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Al via il bando 2015 del Servizio civile: porte aperte a 30mila giovani, anche stranieri

Che il governo stia puntando sul Servizio civile - la volontà di rilanciarlo è stata ribadita dal premier con l’annuncio del Servizio civile universale da 100mila posti all’anno - è evidente anche per il numero di posti offerti nell'edizione di quest'anno, in scadenza il prossimo 16 aprile: 29.972 (il picco era stato raggiunto e mai eguagliato nel 2006 con 57mila posizioni, poi ridotte anno dopo anno). Un numero quasi da record, considerando che nel 2014 i volontari sono stati 15mila, senza dimenticare che nel 2012, come la Repubblica degli Stagisti aveva denunciato per prima, il bando nazionale ordinario era perfino saltato (erano partiti solo quelli bandi speciali). Soddisfazione arriva anche dal presidente del Forum nazionale servizio civile, Enrico Maria Borrelli: «Dopo anni di difficoltà vediamo finalmente ripartire il servizio civile grazie all’impegno del governo, all’attenzione del parlamento e all’azione propositiva del dipartimento della Gioventù». «Sono numeri» continua Borrelli, «che ci fanno credere nel progetto di riforma annunciato dal premier Renzi e che incoraggiano noi enti a investire maggiori risorse per garantire ai giovani un’esperienza di qualità per la loro crescita e formazione». Tuttavia le previsioni di qualche mese fa, secondo i dati del Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale, si attestavano su cifre ben più alte: le attese erano per circa 46mila partenze. Una soglia che sembra irraggiungibile anche conteggiando insieme i posti offerti con i bandi speciali, ad esempio quelli per i Corpi civili di pace, inedito di quest’anno in dirittura d'arrivo. I fondi attuali, secondo la premessa indicata nei bandi, ammontano a circa 200 milioni di euro. Quelli di partenza erano 132, si chiarisce, via via accresciuti grazie alle risorse recuperate dall’esecutivo. Di qui la possibilità di incrementare i contingenti. C'è però un altro nodo che Borrelli solleva e che riguarda «la percentuale di fondi realmente utilizzati dalle regioni: gli 11.179 volontari attivati con i progetti degli enti regionali corrispondono solo al 69% delle risorse del Fondo Nazionale Servizio Civile destinate alle regioni» denuncia, e «se le regioni cui sono stati assegnati più fondi di quelli di cui hanno avuto bisogno per finanziare i propri progetti non le renderanno disponibili attraverso una rassegnazione al dipartimento della Gioventù e del SCN nel 2015 ci saranno 4.872 giovani italiani che non potranno fare servizio civile». Un problema amministrativo da risolvere al più presto, e di cui «le regioni dovranno rispondere», rilancia Borrelli. Quanto ai dettagli più tecnici del Servizio civile, le condizioni restano le stesse rispetto al passato. La durata del servizio è di dodici mesi, e l’assegno mensile di 433,80 euro. La domanda va presentata agli enti di competenza, e non alle singole regioni, «rivolgendosi al sito web». I progetti del bando ordinario, specificano ancora le faq, «consistono in attività inerenti i settori assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all'estero». Vale la pena anche citare alcuni dei bandi più corposi: tra loro quello Amesci, che «metterà in campo 59 progetti in 13 regioni italiane: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria» spiega il sito, rivolti a 656 volontari. Un numero simile a quello dei posti messi a bando dall'Anci (l'associazione dei Comuni italiani) della Lombardia, che hanno predisposto 636 posti suddivisi in 57 progetti.E ancora: l'associazione Mosaico in Lombardia ospiterà 220 volontari e il Cesv (Centro servizi per il volontariato) in Lazio 122. In Veneto 106 percorsi di servizio civile verranno gestiti dall'Associazione comuni della marca trevigiana e altri 86 dal Comune di Venezia, così come i, Toscana 63 dal Comune di Firenze, in Liguria 48 dal Comune di Genova, e in Piemonte ben 204 dal Comune e 133 dalla Provincia di Torino. Tra gli altri enti figurano Adoc, associazione per la difesa dei diritti del consumatore, che realizzerà 11 progetti per un totale di 60 volontari: il Consorzio Parsifal, che in Lazio aprirà 98 opportunità di servizio civile; il Coordinamento associazioni di volontariato della Provincia di L'Aquila, in Abruzzo, con 59 posti. Molto attiva anche la Caritas: solo a Roma i progetti sono sette, per un totale di 31 posti. In Sicilia spiccano i 57 posti dell'Asl di Messina e i 48 dell'Istituto Figlie della misericordia e della Croce; in Friuli Venezia Giulia i 34 della AAS 1 Triestina; in Puglia i 54 della Provincia di Foggia e i  30 dell'Anci Puglia.Una novità rilevante dei nuovi bandi è che i figli di immigrati, non ancora titolari di cittadinanza, potranno fare domanda per i posti offerti, al pari dei restanti giovani italiani. Un traguardo non scontato, per cui sono stati necessari anni di battaglie in tribunale: nel 2013 una sentenza del Tribunale di Milano aveva dichiarato «discriminatoria» la clausola che consentiva ai soli cittadini italiani di partecipare al bando, dando ragione a quattro candidati stranieri che avevano fatto ricorso. Un precedente che ha fatto storia, e che ha definitivamente chiuso l’epoca del servizio civile nazionale destinato solo ai ragazzi italiani.Nei bandi appena usciti si legge infatti che saranno ammessi i candidati tra i 18 e i 28 anni di età «in possesso dei seguenti requisiti: cittadini dell’Unione europea; familiari dei cittadini dell’Unione europea non aventi la cittadinanza di uno Stato  membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente; titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; titolari di permesso di soggiorno per asilo; titolari di permesso per protezione sussidiaria», oltre alla richiesta di assenza di precedenti giudiziari. Un successo soprattutto per chi da anni si batte per l’integrazione delle seconde generazioni. Khalid Chaouki, deputato Pd coordinatore intergruppo immigrazione, parla alla Repubblica degli Stagisti di «un passo in avanti concreto nell’inclusione delle seconde generazioni», e di «una vittoria soprattutto per i figli degli immigrati, ragazze e ragazzi cresciuti in Italia, italiani di fatto ma, purtroppo, in molti casi ancora stranieri a causa di una legge sulla cittadinanza ormai superata». Una scelta politica che secondo Chaouki permetterà a «migliaia di giovani di testimoniare la propria voglia di partecipare alla vita civile di questo Paese»; lungimirante perché «una cultura della convivenza e dell’inclusione si costruisce e si fortifica anche aprendo a tutti l’opportunità di impegnarsi in progetti di volontariato, la migliore prevenzione a fenomeni di emarginazione». Ilaria Mariotti 

