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“Giovani, carini e tirocinanti”, riformare gli stage per fermare gli abusi: l’indagine della Cgil Firenze

Capire come i giovani definiscono la propria esperienza formativa e raccogliere quante più possibili segnalazioni di eventuali difformità rispetto al percorso standard di uno stage: è questo lo scopo del sondaggio oganizzato da Cgil Firenze e Nidil Cgil i cui risultati sono stati presentati qualche settimana fa in un convegno dal titolo Giovani, carini e tirocinanti – Sì ai diritti, no allo sfruttamento coordinato da Elena Aiazzi, responsabile delle politiche del lavoro della segreteria Cgil Firenze e Mattia Chiosi del Nidil Cgil Firenze. I dati presentati sono frutto della distribuzione tra la primavera e l’estate del 2021 di un questionario volto a raccogliere informazioni su un campione di più di 100 ex ed attuali tirocinanti del territorio metropolitano fiorentino. Un campione molto esiguo, in realtà, che non permette di considerare questi risultati come rappresentativi dell'intero insieme dei tirocinanti toscani – e nemmeno fiorentini, a dir la verità; basti pensare che in Toscana ogni anno vengono svolti circa 15mila extracurricolari, e si può calcolare che siano 10mila quelli curricolari attivati dall'università di Firenze e da tutti gli altri atenei e centri di formazione del territorio toscano.Ma comunque questa ricerca può dare qualche spunto interessante sulla situazione degli stagisti toscani. Dei poco più di cento partecipanti al sondaggio più della metà sono donne e oltre il quaranta per cento residenti a Firenze. Quasi sei intervistati su dieci avevano in mano una laurea, triennale o magistrale, ed avevano tra i 18 e i 24 anni al tempo dello stage, mentre per quanto riguarda il percorso formativo la componente più numerosa è degli studi giuridici, economici e politici, pari a circa quattro su dieci. Lo studio riguarda solo gli stagisti extracurriculari e infatti nel questionario era presente una domanda proprio per filtrare il campione.Ma qual è la situazione sui tirocini al momento nel territorio fiorentino? «Vedendo le comunicazioni obbligatorie notiamo un aumento dello strumento» spiega Mattia Chiosi, «perché in un contesto precario della gestione emergenziale del Covid è diventato un mezzo molto appetibile per accedere a una manodopera a buon mercato per le aziende. La stima che ci riferiscono è di un aumento del 200 per cento a livello nazionale. E la preoccupazione c’è anche sul nostro territorio».Tornando allo studio sui tirocini, l’idea viene a Chiosi quasi una decina d’anni fa quando il programma GiovaniSì che accoglie la regolamentazione su stage e tirocini in Toscana era partito da poco. All’epoca era lui stesso, 23enne, un tirocinante: «Facevo uno stage curriculare in Nidil Firenze e tra le altre cose davo una mano sulla lettura delle comunicazioni obbligatorie relative all’attivazione di stage» conferma: «Già allora c’erano una serie di progetti formativi che avevano qualcosa di sospetto sopratutto in alcuni settori in cui la formazione ha una povertà di competenze. Mi interessava capire chi utilizzasse lo strumento che è cofinanziato dal pubblico e deve per forza di cose avere un livello di controllo superiore». Gli anni poi sono passati e alla fine «quando sono rientrato come funzionario al Nidil l’anno scorso mi sono rimesso durante la pandemia a rivedere tutte le comunicazioni obbligatorie che stavano arrivando e ho notato che non è cambiato molto. C’erano le stesse aziende a riproporre gli stessi stage così è nata l’idea di proporre un questionario dinamico facilmente accessibile per i giovani e raccogliere le loro esperienze».Il questionario racconta di quasi sette intervistati su dieci che hanno ricevuto un rimborso spese minimo di 500 euro al mese, contro due su dieci che ne percepivano tra i 600 e gli 800 euro. Per i rimanenti, invece, il rimborso era pari o superiore ai mille euro. È opportuno ricordare che non si parla di tirocini gratuiti perché la ricerca ha ricompreso solo gli extracurricolari, per i quali già dal 2012 la Toscana, prima Regione in Italia, vieta la gratuità. Il segnale più controverso è quello che arriva dopo: un numero sensibile di questi stage è stato caratterizzato da autonomia e sfruttamento, superando di gran lunga gli orari e spesso vedendo la mancanza di tutor e di un vero ruolo formativo. Emerge una scarsa conoscenza che i tirocinanti hanno dei loro diritti e dei loro doveri, della differenza tra formazione e lavoro. «Si è investito poco sul piano comunicativo, nello spiegare che non si deve parlare di retribuzione e di una serie di altri istituti che sono propri del lavoro, perché se cominci a farlo l’azienda si sentirà incentivata a trattare i tirocinanti come lavoratori. Perciò chiediamo alla Regione di trovare un sistema per dare tutte queste informazioni anche prima dell’inizio di uno stage».L’idea del sindacato è quella di costruire una piattaforma in cui poter raccogliere tutti i dati e a quel punto mostrare alla Regione cosa funziona e cosa no. «Avere un campione che ci dica ho fatto questo per un determinato periodo, mi sono sentito sfruttato oppure è andato tutto bene ed è stata una bella esperienza. Perché se anche ci fosse una percentuale bassa di abusi bisogna comunque lottare per azzerarli. In questo senso ci serve una piattaforma per poter poi dire, dati alla mano, alla Regione guardate che ci sono alcune aziende che non hanno un valore di competenze da trasmettere alto e, quindi, non producono tirocini genuini. Queste aziende non dovrebbero più farli». Mansioni ripetitive o di basso profilo per apprendere le quali non ci sarebbe, oggettivamente, bisogno di stage: per imparare a lavorare a una pompa di benzina, per fare i letti come cameriere ai piani negli alberghi, per imparare a spazzare le strade come operatori ecologici, e soprattto – circostanza frequentissima – in negozi e supermercati, come banconisti, magazzinieri, cassieri.Vi sono poi anche realtà che, indipendentemente dalla “complessità” del loro business, usano il tirocinio a ripetizione senza alcun tipo di assunzione. «La Regione al momento permette di aumentare le percentuali di utilizzo contemporaneo dei tirocinanti per chi assume, ma lo consente anche per chi offre contratti a tempo determinato mentre secondo noi bisognerebbe abbassare la percentuale di stagisti in azienda. Il premio per chi assume a nostro avviso è quello di poter continuare a usare lo stage, non di farglielo usare di più». Questo per evitare la ripetizione di stage, interruzione e nuovo stage senza poi uno sbocco reale. «C’è una forma contrattuale di inserimento e formazione che è l’apprendistato. Per noi andrebbe usato quello perché è una forma di lavoro e non è formazione scambiata per lavoro».Al convegno di presentazione dei risultati sono intervenuti anche Paola Galgani, segretaria generale Cgil Firenze, Monica Becattelli, responsabile Arti servizi Firenze e Prato, Benedetta Albanese, assessora al lavoro del Comune di Firenze, Mirko Lamo, segreteria Cgil Toscana e Alessandra Nardini, assessora regionale al lavoro, istruzione e formazione professionale. Ed è proprio all’assessora Nardini che è stata rivolta la proposta di costruire un meccanismo anonimo di segnalazione, «qualcosa che consenta al tirocinante di approcciarsi a questa esperienza sapendo che ha degli strumenti in mano se le cose non andassero come dovrebbero». Non solo, sarebbe un mezzo anche per il sindacato per avanzare le richieste degli stagisti, e per la stessa Regione che avrebbe la possibilità di avere un dato che le consente di intervenire. Altrimenti, spiega Chiosi, «è un abuso che non viene contrastato ma anzi agevolato se non ci sono controlli da parte di chi ha strutturato questa politica».La proposta è, quindi, quella di una app da inserire sul sito Giovanisì attraverso cui il tirocinante può segnalare con un pulsante qualche difformità nel suo percorso. «L’assessora Nardini si è mostrata disponibile. È persuasa dal fatto che il programma Giovanisì vada cambiato perché è uno strumento che festeggia 10 anni e per quanto innovativo all’epoca, nel tempo le maglie larghe sono diventate così facili da infiltrare che i meccanismi di verifica si aggirano facilmente».La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare l’assessora per un commento, ma l'invito è stato declinato con la spiegazione che il tema sarà «oggetto di un’iniziativa specifica». Nel corso di quest'anno, infatti, «si avvierà su questo punto la concertazione in tripartita». «Abbiamo trovato una buona disponibilità da parte della Regione anche grazie al fatto che partirà il nuovo settennato del Fondo sociale europeo e c’è volontà di rafforzare questa politica. Sicuramente la regione sta prendendo in mano la possibilità di fare più controlli e coinvolgere l’ispettorato del lavoro su questo punto», anticipa Chiosi. Che conferma al momento sia allo studio anche una modifica della legge regionale sui tirocini, «è già partito un percorso per aumentare da 500 a 600 euro il rimborso minimo e dal nostro canto incalzeremo la politica per ottenere dei risultati». La sensazione del sindacato è di un parziale ottimismo su un 2022 come l’anno che può portare alla concretizzazione delle proposte presentate. «Sono di buon senso e partono da un dato incontrovertibile: oggi come 12-13 anni fa il tema dei tirocini sta tornando. I dati crescono e cresceranno gli abusi e per salvare questo strumento è giusto riformarlo e dare prova della capacità di migliorarsi. L’assessora ci dice che è in corso una riflessione su come collegare lo stage e l’apprendistato, che noi favoriamo perché è un vero rapporto di lavoro. E da qui potrebbe partire un nuovo dibattito per la Cgil, provare a sfidare le istituzioni con delle proposte che siano volte a rendere lo stage un momento di passaggio per delle condizioni più tutelate».Marianna Lepore

