Categoria: Approfondimenti

Crowdfunding, luci ed ombre nel regolamento Consob

L'Italia è il primo Paese europeo ad aver adottato una normativa per l'equity crowdfunding. Ma questa possibilità è riservata esclusivamente alle start-up innovative e pone dei limiti agli investimenti. Fa discutere il regolamento pubblicato nei giorni scorsi dalla Consob, con tre mesi di ritardo rispetto alle prescrizioni del decreto Passera, e lascia aperte molte incognite: «Stiamo parlando di un mondo che per sua stessa natura si autoregola che ora si sta "insinuando" in uno tra i settori più pesantemente regolarizzati, ovvero quello finanziario. Questo incontro/scontro è nuovo, non è stato ancora del tutto sperimentato e non possiamo ancora dire se la regolarizzazione bloccherà o incentiverà lo sviluppo del settore», spiega Daniela Castrataro, fondatrice di Twintangibles ed autrice insieme ad Ivana Pais di una ricerca su “Il crowdfunding in Italia”.Il documento pubblicato dall'autorità di vigilanza sulla Borsa istituisce innanzitutto un registro delle piattaforme autorizzate alla raccolta di capitali on line. E fissa i requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti ai gestori di questi portali. I quali non solo non devono aver riportato condanne penali, ma devono avere una «comprovata esperienza» nella gestione di impresa o nelle attività finanziarie. «Questo tanto atteso regolamento non è altro che un insieme di requisiti di onorabilità e di regole di condotta di cui gli addetti ai lavori non sentivano il bisogno. In pratica sono 25 articoli e due allegati di pura e semplice burocrazia» è il commento che Alessandro Biasoli, avvocato e presidente di Capecanaveral, associazione impegnata nella diffusione della cultura d'impresa, affida alla Repubblica degli Stagisti.«Gestire piattaforme di equity è un compito difficile e richiede delle competenze che non possono essere acquisite in un giorno», ribatte a distanza Castrataro: «sono stati gli stessi operatori a richiedere che i gestori dei portali avessero determinate caratteristiche professionali. Penso che non si tratti di un limite quanto piuttosto di una garanzia per il corretto funzionamento di un settore nuovo». Il punto, secondo il fondatore della piattaforma di crowdfunding SiamoSoci Cristiano Esclapon, è che il decreto Passera «ha ben regolato il fallimento delle start-up, prevede che si possano chiudere i bilanci in perdita senza intaccare il capitale, stabilisce che chi fallisce non è delinquente. E questa è una bella innovazione, davvero necessaria. Ma sul fatto del finanziamento di queste imprese si sono cercate delle salvaguardie rivolte alla figura di un investitore molto tradizionale».Grande l'attenzione posta alla trasparenza, con l'obbligo di rendere pubblici i curricula degli startupper che richiedono un finanziamento, il business plan e tutti i rischi connessi all'investimento in una realtà imprenditoriale tutt'altro che consolidata, così come alle misure che evitino conflitti di interesse. E sempre a garanzia dei piccoli risparmiatori la normativa prevede che almeno il 5% dell'offerta sia coperta da un investitore professionale. «L'elemento più critico sta nella definizione di queste figure», afferma il fondatore di Roma Startup Gianmarco Carnovale [nella foto sotto]. Da una parte ci sono i soggetti che rientrano di diritto nel novero, come le banche, le imprese di investimento e le assicurazioni. «Poi ci sono quelli che devono presentare richiesta di iscrizione al registro e devono presentare due requisiti: aver svolto almeno dieci operazioni a trimestre nei dodici mesi precedenti alla domanda, cioè devono giocare in Borsa, ed avere un portafoglio che supera i 500mila euro». Tutti criteri che «si adattano alle società di gestione dei risparmi e ai venture capitalist, ma tagliano fuori la figura del business angel». Ovvero quel singolo che finanzia una start-up magari con importi più contenuti, mettendosi però anche a disposizione come mentore. E che, secondo Carnovale, rischia di essere escluso dalle operazioni di crowdfunding.Ma anche chi potrà realizzarle dovrà fare i conti con limiti ben precisi. Il regolamento infatti prevede l'esenzione dai controlli legati alla direttiva europea sul mercato degli strumenti finanziari solo per le operazioni inferiori a 500 euro condotte da persone fisiche, per un massimo di mille euro annuali. Mentre per le persone giuridiche l'asticella sale ai 5mila euro sul singolo ordine e ai 10mila su base annua. «Mi aspettavo una deregolamentazione per le società», commenta Esclapon, «se un amministratore delegato ha il mandato per acquisizioni fino a 100mila euro non dovrebbe essere soggetto a nulla». Se non, appunto, alle valutazioni del cda dell'azienda per cui lavora.Il regolamento sul crowdfunding finisce insomma per dividere: da una parte chi lo considera un inutile orpello burocratico, dall'altra chi lo vede come un passo importante che pone l'Italia all'avanguardia. Ma una opinione è condivisa dagli uni e dagli altri: che come tutte le opere umane sia un documento perfettibile. «Il vincolo più grande dipende dalla limitazione alla sola nicchia delle start-up innovative: si tratta di 980 realtà ad oggi», sottolinea l'ideatore di WeAreStarting Carlo Allevi. Era stato il decreto Passera a stabilirlo. Ma dalle piattaforme di crowdfunding arriva la richiesta di superare questa prescrizione: «È auspicabile un allargamento, a breve, di questa pratica a tutte le piccole e medie imprese, che oggi hanno tanto bisogno di nuovi canali per accedere al credito», conferma alla Repubblica degli Stagisti il fondatore di Italian Crowdfunding Network Claudio Bedino. E del resto la stessa Consob ha confermato che il regolamento potrà essere modificato nei prossimi mesi anche in virtù delle sollecitazioni da parte degli operatori e dell'intero ecosistema che certamente, viste le reazioni con cui è stato accolto il documento, non mancheranno.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi saperne di più sul crowdfunding? Leggi anche:- Col crowdfunding si sostengono anche le start-up- Crowdfunding e registro delle start-up innovative: il punto sul decreto PasseraVuoi saperne di più sul decreto Passera? Leggi anche:- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutere- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro Passera

Stage in Lombardia, c'è attesa per il 25 luglio: che norme introdurrà la giunta Maroni?