Stage nelle istituzioni europee, i bandi di Osce e Bei con ottimi rimborsi

In primavera scadono molti bandi interessanti per chi sogna una carriera internazionale. Questa volta la Repubblica degli Stagisti si focalizza sulle opportunità offerte dall'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza in Europa, e dalla Bei, la Banca europea degli investimenti. In entrambi i casi naturalmente è previsto un significativo rimborso spese per i giovani, in modo tale da permettere loro di non pesare sulle famiglie d'origine.  Programma di tirocini Osce  Laurea in Scienze politiche, Diritto o Relazioni internazionali, meno di 26 anni e forte interesse per i temi della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa, ottima conoscenza dell’inglese e buone capacità di ricerca e scrittura. Queste sono le caratteristiche dei 225 stagisti che dal 1995 a oggi hanno partecipato al programma di tirocinio dell’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Come organizzazione strutturata, l’Osce nasce venti anni fa, ma la prima conferenza sulla pace e sulla sicurezza in Europa si era tenuta già nel 1973 ad Helsinki, in piena guerra fredda, per favorire il dialogo tra Est e Ovest. Attualmente uno dei compiti dell’organizzazione è l’istituzione di osservatori elettorali indipendenti per il monitoraggio delle elezioni nei paesi che stanno costruendo il loro assetto democratico. Dal 1995, hanno partecipato al programma 19 italiani, insieme a ragazzi provenienti da tutto il mondo. Al primo posto per le presenze gli americani( 34), al secondo i francesi (28); soprattutto negli ultimi anni è aumentata la presenza di russi (20 in tutti) e in generale di giovani provenienti da ex repubbliche sovietiche.Il tirocinio al Segretariato Internazionale dell’Osce, nelle sedi di Vienna o Copenaghen, dura sei mesi. L'alloggio è fornito gratuitamente e tutti gli stagisti, che ricevono inoltre un rimborso di 564 euro al mese, sufficienti a sostenere il costo della vita in quel periodo. Bisogna fare domanda entro il primo maggio per iniziare lo stage in autunno, mentre entro il primo ottobre ci si può candidare per la primavera successiva. Per completare l’application è necessario inviare via mail il format precompilato, che contiene una trentina di punti. In due pagine e utilizzando l'inglese, si tratta specificare il livello delle lingue conosciute, ulteriori specializzazioni o titoli conseguiti dopo la laurea, altre esperienze di stage e soprattutto di rispondere a domande sulle ragioni che spingono a presentare la propria candidatura. Oltre al format precompilato, vanno spedite via mail a dana [chiocciola] oscepa.dk una breve lettera di presentazione, un curriculum vitae, due lettere di raccomandazione e una fotografia recente. Nella pagina web dedicata sono spiegati in dettaglio i compiti e le mansioni affidati agli stagisti. Spiega alla Repubblica degli Stagisti Nat Perry, statunitense, direttore editoriale dello staff permanente dell’Osce a Copenaghen: «Fin dall'inizio del programma rimborsiamo i nostri stagisti per permettergli di affrontare i costi della vita a Vienna e Copenaghen. Loro ci aiutano molto nel nostro lavoro. Il numero varia in base alle sessioni e alle nostre necessità: in generale si candidano molti giovani altamente qualificati provenienti da tutta l'area dell'Osce». In generale comunque sono una decina gli stagisti ospitati ogni anno dall'Osce, il che significa 5 posizioni aperte per ciascuna delle due tornate.Seguendo le attività del Segretariato internazionale, gli stagisti acquisiscono esperienza pratica nel campo degli affari internazionali e l'Assemblea, a sua volta, beneficia di una maggiore capacità di comunicazione e delle loro attività di ricerca. Per quanto riguarda la presenza delle nazionalità non ci sono "quote" da rispettare, ma precisa Perry: «ci sforziamo di assicurarci che le 6 lingue ufficiali dell'Osce e cioè inglese, francese, tedesco, italiano, russo e spagnolo, siano ben rappresentate nel nostro team di ricerca». Programmi di tirocini alla Banca europea degli investimentiLa Banca europea degli Investimenti offre invece due diverse opportunità: si sono aperte il 9 e si chiudono giusto domani, il 20 marzo, le candidature per il tirocinio estivo, generalmente per la sede di Lussemburgo. «Ma ci è capitato di avere anche uno stagista qui a Roma» aggiugono dall'ufficio stampa italiano. La Bei è l'istituzione finanziaria dell'Unione europea e ha il compito di contribuire all'integrazione, allo sviluppo equilibrato e alla coesione economica e sociale degli Stati membri. Per farlo si occupa di favorire lo sviluppo regionale, le reti trans-europee di trasporto, delle telecomunicazioni e del settore dell'energia, di ricerca e l'innovazione, di protezione dell'ambiente, di salute e istruzione.La maggior parte dei tirocini di questo tipo si svolge presso la sede dell'istituzione, che si trova in Lussemburgo. Si tratta di una ventina di posti riservati  agli studenti che vogliono lavorare durante l'estate. Lo stage estivo si svolge tra giugno e settembre e dura da due a quattro settimane al massimo. È previsto un piccolo compenso, ma l'ufficio stampa italiano non vuole precisarne l'entità: «Crediamo che il contributo dei nostri stagisti vada ricompensato, anche se solo per sostenere il costo della vita nella città di destinazione. Possiamo dire che varia in base alla sede e se ci sono accordi con le università». I giovani impegnati durante i mesi estivi forniscono assistenza generale in attività amministrative di base.Per essere ammessi non è necessario frequentare l'università: gli aspiranti stagisti devono avere tra i 18 e 25 anni e dimostrare di essere iscritti a un percorso di formazione, anche di grado secondario. Non sono previste facilitazioni per l'alloggio. La padronanza di almeno una delle due lingue ufficiali dell'istituzione (inglese e francese) è una necessità.Gli studenti interessati devono fare domanda sul sito web della Bei. Nella pagina dedicata agli stage, una volta entrati nell'area job in alto a destra, è necessario selezionare current vacancies e poi scrivere "Summer Jobs" nella scheda  di ricerca. Non vengono prese in considerazione le domande degli studenti che hanno lavorato alla Bei negli ultimi 3 anni.  La particolarità di questo tirocinio è che le selezioni vengono effettuate tramite sorteggio. Una modalità assolutamente inusuale: «La nostra finalità è garantire un trattamento equo a tutti» spiegano dall'ufficio stampa italiano. Tutti i candidati saranno informati via mail i risultati del sorteggio prima della fine di aprile.Invece c'è un po' più di tempo, fino alla fine di marzo, per candidarsi ai tirocini "di carattere generale" della Bei, che durano fino a 5 mesi, senza possibiltà di prolungamento. Anch'essi si svolgono nella maggior parte dei casi in Lussemburgo. Gli stagisti ricevono una somma forfettaria mensile, che anche in questo non viene ben specificata, ma dall'ufficio stampa italiano della Bei assicurano: «È sicuramente più alta di quella che diamo ai ragazzi per i tirocini estivi, anche perchè in questo caso affidiamo compiti  più rilevanti agli stageurs, che acquisiscono competenze specifiche nel loro campo di studi ed hanno un contatto prolungato con l'istituzione. Rimborsiamo anche il viaggio di andata e ritorno tra il paese di origine o di residenza e la meta del tirocinio». La Repubblica degli Stagisti è in grado di precisare che le borse di studio che la Bei eroga ai suoi stagisti ammontano a circa 1600 euro al mese.Anche nel caso  dello stage di carattere generale, si fa  domanda sul sito web della Bei. Una volta entrati nell'area job in alto a destra, è necessario selezionare "current vacancies" e poi scrivere "internship" nella scheda  di ricerca e fare domanda per la posizione desiderata. I tirocinanti, una decina per sessione, vengono scelti tra i cittadini degli Stati membri della Comunità europea e in qualche caso fra cittadini di paesi terzi, cercando anche di  ottenere un'appropriata distribuzione geografica.Per partecipare è necessaria la laurea triennale. I candidati non devono avere un esperienza professionale maggiore di 12 mesi. Viene richiesta un'ottima conoscenza dell'inglese o del francese, e la conoscenza di un'altra lingua costituisce titolo preferenziale. Anche un lavoro pregresso sulle tematiche europee viene tenuto in conto dai selezionatori. Gli ambiti disciplinari sono vari: economico finanziario, pubbliche relazioni, comunicazione, scienze politiche, giurisprudenza. Ma sono ben accetti anche i laureati in matematica, statistica ed ingegneria. «Il 10% dei 2100 dipendenti della Bei è laureato in Ingegneria» precisano dall'uffcio stampa italiano: «Ci occupiamo anche di verificare la razionalità e il funziamento delle opere che finanziamo».Silvia Colangeli

Quasi 2mila tirocini all'estero con Erasmus Plus, bandi in scadenza e istruzioni per candidarsi

