“Giovani, carini e tirocinanti”, riformare gli stage per fermare gli abusi: l’indagine della Cgil Firenze
Capire come i giovani definiscono la propria esperienza formativa e raccogliere quante più possibili segnalazioni di eventuali difformità rispetto al percorso standard di uno stage: è questo lo scopo del sondaggio oganizzato da Cgil Firenze e Nidil Cgil i cui risultati sono stati presentati qualche settimana fa in un convegno dal titolo Giovani, carini e tirocinanti – Sì ai diritti, no allo sfruttamento coordinato da Elena Aiazzi, responsabile delle politiche del lavoro della segreteria Cgil Firenze e Mattia Chiosi del Nidil Cgil Firenze. I dati presentati sono frutto della distribuzione tra la primavera e l’estate del 2021 di un questionario volto a raccogliere informazioni su un campione di più di 100 ex ed attuali tirocinanti del territorio metropolitano fiorentino. Un campione molto esiguo, in realtà, che non permette di considerare questi risultati come rappresentativi dell'intero insieme dei tirocinanti toscani – e nemmeno fiorentini, a dir la verità; basti pensare che in Toscana ogni anno vengono svolti circa 15mila extracurricolari, e si può calcolare che siano 10mila quelli curricolari attivati dall'università di Firenze e da tutti gli altri atenei e centri di formazione del territorio toscano.Ma comunque questa ricerca può dare qualche spunto interessante sulla situazione degli stagisti toscani. Dei poco più di cento partecipanti al sondaggio più della metà sono donne e oltre il quaranta per cento residenti a Firenze. Quasi sei intervistati su dieci avevano in mano una laurea, triennale o magistrale, ed avevano tra i 18 e i 24 anni al tempo dello stage, mentre per quanto riguarda il percorso formativo la componente più numerosa è degli studi giuridici, economici e politici, pari a circa quattro su dieci. Lo studio riguarda solo gli stagisti extracurriculari e infatti nel questionario era presente una domanda proprio per filtrare il campione.Ma qual è la situazione sui tirocini al momento nel territorio fiorentino? «Vedendo le comunicazioni obbligatorie notiamo un aumento dello strumento» spiega Mattia Chiosi, «perché in un contesto precario della gestione emergenziale del Covid è diventato un mezzo molto appetibile per accedere a una manodopera a buon mercato per le aziende. La stima che ci riferiscono è di un aumento del 200 per cento a livello nazionale. E la preoccupazione c’è anche sul nostro territorio».Tornando allo studio sui tirocini, l’idea viene a Chiosi quasi una decina d’anni fa quando il programma GiovaniSì che accoglie la regolamentazione su stage e tirocini in Toscana era partito da poco. All’epoca era lui stesso, 23enne, un tirocinante: «Facevo uno stage curriculare in Nidil Firenze e tra le altre cose davo una mano sulla lettura delle comunicazioni obbligatorie relative all’attivazione di stage» conferma: «Già allora c’erano una serie di progetti formativi che avevano qualcosa di sospetto sopratutto in alcuni settori in cui la formazione ha una povertà di competenze. Mi interessava capire chi utilizzasse lo strumento che è cofinanziato dal pubblico e deve per forza di cose avere un livello di controllo superiore». Gli anni poi sono passati e alla fine «quando sono rientrato come funzionario al Nidil l’anno scorso mi sono rimesso durante la pandemia a rivedere tutte le comunicazioni obbligatorie che stavano arrivando e ho notato che non è cambiato molto. C’erano le stesse aziende a riproporre gli stessi stage così è nata l’idea di proporre un questionario dinamico facilmente accessibile per i giovani e raccogliere le loro esperienze».Il questionario racconta di quasi sette intervistati su dieci che hanno ricevuto un rimborso spese minimo di 500 euro al mese, contro due su dieci che ne percepivano tra i 600 e gli 800 