Gestione del credito, candidature aperte per la nuova edizione del master illimity: niente più stage, i partecipanti verranno assunti subito

Illimity lancia la nuova edizione del suo master in gestione del credito: da oggi e fino a fine gennaio sono aperte le candidature per chi è interessato a un lavoro in ambito bancario, nel ruolo molto specifico di “asset manager”. Illimity è infatti «il primo e unico player italiano specializzato nei crediti distressed corporate» si legge nella brochure dedicata al master «coprendo tutte le attività di questo ambito: acquisto, finanziamento e servicing». Per lavorare in un settore così specializzato ci vuole una formazione specifica, e da qui nasce questo percorso formativo «altamente professionalizzante» interamente focalizzato su «neprix, il servicer del Gruppo specializzato nella gestione dei crediti distressed corporate» si legge ancora. La brochure contiene anche due messaggi in bottiglia ai candidati: uno di Laura Grassi, Assistant Professor della cattedra di Investment Banking al Politecnico di Milano e direttrice scientifica del master, e l’altro di Andrea Battisti, fondatore e Ceo di neprix.Rispetto alla prima edizione, organizzata l’anno scorso in piena pandemia, ci sono alcuni cambiamenti. Innanzitutto sparisce il contributo di iscrizione richiesto ai partecipanti, 2mila euro che già erano sostanzialmente “simbolici” dato che, come spiega  Marco Russomando, Head of HR di illimity, «se venivano assunti la quota veniva restituita!».I 2mila euro vengono a cadere anche perché, e qui il secondo cambiamento che piacerà molto agli aspiranti candidati, anziché essere inquadrati in stage per il periodo del master stavolta i prescelti saranno assunti fin dal primo giorno «direttamente in apprendistato». Il che vuol dire un contratto di tipologia subordinata, tecnicamente già a tempo indeterminato, con tutti i vantaggi correlati.Una scelta per rendere l’offerta ancor più appetibile: «L’anno scorso abbiamo preso dei candidati di grandissima qualità; ma ce n’erano alcuni che insieme al nostro master stavano considerando altre ipotesi, e in queste altre ipotesi c’era l’assunzione subito, senza il passaggio dello stage» racconta Russomando [nella foto a sinistra]: «Quindi abbiamo perso due, tre, quattro candidati che ci sarebbe piaciuto avere. Quest’anno vogliamo prendere tutto il meglio che c’è sul mercato». E proporre un’assunzione diretta, con una RAL – retribuzione annua lorda – iniziale di 28mila euro all’anno, è funzionale a questo scopo. La seconda edizione arriva a un anno e mezzo dalla prima, proprio perché per la prima il bilancio è stato «estremamente buono», nelle parole dell’HR manager: «Il mix che avevamo pensato tra training on the job e lezioni in aula ha funzionato, così come il mentoring continuativo da parte dei manager e dei team leader».I 26 partecipanti della prima edizione – «iniziamente i posti erano 25» rivela Russomando, ma «dal 24esimo al 26esimo i candidati erano molto vicini: talmente vicini che non aveva senso escludere uno» – di cui otto donne e diciotto uomini, età media 26 anni, erano stati scelti pescando da un bacino di 380 candidati, di cui 139 donne e 241 uomini. Oggi 22 di loro sono diventati illimiters. Per partecipare alle selezioni per questa seconda edizione bisogna avere meno di trent’anni, essere neolaureati o laureandi – non vi sono restrizioni a facoltà specifiche – oppure giovani professionisti o praticanti avvocati nel settore della gestione dei crediti NPE. L’iter di selezione prevede una prima fase con un video-colloquio motivazionale, e poi una seconda fase di assessment e colloqui di gruppo e individuali con i manager di neprix.Il master dura due mesi – 320 ore – e si compone di una parte in aula, con docenti della Graduate School of Business del Politecnico di Milano, e una parte di training on the job: poiché le candidature sono aperte anche ai laureati umanistici, ciascuno poi “recupera” le materie che ha approfondito di meno all’università. Giusy Grammatico [nella foto a destra], una delle partecipanti della prima edizione oggi assunta nel team Loans Asset Management, racconta per esempio che venendo da una triennale e una magistrale in Economia aveva solo dei rudimenti base di giurisprudenza: «Tutte quelle tematiche giuridico-legali come procedura civile, o procedura concorsuale, per me erano praticamente nuove». E non solo per lei: «Per la maggior parte eravamo laureati in Economia, quindi i temi giuridici li avevamo affrontati in maniera marginale; ma grazie all’esperienza del docente che ci ha impartito le nozioni in maniera molto semplice, lineare e chiara, siamo riusciti a comprendere tutto».La giovane neoillimiter, siciliana trapiantata a Milano, aveva scoperto il master su LinkedIn mentre scriveva la tesi di laurea, dedicata proprio – guardacaso – al tema dei sistemi di incentivazione manageriale e alle accademie aziendale e corporate university. Una volta passati tutti gli step di selezione si è trovata con 25 colleghi [nella foto sotto, il gruppo dei partecipanti della prima edizione nel cortile del quartier generale di illimity, a Milano] ad affrontare l’avvio del master in presenza, poi subito la trasformazione di tutta la didattica da frontale a online a causa della seconda ondata di pandemia: «Abbiamo stretto veramente dei buoni rapporti e tuttora ci vediamo in ufficio, sappiamo che l’uno per l’altro ci siamo e ci saremo sempre. Credo che l’avere creato un buon gruppo sia stata una dinamica essenziale, perché abbiamo affrontato tutti insieme quei sei mesi molto intensi, le lezioni, gli esami, poi la parte di stage». In illimity Giusy Grammatico racconta di aver trovato un ambiente accogliente: «Tutti molto disponibili, molto ospitali; abbiamo avuto l’opportunità di entrare a contatto con dei grandi professionisti che senza alcuna esitazione si sono messi a disposizione per trasmetterci la loro esperienza. Ci siamo sentiti subito a casa». L’assunzione, al termine del master, è stata la ciliegina sulla torta. Sono dieci le opportunità di questa edizione 2022 del master: «I posti sono in funzione del piano di staff di neprix» spiega Russomando: un’azienda in grande crescita, anche nell’area sales «dove stiamo entrando in dei business nuovi e abbiamo avuto una crescita di assunzioni veramente molto consistente nell’ultimo anno», con l’ingresso di «tante ragazze e tanti ragazzi».Ai suoi potenziali successori, Giusy Grammatico suggerisce di «mettersi in gioco e cercare di non prendere paura, perché sicuramente ci saranno delle difficoltà: è un percorso intenso. Ma bisogna cercare di affrontare tutto con entusiasmo e con un sorriso, perché ogni giorno si imparerà qualcosa di nuovo».