Continuano le opportunità per chi intende partire grazie ai progetti Erasmus Plus. La Repubblica degli Stagisti ha scandagliato i bandi attualmente attivi, per tutti i lettori che avrebbero voglia di fare uno stage all'estero potendo contare su un contributo economico.Ancora pochi giorni - l’ultima data utile per fare domanda è il prossimo 30 marzo - per provare ad aggiudicarsi uno dei sei tirocini di otto settimane per un paese a scelta tra Regno Unito, Spagna e Malta, con partenza prevista a giugno 2015. Il bando relativo al progetto «Il mio futuro è l’Europa» è rivolto a giovani residenti nella provincia di Rimini, che abbiano conseguito il diploma di istituto tecnico-professionale tra il 31 luglio 2014 e il 30 giugno 2015. Le borse sono così distribuite: tre per il Regno Unito, due per la Spagna e una per Malta. I settori di impiego spaziano dal commerciale al marketing, dagli eventi all’amministrazione d’ufficio. Le spese relative ad alloggio (prevalentemente in famiglie, con pensione completa), viaggio, assistenza logistica e assicurazione sono a carico degli organizzatori del progetto. I candidati selezionati dovranno versare un deposito cauzionale di 300 euro, che sarà rimborsato tra il 31 dicembre 2015 e il 31 gennaio 2016. La domanda di partecipazione, scaricabile dal sito Retegiovani, deve essere stampata, compilata in duplice copia e consegnata entro le 13 del 30 marzo direttamente a mano in busta chiusa agli uffici del Protocollo della Provincia di Rimini oppure spedita tramite raccomandata con ricevuta di ritorno al seguente indirizzo: Provincia di Rimini, Ufficio Protocollo, via Dario Campana 64, 47922 Rimini.Il 10 aprile è invece fissato il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione al progetto Past (acronimo che sta per Providing Active Skils for Tourism), promosso da Iscom Formazione Modena in collaborazione con Send. A 40 neodiplomati residenti in Sicilia sarà offerta la possibilità di partecipare a un tirocinio di 13 settimane nel periodo maggio – settembre.  Per i ragazzi che hanno intenzione di accrescere le loro competenze nei settori del turismo, della ristorazione, dell’organizzazione di eventi e della promozione territoriale si aprono le porte su un’esperienza che potrà portarli in Irlanda, Germania, Portogallo, Repubblica Ceca e Spagna. Le borse di studio sono infatti distribuite tra Cork (9), Berlino (5), Lisbona (6), Praga (6) e Siviglia (12). Requisiti fondamentali per essere ammessi sono: la registrazione e la compilazione del sondaggio online entro il 10 aprile, il conseguimento del diploma da non più di un anno (giugno/luglio 2014), una conoscenza della lingua del Paese ospitante pari al livello B1 e, preferibilmente, alcune esperienze pregresse. Tutte le candidature devono essere inviate in formato cartaceo mediante raccomandata A/R o posta prioritaria all’indirizzo Associazione Send, via Roma 194 – 90133, Palermo. Il plico dovrà contenere: la scheda di presentazione, una foto tessera, la fotocopia del diploma, una lettera motivazionale e due CV, uno in lingua italiana e un altro in quella del Paese scelto. A coloro che saranno selezionati sarà garantito l’alloggio presso appartamenti condivisi, famiglie ospitanti o residenze studentesche; un contributo forfettario complessivo di circa 1000 euro per le spese vitto e trasporti locali; il biglietto aereo di andata e ritorno e l’assistenza di un tutor locale.E per i ragazzi del resto d’Italia? Sempre Iscom Modena e Send propongono sempre fino al prossimo 10 aprile un bando dedicato a  39 neodiplomati residenti in tutto il Paese (Sicilia esclusa, ovviamente). Anche la versione nazionale del progetto Past prevede lo svolgimento di un periodo di 13 settimane in realtà del settore turistico tedesche, francesi, greche o irlandesi. Sono previste cinque borse di studio per Berlino, nove per Bordeaux, otto per Creta e 17 per Dublino, con partenze fissate a giugno di quest’anno e rientro a settembre. L’esperienza formativa prevede lo svolgimento di una serie di mansioni che vanno dall’aiuto chef all’addetto al ricevimento, dalla comunicazione alla gestione degli eventi. Il bando parla di copertura finanziaria per i partecipanti relativamente ad preparazione pre partenza, alloggio, viaggio andata e ritorno da e per il luogo di destinazione, contributo forfettario per vitto e trasporti locali pari a circa 1000 euro (versati in alcuni casi prima della partenza oppure in tre tranche alla partenza, dopo un mese o dopo due mesi)  e assicurazione.  Tra i requisiti fondamentali per la partecipazione: aver conseguito il diploma da non più di un anno, avere la residenza in Italia eccetto la Sicilia, essere inoccupati o disoccupati e avere un livello di conoscenza della lingua del paese di destinazione pari almeno a B1. I candidati devono effettuare la registrazione online (a questo link) e stampare, compilare e firmare il modulo allegato al bando, che dovrà essere inviato entro la data di scadenza mediante raccomandata A/R all’indirizzo dell’Iscom Formazione Modena (via Piave 125, 41121 Modena). Al modulo dovranno essere allegati cv formato euro pass, in italiano e nella lingua del paese di destinazione, fototessera e fotocopia del diploma. Il processo di selezione sarà caratterizzato da un test scritto e un colloquio nella lingua del paese ospitante più un colloquio motivazionale.Venerdì 3 aprile è l’ultima data per l’invio delle candidature per gli avvisi pubblicati dalle università di Parma e Cagliari. Nel caso dell’università di Parma sono ben 1212 le borse di mobilità stanziate per tutto il 2015. I periodi formativi possono variare dai tre ai 12 mesi e si dovranno svolgere tra il primo giugno di quest'anno e il 30 settembre 2016. L’importo delle borse di studio varia dai 230 ai 280 euro mensili a seconda delle destinazioni (l’elenco completo è presente nel bando) mentre nel caso della Svizzera si aggira intorno ai 300-350 euro. A questo contributo di mobilità, finanziato dall’Unione Europea, si aggiungerà un importo erogato dall’università di Parma e dal ministero dell’Istruzione, la cui entità precisa non è stata ancora fissata ufficialmente ma che si aggirerà presumibilmente, dice alla Repubblica degli Stagisti il responsabile dell'ufficio Erasmus di ateneo, sui 100-150 euro. Per candidarsi è necessario, tra i vari requisiti, essere iscritti per l’anno accademico 2014-2015 a un corso di studi dell’ateneo di Parma e possedere adeguate conoscenze linguistiche. La domanda va scaricata dalla sezione Internazionale del sito ufficiale dell'università di Parma e presentata in duplice copia all’Ufficio Protocollo entro la data indicata. Ammonta poi a 500 il numero di borse di mobilità per soggiorni Erasmus +, di durata variabile tra i tre e i sei mesi, finanziate dall’università di Cagliari: le 500 opportunità valgono per l'intero anno accademico 2015/2016. Possono candidarsi studenti iscritti all’ateneo sardo che non abbiano usufruito già di borse Erasmus + e con un adeguato livello di conoscenza della lingua del paese ospitante. La domanda di candidatura va compilata entro il 3 aprile per via telematica a questo link.Scade invece il 13 aprile il bando dell’università di Macerata per esperienze formative con inizio a settembre 2015 fino a tutto il 2016. Possono candidarsi studenti che si iscriveranno per il 2015-2016 a un corso di studi dell’ateneo, studenti già iscritti che però non hanno ancora conseguito la laurea, con svolgimento del tirocinio entro un anno dal conseguimento del titolo e comunque non oltre il 30 settembre 2016 o iscritti che non hanno già beneficiato di borse Erasmus. L'avviso mette a bando 68 borse di studio per stage di durata variabile da 2 a 12 mesi. Destinazioni: i 28 stati membri dell’Unione Europea, Svizzera, a patto che il tirocinio sia coordinato da un’università svizzera, Islanda, Liechtenstein, Norvegia (Paesi dello Spazio Economico Europeo – Efta / See),  ex Repubblica Iugoslava di Macedonia e Turchia. L’importo mensile delle borse varia a seconda del costo della vita dei paesi di destinazione e oscilla tra i 480 euro di paesi come Danimarca, Francia, Finlandia, ai 430 di Grecia e Spagna. La domanda online è scaricabile dal link presente nel bando entro il 13. Entro la fine della settimana successiva il modulo stampato e firmato dovrà essere consegnato presso l’ateneo.Sono infine cinque le borse – di durata minima due mesi – stanziate infine dal Conservatorio di Musica di Stato Vincenzo Bellini per studenti regolarmente iscritti a un corso di Diploma accademico di primo o secondo livello, maggiorenni e con una buona conoscenza della lingua del paese ospitante. Gli importi variano tra i 430 e i 480 euro mensili, a seconda del paese di destinazione (tutte le mete sono indicate nel bando). Il contributo sarà erogato per l’80% prima della partenza mentre la quota restante sarà corrisposta al rientro in Italia. Ultimo giorno utile per presentare domanda è il prossimo 20 aprile. La domanda, scaricabile dalla pagina dedicata all’avviso, può essere consegnata direttamente all’Ufficio di protocollo del Conservatorio o spedita tramite raccomandata all’indirizzo del Conservatorio (via Squarcialupo 45, 90133 Palermo).Chiara Del Priore

Diritto allo studio, sentenza contro l'università di Palermo: restituite le tasse agli studenti idonei

