Categoria: Notizie

Borse Fulbright, da 60 anni un bel modo per studiare negli Usa

Da sei a nove mesi negli Stati Uniti per sviluppare progetti di ricerca di respiro internazionale. È questo il cuore del bando Fulbright Research Scholar, che offre per l’anno accademico 2015-2016 nove borse di studio. Le candidature sono ancora aperte e scadono il 9 gennaio 2015. Possono presentare la domanda assegnisti di ricerca che abbiano conseguito il dottorato da almeno due anni al momento dello scadere del concorso, ricercatori universitari, professori associati e artisti con “documentata esperienza artistica di rilievo anche se non formalmente inquadrati in un contesto accademico" (qui il link alla pagina ufficiale). Requisiti fondamentali: essere cittadini italiani, avere un’affiliazione accademica presso università o centri di ricerca italiani o europei. E avere in tasca la lettera d’invito di un ateneo o centro di ricerca americano. Va da sé che anche un’ottima conoscenza dell’inglese è imprescindibile: è consigliato infatti, anche se non obbligatorio, presentare una certificazione linguistica recente come il Toefl o lo Ielts. La borsa Fulbright Research Scholar è rivolta a tutte le discipline scientifiche, con la sola eccezione delle attività di tipo clinico, che prevedono cioè il contatto clinico o terapeutico con pazienti umani o animali, per le specializzazioni di Medicina e Chirurgia, Veterinaria, Odontoiatria, Scienze infermieristiche e psicologia. Fulbright Research Scholar fa però parte di una rosa di proposte più ampia, che per l’Italia mette a disposizione nel complesso tra le 70 e 80 borse all’anno, suddivise in modo bilanciato tra gli americani che desiderano venire nel nostro Paese e gli italiani che partono per gli States. Solo negli ultimi dieci anni sono stati 494 gli italiani (136 col programma Research Scholar) che hanno trascorso negli Usa soggiorni di studio o ricerca. Nel complesso, alla Commissione Fulbright per gli Scambi culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti, braccio operativo che su indicazione dell’ambasciata americana a Roma e del Ministero degli Affari esteri gestisce da sempre il programma Fulbright nel nostro Paese, arrivano stabilmente poco meno di un centinaio di candidature italiane all’anno. Per quanto riguarda questo “ramo” particolare, la Fulbright Research Scholar, «lo scopo è mandare negli Stati Uniti ricercatori di tutti gli ambiti disciplinari, perché al loro ritorno possano mettere a frutto in Italia i risultati conseguiti», spiega alla Repubblica degli Stagisti Sandro Zinani, educational advisor della Commissione Fulbright italiana. Nel complesso il programma Fulbright ha coinvolto, in sessant'anni di storia, quasi 250mila partecipanti in uno scambio continuo da e verso gli Stati Uniti diventando una delle iniziative di scambio scientifico e culturale più competitive e longeve a livello mondiale. Discipline scientifiche, scienze politiche ed economiche, sociologia, giornalismo, discipline artistiche: il programma Fulbright si estende con le sue proposte a tutti gli ambiti della conoscenza. Tra i suoi borsisti più illustri, solo per fare qualche nome, Muhammad Yunus, Joseph Stieglitz e Javier Solana. In tutto 53 premi Nobel e 78 premi Pulitzer. Tra gli italiani, sono stati borsisti Fulbright Carlo Rubbia, Margherita Hack, Umberto Eco, Giovanni Sartori, Gianni Riotta e Irene Bignardi. Senza contare il premio Fulbright per la "Comprensione internazionale" (J. William Fulbright Prize for International Understanding), assegnato a personalità come Nelson Mandela, Bill Clinton e Desmond Tutu dall'associazione degli ex borsisti Fulbright. Con 155 Paesi coinvolti e circa 7.500 borse assegnate ogni anno, a guidare il programma Fulbright resta un fil rouge di fondo: la scelta di progetti e di esperienze di eccellenza. Nell'opzione Research Scholar, le borse per l'anno 2015-2016 garantiscono la copertura dei costi da un minimo di 9mila dollari per soggiorni di sei mesi fino a un massimo di 12mila dollari per nove mesi, con un contributo forfettario di 1.100 euro per le spese di viaggio. I partecipanti vengono coperti da un’assicurazione medica finanziata dal governo americano e inoltre esentati dal pagamento della tassa consolare e dalla Sevis fee per l’ottenimento del visto d’ingresso negli Stati Uniti ( qui il link al sito dell'ambasciata Usa). La domanda va compilata entro il 9 gennaio, creando un profilo online sul sito e consegnando a mano o via posta o corriere, sempre entro la stessa data, tutti i documenti aggiuntivi (è sempre consigliabile controllare la checklist sulla pagina del programma Fulbright Research) agli uffici romani della Commissione Fulbright di via Castelfidardo 8, aperti dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14.30 alle 17. Non fa fede il timbro postale. Tra i documenti necessari, è richiesta la presentazione di tre lettere di referenza, in inglese, che vanno compilate online dai referenti. Almeno una dovrà provenire da un ateneo diverso da quello di appartenenza del candidato, mentre è sconsigliata la presentazione di lettere di referenza da parte dell’università ospitante negli Stati Uniti. Altri documenti cartacei richiesti: copia della Fulbright Visiting Scholar Application compilata on-line, contenente anche il programma di ricerca (Project Statement) con bibliografia, curriculum vitae e lettera di invito della università statunitense; certificato rilasciato dall'università che indichi la qualifica e la tipologia di inquadramento accademico e amministrativo; per gli assegnisti di ricerca: certificato rilasciato dall'università che provi il conseguimento il titolo di Dottore di ricerca; certificazione delle risorse economiche; copia del passaporto, con copia delle pagine che indicano precedenti visti d'ingresso negli Stati Uniti; certificazione linguistica. Il processo di selezione prevede una prima scrematura delle domande presentate da parte di esperti nominati dalla Commissione Fulbright nei vari campi disciplinari. A fare la differenza e determinare i vincitori sarà poi un colloquio-intervista a Roma, in cui i candidati preselezionati dovranno illustrare nei dettagli il proprio progetto di ricerca. «L’eccellenza del percorso accademico dei candidati è uno dei nostri criteri di scelta, insieme alla qualità del progetto di ricerca. Devono spiegarci perché vogliono andare proprio negli Stati Uniti, cosa faranno e con quali metodi, ma soprattutto dovranno evidenziare come intendono mettere a frutto i risultati ottenuti una volta tornati in Italia», spiega ancora Zinani. Un consiglio per chi volesse candidarsi? «Di sicuro quello di non ridursi all'ultimo momento. La candidatura richiede molto tempo e va molto ragionata. Suggerisco ai candidati di definire con precisione i termini di lavoro con l'università americana in cui si intende andare», sottolinea Zinani. «Chi parte con il programma Fulbright, poi, deve essere consapevole anche di essere un ambasciatore culturale del proprio Paese». Maura Bertanzon 

Stage per traduttori al Parlamento europeo: 200 posti, 1220 euro al mese di rimborso

