Categoria: Notizie

Jobs Act, cosa c'è scritto davvero nel testo appena approvato dalla Camera

La riforma del lavoro di Matteo Renzi procede ben più velocemente del previsto. L'altroieri il disegno di legge "Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro" - cioè il cosiddetto Jobs Act - è stato approvato alla Camera e dunque ora torna in Senato. I senatori dovranno approvare le modifiche apportate dai deputati. La novità più importante è che l'innegabile protagonista del dibattito, l'articolo 18, finalmente appare nel testo, mentre nella versione licenziata dal Senato nemmeno veniva nominato. Neanche in questa, a dir la verità, è citato esplicitamente: però almeno si smette di sottintendere e si trova un riferimento chiaro ai licenziamenti economici e a quelli disciplinari.Che l'articolo 18 sia stato il protagonista del dibattito su questa riforma è qualcosa, a dire il vero, di poco ragionevole - anzi quasi assurdo. Perché questo famoso articolo - detto "di tutela reale" contro i licenziamenti - che prevede, secondo lo Statuto dei lavoratori del 1970 e dalle sue successive modifiche, la possibilità per i tribunali di reintegrare i lavoratori nello stesso posto di lavoro da cui sono stati licenziati, ovviamente solo in quei casi in cui il giudice ritenga che vi sia stato qualche vizio nel licenziamento, non è che un aspetto infinitesimale della nostra legislazione sul lavoro. Non riguarda che poche centinaia di persone all'anno, tutte assunte a tempo indeterminato, tendenzialmente tutte adulte o addirittura anziane. Assurdo dunque che si siano sprecate le prime pagine dei giornali su questo tema anziché su molti altri che sarebbero potuti essere migliorati nel testo del Jobs Act: ma in Italia va così, l'ideologia "tira" molto più della ragionevolezza, e allora a tutti - destra e sinistra, parti datoriali e sindacati - fa comodo semplificare lo scontro utilizzando una bandiera, un tema sintetico che scalda gli animi e infuoca i talk show.Che dire? Ormai è andata così, bisogna rassegnarsi a questa ciclica polarizzazione dello scontro sul lavoro e cercare di approfondire per conto proprio, evitando le semplificazioni della maggior parte dei media, per capire cosa davvero potrebbe cambiare con l'entrata in vigore delle norme contenute in questo Jobs Act. Il testo adesso attende l'ultimo ok, quello del Senato, e Matteo Renzi già pensa di riuscire ad approvarlo nella prima metà di dicembre, per poi partire a spron battuto con la stesura dei decreti attuativi di questa legge delega (che qualcuno mormora siano già pronti in bozze, anche se il ministero del Lavoro giura di no). Perché forse è bene ricordare che il Jobs Act, di per sé, dice quel che si farà in linea generale: si può dire che riassuma i valori e le idee sulle quali l'esecutivo si impegna a muoversI quando andrà a generare - attraverso vari decreti legislativi - questa riforma del lavoro tanto annunciata.E allora vediamo le principali modifiche apportate dalla Commissione lavoro della Camera al testo che era stato approvato in Senato all'inizio di ottobre, e che ieri sono state vidimate dal voto favorevole dell'aula di Montecitorio.La prima modifica rilevante si trova al comma 2 lettera b3, in cui si legge in un certo senso la promessa che i cococo e i cocopro verranno progressivamente aboliti: il testo del Senato parlava di «universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con l'esclusione degli amministratori…» mentre alla Camera lo hanno modificato aggiungendo tre parole: «universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al suo superamento, e con l'esclusione degli amministratori…». Dunque le tre parole in più sono «Fino al suo superamento»: il superamento della tipologia di collaborazione coordinata e continuativa, cioè cococo e cocopro. In favore, nelle intenzioni del legislatore, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.Una seconda modifica di rilievo riguarda l'interazione tra sistema pubblico e sistema privato sul tema dei servizi per l'impiego: in particolare il Senato prometteva una «valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, al fine di rafforzare le capacità d'incontro tra domanda e offerta di lavoro…» mentre la Camera rivendendo il comma 4 lettera n ha ampliato il senso di questa frase: «valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati nonché operatori del terzo settore, dell'istruzione secondaria, professionale e universitaria, anche mediante lo scambio di informazioni sul profilo curriculare dei soggetti inoccupati o disoccupati, al fine di rafforzare le capacità d'incontro tra domanda e offerta di lavoro…». Una modifica interessante che va a includere per esempio gli uffici stage e placement universitari, finora abbastanza ignorati dalla politica.Terza modifica degna di nota, quella che riguarda i futuri rapporti tra l'Agenzia nazionale per l'impiego prossima ventura e l'Inps: qui il testo del Senato prometteva sinteticamente una «previsione di meccanismi di raccordo tra l'Agenzia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale», mentre la Camera (lettera r) ha voluto specificare meglio: «previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra l'Agenzia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale, al fine di tendere a una maggiore integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno del reddito».E dopo qualche altra modifica più che altro formale, si arriva alla vera novità del testo. Le due scarnissime righe riguardanti il contratto a tutele crescenti, e sopratutto al contenuto di queste tutele in caso di licenziamento - previste dal Senato, «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio», acquistano dopo il lungo dibattito una forma più definita, che vincola maggiormente il governo ad attenersi alla linea tracciata dal Parlamento. Il testo formulato dalla Commissione Lavoro della Camera, al comma 7 lettera c, è ora il seguente: «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento».Infine una modifica interessante è quella apportata al comma 13, nel solco della nuova attenzione all'efficacia dei provvedimenti legislativi: si legge infatti nell'aggiunta della Camera che «il monitoraggio permanente degli effetti degli interventi di attuazione della presente legge, con particolare riferimento agli effetti sull'efficienza del mercato del lavoro, sull'occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e uscita nell'impiego, anche ai fini dell'adozione dei decreti di cui al primo periodo, è assicurato dal sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Sempre sperando che i dati siano disponibili, che le pubbliche amministrazioni li condividano tra loro in maniera celere, che vengano interpretati in correttamente e senza faziosità: e che si abbia poi il coraggio di correggere in itinere i punti che si rivelino eventualmente meno funzionali del previsto.Ma il punto fondamentale da tenere bene a mente è che la partita del Jobs Act non è affatto chiusa, e che non lo sarà neanche a metà dicembre quando prevedibilmente arriverà l'ultimo ok del Senato. La partita si giocherà su ciascuno dei singoli decreti legislativi di attuazione, perché sarà in questi testi - scritti dal governo - che staranno veramente le nuove regole sul lavoro che Renzi vorrà mettere in campo.