È arrivata qualche settimana fa la sentenza della prima sezione del Tar del capoluogo siciliano che ha accolto il ricorso delle associazioni studentesche, prima fra tutti l’Unione degli universitari, contro l’ateneo di Palermo colpevole di aver fatto pagare la tassa di iscrizione anche a circa 10mila studenti beneficiari o solo idonei alle borse di studio erogate dall’ente regionale per il diritto allo studio universitario (Ersu). La tassa, tra i 198 e i 220 euro, è stata richiesta in modo errato perché secondo i giudici la normativa regionale prevede chiaramente l’esonero in favore degli studenti vincitori (o idonei) della borsa di studio e l’ateneo non avrebbe alcun potere di incidere su questo punto.«È una sentenza fondamentale perché va a fissare una questione centrale del diritto allo studio: gli studenti idonei che non ricevono la borsa di studio hanno comunque diritto all’esonero delle tasse» spiega alla Repubblica degli Stagisti Gianluca Scuccimarra, 26 anni, studente di informatica presso l'università degli studi di Parma, dall’ottobre 2013 coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari e già in precedenza membro dell'ufficio di presidenza del Consiglio nazionale degli studenti universitari. «È un elemento già presente all’interno della legge ma mancando il decreto attuativo ancora non c’era una formalizzazione completa della norma. La sentenza fissa un importante principio per il diritto allo studio, ma c’è bisogno anche dell’intervento del legislatore per evitare futuri problemi su questo fronte». Certo non si può subito cantare vittoria, perché bisogna vedere se l’ateneo deciderà di fare appello: in questo caso bisognerà attendere il secondo grado di giudizio. Una volta terminato, se verrà confermata la sentenza di primo grado, l’ateneo sarà costretto a rimborsare tutti gli idonei che non hanno vista assegnata la borsa di studio. E il caso di Palermo potrebbe non essere isolato. Al momento infatti c’è una situazione simile anche all’università di Messina: «Stiamo cercando di raggiungere una soluzione con l’amministrazione» spiega Scuccimarra. «Se anche in questo caso non ci dovesse essere disponibilità, come non c’è stata a Palermo, allora probabilmente troveremo un altro modo per muoverci». Un segnale, quello dei due atenei siciliani, che il coordinatore nazionale definisce «pericoloso» perché replicabile, visto che è stato il primo passo di atenei che hanno subito tagli lineari a causa della quota premiale. Il fenomeno insomma rischia di espandersi: perciò «è fondamentale che ci sia stata da subito un’azione ricorsiva in maniera tale da bloccare anche il principio sul quale vengono chieste queste tasse universitarie ai borsisti». La vittoria ottenuta contro l’università siciliana non è la prima per l’unione degli universitari: già nel 2012 era stata avviata una causa contro la regione Piemonte, poi vinta, sui soldi destinati alle borse di studio ma mai distribuiti dalla Regione agli enti per il diritto allo studio. E l’anno scorso una vicenda simile , raccontata anche dalla Repubblica degli Stagisti, era accaduta in Campania. «In quest’ultimo caso non abbiamo fatto un ricorso amministrativo ma solo una denuncia alla Procura della Repubblica: e la Regione, per paura della minaccia di altre azioni, ha iniziato a restituire i soldi agli studenti» riassume Scuccimarra: «anche se alcuni enti per il diritto allo studio continuano a segnalarci che non tutti i fondi gli sono stati ancora trasferiti».Il coordinatore Udu definisce però questi successi anche delle «sconfitte, perché significa che la rappresentanza studentesca, che è un aspetto fondamentale della vita democratica dell’università, in questo momento o non è rispettata o non viene minimamente considerata all’interno degli atenei». Col risultato che poi si deve ricorrere al tribunale amministrativo. «Non dovrebbe essere così, ma se atenei e ministero non fanno un’operazione di garanzia su queste situazioni assurde noi non ci tiriamo indietro e procediamo con i ricorsi».  L’Udu, che è una confederazione di associazioni studentesche nata nel 1994 da un gruppo di studenti che hanno realizzato un modello associativo di stampo sindacale, si batte da sempre per garantire il diritto allo studio e permettere anche a chi è privo di mezzi di accedere alla formazione universitaria. Negli ultimi tempi è riuscita attraverso le sue segnalazioni a portare a galla il problema dei fondi delle borse di studio e a far passare, in molte università, anche delle modifiche sull’attuale regolamento tasse, riuscendo a imporre una maggiore progressività e a tenere stabili i contributi per gli studenti con reddito basso grazie a un recupero fondi su quelli con redditi più alti. Ma non si è occupata solo di tasse universitarie, perché ha fatto anche delle proposte al mondo politico. Come quelle avanzate durante lo Youniversity.Lab la giornata di ascolto e di confronto con il mondo dell’università e della ricerca organizzata dal Partito Democratico a fine febbraio. «La prima cosa è prevedere degli interventi che vadano a toccare le tre linee d’azione per noi principali: diritto allo studio, tasse universitarie e studenti lavoratori» dice Scuccimarra snocciolando i dettagli: «Lavorare sulle tasse, perché da quando l’ex ministro Profumo ci ha messo le mani non esiste un vero limite all’aumento della tassazione studentesca. Impegnarsi poi sul diritto allo studio, che è in una situazione tremenda, basti pensare che in un anno sono aumentati del 5% gli idonei non beneficiari di borse di studio su scala nazionale. E lavorare, infine, sui diritti dello studente lavoratore, perché è assurdo che questa figura sia riconosciuta in meno della metà degli atenei italiani e non ci sia nessun tipo di regola a livello nazionale sui loro diritti».Su alcune delle proposte al momento presentate da esponenti politici su determinati temi inerenti l’università, invece, Scuccimarra è piuttosto scettico: «Ci sono un paio di disegni di legge sulle tasse universitarie, qualcuno su parte del diritto allo studio, ma una proposta di riforma o di legge sull’università nel suo complesso non c’è. Anzi, in questo momento non c’è nemmeno nelle linee guida del Partito Democratico. Si è parlato di “costituente dell’università”, ma non c’è ancora mezza idea su cosa significa andare a modificarla, non c’è nessun tipo di programmaticità, gli interventi sono solo emergenziali o periodici».Per questi motivi il coordinatore nazionale Udu definisce «completamente inconcludente» il primo anno di governo Renzi sotto il profilo del settore universitario. Tanto da arrivare a dire che non «c’è stato alcun tipo di inversione di tendenza rispetto ai danni fatti nei cinque anni di Gelmini e di governo Berlusconi». E lancia una proposta: «Ripartire dalle condizioni materiali degli studenti. Abbiamo bisogno di crescere come Paese e per farlo dobbiamo consentire a sempre più studenti di andare all’università, prendere una laurea ed essere il motore dello sviluppo del Paese» conclude, «perché siamo convinti che nuovo lavoro non si crea riformando il mercato ma avendo più laureati, innovazione e ricerca».Comunque la si pensi, il monito del coordinatore nazionale dell’unione degli universitari sembra essere in linea con i dati del rapporto dell’Ocse “Education at a Glance” del 2014 che analizza i sistemi di istruzione di 34 Paesi membri e, senza giri di parole, mostra come investire nel sistema universitario non sia per nulla una priorità per l’Italia che destina al settore una spesa inferiore del 28% rispetto alla media Ocse. Tanto da aver costretto gli atenei a raddoppiare in dieci anni il finanziamento con fondi privati e a racimolare moneta direttamente dalle tasche degli studenti. Gli stessi a cui, poi, con fatica, si danno indietro tasse impropriamente riscosse o si distribuiscono borse di studio a distanza di anni. Motivi che, sommati alla difficoltà di trovare un’occupazione causa crisi economica, ci hanno portato ad essere nel 2012 il quartultimo Paese dell’Ocse e del G20 per tasso di laureati tra i 25 e i 34 anni. Numeri che sfatano il solito luogo comune che ci vorrebbe Paese di “gran dottori”, con troppi laureati che farebbero gli schizzinosi di fronte a lavori di medio e basso livello.  

Speed MI Up, nuovo bando per l'incubatore milanese di startup

Datemi punto di appoggio e solleverò il mondo, diceva Archimede. La stessa filosofia anima Speed MI Up, incubatore nato dalla collaborazione tra l'università Bocconi e la  Camera di Commercio di Milano, con il contributo del Comune di Milano. Il nuovo bando per partecipare al programma di incubazione è aperto da oggi - 9 marzo - a giovedì 16 aprile e selezionerà fino a 30 progetti di aspiranti imprenditori, anche non italiani, o startup avviate da meno di 20 mesi. Unico requisito: stabilire la sede della propria attività nel capoluogo lombardo. La leva devono fornirla loro, gli imprenditori: è l'idea originale, potenzialmente vincente. Innovativa, si dice oggi. Ma in questo caso non per forza high-tech. A sollevarla ci pensa Speed Mi Up, con un pacchetto di servizi di formazione e tutoraggio definito nel bando "ad alto valore aggiunto". «Non ci concentriamo su settori merceologici specifici. Siamo aperti a qualsiasi idea innovativa, anche di processo, non per forza solo concentrata sullo sviluppo di una tecnologia», spiega alla Repubblica degli Stagisti Fausto Pasotti, responsabile marketing dell'università Bocconi e direttore generale di Speed MI Up. Nelle esperienze che in passato hanno trovato in Speed MI Up terreno fertile per maturare c’è, ad esempio, D1 Milano. Quattro soci giovanissimi, tutti tra i 20 e i 21 anni, guidati da una passione: realizzare orologi di design e alta qualità alla portata di tutti. L’ultimissimo modello è un orologio capace di cambiare colore con la temperatura del corpo, e di guadagnarsi una pagina sulla rivista Forbes. Loro ce l’hanno fatta: sono usciti dall’incubatore e ora camminano, o piuttosto corrono, con le proprie gambe. Corrono anche le startup ancora dentro Speed MI Up: SpeedyPlan si è inventato un servizi Cloud innovativo per la gestione logistica online del trasporto merci. «La loro applicazione è stata scelta dalla Ferrari», racconta Pasotti. «Ma vanno molto bene anche esperienze come OneTray e cercaofficina.it». L'intuizione giusta è la scintilla fondamentale. Il resto si può imparare. Sul piatto c'è un percorso di due anni di incubazione, di accompagnamento, che iniziano con tre mesi di "mindshaker meeting", ovvero sessioni di formazione a cura di docenti della Bocconi, a metà tra il brainstorming e la lezione frontale, per affinare il business plan e i ferri del mestiere. Poi gli imprenditori iniziano a camminare in modo più autonomo, supportati però da un tutor che veglia sullo sviluppo dell'impresa. «Certo, prima fanno meglio è. Noi siamo qui per accelerare il processo di maturazione e aiutare i neoimprenditori ad evitare errori dovuti all'inesperienza», spiega Pasotti. La candidatura avviene online. Entro 10 giorni dalla presentazione sul sito, la domanda deve essere poi consegnata a mano o spedita al Protocollo generale della Camera di Commercio di Milano, via Pec (protocollo.ccia [chiocciola ]mi.legalmail.camcom.it) o a mezzo raccomandata a/r. Sul sito bisogna caricare il progetto di business plan insieme al curriculum dei partecipanti o soci fondatori della start-up. E, in più, un video di massimo tre minuti per convincere il Comitato di gestione che la propria idea è quella buona. In inglese lo chiamano elevator pitch: il discorso che un imprenditore farebbe ad un investitore per convincerlo a puntare su di lui, nel tempo limite di una corsa in ascensore. Perché spesso non c'è una seconda occasione per fare una buona prima impressione. Per questo, il sito di Speed MI Up offre un videocorso online di 12 ore:  «Consiglio vivamente di seguirlo» dice Pasotti: «Aiuta a formulare il business plan nei tempi stabiliti e per noi è una base importante per giudicare le idee migliori». «Innovative, in termini di prodotto, di processo produttivo, di vendita o di distribuzione. Solide, con elementi fondamentali che ne rendano plausibile un rapido sviluppo. Potenzialmente internazionali»: così il bando riassume i criteri basilari di selezione, pronti a valutare le caratteristiche del team, la fattibilità e competitività del modello di business, la scalabilità (ovvero la capacità di creare valore aggiunto in termini di internazionalizzazione e ricerca di nuovi mercati), nonché le ricadute del progetto nella capacità di creare occupazione, anche indotta. La valutazione promette di essere rapida: un mese di riflessione per il Comitato di gestione, con la possibilità di convocare per un ulteriore colloquio le prime 10 imprese in graduatoria. Esauriti i tempi tecnici, il programma di incubazione inizierà quindi a giugno. Nel pacchetto Speed MI Up vi sono servizi che vanno dalla consulenza legale, contabile e fiscale al supporto nella comunicazione e media planning, oltre a servizi ICT  come il cloud computing, la disponibilità di  connessione a internet ad alta velocità, l'accesso alle banche dati e ai servizi online della Bocconi e gli spaazi di co-working. Non mancano la consulenza sull'accesso a finanziamenti ordinari e agevolati. Un supporto che si limita all'assistenza.  Perché l'unica cosa che Speed MI Up non mette nelle nuove imprese è il denaro. Una scelta precisa, a rimarcare la mission  sociale dell'incubatore milanese: «Certo, favoriamo l'incontro con gli investitori, ma non vogliamo entrare nel capitale delle startup perché non vogliamo influenzarle direttamente. Il nostro scopo è solo aiutarle a crescere. Per questo puntiamo sulla qualità dei servizi che offriamo: è questo il nostro valore aggiunto», aggiunge Pasotti. Una filosofia che porta, anzi, a chiedere alle imprese selezionate un contributo mensile di 590 euro (erano 500 nelle passate edizioni). Più o meno quanto il costo di due postazioni di coworking a Milano. A fronte però di una serie di benefit monetizzabili: il bando dell'edizione precedente, la quarta, stimava infatti in quasi 22.500 euro il valore dei servizi offerti. Quest'ultimo bando, in particolare, aveva registrato più di 200 candidature, di cui poi ne sono state accettate 11. L'età conta fino a un certo punto: tra le venti startup finora incubate, sono solo 12 quelle con soci sotto i 35 anni. Quattro sono infine gli “Oldies but Goodies”, ovvero le imprese che hanno chiuso il loro percorso di incubazione. A contare è sempre la fame di successo: «La selezione è molto severa e, d'altra parte, anche il livello qualitativo è diventato molto più elevato. Nessuno dei partecipanti è arrivato a Speed Mi Up perché disoccupato o senza lavoro» precisa Pasotti: «È tutta gente che ha avuto un'idea e ha cercato a tutti i costi il modo per realizzarla. Quello delle startup è un mondo ribollente». Maura Bertanzon 