Che legge vige al momento in Lombardia rispetto ai tirocini? La normativa attualmente in vigore è intitolata «Indirizzi regionali in materia di tirocini» ed è stata adottata nel marzo del 2012 - era ancora in sella il presidente Roberto Formigoni - attraverso la deliberazione di giunta n. XI/3153. Il documento, lungo 7 pagine, venne a suo tempo "scandagliato" proprio sulle pagine della Repubblica degli Stagisti. E l'approfondimento del testo si rende ancor più necessario oggi, alla vigilia della scadenza della deadline che le Regioni hanno concordato con il governo lo scorso gennaio, in sede di Conferenza Stato-Regioni, per recepire ciascuna attraverso un proprio atto normativo i principi espressi nelle Linee guida. Perché gli indirizzi approvati poco più di un anno fa dalla giunta Formigoni si discostano parecchio dalle linee guida. E allora delle due l'una: o la Lombardia cambierà significativamente la sua politica in tema di regolamentazione dei tirocini, oppure si porrà in contrasto con le linee guida sottoscritte sei mesi fa.Alla Repubblica degli Stagisti Massimo Vasarotti, funzionario della Struttura Occupazione e Occupabilità della Direzione generale Istruzione, formazione e lavoro della Regione Lombardia, già alcune settimane fa aveva assicurato: «Regione Lombardia sta predisponendo tutti gli atti amministrativi necessari per allineare la propria delibera contenente gli Indirizzi Regionali in materia di Tirocini alle "linee guida nazionali contenenti gli std minimi di riferimento" come approvati in conferenza stato regioni lo scorso gennaio». Però un paio di settimane fa la giunta ha bocciato una mozione dell'opposizione che verteva proprio su questo tema, chiedendo alla maggioranza di impegnarsi per recepire in tempo utile le linee guida e in particolare per assicurare ai giovani che svolgono stage extracurriculari in Lombardia una indennità di almeno 400 euro al mese [nelle linee guida tale limite minimo è fissato a 300 euro, poi innalzato a 400 attraverso un documento allegato sottoscritto dalle Regioni].L'assessore Valentina Aprea ha poi commentato spiegando all'agenzia AdnKronos: «L'elemento che ha determinato la bocciatura della mozione è stata la richiesta di stabilire un compenso fisso stabilito in 400 euro per i tirocinanti: oggi, da un lato, abbiamo giovani bisognosi di esperienze e dall'altro aziende in serie difficoltà economiche che fanno fatica a concedere tirocini: queste due criticità non trarrebbero alcun vantaggio da rigidità o da costi fissi», promettendo comunque che «Regione Lombardia, entro il termine stabilito del prossimo 24 luglio 2013, sta procedendo a rivedere gli Indirizzi regionali in materia di tirocini» e anzi rilanciando una delle proposte da anni caldeggiate dalla Repubblica degli Stagisti: «la messa a punto di un sistema di monitoraggio sulle comunicazioni obbligatorie che permetta di verificare l'accesso dei tirocinanti nel mercato del lavoro, con l'analisi delle eventuali trasformazioni post tirocinio in un contratto di inserimento lavorativo; la base dati prodotta sarà di supporto per la predisposizione di un report di analisi e monitoraggio annuale sui tirocini».Ma anagrafe degli stage e monitoraggio dei risultati a parte, dove dovrebbe agire la giunta per adeguare gli indirizzi in modo che ricalchino fedelmente le linee guida? Il problema più evidente sta nella «congrua indennità»: quei 300 euro mensili che secondo le linee guida dovrebbero essere posti come minimo obbligatorio da erogare a chiunque faccia uno stage extracurriculare, in un'azienda privata così come in un ente pubblico, verranno introdotti o no? Dalle parole dell'assessore Aprea si capisce chiaramente che la soglia non verrà innalzata, come invece ha fatto non solo la rossa Toscana, con i suoi 500 euro, ma anche il vicino Piemonte - guidato da un governatore leghista come la Lombardia - e l'Abruzzo che hanno posto l'asticella minima a 600 euro al mese per gli stage full time. Ma ancora non si può sapere a che cifra la giunta Maroni fisserà l'asticella minima di compenso per gli stagisti, né quanto fortemente vincolerà anche gli enti pubblici (altra questione spinosa) ad assoggettarvisi.Ma a ben vedere c'è un altro problema meno visibile ma forse ancor più rilevante. E cioè la proporzione tra numero massimo di stagisti ospitabili e numero di dipendenti. Nelle linee guida si trovano infatti indicazioni su tale proporzione, da calcolare conteggiando solo quelli assunti a tempo indeterminato (come del resto era già previsto nel decreto ministeriale 142/1998 che per quasi un quindicennio è stata l'unica normativa di riferimento in materia di stage in Italia); in più viene introdotto il divieto di ospitare stagisti per aziende che abbiano «effettuato licenziamenti negli 12 mesi precedenti l’attivazione del tirocinio» o che abbiano in corso procedure di cassa integrazione.  Il recepimento di queste indicazioni non è affatto scontato, dato che poco più di un anno fa la Regione Lombardia è andata in direzione diametralmente opposta, prevedendo un ribaltamento totale del sistema di calcolo della proporzione tra stagisti e lavoratori. In sostanza infatti negli indirizzi regionali della primavera 2012 la Regione ha prescritto che in quest'ultimo gruppo debbano essere conteggiati non solo i dipendenti che lavorano presso la realtà ospitante con contratto a tempo indeterminato, ma anche quelli a tempo «determinato o con contratto di collaborazione non occasionale della  durata di almeno 12 mesi», e in più anche i soci lavoratori e i liberi professionisti. Inoltre la Regione ha determinato il numero massimo di stagisti «extracurriculari […] nello stesso periodo»: aprendo la strada a un'interpretazione molto pericolosa, per la quale in aggiunta a questo tetto massimo le aziende potrebbero ospitare anche un numero (a questo punto imprecisato) di stagisti «curriculari». Un aspetto su cui la Repubblica degli Stagisti ha già posto attenzione e allarme, lanciando anche un appello al ministro dell'Istruzione Carrozza per mettere al più presto in cantiere una legge statale sui tirocini curriculari che regoli anche questo problema della proporzione.Altro aspetto controverso, la questione della vigilanza per contrastare gli abusi e in ultima analisi l'utilizzo di stage in sostituzione di veri contratti di lavoro. Negli indirizzi regionali del 2012 la Regione Lombardia aveva saltato a pié pari questo aspetto, facendo solo un vago riferimento al controllo dei soggetti promotori - nulla sul controllo degli ospitanti - riservandosi di «effettuare controlli documentali ed in loco» solo «presso il promotore»: e per tutto il resto prevendendo laconicamente la «segnalazione [al] Servizio Ispezione del lavoro per i successivi adempimenti». Nelle linee guida non c'è niente di specifico su questo aspetto, anche se si ricorda che «a far data dalla entrata in vigore delle regolamentazioni regionali, ai sensi della legge n. 92/2012», cioè la riforma Fornero, «e delle presenti Linee guida, nel corso delle verifiche a cura del ministero del lavoro e delle politiche sociali nelle sue articolazioni territoriali, se il tirocinio non risulterà conforme alla nuova disciplina e alla regolamentazione regionale di riferimento il personale ispettivo procederà, sussistendone le condizioni, a riqualificare il rapporto come di natura subordinata con relativa applicazione delle sanzioni amministrative applicabili in tali ipotesi». Il che, purtroppo, è come dire nulla - dato che gli ispettori del lavoro in Italia sono pochi, oberati di lavoro, e capita davvero raramente che vadano a controllare la congruità di un tirocinio. Proprio per questo ci sono Regioni che nelle proprie normative stanno prevedendo altre sanzioni più immediate, come il divieto di ospitare stagisti per un certo periodo se si viene scoperti a non rispettare determinati criteri di qualità: «In caso di mancato rispetto della convenzione e dell’allegato progetto formativo, accertato dall’organo di controllo, il soggetto ospitante non può attivare tirocini per il periodo di un anno dall’accertamento ed è tenuto al rimborso delle quote eventualmente corrisposte dalla Regione» si legge per esempio nella legge toscana. Insomma, i circa 45mila giovani (e meno giovani) che ogni anno fanno stage extracurriculari in Lombardia stanno aspettando con il fiato sospeso i cambiamenti normativi della giunta Maroni. A questo proposito due consiglieri regionali, Umberto Ambrosoli e Lucia Castellano [nella foto], che cinque mesi fa in periodo di campagna elettorale avevano sottoscritto il "Patto per lo stage" proposto dalla Repubblica degli Stagisti, in queste ultime settimane si sono dati da fare in Consiglio regionale. Il risultato è un evento pubblico, copromosso dal gruppo consiliare Patto civico, gruppo Pd e Repubblica degli Stagisti, che avrà luogo a Palazzo Lombardia giovedì 25 luglio: esattamente all'indomani della deadline per il recepimento da parte delle singole Regioni dei principi delle Linee guida. A questo evento parteciperà anche l'assessore Aprea: «L'abbiamo incontrata proprio oggi» spiega Lucia Castellano: «L'abbiamo invitata a intervenire e lei ha accettato con entusiasmo, anticipando che per quella data il nuovo testo sui tirocini sarà già pronto». L'incontro potrebbe dunque diventare l'occasione per l'assessore di raccontare in anteprima i contenuti della nuovissima normativa lombarda in materia di tirocini extracurriculari, di fronte a una platea formata da tutti coloro che sono interessati in un modo o nell'altro a questa tematica: «È nostra intenzione chiamare a raccolta le università, sia dalla parte degli uffici stage di ateneo sia da quella dei rappresentanti degli studenti; e poi i sindacati, le associazioni datoriali, i centri per l'impiego e le agenzie per il lavoro. Faremo partire gli inviti a strettissimo giro di posta». Appuntamento dunque al 25 luglio.Eleonora VoltolinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Regione Lombardia, la giunta respinge la mozione sulla revisione della normativa sui tirocini- Tutto sulle nuove regole degli stage in LombardiaE anche la panoramica sullo stato dell'arte nelle altre Regioni:- In Abruzzo la nuova legge sugli stage «c’è già e funziona bene», il vicino Molise insegue- Trento e Bolzano / Niente stage dopo un anno dalla fine degli studi: «Altrimenti si fa concorrenza ai veri contratti»- Liguria / Tirocini, al via gli incentivi alle imprese: ma la nuova legge e l'indennità obbligatoria?- Umbria / Luglio si avvicina e non c'è ancora una bozza- Piemonte vicino al traguardo, Val d'Aosta ancora lontana- Toscana / L'assessore: «Se con le nuove leggi i tirocini diminuiscono non è un male: scompaiono quelli truffa»- Marche / «Responsabilizzare i tutor e valorizzarli, anche attraverso un compenso»- Emilia / Ancora in alto mare, Cgil: «C'è disaccordo sulle linee guida»- Sicilia / La politica tace. E allora interviene il sindacato- Campania / Il numero massimo di stagisti sarà il triplo del previsto- Veneto / «Vigileremo sugli abusi». Ma l'indennità minima sarà bassa- Puglia / C'è già una bozza: «La approveremo entro luglio»E leggi anche:- Un censimento degli stagisti e dei praticanti negli enti pubblici: appello al ministro D'Alia- Subito una legge statale sui tirocini curriculari: appello al ministro Carrozza