La nuova legge di Bilancio avrà l'effetto di abolire gli stage extracurricolari?

La legge di bilancio approvata pochi giorni fa (legge 234/2021), e cioè  il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024” pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 dicembre, avrà l’effetto di abolire i tirocini extracurricolari?In effetti, tra i sei commi che si occupano di tirocini (dal 720 al 726), basati su un emendamento a prima firma Francesco Laforgia e presentato da parlamentari del Gruppo Misto e di Leu che aveva ricevuto nei giorni scorsi parere favorevole dal ministero del Lavoro, c’è un passaggio che sembra andare in questa direzione. I contenuti del primo comma in questione sono in realtà molto blandi: il comma 720 dice semplicemente che «il tirocinio è un percorso formativo di alternanza tra studio e lavoro, finalizzato all’orientamento e alla formazione professionale, anche per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro»: una formulazione che ormai è consolidata da oltre un decennio. Lo stesso comma aggiunge poi, altrettanto blandamente, che «qualora sia funzionale al conseguimento di un titolo di studio formalmente riconosciuto, il tirocinio si definisce curriculare». E anche su questo, niente di nuovo.Il comma 724 è invece molto pregnante, perché introduce (come la Repubblica degli Stagisti suggeriva da anni a gran voce) di estendere anche ai tirocini curricolari l’obbligo della Comunicazione Obbligatoria, per renderli tracciabili e quindi monitorabili: «I tirocini sono soggetti a comunicazione obbligatoria da parte del soggetto ospitante» si legge nel testo del comma. E quando si dice “i tirocini”, senza specificare se extracurricolari o curricolari, finalmente si intende tutti i tirocini.Ma è il comma 721 la vera bomba. Nelle prime righe non si direbbe, dato che si limita a preannunciare nuove linee guida per cambiare ancora una volta l’assetto delle normative regionali «in materia di tirocini diversi da quelli curriculari» (le prime linee guida risalgono al 2013, poi aggiornate – in maniera piuttosto “opaca” – nel 2017) «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge».Ma la seconda parte del comma 721 ha fatto saltare sulla sedia più di qualcuno, perché elenca i «criteri» sulla base dei quali dovranno basarsi le decisioni della Conferenza Stato Regioni. E il primo criterio, al punto a), è una «revisione della disciplina, secondo criteri che ne circoscrivano l’applicazione in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale».Cosa vuol dire “soggetti con difficoltà di inclusione sociale”? Alcune categorie sono facilmente intuibili: soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti, alcolisti ed ex alcolisti, condannati ammessi a misure alternative di detenzione, ex detenuti, rifugiati, richiedenti asilo... Ma se ci si limitasse d'ora in avanti a queste categorie, il numero di tirocini extracurricolari si ridurrebbe davvero drasticamente: si può dire che, a spanne, oltre il 90% dei tirocini extracurricolari sparirebbe, perché a oggi solo una piccolissima percentuale di essi riguarda appunto quei soggetti svantaggiati lì.La platea si potrebbe allargare se si considerasse come ricompresa nella “difficoltà di inclusione sociale” anche la categoria, ben più ampia, dei disoccupati; anche nell’accezione ristretta dei disoccupati “di lunga durata” – il che significa, secondo le definizioni ufficiali dell’Anpal, persone adulte che cercano e non trovano lavoro da oltre 12 mesi, e persone giovani (under 25) nella medesima situazione da oltre 6 mesi.Secondo l’Istat in Italia ci sono circa 2 milioni e 300mila disoccupati (dato 2020); di questi, poco meno di 1 milione e 200mila sono disoccupati di lunga durata, cioè da più di 12 mesi appunto.Particolarmente rilevante, in questo contesto, è il dato di quasi un milione di disoccupati senza alcuna esperienza di lavoro, di cui 405mila alla infruttuosa ricerca di impiego da oltre 12 mesi.Tra i giovanissimi nella fascia 15-24 anni i disoccupati sono 411mila, di cui 176mila da più di 12 mesi (Istat non fornisce invece il dato limitato a “oltre 6 mesi”). In particolare, tra i giovani risultano 168mila donne disoccupate, di cui 68mila da oltre un anno; e 243mila giovani uomini, di cui 107mila da oltre un anno.Andando alla classe di età successiva, i disoccupati tra i 25 e i 34 anni sono 641mila, di cui 301mila da oltre 12 mesi. Qui le 25-34enni donne disoccupate sono 308mila, di cui 146mila di lunga durata; e 333mila i 25-34enni uomini, di cui 155mila in cerca di impiego da oltre 12 mesi. Se dunque tra i “soggetti con difficoltà di inclusione sociale” si ricomprendessero anche i disoccupati – anche solo quelli “di lunga durata” – la platea per i tirocini extracurricolari si ridurrebbe, sì, ma non così drasticamente. Non si potrebbe quindi parlare di una “abolizione” dello strumento. Mentre se i disoccupati venissero esclusi, allora sì, probabilmente dai 300-350mila tirocini extracurricolari attivati ogni anno si passerebbe a 10-20mila. L'abolizione, in questo caso, se non nella forma avverrebbe, effettivamente, nella sostanza.Il boccino in questo caso è in mano alle Regioni, spiegano fonti ministeriali: perché le indicazioni contenute sui tirocini nella legge di Bilancio non vengano cancellate – come già successo in passato con altre leggi dello Stato, basti ricordare quel che successe nel 2011 – dalla Corte costituzionale, bisogna comunque rispettare la competenza esclusiva delle Regioni in materia di formazione e quindi di tirocini extracurricolari. Saranno dunque le Regioni, presumibilmente in sede di Conferenza Stato-Regioni, a decidere il perimetro dei “soggetti con difficoltà di inclusione sociale”.Tornando al comma 721 della legge di bilancio, altri elementi di nota tra i criteri indicati sono il punto c) in cui si parla di «bilancio delle competenze all’inizio del tirocinio e una certificazione delle competenze alla sua conclusione», e poi il punto d) che enuncia la decisione di «vincolare l’attivazione di nuovi tirocini all’assunzione di una quota minima di tirocinanti al termine del periodo di tirocinio». Il che vorrebbe dire: niente più tirocini in aziende che non assumono mai, e che usano gli stagisti a rotazione. E qui la domanda è: come si applicherà questo comma alle pubbliche amministrazioni, che per legge non possono assumere personale se non tramite concorso pubblico? Cesseranno di avere la possibilità di ospitare stagisti? O sarà prevista per loro una deroga?Vi sono poi due commi che prevedono pene pecuniarie precise per chi trasgredisce le leggi sui tirocini: in particolare il comma 722 prevede che «la mancata corresponsione dell’indennità […] comporta a carico del trasgressore l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità dell’illecito commesso, in misura variabile da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 6.000 euro» e il comma 723 aggiunge che e il tirocinio è svolto in modo fraudolento» il soggetto ospitante «è punito con la pena dell’ammenda di 50 euro per ciascun tirocinante coinvolto e per ciascun giorno di tirocinio» oltre alla «possibilità, su domanda del tirocinante, di riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato».Ora bisognerà continuare a vigilare attentamente per vedere cosa ne sarà di queste indicazioni legislative, e sopratutto come impatteranno sulla vita quotidiana dei tirocinanti, dei soggetti promotori e dei soggetti ospitanti.