Ancora tirocini all'Europarlamento, questa volta per traduttori. Le selezioni si sono aperte a metà dicembre e chiuderanno il 15 febbraio a mezzanotte. Ma è solo uno dei quattro periodi di iscrizione previsti dall'organo europeo, intervallati ciascuno da un mese di pausa. Le domande, in pratica, possono essere inviate tutto l'anno (otto mesi su dodici). La convenienza non sta solo nelle tante chance dunque, ma anche nel rimborso spese, pari a 1220 euro al mese (cifra fissata per il 2014, come specifica il sito). A differenza degli altri stage nelle istituzioni europee, che prevedono un emolumento extra per le trasferte, ad esempio da Bruxelles a Strasburgo, «ciò non si verifica per i  traduttori, la cui sede di servizio è sempre Lussemburgo» fa sapere Jorge Quaresma, del team dell'ufficio tirocini.Vale invece la regola del rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno, un forfait che sarà saldato entro sei settimane dall'arrivo o dal rientro, e per distanze superiori a 50 chilometri (per ogni dettaglio, consultare il regolamento qui). Inoltre, «l'importo versato mensilmente è esentasse» chiariscono, ma per poter stabilire con certezza che la borsa non subisca una qualche tassazione anche in Italia è bene farsi consigliare da un commercialista. La durata del tirocinio è di tre mesi prorogabili - «eccezionalmente» puntualizzano sul sito – per altri tre. Per questa tranche, che avrà inizio il primo luglio, il termine coinciderà perciò con la fine dell'estate. I tirocini per traduttori sono riservati ai diplomati universitari. Sottinteso è dunque che possa partecipare chiunque abbia conseguito un diploma accademico, dalla laurea triennale in su. Esistono tuttavia anche tirocini curriculari, la cui ricompensa mensile è però ben più scarna: solo 300 gli euro rimborsati, forse neppure sufficienti per sostenere anche il solo affitto.Gli altri requisiti indicati sul sito sono, oltre alla maggiore età, «la perfetta conoscenza di una delle lingue ufficiali dell'Unione europea o della lingua ufficiale di uno dei paesi candidati e una conoscenza approfondita di altre due lingue ufficiali dell'Unione europea»: trattandosi di tirocini per traduttori, si esige un livello linguistico più alto. È poi richiesta la condizione di «non aver usufruito di un tirocinio o di un impiego retribuito di più di quattro settimane consecutive a carico del bilancio dell'Unione europea». La candidatura si spedisce online (qui) e si può redigere solo in inglese o in francese. Sul sito si avverte che «se lasciato inattivo l'atto di candidatura per 30 minuti, i dati inseriti andranno perduti». Il consiglio è perciò di «leggere attentamente le norme interne relative ai tirocini di traduzione prima di compilare». Anche perché tra i contenuti dell'application c'è quello della lettera motivazionale, un testo da circa 2mila caratteri da preparare anzitempo. Quanto al processo di selezione, premesso che in questa fase preliminare non è necessario l'invio di nessun materiale cartaceo, che andrà invece spedito in caso di buon esito della domanda, dopo la candidatura online, «l'unità formazione e tirocini esamina la loro ricevibilità», spiega il regolamento, quindi la corrispondenza con i requisiti. Dopodiché si passa la documentazione dei prescelti alla Direzione generale di traduzione, «tenendo conto della lingua madre del candidato». Per la scrematura i criteri sono «le qualifiche e attitudini dei candidati, le esigenze correlate alle attività previste dalla Direzione generale e alle capacità di accoglienza». A parità di titoli, si cerca di applicare «una ripartizione geografica dell'origine dei candidati quanto più equilibrata possibile», «nonché l'equilibrio tra uomini e donne», aggiunge il regolamento. L'esito della candidatura viene comunicato ai singoli per email. Non è chiaro quale sia il tetto massimo degli ammessi a ogni tornata. Si sa solo che, come precisato nella normativa, il numero dipende sostanzialmente dalle esigenze delle singole unità di lavoro. Sulla base dei dati forniti dall'ufficio tirocini per le precedenti tranche, si possono dunque ipotizzare circa 200 posti all'anno (50 per ogni turno), su un numero di domande – anche queste tarate sulle statistiche del passato, non essendo stato in grado l'ufficio tirocini di fornirne di aggiornate – che si aggira attorno alle 6mila. Considerata la situazione professionale media dei traduttori italiani (sotto i 15mila euro il reddito annuale lordo secondo il rapporto Ires), l'occasione potrebbe rivelarsi d'oro. Peccato che, come sempre per gli stage in organismi Ue e come confermano dall'ufficio tirocini, non si abbia pressoché speranza di ricevere una vera offerta di lavoro una volta concluso il tirocinio: «I funzionari sono reclutati sulla base dei concorsi pubblici banditi sul sito Epso». E purtroppo il tirocinio non costituisce nessun titolo che avvantaggi nella corsa per un posto di lavoro a Lussemburgo. Ilaria Mariotti 

Tirocini all'estero, oltre 200 opportunità nei bandi Leonardo che scadono nel periodo natalizio