Il Lazio riparte dalle start up: bando da 1 milione e mezzo di euro per quelle più innovative

«Siamo un paese pieno di eccellenze ma pigro, che non ha tenuto ai ritmi di innovazione che la globalizzazione impone». A parlare è il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che, intervenendo alla Start up Marathon, un business game per imprese neonate organizzato alle Officine Farneto di Roma, dice la sua sui motivi della recessione italiana. «Il mondo consuma sempre meno i nostri beni manifatturieri perché siamo usciti dalla capacità di produrre, ma non siamo morti» assicura, ricordando come il Lazio sia «la seconda regione italiana per prodotto interno lordo». Le start up diventano allora un'occasione per «scommettere su nuove filiere, e non come sistema secondario» prosegue il governatore.All'iniziativa dedicata qualche giorno fa ai creativi digitali c'era un fermento palpabile: decine di giovani startupper, circondati da investitori e tutor, per una giornata si sono confrontati su come sviluppare la loro idea di impresa. Si partiva infatti da un modello ancora 'sulla carta'. Una volta entrati nel business game, si veniva divisi in squadre e quindi affiancati da esperti in avviamenti di impresa, tutti responsabili di Luiss Enlab, acceleratore di impresa punto di riferimento delle start up romane. Scopo degli incroci tra diversi team era mettere davanti alle reali difficoltà del mercato e alle concrete possibilità di guadagno e crescita. Le idee sono state poi valutate da una giuria di esperti, che ne ha selezionate tre (il premio consiste in uno spazio di visibilità allo stand del Lazio a Expo 2015). Il primo classificato è stato BioPic, progetto per un orto biologico a led ricaricabile che consente di piantare gli ortaggi in casa. Sul podio anche Scoobe, servizio di scooter sharing a prezzi competitivi rispetto a quelli delle auto in condivisione come Car2go o Enjoy, e infine Food for All, un quiz sull’alimentazione che converte i punti accumulati in buoni spesa e donazioni a favore di onlus - finanziato dagli inserzionisti. È (anche) sulla base di progetti come questi che Zingaretti vorrebbe rilanciare l'economia laziale, sostenendoli per «evitare che, sentendosi soli, questi cervelli se ne vadano a produrre altrove». Niente finanziamenti a pioggia però: si deve puntare sulla «buona spesa pubblica», quella che si traduce in punti di pil. Bisogna dire addio, ne è convinto Zingaretti che è un fiume in piena alla convention, allo «Stato bad company che non funziona mai», «ai carrozzoni del passato tipo quello che ruota attorno al Mose», perché «siamo stanchi di non cambiare mai». Se il «corpaccione» dell'Italia non si modernizza, «non entrerà nei processi di competizione». Il Lazio che prova a ripartire dalle start up passa dalle parole ai fatti con un bando - appena pubblicato - che stanzia un milione e mezzo di fondi a favore delle neo imprese che si cimentino in progetti di innovazione. L'obiettivo è «incentivare indirettamente lo sviluppo di un ecosistema locale favorevole alla nascita di nuove imprese innovative». Anche perché il Lazio, lo ha ribadito Zingaretti, è un concentrato senza pari in Italia di università e centri di ricerca. Ed è con questi che le start up devono fare rete. Ci sono dei paletti da rispettare per accedere ai contributi, che vanno da un minimo di 20 a un massimo di 30mila euro a progetto. Le proposte devono riguardare i settori aereospazio, scienze della vita, patrimonio culturale e tecnologie della cultura, industrie creative digitali, agrifood, green economy e sicurezza. Il modello di business deve essere incentrato nella regione Lazio, basarsi quindi sull'attività di impresa locale, e «coprire un orizzonte temporale di almeno due anni», spiega il bando. Si deve trattare poi di start up «in regola» con gli obblighi previsti dai regolamenti nazionali e comunitari, con una sede già operativa nel Lazio e costituite da meno di due anni. È richiesta anche la partecipazione di investitori indipendenti, «che prevedano un apporto di capitale per un importo almeno pari al contributo richiesto». Non ci sono limiti temporali per le domande, che verranno accolte «fino a esaurimento dei fondi disponibili». Perché se i poli industriali di una volta si sono sgretolati sotto i colpi della crisi - «come il polo farmaceutico di Roma sud» ricorda Zingaretti - l'impegno deve essere adesso quello di ricostruirne di nuovi, e possibilmente innovativi. Ilaria Mariotti 

Centro per l'impiego di Prato, l'isola felice che teme di affondare

Otto utenti su dieci che si rivolgono al Centro per l’impiego di Prato dicono di essere soddisfatti del servizio. Una percentuale sorprendente, che spiazza. Anche perché l’erede del vecchio collocamento non è proprio da annoverare fra gli uffici più amati dagli italiani, anzi. In molti lamentano code infinite, lungaggini burocratiche e, soprattutto, enormi difficoltà nel fare incontrare domanda e offerta di lavoro. Eppure al cpi di Prato, che copre un territorio provinciale di 246mila abitanti, le cose sembrano andare nel verso giusto. Attualmente l’ufficio è controllato da una società strumentale della Provincia di Prato, la Fil (Formazione, innovazione, lavoro), che fino al 2010 ha avuto un’esperienza di gestione di natura partecipata pubblico-privata. «Proprio questo connubio ci ha permesso di coinvolgere più parti sociali che operano nel mondo del lavoro e ottenere risultati soddisfacenti» spiega alla Repubblica degli Stagisti il direttore della Fil e dirigente unico cel Centro, Michele Del Campo. «Nel corso degli anni abbiamo costruito ottimi rapporti con sindacati, aziende e con le agenzie interinali private, con le quali collaboriamo senza nessun tipo di problema». La commistione pubblico-privato, almeno secondo il dirigente, è quindi alla base del successo del cpi e i numeri sembrano dargli ragione: nel 2013 l’ufficio ha registrato 70mila presenze, sono state contattate ben 4 mila 500 aziende e, di queste, circa 2mila hanno proposto offerte di lavoro e tirocinio. Inoltre, sono state incrociate 1400 richieste di lavoro e l’indice di intermediazione, che per anni non è mai sceso sotto il 12%, oggi si attesta comunque all’8%. Per quanto riguarda, invece il collocamento mirato, sempre nel 2013, si sono tenuti circa 100 colloqui. Una mole di lavoro significativa, gestita con ordine da 29 dipendenti, tutti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato. A loro si aggiungono 30-40 professionisti, che offrono consulenze di ogni tipo, dall’orientamento al supporto psicologico. Per quanto concerne i servizi ad hoc, quello che sta riscuotendo maggiore successo riguarda l’autoimprenditorialità giovanile: i ragazzi si recano al Centro per l’impiego, raccontano la loro idea e, se giudicata fattibile, ricevono un finanziamento fino a un massimo di 25 mila euro a tasso agevolato, utile per l’avvio dell’attività. In tre anni di servizio, in media, sono nate 20-25 imprese e di queste solo quattro non ce l’hanno fatta. Soddisfacenti anche i numeri del Servizio tirocini. «Abbiamo un buon rapporto con l’imprenditoria locale, più che altro piccole aziende che raramente superano i 100 dipendenti» dice Del Campo. «Con queste aziende attiviamo dei tirocini, finanziati per gran parte da Regione e Provincia, cosicché all’azienda costano davvero poco. I ragazzi guadagnano 500 euro al mese e quasi il 50% di loro, terminato il tirocinio, ottiene un contratto di lavoro». L’ufficio non si limita solo alla sfera lavorativa, ma vi è anche un impegno consistente nel sociale. «Da anni, gradualmente, ci occupiamo dei ragazzi che abbandonano la scuola e non hanno un’occupazione, i cosiddetti Neet» racconta il direttore. «Li chiamiamo a casa e proponiamo loro percorsi di orientamento; oppure, se possibile, proviamo a convincerli a tornare a scuola. Purtroppo nella provincia di Prato il tasso di abbandono scolastico è molto alto, sfiora il 19% e quasi la metà dei ragazzi sono stranieri». Eppure nel cielo azzurro del centro per l’impiego di Prato, neppure così tanto in lontananza, si scorgono delle nubi cariche di pioggia. Con la dismissione delle Province, infatti, il futuro degli uffici è un’incognita e nessuno con esattezza sa che fine faranno. Anche il direttore Del Campo è preoccupato: «Quello che temiamo è che la nostra società partecipata, la Fil, possa scomparire. Sarebbe un vero peccato perdere tutto quello che abbiamo costruito con fatica in questi anni». In generale, è il mercato del lavoro ad essere circondato da un alone di incertezza. A partire dal Jobs Act: «Credo sia fondamentale ridurre le tipologie di contratto e dare più certezze a chi cerca lavoro» riflette Del Campo. «Purtroppo negli ultimi anni i contratti sono diventati flessibili, ma lo stesso non è successo al mercato del lavoro. Anche se molto criticati, sono convinto che senza i Centri per l’impiego, e questo vale certamente per Prato, oggi la situazione sarebbe ancora più disastrosa». 