Cambio Paese, la web serie per raccontare gli italiani con valigia

Daniele "c'ha fretta". Londra corre. Lui con lei. Da un appuntamento di lavoro a un aperitivo con gli amici. Un saluto e via. Verso un altro cliente o verso un altro drink. Dove parlerà comunque … di lavoro. Frenesia. La underground detta il ritmo di una metropoli dove, per cogliere l'opportunità, non bisogna fermarsi mai. Daniele l’ha trovata. Lavora in radio. E' un expat, un Italian con valigia. Uno dei tanti. Solo nel 2013 sono fuggiti all'estero 94.126  italiani (con un incremento del 19,2% rispetto al 2012 e del 55% rispetto al 2011). Di questi, quasi 13 mila hanno preso un volo per la Gran Bretagna, dicono le statistiche dell'Aire, l'anagrafe italiana dei residenti all'estero, contenute nell’ultimo rapporto sugli italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. La storia di Daniele è una delle prime di Cambio Paese, web serie per raccontare in pochi minuti le difficoltà e la voglia di farcela dei molti giovani disoccupati o precari che hanno messo un sogno in valigia e se ne sono andati. L'idea è di Giovanni De Paola, foggiano, 35 anni, giornalista freelance e social media expert a Bruxelles, dove è approdato dopo un master in Diritto dell’Unione europea e studi in diritto internazionale a Bologna. Nella capitale d’Europa ha coinvolto altri giovani esperti di audiovideo. «Vogliamo raccontare le storie dei giovani italiani andati all'estero per lavorare, insieme alle difficoltà di inserimento dei giovani italiani nel mondo del lavoro», spiega alla Repubblica degli Stagisti. Il progetto ha messo insieme le energie di alcuni videomaker professionisti ma pur sempre volontari. E cerca ora i mezzi per camminare con le proprie gambe, attraverso una raccolta fondi (qui la pagina dedicata)   lanciata sulla pagina web ufficiale, su Facebook e Twitter. «Cambio Paese è un progetto no profit e l’obiettivo non è guadagnare, ma raccontare delle storie che chiedono di non essere ignorate», spiega De Paola. «Vivendo a Bruxelles e viaggiando per lavoro nelle principali capitali europee ho intercettato l'esigenza di tanti giovani  - e non - lavoratori italiani che si muovono con disinvoltura in Europa come qualche anno fa si viaggiava per cercare lavoro nella nostra Penisola. Senza arrivare troppo lontano agli italiani che migravano in America, Germania, Belgio, Svizzera. Le loro storie di "cercatori" di lavoro all'estero che provano a realizzarsi all'estero meritano di essere raccontate. E poi Cambio Paese porta già fortuna, infatti Daniele, dopo che l'abbiamo incontrato a Londra, è stato promosso in radio» (nella foto a sinstra, un frame del video). La voglia di cambiare Paese e occupazione è una sensazione a cui le statistiche danno di continuo una dimensione concreta. Il Kelly Workforce Global Index 2014, ricerca che fotografa le opinioni dei lavoratori sul tipo e luogo di lavoro, è solo una delle ultime in ordine di tempo. In 231 mila hanno risposto all'indagine, da 31 Paesi del mondo e, tra questi, 4mila italiani. Risultato: l'81% di loro sarebbe pronto a trasferirsi per un lavoro migliore, che corrisponda a desideri, aspettative e competenze. Un dato più alto della media complessiva, che comunque si attesta al 71%. «Una volta si parlava di cervelli in fuga. Persone di talento o alta specializzazione professionale. Ora a partire sono anche lavoratori che cercano un lavoro a condizioni oneste che gli permetta di realizzarsi professionalmente», riflette De Paola. Secondo il Kelly Index, infatti, tra gli italiani con la valigia pronta o quasi, il 49% preferirebbe lavorare in un Paese europeo, mentre la molla che spinge a partire non fa differenze di bandiera: conta la voglia di sviluppare nuove competenze e di svolgere un lavoro socialmente più consapevole, molto più che quella di avanzare di carriera. Anzi: secondo la ricerca, per il 58% degli italiani intervistati la possibilità di migliorarsi vale anche più di un aumento di stipendio. E le “condizioni oneste” di lavoro sono le grandi assenti nei primi video di Cambio Paese. Si ride, ma di un riso amaro, negli sketch che raccontano cliché ancora duri a scrostarsi: «Abbiamo iniziato a produrre video ironici di colloqui di lavoro in Italia, al limite tra fiction e realtà, utilizzando lo stile del 'castigat ridendo mores», spiega il giornalista. Ci sono il figlio di papà e la candidata a dir poco avvenente che ti passano davanti nel colloquio, pur non essendo all'altezza. E, sì, c'è anche la proposta dell'ennesimo stage non retribuito ma che promette una grande esperienza professionale e tanti contatti.  Ora la web serie vuole fare un passo in più, dando un volto a quei trolley che passano da un check-in all'altro, con l'idea di far scoprire le storie, dietro ai numeri: «Vogliamo trasformare gli intervistati in attori che raccontano, recitando se stessi, quello che vedono e vivono all’estero», dice de Paola. Dopo la storia di Daniele raccolta a Londra, la prossima tappa sarà Monaco di Baviera. Il crowdfunding dovrebbe permettere di toccare altre città, non solo europee: «Londra e Monaco sono state autofinanziate. Ma speriamo di arrivare a Berlino, Madrid, Parigi, Dublino e New York. Finora abbiamo raccolto 545 euro e speriamo di arrivare a 3000», precisa Giovanni. Quel che basta per coprire le spese di voli low cost e alloggi altrettanto low, come Airbnb. Per le scene di interni girate a Bruxelles, e il montaggio, ad aiutare De Paola c’è Francesco Cardarelli, cameraman e producer professionista romano: «Se qualcuno mi chiede soldi per un progetto penso sempre che 'me sta a fregà'", spiega il cameraman. "Ma è una distorsione dovuta al malcostume a cui c'ha abituato il nostro paese, alla mentalità italiana. Questo è un progetto per parlare di noi, di voi: nessuno si arricchisce, ma ci si può divertire: 'Datece na mano', basta poco, e salite a bordo che tanto già stiamo tutti sulla stessa barca». Maura Bertanzon