Tirocini da 800-1000 euro al mese presso il Gestore dei Servizi energetici, il bando scade il 7 gennaio

Scade il 7 gennaio 2022 il termine per partecipare a uno dei 35 tirocini della durata di sei mesi nel periodo febbraio-agosto 2022, destinati a neolaureati presso GSE (Gestore dei Servizi Energetici). GSE è una società per azioni italiana creata una ventina d'anni fa, interamente partecipata dal Ministero dell'economia, che si occupa di promozione e sviluppo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica; impiega a Roma circa 600 dipendenti.Il rimborso spese del tirocinio ammonta a 800 euro mensili per i residenti nella provincia di Roma, a cui si aggiungono 7 euro di buoni pasto al giorno, mentre per gli stagisti che risiedono fuori dalla provincia di Roma arriva a mille euro, oltre sempre ai 7 euro giornalieri di ticket.30 tirocinanti saranno impegnati in attività di gestione dei meccanismi di incentivazione e inerenti l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, gli altri 5 svolgeranno attività di analisi, interpretazione e presentazione dei dati connessi ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia da fonte rinnovabile e agli interventi di efficienza energetica. Al termine del tirocinio, i partecipanti saranno coinvolti in un processo di valutazione per un’opportunità di impiego con contratto di lavoro subordinato: GSE infatti, a differenza degli enti pubblici, è una società di diritto privato – nello specifico, una spa – e dunque può assumere senza procedure di concorso pubblico.Possono candidarsi laureati magistrali da non più di 12 mesi con voto pari o superiore a 103/110 in una delle classi di laurea riportate nel bando, tra cui fisica, matematica, ingegneria, economia, scienze statistiche, e con una conoscenza della lingua inglese pari almeno al livello B1. Il titolo di studio deve essere stato conseguito in uno degli atenei associati alla Crui (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), riportati sul sito. La candidatura può essere inserita esclusivamente in modalità online collegandosi all’applicativo dedicato entro le ore 17 della data di scadenza. Nella domanda vanno inserite le seguenti informazioni: dati anagrafici, curriculum vitae, indicazione della tipologia di tirocinio per cui ci si candida, lettera motivazionale di massimo 3mila caratteri, scansione dell’autodichiarazione sul possesso dei requisiti richiesti e sulla veridicità di quanto riportato. Nella valutazione delle candidature saranno presi in considerazione soprattutto il voto di laurea (per un 60%), a seguire competenze informatiche (25%) e conoscenza della lingua inglese (15%). Al termine del processo di valutazione sarà stilata una graduatoria e, in caso di rinuncia, il tirocinio sarà assegnato al candidato collocato nella posizione immediatamente successiva.I tirocini possono essere svolti da remoto in coerenza con le disposizioni legate all’emergenza Covid. In presenza di condizioni sanitarie favorevoli il tirocinio potrà essere svolto anche in presenza.Si tratta della seconda edizione del bando: per quanto riguarda la selezione per i tirocini in corso fino alla fine di dicembre (relativi al primo bando, pubblicato ad aprile 2021) in fase iniziale erano pervenute alla Crui 250 candidature. In seguito all’analisi rispetto alla presenza dei requisiti previsti nel bando, la Crui ha poi girato al GSE 94 candidature, da parte di 73 studenti (uno stesso candidato poteva presentare la sua application per più profili) di cui 33 donne e 40 uomini, età media 24 anni. Essendosi i tirocini di questa prima tornata conclusi proprio pochi giorni fa, a fine dicembre, non esistono ancora dati su quanta probabilità ci sia per i tirocinanti di essere assunti al termine dell'esperienza formativa. Chiara Del Priore

Servizio civile, 56mila posti nel nuovo bando: ci si candida fino al 26 gennaio

Sono 56.205 i posti messi a disposizione dall'ultimo bando del Servizio civile, pubblicato un paio di settimane fa. Volontari, si legge nel bando, «da impiegare in 2.818 progetti, afferenti a 566 programmi di intervento di Servizio civile universale, in Italia, all’estero, nei territori delle regioni interessate dal PON-IOG «Garanzia Giovani» e per la sperimentazione del Servizio civile digitale. Un buon numero, «uno dei più alti degli ultimi anni» è il commento con la Repubblica degli Stagisti di Enrico Maria Borrelli, presidente di Amesci e Forum servizio nazionale. L'auspicio sarebbe crescere ancora con le posizioni disponibili perché con il finanziamento attuale – pari a 250 milioni – restano fuori almeno 20mila giovani interessati ai progetti già approvati dal Dipartimento politiche giovanili e servizio civile universale. Uno scarto che si sarebbe potuto coprire investendo 100 milioni di euro in più. «Lo abbiamo segnalato come si fa di consueto quando è in approvazione la legge di Bilancio» afferma Borrelli. Significherebbe «accrescere le opportunità per i giovani che vogliono partecipare ai percorsi», e arrivare così a «impegnare circa 76mila ragazzi». Le cui richieste sono stabili da qualche anno, «attorno alle 100mila a ogni tornata». Anche se purtroppo a crescere sono i casi di chi si ritira: «Abbiamo un tasso di abbandono leggermente superiore a prima, ma è difficile dire se sia frutto della pandemia» riflette Borrelli. È più «un fatto generazionale, i giovani sono come più timorosi e hanno ripiegato su una socialità più ristretta, che è quella che si trova sul web». Nel frattempo le condizioni offerte dal servizio civile sono rimaste immutate: dodici i mesi di servizio, disponibili per giovani dai 18 ai 28 anni con la cittadinanza europea e la fedina penale pulita. Talvolta, a seconda dei progetti, «possono essere indicati dagli enti titolari ulteriori specifici requisiti oltre ai tre sopra indicati» sottolinea però il bando. Il rimborso è di 444,30 euro mensili, a cui potrebbero aggiungersi circa 15 euro di indennità giornaliera per chi svolgerà il servizio all'estero. Non solo l'Italia è infatti tra i paesi di destinazione, che comprendono invce anche Albania, Argentina, Bolivia, Bosnia, Bulgaria, India, Kenya, Libano, Mozambico, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito e Spagna. I settori dei progetti – tutti suddivisi tra associazioni del terzo settore e comuni e enti locali – spaziano dall'assistenza alla popolazione più fragile, all'ambientalismo, la promozione della cultura, la protezione civile e la cooperazione internazionale. Tanto per fare alcuni esempi (i progetti sono quasi 3mila), se si sceglie di partecipare a un progetto afferente alla protezione dell'ambiente, si potrà optare per iniziative relative al monitoraggio delle acque e dell'aria o alla salvaguardia dei parchi. Se la scelta cade sull’assistenza, ci si potrà occupare di assistenza ai disabili, migranti o pazienti affetti da patologie invalidanti. Quest'anno si è aggiunta anche una novità, perché mille dei posti finanziati saranno dedicati al servizio civile digitale, con progetti che si occuperanno di «avvicinamento, facilitazione ed educazione digitale per l’ottimizzazione della transizione». L'obiettivo è, si legge sul sito, «rafforzare le competenze digitali, con la possibilità di aiutare anche altri a essere autonomi rispetto all'uso di Internet e dei servizi digitali». Ci si candida online con le credenziali Spid, con una scadenza piuttosto stretta: il prossimo 26 gennaio. Un periodo forse troppo corto considerando che di mezzo ci sono le festività, e che rischia di non essere sufficiente per svolgere le selezioni; tanto che, chiarisce Borrelli, alla ministra per le politiche giovanili Dadone verrà avanzata la richiesta di chiederemo una proroga. Anche perché le selezioni possono allungarsi a seconda del numero delle domande di partecipazione dei candidati. È sempre prevista infatti la valutazione, tramite apposite commissioni, di titoli e esperienze curriculari dichiarate in sede di presentazione dell'istanza. A cui fa seguito un colloquio. La pandemia peraltro è ancora in atto, per cui «non si esclude che i progetti, in fase di attuazione, possano essere soggetti a rimodulazioni temporanee» avvisa il bando. Rimodulazioni che saranno «sia con riferimento alle modalità operative (privilegiando ad esempio le modalità da remoto per la formazione e per lo stesso servizio) sia, laddove la situazione lo rendesse necessario, attraverso una modifica degli obiettivi o delle sedi progettuali originarie». Ilaria Mariotti 

JPO Programme, 30 dicembre ultima chiamata: stipendio base 47mila dollari all'anno

