Categoria: Approfondimenti

«Alice senza niente», in un romanzo la vita nuda e cruda dei giovani squattrinati precari italiani

Può capitare di leggere un romanzo e identificarsi con il protagonista. Se il libro è ambientato nel presente, le probabilità aumentano. Con Alice senza niente (Terre di mezzo) schizzano alle stelle, perchè queste 91 pagine racchiudono il racconto per niente edulcorato della vita di ogni giovane precario italiano, messa impietosamente nero su bianco. Ha colto nel segno Pietro De Viola [nella foto sotto], autore di questo piccolo caso editoriale nato come ebook in rete, con oltre 35mile copie scaricate in poco tempo e finito poi sugli scaffali delle librerie. Manifesto di un’intera generazione tanto che i lettori sul blog dello scrittore commentano: «Lo  sto divorando e mi sento già molto, molto meno sola» oppure «Tra una pagina e l’altra mi è venuto il mal di stomaco. È tutto così vero, ho pensato».La protagonista è Alice, una laureata in Scienze politiche con il massimo dei voti alla continua ricerca di un lavoro che però non riesce a trovare. Passa da un colloquio all’altro, tutti fallimentari, e trascorre le giornate compilando form online alla sezione 'Lavora con noi'. Non importa in quale settore: dalla cassiera alla bancaria o all’infermiera, l’importante è guadagnare per vivere. Perché in realtà Alice non fa che sopravvivere, pensando a come risparmiare qualche centesimo e preparare dal nulla una cena che sfami lei e il suo ragazzo, Riccardo, con cui convive. L’amore è il suo unico punto fermo, è la persona con cui condivide tutto che la fa sperare in un futuro migliore. Ma lui si trova nelle sue stesse condizioni: una laurea in legge e un lavoro come insegnante privato di chitarra a dieci euro l’ora che Alice si deve sorbire da dietro il separé sul suo letto (perché il loro appartamento ha un’unica stanza). C’è un che di tragicomico allora quando i due si trovano a esultare per l'invito a un vernissage di un’artista con buffet: finalmente avranno una cena come si deve invece del solito yogurt del discount. E qui compare l'unica nota stonata, che discosta Alice  dalla realtà. Perchè quasi sempre i giovani italiani vengono supportati dalla propria famiglia, specie per esigenze primarie come il cibo. Nel libro l'amica di Alice, Silvia, che ha un lavoro fisso e un affitto, può sempre contare sull'aiuto dei suoi. Invece i due protagonisti no: sono orfani? Hanno litigato e rotto i rapporti con i genitori? Provengono da famiglie talmente indigenti da non essere in grado nemmeno di invitare i giovani affamati a cena per un piatto di spaghetti? O la loro è una scelta ideologica, di volersi mantenere da soli con le proprie forze anche a costo di soffrire - letteralmente - la fame?  Quello della famiglia è insomma un aspetto che l'autore avrebbe potuto approfondire di più, considerando come il welfare familiare sia un elemento portante del sistema economico italiano, difficile da ignorare. De Viola infila comunque un barlume di speranza, Alice avrà alla fine un suo riscatto dalla precarietà, fosse anche solo attraverso un sogno da realizzare. Così, alla fine della lettura, allo sconforto si sostituisce un sospiro di sollievo. Questa situazione di quotidiana disperazione, di alienazione cercando di non rassegnarsi, forse terminerà grazie a un'idea vincente che salverà Alice e il suo amore.Alice senza niente ha un ritmo incalzante e si legge tutto d’un fiato. Rappresenta la condizione di tanti trentenni italiani che vivono praticamente in povertà, schiacciati da un sistema socio-economico che li esclude. Alla faccia di chi li chiamava bamboccioni. Sono degli «asociali forzati», come li definisce De Viola, perché non possono neppure permettersi un aperitivo al bar con gli amici. Del resto l’autore è uno di loro: siciliano, classe 1980 e con una laurea in Scienze politiche, dichiara di non aver mai fatto per più di tre mesi di fila lo stesso mestiere, passando dal volantinaggio, alla vendita, all’insegnamento o all’agenzia immobiliare. Questo romanzo d'esordio delicato e piacevolissimo, nella cui protagonista un giovane italiano potrà forse trovare un alter ego, non è solo buona letteratura: è anche un grido di denuncia. E guai a non raccoglierlo.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto»- «Stagisti sfruttati, ribellatevi: anche il sindacato sarà al vostro fianco»: la promessa di Ilaria Lani, responsabile Politiche giovanili della Cgil- Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»E anche:- Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato    

Obiettivo Lavoro, agenzia interinale super-attiva sul progetto Les4 di Italia Lavoro