La conclusione dell’anno è da sempre tempo di riflessioni e bilanci, anche sul fronte professionale. Chi pensa o sta pensando di fare i bagagli per un ‘esperienza all’estero può dare un’occhiata ai bandi Leonardo di prossima scadenza. Venerdì 19 dicembre è l'ultimo giorno per candidarsi al progetto Unipharma Graduates, che prevede l'assegnazione di 70 borse di mobilità per tirocini di sei mesi presso centri di ricerca europei pubblici e privati, chimici, farmaceutici e biotecnologici di diversi paesi europei, tra cui Francia, Germania e Inghilterra. Il bando è rivolto a studenti iscritti all'ultimo anno e a laureandi presso uno degli atenei partner del progetto (l'elenco è presente sul bando). Gli stage inizieranno a marzo del prossimo anno, di età non inferiore ai 26 anni e con una media degli esami che non sia più bassa del 27. Il contributo mensile fissato per gli stage varia a seconda del paese di destinazione e può variare tra i 480 e i 430 euro. Per partecipare i candidati dovranno compilare la domanda online sul sito, al quale andranno allegati in occasione di un eventuale colloquio copia firmata della stessa domanda, eventuali ceritficazioni linguistiche e copia di eventuali pubblicazioni.La deadline è fissata al 20 dicembre invece per aggiudicarsi uno dei 40 posti disponibili per il progetto “Agorà per l’apprendimento permanente”, finalizzato alla promozione della mobilità internazionale nei settori istruzione, formazione e lavoro. Le 40 borse di studio saranno suddivise per tre paesi di destinazione, cioè Francia (14 posti), Spagna (15) e Portogallo (11), nelle settimane che vanno dall’8 al 21 febbraio 2015. Requisiti necessari per la presentazione della domanda sono età minima di 18 anni, residenza nelle regioni Toscana e Calabria (30 borse sono destinate alla prima regione e le restanti 10 alla seconda), esperienza in uno degli ambiti oggetto di borsa di studio. Fondamentale poi non aver mai preso parte a un altro progetto Leonardo. Tutti i costi del periodo formativo all’estero sono coperti dalla borsa Leonardo: biglietto aereo andata e ritorno, alloggio, pocket money di importo variabile a seconda della destinazione (circa 100 euro per la Francia, 146 per la Spagna e 150 per il Portogallo), assicurazione e formazione. Il modulo di domanda è scaricabile dal sito www.apogeoform.net. Al form vanno allegati fotocopia di un documento di identità e cv formato europeo. La documentazione va inviata via fax entro la scadenza indicata al 055/4634014 e tramite email all’indirizzo ale@apogeoform.net. Qualche giorno in più – l’ultimo utile per la candidatura è il 27 dicembre 2014 – per il progetto Tourisma che offre 64 borse di studio della durata di 13 settimane (poco più di tre mesi) per un periodo formativo negli ambiti ristorazione, ospitalità, organizzazione di eventi, con inquadramenti sia a livello gestionale sia maggiormente operativo. 12 le settimane di tirocinio effettivo, mentre una settimana sarà dedicata alla formazione. Francia, Germania, Inghilterra e Spagna le destinazioni. Le borse di studio sono così articolate: cinque hanno destinazione Parigi, 15 Berlino, 30 Brighton e 14 Siviglia. Le partenze saranno scaglionate in due flussi, marzo-giugno e luglio-settembre 2015. Destinatari delle borse giovani residenti nella regione Calabria da almeno sei mesi dalla data di pubblicazione del bando, con diploma conseguito dopo il 14 marzo 2014 o iscritti al quarto e quinto anno di un qualsiasi istituto superiore, con particolare attenzione a quelli di formazione professionale, oppure apprendisti in scuole professionali o aziende private. Fondamentale la conoscenza parlata e scritta pari almeno al livello B1 della lingua del paese ospitante prescelto. La borsa di studio copre, tra le varie cose, viaggio a/r dall’aeroporto di Lamezia Terme a quello più vicino al luogo del tirocinio, transfer verso l’alloggio, sistemazione in camera doppia o singola presso una famiglia locale o in un appartamento condiviso, vitto, preparazione linguistica, assicurazione. Per fare domanda è indispensabile inviare il proprio cv formato europeo (in lingua inglese e in quella del paese di destinazione) e l’application form scaricabile dal sito. Completano la documentazione fotocopia del documento di identità, copia di eventuali attestati relativi a conoscenze linguistiche e formazione professionale, copia del modello ISEE del proprio nucleo familiare relativo al 2013. Tutto il materiale va inoltrato per email all’indirizzo education [chiocciola] enjoyitaly.org. C’è tempo invece fino al 9 gennaio 2015 per candidarsi al progetto “Glocal"- Grant for Learning Opportunities in european Countries Aimed at promoting Local development, che prevede l’assegnazione di 15 borse di studio per il Regno Unito per un periodo di formazione che va da metà aprile a metà agosto 2015. Nei mesi successivi saranno pubblicati altri bandi dello stesso progetto per differenti destinazioni. Destinatari giovani diplomati residenti in Campania che abbiano compiuto 18 anni e che risultino disoccupati o inoccupati, con una buona conoscenza dell’inglese. La documentazione necessaria alla candidatura comprende domanda scaricabile dal sito, cv con foto e lettera motivazionale in italiano e in inglese ed eventuali certificazioni linguistiche. Tutto il materiale dovrà essere inviato per email all’indirizzo erasmusplus [chiocciola] glocalsrl.com. I candidati selezionati saranno contattati per un colloquio finalizzato a individuare competenze linguistiche e interesse alla partecipazione al progetto. La borsa di studio copre viaggio a/r da e per il paese di destinazione, preparazione linguistica, accoglienza e tutoraggio, alloggio in camera doppia all’interno di un appartamento condiviso e inoltre un pocket money di importo parti a 1600 euro per le spese di vitto e trasporti locali.Il 19 gennaio 2015 è l'ultimo giorno per candidarsi a una delle 30 borse di studio di cinque settimane per il Regno Unito (Brighton e Chester), con partenze previste tra febbraio e maggio del prossimo anno. Il progetto Modem è promosso dall'agenzia per il lavoro della Provincia di Trento e prevede un'indennità pari a 500 euro lordi complessivi erogati in un'unica tranche a conclusione del tirocinio. Possono candidarsi giovani disoccupati domiciliati in provincia di Trento di età minima di 18 anni, con una buona conoscenza della lingua del paese ospitante. La domanda è scaricabile  dal sito dell'agenzia per il lavoro di Trento e può essere inviata via fax (0461/496038), per posta all'indirizzo segnalato nell'avviso e tramite posta elettronica all'indirizzo upeur.adl@pec.provincia.tn.it. Al modulo vanno allegati documento di identità, cv formato europeo e lettera di presentazione.Sono infine complessivamente nove le borse di studio per tirocini all’estero messe a bando dall’università del Molise, rispettivamente sette di tre mesi ciascuna per studenti iscritti nell’anno accademico 2014/2015 a un corso di laurea triennale o del vecchio ordinamento e due destinate a dottorandi dell’ateneo, con conoscenza della lingua del paese di destinazione pari almeno al livello B1. Gli stage possono avere, tra i vari soggetti ospitanti, scuole, istituti di ricerca, organizzazioni senza scopo di lucro dei 28 paesi UE. Ultimo giorno utile per fare domanda è il 20 gennaio 2015. Ai vincitori delle borse di studio sarà erogato un contributo mensile di 600 euro per i tre mesi di soggiorno all’estero a copertura delle spese di viaggio, vitto e soggiorno. Contributo che sarà versato in due rate: la prima, pari all’80% dell’importo complessivo, entro 30 giorni dall’avvio dello stage, mentre la seconda al rientro. Il modulo di candidatura è scaricabile dal sito dell’università del Molise (a questo link) e dovrà essere inviato tramite raccomandata con ricevuta di ritorno al settore Relazioni Internazionali dell’ateneo molisano (via De Sanctis, 86100 Campobasso), insieme al proprio cv firmato e scritto in italiano e nella lingua del paese presso cui si intende effettuare il tirocinio, proposta di programma di traineeship di lunghezza massima di una pagina nella lingua del paese ospitante, certificazioni che attestano la conoscenza della lingua e fotocopia di un documento di identità.Chiara Del Priore

Garanzia giovani, parte la fase due: ma ancora pochi posti di lavoro e troppi rinunciatari

Il programma Garanzia Giovani non è stato pensato per creare posti di lavoro, ma per «migliorare l'occupabilità dei Neet», vale a dire di chi è disoccupato, non studia e non è impegnato in una attività di formazione. Così ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti giorni fa alla conferenza stampa di presentazione della "fase due" dell'iniziativa europea lanciata a maggio. Un'affermazione che non deve sorprendere: a distanza di circa sette mesi dalla partenza, la Youth Guarantee di occupati veri e propri ne ha generati ben pochi. Lo dicono i dati ufficiali più recenti, secondo cui su circa 333mila under 30 registrati, quelli che sono stati già contattati dai servizi per l'impiego sono solo 143mila, dunque un po' meno del 43%, mentre i restanti sono in attesa di notizie. Tra coloro che hanno già avuto il primo contatto, quelli che hanno già sostenuto anche il colloquio conoscitivo (i 'profilati' secondo il termine tecnico), sono 123mila. E quelli ufficialmente presi in carico, che hanno quindi iniziato a imboccare una qualche direzione verso il mondo del lavoro o della formazione, non superano i 113mila: solo un terzo dei richiedenti, insomma.Quanti siano i reali contratti di lavoro stipulati a favore di questi giovani non è però dato sapere. Il monitoraggio aggiornato settimanalmente sul sito non prevede una sezione destinata a questo conteggio: il ministro Poletti ha però promesso ai giornalisti che con il tempo sarà introdotto anche una informazione di questo tipo. Certo, le storie positive ci sono. Alla conferenza hanno raccontato la propria esperienza quattro giovani. Di questi uno, Davide, 16enne piemontese, è stato reinserito in un percorso di formazione scolastico. Altri due - Emanuele, 29 anni del Lazio, e Daniela, 28 del Piemonte - sono stati assunti: il primo con un contratto di collocazione di assistenza al cliente, e la seconda come addetta in un'azienda cosmetica. Per Mattia, 20enne emiliano, è arrivato un tirocinio nel Gruppo Amadori. Ma l'impressione è che siano casi sporadici.Naturale dunque che i diretti interessati manifestino un qualche scetticismo verso il progetto, che si evince per esempio dal monitoraggio informale su Garanzia giovani realizzato dalla Repubblica degli Stagisti e il centro studi Adapt. Dai primi dati parziali - calcolati sui primi 1.580 partecipanti - emerge che il voto complessivo assegnato al piano europeo è uno scarsissimo quattro. In più la stragrande maggioranza degli intervistati ha spiegato che le proposte ricevute al colloquio non si sono tradotte in «nulla di concreto» oppure sono consistite in un «generico riferimento a future offerte di lavoro o stage».Curioso poi il caso dei rinunciatari: stando al report distruibuito alla stampa dal ministero del Lavoro, tra i registrati ben 17mila non si sono mai presentati al colloquio, mentre 3mila si sono cancellati. Sembrerebbe un paradosso in tempi così cupi: forse i giovani italiani sono così «choosy» o bamboccioni da non impegnarsi neanche in una iniziativa che potrebbe portar loro un beneficio? In realtà il ministro dà una motivazione più concreta: «A volte si tratta di individui che nel frattempo hanno trovato una qualche altra sistemazione, sia lavorativa che formativa»; e non mancano neppure quelli che, iscritti dai propri genitori, «si tirano indietro quando vengono ne a conoscenza» aggiunge in conferenza stampa l'assessore al Lavoro del Lazio Lucia Valente. Non proprio 'rinunciatari' dunque, ma ragazzi che magari nei mesi di attesa si sono organizzati per conto proprio.Si scopre inoltre, spulciando i dati, che l'indirizzo dato da ministero e regioni al programma verso misure per lo più di tipo formativo si conferma anche analizzando le «somme programmate». Una grande fetta delle risorse nazionali – pari a 350 milioni – sono «impegnate», quindi in fase di attuazione, sui tirocini: nel dettaglio si tratta del 40%. Seguono la «formazione» e l'«accompagnamento al lavoro», a cui va circa il 30%, il servizio civile (meno del 15%), e poi cifre minime sotto il 10% a apprendistato e sostegno all'autoimpiego. Sul lavoro vero e proprio si è puntato insomma finora ben poco. Mistero sulla ripartizione degli altri fondi. I 350 milioni sono infatti di provenienza nazionale, ma all'appello manca il miliardo e 150 milioni stanziato dalla Ue, dotazione di cui non si conosce l'esatto destino. Ma in cosa consiste in sostanza la fase due del programma Garanzia Giovani? Oltre al restyling del sito, entrerà a regime il bonus occupazionale, «una misura attuativa del piano» e un «incentivo rivolto ai datori di lavoro». Per il bonus sono state programmate circa la metà delle risorse riferite ai fondi nazionali. Beneficiari saranno coloro che attiveranno contratti a tempo determinato o in somministrazione superiori all'anno, o contratti a tempo indeterminato. L'importo, «variabile a seconda della tipologia di contratto con cui avviene l'assunzione, alle caratteristiche del giovane e alle differenze territoriali», passa da un minimo di 1500 euro per i tempi determinati di sei mesi a un massimo di 6mila per giovani con contratti senza scadenza «nel caso in cui il loro grado di occupabilità sia molto basso». Difficile giudicare la misura prima della sua effettiva messa in campo. Quel che certo è però che gli incentivi alle assunzioni non hanno finora dato gli effetti sperati. Basti pensare al provvedimento dell'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini: quasi 800 milioni stanziati a settembre del 2013 per promuovere 100mila assunzioni di under 30. Il risultato è stato purtroppo vicino al flop: a giugno di quest'anno le domande presentate dalle aziende non superavano le 22mila, spesso incagliate in passaggi burocratici farraginosi e quindi lasciate a metà strada.Ilaria Mariotti