Il 30 dicembre è l’ultimo giorno utile per candidarsi il programma JPO, Giovani Funzionari delle Organizzazioni Internazionali, organizzato dalla Direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo e curato dal dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite (UN/Desa).Il JPO offre a giovani italiani nati il o dopo il primo gennaio 1990 (1989 per i laureati in Medicina e Chirurgia e 1988 per quelli in Medicina già in possesso di laurea specialistica), con conoscenza fluente della lingua inglese e laurea magistrale, triennale con un mater o specialistica a ciclo unico la possibilità di effettuare un’esperienza professionale di due anni nelle organizzazioni internazionali. Anche in questa edizione, come già previsto lo scorso anno, un numero limitato di posizioni è riservato a candidati provenienti da alcuni paesi in via di sviluppo (“Least Developed Countries” e paesi prioritari per la cooperazione allo sviluppo italiana), il cui elenco e requisiti per fare domanda sono riportati sul sito www.undesa.it. Non è noto il numero preciso delle posizioni disponibili, ma dovrebbero essere una quarantina: i partecipanti all’edizione 2020-2021 sono stati 42 e della 2019-2020 41, un numero più o meno in linea con quello delle edizioni precedenti. Dall’edizione 2010 all’ultima l’età media dei candidati selezionati si è attestata sui 28 anni e mezzo.La candidatura può essere inoltrata solo online sempre attraverso il sito www.undesa.it. Per avere ulteriori informazioni su come presentare la domanda, sono stati organizzati dei webinar rivolti ai candidati.I candidati selezionati otterranno un contratto di due anni come staff delle Nazioni Unite. I JPO vengono reclutati al livello P2 della categoria dei funzionari - P2/1 il primo anno e P2/2 il secondo anno, con un salario base di circa 47mila dollari l’anno. Il contratto comprende, come nelle precedenti edizioni, oltre al salario, un “post adjustment”, cioè un adeguamento, che varia a seconda del paese di assegnazione, l'assicurazione medica, i contributi pensionistici ed altre indennità.La prima valutazione delle candidature è svolta dall'Ufficio UN/Desa di Roma e porta all’individuazione di 12-15 potenziali candidati per ciascuna posizione JPO. Una Commissione delle Nazioni Unite composta da esperti delle risorse umane del Segretariato delle Nazioni Unite a New York effettua poi una seconda valutazione, portando a otto la lista per ciascuna posizione.L'ultima fase della selezione è chiusa dai rappresentanti delle organizzazioni internazionali a cui verranno assegnati i candidati JPO vincitori, che vengono contattati entro il mese di agosto prima di iniziare un periodo di formazione previsto per settembre-ottobre. L'elenco finale dei candidati selezionati viene pubblicato sul sito web dell'UN/DESA al termine dell’iter di selezione.All'interno del sito è presente una  “Notice to Applicants” in cui viene specificato che “The United Nations does not Charge a fee at any stage of the recruitment process (application, interview meeting, processing, training or any other fees)”. Questo avviso rappresenta ormai una prassi consolidata: per evitare che i candidati possano essere vittime di truffe online l'Organizzazione delle Nazioni Unite ritiene utile specificare di non addebitare, per policy, alcuna commissione in nessuna fase del processo di reclutamento.Consultando le FAQ presenti sul sito è presente un esempio di qualifiche, esperienza e lingue richieste da un'organizzazione internazionale per una posizione JPO su politiche e programmi per l'occupazione giovanile. Dal punto di vista della formazione sono citate lauree in economia, sviluppo internazionale, studi sul mercato del lavoro, scienze politiche, sociologia, studi sullo sviluppo. Per quanto riguarda l’esperienza sono richiesti almeno due anni. Titolo preferenziale è considerata l'esperienza pregressa nella gestione, monitoraggio e valutazione di progetti/programmi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, nonché nel mondo delle Nazioni Unite. Un altro punto affrontato nelle FAQ riguarda il corso preparatorio organizzato dalle Nazioni Unite: «Prima del reclutamento ufficiale, tutti i candidati selezionati devono partecipare a un corso introduttivo obbligatorio organizzato dall'United Nations System Staff College. A loro si uniranno i candidati selezionati dai programmi JPO finanziati da altri paesi donatori. Tutte le spese relative alla frequenza del corso introduttivo saranno a carico del governo donatore tramite UN/Desa. Il corso formerà i partecipanti su una varietà di argomenti tra cui questioni emergenti nell'agenda internazionale, coerenza ed efficacia degli aiuti, situazione e analisi dei conflitti, negoziati, questioni di sicurezza, capacità di comunicazione, lavoro di squadra e collaborazione, gestione della conoscenza e gestione basata sui risultati».Chiara Del Priore

Cosa vuoi fare da grande? Gli Edenmania lo raccontano in rock

C’è chi voleva fare l’archeologa e si è ritrovata fundraiser: anziché scavare in cerca di reperti antichi, oggi scava nella generosità di persone e aziende per finanziare progetti. Chi si immaginava rockstar, e oggi per lavoro in effetti tiene ogni giorno un microfono in mano, ma per fare il conduttore in radio. Chi sognava la tuta d’astronauta e oggi fa la farmacista. Esperte di mercato del lavoro che a dieci anni annunciavano che avrebbero fatto le investigatrici, allenatori di scherma che si figuravano sindaci della città (ma per questo sogno, chissà, magari c’è ancora tempo!).E poi, perché no, ci sono quelli che il mestiere che avrebbero fatto da grandi lo avevano imbroccato già da piccoli: attori, giornalisti sportivi, maestri.La sempreverde domanda “Cosa vuoi fare da grande?” è diventata oggi il fulcro attorno cui ruota una canzone – “Da Grande”, appunto: qui su Spotify – di un gruppo rock italiano formato da tre quarantenni che da grandi, indovinate un po’, volevano fare i musicisti. Poi la vita come sempre accade è stata imprevedibile: Giulio Xhaët, voce e chitarra del trio, oggi lavora come consulente focalizzandosi sulle tematiche digital; Fabio Zorio, alla batteria, è un professionista freelance; e Rodolfo Sogno, al basso e seconda voce, è un imprenditore nell’azienda di famiglia, ramo Costruzioni. A vent’anni avevano fondato un gruppo musicale, gli Ubik, per poi scioglierlo nel 2009 e andare ciascuno per la propria strada. Ma nessuno dei tre ha mai abbandonato completamente la musica; e quindi, complice il momento di “pausa forzata” della pandemia, nel 2021 hanno deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo e riunire il gruppo, ribattezzandolo Edenmania. Così hanno cominciato a buttar giù canzoni, con un obiettivo: raccontare la vita dei trenta-quarantenni di oggi, “il loro contemporaneo”: aspirazioni, passioni, difficoltà.«Proprio il giorno del mio quarantesimo compleanno abbiamo lanciato una chiamata sui social, invitando i nostri contatti a girarci foto e video di loro da bambini e chiedendo cosa volevano fare da grandi quand’erano piccoli» racconta Xhaët alla Repubblica degli Stagisti: «Hanno risposto in tanti con entusiasmo. Persone di tutte le età, amici, conoscenti e follower, dall’Italia e qualcuno anche dall’estero».Risultato: il video della canzone – online da pochi giorni – è una carrellata di foto, e ogni frame mette a confronto ieri e oggi. «È stato emozionante entrare nel vissuto di persone che magari si conosceva solo via Facebook, Instagram o LinkedIn. La maggior parte ha confessato di essere felice di ciò che sta vivendo, oppure speranzosa verso il futuro».«Quello che si fantasticava di fare da bambini nasconde una vocazione profonda: e non conta tanto ciò che esattamente si voleva fare, quanto l’impulso sottostante» aggiunge Rodolfo Sogno: «Se sognavi di fare l’astronauta magari sei attratto dall’avventura, oppure dalla tecnologia. Nel primo caso ti sentirai realizzato con un lavoro dinamico che ti lasci libero di viaggiare, nel secondo caso potresti essere felice di fare l’ingegnere». «E se volevi fare il musicista, cosa conta davvero per te?» rilancia Fabio Zorio: «Scrivere canzoni o esibirti davanti a un pubblico? La vocazione può tendere più al creativo, oppure essere più legata all’intrattenimento e allo spettacolo. Secondo noi è questo ciò che conta per sentirsi felici con ciò che facciamo o che faremo».  Peraltro nel video, in coda, ci sono anche loro, i tre componenti degli Edenmania, con le foto tratte dagli album di famiglia: e lì si scopre, per esempio, che Xhaët voleva fare lo scrittore (e in qualche modo lo ha fatto, pubblicando oltre a vari saggi anche il romanzo “I sogni di Martino Sterio”); Rodolfo Sogno aveva una delle aspirazioni più classiche per i bimbi, quella di fare il pilota; e proprio Fabio Zorio, dei tre, è l'unico aveva già chiaro da piccolo cosa avrebbe voluto fare. Guarda un po': il musicista.Lo stile musicale degl Edenmania è rock anni Novanta – non a caso, l’epoca in cui tutti e tre erano adolescenti e hanno dunque formato il loro gusto musicale a botte di David Bowie, Afterhours, ma anche Guns’n’Roses e Iron Maiden.Una curiosità: essendo Giulio Xhaët un incallito smanettone, per trovare un produttore artistico ha convinto gli altri due a organizzare una challenge online, a cui hanno partecipato una cinquantina di professionisti del campo musicale tra fonici, produttori e responsabili di case discografiche. Alla fine la scelta è caduta su Giorgio Baù, «per la varietà delle sue produzioni e la sensibilità creativa dimostrata». E così “Da Grande” e gli altri due brani finora incisi dagli EdenMania – “Noè” e “Gli anta” – sono stati registrati, prodotti e mixati da Giorgio Baù. Altri tre-quattro pezzi arriveranno tra qualche mese: «L’obiettivo è di avere un album intero entro la fine del 2022» promettono gli Edenmania. La prima occasione per rivedere la neo-riunita band dal vivo è a Milano, sabato 5 febbraio, nel bello spazio di Mare Culturale Urbano. Covid permettendo, s’intende.