Il bando «Lavoro e Sviluppo 4», 6mila tirocini per i residenti in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, è rivolto a centri per l'impiego e agenzie interinali. Repubblica degli Stagistii ha però documentato che i cpi non sono nemmeno informati di un progetto finanziato con soldi pubblici. Restano i soggetti privati. E uno di quelli che sembrano essere maggiormente coinvolti nel progetto è Obiettivo Lavoro.«Vado da Obiettivo Lavoro, che scopro essere un pò l'agenzia "referente" di questo progetto, e mi dicono che le altre agenzie interinali non hanno l'autorizzazione ad attivare questi tirocini», il racconto di un lettore sul forum di Repubblica degli Stagisti. Parole che trovano conferma in quelle di un'altra lettrice, secondo la quale  «le agenzie interessate sono Obiettivo Lavoro e Metis». Il bando Les4 di Italia Lavoro, disponibile in rete, non fa in realtà alcun cenno ad un rapporto esclusivo con Obiettivo Lavoro. Eppure quest'ultima, sul proprio sito, annuncia «6mila tirocini formativi da Italia Lavoro e Obiettivo Lavoro», quasi che si trattasse di un rapporto esclusivo.  Ma che cos'è Obiettivo Lavoro?Si tratta di un'azienda nata nel 1997, che subito si è posta come la terza realtà nel campo delle agenzie interinali italiane, immediatamente dopo colossi come Manpower e Adecco. Obiettivo Lavoro è stata creata per iniziativa di Lega delle cooperative, Confcooperative e Compagnia delle Opere. Un quadro societario quantomeno variegato, almeno sotto il profilo politico: da una parte Legacoop, storicamente vicina al mondo della sinistra, dall'altra la CdO, 'braccio' operativo di Comunione e Liberazione, da sempre più vicina ai messaggi del centrodestra.Oggi Legacoop e Cdo non compaiono più nella compagine azionaria di Obiettivo Lavoro, che risulta essere di proprietà di una serie di aziende e di cooperative. Ma i rapporti con la politica rimangono. L'attuale presidente è Alessandro Ramazza [nella foto], bolognese, laureato in Economia con un master alla London Business School. Ma anche per un decennio assessore alla provincia di Bologna, poi consigliere comunale, sempre a Bologna, dal 1995 al 2004, e ancora segretario cittadino dei Ds nel 1999 - l'anno che consegnò le Due Torri al centrodestra guidato da Giorgio Guazzaloca. Il curriculum di Ramazza lo vede anche come coordinatore regionale del partito nato sulle ceneri del Pci. Insieme a lui, all'interno del consiglio di amministrazione, siede Maurizia Rota, eletta consigliere comunale per la Democrazia Cristiana nel 1985 a Cernusco sul Naviglio e diventata assessore cinque anni più tardi. Già direttore generale di Vienord, una società del gruppo delle lombarde Ferrovie Nord, è considerata vicina al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, esponente di Comunione e Liberazione. Sempre nel cda di Obiettivo Lavoro c'è anche Felice Siciliano, napoletano, consigliere di Unioncamere Campania e membro della giunta della Camera di Commercio di Napoli. Ma, soprattutto, membro del direttivo della Compagnia delle Opere della Campania.Nata come società cooperativa, trasformata in società per azioni nel 2003, Obiettivo Lavoro conta oggi più di 150 sedi tra uffici e filiali sparsi per tutta la Penisola. L'azienda ha individuato due direttrici di espansione a livello internazionale, una verso l'Europa dell'Est, che la vede presente con tre filiali in Romania e due in Polonia, l'altra in Sudamerica con sei uffici tra il Perù e la Bolivia ed uno a San Paolo del Brasile.Nel corso degli anni, Obiettivo Lavoro ha dato vita ad una serie di aziende controllate, che hanno fatto di OL un vero e proprio gruppo. Tra queste realtà c'è Obiettivo Lavoro Formazione, che coordina le attività di formazione professionale. Non a caso tra i soci di OL c'è la Fondazione Enaip Lombardia, vero e proprio colosso di questo settore. C'è poi Intempo, agenzia per il lavoro che opera in alcune regioni italiane (Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sardegna ed Emilia Romagna). HIT Servizi è invece specializzata nella gestione del personale, mentre OL Temporary Management è una realtà che sta sviluppando in Italia la selezione e l'inserimento nelle imprese dei manager 'a tempo'. Palamito offre invece un servizio di consulenza nel settore dei finanziamenti pubblici di ogni livello, da quelli comunitari a quelli comunali.Tutte attività che hanno permesso ad Obiettivo Lavoro, nel solo 2010, di generare un giro d'affari di 368 milioni di euro - a tanto ammonta infatti il valore della produzione - con un incremento del 2,5% rispetto all'anno precedente.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro;- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro;- Les4, questo sconosciuto. Ai centri per l'impiego nessuno conosce il bando di Italia LavoroE anche:- Stage non retribuito in un'agenzia per il lavoro: accettare o rifiutare?

Les4, questo sconosciuto: ai centri per l'impiego nessuno conosce il bando per i 6mila stage di Italia Lavoro

«Noi non facciamo queste cose. Perché contattate noi?», domanda l'operatrice del centro per l'impiego di Milano. «Mi spiega meglio di che si tratta?», chiedono invece dal cpi di Bologna. E anche a Palermo ammettono: «Non abbiamo alcuna indicazione in proposito».Da tempo la Repubblica degli Stagisti si occupa di Lavoro e Sviluppo 4, un progetto di Italia Lavoro per all'attivazione di 6mila stage rivolti a residenti in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. Denunciandone la scarsa trasparenza, ad esempio, o raccontando il ruolo svolto dalle agenzie interinali. Un ruolo, che, a quanto emerge, è davvero di primo piano. Repubblica degli Stagisti ha voluto verificare quanto le strutture pubbliche siano informate su un bando che è finanziato, attraverso Italia Lavoro, direttamente dal ministero dello Sviluppo economico e che prevede esplicitamente tra i destinatari i «servizi per il lavoro pubblici» presenti su tutto il territorio nazionale. Basta fare qualche telefonata per scoprire che, dovunque si chiami, i centri per l'impiego sembrano non sapere nulla di questo progetto. «Non lo conosco, però è la seconda telefonata che ricevo a questo proposito», racconta l'operatrice del cpi di viale Jenner a Milano, «non ci hanno contattato per essere partner di questo bando». Anzi, aggiunge, «è buffo che il bando dica di rivolgersi a noi quando non siamo l'ente promotore».Gli aspiranti stagisti probabilmente non trovano divertente questa circostanza. Il quadro infatti appare disarmante. «Se è Italia Lavoro, bisogna sentire Italia Lavoro. A me Les4 non dice nulla, non l'ho mai sentito nominare, non è roba nostra», afferma perentorio l'addetto del centro per l'impiego di via Legione Gallieno a Vicenza. Toni più cortesi nella vicina Verona, ma il ritornello è sempre lo stesso: «deve sentire IL, noi non seguiamo direttamente questo progetto».Anche a Bologna sembrano conoscerlo poco: «Non ci arrivano molte richieste», spiegano al telefono, «e non ci risulta che il bando sia seguito dai cpi». Ma allora perché si dice espressamente di far riferimento ai servizi per il lavoro pubblici? «Non lo so, magari in alcune provincie passa dai centri per l'impiego». Ad ogni modo: «le informazioni che abbiamo noi sono limitate». I cpi del nord Italia in buona sostanza non ne sanno nulla: questo non perché Les4 sia pensato per chi risiede in alcune regioni del Mezzogiorno, visto che gli stage possono essere attivati su tutto il territorio nazionale; bensì perché Italia Lavoro non li ha coinvolti. O almeno, questo sostengono gli addetti.Lo confermano anche quasi tutti gli operatori dei centri per l'impiego delle regioni che sono direttamente interessate dal bando - ovvero Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Da Napoli si leva infatti l'unica voce in controtendenza: «Lavoro e sviluppo 4 è scaduto. L'abbiamo fatto, però è scaduto» (eppure il bando indica chiaramente che il progetto durerà fino al 31 ottobre 2012). Almeno questa volta l'operatore conosce, anche se non in tutti i dettagli, il progetto - ma si tratta di un caso del tutto isolato. «È Italia Lavoro che ha fatto il bando?», chiede infatti l'operatore palermitano. Di fronte alla risposta affermativa, ribatte: «e allora deve chiamare loro». Anche da Catanzaro stessa indicazione: «Bisogna contattare direttamente Italia Lavoro. Noi non abbiamo nessuna comunicazione di Les4».Ma cosa significa rivolgersi direttamente a Italia Lavoro? «Di uffici, sul territorio, non ce ne sono» dice l'addetto al centro per l'impiego di Brescia: «IL è un'agenzia del ministero, sta a Roma e segue dei progetti in Lombardia». Insomma, o si chiama nella capitale, oppure l'unica alternativa sembra essere quella di rivolgersi al mercato delle agenzie per il lavoro. Ma allora perché il bando parla anche del servizio pubblico? «Ma il cpi lo metton dentro dappertutto, anche se non lo facciamo». Tanto, poi, ci pensano le agenzie interinali.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento leggi anche:- Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro- Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo LavoroE anche:- Nuova normativa, i chiarimenti ufficiali del ministero: «Niente tirocini dopo i master, e limite di 6 mesi di durata da applicare al singolo stage»