Tutti i premi di laurea in scadenza, oltre 25mila euro in palio

Hanno spesso il sapore delle ultime fatiche, ma le tesi di laurea, stappato lo spumante ed esaurite le congratulazioni, finiscono per lo più chiuse in un cassetto... Passata la festa, gabbato lo santo. Una possibilità per ridare nuova vita agli elaborati più rappresentativi della carriera universitaria arriva da molti bandi ad hoc, che premiano eccellenza e sperimentazione. Questi quelli in scadenza nelle prossime settimane.Fino al 30 novembre è possibile partecipare al premio "Ivo Taddei", promosso da Anasf - Associazione promotori finanziari in memoria del proprio consigliere nazionale. L'avviso è rivolto a tutti i laureati di primo livello (in corso) che hanno approfondito il tema dell'intermediazione finanziaria e che oggi siano iscritti al biennio specialistico (nel bando le classi di laurea ammesse, tutte dell'area economico-finanziaria). La candidatura deve contenere - tutto in formato digitale: modulo di partecipazione, certificazione di laurea dell'università o autoprodotta, abstract, copia della tesi, prova dell'avvenuta iscrizione al corso magistrale e fotocopia del documento di identità. Il tutto va allegato ad una mail a formazione [chiocciola] anasf.it oppure messo su cd o dvd e spedito all'associazione, a Milano (in quest'ultimo caso attenzione perché il 30 novembre capita di domenica). La commissione individuerà l'elaborato migliore entro giugno 2015, premiando l'autore o l'autrice con 3mila euro lordi, corrisposti in un'unica soluzione entro la fine dell'anno.Sono invece 2.500 gli euro complessivi messi a disposizione, in tutt'altro ambito di studi, da un gruppo di enti pubblici e privati di Macerata. Protagoniste sono le tesi di laurea magistrale o di dottorato che tra l'accademico 2011/12 e 20013/2014 hanno discusso di Resistenza, formazione della Repubblica, organizzazione sindacale e politica nel secondo dopoguerra.  Il premio è infatti dedicato alla memoria del ex partigiano, politico e sindacalista Primo Boarelli, scomparso due anni fa. La domanda, sia in copia cartacea all'Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea che digitale a isituto [chiocciola] storiamacerata.com, deve comprendere modulo di domanda, copia della tesi, abstract, attestato di laurea o dottorato e curriculum di studi. C'è tempo fino al 30 novembre (fa fede il timbro postale e vale la raccomandazione precedente). La vincita, salvo imprevisti, sarà formalizzata ad aprile 2015.Chi poi ha recentemente discusso una tesi su sviluppo e riforma delle istituzioni democratiche o in tema di cittadinanza attiva, può partecipare al bando "Vittorio Bachelet" della Fondazione istituto Aci, dedicato al presidente dell'Azione cattolica italiana ucciso dalle Brigate rosse nel 1980. Fino al 12 dicembre l'ente mette in palio due somme da 1500 euro lordi ciascuna per chi ha concluso una laurea magistrale - in Giurisprudenza, Sociologia, Storia, Scienze politiche e materie affini - tra settembre 2013 e questo novembre. Per provare a vincere bisogna inviare all'istituto Bachelet, a Roma, una raccomandata a/r contenente: modulo di domanda, copia cartacea e digitale della tesi, autocertificazione di laurea, copia del documento di identità, curriculum vitae e di studi, e un paio di consensi firmati. Il prossimo febbraio si terrà a Roma il convegno annuale dell'istituto, e in quell'occasione i due (o più, in caso di pari merito) vincitori otterrano pubblicamente il riconoscimento.È dedicato alle nanoscienze invece il premio Nest promosso dalla Normale di Pisa e riservato ai ricercatori che al 14 dicembre, data di scadenza dell'avviso, non abbiano compiuto 35 anni. Necessario anche aver pubblicato su una rivista scientifica internazionale, non prima di gennaio 2013 e in qualità di autori unici o principali, almeno uno studio sulla nanoscienza sperimentale, interamente condotto in Italia. In palio c'è un premio da 5mila euro lordi, offerti dall'azienda Rivoira, gruppo Praxair, che produce e distribuisce gas industriali. Mille euro verranno utilizzati per le spese di gestione del premio, quindi la vincita lorda effettiva è di 4mila euro, a cui si somma però la copertura delle spese di partecipazione alla conferenza internazionale NanotechItaly, in cui a fine 2015 avverrà la premiazione. La domanda si compila velocemente online riempiendo il form e allegando la tesi.Tutto al femminile il bando "Neda Agha Soltan", che il Comune di Pordenone e l'associazione Neda Day dedicano alla memoria della studentessa iraniana di 24 anni uccisa a Teheran nel 2009, durante le proteste che seguirono le elezioni presidenziali. Possono partecipare le neolaureate magistrali di area umanistica che nell'anno accademico 2012/2013 hanno discusso una tesi sulla condizione della donna nella società, particolarmente in quella odierna, ricevendo una votazione di almeno 100/110. Due gli importi in palio, di 2mila e mille euro netti, per prima e seconda classificata. La candidatura è composta da: modulo di domanda, testo ed abstract del lavoro digitali in formato pdf, più copia di certificato di laurea, documento di identità e codice fiscale. Il tutto deve pervenire al Comune di Pordenone entro le ore 12 del 19 dicembre tramite raccomandata a/r, pec o a mano.Scade infine l’ultimissimo giorno dell’anno Technology for Human Beings, il concorso bandito dall’azienda milanese Prysmian Group e dalla Human Foundation per le tesi triennali e magistrali in Ingegneria e Fisica incentrate su un aspetto delle tecnologie per lo sviluppo sostenibile: soluzioni per l’efficienza energetica, ad esempio, sviluppo di materiali riciclabili, o cablaggio di zone rurali o in via di sviluppo. Gli elaborati ammessi sono quelli discussi tra novembre 2013 e dicembre 2014 – anche in inglese - a firma di studenti con non più di 28 anni. Sei i premi a disposizione: tre per le tesi magistrali (di 4mila, 3200 e 2.500 euro rispettivamente per primo, secondo e terzo classificato) e tre per quelle triennali (2mila, 1800 e 1500 euro). Le candidature vanno consegnate a mano, per raccomandata a/r o per pec entro le ore 12 del 31 dicembre complete di copia digitale della tesi (solo a chi supererà la prima fase di selezione verrà richiesta una copia cartacea), un articolo di presentazione di 2 pagine, un breve abstract, certificato di laurea, cv e fotocopia del documento. I nomi dei vincitori? Già a fine gennaio 2015: un buon modo di iniziare l’anno nuovo.Annalisa Di Palo 