Quattro in pagella per Garanzia Giovani: coraggio ministero e Regioni, si può migliorare

La media del 4. Questo è il voto che finora i giovani italiani danno alla Garanzia Giovani, il grande piano di matrice europea che dovrebbe attivare tutti i Paesi Ue dove la disoccupazione giovanile è più forte in modo da non lasciare soli questi giovani, accompagnandoli al lavoro e fortificando la loro "occupabilità". Un piano che prevede, in Italia, l'iscrizione attraverso un portale e poi la chiamata presso i servizi per l'impiego, che entro quattro mesi devono poi garantire al giovane senza lavoro una proposta concreta - che può essere una offerta di un ulteriore periodo di formazione, un accompagnamento al lavoro, un contratto di apprendistato, una opportunità di tirocinio, un percorso di servizio civile, un sostegno all’autoimprenditorialità, una proposta di mobilità professionale all’interno del territorio nazionale o in Paesi Ue… Insomma, una azione di politica attiva del lavoro.Il programma Garanzia Giovani è stato "aperto" in Italia il primo maggio: la data molto significativa, voluta dal ministro Poletti, era quella della festa dei lavoratori. Da allora ad oggi oltre 330mila under 30 si sono iscritti, e oggi il ministero del Lavoro ha annunciato in conferenza stampa i dati sulla iniziativa.Anche noi abbiamo dei dati. Sono i primi risultati, ancora naturalmente parziali, del monitoraggio informale che la Repubblica degli Stagisti sta portando avanti da metà ottobre insieme all'associazione Adapt. Sono i dati dei primi 1.580 giovani che hanno voluto rispondere al nostro questionario, raccontando il loro contatto con la Garanzia Giovani, e anche dando un giudizio.Da lì viene quel 4. Dalla valutazione che questi 1.580 giovani hanno dato, in media, della efficacia del piano Garanzia Giovani basandosi sulla propria personale esperienza, su come è andata l'iscrizione al portale, sui tempi di attesa prima di essere convocati, sul primo colloquio di persona, sulle informazioni ricevute dai centri per l'impiego.Abbiamo raccolto i primi dati in questo piccolo dossier pdf, dando loro una veste grafica colorata e facilmente leggibile. Sono risultati interessanti: si scopre per esempio che il 32% dei partecipanti al monitoraggio, prima di iscriversi a Garanzia Giovani, non aveva mai utilizzato i servizi per l'impiego. Questo è positivo, perché significa che una fetta importante di giovani è stata invogliata a iscriversi al centro per l'impiego, uscendo dalla zona grigia degli "inattivi" e diventando quindi tracciabile e in un certo senso "aiutabile". Ma portare gli under 30 al centro per l'impiego non è abbastanza: bisogna anche assicurarsi che ricevano un servizio di qualità. E qui i primi risultati del monitoraggio evidenziano una situazione che eufemisticamente si potrebbe definire "con ampio margine di miglioramento": due mesi in media l'attesa per essere chiamati a colloquio, una volta compiuta l'iscrizione; e poi nella maggior parte dei casi i ragazzi segnalano di aver ricevuto, al famoso primo incontro di persona presso i servizi all'impiego, solamente un generico riferimento a future offerte di lavoro o di stage (43,5%) o di non aver ottenuto “nulla di concreto” (40%).E così si torna al 4. Che è un punto di partenza, non un voto finale. Il ministero del Lavoro e le Regioni non si devono deprimere o offendere per questo dato: tutto è ancora nelle loro mani. Si può ancora lavorare per modificare la percezione, per fornire ai giovani iscritti alla GG un servizio più efficiente ed efficace, per farli sentire davvero seguiti e sostenuti. Quel 4 può essere migliorato: l'obiettivo di arrivare alla sufficienza, e magari anche superarla, non è fuori portata. L'importante è tenere occhi e orecchie aperti. A partire dal dato più significativo di questi primi risultati - lo ripetiamo, assolutamente parziali - del monitoraggio: e cioè le aspettative dei giovani. Inutile fare gli struzzi: i giovani italiani dalla Garanzia Giovani si aspettano di trovare un lavoro. Così ha risposto il 61% dei nostri primi partecipanti: nello specifico, il 27% ha risposto proprio "trovare un lavoro" e un ulteriore 34% ha aggiunto "ma mi accontenterei anche di uno stage". C'è poi un 7% circa che cerca espressamente uno stage, un 8,5% che spera di ricevere un supporto nella ricerca di un impiego e un altro 8,5% che vuole rafforzare il suo cv per poi trovare più facilmente un lavoro. E non va ignorato quel 14% che ammette candidamente di essersi iscritto "a perdere", senza nutrire nessuna aspettativa e quindi nessuna fiducia nei confronti dell'iniziativa. Qui sta la sfida per il governo e le Regioni: far funzionare la Garanzia Giovani, per non deludere centinaia di migliaia di giovani italiani.