Dallo studio al lavoro: viaggio negli uffici placement, a sorpresa quasi nessuna università monitora l'esito occupazionale degli stage

Al giorno d’oggi non si può intraprendere un percorso di studi senza preoccuparsi per un futuro professionale. Per questa ragione, uno dei criteri per scegliere in che ateneo iscriversi, potrebbe essere la valutazione preventiva del funzionamento degli uffici placement. Quasi tutte le università, infatti, ne hanno uno e a breve anche quelle che non ne sono provviste dovranno dotarsene per legge. Non solo: la nuova normativa ne impone un potenziamento, per poter svolgere appieno un ruolo sempre più attivo  nell'incontro domanda-offerta e nel collocamento dei laureati nel mercato del lavoro. La Repubblica degli Stagisti ha fatto un «viaggio» alla scoperta di queste realtà, in sei atenei molto differenti fra loro per dimensioni, storia e posizione. E ha scoperto che non si è ancora raggiunta una standardizzazione in fatto di servizi universitari al placement.Il Politecnico di Torino è dotato di un ufficio placement centralizzato e convenzionato con oltre 6mila aziende. Tutti gli studenti dei master effettuano uno stage, ma la percentuale scende se ci si riferisce ai laureandi o laureati: nel 2010, a fronte di 27.519 iscritti, sono stati attivati solo poco più di duemila stage curriculari e 936 extracurriculari. Ma forse questa è una buona notizia, perché significa che le lauree dell’ateneo sono talmente forti da reggere sul mercato senza bisogno del passaggio intermedio dello stage. Il Politecnico organizza ogni anno un career day con una quarantina di imprese in cerca di talenti e sono parecchi gli eventi legati al placement tra cui i cicli di orientamento in uscita e Architetti on the job, incontro specifico tra studenti di architettura e studi di settore.All’università di Pavia l’ufficio orientamento, che ha attivato 3.395 stage nell’ultimo anno (andando a servire quindi circa un settimo dei suoi 22mila studenti), offre specifici servizi come CV check e colloqui di orientamento. L’ateneo garantisce l’incontro di domanda e offerta attraverso una banca dati laureati e una bacheca di offerte di stage e lavoro, in cui le 5mila aziende convenzionate inseriscono le offerte. Il career day attira in media 2mila partecipanti e ospita 80 aziende.È difficile credere che l’università di Bologna con i suoi 76mila iscritti non abbia un vero e proprio ufficio placement, inteso come incrocio tra domanda e offerta, che metta in rete tutti i curricula dei laureati. Invece è così, l’Alma Mater è dotata solamente di un ufficio atto allo svolgimento e all’organizzazione di tre iniziative: Alma orienta, salone dell’orientamento in entrata, il career day e un servizio di orientamento al lavoro grazie al quale «gli studenti possono venire negli uffici per imparare a stendere il cv, prepararsi a colloqui o verificare le proprie attitudini» come spiega Roberto Nicoletti [nella foto a sinistra], prorettore agli studenti. Poi però ciascuna facoltà ha il suo ufficio stage. Sono 14.260 i tirocini curriculari attivati nell’ultimo anno dall’ateneo bolognese e circa 1.500 quelli di orientamento al lavoro (per laureandi o laureati).A Firenze si applica una distinzione tra stage di formazione e di orientamento al lavoro: nell’anno 2010/11 i tirocini totali sono stati circa 6mila, di cui il 90% di formazione. Tutti i 1.167 studenti dei 63 master hanno svolto uno stage. Nella banca dati stage sono registrati 11.405 soggetti ospitanti. Anche Firenze organizza un career day, una settimana di seminari e incontri fra laureandi e laureati e rappresentanti del mondo del lavoro alla quale, l’ultimo anno, hanno partecipato 220 aziende e 1000 laureandi.Spostandoci al sud, all’università di Lecce l’ufficio Career service si occupa solo dei tirocini extracurriculari. Nel 2010, su 3.880 laureati, sono stati attivati solo 332 stage. A causa della carenza di fondi negli ultimi anni l’ateneo non ha più realizzato il career day e si sta appoggiando al Job meeting organizzato dalla Provincia, l’unico, tra quelli considerati, che prevede la partecipazione gratuita delle imprese.Alla Federico II di Napoli Luigi Verolino [nella foto a destra], direttore del centro Softel (Orientamento, formazione e teledidattica), sottolinea la differenza tra lauree forti e deboli: «A Ingegneria e Economia il 94% dei laureati ha un lavoro a due anni dalla laurea e le offerte di stage sono molte. Diversa è la situazione dell’area socio-umanistica». L’ateneo sta dunque cercando di potenziare il servizio placement in quest’ultima. L’università di Napoli però è la sola tra quelle considerate a non offrire alcun tipo di stage all’estero.La Repubblica degli Stagisti ha posto ai sei atenei anche tre domande scomode: la loro posizione rispetto agli stage privi di rimborso spese, le strategie messe in campo per evitare gli stage-sfruttamento, e infine le modalità per calcolare la percentuale di placement, cioè di «buon esito» dello stage dal punto di vista occupazionale. Per quanto riguarda la tutela degli stagisti nessun ateneo ha scelto di imporre alle aziende di garantire un rimborso ma alcuni, come la Federico II, cercano di offrire ai ragazzi un contributo a loro spese in caso di stage non retribuito. Sulle ipotesi di «stage-sfruttamento» le università sembrano non volersi soffermare e tutte spiegano che, in caso di segnalazioni, si attivano immediatamente per cambiare tirocinio all’interessato e valutano la possibilità di togliere la convenzione all’azienda. Ma il dato più negativo riguarda il monitoraggio del placement: sorprendentemente nessuno degli atenei considerati ne effettua uno sull’esito dei tirocini e sulle percentuali di assunzione al termine dello stage.Giulia CimpanelliPer saperne di più sull'argomento, leggi anche: - Università di Torino, la «telenovela» sulle nuove linee guida super restrittive per la gestione dei tirocini- Manovra, la riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativa - Lo strano caso dei tirocini Mae-Crui revocati e poi ripristinati dall'università di Bologna. Ma il prossimo bando è bloccato fino «a data da destinarsi»