Garanzia giovani, al via i bandi di servizio civile

Il servizio civile approda ufficialmente dentro Garanzia giovani. Sono appena stati pubblicati i bandi regionali per partecipare ai progetti di tipo socio-assistenziale - e non solo - messi a punto dagli enti accreditati. Destinatari sono solo 5463 giovani, un po' meno rispetto al numero ipotizzato: dovevano infatti «essere 7300» secondo Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale per il servizio civile. Niente a che vedere però con il bando di servizio civile nazionale, «quello ordinario, per cui sono previste circa 27mila partenze e che dovrebbe in teoria uscire nella primavera dell'anno prossimo» spiega Borrelli alla Repubblica degli Stagisti. Per ora si tratta di quasi 5.500 percorsi che rientrano a tutti gli effetti all'interno di Garanzia Giovani, veicolati attraverso i nullaosta dell'ufficio nazionale e sostenuti con i fondi erogati alle singole Regioni dal programma europeo contro la disoccupazione – o più in generale inattività – che colpisce larga parte dei ragazzi nella Ue.I progetti avranno dunque tutte le caratteristiche tipiche del servizio civile, tra cui i canonici 433 euro di rimborso mensile garantiti dalla prestazione del servizio. E, nella maggior parte dei casi, saranno attinenti alle funzioni più tipiche della partecipazione civile: l'assistenza è la prima aerea di interesse (ne fa parte il 48% dei progetti), mentre compare in percentuali molto piccole (4%) il settore protezione civile. Seguono comparti più insoliti per il servizio civile come l'educazione e la promozione culturale (31%), il patrimonio artistico e culturale (10%), l'ambiente (5%). Secondo la descrizione sul sito nazionale il servizio civile include infatti qualunque attività non solo di «difesa della patria» ma che possa qualificarsi come «impegno per il bene di tutti e di ciascuno e quindi come valore di coesione sociale». Dieci le Regioni coinvolte nei bandi in via di pubblicazione. Meglio di tutti ha fatto la Campania, con 298 progetti approvati per 2mila volontari. Al secondo posto la Sicilia (215 progetti per 1185 giovani) e al terzo la Puglia (122 progetti per 554 giovani), quasi a pari merito con il Lazio (120 iniziative rivolte a 504 ragazzi). A seguire il Piemonte (90), l'Umbria (76), la Basilicata e l'Abruzzo (con 50 e 49 progetti), e il Friuli Venezia Giulia (14). All'appello mancherebbe il Molise, i cui progetti sono in fase di esame. Al termine, sottolinea il comunicato che dà notizia dei bandi, «verrà emanato un ulteriore bando destinato ad attivare oltre trecento posti di volontario in servizio civile nazionale, fino al raggiungimento di 5.790 posti». Quanto ai fondi, la parte impiegata per i progetti di servizio civile regionale è di «29,5 milioni di euro, pari al 74,17% del totale», come dichiarato dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Tre quarti del totale dunque: in questo il primato spetta alla Campania, che «ha impiegato 15 milioni», sottolinea Borrelli. Un numero che però va riferito non alla dotazione complessiva di Garanzia giovani da 1,5 miliardi di euro stanziata per la quasi totalità dalle Ue (con un contributo dall'Italia), bensì alla quota destinata al solo servizio civile pari a circa 40 milioni. «La percentuale restante sarà utilizzata anch’essa in tempi rapidi» ha specificato Poletti: «il dipartimento è impegnato per consentirlo già nei primi mesi del 2015».Possono partecipare, dopo essersi registrati a Garanzia Giovani, tutti i cittadini italiani tra i 18 e i 28 anni (inclusi gli stranieri residenti, come stabilito dalle recenti sentenze in materia). Ai selezionati andrà anche il riconoscimento delle competenze: «È stato avviato il sistema per la loro certificazione» ha assicurato il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba «per permettere ai giovani di potersi spendere nel mondo del lavoro». L'esperienza «comporterà un accrescimento motivazionale e valoriale del giovane, che è l’obiettivo di tutto il programma» ha aggiunto.Ilaria Mariotti 

Garanzia Giovani, già 800 risposte al monitoraggio: ma c'è bisogno di più partner e di passaparola!