Emilia Romagna, Toscana e Lazio: tutti i bandi per le startup

Oltre 36 milioni di euro per le startup e le pmi fra Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Sono i fondi che le tre Regioni hanno deciso di mettere a disposizione di chi vuole lanciare o rilanciare la propria impresa e provengono soprattutto dal Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale. I settori che, in base alle scelte dei bandi, potranno beneficiare di diversi tipi di finanziamenti riguardano manifattura, commercio, servizi. La regione più “generosa” nei confronti degli startupper è l’Emilia Romagna che ha stanziato 14 milioni di euro divisi in due bandi: Startup innovative 2014 che eroga contributi fino a 100mila euro  e Ingenuim Emilia-Romagna II che può fornire fino a un milione di euro in 12 mesi. La Toscana invece ha scelto di creare un programma di bandi molto articolato ed ha istituito macro-contenitore chiamato Startup House (che a sua volta fa parte di Giovanisì) per la distribuzione delle risorse. Oltre ai 9 milioni e 400mila euro del fondo Fesf, dalla Giunta sono arrivati altri 2 milioni di euro per la ristrutturazione di ambienti e locali da mettere a disposizione delle startup.  La regione Lazio, infine, mette a diposizione due bandi per un totale di 11,5 milioni di euro: 1 milione e mezzo per il bando Fondo per le Startup Innovative (fondi regionali) e 10 milioni  nell’ambito del programma Lazio Innova, (fondi Fesr). E’ giusto ricordare che i finanziamenti Fesr sono prestiti concessi  a tasso agevolato, ma una volta erogati l’impresa dovrà restituire il credito entro il termine stabilito. Fra i bandi delle tre regioni ci sono delle differenze, per esempio l’età dei soggetti e  l’”anzianità” delle imprese che possono fare richiesta dei contributi, ma in tutti i bandi l’idea è quella di spingere le giovani imprese con particolare attenzione per quelle a quelle alto tasso di innovazione.  Repubblica degli Stagisti ha provato a fare una panoramica di tutte queste opportunità:ToscanaE’ quella che ha creato il programma più differenziato.  Quattro bandi e diversi tipi di finanziamento: microcredito o voucher a seconda del settore dell’impresa. Per le micro e le piccole imprese del settore manifatturiero sono previsti prestiti agevolati senza garanzie personali e a tasso zero per investimenti e liquidità. L'importo del finanziamento va da un minimo di 5 mila euro a un massimo di 15 mila euro per ogni singola domanda e può coprire fino al 100% delle spese sostenute. La durata del finanziamento va da 36 a 120 mesi.  Un sistema simile è previsto anche dal bando per le startup dei settori turismo, commercio, cultura e terziario. In entrambi i casi chi fa domanda non deve avere più di quaranta anni e le domande online possono essere presentate entro il 27 febbraio. Con finanziamenti in conto capitale  tramite il sistema dei voucher verranno finanziate altre due tipologie di imprese: ICT,  fotonica, chimica, fabbrica intelligente e nanotecnologia da una parte e  servizi di alloggio, di ristorazione, di informazione e comunicazione, attività artistiche dall’altra. Per queste ultime due fattispecie l'investimento massimo ammissibile, che può essere coperto fino al 100% delle spese, non può superare 36.000 euro; l'investimento minimo, in relazione alle dimensioni dell'impresa è pari a 10 mila euro per la microimpresa,  12mila e cinquecento per la piccola impresa, 20.000 per la media impresa, Consorzi, ATI/RTI e Contratti di rete. Il totale delle risorse che la Regione mette a disposizione per questi settori ammonta a 500 mila euro. Le domande possono essere presentate entro il 16 novembre 2015 da soggetti fra i 18 e i 40 anni.  «Per quanto riguarda il programma Por Fesr 2007-2013» fanno sapere dalla Giunta della Regione «a fronte di circa 660 milioni di risorse programmate, registra impegni di spesa per il 95% (pari a euro 630 mln di euro) e pagamenti per l'82,8%, (545 milioni di euro) Sono oltre 61 mila i progetti finanziati a beneficio di due mila e seicento destinatari, di cui più del 54% di genere femminile. La fascia di età da 15 a 29 anni raggiunge il 34,4% sul totale dei destinatari»Emilia Romagna Con il metodo del finanziamento in conto capitale eroga finanziamenti anche il bando Startup Innovative 2014 della regione Emilia Romagna. Per presentare la domanda a c’è tempo fino al 31 marzo 2015 ed è destinato alle imprese  costituite dopo il 1 gennaio 2011 e iscritte alla Sezione speciale in qualità di Start up innovativa nel registro delle imprese presso la Camera di Commercio.  Il bando prevede un finanziamento che copre fino al 60% delle spese sostenute (che non devono essere inferiori a 75mila euro) fino ad un massimo di 100mila euro. Le startup che alla fine del progetto prevedono un incremento di almeno tre dipendenti assunti a tempo indeterminato potrà usufruire di una maggiorazione del 10%  del contributo percepito. «Il bando Startup Innovative si ripete con cadenza annuale dal 2010» spiega Silvano Bertini, responsabile delle politiche di sviluppo della regione Emilia Romagna «e abbiamo già erogato una cifra vicina ai sette milioni a oltre cento imprese». Quelle iscritte al portale Emilia Romagna Startup, invece, sono oltre trecento. «Abbiamo creato questo strumento per facilitare l’incontro e lo sviluppo di nuove imprese. Molte delle startup iscritte hanno ricevuto finanziamenti e qui possono trovare assistenza, accedere a consulenze di primo livello come per esempio il commercialista, ma soprattutto possono conoscersi e  a volte nascono delle pertnership». Il passo successivo per le startup che operano  in settori ad alta tecnologia è Ingenium II. Il fondo investe in imprese e idee e in particolare sostiene le strategie di sviluppo e di investimento. Fra i beneficiari del fondo, in questo caso, non ci sono  lo start up, ma anche le imprese esistenti purché appartenenti al settore del manifatturiero. «Ingenium funziona da acceleratore per quelle sturtup che già sono sul mercato, ma hanno bisogno di crescere. A differenza di Startup Innovative 2014 è uno strumento più selettivo e con un’ottica profit. E’ un fondo per il 70% pubblico e per il 30% privato» precisa Bertini.  Per accedere ai finanziamenti di Ingenium bisogna compilare il Form online e chiedere una valutazione del progetto.Lazio Il bando “Fondo per prestiti partecipativi alle start up” si rivolge ad imprese nate da non più di 48 mesi nella forma di società di capitali, con esclusione di quelle a socio unico, con sede operativa nella regione Lazio.  I progetti imprenditoriali possono essere presentati compilando il bando disponibile online  fino al 17 febbraio 2015 saranno valutati da una commissione di valutazione indipendente dal punto di vista della sostenibilità economico-finanziaria dell’iniziativa, della sua innovatività e del potenziale di sviluppo.  L’agevolazione, fino a 200mila euro è concessa sotto forma di finanziamento a tasso agevolato (1%) di durata pari a 5 anni, di cui due di preammortamento. L’erogazione viene effettuata in un’unica soluzione alla firma del contratto di finanziamento; il capitale deve essere rimborsato per il 75% a partire dall’inizio del terzo anno in quote trimestrali posticipate, e per il restante 25% in un’unica soluzione alla scadenza del prestito.  Il bando Startup Innovative, invece, prevede un finanziamento a fondo perduto  e sono ammissibili i progetti imprenditoriali in linea con il più ampio programma regionale denominato Smart Specialisation Strategy (S3) che riguarda questi settori d’impresa: aereospazio, scienze della vita, patrimonio culturale e tecnologie della cultura, industrie creative digitali, agrifood, green economy e Sicurezza. Sturtup Innovative è stato lanciato a novembre 2014  ed è possibile presentare le domande fino all’ esaurimento dei fondi. «L’obiettivo è trasformare il Lazio nella Regione dell’innovazione. Grazie all’ampio programma “Startup Lazio!”, presentato all’inizio di dicembre dell’anno scorso, hanno trovato sostegno ben oltre cento startup d’impresa e di idee» dichiara  l’assessore Guido Fabiani «si tratta di energie imprenditoriali giovani, creative, innovative e, soprattutto, coraggiose: oggi sono piccole realtà che potranno dare grandi frutti, anche perché nell’ecosistema laziale ci sono tutte le condizioni affinché ciò avvenga».

