano spuntare nuovi budget per attrezzare servizi di orientamento di qualità.Un accenno più concreto all’attualità è venuto dallo svizzero Grégoire Evequoz, direttore generale della Città dei Mestieri del cantone di Ginevra, e da Cristina Castelli, ordinario di psicologia all’università Cattolica di Milano. Concordi nel dire che nel mondo di oggi in continuo cambiamento «il posto fisso è un’utopia», che «lavoro e formazione ormai si alternano nella vita di un individuo anche dopo la fine dell’università», e che quindi le CdM possono essere «un importante punto di riferimento per orientarsi e riorientarsi».Ma insomma, la Città dei Mestieri non ha nemmeno un difetto? Luigi Degan, direttore generale Afol Milano, ha provato a trovargliene due: «Ancora non permette di ottenere, e soprattutto certificare, le informazioni sulle capacità e le competenze di ciascun utente. Cosa che sarebbe fondamentale». E poi è scarsamente connessa alle esigenze del territorio: «Per migliorare il servizio bisognerebbe studiare più a fondo i bisogni aziendali». La mancanza di un dibattito con il pubblico ha impedito ai molti orientatori presenti in sala d’intervenire e confrontare i vari direttori e assessori con la realtà del lavoro pratico e quotidiano. Forse qualcuno avrebbe voluto chiedere come sarà possibile ampliare il servizio della Città se la legge di stabilità ha tagliato a regioni ed enti locali i finanziamenti per la formazione addirittura della metà. E forse qualcun altro avrebbe potuto obiettare che la soluzione semplicistica e individualistica del problema proposta dai relatori – se riesci a orientarti meglio, avrai una vita felice – in parte è vera, ma lascia un po’ troppo sullo sfondo la scena politica sociale ed economica – non buona nemmeno in una regione “fortunata” come la Lombardia – in cui una persona si trova a vivere, studiare e lavorare. Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Precari sottopagati oggi, anziani sottopensionati domani? 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