Soluzioni per l’informatizzazione delle aziende, sta qui l'«incipit» delle start-up campane

Specializzazione, prodotti e servizi ad alto contenuto innovativo, trasferimento tecnologico dal laboratorio all'azienda. Sono questi gli ingredienti del successo di tre start-up ospitate nell'incubatore Incipit, nato nel 2007 in Campania e gestito da un consorzio di cui fanno parte l’università del Sannio e la Federico II di Napoli. La sua storia è raccontata nel libro uscito da poco “Incipit Campania” (Esi edizioni). Rispetto ad altre strutture di supporto alle imprese, spesso a carattere generalista, qui si è scelta una direzione precisa: focalizzarsi su soluzioni per l'automazione e l’informatizzazione delle aziende e dei processi industriali. In questo settore – molto ampio a dire il vero – operano Critiware, Meetecho  e Remocean, tre start-up ospitate in Incipit, con pochi anni di vita ma già ottimi risultati all'attivo.La prima, nata nel 2011, si occupa, come spiega il ceo Danilo De Mari, di «fornire strumenti informatici per testare software che operano in settori “critici”, come il trasporto aereo e navale, la gestione delle infrastrutture energetiche e idriche, l'automotive e il monitoraggio ambientale. Ambiti in cui cioè non ci può essere mai nessun tipo di problema o bug». Insieme a De Mari, proveniente dal mondo delle aziende con esperienze in gestione del business, ci sono altri sette soci: tre (due professori e un ingegnere) sono come lui ultraquarantenni, mentre gli altri, ricercatori del dipartimento di Ingegneria informatica della Federico II  e membri del gruppo Mobilab, hanno  un'età compresa tra i 28 e i 32 anni [nella foto a destra, i soci provenienti dal mondo accademico]. «Applichiamo concretamente le tecnologie studiate e testate in laboratorio. Il mercato è abbastanza di nicchia, ma la reputazione dei soci, coinvolti in progetti di aziende importanti, come Selex-Si, Ansaldo Breda, Ericsson, Nec, ci ha fatto ottenere la fiducia anche di grandi imprese». Critiware ha infatti ricevuto commesse da aziende del gruppo Finmeccanica, operanti nel settore aeronautico e ferroviario, anche se, come spesso avviene per le start-up, il fatturato è inizialmente ridotto, pari nel 2012 a 64mila euro. Per adesso, l'azienda si è autofinanziata: «50mila euro di investimenti, in aggiunta al lavoro di ognuno, ma il prossimo anno vorremmo iniziare a fare fundraising esterno».  Ha un solo dipendente, mentre i soci lavorano volontariamente al progetto. Per Meetecho (che si pronuncia “mitico”), nata nel 2009 ed entrata in Incipit l'anno successivo, tutto è iniziato invece con un finanziamento del programma di sostegno alle idee innovative Working Capital di Telecom: «Siamo stati tra i primi. Con i 20mila euro ricevuti abbiamo acquistato le licenze necessarie per sviluppare il prodotto», racconta Simon Pietro Romano, docente al Dipartimento di Ingegneria elettrica e Tecnologie dell'informazione della Federico II e socio dell'azienda insieme al collega Giorgio Ventre e a tre giovani ricercatori della stessa struttura [nella foto a sinistra, il team al completo]. L'azienda, «esempio molto riuscito di trasferimento tecnologico dall'ateneo all'impresa», si occupa di offrire servizi di web conferencing e collaborazione a distanza in un'unica piattaforma, utilizzabile da computer e dispositivi mobili. Se i fondi di capitale di rischio non hanno voluto investire nel progetto – «Abbiamo competitor molto grandi, come Cisco, Adobe, Micrososft, e la cosa non li ha convinti» – i finanziamenti, sotto forma di prestiti con un buon tasso di interesse, stanno arrivando da tre bandi di Miur e Mise, per un valore totale di oltre 650mila euro. Dal 2011, Meetecho è anche la piattaforma ufficiale per seguire in remoto i meeting della Internet Engeneering Task Force, la community che regola gli standard informatici, e se il fatturato 2012 è stato pari a circa 50mila euro, quest'anno sta crescendo: «Stiamo lavorando con società di telecomunicazioni, attraverso partnership per mettere a punto soluzioni innovative per la collaborazione in remoto, e abbiamo da poco concluso un accordo con la società di e-learning Docebo, per la creazione di una piattaforma interattiva adatta all'insegnamento a distanza». In questo momento la società ha sei dipendenti: «Tutti hanno un contratto a tempo determinato, legato ad un paio di commesse prese quest'anno. In particolare, una persona lavora al progetto Docebo, mentre le altre cinque si occupano di una partnership con Tiscali  per la realizzazione di servizi di comunicazione audio/video in tempo reale».Grossi finanziamenti sono stati invece raccolti da Remocean, spin off del Cnr specializzato nell'analisi di fondali, onde e correnti marine per la sicurezza della navigazione. Nata nel 2010 e vincitrice l'anno successivo della business plan competition di Italia Camp, la star up ha attratto da subito l'interesse del fondo di venture capital per il meridione Atlante Ventures Mezzogiorno di Intesa San Paolo, entrato ufficialmente l'anno scorso tra i soci con un finanziamento di circa 1 milione di euro. Soldi serviti, spiega il project manager Vincenzo Vecchio [nella foto a destra], per ingegnerizzare completamente il prodotto, entrare sul mercato e continuare la ricerca». L'azienda ha oggi sette soci, tutti under 40: due ricercatori del Cnr, uno dell'Irea e uno dell'Insean, dalle cui attività è nata l'idea alla base di Remocean, e cinque manager, con alle spalle esperienze in grandi aziende campane. Una realtà in crescita, considerando i numeri del fatturato: oltre 200mila euro negli ultimi sette mesi del 2012. «La prima installazione del sistema, che monitora tutte le informazioni scartate dai radar per la sicurezza delle rotte e il monitoraggio delle coste, è stata all'isola del Giglio, dove sono ancora in corso le operazioni per la rimozione delle Costa Concordia. Le nostre rilevazioni supportano gli operatori nella pianificazione degli interventi». Oggi in Remocean lavorano nove  persone, tutte remunerate: cinque dipendenti, quattro soci lavoratori e un consulente. Oltre a commesse arrivate da Cina e Singapore, la società sta anche mettendo a punto, in collaborazione con la guardia di finanza italiana, un sistema per il recupero dei naufraghi: «Monitorando le correnti, siamo in gradi di conoscere la posizione delle persone in mare anche dopo alcune ore dall'incidente». In Incipit, le tre start-up trovano una sede, ma anche nuove relazioni. «Incipit ci ha dato un piccolo supporto logistico, offrendoci una postazione di lavoro presso la sede dell'incubatore, a Monte Sant'Angelo», spiega Romano. Nel caso di Critiware, invece, il beneficio principale dell'incubazione, dice De Mari, sta nell'«avere un rapporto stretto con l'università, che ci consente un costante aggiornamento sulle tecnologie». Per Remocean, invece, racconta Vecchio, la struttura degli atenei campani «ha creato dei contatti con stakeholder interessanti, tra cui il nostro investitore». Piccole storie di innovazione in una regione spesso considerata una terra poco fertile per la tecnologia, ma in rapida evoluzione. Veronica Ulivieri Vuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche: - Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro on line- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Confrontare online i preventivi degli artigiani: l'idea di tre amici emiliani è «Fazland»- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Funder35, 1 milione di euro per le start-up culturali