Ricerca sempre più precaria, l'allarme della Cgil: «A rischio la tenuta del sistema accademico»

«L'università sta diventando la più grande fabbrica di precarietà». A denunciarlo è Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, sigla sindacale di rappresentanza dei lavoratori della conoscenza. Con la Repubblica degli Stagisti, Pantaleo commenta i risultati di 'Ricercarsi', indagine appena pubblicata sui percorsi di vita dei ricercatori italiani, per lo più impantanati in una precarietà che li ingabbia a vita. Perché è difficilissimo uscirne. «Con la legge 240 del 2010 approvata dalla Gelmini si era creduto che con il superamento della figura del ricercatore a tempo indeterminato, il vuoto lasciato sarebbe stato colmato dai professori associati». Invece il risultato è stato ben lontano dalle previsioni, portando a un fortissimo impoverimento del personale universitario. Lo testimoniano i dati più recenti: nel 2014 a una fuoriuscita di circa 2324 unità, si sono sostituiti solo 141 contratti di ricercatori a tempo indeterminato di tipo B, quelli cioè che si tramuteranno in un contratto da professore. Nel frattempo a crescere – in maniera «esponenziale» sottolinea lo studio – sono state invece le figure più precarie, tanto che i soli assegnisti sono passati dai 6mila del 2004 ai 14mila del 2014. E la fuoriuscita dal sistema accademico di quelle che possono definirsi le frange della ricerca precarie per eccellenza – dottorandi, assegnisti e borsisti – ha toccato quota 93%. La quasi totalità, di fronte a un 6,7% di assunzioni. Il quadro è «quello di una università che negli ultimi dieci anni ha sostituito stabilmente personale strutturato della docenza e della ricerca con precari» si legge nello studio. L'approdo è stato verso «un'università sottodimensionata», destinata in sostanza a perdere alcune delle sue roccaforti, magari «gli atenei più deboli» ipotizza Pantaleo. Senza contare che l'assenza di professori fa sì che «ormai la funzione didattica sia assegnata ai ricercatori stessi». Il problema inizia a farsi sentire proprio a un passo dalla scadenza di «quei contratti da assegnisti di ricerca la cui durata non può superare i quattro anni». E che si esauriranno con l'anno che viene, essendo partiti nel 2010. «Per questi giovani e ormai non più giovani studiosi scarseggiano i posti da ricercatore, sia precario che stabile, e si profila un'espulsione dal mondo universitario» ribadisce l'indagine. Non solo. Lo stesso accadrà l'anno successivo anche per «i contratti da ricercatore a tempo determinato di tipo A per cui arriveranno a scadenza i cinque anni, previsti sempre dalla legge 240/10, senza che ci siano reali possibilità di ingresso stabile nell'università». La colpa non è però da attribuire ai soli governi del passato. Anche questa legge di stabilità ci mette del suo. Tutto grazie al comma 29 dell'articolo 28, che – a detta del sindacato – «favorisce la proliferazione di contratti precari». «Per poter reclutare un'università ha bisogno di 'punti organico'» spiega Pantaleo «che sono determinati in base a una serie di parametri: per esempio deve essere mantenuto un rapporto tra spesa e personale». Di conseguenza, è chiaro che se «un ordinario vale un punto organico, un associato 0,7 e un ricercatore di tipo A 0,5» come fa sapere il report, la convenienza è tutta per le tipologie più precarie, quelle a cui è associato un minor punteggio. Il rischio sarebbe ancora più alto nel caso venisse approvata la norma che punta a eliminare «il vincolo di attivazione di un ricercatore a tempo determinato di tipo B, l'unico con prospettiva di stabilizzazione, a fronte dell’assunzione di un nuovo ordinario». La filosofia di fondo sarebbe quella di «creare un sistema di premialità» aggiunge Pantaleo «ma è impossibile se non vengono stanziate risorse in più, e anzi talvolta si applicano persino dei tagli». Uno scenario dunque sempre più nero per i ricercatori, tanto che il 60% dei dottorandi intervistati – quelli ancora ai primi passi della carriera accademica – dichiarano nel sondaggio di considerare la possibilità dell'espatrio come molto probabile. La proposta della Fcl Cgil per instaurare un modello di ricerca sostenibile è duplice. Per il breve periodo «superare il limite temporale dei quattro anni per gli assegni di ricerca e dei cinque per i ricercatori a tempo determinato di tipo A fino alla definizione di un nuovo meccanismo di reclutamento» scrivono gli autori di 'Ricercarsi'. Un provvedimento insomma che metta a salvo l'università per qualche anno. In prospettiva si dovrebbe poi «avviare un profondo ripensamento del sistema di reclutamento». E dunque cancellare «le figure a cavallo tra il dottorato di ricerca/specializzazione e l’accesso al ruolo della docenza». Una posizione analoga a quella dell'associazione dei dottori di ricerca Adi, che chiede infatti di abolire il contratto di assegno di ricerca e la sostituzione di tutte le figure intermedie con una unica che avvicini poco a poco alla docenza, corredata dalla clausola della tenure track – il collegamento con la cattedra in sostanza. O ci sarà un grande piano di assunzioni stabili che «inverta questa tendenza distruttiva» sottolineano dalla Fcl Cgil, o a essere in dubbio sarà «la tenuta del sistema universitario». Ilaria Mariotti 

I giovani smuovono un'Italia bloccata, Censis: primi in Europa per lavoro autonomo

Per l'occupazione giovanile i dati restano drammatici, ma per la prima volta da anni affiora qualche elemento in controtendenza. «I fenomeni positivi riscontrati sono due» spiega alla Repubblica degli Stagisti Ester Dini, responsabile della sezione lavoro del Rapporto Censis 2014, presentato oggi alla stampa. Il primo è la riscoperta delle competenze da parte delle imprese, convinte che siano la chiave di volta per uscire dalla crisi. «I loro comportamenti sono diversificati, ma per quelle che stanno affrontando la congiuntura più aggressiva, si è aperto un fabbisogno di nuovi profili che non possono che essere ricoperti dai giovani» commenta la Dini. Agenti commerciali, esperti di export, social media editor: c'è tutto un mondo di nuove skills richieste di cui «i giovani non sono spesso neppure consapevoli». Per loro che hanno tra le mani un tesoro «che deriva dall'essere cittadini globali e digitali».Attestano i dati che un'inclinazione in questo senso appartiene sia alle aziende che attuano attraverso una «logica difensiva» - si legge nel Rapporto - che «vivono una fase di ridimensionamento e per le quali la riorganizzazione rappresenta l’ultima chance di sopravvivenza». In questo caso si verificano interventi drastici sul fronte organizzativo, che prevedono non solo «tagli al personale (48,7%) e riduzione di orari (45,7%)» ma anche «riqualificazione e riconversione delle figure professionali esistenti (30,9%)». C'è poi un'altra fetta di imprese, circa l'8%, addirittura in espansione oppure quelle che «pur in fase di stazionarietà, stanno rivedendo la propria struttura organizzativa». È qui che l'occupazione torna a crescere: «Il 75% ha assunto nuove professionalità e ben il 53,7% ha dovuto acquisire competenze del tutto nuove che prima non aveva: ingegneri innanzitutto (sono le figure prescelte dal 50,2% delle imprese), da inserire nelle funzioni produttive, di ricerca e sviluppo, ma anche gestionali e di controllo; a seguire, tecnici (il 40,6% dei casi), commerciali (35,7%) e amministrativi (29,9%)». Il secondo snodo è costituto dal ritorno del lavoro autonomo, per anni «calato a picco» - commenta la ricercatrice - nonostante «l'Italia ne fosse la patria». «Un'ultimissima indagine di Eurobarometro testimonia finalmente un cambio di rotta: gli italiani sono più interessati a svolgere attività in proprio, stanno ritrovando la vocazione del far da sé». Un cambiamento che interessa soprattutto i giovani che, bombardati per anni «anche dalle ossessionanti campagne mediatiche sui dati negativi della disoccupazione e sul dilagare dei Neet», hanno capito il messaggio e deciso di rimettersi in gioco. «C’è grande voglia di darsi da fare proprio tra i ragazzi, che aspirano in più casi a creare da sé un business: il 22% ha già avviato una start up o intende seriamente farlo nei prossimi anni, e il dato europeo è perfettamente in linea, mentre quello tedesco nettamente inferiore (15%)» secondo quanto emerge dal rapporto.Un universo che, a detta del Censis, «sarebbe ancora più ampio se soltanto ci fosse un tessuto di imprese e istituzioni pronto a dare loro sostegno nell’avvio di una nuova attività: il 38%, infatti, sarebbe interessato ad avviare un proprio business, ma ritiene che sia troppo complicato, mentre in Europa tale quota scende al 22% e in Germania al 12%». Se tra i giovani sono dunque scomparsi «i giudizi di valore» sottolinea la Dini, sono stati accantonati certi schemi per cui «a un determinato tipo di istruzione deve corrispondere un tipo di lavoro: oggi può diventare miliardario un ragazzo che si inventa una app senza aver mai studiato». Ma la politica non riesce invece a assecondare le evoluzioni della società: «Deve cominciare a muoversi e smetterla di fare chiacchiere» è dunque il monito a governo e amministratori pubblici, anche perché la Youth Guarantee non basta: secondo la ricercatrice Censis «è un meccanismo totalmente bloccato che finirà per essere risolto solo dalle regioni più virtuose». Insomma, i giovani sono la vera chiave per uscire dalla crisi e fermare il crollo della disoccupazione, che ormai non riguarda solo i paesi più arretrati d'Europa: «O disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono 710mila in Italia, 713mila nel Regno Unito, 654mila in Francia» si legge nel Rapporto. «Ai due estremi opposti si collocano la Spagna, con 837mila disoccupati, e la Germania, con soli 332mila. In Italia la quota di giovani sul totale dei disoccupati è pari al 22,7%, in Francia è del 21,5%, ma nel Regno Unito tale quota supera un terzo: 35,8%».  Se nel 2004 era occupato il 60,5% dei giovani, nel 2012 questa percentuale è piombata al 48%: sono oltre 2,6 milioni i posti di lavoro polverizzati «e il costo della perdita ammonta a oltre 142 miliardi di euro». Il riflesso si vede «nella ricchezza familiare netta delle famiglie con capofamiglia giovane che risulta pari a 106.766 euro, -25,8% rispetto al 1991» ribadisce l'analisi. Tutto il contrario per «le famiglie con capofamiglia un baby-boomer di età compresa tra 35 e 64 anni, che hanno visto un incremento del 40,5% e quelle con capofamiglia un anziano addirittura di quasi il 118%».Se dunque per il lavoro giovanile si fanno avanti alcune speranze, «il vero boomerang è quello del lavoro dei quaranta-cinquantenni» chiosa la Dini. Vero è che per le fasce sopra i 50 anni il lavoro è in ascesa: secondo i dati raccolti nel Rapporto c'è un «boom di occupati over 50 registrato dal 2011 a oggi, +19,1%, proprio in concomitanza del crollo osservato tra quanti hanno un’età inferiore: -11,5%». Ma se tra gli inattivi la grande maggioranza, «pari a circa 14 milioni, non cerca lavoro e si dichiara indisponibile a lavorare, ci sono anche quasi 700mila over 50 che si configurano come forze lavoro potenziali, persone cioè che sarebbero disponibili a lavorare a determinate condizioni» chiarisce sempre il Rapporto. «Anche questo è un segnale delle difficoltà contingenti attraversate da questa schiera di persone e del radicale mutamento di prospettive dal quale sono state investite. Rispetto al 2008, sono aumentati di ben il 33,3%». Fa capolino dunque qualche segnale di movimento. Una piccola speranza in questa Italia bloccata delle sette «giare»: quei «mondi non comunicanti» di cui ha parlato il presidente Censis Giuseppe De Rita. Mondi dove si muovono, ma senza interagire davvero tra loro, poteri sopranazionali, politica nazionale, ruoli disordinati nelle varie sedi istituzionali, minoranze vitali, «gente del quotidiano», sommerso sempre più ambiguo, e un mondo della comunicazione connotato più dal bisogno di rappresentare "l’evento" che di raccontare della realtà.Ilaria Mariotti 