Come sta andando la Garanzia Giovani? Da tre settimane è attivo il monitoraggio promosso dalla Repubblica degli Stagisti insieme all'associazione Adapt: un questionario online, veloce e anonimo, che permette a tutti i giovani di dare un giudizio sulla GG, raccontando la propria personale esperienza. Un monitoraggio ovviamente "informale", ma che sta permettendo di raccogliere informazioni preziosissime sui tempi di attesa, sulle risposte che i ragazzi ricevono dai servizi all'impiego, e in generale sul "sentiment" generato da questa iniziativa che nelle intenzioni dovrebbe migliorare l'occupazione e l'occupabilità dei giovani italiani senza impiego, ma che rischia seriamente di trasformarsi in un boomerang se le proposte di attività "garantite" non cominceranno ad arrivare in tempi brevi e in quantità proporzionate alla domanda.Al monitoraggio RdS-Adapt hanno già partecipato ad oggi oltre 800 giovani, di cui circa 600 si sono già iscritti a Garanzia Giovani e dunque sono stati già in grado di raccontare nei dettagli i primi step che stanno effettuando per arrivare all'agognata «presa in carico» con la «proposta di politica attiva». Chi sono questi giovani? E' troppo presto per dirlo. Per ora il lavoro più importante è quello di promuovere l'esistenza del monitoraggio, intercettare gli under 30 e proporre loro di venire a raccontare attraverso questo questionario la propria esperienza. Per questo la Repubblica degli Stagisti e l'Adapt hanno lanciato da subito un appello a tutti coloro che sono interessati all'esito della Garanzia Giovani e più in generale al grande tema dell'occupazione giovanile, affinché ciascuno possa aiutare, attraverso i suoi canali e le sue reti, a arrivare al maggior numero possibile di giovani.Università, associazioni giovanili, sindacati, uffici Informagiovani, testate online e siti web… Tutti possono diventare preziosissimi partner per "passare parola" e spingere avanti il monitoraggio, permettendo di raccogliere una molteplicità di voci. Alcune realtà hanno già scelto di dare il loro sostegno attivo. Ne riportiamo i loghi qui sotto: si tratta per ora di tre organizzazioni sindacali territoriali - la Cisl Lombardia, la Cgil Marche e la Cgil Toscana; dell'ufficio Informagiovani del Comune di Venezia; delle associazioni Amesci (Associazione MEditerranea per la promozione e lo sviluppo del Servizio CIvile), Ugei (Unione Giovani Ebrei d'Italia), Rena (Rete per l'Eccellenza NAzionale) e Giovani Italiani Bruxelles. «La battaglia per l'implementazione ed il monitoraggio dei risultati del progetto Garanzia Giovani, così come altre iniziative per la promozione della "buona" occupazione per la nostra generazione, siamo convinti non possano che vedere il mondo dell'associazionismo giovanile italiano unito, compatto e battagliero» dice il presidente Ugei Simone Disegni: «a tutela di tutti quei coetanei che non intendono arrendersi all'imperativo dell'emigrazione ed aspirano invece in piena legittimità a costruire i propri progetti, di vita e professionali, in questo Paese».E infatti con un'altra associazione che ha risposto all'appello c'è anche un progetto di collaborazione concreta sul proseguio del monitoraggio: l'Amesci collaborerà infatti nelle prossime settimane con la Repubblica degli Stagisti e l'Adapt alla messa a punto di un set di domande che verranno poste a chi racconterà, attraverso il questionario, di aver iniziato un percorso di servizio civile all'interno della GG. «Il servizio civile non è solo un’esperienza di impegno e partecipazione, ma uno strumento per l’occupabilità dei giovani perché permette di maturare le cosiddette ‘soft skills’, quelle competenze trasversali divenute sempre più rilevanti per rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro, che è difficile acquisire durante i percorsi di formazione tradizionali» puntualizza il presidente Amesci Enrico Maria Borrelli: «È per questo motivo che l’Europa ha previsto il servizio civile tra le misure del piano volto al contrasto della disoccupazione dei ragazzi tra i 15 e 29 anni non impegnati in percorsi di istruzione o formazione. La specificità dello strumento richiede una particolare attenzione nei percorsi di selezione del servizio civile: per offrire davvero una ‘garanzia’ ai giovani è necessario che venga impegnato in un progetto che lo appassioni e formi allo stesso tempo».Anche da parte dei sindacati c'è comprensibilmente grande attenzione verso la Garanzia Giovani: «Un importante strumento di modernizzazione del mercato del lavoro che deve dare soprattutto opportunità concrete e servizi ai giovani, a partire da chi è più in difficoltà, per aumentarne l'occupabilità» dice Roberto Benaglia, segretario regionale della Cisl Lombardia: «È uno strumento nuovo per il nostro paese, pertanto va curata l'attuazione, non con l'obiettivo di spendere le risorse ma di creare una rete di servizi al lavoro stabili sia per i Neet che per chi termina un percorso di istruzione. Per Cisl Lombardia una azione di monitoraggio puntuale delle buone pratiche così come delle problematicità è quindi indispensabile, al fine di intervenire su Ministero e Regioni e correggere l'efficacia dello strumento».«Contribuiamo a diffondere l'indagine perché siamo da tempo impegnati a promuovere, sia al nostro interno che nel confronto con Regione Toscana, un processo di valutazione del Progetto Garanzia Giovani su cui manteniamo un giudizio critico» gli fa eco Daniele Quiriconi, responsabile mercato del lavoro della segreteria regionale Cgil Toscana: «La nostra regione è quella che prima delle altre ha iniziato il lavoro di profilazione degli iscritti al portale e i colloqui di orientamento da parte dei centri per l'impiego,  ma ad oggi non risultano particolari manifestazioni d'interesse ai fini delle assunzioni. La quasi totalità delle risorse destinate ai tirocini e al servizio civile è la dimostrazione che non ci si attendono vere e proprie opportunità di lavoro».Perplessità simili vengono espresse anche da Daniela Barbaresi, che all'interno della segreteria regionale della Cgil Marche riveste il ruolo di responsabile delle Politiche del lavoro, e da Carlo Cotichelli suo "omologo" per le Politiche giovanili: «Garanzia Giovani nella sua impostazione originaria rappresentava una reale occasione di potenziamento dei servizi pubblici per l’impiego e di riattivazione dei Neet» dicono «ma l’eccessivo carico di aspettative ha contribuito a creare, per il momento, un'ulteriore illusione per i giovani coinvolti. I tempi eccessivamente lunghi per l’attuazione del programma - ad esempio le prime misure nelle Marche sono entrate in vigore a settembre - e la pressante attenzione sulle modalità di gestione, a svantaggio di una riflessione concreta sulle risposte concrete a favore dei giovani, hanno contribuito a  sviluppare una misura di gran lunga al di sotto delle aspettative incapace di dare risposte concrete ai bisogni dei giovani». E proprio «per contrastare le numerose segnalazioni negative» giunte nelle ultime settimane alla Cgil delle Marche, «ad esempio imprese che accolgono tirocinanti con Garanzia Giovani anziché assumere personale», Barbaresi e Cotichelli hanno deciso di sostenere il monitoraggio promosso da RdS e Adapt: «Riteniamo fondamentale promuovere ogni opera di monitoraggio e valutazione che possa  dar voce ai ragazzi coinvolti».A livello universitario invece c'è stato per ora solo il sostegno delle università di Catania e di Padova e poi di Soul, il sistema che federa la maggior parte delle università del Lazio promuovendo l'incontro domanda/offerta di stage  e di lavoro. «Ciascuna università ha una mailing list molto nutrita di ex studenti laureati negli anni passati e che adesso, in una situazione di inoccupazione o disoccupazione, con grande probabilità si stanno rivolgendo a Garanzia Giovani. Gli uffici stage e placement di questi atenei ci potrebbero aiutare a intercettarli: per questo speriamo che qualcuno accolga il nostro appello e diventi nostro partner in questa iniziativa» spiega Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti: «L'appello è davvero rivolto a tutte le realtà che abbiano una rete, anche piccola, di giovani che potenzialmente potrebbero essere toccati da Garanzia Giovani. Senza dimenticare che chiunque ci può aiutare anche con gesti piccolissimi, come condividere su Facebook o su Twitter il link al questionario».«Ogni giovane partecipante inoltre può fare la sua parte» aggiunge Francesco Seghezzi, responsabile comunicazione e relazioni esterne dell'Adapt: «Basta condividere sui social network la notizia di aver partecipato al monitoraggio, postando il link al questionario: su Twitter già tanti lo stanno facendo, utilizzando il nostro hashtag #lavostragaranzia».La speranza insomma è  che la rosa dei partner si ingrandisca e che ai primi 800 si aggiungano nelle prossime settimane tanti altri partecipanti: in questo modo il monitoraggio della Garanzia Giovani risulterà davvero incisivo e potrà portare al ministero del Lavoro e alle Regioni un quadro completo di come sta andando questa iniziativa dal punto di vista dei suoi protagonisti: gli utenti.I partner:- Informagiovani Comune di Venezia- Ugei- Amesci- Rena- Giovani Bruxelles- Soul- Cisl Lombardia- Cgil Marche- Cgil Toscana