Freelance di tutta Italia, unitevi

Quali sono le prospettive dei lavoratori della conoscenza? A questa domanda cercano di rispondere Sergio Bologna e Dario Banfi in un libro uscito pochi mesi fa per Feltrinelli: Vita da freelance, sottotitolo «I lavoratori della conoscenza e il loro futuro».Guardando la copertina si potrebbe prenderlo per il solito manualetto su come diventare freelance in dieci mosse o per una raccolta di storie di successo. Invece è la densa analisi storico-sociologica di una situazione per niente rosea che in Italia riguarda tra i due milioni e mezzo e i tre milioni di persone, tra cui sempre più neolaureati. Molti freelance oggi sono pagati e trattati come lavoratori subordinati. Sono però privi di copertura welfare e di supporto sindacale, ignorati dallo Stato, e devono coalizzarsi per ottenere riconoscimento pubblico e diritti.Gli autori del libro sono due esperti del settore e la loro collaborazione è rinsaldata dalla lunga militanza in Acta, l’Associazione consulenti terziario avanzato. Sergio Bologna, 74 anni, ha alle spalle una carriera quasi ventennale come professore universitario di Storia del Movimento operaio e della società industriale e trent’anni di consulenza, mentre il quarantenne Dario Banfi è giornalista professionista specializzato in economia lavoro e nuove tecnologie, oltre a lavorare come consulente di comunicazione e copywriter. Il saggio si apre con un fatto in un certo senso consolante: anche nell’antica Roma i maestri viaggiavano in lungo e in largo per trovare un lavoro degno della loro formazione – già allora c’era «la percezione di un mercato globale nel quale è meglio muoversi che star fermi» – ma l’analisi si concentra sulla figura del freelance dal Novecento in poi. E se quella dei knowledge workers è una categoria oggi sottorappresentata da istituzioni e sindacati, la soluzione non è però di «aspettarsi la solidarietà di nessuno perché non si dà solidarietà ai fantasmi, agli invisibili», come ricordano gli autori: «non resta che unirsi, prendere in mano i propri destini, perché i diritti dei freelance sono quelli di tutti i lavoratori, perché la protezione delle singole professioni non basta, perché le partite Iva non hanno diritto a nessun ammortizzatore sociale e i loro contributi Inps finanziano gli ammortizzatori di altre categorie». Per quanto diversi, i lavoratori della conoscenza sono uniti da due aspetti: essere indipendenti ("senza padroni"), ed essere discriminati.  Mancando infatti un contratto nazionale, si assiste all'«affermazione progressiva di modelli retributivi tipici del mondo dipendente per i compensi offerti ai freelance». Per mettere insieme uno stipendio base - i soliti mille euro al mese - secondo Bologna e Banfi la tariffa minima da chiedere sarebbe di 27 euro l’ora: pura utopia per molti professionisti. Sempre più spesso tra l'altro sono le aziende a spingere i propri dipendenti ad aprire una partita Iva. Ciò permette di eludere i costi di tasse e contributi ed evitare di pagare i trattamenti di fine rapporto, le ferie, i giorni di malattia, i congedi maternità. Di converso però non solo non viene aumentata la retribuzione, ma è spesso anche impedita l’autonomia tipica del freelance: queste "finte" partite Iva rimangono infatti legate agli orari d’ufficio e alla sede aziendale. L’enorme mercato del lavoro legato a internet poi ha abbassato di molto il prezzo che le imprese sono disposte a pagare perché c’è sempre chi è disposto ad accettare meno, pur di lavorare. «Molti trascurano il fatto che quando si abbassa l’asticella che segna il proprio valore di mercato la si fa scendere per tutte le persone che svolgono lo stesso mestiere», ammoniscono Banfi e Bologna: «Mentre nel lavoro dipendente sono i contratti nazionali a definire questi limiti, nel segmento del lavoro autonomo sono i singoli professionisti a dover interpretare un doppio ruolo, individuale e collettivo insieme». La rete però può anche avere una valenza positiva: è lo strumento perfetto per unirsi nella lotta dei propri diritti e per diffondere dati e notizie su questo mondo, poco studiato da sindacati politici e analisti. L’unica soluzione perché i lavoratori della conoscenza possano avere un futuro insomma sembra essere quella di coalizzarsi; ma non in un Ordine o sindacato, precisano gli autori, bensì prendendo spunto dall’esperienza americana della Freelance Union e formando un’unione trasversale ai vari settori.Valentina NavonePer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell'esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelanceE anche:- L'apartheid del lavoro italiano al vaglio della Commissione europea: le ragioni di una denuncia- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»

Ritratto di Francesco Profumo, nuovo ministro dell'Istruzione alla prova dei precari

A 58 anni il nuovo ministro dell'Istruzione, università e ricerca è uno dei più giovani del governo Monti. Francesco Profumo, nato a Savona nel 1953, sposato con tre figli, non è un ingegnere qualsiasi: si è laureato al Politecnico di Torino nel 1977, dopo una parentesi di qualche anno nel gruppo industriale Ansaldo, è tornato in ateneo come professore associato prima, preside di facoltà poi e infine rettore.Dopo aver vinto numerosi riconoscimenti internazionali, il 13 agosto di quest'anno Profumo è diventato il nuovo presidente del Cnr e ha subito promesso di portare l'istituto su una nuova rotta: più attenzione alle esigenze del territorio, maggiore internazionalità, migliore coordinamento tra le forze schierate nella ricerca. Insomma, un piano strategico di lungo periodo che il neo-presidente è riuscito appena ad avviare prima di essere reclutato nel team Monti. Ma l'esperienza di Profumo non si limita al campo accademico: è stato membro del Cda del gruppo Sole 24 Ore, di Unicredit Private Banking, di Pirelli.Le prime dichiarazioni ufficiali di Profumo in qualità di ministro dell'Istruzione sembrano incoraggianti per chi spera in un maggiore investimento del sistema Paese sul fronte della ricerca, dell'università e della scuola pubblica, soprattutto dopo un periodo di forte contrapposizione tra il mondo accademico e l'esecutivo. «Per prima cosa ascolterò gli studenti e i ricercatori per capire quali siano i loro desideri, le loro incertezze e le loro difficoltà. Per andare avanti con il consenso dei diretti interessati», ha dichiarato alla stampa il neo-ministro. E per rilanciare la scuola pubblica, mantenendo un occhio di riguardo anche ai giovani disoccupati, Profumo ha annunciato nuovi concorsi per coprire 12.500 posti da insegnante di ruolo, la metà del turnover annuale italiano (ogni anno vanno in pensione 25mila docenti). «In questo modo i giovani che non sono nelle graduatorie, ma si sono formati per fare gli insegnanti, potranno farlo», ha affermato il ministro.La decisione sembra andare incontro a chi sperava che si tornasse a parlare di investimenti e assunzioni nella scuola pubblica. D'altro canto, l'attenzione di Profumo alle tematiche dell'occupazione giovanile precede la sua nomina a ministro. In un'intervista all'ultimo numero della rivista online D.A. rilasciata in qualità di rettore del Politecnico, Profumo commentava così il rapporto odierno tra i giovani e il mondo del lavoro: «Bisogna fare una premessa sul cambiamento in atto nella società italiana ed europea in genere, da realtà fortemente legate all’industria, alla produzione, a società complesse in cui sempre di più sarà rilevante sviluppare la capacità progettuale. Anche i giovani dovranno capire questo cambiamento e adattare le proprie competenze. Dall’altra parte, le università dovranno fornire nuovi modelli formativi, meno settoriali e informativi, più interdisciplinari». In altre parole, aggiunge Profumo, bisogna fornire ai giovani gli strumenti per acquisire più capacità critica e di analisi da applicare a settori diversi e più complessi rispetto al passato: «Un consiglio che mi sentirei di dare loro è però proprio quello di non rinunciare ai propri sogni, ma di capire come possono inserirli nell’economia di oggi». Anche su Famiglia Cristiana, in un'intervista pubblicata a metà novembre, il nuovo ministro si rivolgeva direttamente ai ragazzi, esortandoli così: «Studiate sodo, fate esperienze di studio e lavoro all’estero per poi tornare in Italia e restituire al Paese quanto di meglio avete imparato».Ma non tutti prendono per buone le affermazioni di Profumo. Diverse associazioni si rivolgono al nuovo esecutivo chiedendo riforme concrete. Tra i più scettici i membri del gruppo Link - Coordinamento universitario, promotori de L'AltraRiforma per un processo di rinnovo dal basso. «Monti ha costruito un governo di tecnici, ma questi tecnici sono in realtà docenti baroni di università pubbliche e private, membri o direttori dei Cda delle grandi banche italiane, avvocati e altri professionisti in grado di rappresentare perfettamente gli interessi dell'1% della popolazione mondiale non di certo quel 99% di cui noi studenti facciamo parte», scrive l'associazione. «Va seriamente ridiscusso tutto l'impianto dei cicli scolastici. Per fare tutto questo però occorre necessariamente aprire un processo nuovo dove gli studenti possano essere reali protagonisti del cambiamento delle scuole. Non accetteremo in nessun modo altri processi dall'alto che dicono di cambiare tutto per non cambiare niente». E intanto la Rete precari scuola Sicilia sottopone ben 21 proposte al nuovo ministro.A poche settimane dalla nomina, insomma, il ministro Profumo ha già catalizzato l'attenzione di studenti, ricercatori e precari italiani. Che stanno mettendo alla prova la volontà dichiarata di aprire una nuova stagione di colloqui. La palla, ora, sta al Miur.Andrea CuriatPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari- Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- L'audizione di Eleonora Voltolina alla commissione lavoro della Camera