Buon rimborso e prospettiva internazionale: in scadenza domande per stage all'Agenzia europea per il programma spaziale

Una delle ultime occasioni quest’anno per far domanda per un tirocinio in un ente governativo europeo, quindi con un buon rimborso spese e un titolo di tutto rispetto in curriculum: scade il 15 dicembre la possibilità di mandare l’application per uno stage presso l’Agenzia europea per il programma spaziale (EUSPA) con sede a Praga. Al momento è possibile far domanda per dieci diverse sezioni: risorse umane, legale e acquisti, market development, finanza, Galileo Services, Egnos Services, sicurezza, project control, comunicazione e ufficio del direttore esecutivo. «Fino ad oggi l’Euspa ha offerto 12 opportunità di tirocinio nel corso del 2021 in gran parte dei suoi dipartimenti» spiega alla Repubblica degli Stagisti Marie Ménard, responsabile della comunicazione, «e tutti si sono svolti a Praga tranne per lo stage del dipartimento Egnos services che può svolgersi anche a Tolosa, in Francia». Nel momento in cui si compila l’application, quindi, per chi fa domanda per uno stage presso questo dipartimento è necessario anche esprimere la preferenza tra la sede francese e quella ceca.Non esiste un limite di età per fare domanda e l’Agenzia offre ai suoi tirocinanti un rimborso spese mensile di 1.200 euro oltre alle spese di viaggio di andata e ritorno per inizio e fine stage fino a un massimo di 1.200 euro. Per il momento si sa già che nel dipartimento finanza si cercano tre figure mentre in quello comunicazione due.«Nel corso di quest’anno abbiamo ricevuto mille application per i tirocini nei nostri uffici, con il più alto numero di richieste arrivate dai seguenti tre paesi: Italia, Spagna e Portogallo» spega Ménard. Alla fine quelli selezionati «arrivavano da 12 paesi europei, tra cui anche l’Italia».Il tirocinio comincia, di solito, o il primo o il 16 del mese e questa volta l’offerta è per tutti di uno stage di sei mesi con possibilità di rinnovo. Per candidarsi conviene, per prima cosa, leggere le linee guida che regolamentano lo stage. Poi andare nella pagina Euspa con l’elenco delle offerte disponibili e applicare per quella di proprio gradimento.  Per far domanda è necessario avere la nazionalità di uno Stato membro dell’Unione Europea o novergese, essere laureati o laureandi, conoscere l’inglese che è la lingua di lavoro dell’Agenzia, avere esperienza in una delle aree di lavoro dell’Euspa o una competenza acquisita attraverso specializzazione in studi universitari, tesi, tirocinio o altri progetti, avere una fedina penale pulita e non aver svolto in precedenza uno stage presso l’Ente spaziale.In tutti i settori è richiesta forte motivazione, poi per ogni dipartimento si aggiungono diversi criteri di selezione. Per l’area risorse umane, per esempio, è richiesta esperienza di lavoro o studio in un’area gestione risorse umane o nella pubblica amministrazione, buona conoscenza dei programmi informatici, atteggiamento proattivo e attitudine al servizio e viene considerato un titolo preferenziale l’esperienza di lavoro o studio all’estero o in un ambiente multiculturale. Per la sezione legale oltre alla conoscenza informatica fanno la differenza una precedente esperienza in uno studio legale o dipartimento legale, la capacità organizzativa, le abilità comunicative e la capacità di problem solving oltre a quella di lavorare in team. Nel dipartimento finanza sono invece richiesti studi economici o matematici, esperienza in ambienti multiculturali e capacità di adattarsi a nuovi compiti di lavoro oltre alla conoscenza del pacchetto office.Più specifiche le richieste per il Market Development dove è necessaria la conoscenza nel campo della navigazione satellitare, delle telecomunicazioni e dell’amministrazione aziendale, un approccio strutturato alla risoluzione dei problemi, oltre a precedenti esperienze in ambienti multiculturali. A fare la differenza nel settore Galileo services sarà invece una formazione o esperienza lavorativa nell’area informatica, in particolare su programmazione Linux, la conoscenza dei principi dell’ingegneria dei sistemi di navigazione satellitare e un approccio strutturato alla risoluzione dei problemi. Nel settore Egnos services si cerca invece una formazione o esperienza lavorativa nel settore dei sistemi e dei servizi di navigazione satellitare, oltre a un atteggiamento proattivo e abilità domunicative efficaci. Nel dipartimento sicurezza è favorita l’esperienza nell’amministrazione pubblica e aziendale o in aree attinenti l’ingegneria o le scienze esatte, la conoscenza tecnica e l’esperienza nel parlare in pubblico. Nel settore project controll è favorita la conoscenza di finanza e di attività di controllo del progetto oltre degli applicativi informatici abbinata alla conoscenza di una o più lingue oltre all’inglese.Per lo stage nell’ufficio del direttore esecutivo si preferiscono l’attenzione ai dettagli e capacità organizzative, la conoscenza dei campi in cui si svolge il lavoro, degli applicativi informatici e ottima capacità di comunicazione scritta e verbale in inglese. Mentre per chi fa domanda per il settore comunicazione si cerca una buona conoscenza di tutta una serie di programmi per il disegno grafico, la gestione dei contenuti e delle strategie web marketing oltre a un uso professionale dei social media.Una volta deciso in quale dipartimento fare domanda non resta che registrarsi sul portale dedicato e creare il proprio account. A quel punto sarà possibile fare domanda e completare tutte le nove sezioni del modulo.Fino al 15 dicembre si raccolgono tutte le candidature, poi non appena c’è un posto libero disponibile il candidato viene contattato per un colloquio telefonico. In ogni caso tutti coloro che fanno domanda saranno informati nel corso della loro application e del relativo esito.«Di solito si richiede ai tirocinanti di essere presenti nella città di svolgimento dello stage», spiega Ménard, «ma a causa della pandemia alcuni degli stagisti nel corso di quest’anno hanno cominciato il tirocinio da remoto o fatto parte del proprio stage in smart internshipping». Quindi pur scongiurando eventuali nuove pandemie o chiusure nel corso del prossimo anno, se ci dovessero essere si potrebbe nuovamente far ricorso a questa modalità di parziale stage a distanza.Per tutti gli interessati conviene quindi affrettarsi a mandare la propria application, ricordandosi che l’Euspa è l’unica agenzia dell’Unione europea dedicata allo spazio responsabile della gestione operativa dei programmi di navigazione satellitare Egnos e Galileo e di garantire la fornitura continua dei loro servizi. In particolare si occupa di supportare il settore spaziale e fornire servizi e applicazioni che rispondano alle sfide che l’Ue deve affrontare.  Marianna Lepore Foto a destra: ©European Agency for the Space Programme  