JPO Programme, 15 posti di lavoro alle Nazioni Unite: candidature fino al 12 novembre

È noto come JPO Programme, anche se la denominazione completa è un po' più lunga: The italian associate experts and junior professional officers programme. Si tratta di un programma di cooperazione multilaterale promosso dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del nostro ministero degli Esteri con il dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. Ogni anno il JPO consente a laureati italiani di età non superiore a 30 anni (33 per i laureati in medicina) di effettuare un’esperienza professionale di due anni presso organizzazioni internazionali di settore. C’è tempo fino al prossimo 12 novembre per inoltrare la propria candidatura e provare a essere uno dei partecipanti di quest’edizione. Non c’è ancora un numero fisso di candidati ammessi, ma mediamente negli ultimi anni ci si è  attestati sui 15-20, un dato in discesa rispetto a cinque-dieci anni fa, quando i posti disponibili sono arrivati anche a 45.  Un cambiamento figlio anche della crisi, come spiega alla Repubblica degli Stagisti Gherardo Casini, direttore dell'ufficio di Roma del dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite. Il JPO non è un programma di stage ma un vero e proprio lavoro: i partecipanti stipulano un contratto a tempo determinato con inquadramento corrispondente al P2 step 1 del sistema professionale delle Nazioni Unite (per i livelli dal P1 al P3 gli stipendi annuali si aggirando mediamente tra i 37mila e gli 80mila dollari. Ipotizzando un salario annuale medio di 50mila dollari per il livello P2, lo stipendio mensile si aggirerebbe mediamente intorno ai 3mila euro). Le cifre variano comunque di città in città a seconda del costo della vita: «New York e Ginevra sono le città in assoluto più care e quindi con stipendi più alti. Nella città americana la retribuzione si aggira mediamente sui 4mila dollari mensili», afferma Casini. Analizzando i requisiti in maniera più approfondita, possono candidarsi cittadini italiani nati dopo il primo gennaio 1984 (1981 per laureati in medicina) in possesso di laurea specialistica, magistrale o a ciclo unico e con una conoscenza eccellente delle lingue italiana e inglese. Possono essere richieste precedenti esperienze professionali o precise specializzazioni a seconda però delle esigenze specifiche dell’ente ospitante. Le candidature devono essere inviate esclusivamente online entro la data indicata attraverso il portale delle Nazioni Unite. Non è più possibile spedire la modulistica per posta, come avveniva fino all'anno scorso. La documentazione comprende application form compilato e firmato, copia del certificato di laurea e lettera motivazionale in inglese. Fondamentale è che l’allegato non pesi complessivamente più di 2,5 mb.La valutazione delle candidature avverrà in due step: in una prima fase sarà il Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (Un\Desa) a effettuare una scrematura delle domande, tenendo conto di titoli, conoscenze linguistiche ed eventuali esperienze lavorative precedenti. I candidati preselezionati saranno poi convocati a Roma tra giugno e luglio del prossimo anno per un colloquio di selezione finali con i rappresentanti delle varie organizzazioni internazionali. Chi avrà superato il colloquio sarà avvisato via email dall’ufficio Un\Desa. Prima della partenza i candidati selezionati dovranno poi effettuare un corso preparatorio intensivo di due settimane a Torino.Negli anni precedenti sono pervenute in media 3mila candidature. Per la scorsa edizione circa un terzo di esse sono arrivate da laureati del settore scienze politiche e relazioni internazionali, ma non sono mancate candidature da parte di dottori in giurisprudenza ed economia. «Le posizioni disponibili presso le organizzazioni internazionali riguardano numerosi ambiti, per cui non è escluso che vengano richieste figure professionali in possesso di altri titoli di laurea rispetto a quelli più gettonati, ad esempio medicina o agraria», chiarisce Casini. Cosa succede dopo? Statistiche alla mano, oltre il 70% dei partecipanti alle passate edizioni ha trovato lavoro nel mondo della cooperazione internazionale, dall'Onu fino alle ong: dei 37 partecipanti del 2006, ad esempio, il 78% lavora oggi nel settore, nel 2005 la percentuale è stata invece del 74%. Il diretto dell'ufficio di Roma commenta così dati: «Nonostante le posizioni disponibili nell'ambito del programma tendano a diminuire e, successivamente, sia sempre più difficile trovare un posto a tempo indeterminato anche nelle organizzazioni internazionali, il fatto che buona parte degli ex partecipanti sia attualmente occupato nel proprio settore di interesse è un dato sicuramente positivo, che testimonia come il JPO sia un'esperienza di tutto rispetto per l'ingresso nel mondo del lavoro».   Chiara Del Priore