A Ichino piacciono i Jobrumors: «I siti che riportano le occasioni di lavoro sono preziosi per il mercato e lo rendono trasparente»

La prima presentazione a Milano dell'ultimo libro di Pietro Ichino, Inchiesta sul lavoro (Mondadori), ha inglobato anche un altro evento: il lancio di un nuovo sito, Jobrumors, letteralmente «indiscrezioni sul lavoro». Il giuslavorista-senatore ha subito dato la sua "benedizione" all'iniziativa: «Il mercato dovrebbe funzionare attraverso una miriade di portali come questo», che aiutano le persone a venire a conoscenza delle opportunità e delle posizioni aperte. Secondo uno dei fondatori del sito, Giovanni Canali, [nella foto sotto] «circa il 40% del mercato del lavoro circola su canali ufficiali, ma il 60% invece attraverso "rumors"». Da qui l'idea di «creare un sistema dei rumors». Iniziando da Linkedin, con uno slogan che suonava più o meno come «Se tu hai una notizia sul mercato del lavoro, condividila: magari a te non serve, ma a qualcun altro può servire», hanno raccolto oltre 24mila membri in soli 9 mesi. «Però attenzione, noi non facciamo intermediazione: siamo un portale sociale che permette alle persone di interagire» ha puntualizzato Canali. Il matching domanda-offerta in effetti dovrebbero farlo i centri per l'impiego, ma da una ricerca Isfol emerge che solo il 3% - su un campione di 40mila intervistati - riesce a trovare lavoro grazie a questi uffici pubblici. «Quando nel 1982 scrissi Il collocamento impossibile la quota era stimata al 5%, eppure allora c'era perfino il monopolio statale sull'incontro domanda-offerta» ricorda Ichino, ammonendo dall'incaponirsi troppo nel tentativo di innalzare questa percentuale: «L'importante non è se il servizio sia pubblico o privato: è che l'incontro avvenga alla luce del sole. E per questo bisogna moltiplicare e sostenere i flussi di informazione».A Daniele Pisani, "anima tecnica" del progetto KenWit (la società che ha creato Jobrumors), il compito di dare qualche altro numero: «Solo nel primo giorno di messa online del sito abbiamo ottenuto 1600 iscritti e oltre cento rumors. La maggior parte vengono postati dalle aziende che hanno posizioni aperte e da agenzie per il lavoro, ma ci sono anche interventi di singoli». Suscitando un'altra riflessione di Ichino: «Nel solo comune di Milano nel 2010, pur in un periodo di crisi, sono stati stipulati ben 160mila contratti di lavoro. Insomma la domanda di lavoro c'è ancora, ogni regione ha migliaia di posti scoperti a causa della mancanza di persone qualificate per quei mestieri. I tre grandi difetti del nostro mercato del lavoro sono la mancanza di informazione, la scarsa qualità della formazione e la scarsissima propensione alla mobilità. I siti web che si occupano di lavoro agiscono sul fronte dell'informazione e servono alle persone per scovare, nel grande formicaio, il posto vacante che fa per loro. Bisogna dare visibilità alle opportunità».Presente all'evento tra gli altri anche Bruno Tabacci, parlamentare del Terzo polo e assessore al bilancio del Comune di Milano: «Il libro di Ichino è un grande contributo, che ha aperto una discussione a tratti un po' ruvida» e rivolgendosi direttamente all'autore: «Hanno detto che al massimo rappresenti il 2% del PD. Ma la funzione del grillo parlante ha una sua importanza strategica: se Pinocchio l'avesse ascoltato, non si sarebbe bruciato i piedi». Secondo Tabacci «l'Occidente oggi è in difficoltà» per tre specifiche storture non più sostenibili: «il benessere senza il lavoro, gli affari senza regole, i diritti senza doveri». E su quello dovrà agire, e presto, la politica.L'azione politica che Ichino più auspica è quella ovviamente della riforma del mercato del lavoro, e nutre forti speranze nelle capacità tecniche e nella forza di questo governo e del ministro Fornero. Il suo libro è dedicato proprio alla divulgazione del progetto di contratto unico e di flexsecurity. Costruito come l'interrogatorio di un ispettore immaginario, riporta punto per punto le critiche e le accuse alla sua proposta: «Ma  questa figura è immaginaria fino a un certo punto» confessa l'autore «ogni accusa riportata è reale, documentata attraverso articoli, accuse, contumelie, inviti ad andarmene, che mi sono arrivati negli ultimi tre anni. Forse qualcuno aveva paura che l'intruso "contaminasse" la purezza del Partito democratico». Eppure lui non si considera affatto un eretico: «La mia linea é quella su cui è nato il PD, all'epoca sottoscritta da tutti, compreso l'ex ministro Damiano e molti altri. Dal 2008, anche per difetto di Walter Veltroni che non ha retto la prova e ha perso la manche, forse la linea politica del partito é cambiata».Ma sotto sotto forse a Ichino il ruolo del grillo parlante, del precursore, non dispiace. Anche perché lui è convinto che la spunterà, come già la sua linea ha finito per prevalere nei decenni passati: «Venni messo in croce negli anni Settanta perché votai a favore del part-time, una legge voluta dal governo Craxi, mentre tutto il Partito comunista votò contro. Idem negli anni Ottanta, quando sostenevo che non poteva continuare il monopolio degli uffici di collocamento nell'incontro tra domanda e offerta». In entrambi i casi, la storia ha dato ragione a lui: «Sono stato tacciato di eresia, tradimento, di accordo col nemico. E poi la sinistra, con qualche anno di ritardo, è sempre arrivata ad accogliere le mie istanze e le ha fatte proprie. Accadrà anche stavolta, con la flexsecurity: perché è l'unica via per garantire condizioni di ingresso dignitose ai giovani e smantellare l'apartheid che oggi li opprime».Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Chi ha paura del contratto unico? Panoramica dei vantaggi della flexsecurity per i giovani italiani- Che voto daresti all'azienda in cui lavori? Ecco Sopo, il sito in cui i dipendenti giudicano le imprese- Aiutati che il web t'aiuta: Lavoratorio, annunci di lavoro e non soloE anche:- Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell'esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance- Senza soldi non ci sono indipendenza, libertà, dignità per i giovani: guai a confondere il lavoro col volontariato