Lo scorso anno ha visto 900mila euro stanziati a favore di 15 imprese, quest'anno mette a disposizione delle imprese culturali fondate da giovani la somma di 1 milione di euro: scadono il prossimo 15 luglio i termini per partecipare all'edizione 2013 di “Funder35”, fondo per l'impresa culturale giovanile promosso da dieci fondazioni bancarie.Alla base di questa iniziativa c'è la considerazione che la sorte delle imprese culturali giovanili dipende dal ciclo di vita dei progetti per i quali ottengono dei finanziamenti. In un momento di crisi economica e di conseguente riduzione degli investimenti in questo settore da parte dello Stato e degli enti pubblici in generale, l'obiettivo di questo fondo è proprio quello di aiutare queste realtà a ragionare in una logica di mercato. Ovvero differenziando la propria offerta e sviluppando capacità gestionali. Essendo poi i beneficiari realtà guidate da giovani, “Funder35” vuole aiutare queste imprese a rafforzarsi.L'iniziativa è aperta solo alle organizzazioni il cui consiglio di gestione, formato da presidente, vice, segretario, tesoriere e consiglieri, sia costituito in maggioranza da persone che ancora non hanno compiuto 35 anni. Per statuto però le fondazioni bancarie non possono elargire contributi a realtà che abbiano fini di lucro: pertanto è ammessa la partecipazione solo da parte di imprese non profit di natura privata. Per essere ammesse queste realtà dovranno dimostrare di essere attive da almeno due anni al 6 maggio 2013, data di pubblicazione del bando. E di essere impegnate nell'ambito della produzione artistica in tutte le sue forme, comprese quelle di ultima generazione, oppure nei servizi di supporto alla conoscenza, alla valorizzazione, alla tutela, alla protezione e alla circolazione dei beni e delle attività culturali. I progetti finanziabili dovranno prendere il via nel 2014 e riceveranno un contributo pari al massimo al 75% dell'importo totale. Le risorse ottenute potranno essere destinate al massimo per un quarto ad attività di produzione artistica e culturale purché orientati al rinnovamento dell'attività o finalizzate a coproduzioni ritenute strategiche, ovvero destinate a dare vita a forme di collaborazione stabile tra più soggetti.L'idea di fondo, infatti, è quella di aiutare queste organizzazioni ad avere una gestione sempre più imprenditoriale della propria attività. Finanziando ad esempio nuove strategie di comunicazione, politiche di fidelizzazione del pubblico, ricerca di sponsor privati e incremento stabile del livello di autofinanziamento. Il bando è aperto a realtà che abbiano sede in Lombardia, Piemonte, Sardegna e Valle d'Aosta, oppure nelle provincie di Bologna, Modena, Parma, Ravenna, La Spezia, Livorno, Lucca, Padova e Rovigo. Oppure a progetti che si svolgeranno all'interno di questi territori.Altra condizione fondamentale per accedere ai finanziamenti è quella di dimostrare di avere auto, nei due anni precedenti, una attività regolare e non episodica. Occorre anche che abbiano al proprio interno, con un contratto stabile, almeno una risorsa che si occupi di aspetti gestionali, organizzativi ed amministrativi. Infine, devono redigere il bilancio secondo le “Linee guida e prospetti di bilancio per gli enti non profit” elaborate nel 2009 dall'Agenzia del Terzo Settore. Oltre al contributo economico, per le imprese selezionate sono previsti un percorso di supporto dedicato alle tematiche organizzative e gestionali oltre ad attività di orientamento su tematiche di natura fiscale e amministrativa, con un attenzione particolare agli aspetti legati al fund raising sia a livello italiano che internazionale. Infine è prevista la definizione di un piano di comunicazione che consenta di promuovere in maniera adeguata tutte le iniziative finanziate dal bando.Nella selezione dei vincitori verranno tenute in particolare considerazione, oltre alla qualità della proposta, le capacità dell'organizzazione di relazionarsi con il territorio di riferimento e di innovare la modalità di produzione, oltre all'esperienza nella presentazione di domande di contributo. Per presentare quella relativa all'edizione 2013 di “Funder35” c'è tempo fino a lunedì 15 luglio.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere le storie di alcune di start-up? Leggi anche:- Recuperano metalli in modo economico ed ecologico: e vincono il premio Marzotto- Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa 

Servizio civile tutto da rifare: le proposte ci sono, ma mancano i soldi

Per far ripartire il Servizio Civile Nazionale occorrono investimenti, finanziamenti certi. Lo sa bene Giovanni Bastianini, direttore della Comunicazione della Protezione Civile: «L'ex ministra Idem ha trovato una situazione finanziaria che avrebbe permesso l'avvio al servizio di 12mila giovani. Con qualche manovra è arrivata a un plafond che permetterà di passare a 15mila volontari: siamo oltre le condizioni minime perché l'istituto sopravviva». Parole che pesano come macigni - vista la situazione in cui versano le casse dello Stato - al convegno organizzato di recente dall'Arel a Roma, in cui si è parlato di un modello di riforma del servizio civile. Bastianini è uno dei componenti del gruppo di lavoro che ha analizzato la situazione del Servizio civile nazionale nell'ambito dell'Osservatorio Giovani, su commissione dei deputati Pd Marianna Madia e Edoardo Patriarca, e ha messo sul tavolo una serie di idee per ripensarlo e dotarlo di maggiore rilevanza a livello politico. Ed è lui a specificare che «condizione affinché il servizio civile non scompaia è che non venga cancellato dall'azzeramento degli stanziamenti». Al contrario, «dovrebbe esserci una quota fissa, esattamente come avviene per il sistema della Difesa» e che si rinnova di anno in anno. Altrimenti non si va da nessuna parte. Finora infatti uno dei problemi dell'istituto è stato proprio quello di essere privo di uno «status autonomo», da sempre visto come «contraltare del servizio militare»: un percorso per chi, contrario all'uso delle armi, volesse intraprendere una strada alternativa, di volontariato e pacifista. Tutto questo fino agli anni della leva obbligatoria (2005). Di lì in poi è stato trattato un po' come figlio di un dio minore delle politiche giovanili attuate (già di per sé quasi inesistenti). Una via per valorizzarlo, a detta di Bastianini, è quella allora di ritornare alle origini dell'obiezione di coscienza e di concepirlo come strumento non militare di difesa della patria. Farlo diventare un mezzo a disposizione dei giovani dai 18 ai 28 anni per sentirsi parte della collettività, «cittadini e non più consumatori». «Un tipo di difesa che richiede umanità, intelligenza, sensibilità e non uso della forza»,chiarisce. Ma non solo andando a tappare i buchi del welfare (non c'è niente di male purché venga fatto con una programmazione preventiva, si dice al convegno), bensì utilizzandolo come «strumento aggiuntivo di risorse umane» soprattutto nella dimensione territoriale: verso settori bisognosi come le periferie («dove i giovani non ricevono alcuna proposta di impiego delle proprie capacità» denuncia l'esponente della Protezione civile), nelle carceri, dove si impara solo «a essere malviventi migliori», nei centri a presenza mafiosa, là dove si annida l'abbandono scolastico. E poi nel recupero del patrimonio culturale e ambientale, di cui ultimamente si fa un gran parlare come possibile asset strategico del Paese. La proposta di Bastianini è insomma di impiegare così i giovani: in progetti annuali (mai a titolo gratuito: va ricordato che è previsto un rimborso mensile di 430 euro circa), in cui sia «lo Stato e non più gli enti accreditati a proporre i progetti». A tracciare le linee guida di una versione più moderna e efficace del servizio civile ci ha pensato anche Maurizio Ambrosini [a sinistra], del dipartimento di Scienze sociali e politiche dell'università di Milano. Le valenze dell'istituto devono essere cinque: «occupazionale, formativa, solidale, integrativa del welfare, orientata alla cittadinanza attiva» scrive nella sua relazione. Il servizio civile va visto come «un'alternativa ai lavoretti, un'opportunità di orientamento che va incontro alle esigenze dei ragazzi più in difficoltà come quelli del Sud». Ma guai a considerarlo solo come «un succedaneo dei posti di lavoro che mancano o come un escamotage fare contratti al ribasso», avverte: piuttosto lo scopo è renderlo una chance formativa, di «apertura al mondo e di fuoriscita dalla socialità ristretta». I giovani devono pensare secondo Ambrosini, di «inserire nella propria biografia un anno di servizio alla comunità». Il professore però è meno critico verso l'ipotesi che lo si usi per sostituire i servizi di welfare messi a rischio dalla crisi: «Avere a disposizione dei giovani del Servizio Civile può consentire di tenerne in piedi alcuni. Soprattuto nelle realtà piccole e più legate al volontariato può offrire un presidio relativamente stabile e continuativo». Anche per lui è fondamentale che i giovani coinvolti diventino cittadini consapevoli e attenti ai problemi della comunità locale. E lo è altrettanto abbattere le criticità, come la questione degli enti senza programmi strutturati che improvvisano sulle attività da realizzare, prive di programmazione (è così nel 35% dei casi secondo Ambrosini, mentre solo nel 40% dei casi esiste un ufficio apposito all'interno degli enti accreditati che si dedica ai progetti per l'impiego dei volontari). Ed è infine imprescindibile ammodernare la figura del responsabile dei progetti: meno dell'8% si dedica al servizio civile a tempo pieno e quasi la metà non ha mai ricevuto formazione per poterlo fare con cognizione di causa. Tutte condizioni che rendono molto difficile fare dei passi avanti. E nonostante le idee affascinanti presentate da chi sta abbozzando la nuova versione del Servizio Civile, nessuno ha fatto finora un calcolo concreto sui soldi necessari per questa riforma. Anche solo per la formazione di persone in grado di occuparsi in modo professionale dei progetti di servizio civile.Ilaria MariottiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Servizio civile: il bando slitta a settembre e il numero di posti sarà il più basso di sempre- Servizio civile, salta il bando 2012: tutta colpa della spending review- «Il Servizio civile non è un modo per ammazzare un anno di tempo o guadagnare qualche soldo», parla l'ex volontario Luca Crispi- Servizio civile, dalla legge di stabilità nessun aiuto    