Parasubordinati e partite Iva, l'Inps fotografa i nuovi poveri

Che quella sull'articolo 18 sia una battaglia politica slegata dai problemi reali del paese lo dimostrano i dati su collaboratori e professionisti italiani appena pubblicati dall'Inps. Per loro «un altro anno orribile: aumenta la disoccupazione, stagna il reddito» recita il report curato per l'occasione dall'Associazione 20 maggio e presentato l'altroieri. Uno studio secondo cui un parasubordinato ha portato a casa una media di 10mila euro lordi nel 2013, qualche decina di euro in più rispetto all'anno precedente (9950 nel 2012). Questo se si considera il guadagno dei collaboratori esterni delle aziende, declinati in tutte le possibili sfaccettature: collaboratori di giornali, venditori porta a porta, dottori di ricerca e così via, inquadrati ad esempio con contratti a progetto, cococo, assegnisti. In realtà nel calderone dei parasubordinati finiscono anche amministratori e sindaci di società, che percepiscono mediamente 30mila euro annuali. Con loro si sale a una media di 19.500 euro, ma si tratta di valori «falsati», precisa Patrizio De Nicola, docente della Sapienza responsabile dell'indagine. Le storture sono anche altre, «esempio tangibile di come viene poco considerato e maltrattato il lavoro intellettuale in Italia, salvo poi organizzare convegni per lamentarsi della fuga dei cervelli». C'è innanzitutto lo scarto salariale uomo donna, sempre duro a morire: le quarantenni sono quelle con il gap maggiore, con meno 11mila euro rispetto ai colleghi uomini, le cui buste paga si aggirano sui 25mila euro annuali. Tra due trentenni le distanze si accorciano: a lei vanno 10mila, a lui 15, e via a salire con l'età. Uno dei paradossi è poi quello dei medici specializzandi, la cui borsa mensile nelle scuole di formazione professionale ammonta a 18mila euro, cifra più alta di quello che presumibilmente andranno a guadagnare una volta inseriti nel mercato del lavoro, quando «verranno loro offerti contratti di collaborazione molto più svantaggiosi in quanto assolutamente deregolati» osserva De Nicola. Sul fronte dei compensi, «il libero mercato non funziona». E lo testimoniano le statistiche regionali, dove le forti differenze confermano «l'esistenza di marcate discriminazioni dovute all'assenza di una regolazione collettiva»: prime, con 24mila annuali di media, si attestano Lombardia e  Veneto. Seguono Emilia e Piemonte, con 22mila. Il Lazio è una delle regioni con le percentuali più basse, con 15mila euro di reddito (l'ultima è la Calabria, con 9mila). Quasi diecimila euro in meno rispetto alle «ricche» regioni del Nord per il Lazio che è anche seconda classificata per numero di subordinati, qui in 167mila contro i 277mila della Lombardia, su un totale di circa 1,2 milioni.L'altro aspetto cruciale è il crollo delle collaborazioni a progetto, scese di 166mila rispetto al 2012 (-11,7%), «effetto della riforma FoRnero, che ha imposto l'introduzione di minimi tabellari anche per i dipendenti». Con l'obiettivo di renderli meno vantaggiosi rispetto al lavoro dipendente. Sarebbe bastato, insistono nel report, «un periodo anche di breve gradualità nell'applicazione della riforma, dando modo alla contrattazione collettiva di affrontare questo tema». Il calo qui ha riguardato soprattutto gli under 29, ridotti del 43% rispetto al 2007. Altro mito da sfatare è che la precarietà lavorativa sia un fenomeno giovanile: del milione e duecentomila che compongono questo gruppo di contratti atipici, 607mila hanno tra i 30 e i 49 anni, il 48% del totale, mentre il 33% ha superato i 50 anni. Segnale chiaro di come il lavoro instabile sia ormai prerogativa di adulti e famiglie. Per questo le donne – superati i trent'anni – abbandonano e scelgono l'accudimento dei figli: «sono prevalentemente nella fascia under 39 e scompaiono dopo, complici le minori protezioni sociali e contrattuali» è sottolineato nel report. C'è poi il capitolo professionisti, ovvero l'esercito di partite Iva. Vere o finte che siano, negli anni di crisi, dal 2007 al 2012, sono aumentate le registrazioni, crescendo da 220 a 290mila, un salto tutto concentrato peraltro sopra i 70 anni (+75%). L'osservazione degli analisti è che potrebbe trattarsi di una conseguenza «dell'aumento degli oneri sul lavoro a progetto e la maggiore convenienza per i datori di lavoro di impiegare professionisti autonomi». Ma non è da escludere neanche l'effetto delle nuove aliquote del regime dei minimi, con Irpef agevolatissimo al 5% per i redditi sotto il tetto dei 30mila, vera spinta – per molti – ad aprirsi una posizione Iva. Per questo gruppo il reddito medio è un po' un'incognita. Secondo l'Inps si sarebbe ridotto del 23% rispetto al 2012, scendendo da 18 a 15mila. Potrebbe darsi tuttavia che  «l'evidenza sia inficiata dalla provvisorietà dei dati» dell'istituto pensionistico (le dichiarazioni arrivano infatti a più riprese). Secondo l'Associazione venti maggio, sarebbe invece più generoso, attestandosi intorno ai 18mila euro, in lieve aumento sul passato. Fatto sta che neppure a questo stadio si compenserebbero gli aumenti delle aliquote contributive: quella Inps è un salasso del 27% sul reddito. Risultato: a parità di salario, per esempio mille euro, a un dipendente restano 900 euro, a un professionista 500. Ma tartassare professionisti e collaboratori è ormai prassi e spiragli di miglioramento non ce ne sono: «Non illudiamoci, si può fare poco o niente, gli spazi di manovra sono limitati» ha dichiarato Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera alla presentazione dell'indagine. Per questa fetta di lavoratori, che da soli producono 24 miliardi di Pil e versano contributi per 7 miliardi, la pensione potrebbe restare un miraggio, così come maggiori tutele e aumenti reddituali. Quel che è certo nel frattempo è che, secondo De Nicola, il governo non sta andando nella giusta direzione. Non basta agire sul costo del lavoro: le assunzioni diventeranno più appetibili «solo aumentando gradualmente i compensi» per chi è ai margini del mercato. La strada sarà quella segnata finché il costo di un dipendente continuerà a essere più alto: 23mila il salario medio del settore privato, contro i 10mila del contratto a progetto. Quale datore di lavoro sceglierebbe il primo? Ilaria Mariotti 

Duecento stage per eurotraduttori a Bruxelles, rimborso di 1220 euro al mese

Ci sono gli Schuman, i più famosi, suddivisi tra opzione generale e giornalismo. E poi anche gli stage per traduttori. I tirocini al Parlamento europeo rivolti a chi di professione vorrebbe dedicarsi alle lingue hanno aperto le selezioni lo scorso 15 settembre e chiuderanno il prossimo 15 novembre a mezzanotte. L'importo della borsa mensile è di 1220 euro; per la tassazione le regole variano da Paese a Paese - a seconda cioè che il fisco nazionale preveda di applicare un tributo su questa tipologia di reddito. In Italia dipende ad esempio dal fatto che si percepiscano in contemporanea altre entrate (sotto i 3mila euro annuali scatta l'esenzione). È previsto anche un rimborso spese per i viaggi, sia di andata che di ritorno, sempre che la distanza sia maggiore di 50 chilometri. Anche per le missioni speciali sono riconosciuti emolumenti extra: la base del tirocinio è infatti Bruxelles, nonostante – come confermano dall'ufficio stampa – si possa essere assegnati anche a Lussemburgo («ci va circa il 10% degli stagisti»), o talvolta Strasburgo. Quel che è certo è che capita di essere inviati in missione presso altre sedi: in questo caso l'istituzione versa 180 euro di diaria per la prima giornata, e per i giorni a seguire budget minori di circa 90 euro (qui i dettagli). Il processo di selezione è aperto pressoché tutto l'anno visto che le tornate sono ben quattro. Tuttavia farsi largo tra le migliaia di domande è piuttosto faticoso considerando che ne arrivano circa 6mila l'anno (e la quota è in salita) e i posti sono meno di duecento (177 in totale nel 2012). Per chi si aggiudica il tirocinio la partenza è fissata per il primo aprile 2015. Gli stage hanno durata trimestrale ma – è specificato sul sito - «possono essere prorogati, a titolo eccezionale, per una durata massima di tre mesi».La partecipazione è consentita a tutti i titolari di un qualsiasi diploma universitario, sia triennale che specialistico (per inciso va detto che esiste questa opportunità anche per chi sta ancora studiando: si tratta di tirocini curriculari, che in tal caso l'Europarlamento rimborsa con 300 euro mensili). Non ci sono indicazioni particolari per quanto riguarda le materie di studio, perché - è evidente - per uno stage da traduttori l'essenziale sono le lingue: si accetta solo chi abbia una perfetta conoscenza di una delle lingue ufficiali dell'Unione o di quella di uno dei Paesi candidati e una conoscenza approfondita di altre due lingue ufficiali Ue. I paletti sono però anche altri: il regolamento stabilisce che è necessaria «la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea o di un paese candidato e non aver usufruito di un tirocinio o di un impiego retribuito di più di quattro settimane consecutive a carico del bilancio dell'Unione europea». La domanda va spedita online qui (ed è consigliato, suggeriscono i responsabili sul sito,  organizzarsi per tempo «dato che un gran numero di domande potrebbe sovraccaricare il sistema»). Il formulario è da compilare in inglese o in francese, le stesse lingue in cui dovrà essere redatta la lettera motivazionale (non più di 2mila caratteri).  A quel punto «l'unità Formazione e tirocini esamina la ricevibilità delle candidature, in base alle condizioni generali di ammissione» e «trasmette tutti i dati pertinenti riguardanti le singole candidature ai servizi di assegnazione della Direzione generale della traduzione, tenendo conto della lingua madre del candidato» chiarisce la normativa. Per essere selezionati contano aspetti come le «qualifiche e le attitudini dei candidati» (è obbligatorio allegare un modulo speciale sul proprio excursus accademico), ma anche «le esigenze specifiche correlate alle attività della Direzione generale della traduzione e alle rispettive capacità di accoglienza». Entra in gioco poi il criterio geografico («i servizi di assegnazione prendono in considerazione una ripartizione geografica dell'origine dei candidati quanto più equilibrata possibile») e quello di genere per garantire «l'equilibrio fra uomini e donne». I servizi di assegnazione comunicano quindi all'unità Formazione e tirocini le scelte effettuate, classificate in ordine di priorità. Completata la selezione, si informa il Comitato dell'esito finale, che verrà a sua volta comunicato ai candidati per email. Inutile quindi controllare tra i contenuti sul sito. La risposta arriva solo nella propria casella di posta elettronica, a qualche mese dall'invio della candidatura: in questo caso entro la fine del 2014. Ilaria Mariotti 