Ricerca e start-up, centinaia di opportunità di lavoro per giovani imprenditori e ricercatori

Anche in tempi di crisi, sapendo cercare bene, le opportunità di lavoro in Europa non mancano. E neppure le occasioni di vedersi finanziato un progetto imprenditoriale in Italia. Alcune di queste iniziative sono state presentate il 5 e 6 dicembre al convegno «Passaporto mobilità: istruzioni per l’uso» al Consiglio nazionale delle ricerche a Roma, a cui hanno partecipato enti e agenzie che offrono assistenza sui molteplici programmi comunitari attivati ogni anno. Tra le varie proposte di formazione, tirocinio e lavoro all’estero la Repubblica degli Stagisti ha selezionato le più interessanti anche sotto il profilo del budget stanziato. La prima riguarda le start up e proviene da Bic Lazio, agenzia che sostiene la realizzazione di nuove imprese, e dalla Camera di commercio di Roma. Quest'ultimo ente ha istituito un fondo di garanzia di 10 milioni di euro per sostenere le nuove imprese nate da non più di dodici mesi, con l'obiettivo di promuovere le giovani realtà imprenditoriali del territorio garantendo l’accesso a finanziamenti bancari. I destinatari sono imprese individuali, società e cooperative costituite da giovani fino a 36 anni, donne e immigrati. Saranno selezionate le richieste di finanziamento per l'acquisto di beni e costi di avviamento o gestione (escluso il personale) in misura non superiore al 30% del piano di investimenti, arrivando a coprire fino al 70% delle spese per un totale massimo di 30mila euro per le imprese individuali e 80mila euro per le società e le cooperative. La Camera di Commercio di Roma è disponibile per assistenza alla definizione del progetto e alla redazione del business plan, verifica della fattibilità economico-finanziaria e tutoraggio. Fin qui si tratta di un'opportunità riservata esclusivamente ai giovani laziali neo (o aspiranti) imprenditori. Altro capitolo è invece quello della ricerca e della mobilità in Europa aperta a tutti i cittadini comunitari, su cui l’intera due giorni ha particolarmente puntato. La Euraxess, agenzia della Commissione europea che promuove  appunto la mobilità dei ricercatori europei, ha illustrato le molte opportunità di lavoro per ricercatori junior, anche semplicemente freschi di dottorato, nell’ambito del programma ‘People’. Alla sezione Jobs del sito, continuamente aggiornata, si possono trovare tutti i link per compilare l’application form a seconda del progetto e del posto vacante che si sceglie. Ce ne sono a centinaia per ogni Stato di destinazione e per ricercatori di tutti i campi del sapere. Il totale ammonta a circa tremila offerte, suddivise tra più di trenta paesi europei (anche se non tutti parte della Ue). Ad esempio, una delle posizioni aperte più di recente riguarda la Spagna, in un centro di Barcellona: si richiede un data analyst per la ricerca sulle malattie rare, la scadenza per le candidature è fissata al 31 dicembre. In Scozia c'è posto per due assistenti ricercatori post dottorato nell’ambito delle scienze biologiche. Lo stipendio annuo si aggira tra le 30 e le 35 mila sterline annue [più o meno 35-41mila euro, cioè tra i 2 e i 3mila euro al mese]. Cifre di gran lunga superiori alle più rosee delle aspettative per gli italiani che restano in patria. Ci si può candidare fino a gennaio 2012. Ma gli esempi potrebbero proseguire: in Francia, a Strasbourg, si cerca un chimico che andrà a guadagnare 2mila euro netti al mese. Tempo massimo per proporsi: metà gennaio.Opportunità di finanziamento per ricercatori senior arrivano poi dalla Apre, agenzia per la promozione della ricerca europea. Al link relativo al VII Programma quadro è possibile visionare e aderire ai vari progetti: per ogni tipo di obiettivo stabilito c'è un tema o un programma specifico che corrisponde alle aree principali della politica di ricerca dell'Ue. Ognuno di questi ha budget molto elevati: si parla di centinaia di milioni di euro. I destinatari dunque sono intere équipe di ricercatori, o comunque scienziati esperti che decidono di dedicarsi a un progetto di ricerca. Le scadenze qui sono più ampie, e arrivano fino a marzo del 2012. Anche il Cnr di Roma recluta ricercatori per sedi italiane, ma le condizioni economiche sono meno vantaggiose. Per trovarle basta comunque cliccare alla sezione lavoro e formazione e scegliere tra concorsi, borse di studio, assegni di ricerca, etc. Per le 145 borse di studio attive al momento, il cui importo si aggira sui mille euro lordi al mese, non c’è ancora molto tempo: i profili richiesti sono quelli di laureati under 35 in vari campi della scienza, e la raccolta dei cv terminerà a inizio 2012 (il termine più lontano è il 16 gennaio). Anche per gli assegni di ricerca, tutti più o meno sui 20mila euro netti all'anno, stesso discorso: le scadenze per i 285 bandi aperti (ognuno con un solo posto a disposizione) sono tutte a breve. L'ultima chiamata è tra 30 giorni. Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - «Vivendo altrove, il confronto fra l’Italia e altri paesi diventa impietoso. E illuminante». In un libro le storie degli italiani che fuggono all'estero- Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero E anche:- Controesodo, istruzioni per l'uso: le FAQ utili ai giovani fuggiti all'estero che desiderano tornare in Italia approfittando della legge sugli incentivi fiscali- Al via Controesodo, lo scudo fiscale per il rientro dei talenti in Italia. La legge spiegata da uno degli ideatori  