Stage all'estero, opportunità in tre istituzioni europee con rimborsi da mille euro al mese

Per chi pensa all'estero per formarsi attraverso tirocini di qualità le opportunità non mancano mai. Specie nelle istituzioni europee. E in questo periodo sono almeno tre quelle che aprono le porte ai giovani europei.   Corte di giustizia europea   La prima è la Corte di Giustizia europea, l'organo che – come recita la presentazione sul sito – «ha il compito di assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati». Gli stage prevedono due tornate annuali ma in pratica ci si può candidare sempre. E cioè per chi si candida entro il 30 aprile, le partenze sono fissate per il primo ottobre dello stesso anno. Quindi se si dovesse inoltrare la domanda adesso, si partirebbe a ottobre 2015. Per chi invece fa richiesta dopo, e fino al 30 settembre, l'avvio del tirocinio è il primo marzo. La durata è in ogni caso di cinque mesi. Per il rimborso buone notizie: l'importo è di 1100 euro al mese, cifra che dovrebbe assicurare la possibilità di mantenersi, almeno in parte, a Lussemburgo, la città sede della Corte (un ex stagista per esempio raccontò alla Repubblica degli Stagisti di aver pagato 650 euro per una stanza in una casa in condivisione).Quanto ai requisiti, può concorrere chi sia «in possesso di un diploma di laurea in giurisprudenza o scienze politiche (a indirizzo prevalentemente giuridico)» e abbia «una buona conoscenza della lingua francese». Questo perché le tre direzioni a cui vengono assegnati gli stagisti sono ricerca e documentazione, il servizio stampa e informazione e la direzione generale della traduzione e dell'interpretazione. Per quest'ultima si tratta di stage che durano di meno («dalle dieci alle dodici settimane») e rivolti a giovani diplomati in interpretazione di conferenza «la cui combinazione di lingue presenta un interesse per la direzione» si legge sul sito. Dove si specifica anche che le mansioni affidate comporteranno «la preparazione dei fascicoli, un lavoro di ricerca terminologica ed esercitazioni pratiche in 'cabina muta'». L'application non va inviata online ma per posta ordinaria (per le scadenze fa infatti fede il timbro postale), allegando curriculum e copie di attestati. Di curriculum alla Corte di Giustizia Ue ne arrivano a centinaia (settecento nel solo 2013), ma i posti disponibili non superano in genere le cinquanta unità all'anno.Comitato europeo delle RegioniSempre cinque mesi è la durata del tirocinio anche per il Comitato delle Regioni Ue, organo consultivo brussellese chiamato a esprimere pareri sulle politiche comunitarie che interessino regioni e città. In questo periodo sono aperte le selezioni per la sessione autunnale (le application possono essere compilate dal 30 ottobre al 31 marzo). Il tirocinio inizia il 16 settembre 2015 per finire il 15 febbraio dell'anno successivo, dunque nel 2016. Il rimborso spese è leggermente inferiore, di circa mille euro mensili, «equivalente al 25% del salario di un funzionario inquadrato come AD livello 5» chiarisce il sito. Sono inoltre accreditati 100 euro mensili in più agli stagisti sposati il cui coniuge risulti disoccupato oppure a chi ha figli.Come sempre per gli stage europei, sono accordate maggiorazioni per i disabili e per le spese di viaggio di andata e ritorno a Bruxelles (la distanza deve però superare i 50 chilometri). I requisiti di ammissione, oltre alla cittadinanza europea e alla laurea (vale qualunque facoltà) attengono soprattutto alle lingue. Deve dimostrarsi il dominio di almeno una lingua europea, mentre di una seconda basta una conoscenza «sufficiente», evidenzia il sito. La domanda va inoltrata online (redigendola in tedesco, inglese o francese). A seguire una fitta serie di passaggi che conducono all'esito finale della selezione. La verifica dei requisiti di ammissione termina infatti il 15 aprile, mentre il mese successivo si stila la classifica dei preselezionati (a cui è richiesto l'invio della documentazione ufficiale cartacea). La chiusura definitiva è il 30 giugno, e dopo questa data il risultato verrà comunicato ai candidati tramite mail (solo in caso di successo). Non esiste un numero predeterminato di selezionati, ma la media – nonostante le migliaia di richieste annuali – si aggira sui venti stage annuali.Comitato economico e sociale europeoC'è infine il Comitato economico e sociale della Ue, l'organo di consulenza dell'Unione volto a promuovere «l'integrazione» dei cittadini e a rafforzare la «legittimazione democratica» della Ue, come spiega il sito. I tirocini – che si svolgono a Bruxelles - sono messi a bando due volte all'anno e la loro durata è di cinque mesi (ce ne sono anche di trimestrali, ma si tratta di stage rivolti a neodiplomati e privi di rimborso). Per chi volesse tentare la sorte ora, le selezioni cominceranno il 3 gennaio (lo stop è a fine marzo) e lo stage si svolgerà dal 16 settembre al 16 febbraio. Come per il Comitato delle regioni, anche qui l'emolumento mensile è calcolato in base al salario dei funzionari di grado AD 5, ed è quindi pari a circa mille euro mensili (con eventuale rimborso del tragitto di andata e ritorno verso la capitale belga fino a un massimo di 400 euro mensili).Entra solo chi ha una laurea triennale, il dominio fluente di una lingua europea, e una conoscenza «sufficiente», sottolinea il regolamento, di una seconda lingua a scelta tra inglese o francese (le due lingue di lavoro del Comitato). Ancora una volta non è dato sapere con esattezza il numero dei post vacanti, variabili in base alle esigenze dei dipartimenti e del budget a disposizione. In media sono però 50 gli stagisti che varcano ogni anno la soglia del Comitato europeo, su una percentuale di candidature che arriva anche a 10mila. Superare la selezione non è dunque una passeggiata. Sarà per questo forse che – per chi è dentro - il codice comportamentale contiene regole piuttosto rigide: rispetto degli orari, poche assenze e massimo riserbo sul contenuto del proprio lavoro. Ilaria Mariotti 