Garanzia Giovani, l'assessore al lavoro della Lombardia: «Fieri dei primi risultati, ora bisogna semplificarla per le imprese»

«Siamo fierissimi dei primi risultati della Garanzia Giovani in Lombardia»: l'assessore al Lavoro della Regione Valentina Aprea vede decisamente il bicchiere mezzo pieno. Mentre sulla Garanzia Giovani piovono critiche e da più parti emerge insoddisfazione se non proprio delusione, la Aprea sceglie di andare controcorrente e di difendere pubblicamente la messa in pratica di questa iniziativa di matrice europea per sostenere l'occupazione giovanile, quantomeno nella sua regione. Evidenziando alcuni dati statistici, tra cui uno spicca sugli altri: quasi un giovane su cinque (per la precisione il 19,2%) tra coloro che hanno richiesto di fruire della GG in Lombardia è stato non solo già richiamato, incontrato e profilato, ma anche «attivato nel mercato del lavoro» secondo una delle varie misure previste dall'iniziativa. L'occasione è quella di una mattinata di dibattito promossa qualche giorno fa dalla Regione, con il titolo «La sfida per l'occupazione, parliamo di mercato del lavoro». L'assessore Aprea parte ricapitolando in cosa consista il “modello lombardo” dei servizi al lavoro: «Nel 2006 con la legge regionale 22 abbiamo innovato le politiche regionali in materia di lavoro. Da quel momento abbiamo superato il recinto del servizio pubblico inteso come unico servizio per l'impiego, e oggi abbiamo ottimi servizi». Dietro la schiena dell'assessore, alcune slide danno i numeri della situazione: in Lombardia la sussidiarietà orizzontale permette di avere 781 sportelli lavoro e 189 realtà accreditate al lavoro, di cui 129 accreditate anche alla formazione. Il fulcro del sistema lombardo di sostegno a chi cerca lavoro è rappresentato dalla Dul, la Dote Unica Lavoro (qui un recente approfondimento della Repubblica degli Stagisti). La Aprea lo definisce «un esempio di innovazione e di successo» e ricorda che al momento dell'insediamento, poco meno di due anni fa, «la giunta Maroni ha rilevato alcune – poche – criticità» nello strumento fino a quel momento in uso, la “dote lavoro”: «e siamo così passati alla Dul. Io ho personalmente voluto che venisse posto al centro il risultato e non la semplice erogazione del servizio, e il risultato è l'esito occupazionale», monitorato «almeno una volta alla settimana con tutte le agenzie». Che si trasforma anche in un risparmio per le casse pubbliche: «un investimento di successo sulle politiche attive che ha consentito di spendere di meno sulle politiche passive». Privilegiando l'attivazione dei disoccupati con servizi ad hoc anziché l'erogazione passiva di sussidi economici, insomma, la Lombardia sarebbe insomma un apripista per il Jobs Act: il che fa dire alla Aprea che «questa è la logica che ha sposato il ministro Poletti e che porterà avanti attraverso le riforme». E la Garanzia Giovani in tutto questo? «Si è innestata su questo sistema» dice la Aprea, ricordando che il sistema in Lombardia è riuscito a servire non solo i Neet: «Noi abbiamo scelto una curvatura più ampia e una attuazione letterale del principio della raccomandazione europea. Puntiamo a garantire il servizio davvero a tutti i giovani: dunque all'occupabilità universale». E lancia un appello a tutte le strutture formative del territorio: «Non solo i 700 punti di servizi al lavoro, ma anche le scuole e tutte le agenzie che hanno in carico giovani devono sentirsi impegnate nella ricerca entro 4 mesi di una opportunità occupazionale». Più di 39mila under 30 si sono già iscritti richiedendo di fruire del servizio in Lombardia: «Noi abbiamo mantenuto nella Garanzia Giovani i principi della Regione di libertà di scelta» spiega l'assessore: «Il giovane che si iscrive al nostro sistema non va direttamente a un centro per l'impiego, ma sceglie l'operatore, e con il sistema georeferenziato può scegliere quello più vicino a dove si trova in quel momento». Secondo i dati rilevati dalla regione, 17mila degli iscritti - quindi più o meno il 44% - sono stati già convocati da un operatore, quasi 15mila hanno effettuato il primo colloquio e 7.500 sono stati già attivati nel mercato del lavoro. E poiché tra chi fa richiesta di aderire al programma ve ne sono anche alcuni che non risiedono in Lombardia – il sistema della Garanzia Giovani permette infatti di iscriversi anche in un'altra regione rispetto a quella della propria residenza – «visti i potenti mezzi tecnologici oggi a nostra disposizione, abbiamo proposto al ministero di poter fare il primo colloquio via Skype» racconta la Aprea: «Sopratutto per venire incontro a quei giovani di altre Regioni, che si iscrivono alla GG di Regione Lombardia magari dalla Campania e che non hanno i soldi per il biglietto per venire qui». Una buona idea certamente: chissà se praticabile.Ma anche secondo l'assessore non è tutto rose e fiori: «Sono contenta ma non del tutto, perché il sistema è ancora troppo farraginoso: in Lombardia possiamo fare di più». Il punto più dolente sta nella scarsa partecipazione delle aziende: «Lo voglio denunciare pubblicamente: ci sono aziende che dicono “noi abbiamo bisogno di quei giovani ma non facciamo Garanzia Giovani per colpa di tutte le carte e tutto quello che dobbiamo fare per ottenere quegli incentivi”» . Eppure sul piatto ci sono ben 52 milioni di euro, solo in Lombardia, per le realtà che daranno lavoro ai giovani iscritti: «Il numero delle imprese potrebbe crescere enormemente, e potrebbe rendere sempre più trasparente il mercato del lavoro e sopratutto quello dell'occupabilità» chiude la Aprea: «Ma il modo di effettuare il matching domanda-offerta di lavoro e di richiedere l'incentivo deve diventare più veloce».

Smart&Start Italia, 200 milioni di euro per le startup innovative

Duecento milioni di euro e un servizio di tutoraggio e consulenza per lanciare le startup innovative italiane. Parte oggi, lunedì 16 febbraio, la nuova avventura di Smart&Start Italia, l’incentivo promosso dal ministero dello Sviluppo economico e gestito da Invitalia, a favore delle nuove imprese ad alto tasso di innovazione.La prima edizione, rivolta solo alle startup del mezzogiorno e del cratere aquilano, si era chiusa con oltre 1200 progetti presentati e oltre tremila persone coinvolte. Dalle ore 12 di oggi si apre la nuova edizione rivolta alle startup di tutta Italia. Come? Con lo sportello online, unica modalità per caricare le domande, complete di piani di impresa e di tutta la documentazione necessaria. «Con Smart & Start, per la prima volta in assoluto la Pubblica Amministrazione compie un’operazione totalmente paperless: la procedura di richiesta e concessione dei contributi avviene  infatti esclusivamente on line» spiega Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia. Non si tratta però di un click day: «Smart&Start Italia è una misura a sportello, il che significa che le domande possono essere presentate fino a che vi sono risorse finanziarie disponibili», si legge nelle Faq sul sito. In pratica, non c’è una data di scadenza per candidarsi e l’erogazione del finanziamento dipende dalla bontà dei progetti presentati, che saranno giudicati entro 60 giorni dalla presentazione della domanda. Le istruttorie seguiranno l’ordine di arrivo, ma da Invitalia c’è l’invito a non farsi prendere dalla fretta. Conta la qualità, più della velocità. E un budget di 200 milioni non andrà esaurito in pochi clic. Meglio prendersi qualche giorno in più per presentare progetti mirati piuttosto che rischiare l’esclusione: «Per noi è importante ricevere dei buoni progetti, non quelli più veloci», raccomanda Lina D’Amato, responsabile Gestione Incentivi, Finanza e Impresa di Invitalia. «Spesso rischiamo che, aprendosi uno sportello, tutti pensano che chi prima arriva prende il finanziamento. Ma il finanziamento viene preso sulla base di un percorso istruttorio importante, che prevede un colloquio che Invitalia realizza con i proponenti». Che il focus sia il valore dei progetti presentati lo rivela anche uno dei requisiti di base per poter partecipare: Smart&Start è rivolto alle startup costituite da non più di 48 mesi, ma anche a quelle da costituire. «Parliamo di start up innovative nell'economia digitale, che nascono come iniziative di valorizzazione dell'attività di ricerca e che si collocano nei processi di trasferimento tecnologico e che quindi hanno come cuore delle attività l'innovazione di prodotto o di processo. Quindi, siamo sulla fascia alta di quello che è il processo di creazione di impresa» specifica la D'Amato. Conta l’idea, quindi, e a presentarla può essere anche un gruppo di persone fisiche, «anche se residenti all’estero o di nazionalità straniera», specifica il sito, e che poi dovranno formalizzare la nascita della società. La chiave sta nell’aggettivo “innovativo”:  l’iniziativa è dedicata alle oltre 3200 startup già iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese, ma anche a progetti “innovativi” d’impresa, e cioè che offrono prodotti o servizi ad alto valore tecnologico. Una prospettiva che, assicurano da Invitalia, tiene aperta la porta a tutti: non solo a chi non ha formato ancora una società ma anche alle startup già nate ma non ancora iscritte al Registro speciale. L’importante è il valore del progetto. I 200 milioni di euro stanziati potranno finanziare programmi di spesa tra 100mila e 1,5 milioni di euro, sotto forma di mutuo agevolato a tasso zero. La copertura sarà pari al 70% delle spese ammissibili ma potrà arrivare fino all’80% (per un massimo di 1,2 milioni di euro), se la startup è costituita da giovani o donne, o nel caso in cui abbia tra i soci un “cervello di ritorno”, ovvero un dottore di ricerca che rientra dall’estero. Resta inoltre un’attenzione particolare per le imprese con sede nel Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) e nell’area del terremoto aquilano, che potranno beneficiare di un ulteriore contributo a fondo perduto pari al 20% del finanziamento. In alcuni casi, inoltre, Invitalia potrà sostenere con ancor più forza il capitale delle startup partecipanti entrandone a far parte come socio. Nel concreto, lo strumento Smart&Start potrà coprire spese di investimento in impianti, macchinari e attrezzature tecnologiche, ma anche materiale hardware e software, nonché spese per brevetti, licenze, know-how e consulenze specialistiche. Sul fronte della gestione, il programma potrà finanziare spese per il personale, per licenze e diritti di proprietà industriale, per servizi di accelerazione e canoni di leasing, fino a interessi su finanziamenti esterni. Il business plan «deve contenere alcuni elementi fondamentali sulla base dei quali viene poi valutato, quali l'idea, la capacità imprenditoriale, la coerenza del soggetto con l'idea stessa, la capacità di rendere evidente l'innovazione di prodotto e di processo all'interno, il grado di innovatività e la sostenibilità economica e finanziaria dell'iniziativa, la capacità di rendere evidente il vantaggio competitivo dell'iniziativa», precisa ancora Lina D’Amato. L’efficacia prima di tutto, insomma.La domanda va presentata esclusivamente online, creando un profilo sulla piattaforma di Invitalia, dove caricare il business plan e tutti i documenti necessari, accompagnati da una firma digitale (qui la lista riepilogativa dei documenti per le startup innovative e per le startup ancora da costituire, oltre alla guida per la compilazione della domanda). Una volta firmato il contratto di finanziamento, ogni startup avrà 24 mesi per realizzare il proprio programma di investimento. Ma non è solo una questione di euro, perché Smart&Start Italia mette a disposizione un servizio di accompagnamento per la presentazione della domanda, oltre ad offrire nei prossimi mesi anche occasioni di formazione con webinar online e con appuntamenti informativi in tutta Italia. Per le startup che non abbiano superato i 12 mesi dalla fondazione sarà attivo anche  un servizio di tutoraggio: «È  un servizio specialistico che serve per ridurre il rischio di avvio di queste iniziative», precisa D’Amato. «Serve, infatti, ad aiutare la nuova iniziativa a utilizzare al meglio le agevolazioni, anche a risolvere problemi amministrativi».Le attese, per tutta l’iniziativa Smart&Start, sono alte: «La prima versione dell’incentivo, destinato solo alle regioni del Sud, ha registrato un risultato superiore ad ogni previsione, con circa 370 imprese finanziate in un anno», ricorda l’ad Domenico Arcuri. «Ora, con l’estensione all’intero Paese, ma con condizioni di maggior favore per i neo-imprenditori del Sud, la misura avrà sicuramente un impatto maggiore e contribuirà non solo a sviluppare l’innovazione ma anche a trattenere o riportare in Italia le migliori energie». Maura Bertanzon