Chi ha paura del contratto unico? Panoramica dei vantaggi della flexsecurity per i giovani italiani

Domenica sera il premier Monti ha raccontato agli italiani i contenuti della sua manovra. E i tanti che si aspettavano anticipazioni rispetto al mercato del lavoro sono rimasti delusi: il ministro Elsa Fornero ha parlato dei ritocchi al sistema previdenziale, ma tutte le decisioni rispetto al diritto del lavoro sono state posticipate a dopo la chiusura del decreto legge "Salva Italia". Quindi prima di Natale, come la stessa Fornero ha comunicato martedì alla commissione Lavoro del Senato, il Governo aprirà il confronto su «un progetto di riforma del diritto del lavoro per i nuovi rapporti di lavoro che si costituiranno da qui in avanti, che per semplicità possiamo indicare con il nome flexsecurity».Il grande nodo è quello del contratto unico. Con questa definizione si indica una nuova modalità contrattuale che andrebbe a sostituire la stragrande maggioranza dei contratti ora esistenti (resterebbero in vita solo il part-time, l’apprendistato, il lavoro stagionale, l’interinale e il tempo determinato per ragioni precise). Rimodellando il contratto a tempo indeterminato solo per i nuovi entranti.Il progetto, teorizzato da vari esperti sul modello di tipologie contrattuali simili già vigenti nella maggior parte dei Paesi occidentali, ha la sua forma più definita nella proposta di legge «codice del lavoro semplificato» già depositata dal giuslavorista e parlamentare Pietro Ichino, e supportata da 54 altri senatori del PD. Contro questo progetto c’è chi ha innalzato le barricate: non solo la Cgil ma una consistente parte di centrosinistra, a cominciare dal PD. E lo scontro che ha visto contrapposti Ichino e il responsabile economico dei democratici Stefano Fassina nelle scorse settimane, con tanto di lettere di sostegno, ne è la rappresentazione plastica.Ma chi ha paura del contratto unico, e perchè? La semplificazione è: perchè non protegge più dal licenziamento, permettendo al datore di lavoro di lasciare a casa i dipendenti per ragioni economiche e strutturali, anche derogando all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. I detrattori infatti fanno sempre il paragone tra le tutele assicurate dal futuro contratto unico e quelle dell’attuale tempo indeterminato. Eppure il contratto unico sarebbe incommensurabilmente vantaggioso per la stragrande maggioranza dei giovani italiani, che il contratto a tempo indeterminato non sanno nemmeno cosa sia. Ecco cosa prevede.Assunzione da subito a tempo indeterminato. Via tutti i sotterfugi, taglio netto alla precarizzazione dell’esistenza. In particolare, viene ridefinito il concetto di «lavoratore dipendente», intendendo con questa definizione chiunque lavori continuativamente per un solo committente traendone la maggior parte (oltre i 2/3) del proprio reddito, con un limite di 40mila euro annui. Il periodo di prova è fissato in 6 mesi standard. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi meno del 10% dei giovani viene assunto con contratto stabile, quindi con questa riforma il 90% dei neoassunti godrebbe di un netto miglioramento.Stipendio dignitoso, allineato ai contratti nazionali di categoria o ai contratti aziendali, e comunque mai inferiore al salario minimo. Infatti il progetto di riforma prevede l’introduzione di una soglia minima (già presente nella maggior parte dei paesi occidentali, es. smic in Francia, minimum wage in UK) sotto alla quale nessun datore di lavoro possa scendere. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: niente più finti cocopro full time pagati poche centinaia di euro al mese.Diritti estesi a tutti. Col contratto unico anche i neoassunti hanno diritto alle ferie, alla malattia, alla maternità, al tfr. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi quasi tutti i contratti con cui si impiegano i giovani – a cominciare dai cocopro – non prevedono affatto queste tutele. Il contratto unico comporterebbe pertanto dal punto di vista dei diritti un miglioramento di portata colossale.Contributi decenti per costruire una pensione decente. Tutti i lavoratori assunti con contratto unico avrebbero un’aliquota contributiva universale pari al 28%. Vantaggi rispetto alla situazione attuale: oggi  per i parasubordinati l’aliquota non solo è più bassa ma è sopratutto per 1/3 a carico del lavoratore.Welfare in caso di licenziamento / 1, soldi come buonuscita. Il contratto unico non dà garanzia di illicenziabilità: quindi può capitare di essere licenziati. Come del resto capita oggi a tutti i giovani che non si vedono rinnovare i contratti precari, parasubordinati o a termine. La differenza è che il contratto unico dà molte garanzie. Innanzitutto una buonuscita (aggiuntiva rispetto al tfr) pari a una mensilità per ogni anno di anzianità (ma lo stesso Ichino ha sempre detto che questa cifra potrebbe anche essere migliorata). Vantaggi rispetto alla situazione attuale: a un precario a cui non viene rinnovato il contratto oggi spettano ZERO euro. Welfare in caso di licenziamento / 2, soldi come sussidio fino a 3 anni. Non è finita. In caso il dipendente venga licenziato, accede automaticamente al sistema di welfare nazionale. I vantaggi rispetto al presente sono evidenti, dato che allo stato attuale quasi nessun precario vi accede. Ma non solo. Lo Stato attualmente garantisce il sussidio di disoccupazione solo per 12 mesi e solo in una misura tra il 60 e l’80% dell’ultima retribuzione. Col contratto unico, se il lavoratore licenziato lavorava da oltre 2 anni presso un’azienda, gli viene garantito il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno, l’80% per il secondo e il 70% per il terzo. Cioè il lavoratore è protetto per tre anni anziché uno. E a integrare il sussidio è l’azienda di tasca sua.Welfare in caso di licenziamento / 3, servizio di ricollocamento. Infine, sempre se il lavoratore era assunto da oltre 2 anni, l’azienda licenziante è tenuta ad assicurare non solo tutti i paracaduti economici di cui sopra, ma anche un servizio efficiente di ricollocamento. Sarà dunque l’azienda stessa a pagare professionisti che prenderanno in carico le persone rimaste senza lavoro e le sosterranno con corsi di formazione, incontro domanda-offerta, fino all’esito auspicato di assunzione presso un’altra realtà.Garanzia del divieto di licenziamento per discriminazione. Resta in vigore il divieto di licenziare per tutti i motivi discriminatori (legati al genere, all’orientamento religioso o politico, alle tendenze sessuali…).C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che questo progetto non sarebbe una rivoluzione copernicana in grado di illuminare la vita di milioni di giovani sottopagati, sottoinquadrati e condannati alla precarietà?Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Per rifare l'Italia bisogna partire dal lavoro e dalle retribuzioni dei giovani - Il neopresidente del consiglio Mario Monti in Senato: «Risolvere il problema dei giovani è il fine di questo governo»- Pietro Ichino: «Bisogna rompere i tabù e introdurre anche in Italia il salario minimo»E anche:- Elsa Fornero, ritratto del nuovo ministro del Lavoro: avanti con il contratto unico e il welfare per i precari- L'audizione alla commissione lavoro della camera del direttore della Repubblica degli Stagisti