L'amore ai tempi dello stage, in libreria un manuale di sopravvivenza per coppie di precari

Quando si parla di precariato si pensa immediatamente alla sfera lavorativa della vita, ma la distorsione e la diffusione capillare di forme di lavoro precario in ogni settore produttivo sta avendo un impatto molto più profondo di quel che si è portati a credere. Neppure territori esistenziali come la vita sentimentale, che si credevano immuni alla precarizzazione, ne sono esenti.Nel novembre del 2012 un'indagine Istat ha messo in luce la correlazione tra la precarietà del mondo del lavoro e la difficoltà, per i giovani, di formare una famiglia. Il motivo è la sempre più insormontabile difficoltà delle ragazze e dei ragazzi italiani (soprattutto i secondi) di andare a vivere da soli: circa la metà dei 25-34enni infatti vive ancora con i genitori, mentre per le coetanee il dato si abbassa al 34%.Questa è la realtà da cui prende le mosse Amore ai tempi dello stage, edito da Galassia Arte e scritto da Alessia Bottone, 28enne veronese con una storia di precarietà alle spalle abbastanza comune in Italia: una laurea in Scienze politiche, tanti stage senza sbocco, un tirocinio alle Nazioni Unite, qualche anno passato all'estero, tre lingue straniere parlate fluentemente. Un curriculum che non le è bastato - come non basta a moltissimi altri - a trovare un lavoro adeguato alla sua preparazione.Il libro è una raccolta di casi umani che sono radicati nella realtà, dalla quale la Bottone ha attinto ascoltando i racconti degli amici e basandosi sulla sua storia personale. Nel secondo capitolo, dedicato a «L'amore ai tempi di Skype», l'autrice ricostruisce la storia di una tipica coppia di precari: «Lei è neolaureata e ha tutta la vita davanti (per incazzarsi di brutto), lui è un ragazzo sui 30 anni, posato, che sta facendo il ventesimo stage» e poco più avanti aggiunge: «Questa coppia è appena stata scossa da una notizia importante: lei è appena stata selezionata per uno stage - ovviamente non rimborsato - a Shangai e si è da poco trasferita, mentre lui ha deciso di restare al paesello per continuare a fare fotocopie di elevata qualità».Una separazione obbligata, insomma, come di questi tempi capita spesso tra le giovani coppie. Una separazione che provoca reazioni diverse nei due partner: «Lei, ragazza positiva e giovane, assume subito il classico pensiero della Donna Cosavuoichesianosettemilachilometri; lui, ragazzo meno positivo, invece assume tutte le caratteritiche dell'ormai diffuso Uomo Tagliamoipontisennòsoffriamo». Casi come questi, resi buffi da parte dell'autrice con nomignoli ironici, permettono al lettore di osservare le manie, le disgrazie ma anche i piccoli eroismi di queste "marionette", e di guardarle con distacco.E se il libro di Alessia Bottone è un po' naif, in fondo lo è soltanto in superficie. L'ironia infatti pone il punto di vista di chi racconta, ma anche di chi legge, al di sopra: a differenza della tragedia, sotto il cui filtro i problemi si fanno pesanti come macigni, questo approccio rende tutto più leggero, permettendo di affrontare le cose senza sfiducia, ma con ottimismo - attitudine sempre più rara di questi tempi. È soprattutto questo il valore del libro, la piccola lezione dedicata soprattutto a quella grossa fetta di giovani cittadini che, secondo le ultime statistiche fornite dall'Istat, viene respinta dal mondo del lavoro. È una lezione semplice: le difficoltà ci sono, nel lavoro come nella vita di coppia, ma non per questo è il caso di lamentarsi e di piagnucolare. E riderci sopra è il punto di partenza migliore. Una volta un amico mi disse che ridere di tutto è un dovere morale dell'essere umano, che, abdicando a questo dovere, resta sepolto dalla pesantezza del mondo. Ecco, forse in un modo meno lirico e più ingenuo, il messaggio in filigrana di questo manuale di sopravvivenza per coppie di precari dice la stessa cosa. Alessia Bottone presenterà il libro Amore ai tempi dello stage il 2 luglio prossimo, durante la Festa Democratica dei Giardini di via Prina, a Verona, dove parteciperà alla tavola rotonda "Giovani e lavoro? Un futuro incerto insieme a Alessandra Salardi ed Emiliano Galati. L'appuntamento è previsto per le 19.45, l'ingresso è libero.  Andrea CocciaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- La precarietà sul lavoro distrugge anche le coppie: l'allarme di Alessia Bottone- Se potessi avere mille euro al mese, il libro che racconta l'Italia sottopagata- Macché 15-24enni, la vera disoccupazione giovanile è quella dei trentenniE anche:- Tra web e cinema, i precari non ballano più da soli- «Precari. Storie di un’Italia che lavora» Il libro di Marianna Madia accende il dibattito tra Tremonti e Camusso sul welfare per gli atipici - «Alice senza niente», in un romanzo la vita nuda e cruda dei giovani squattrinati precari italiani- Marcia indietro sulle misure di contrasto al precariato? Non è la strada giusta- Il precariato? Per Giuliano Cazzola è un problema «immaginario»