Fuga dei giovani dall'Italia e auspicabile ritorno: il 19 dicembre Meetalents a Perugia

Dicembre, è tempo di MeeTalents. Torna l'appuntamento dedicato ai giovani italiani "in movimento": gli expat che hanno preso la via dell'estero, e che vivono stabilmente (chi più chi meno) in altri paesi; quelli che dopo un periodo fuori hanno fatto la scelta di rientrare in Italia; e quelli che ancora non sono partiti ma che vorrebbero farlo.Per loro l'associazione Italents - che vede tra i suoi fondatori tra gli altri anche il direttore della Repubblica degli Stagisti Eleonora Voltolina, il professor Alessandro Rosina autore del libro cult Non è un paese per giovani, e i giornalisti esperti di italiani all'estero Claudia Cucchiarato (Vivo altrove), Sergio Nava (La fuga dei talenti) e Roberto Bonzio (Italiani di Frontiera) - organizza anche quest'anno un appuntamento imperdibile. Una giornata dedicata al tema degli italiani all'estero a 360 gradi, secondo il motto "dalla fuga dei talenti alla circolazione dei talenti".Meetalents ha avuto la sua prima edizione nel dicembre del 2012 a Milano, con il patrocinio del Comune; nel 2013 poi la location prescelta è stata l'Interporto di Nola, alle porte di Napoli, con una collaborazione della Regione Campania. Quindi dopo una tappa al nord e una al sud, era tempo di centro: per questo la prossima edizione del Meetalents, la terza, verrà ospitata dalla magnifica città di Perugia, grazie alla partnership dell'Agenzia Umbria Ricerche ormai da anni attiva e proattiva sul tema dei giovani italiani (e in particolare umbri) all'estero.A partecipare al Meetalents, come di consueto, sono invitati non solo i giovani che potranno portare idee, esperienze, spunti di discussione, ma anche le istituzioni e le aziende italiane che hanno tutto l'interesse a mettersi all’ascolto dei talenti espatriati. In particolare, i giovani possono prenotare la propria partecipazione, e quelli tra loro che vivono all'estero possono anche fare richiesta (fino a esaurimento fondi) di un contributo per le spese di viaggio. Qui il link per le iscrizioni.L'appuntamento è dunque per venerdì 19 dicembre a Perugia, al Teatro della Sapienza (Centro Onaosi). La giornata prenderà avvio appena dopo pranzo con tre saluti di benvenuto dei padroni di casa: quello di Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria; poi di Claudio Carnieri, presidente dell'Agenzia Umbria Ricerche; e infine del sindaco Andrea Romizi. Subito dopo il presidente di Italents Alessandro Rosina darà il via all'apertura dei lavori insieme ad Anna Ascani dell'Agenzia Umbria Ricerche.Ad aprire le danze sarà un intervento di Roberto Bonzio, forte della sua esperienza di narratore con il progetto Italiani di Frontiera, che parlerà di "Quale Italia comunichiamo all’estero". Perché comunicare bene, creare una narrazione di quel che fanno gli italiani dentro e fuori dall'Italia, è fondamentale per elaborare e far camminare le nuove idee, farle arrivare alle orecchie delle istituzioni e delle imprese. Subito dopo, proiezione di un frammento del video “Quale Italia comunichiamo all’estero” e premiazione del concorso fotografico “L’Umbria che attrae”, che nel corso del 2014 ha coinvolto i giovani delle quinte classi delle scuole superiori umbre.La scaletta procederà poi a spron battuto con un panel dedicato alle "Proposte su circolazione, attrazione e rete dei talenti". Qui a introdurre sarà Paolo Balduzzi, docente della Cattolica attivo in iTalents, che coordinerà una serie di interventi programmati in base al lavoro fatto online, sulle proposte selezionate attraverso il sondaggio (c'è ancora tempo per partecipare, proporre temi e contribuire alla discussione!).Subito dopo si aprirà un momento di "Q&A", cioè uno spazio per domande dei partecipanti; a gestirlo sarà Gabriele Biccini, portavoce del Forum regionale dei Giovani dell'Umbria. Partirà poi lo spazio della prima tavola rotonda, intitolata "Valorizzare i talenti in tempi di crisi". Qui sono previsti gli interventi di Federica Angelantoni, amministratore delegato di Archimede Solar Energy; Patrizia Fontana, partner di Carter & Benson; Chiara Gabbi, coordinatrice di Young Issnaf – Italian Scientists and Scholars in North America Foundation;  Gabriele Galatioto del Maglificio Galassia – Pashmere; Tiziana Grassi, giornalista e direttore del Dizionario Enciclopedico “Dizionario delle Migrazioni Italiane nel Mondo”; Giovanni Paciullo, rettore dell'università per Stranieri di Perugia; Elena Stanghellini, referente Relazioni internazionali dell'università di Perugia; e Riccardo Stefanelli, in rappresentanza dell'azienda Brunello Cucinelli.Ampio spazio anche alle testimonianze di talenti umbri dall’estero: hanno già confermato la propria presenza Federico Bonotto, general manager di Faist China (la sede cinese di Faist Group, azienda del settore metalmeccanico umbro) e direttore della Camera di Commercio Italiana in Cina, e Michele Bruni, presidente di Autentica, una start-up creata grazie ai contributo del bando Brain Back Umbria. A moderare qui sarà Andrea Marinelli, collaboratore del Corriere della Sera e co-fondatore di “Peninsula Hotel”.Solo dopo questo momento di ascolto delle ragioni dei giovani e del mondo imprenditoriale sarà data “La parola alla istituzioni”, con l'ultimo panel in programma. Qui i relatori, coordinati da Eleonora Voltolina, saranno Brando Benifei, il più giovane parlamentare europeo; Carla Casciari, vicepresidente della Giunta Regionale della Regione Umbria; Mario Pera, segretario generale della Camera di Commercio di Perugia, che racconterà il progetto “Improve your Talent”; di nuovo il sindaco di Perugia Andrea Romizi; e Guglielmo Vaccaro, deputato e grande promotore della legge Controesodo e di altri provvedimenti sul tema dei giovani italiani all'estero.A chiudere la giornata è previsto una conclusione di Luigi Bobba, sottosegretario del ministero del Lavoro con delega alle politiche giovanili. Una giornata intensa: chi vuole partecipare si iscriva!