Il regalo alle agenzie interinali nell'attivazione degli stage Les4 di Italia Lavoro

Un progetto per favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro oppure un affare per le agenzie interinali? Attraverso il bando «Lavoro e Sviluppo 4», Italia Lavoro, società interamente partecipata dal ministero dell'Economia, gestisce 120 milioni di euro messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo economico. Il meccanismo di questo progetto è semplice: da un lato ci sono le aziende, che ricevono degli incentivi per inserire nel loro organico dei tirocinanti. Incentivi che crescono se, terminato lo stage, si arriva ad un'assunzione, con importi diversi a seconda della tipologia di contratto offerta. Dall'altra ci sono persone in cerca di occupazione residenti nelle quattro regioni economicamente più depresse del Paese: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. In mezzo, però, c'è un intermediario:  le agenzie interinali. Ed è proprio questo il punto. Sì, perché, per partecipare a questo Les4, da non confondersi con l'omonimo bando lanciato da Promuovi Italia, gli aspiranti tirocinanti devono necessariamente passare per uno dei «servizi per il lavoro pubblici e privati presenti sul territorio nazionale», così come si legge sul bando pubblicato da Italia Lavoro nel 2009, anno di avvio del progetto, di durata triennale. Si tratta, in buona sostanza, dei centri per l'impiego, gestiti sul territorio dalle provincie, ma anche delle agenzie interinali private. Da questi soggetti non si può prescindere, non foss'altro perché la lista delle imprese interessate ad accogliere i tirocinanti è segreta e quindi per uno stagista non c'è modo di rivolgersi direttamente alle aziende. Ora, come vengono regolati i rapporti economici? Passi per i cpi che, in quanto pubblici, non hanno scopi di lucro, ma le agenzie interinali? Dove sta il loro guadagno? Per i candidati l'iscrizione alla banca dati del Les4 è gratuita. Allo stesso modo, Italia Lavoro non offre alcun tipo di contributo alle agenzie. Queste ultime, però, non sono enti benefici. E allora, chi paga? La Repubblica degli Stagisti ha ricevuto negli ultimi mesi diverse segnalazioni e richieste di chiarimenti dai suoi lettori: Ezio, ad esempio, ha segnalato le difficoltà nel riuscire a capire come iscriversi alla banca dati, cosa che lo ha portato a rinunciare a partecipare a Les4. Isa1004, invece, si è chiesta quale sia, effettivamente, il ruolo delle agenzie interinali all'interno di questo progetto. Certo, c'è anche chi, come slimer82, dice di aver iniziato un tirocinio dieci giorni dopo la sua candidatura. Di fronte alle perplessità dei lettori, già a marzo la Repubblica degli Stagisti aveva chiesto a Promuovi Italia e a Italia Lavoro di chiarire alcune questioni, tra cui quella del ruolo delle agenzie per il lavoro nei rispettivi Les4. La prima aveva fatto sapere di non servirsene, mentre la seconda non aveva fornito alcuna risposta in proposito. Repubblica degli Stagisti si è così mossa autonomamente ed è riuscita a ricostruire, parlando direttamente con gli operatori di alcune agenzie interinali, il meccanismo. In pratica, le agenzie stipulano un contratto a libero mercato con le aziende nelle quali viene inserito il tirocinante. Stando alle testimonianze raccolte, si parla di una somma di 200 euro per l'attivazione di ogni tirocinio, alla quale si aggiunge una percentuale sui 250 euro di incentivo che «Italia Lavoro» riconosce ogni mese alla società all'interno della quale si svolge lo stage. Ora, può darsi che non tutte le agenzie si muovano in questo modo, può darsi che le cifre cambino, ma, per come è strutturato il progetto, una parte degli incentivi rivolti alle aziende viene dirottata sulle agenzie interinali. Se si tiene conto che il bando mira ad attivare, nel triennio 2009-2012, 6mila stage, è facile immaginare come il Les4 di Italia Lavoro sia un progetto interessante. Non solo per inoccupati, disoccupati e aziende, ma anche per le agenzie interinali. Basta fare due conti: se per ognuno dei tirocini attivati venisse richiesto alle aziende un contributo di 200 euro, per le agenzie ci sarebbe un ricavo di 1 milione e 200mila euro. A questi bisogna aggiungere la percentuale del contributo mensile di 250 euro che Italia Lavoro riconosce alle imprese. Nell'ipotesi in cui la richiesta fosse del 10 per cento, per le agenzie ci sarebbero 600mila euro. Se invece si salisse al 50 per cento del contributo, allora ecco che il ricavo salirebbe a 3 milioni di euro. Insomma, un bel guadagno per le agenzie internali. Senza contare che «Lavoro e Sviluppo 4» non è l'unico progetto di «Italia Lavoro» a risultare interessante per questi soggetti. Nel novero rientra infatti anche «Re.La.R», bando da 4,5 milioni di euro destinato alla creazione di una rete di servizi destinata alla prevenzione del lavoro sommerso, sempre in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Il bando, la cui scadenza è stata prorogata al prossimo 30 novembre, si rivolge ai settori dell'agricoltura, del turismo e dell'edilizia ed è destinato per il 40 per cento a lavoratori comunitari, per il 60 a cittadini extracomunitari. Anche in questo caso, viene offerto un tirocinio, la cui durata massima è di due mesi. Diversamente da quanto succede per «LeS4», il bando «Re.La.R.» prevede esplicitamente un riconoscimento economico nei confronti dei cosiddetti enti promotori, ovvero quegli enti, pubblici o privati, che fanno da tramite con le aziende per l'attivazione degli stage. In questo caso, il contributo è di 200 euro per ogni mese di stage. La cifra massima erogata, a fronte di due mesi di tirocinio, è dunque di 400 euro. In questo caso, a pagare non sono le aziende, ma direttamente la società partecipata dal Ministero del Tesoro. A guadagnare, però, sono sempre le agenzie interinali.Riccardo SaporitiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Tirocini Les4 di Italia Lavoro, in Puglia nessuno sembra conoscerli. A parte l'agenzia Obiettivo Lavoro- Quel pasticciaccio brutto dei due Les4 omonimi: perchè Italia Lavoro non chiarisce la posizione delle agenzie interinali nell'attivazione dei suoi tirocini?E anche:- Lavoro e sviluppo 4, milioni di euro ma non si sa a chi: la lista delle aziende c'è ma non si vede. Ministero, e la trasparenza?- Tirocini Les4, la Repubblica degli Stagisti gira le domande dei suoi lettori agli organizzatori: ecco le risposte di Promuovi Italia