Stage in Europa, la qualità è un work in progress: «Inaccettabile l'assenza di un obbligo di compenso» secondo lo Youth Forum

«Non è stato fatto abbastanza per assicurare che gli stagisti abbiano un compenso equo per il loro lavoro». Non è per niente tenera con le istituzioni europee Tinkara Oblak, membro del board dello Youth Forum, organismo che riunisce le associazioni giovanili di tutta Europa e che a Bruxelles vigila sull’evoluzione di tutte le politiche che hanno al centro i giovani. Al centro dell’attenzione, lo European Quality Framework for Traineeships, ovvero la raccomandazione adottata nel marzo 2014 dal Consiglio europeo per le Politiche sociali (EPSCO), sulla base di una proposta della Commissione, per  garantire standard minimi di qualità per i tirocini extracurriculari comuni a tutti gli Stati. A un anno dalla sua approvazione, si è tornati a fare il punto a Bruxelles, in una conferenza organizzata al Parlamento europeo dalla Ong Bingo (Brussels Interns Ngo) e da Epsa, l’associazione degli stagisti parlamentari. Risultato: se è vero che l’Ue si è finalmente data delle regole comuni sugli stage non compresi nei percorsi formativi, la loro applicazione è un work in progress, affidata (molto) alla buona volontà dei singoli stati dell’Unione. Perché il documento approvato dagli Stati membri include sì l’obbligo che l’accordo di tirocinio sia ora un accordo scritto, che specifichi gli obiettivi formativi, le condizioni lavorative, diritti e obblighi per entrambe le parti e indicazioni precise sulla durata. Però sì tratta sempre di una raccomandazione e, in quanto tale, di un documento non vincolante per gli Stati membri. In più, il testo finale adottato l’anno scorso non impone nessun obbligo di assicurare compensi di sorta. Troppo poco, per lo Youth Forum: «È  inaccettabile che questo punto non sia compreso» dice Tinkara Oblak, insistendo sulla proposta di “un rimborso minimo nazionale pari al 60% del reddito medio” per gli stage extracurriculari. Già l’anno scorso il Forum aveva definito «fiacco» il risultato della contrattazione istituzionale a dodici stelle, considerandola un’occasione mancata per incidere sugli Stati membri, che restano i veri detentori della competenza sulla materia del lavoro e dei contratti. E sì che le premesse erano buone, con la stessa Commissione europea che si era ispirata alla European Quality Charter on Internships and Apprenticeships (la Carta europea per la qualità dei tirocini e dei praticantati elaborata da diversi attori della società civile, tra cui lo Youth Forum e la Repubblica degli Stagisti) per scrivere il Framework  portato in discussione al Consiglio nel dicembre 2013. Il Consiglio Ue, però, alla fine ha giocato al ribasso, escludendo dal testo finale il diritto ad un congruo compenso per gli stage extracurricolari. L’Italia avrebbe voluto molto di più, ma mette al sicuro un risultato non scontato: «Siamo stati in favore fin dall’inizio. Abbiamo spinto per  un riferimento ad un rimborso certo ma siamo rimasti isolati. Al Consiglio sono stati tre mesi di battaglia intensa e inaspettata», ricorda Tatiana Esposito, che da consigliere della Rappresentanza permanente presso l’Unione europea (in pratica, l’ambasciata italiana presso l’Ue) ha vissuto in prima persona le contrattazioni nel Coreper, il comitato dei rappresentati permanenti, responsabile della preparazione dei lavori dei vari Consigli tematici dell’Ue. «Hanno pesato le posizioni di molti Stati membri, specie del Nord Europa, non abituati ad esempio ad avere accordi scritti di tirocinio», dice. «Avremmo voluto un provvedimento ancora più ambizioso, ma il risultato del negoziato è già qualcosa». I dati di un sondaggio dell’Eurobarometro della primavera 2013 indicano quella che durante la conferenza Ulrike Lunacek, vicepresidente del Parlamento Ue, ha definito «Generazione Stage» (“Generation Internship”): la metà dei giovani europei ne ha fatto almeno uno. Secondo l'immagine dipinta ormai due anni fa dall'Eurobarometro, un terzo degli stage non rispetta standard adeguati in merito alle condizioni di lavoro o ai contenuti formativi. Quattro stagisti su dieci non hanno mai visto un accordo scritto di tirocinio o un contratto e quasi sei su dieci (il 59%) non sono stati pagati. «Per molti di loro si sussegue uno stage dopo l’altro», osserva la vicepresidente. «Potrebbero diventare una lost generation, una generazione “perduta”? Non credo, ma dobbiamo affrontare con forza il fenomeno». I conti, però, si faranno solo alla fine di quest’anno, con un convegno in cui la Commissione Lavoro (EMCO) della Commissione europea chiamerà gli Stati a fare il punto sulle iniziative messe in campo  a livello nazionale. L’intento è quello di avviare una revisione del Quality Framework entro la fine dell’anno. Un secondo sondaggio sugli stage dell’Eurobarometro, previsto nel 2016, scatterà una nuova foto alla condizione degli stagisti europei. L’Italia, per ora, vede il bicchiere mezzo pieno: gli standard imposti dalla Raccomandazione approvata a marzo, già contenuti nella legge 92/2012 sui tirocini,  «sono già stati raggiunti, almeno sulla carta: la regolazione degli stage è competenza delle Regioni, che presentano realtà molto diverse e frammentate. Tutte, però, hanno adottato entro lo scorso ottobre le linee guida nazionali contenute nella legge», ricorda Tatiana Esposito. Tra queste, una durata massima fissata a sei mesi (eccetto nel caso di tirocini legati al reintegro nel mercato del lavoro, che possono prolungarsi fino a un anno, o di tirocini rivolti a disabili, nel qual caso la durata può essere raddoppiata), l’obbligo di un progetto formativo, di un accordo scritto, di condizioni lavorative garantite (come l’assicurazione) e, sì, anche di un rimborso. Una condizione che ha portato alla chiusura di programmi illustri, come i tirocini Mae-Crui presso il Ministero degli Esteri. «Un’opportunità persa, certo, ma anche un segno di cambiamento», rimarca Esposito. Ciò non significa che dall’oggi al domani l’Italia sia diventata l’isola felice degli stagisti: «Nella realtà esistono ancora molti, troppi ‘abusi’. Ma almeno ora c’è un punto fermo su cui lavorare, a livello sia italiano che europeo. Quello che possiamo fare è cambiare le regole e spingere perché siano applicate». Maura Bertanzon