Giovani e start up, l'ostacolo più grande è la pubblica amministrazione

Pietro Gabriele è il creatore di Fonderie Digitali, laboratorio multidisciplinare tra i primi a disegnare prototipi da stampare in 3D. Federico De Simone ha fondato Makoo, un software che trasforma messaggi vocali in modelli tridimensionali per produrre gioielli. Carlo Mastroianni è invece un ingegnere alla guida di Eco4Cloud, una società di high tech che offre servizi per l'efficienza dei sistemi informatici delle imprese. Sono solo alcuni degli 'Innovation Champions' invitati al convegno organizzato qualche giorno fa dal Consiglio Nazionale delle Ricerche 'Innovating Innovation', interessato – come spiega la locandina - «a investigare sui meccanismi, metodi, buone pratiche dell'innovazione in modo trasversale, senza trascurare l'aspetto problematico, le difficoltà, i fattori frenanti». Più un covo di cervelloni che un meeting per la stampa in verità, ma utile a squarciare un velo su quel fermento imprenditoriale italiano che – nonostante le apparenze – esiste. Lo testimoniano questi cosiddetti 'Campioni dell'innovazione', ovvero «aziende, in particolare pmi, che si caratterizzano per essere in grado di innovare adottando soluzioni vincenti» spiegano i fautori dell'iniziativa. Al loro fianco ci sono gli 'Innovation Angels', organizzazioni che si occupano di finanziare gli innovatori, magari sfruttando le occasioni offerte dai bandi europei. Michele Missikof è uno di loro e fa parte del cosiddetto progetto Bivee (Business Innovation in Virtual Enterprise Environments), un progetto di ricerca europeo che sviluppa una piattaforma per gestire il processo di innovazione e di cooperazione tra piccole e medie imprese. Paolo Merialdo è invece un ingegnere di InnovAction Lab, associazione no profit nata nel 2011 che periodicamente seleziona e riunisce centinaia di giovani italiani interessati al mondo delle start up attraverso seminari e summer school. Da cui talvolta arriva anche qualche finanziamento, grazie alla partecipazione di investitori qualificati. Una due giorni, quella romana, che in sostanza contraddice la convinzione comune per cui l'imprenditoria italiana sarebbe dormiente. 'Innovating Innovation' ha dimostrato che invece nel Paese circolano idee, ci sono giovani che si rimboccano le maniche e lanciano progetti futuristici o avanguardie di vario genere. Il genio italico non sembrerebbe insomma del tutto perduto. Certo, le criticità sono tante e diversificate. E a parlarne, in occasione della convention per gli addetti ai lavori, sono stati gli 'Innovation Promoters', ovvero chi «agevola l'innovazione, con interventi di tipo normativo, finanziario, infrastrutturale». «Dobbiamo fare sistema» dice ad esempio Fulvio D'Alvia, in rappresentanza di Confindustria e RetImpresa. «Abbiamo tante eccellenze ma che non collaborano tra di loro, così si creano economie molecolari e parcellizzate». Si perde forza e le aziende finiscono per «avere difficoltà ad andare oltre l'anno di vita, o anche solo a elaborare business plan articolati». A intervenire sulla necessità di fare rete è stato anche Stephen Trueman, direttore di Sapienza Innovazione, network che «promuove il dialogo tra università, centri di ricerca, associazioni di categoria, consorzi di imprese e imprenditori,  nel supportare l'integrazione e la commercializzazione delle invenzioni e delle conoscenze scientifiche ad alto potenziale innovativo e commerciale» come spiegato sul sito. Anche perché in Italia, sottolinea Trueman, «il 90% delle imprese è di piccole o medie dimensioni e gli impiegati di questa tipologia di aziende sono l'80% del totale». «In questo modo eviteremmo di lavorare tutti sulle stesse cose, sugli stessi bandi», gli fa eco Lino Fiorentino, di Consorzio Roma Ricerche. Ma i fattori che ostacolano e rallentano l'innovazione (in gergo gli 'Innovation Blockers') sono anche altri. E ben più sostanziali, come gli investimenti («per essere nella media internazionale a noi mancano 20 miliardi» rilancia Franco Patini di Aica, associazione per l'informatica). Il decreto Sblocca Italia, denuncia Patini, è «avvilente: si parla ancora di banda larga, di grandi progetti come il Mose, ma non c'è nulla per l'innovazione digitale». Il più duro è Roberto Magnifico, direttore di Luiss Enlab, l'incubatore per start up della Luiss. Per capire fino a che punto siamo indietro, come «l'Italia sia seduta» e la stessa istruzione sia tra i settori più statici basta pensare che «al Cnr si usa ancora Windows Xp: è pazzesco». La Pubblica Amministrazione crea solo blocchi, «legifera per alzare barriere», mentre l'imprenditoria italiana è diventata «smidollata», protetta dentro gli stessi recinti di sempre. Una scossa è quello che ci vorrebbe, ed è ciò che chiedono i relatori a incontri come questi. Dove si uniscono energie e l'Italia non sembra più un Paese fermo.  Ilaria Mariotti