Parte la discussione della proposta di legge sui tirocini curriculari: tre anni di ritardo, «è ormai necessaria»

Finalmente, dopo oltre tre anni, comincia in Parlamento la discussione sulla proposta di legge per introdurre nuove tutele per i tirocinanti curricolari. Alla proposta principale, quella di Massimo Ungaro (C. 1063), si è unita nel frattempo un’altra proposta a prima firma De Lorenzo (C. 2202). Entrambe puntano a riformare la materia dei tirocini curricolari.Era il 27 settembre del 2018, un giovedì, quando a Montecitorio la proposta di legge Ungaro venne presentata ufficialmente dal suo primo firmatario, allora neoeletto nelle file del PD, con la presenza ovviamente anche della Repubblica degli Stagisti che aveva fortemente perorato la causa e contribuito alla stesura del testo.Ma purtroppo gli entusiasmi sono stati sedati, mese dopo mese, anno dopo anno, dato che la proposta è rimasta nel cassetto senza mai essere calendarizzata. Fino all'altroieri. «Finalmente siamo riusciti ad incardinare in commissione un testo che aspettavamo da tre anni» dice Manuel Tuzi [nella foto a destra], 33enne deputato romano del Movimento 5 Stelle, co-relatore della proposta: «È un lavoro che ha portato avanti sopratutto Massimo Ungaro in Commissione Lavoro; noi lato Commissione cultura abbiamo provato a spingere affinché la proposta venisse calendarizzata».E quella parola, “finalmente”, è anche la prima che esce dalla bocca di Ungaro: «Dopo più di tre anni è stato avviato l’esame in sessione congiunta delle commissioni Cultura e Lavoro» conferma il deputato 34enne, eletto nella circoscrizione Estero dopo un lungo periodo da expat a Londra: «C’è un’assenza di normativa sulla faccenda» che questa proposta di legge si propone di colmare.Il fatto che la proposta sia stata assegnata non a una Commissione bensì a due ha complicato e rallentato le procedure: «sopratutto la Commissione Cultura e istruzione era molto bloccata da vari provvedimenti: le lauree abilitanti, la riforma dei ricercatori, gli Its» spiega Ungaro: «Adesso hanno sgombrato il campo e quindi siamo riusciti ad ottenere il primo slot libero».L'altroieri il deputato, ora in Italia Viva, ha letto ed esposto il documento di relazione, ed è stato fissato per le 14:30 di lunedì il termine per le richieste di audizioni. Che Ungaro spera non solo di riuscire a contenere dal punto di vista numerico ma anche e sopratutto di concentrare tutte in un breve lasso di tempo, in modo da «non ritardare la cosa, perché abbiamo pochissimo tempo rimasto per la legislatura» riflette Ungaro: «Quindi dobbiamo cercare di averla approvata in Commissione entro febbraio e di andare in Aula entro giugno, possibilmente anche prima; poi andrà al Senato per essere esaminata, sperando che ne esca senza modifiche, così che poi diventi legge dello Stato». Per riuscire nell’impresa bisognerà dribblare gli ostacoli: «Ho visto troppe volte proposte di legge insabbiate per secoli, è una corsa contro il tempo» dice ancora.«C’è un terreno politico trasversale» afferma Tuzi: «Tra le forze politiche c’è consenso sul tema. E quindi il nostro obiettivo è chiudere velocemente: potremmo addirittura valutare l’ipotesi di una commissione veloce – una “commissione redigente” – che permetterebbe, se ci fosse il consenso anche delle opposizioni, di approvare la proposta direttamente in commissione, e tecnicamente avrebbe lo stesso valore dell’approvazione in Aula». “Terreno politico trasversale” vuol dire che molti singoli parlamentari di molte forze politiche si sono espressi, sopratutto negli ultimi mesi, a favore di più tutele per i tirocinanti, e hanno dato la loro disponibilità a partecipare a iniziative politiche in questo senso. Ma i detrattori, è facile prevederlo, non mancheranno. «In teoria sono tutti a favore» dice Ungaro [nella foto a sinistra] senza giri di parole «ma in realtà vedrete che qualcuno a un certo punto dirà “Ma no! Volete mettere troppi lacci e lacciuoli! La libera impresa! Facendo così distruggerete tutto, non ci saranno più tirocini!”. Oppure “Queste non sono posizioni di lavoro, sono cose formative: se mettete l’indennità minima vedrete che poi nessuno vorrà fare convenzioni!”.  Aspettiamoci che cominci ad arrivare questo fango. Ma l'attività degli stagisti, anche se non è un lavoro, merita un compenso: e molte forze politiche si sono espresse contro gli stage non retribuiti, adesso è la loro occasione per dimostrarlo». Peraltro, lo scenario apocalittico “indennità obbligatoria = niente più stage” è stato platealmente sconfessato già una volta: paventato da chi, tra il 2012 e il 2013, voleva bloccare l'introduzione dell'obbligo di compenso per gli stage extracurricolari, è stato smentito dai numeri. Dopo il 2013 gli stage extracurricolari sono addirittura aumentati!Ma innegabilmente l’introduzione di più tutele per i tirocinanti curricolari, a cominciare dal diritto a ricevere una indennità mensile, a qualcuno inevitabilmente darà fastidio. Principalmente a coloro che si sono abituati a poter “pescare” nel calderone degli studenti – specialmente universitari, ma anche di master e scuole di formazione – per poter avere stagisti gratis. Una condizione, quella di poter svolgere stage gratuiti, che da alcuni anni relega i tirocinanti curricolari in serie B, con meno diritti rispetto ai “cugini” tirocinanti extracurricolari, per i quali dopo lunghe battaglie tra il 2012 e il 2014 le Regioni (in quel caso la competenza legislativa è regionale) hanno introdotto normative più tutelanti e, appunto, la garanzia di una indennità minima – il cui importo varia dai 300 euro al mese della Sicilia agli 800 del Lazio. «Con questa proposta noi andiamo a rivedere completamente il sistema dei tirocini curricolari» aggiunge Tuzi: «È inevitabile che si vada a toccare un sistema, dato che vogliamo introdurre una serie di tutele che non erano mai state previste fino adesso. Ma ovviamente andremo avanti, indipendentemente da qualsiasi tipo di opposizione anche esterna. Diventa vitale e fondamentale portare a casa il risultato in questa legislatura».Ora bisogna sopratutto vedere come si pronunceranno i ministeri competenti, quello del Lavoro e quello dell’Istruzione: «Quello che conta è la loro opinione, che è ancora non è stata formulata. Vorrei interloquire per capire qual è» dice Ungaro: «E quando dico ministeri non dico i ministri: dico le strutture ministeriali, i pareri tecnici, le relazioni tecniche» che poi determinano spesso il successo o l’insuccesso di una proposta di legge.E come si potrebbero convincere gli oppositori della giustezza di questa misura? «È un semplice discorso di buonsenso, di maturità anche politica per dire che questa cosa ormai è necessaria» chiude Tuzi: «Non si può più immaginare ancora oggi nel 2022 – perché siamo arrivati in quello che poi sarà l’anno dei Giovani, definito così anche dalla Commissione europea – di non retribuire dei ragazzi che non svolgono una semplice formazione ma prestano un servizio: fanno una formazione-lavoro a tutti gli effetti. Penso che sia semplicemente una cosa che si deve fare». E speriamo che nei prossimi mesi si riesca a farla.