Recuperano metalli in modo economico ed ecologico: e vincono il premio Marzotto

Innovative, attive nel settore del Made in Italy o in quello della cultura. Sono queste le start-up che possono partecipare al premio Gaetano Marzotto. In palio ci sono premi in denaro e periodi di incubazione per un valore complessivo di 800mila euro. Per partecipare c'è tempo fino al 30 giugno. Ecco la storia di una delle aziende vincitrici della passata edizione.«Innanzitutto noi consentiamo ai nostri clienti di recuperare metalli preziosi riducendo i tempi di manutenzione ed aumentando la produttività dell'impianto. Con benefici anche sotto il profilo della responsabilità sociale, visto che vengono utilizzate meglio le materie prime in ingresso». Dietro a questo “noi” ci sono due 26enni pugliesi, Salvatore Modeo [a destra nella foto] e Antonio Andrea Gentile: ingegnere gestionale il primo, fisico il secondo, si sono conosciuti frequentando a Lecce l'Isufi e nel marzo del 2011 hanno dato vita a Mrs.Si tratta di un'azienda che sfrutta un brevetto, «un'idea che ha avuto Antonio quando si è trovato di fronte allo stesso problema in laboratorio», racconta Modeo. La questione riguarda quei forni - il nome tecnico è evaporatore termico - che vengono utilizzati nella produzione di microchip, circuiti integrati e lenti: si tratta di apparecchiature che raggiungono temperature tali da far evaporare i metalli preziosi necessari alla produzione fino a che non si depositano per realizzare il pezzo desiderato. Nella parte bassa del forno si depositano di volta in volta le diverse materie prime, in alto lo stampo di silicio sul quale si vuole arrivare a depositare una pellicola d'oro piuttosto che di titanio o di cromo.Il problema è che, come avviene ad esempio in una pentola d'acqua portata ad ebollizione, le polveri di metallo prezioso si depositano anche sui lati del forno. E devono quindi essere eliminate: «La maggior parte delle aziende utilizza degli schermi statici alle pareti», sulle quali si depositano i vari metalli. Una volta ogni mese questi crogiuoli devono essere fermati per effettuare la pulizia, che consiste nello smontare le pareti e sabbiarle per rimuovere i metalli, il recupero dei quali richiede poi l'utilizzo di diversi solventi chimici come i cianidi o il mercurio. La soluzione offerta da Mrs è tanto all'apparenza semplice quanto efficace: uno «schermo dinamico». Si tratta di pareti formate da tanti singoli elementi che, visti in sezione, hanno la forma di un prisma. Il meccanismo ruota questi elementi ad ogni cambio di metallo portato in evaporazione, così che su ogni lato si depositino le polveri di un unico materiale. «Su ogni lato noi inseriamo prima uno strato di polimero che poi rimuoviamo insieme alle polveri ed immergiamo in acqua: una volta sciolto, rimangono delle pellicole dei metalli che volevamo recuperare».I due giovani startupper, ai quali da qualche mese si è aggiunto con una quota di minoranza ed il compito di occuparsi degli aspetti finanziari anche il 35enne Giovanni Doria, impiegato al Monte dei Paschi di Siena e professore associato all'università del Salento, hanno registrato questo sistema con un brevetto che copre Europa, Cina ed America. «Ci è costato intorno ai 20mila euro». Questi soldi, come i 2mila necessari nel 2011 per creare una società a nome collettivo, sono arrivati grazie ai premi vinti nel corso degli anni. Il primo, a novembre del 2010, è stato “Principi attivi”, concorso per start-up indetto dalla Regione Puglia che li ha premiato con 25mila euro. «Con questi soldi abbiamo realizzato un prototipo e abbiamo iniziato la procedura per il brevetto», completata grazie ai 15mila euro del premio “Startup Puglia” conseguito l'anno successivo.A fine 2012, poi, è arrivata la vittoria anche al Premio Gaetano Marzotto, che ha offerto ad Mrs la possibilità di essere incubata all'interno dell'acceleratore milanese SeedLab. «Questa esperienza è iniziata da poco più di un mese, noi stiamo seguendo fin dove e possibile le presentazioni in streaming. Non riusciamo però ad essere fisicamente presenti a Milano perché il premio non comprende le spese di vitto e alloggio», per cui ogni settimana dovrebbero pagarsi «treno andata e ritorno e tre notti in albergo, ci costerebbe 1.200 euro al mese». Soldi che i due startupper non hanno a disposizione, visto che ancora non hanno iniziato a fatturare.Ma allora come si mantengono? Al momento Gentile ha un assegno di ricerca all'università del Salento, Modeo segue un master retribuito. «Stiamo aspettando una prima commessa da un gruppo, che quindi potrebbe richiederci più di un impianto». Oltre alle prime entrate, questo accordo permetterebbe anche di validare la tecnologia a livello industriale, dimostrare cioè che il procedimento funziona. Nell'attesa i due non smettono di guardarsi intorno alla ricerca di nuove opportunità, come quelle garantite dal decreto Crescita 2.0, convertito in legge dal parlamento a dicembre dello scorso anno. Così che con il 2013 Mrs è diventata una isrl, ovvero una start-up innovativa. «Ho seguito tutto il cammino della norma, sono stato a entrambi gli ISDay ad H-Farm ed ho apprezzato tanto i contenuti, anche se ancora ci sono dei punti che mancano all'appello». Come ad esempio «gli aspetti legati alla flessibilità del lavoro, che ancora è troppo ingessato. Il Paese è troppo burocraticizzato, dobbiamo sveltire le pratiche». E poi rimane il problema dei finanziamenti. Mentre ancora si attendono le regole per il crowdfunding, l'unica soluzione è quella di rivolgersi alle banche. Peccato che spesso chiedano i bilanci di addirittura due anni per concedere un prestito: «Ma una start-up non ha questi dati, anche perché in 24 mesi può nascere e morire». Il risultato è che ad oggi gli unici vantaggi del decreto Crescita 2.0 cui fa ricorso Mrs sono quelli legati alla possibilità di non pagare le imposte di registro in Camera di Commercio.Le difficoltà sul mercato italiano non riguardano però solo gli aspetti normativi: «È tutto il sistema ad essere lento. Abbiamo chiesto dei preventivi per un piccolo motore e le aziende italiane ci hanno risposto dopo tre settimane. In Cina lo hanno fatto dopo dieci minuti. E dopo venti ci hanno scritto per dire che ci stavano inviando gratuitamente un pezzo così che potessimo testarlo». In un contesto del genere, guardare all'estero è quasi obbligatorio. Giusto la settimana scorsa i due startupper sono volati a Dublino per partecipare all'Intel Business Challenge Europe. In palio un viaggio all'università di Berkeley. «Siamo arrivati tra i nove finalisti, ma non tra i cinque che voleranno negli Stati Uniti», racconta Modeo, senza riuscire a nascondere un pizzico di amarezza.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it Vuoi saperne di più sul premio Gaetano Marzotto? Leggi:- Al via il premio Gaetano Marzotto 2013: in palio 800mila euro per le start-upVuoi conoscere la storia di un'altra start-up vincitrice del Marzotto? Leggi:- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solareVuoi saperne di più sul decreto "Crescia 2.0" e sul sostegno alle start-up? Leggi anche:- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro Passera- Gianluca Dettori: «Decreto start-up, un passo nella giusta direzione»- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutereVuoi saperne di più sull'incubatore di impresa H-Farm? Leggi:- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-upVuoi conoscere le storie di alcune di start-up? Leggi anche:- Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Un appello al governo: «Non dimenticate le start-up»