Alimenta2Talent premia 5 nuove startup per un'agricoltura sostenibile e biotech

C'è chi ha lasciato il lavoro, chi dopo quindici anni da ricercatrice precaria si sentiva stanca e intravedeva il capolinea. C'è chi è tornato in Italia nonostante un buon lavoro all'estero e chi ha scelto di realizzare il suo sogno dopo che la vita da dipendente lo aveva tradito. Dietro ai cinque progetti che grazie ad Alimenta2Talent, l'incubatore d'impresa voluto dal Comune di Milano e dalla Fondazione Parco tecnologico padano, si preparano a diventare start-up dell'agroalimentare ci sono le storie  dell'Italia di oggi. C'è la tecnologia, ci sono le risorse applicate all'alimentazione, e ci sono soprattutto tante idee innovative. Colture acquaponiche,  aerogel ecologici, pack lunch per le intolleranze alimentari, spesa ready to cook, una piattaforma web per limitare gli sprechi alimentari.Agricoltura 2.0, Eco-aerogel, My Foody, Outdoors safe food e Quomi: sono le migliori idee di impresa per cambiare il modo di fare agricoltura. Riceveranno una borsa di studio di 1.500 euro al mese per sei mesi:   Alimenta2Talent non è infatti un finanziamento diretto, ma un percorso di formazione all’imprenditoria: le start-up avranno a disposizione un tutor dedicato per la definizione di obiettivi e strategie, un gruppo di mentor da cui attingere conoscenze  e l’uso degli spazi di coworking offerti del Parco Tecnologico Padano, uno dei maggiori poli italiani di ricerca e sviluppo nell’agroalimentare e nelle biotecnologie. I cinque team vincitori potranno anche incontrare esponenti del mondo del venture capitalism e della grande industria pronta a scommettere su idee ad alto tasso di innovazione. Ecco che cosa lega questi progetti: la tecnologia applicata a diversi settori dell'agroalimentare e delle scienze per la vita, le opportunità della rete al servizio del corretto consumo alimentare. E' il caso di MyFoody, una piattaforma web con l’obiettivo di minimizzare gli sprechi la cui idea nasce da un pacco di biscotti scaduti: «Li avevo acquistati la sera prima in un supermercato di Genk, in Belgio, dove stavo facendo delle ricerche per la mia tesi di laurea in giurisprudenza, ma quando li ho aperti al mattino mi sono accorto che la data di scadenza era passata» racconta l'ideatore Francesco Giberti: «Così mi sono messo a pensare a un sistema con cui si potesse evitare di pagare a prezzo pieno un prodotto in scadenza. Ci ho messo un po', ma alla fine ho lascito il mio lavoro e ho parlato dell'idea a degli amici che oggi condividono con me questa splendida avventura». Insieme a Francesco oggi ci sono Luca Masseretti, Esmeralda Colombo, Stefano Rolla, Francesco Luziatelli e Giulia Pagani. «Abbiamo creato una piattaforma online dove le aziende che sprecano cibo possano mettere in vendita i loro prodotti a prezzo scontato, ma anche fare donazioni» dice Ghiberti: «si possono vendere i prodotti in scadenza, difettati o in eccesso, ma si possono anche donare a organizzazioni no profit. My Foody non è solo una rete commerciale, ma anche una rete solidale».Nuove idee per cucinare e anche qui per non buttare via neanche una briciola arrivano poi da Quomi. «Non un semplice ecommerce di prodotti alimentari, ma un ecommerce di ricette» così lo definisce il suo fondatore Daniele Bruttini. Gli chef di Quomi creeranno ogni settimana, ricette della cucina italiana facili da preparare e gli ingredienti arriveranno a casa  già nelle giuste quantità. «L'idea è venuta a me, Alessandro Pantina e Andrea Bruno, quando vivevamo a Berlino dove insieme lavoravamo per una piattaforma di ecommerce. Dopo un po' la mancanza del cibo italiano si è fatta sentire e così ci è venuto in mente che avremmo voluto ricevere ricette da poterci cucinare a casa» racconta Daniele che ha lasciato il lavoro, è tornato in Italia e si occupa a tempo pieno del progetto a cui si sono aggiunti Alberto Tiradossi e Francesca Cortese. Grazie a loro invitare amici a cena non sarà più un problema,  perché ci sarà sempre il piatto giusto da cucinare senza avere sprechi. E se qualcosa avanza c’è Eco-aerogel, la nuova frontiera nella conservazione dei cibi. Eco-aerogel è soprattutto la storia di Stefania Grandi, 15 anni da ricercatrice precaria al dipertimento di  chimica dell'università di Pavia e nessuna prospettiva per un incarico di ruolo. «Ho passato quasi un terzo della mia vita a studiare l'aerogel, ma a 40 anni anziché stare aspettare il benservito dell'università ho preferito rimboccarmi le maniche e quando ho scoperto che la cenere della lolla del riso, una sostanza che nelle zone risicole è materiale di scarto, era ricca di silice ho avuto l'illuminazione:  sintetizzare l'aerogel non più per via chimica, ma con un materiale "rinnovabile", che viene prodotto ogni anno dalla coltivazione del riso». Oggi l'università di Pavia si prepara attraverso uno spin off ad aiutare Stefania e il suo team, formato da Piercarlo Mustarelli, Andrea Nulli e dalla srl ForEnergy: «Questi materiali presentano caratteristiche isolanti uniche al mondo, sono in grado di resistere ad oltre 1000° C» conclude orgogliosa Stefania.Dalle nuove strategie per la distribuzione alimentare ai nuovi metodi di produzione: Agricoltura 2.0 il tema della crescita sostenibile. Per capire il progetto bisogna familiarizzare con il concetto di acquaponica, ovvero  la combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica.  «La nostra idea è quella di mettere al primo posto il benessere della natura e una produzione agricola che sia realmente ecologica» spiega Davide Balbi, nel team con Fabrizio Borriello, Renzo Armellin, Luigi Merucci, Ylenia Fortuna e Sabrina Segatta. «Con Agricoltura 2.0 attraverso la simbiosi acqua-pesci, la cosiddetta acquacoltura, possiamo fornire un nutrimento naturale alle piante facendole crescere velocemente, con un sapore più buono. E tutto il sistema è alimentato dall'energia solare. Cioè produzione tutta biologica e a basso costo». Insomma, lobiettivo è quello di eliminare le componenti inquinanti del processo produttivo agricolo. Outdoors Save Food ha pensato infine a chi  ha allergie o intolleranze alimentari. Un pacco dove trovare non solo l'alimento giusto in base alle proprie esigenze, ma preparato in modo tale che possa essere consumato ovunque, per esempio al lavoro. «Nasce tutto da un'esigenza personale» spiega Erna Lorenzini, 50enne ricercatrice a tempo definito all'università di Milano e medico nutrizionista «le mie allergie alimentari mi costringono a stare molto attenta, ma se per lavoro sono costretta a mangiare fuori non so a cosa vado incontro, così ho pensato ad un pasto già pronto che abbini due caratteristiche: la certezza che non troverò un certo ingrediente e la qualità gastronomica». In questa idea Erna è accompagnata dal marito Augusto, che per anni si è occupato di matematica e finanza finché la sua società non ha chiuso. «Da tempo sognavamo di realizzare una cosa del genere, adesso ne abbiamo l'opportunità». A designare i vincitori è stata una commissione tecnica composta da rappresentanti di fondi di investimento, società di brokeraggio tecnologico e dai responsabili della Ricerca e Sviluppo del Parco Tecnologico e di altri istituti di ricerca che ha scelto fra una rosa di quindici finalisti fra oltre 100 proposte arrivate da tutta Italia. «L’interesse suscitato dalla call avviata a giugno dimostra come il settore dell’agroalimentare possa rappresentare una concreta opportunità per i nostri ragazzi di fare ricerca e impresa» dice soddisfatta l’assessore al Lavoro, Sviluppo economico, università e Ricerca Cristina Tajani. «Sono oltre 200 i progetti di impresa che hanno già ricevuto un sostegno dal comune di Milano. Oggi aggiungiamo un tassello ulteriore per una città in grado di offrire spazi ed opportunità all'intraprendenza dei più giovani".Soddisfazione espressa anche da Gianluca Carenzo, direttore generale del Parco Tecnologico Padano che a marzo ospiterà, in ottica Expo a Lodi  il primo forum dedicato al contrasto della contraffazione alimentare. «Le idee arrivate in finale, in particolare quelle che abbiamo deciso di sostenere, dimostrano che il sistema italiano è in grado di dare risposte ai temi di Expo, attraverso soluzioni creative che passano dalla ricerca e diventano innovazione. L’Acceleratore del Parco Tecnologico di Lodi nasce per fare in modo che questa potenzialità non vada sprecata, ma trovi anzi gli strumenti giusti per concretizzarsi in progetti di impresa capaci di generare occupazione».Massimiliano Cocchi