Collaborazioni a partita iva per tappare i buchi di organico, il ministero della Cultura così «camuffa altri tipi di contratto»

Altro giro, altra corsa: il ministero della cultura in chiusura d’anno pubblica l’ennesima selezione volta a colmare le carenze di personale con figure a tempo senza alcuna politica di lungo termine. È successo con l’ultimo bando, scaduto lo scorso 25 novembre, per 150 incarichi di collaborazione per selezionare archivisti esperti che firmeranno un contratto di collaborazione della durata massima di 24 mesi e che non potrà protrarsi oltre il 31 dicembre 2023. Ultimo di una lunga serie di selezioni di questo tipo rivolte non solo ad archivisti.In questo caso la giustificazione era quella di rientrare tra gli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, per assicurare il funzionamento degli Archivi di Stato e delle soprintendenze archivistiche grazie all’inserimento di nuove risorse. Per colmare il vuoto, però, solo due anni di collaborazione, a partita Iva per giunta, per 130 ore mensili e per un massimo di due anni. Con un compenso previsto per 25mila euro annui, oltre cassa previdenziale ed iva, quindi circa 2mila euro al mese. Poi tanti saluti e ognuno a casa sua.«Il bando presenta diverse criticità», spiega Federica Pasini, 27 anni, laureata in storia dell’arte e attualmente operatrice museale, componente dell’associazione Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali nata a fine 2015 per ottenere dignità ed eque retribuzioni per tutti i lavoratori e professionisti del settore culturale. «Innanzitutto chiedere una collaborazione a partita Iva per un lavoro continuativo come questo con un monte ore molto importante serve a camuffare altri tipi di contratto. La partita Iva serve per chi ha collaborazioni occasionali in cui magari tratta il proprio tariffario e impone il monte ore, ma per un’archivista sicuramente no. I 25mila euro, poi, sono lordi, si richiede una specializzazione molto alta e non si ripaga tutta la professionalità. Si richiede uno sforzo incredibile e lo può fare solo chi ha le spalle già coperte da un punto di vista economico».Si tratta dell’ennesima richiesta da parte del ministero nel corso di quest’anno di figure altamente specializzate a cui affidare compiti importanti con contratti provvisori, come la partita iva, nonostante le carenze di organico. Un allarme lanciato anche dall’Associazione nazionale archivistica italiana, Anai, che ha scritto – insieme ad altri enti e società che trovano negli archivi e nelle sovrintendenze archivistiche risorse preziose – un appello  ai ministri della cultura e dell’università, Dario Franceschini e Maria Cristina Messa, per portare alla loro attenzione la situazione di imminente collasso degli istituti archivistici statali. «Una crisi strutturale, in rapida evoluzione da molti anni», alla cui base c’è il mancato turn over del personale a partire dal 2012: «Ancora una volta si sconta il colpevole ritardo con cui si affronta la drammatica carenza di personale nel settore degli archivi con un provvedimento di assunzione temporanea, diventato ormai costume nel Ministero, che attribuisce poco più di un funzionario ad ogni istituto», spiega Micaela Procaccia, presidente Anai, alla Repubblica degli Stagisti. «Questo tipo di assunzioni non risolve affatto i problemi, perché la durata delle collaborazioni consente appena di introdurre il personale assunto nel lavoro concreto degli Istituti per poi estrometterlo, una volta formato ad affrontare le specificità del lavoro in Archivio di Stato e Soprintendenza».Il bando scaduto a fine novembre «è veramente assurdo» secondo Federica Pasini soprattutto perché con contratti temporanei colma una carenza di personale notevole su cui in tanti hanno lanciato l’allarme. Prima fra tutte proprio l’Anai che nell’appello di pochi giorni fa ha segnalato un possibile peggioramento nel corso del prossimo anno. Perché all’interno di Archivi di Stato e Soprintendenze archivistiche «l’organico è ormai ridotto a meno della metà». «I dati a suo tempo forniti dalla stessa Direzione generale archivi del Ministero prospettano una carenza di personale che si avvia ad essere al di sotto del cinquanta percento dell’organico previsto nel prossimo anno», continua Procaccia, «e non parliamo solo degli archivisti ma di tutti i profili: dagli amministrativi ai custodi, indispensabili per un funzionamento delle sale di studio». In pratica archivi, musei, pinacoteche si svuotano dei propri dipendenti con conseguenze non solo nella tenuta e gestione del materiale ma con ricadute evidenti anche nella possibilità dei cittadini di poter visitare questi luoghi. Perché allora il ministero non riesce a colmare questa carenza di personale? «Bisognerebbe chiederlo al ministero. Quando fu deciso il blocco del turn over per i dipendenti pubblici non fu prevista un’eccezione per il settore, che sarebbe stata doverosa da parte di governi che trasversalmente si sono vantati del patrimonio culturale italiano, come invece fu previsto per forze dell’ordine e vigili del fuoco».Non solo non si pensò di introdurre una deroga, ma in tutti questi anni il ministero non ha pensato nemmeno di coprire queste carenze di personale con contratti degni di tal nome: «La partita iva sembra essere la moda degli ultimi 12 mesi, quest’anno sono usciti molti bandi di questo tipo», osserva Federica Pasini. E infatti il 2021 è stato il periodo dei bandi a tempo del Ministero della cultura: si è partiti con quello pubblicato a fine 2020 che chiedeva fino a 15 anni di esperienza per collaborare a partita iva pochi mesi con le Soprintendenze di tutta Italia, poi a gennaio è stata la volta dei tirocinanti ultraspecializzati, a marzo il turno è stato per 80 collaborazioni, di cui 49 catalogatori, per la Direzione generale biblioteche e diritto d’autore e ora questo per 150 archivisti.Un uso spregiudicato di tirocini e partite iva in un settore in cui mancano proprio gli impiegati. «In passato non era prevista la partita Iva per la selezione degli esperti, basti pensare a quella avvenuta nel 2016», osserva la presidente Anai Procaccia. «Le ragioni che hanno determinato questa scelta sono, forse, relative alle procedure di controllo contabile ma certamente penalizzano professionisti qualificati che, per partecipare, devono dotarsi di partita Iva e affrontare le conseguenze economiche di questa scelta».E quando non sono contratti a tempo o tirocini ecco che arrivano nuovi accordi tra ministeri per riempire i vuoti di organico, sempre per trovare qualcuno che faccia il lavoro per cui sarebbero necessari dei dipendenti. L’ultimo accordo è di inizio novembre tra il Mic e il ministero della giustizia per far lavorare i detenuti nei luoghi della cultura: dalla Reggia di Caserta alla Pinacoteca di Bologna o al Palazzo Ducale di Mantova o in decine di biblioteche e di archivi. «Ci siamo già espressi in merito: non ha senso. Prima di tutto perché è necessaria una professionalità e competenza che non tutti hanno e soprattutto perché se c’è carenza di personale, un funzionario deve già gestire da solo l’archivio e non può certo garantire un percorso formativo adeguato a queste persone. Bisogna prima colmare i vuoti di organico e poi dedicarsi a progetti di questo tipo. Invece si fa il contrario, si sostituisce il personale con queste categorie più fragili. Non ha alcun senso», osserva ancora Pasini. «L’uso di detenuti in attività di digitalizzazione di documentazione è già accaduto per la realizzazione di alcuni progetti anche importanti, come per i processi relativi al rapimento e uccisione di Aldo Moro, con la rigorosa condizione che l’intero lavoro fosse preceduto da un riordinamento delle carte realizzato da archivisti professionisti e che tutto avvenisse sotto la direzione di archivisti di Stato», spiega la presidente Anai Micaela Procaccia. «Dove questo non è accaduto il risultato è stato talmente carente da consigliare di rifare il lavoro dall’inizio. E quindi si torna al problema principale: se non ci sono archivisti di Stato chi indirizzerà il lavoro e lo controllerà?»In un Paese che di cultura potrebbe vivere tranquillamente, si tamponano solo le mancanze senza pensare a un progetto di lungo termine. «Le nostre battaglie vanno avanti» spiegano dall’associazione Mi Riconosci? «dalla regolamentazione dell’abuso del volontariato all’introduzione di un salario minimo. Cerchiamo stabilità e miglioramenti delle condizioni lavorative». Anche se, di questi tempi, il ministero sembra voler seguire tutta un’altra strada.Marianna Lepore