È stato uno dei protagonisti della task force voluta dall'allora ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera per elaborare una serie di proposte per lo sviluppo dell'ecosistema start-up. Ad un anno dall'inizio di quell'esperienza Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup e fondatore dell'incubatore di impresa H-Farm, torna a chiedere alla politica di impegnarsi per favorire la nascita e la crescita di imprese innovative. «Non ci si dimentichi delle start-up!». Perché ha sentito il bisogno di lanciare questo appello e perché ha ritenuto di farlo di fronte alla platea del Digital economy forum?Le start-up sono un motore per la crescita economica e pertanto una risorsa indispensabile per l’Italia, soprattutto oggi che la crisi tocca da vicino tutta l’industria. Possono dare speranza, far ritrovare competitività al Paese e offrire nuove forme e opportunità di lavoro. Mai come in questo momento la crisi sta portando le aziende a cercare nuovi modelli di business, aprendole a sperimentazioni innovative che spesso sono il frutto del lavoro di tante start-up presenti sul territorio italiano. Percepire nella platea presente al Digital economy forum, egregiamente organizzato dall’Ambasciata americana, un clima di preoccupazione e incertezza per il mancato completamento del quadro normativo, mi ha spinto a prendere posizione in modo forte. Questo settore deve essere sostenuto e bisogna mantenere alta l’attenzione. Ne va del futuro del Paese.Appunto un anno fa partiva il percorso della task force che ha elaborato il rapporto "Restart Italia", una parte del quale è diventato il decreto "Crescita 2.0". Quanto delle idee contenute in quella relazione si è concretizzato? Come Italia Startup abbiamo dato una mano importante per elaborare il rapporto Restart Italia, che ha poi portato alla strutturazione della cosiddetta legge “Crescita 2.0” per le nuove imprese innovative. Purtroppo solo una parte di quanto contenuto nel rapporto si è tradotto, a oggi, in provvedimenti concreti ed effettivi. Il registro dedicato presso le Camere di commercio e le normative di semplificazione in tema di contratti di lavoro sono le due iniziative più rilevanti. Manca il regolamento che permette uno sgravio fiscale per chi investe in startup innovative e manca il regolamento per il crowdfunding. Inoltre non ha mai visto la luce un provvedimento che riguarda il cosiddetto fondo dei fondi, cioè un fondo di garanzia pubblico che copra parzialmente il rischio di chi investe in start-up. Il quadro va completato. E con urgenza. Senza dimenticare che, per seguire da vicino l’evoluzione della normativa e una sua applicazione efficace, è opportuno mantenere un concetto di task force, cioè di gruppo ristretto di esperti che accompagnino il governo nello sviluppo e nell’aggiornamento dei provvedimenti.Lei ha detto di aspettarsi un gesto concreto da parte del governo. Cosa chiede nell'immediato?Tre cose, tutte molto semplici. L’approvazione del regolamento per lo sgravio fiscale di chi investe in nuove imprese innovative. L’approvazione del regolamento sul crowdfunding. La riattivazione di una task force di sostegno al Governo, per la quale ci candidiamo a essere parte attiva e interlocutore.Uno degli aspetti più innovativi era certamente quello legato al crowdfunding. Il regolamento Consob era atteso per marzo, ora dovrebbe essere approvato entro l'estate. Quanti danni crea all'ecosistema questa pessima abitudine italiana di fissare delle scadenze e poi ignorarle?I ritardi nelle scadenze legislative producono problemi rilevanti perché creano aspettative, anche presso interlocutori stranieri come è avvenuto in questo caso, che poi vengono disattese. Parlando di crowdfunding ci riferiamo a uno strumento nuovo, che permette l’investimento per le start-up a un pubblico molto vasto di soggetti, con cifre contenute. Se il regolamento venisse approvato in tempi brevi e seguisse logiche liberiste, senza dare troppo peso agli investitori istituzionali, si aprirebbero nuove opportunità per le start-up, si includerebbero nuovi soggetti investitori, anche singoli cittadini, e si attirerebbero certamente portali e soggetti stranieri, che già operano in questo mercato.All'appello manca anche il registro degli incubatori certificati. Cosa si aspetta da questo punto di vista?Sul registro degli incubatori certificati, così come su quello delle imprese innovative, vorremmo poter interagire col governo per rivedere quanto è stato fatto. Ci sono regole troppo restrittive, che non tengono conto della grande varietà di start-up e di incubatori che esistono sul mercato. Il ruolo della task force o gruppo di accompagnamento di cui dicevo prima, va proprio in questa direzione. Il nostro è un settore giovane, molto dinamico ma ancora immaturo e parcellizzato. Non si possono mettere paletti troppo rigidi ed è necessaria una valutazione specifica, quasi caso per caso o comunque settore per settore. Siamo a disposizione per dare un supporto in tal senso.Oltre 800 imprese si sono iscritte al registro start-up innovative. Nei giorni scorsi si è chiusa l'application di Working Capital con la cifra record di 1200 domande di ingresso in questo programma di accelerazione. Segno di una vitalità dell'ecosistema nonostante la politica?È esattamente così. I riflettori sono stati puntati su questo comparto dal precedente governo. La crisi spinge molti giovani a creare piuttosto che a cercare un lavoro, così come molti manager che escono forzatamente dal mondo del lavoro. Si è creato un formidabile dinamismo. Molto “dal basso” e che, come tale, necessita di selezione e di sedimentazione, ma che indica una vitalità che va assecondata e agevolata. Forse non siamo ancora allo sviluppo industriale degli anni Sessanta e Settanta, però c’è una voglia di fare impresa che è davvero portatrice di speranza per il nostro Paese che spesso va avanti a prescindere dalla politica. Non sarebbe male quindi se la politica assecondasse, almeno in una logica di semplificazione, questo processo in corso.L'ultimo rapporto Istat parla di disoccupazione giovanile al 40%. L'applicazione delle norme per le start-up è in forte ritardo. Di fronte a questo quadro cosa prova quando sente i partiti dibattere sul semipresidenzialismo alla francese piuttosto che sul cancellierato alla tedesca?Non entro nel merito dei temi che sono di competenza della politica. Mi limito a osservare, come dicevo prima, che c’è in atto un fenomeno di sviluppo imprenditoriale dal basso, che può portare innovazione, occupazione e competitività. Non chiediamo soldi né incentivi. Chiediamo attenzione al fenomeno, quadro normativo certo e tanta semplificazione. I provvedimenti in termini giuslavoristici sono un esempio virtuoso. Agevolare contratti flessibili, dare opportunità di stock option ai dipendenti, rendere cioè il sistema flessibile, aperto e partecipato, crea le condizioni giuste per stimolare la nascita di nuove imprese e di nuova occupazione, aiutando in tal senso soprattutto i giovani che potranno aspirare a qualcosa di più di quella che Beppe Severgnini ha definito una "Repubblica fondata sullo stage".Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it Vuoi saperne di più sul decreto "Crescia 2.0" e sul sostegno alle start-up? Leggi anche:- Start-up, la task force lavora a criteri più inclusivi e accelera sul decreto attuativo- «Restart Italia», con il decreto Sviluppo bis arrivano (quasi tutte) le proposte per le start-up- «L'Italia riparta dalle start-up»: ecco il piano del ministro Passera- Gianluca Dettori: «Decreto start-up, un passo nella giusta direzione»- Il decreto per le start-up è legge. E comincia già a far discutereVuoi saperne di più sull'incubatore di impresa H-Farm? Leggi:- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-upVuoi conoscere le storie di alcune di start-up? Leggi anche:- Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa

Al via il premio Gaetano Marzotto 2013: in palio 800mila euro per le start-up

L'importo complessivo del premio è di 800mila euro. Anche se gli startupper sanno bene che in palio non ci sono (solo) i soldi, ma la possibilità di compiere quel salto di qualità che può instradare la propria azienda verso il successo imprenditoriale. Scadono il 30 giugno i termini per partecipare alla terza edizione del premio Gaetano Marzotto, competizione riservata a realtà innovative, originali, finanziariamente sostenibili ed in grado di generare un impatto sociale positivo sul territorio italiano.Sono questi gli unici requisiti richiesti a coloro che si mettono in competizione in una delle quattro sezioni nelle quali è suddiviso il premio. L'unica eccezione è rappresentata dal premio «Dall'idea all'impresa», riservato agli under 35. È questa la sezione più corposa della manifestazione, che mette in palio ben 300mila euro. Che in realtà non saranno erogati "cash": la cifra indica infatti il valore dei periodi di incubazione ai quali potranno accedere le dieci start-up selezionate come vincitrici, che entreranno così in altrettanti acceleratori di impresa. I periodi di incubazione vanno da un minimo di due mesi ad un massimo di dodici e, in alcuni casi, prevedono l'impegno da parte dell'acceleratore di impresa a valutare un investimento nella start-up. I dieci “ospiti” sono la milanese Boox, la trevigiana H-Farm, I3P, l'incubatore del Politecnico di Torino, Luiss Enlabs e M31. E ancora, la Fondazione Filarete, Seedlab, la sede padovana di Talent Garden, The Hub e la veneziana VEGAinCUBE.Altra sezione del “Marzotto” è l'«Impresa del futuro», dedicato alle aziende che operano nei settori di riferimento del Made in Italy: ovvero moda e tessile, agroalimentare, turismo, farmaceutico, meccanica, casa, arredamento e ambiente. In questo caso il premio per la start-up vincitrice è un bonifico da 250mila euro, oltre ad un periodo di affiancamento da parte della Fondazione Cuoa che assisterà l'impresa in settori come le strategie commerciali, il bilancio, la gestione dei collaboratori e gli aspetti legali. Assistenza che questo ente garantirà anche al vincitore del premio «Nuova impresa sociale e culturale», dedicato alle realtà del terzo settore che si contenderanno anche una somma di 100mila euro, versata sul conto del vincitore.Novità di quest'anno è una quarta sezione, dedicata al premio speciale «UniCredit - Talento delle idee», che sarà assegnato ad almeno una start-up per ciascuna delle tre categorie “storiche” del Marzotto. Le aziende selezionate si vedranno assegnare un tutor, potranno partecipare alla Startup Academy e seguiranno un programma di mentorato. E soprattutto avranno la possibilità di incontrare singolarmente possibili investitori. Il valore di questa iniziativa è quantificato in 150mila euro, ma anche in questo caso il premio non sarà erogato in denaro.Fatta eccezione per la sezione «Dall'idea all'impresa», riservata come detto agli under 35, non ci sono limiti di età per la partecipazione. Possono iscriversi al premio persone fisiche, team di progetto, start-up, imprese già stabilite, cooperative e associazioni. L'iscrizione avviene solo online, compilando i moduli nella sezione del sito dedicata, entro il prossimo 30 giugno. Le quattro giurie avranno poi tempo fino alla fine di luglio per valutare i progetti più interessanti per ciascuna sezione, che dovranno presentare un progetto più dettagliato entro il 1° settembre, per partecipare poi il 12 ad un colloquio con i giurati. I vincitori saranno premiati a novembre. Per avere maggiori informazioni è possibile partecipare agli incontri di presentazione del Gaetano Marzotto: i prossimi sono in programma oggi, mercoledì 12 giugno, nella sede palermitana di Confindustria, e il 19 a Milano presso gli uffici di Talent Garden.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere la storia di un'impresa che ha vinto il Premio Marzotto? Leggi:- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solareVuoi conoscere alcuni degli incubatori coinvolti nel progetto? Leggi:- H-Farm. Boox e Nanabianca, un'«alliance» per sostenere le start-up- Aspiranti imprenditori, una pizza è l'occasione per partire- Milano capitale delle start-up grazie a Polihub e Tag MilanoVuoi conoscere altre iniziative di sostegno alle start-up? Leggi anche:- Milano e la Lombardia, terreno fertile per le start-up- L'Abruzzo investe 9 milioni per le start-up: la speranza sta nell'innovazione- Al via Wind business factor 2013, il campionato italiano delle start-up- Non solo mele, con TechPeaks a Trento si coltiveranno anche start-up

Recruiting geolocalizzato, un nuovo modello per gli annunci di lavoro online

«È assurdo affermare che il lavoro e la vita siano due cose separate. Bisogna trovare una soluzione per conciliarle». Il 24enne Andrea De Spirt [al centro nella foto] cita le parole di Richard Donkin, giornalista e scrittore considerato uno dei massimi esperti internazionali di tematiche relative al mondo del lavoro, per raccontare JobYourLife, la start-up che ha fondato a febbraio dello scorso anno insieme al 29enne Francesco Fonte e al 27enne Pietro Stracquadanio [a destra nella foto]. La risposta al monito di Donkin è un sito per la ricerca di lavoro. Diverso rispetto ai portali “tradizionali”: «Ci siamo posti l'obiettivo di creare uno strumento che integrasse la domanda e l'offerta, un nuovo modo di cercare e connettere il lavoro nel web: siamo il primo strumento di recruiting online che utilizza la geolocalizzazione del curriculum insieme a degli annunci mirati che permettano ad un'azienda di trovare il candidato ideale ovunque lo stia cercando». In altre parole, si inverte il normale meccanismo di ricerca di un'occupazione: «Non è più l'utente che si candida rispondendo ad un annuncio, ma le società che contattano i potenziali dipendenti».In questo modo chi è in cerca di un'occupazione «riceverà solo gli annunci giusti», ovvero quelli che rispecchiano il suo profilo e da parte di aziende interessate al suo curriculum. «Per gli utenti l'iscrizione è gratuita, pagano solo le imprese: abbiamo previsto una formula di abbonamento annuale standard per le piccole e medie imprese, uno plus per le multinazionali». Anche se è a queste ultime che De Spirt e soci guardano con maggiore interesse: «i nostri concorrenti fanno pagare magari 500 euro per mettere un annuncio. Poi però dopo due giorni finisce nella seconda pagina delle ricerce e per fare un refresh [ovvero renderlo di nuovo visibile, ndr] bisogna pagare ancora. Da noi si paga una volta e si mandano quanti annunci si vuole».L'idea di un'azienda di questo tipo è venuta lavorando sul campo. Nel senso che «io volevo fare un'altra start-up e mi servivano dei programmatori. Li cercavo sui social network, andavo alle fiere tecnologiche ma sembrava impossibile trovare persone che fossero interessate al mio progetto. Cercavo uno strumento semplice che mi permettesse di trovare delle persone con le competenze che mi servivano nella mia area geografica», racconta De Spirt. Per averlo, questo studente di Filosofia che ha accantonato i libri per diventare un imprenditore, ha dovuto costruirselo.«Siamo nati nel febbraio del 2012 a Milano come srl. Questa era la formula societaria più conveniente per quello che facevamo noi, visto che avevamo anche soci con più di trent'anni e non avremmo avuto agevolazioni». Il riferimento alla srl semplificata, detta anche impresa a 1 euro, che nel febbraio dello scorso anno era riservata esclusivamente agli under 35. Oltre De Spirt, Fonte e Stracquadanio della squadra fa infatti parte anche Lorenzo Mecocci [a sinistra nella foto in alto], responsabile risorse umane 40enne che ha creduto nel progetto e ha deciso di farne parte. Per avviare la start-up «ho speso una somma che mi aveva lasciato mio nonno». Soldi, circa 12mila euro, serviti «per il primo ufficio in uno scantinato buio, i server e il doppio schermo per il programmatori».Ad oggi l'azienda non ha ancora iniziato a fatturare, «prevediamo di raggiungere il break even il prossimo anno. Ora abbiamo bisogno di un grosso investimento in termini di marketing e per allargare il team». Ad oggi sono sei le persone che lavorano per JobYourLife, cui si aggiungono due consulenti esterni. E tutti, ad eccezione di De Spirt e Mecocci, ricevono uno stipendio. Da dove arrivano i soldi? «Da un gruppo di angel investor che ha finanziato il progetto». Tra questi c'è Guido De Spirt, padre di Andrea ed amministratore delegato di Willis Italia, Gherardo Barbini, consigliere di amministrazione di alcuni istituti bancari, e l'imprenditore Gianfranco Agostini. Insieme questi tre investitori hanno finanziato con 150mila euro questa start-up.Ad oggi l'azienda è incubata nell'acceleratore d'impresa del Politecnico di Milano. Un'esperienza che «ci ha inserito all'interno di una situazione agevolata a livello di costi, per l'ufficio paghiamo solo 400 euro al mese. Lo consiglio assolutamente anche perché creano un network davvero interessante». Una rete di contatti che ha fatto conoscere JobYourLife e le ha permesso di essere una delle prime aziende ammesse alla fiera delle start-up organizzata dal Sole24Ore per il prossimo 17 giugno a Milano. Un'occasione per farsi conoscere e per cercare quel milione e mezzo di euro che De Spirt e soci vogliono investire nel marketing per far decollare la loro azienda.Riccardo Saporiti startupper@repubblicadeglistagisti.itVuoi conoscere altre storie di start-up? Leggi anche:- HSD Europe, start-up italiana che aiuta i cinesi a respirare meglio- Il matrimonio diventa low-cost grazie alla start-up siracusana Progetto Wedding- L'artigianato si vende in Rete grazie alla startup fiorentina Buru-Buru- Solwa, la start-up padovana che purifica l'acqua con l'energia solare- Startupper, nuova rubrica della Repubblica degli Stagisti dedicata ai giovani che creano impresa