euro. Per i rimanenti, invece, il rimborso era pari o superiore ai mille euro. È opportuno ricordare che non si parla di tirocini gratuiti perché la ricerca ha ricompreso solo gli extracurricolari, per i quali già dal 2012 la Toscana, prima Regione in Italia, vieta la gratuità. Il segnale più controverso è quello che arriva dopo: un numero sensibile di questi stage è stato caratterizzato da autonomia e sfruttamento, superando di gran lunga gli orari e spesso vedendo la mancanza di tutor e di un vero ruolo formativo. Emerge una scarsa conoscenza che i tirocinanti hanno dei loro diritti e dei loro doveri, della differenza tra formazione e lavoro. «Si è investito poco sul piano comunicativo, nello spiegare che non si deve parlare di retribuzione e di una serie di altri istituti che sono propri del lavoro, perché se cominci a farlo l’azienda si sentirà incentivata a trattare i tirocinanti come lavoratori. Perciò chiediamo alla Regione di trovare un sistema per dare tutte queste informazioni anche prima dell’inizio di uno stage».L’idea del sindacato è quella di costruire una piattaforma in cui poter raccogliere tutti i dati e a quel punto mostrare alla Regione cosa funziona e cosa no. «Avere un campione che ci dica ho fatto questo per un determinato periodo, mi sono sentito sfruttato oppure è andato tutto bene ed è stata una bella esperienza. Perché se anche ci fosse una percentuale bassa di abusi bisogna comunque lottare per azzerarli. In questo senso ci serve una piattaforma per poter poi dire, dati alla mano, alla Regione guardate che ci sono alcune aziende che non hanno un valore di competenze da trasmettere alto e, quindi, non producono tirocini genuini. Queste aziende non dovrebbero più farli». Mansioni ripetitive o di basso profilo per apprendere le quali non ci sarebbe, oggettivamente, bisogno di stage: per imparare a lavorare a una pompa di benzina, per fare i letti come cameriere ai piani negli alberghi, per imparare a spazzare le strade come operatori ecologici, e soprattto – circostanza frequentissima – in negozi e supermercati, come banconisti, magazzinieri, cassieri.Vi sono poi anche realtà che, indipendentemente dalla “complessità” del loro business, usano il tirocinio a ripetizione senza alcun tipo di assunzione. «La Regione al momento permette di aumentare le percentuali di utilizzo contemporaneo dei tirocinanti per chi assume, ma lo consente anche per chi offre contratti a tempo determinato mentre secondo noi bisognerebbe abbassare la percentuale di stagisti in azienda. Il premio per chi assume a nostro avviso è quello di poter continuare a usare lo stage, non di farglielo usare di più». Questo per evitare la ripetizione di stage, interruzione e nuovo stage senza poi uno sbocco reale. «C’è una forma contrattuale di inserimento e formazione che è l’apprendistato. Per noi andrebbe usato quello perché è una forma di lavoro e non è formazione scambiata per lavoro».Al convegno di presentazione dei risultati sono intervenuti anche Paola Galgani, segretaria generale Cgil Firenze, Monica Becattelli, responsabile Arti servizi Firenze e Prato, Benedetta Albanese, assessora al lavoro del Comune di Firenze, Mirko Lamo, segreteria Cgil Toscana e Alessandra Nardini, assessora regionale al lavoro, istruzione e formazione professionale. Ed è proprio all’assessora Nardini che è stata rivolta la proposta di costruire un meccanismo anonimo di segnalazione, «qualcosa che consenta al tirocinante di approcciarsi a questa esperienza sapendo che ha degli strumenti in mano se le cose non andassero come dovrebbero». Non solo, sarebbe un mezzo anche per il sindacato per avanzare le richieste degli stagisti, e per la stessa Regione che avrebbe la possibilità di avere un dato che le consente di intervenire. Altrimenti, spiega Chiosi, «è un abuso che non viene contrastato ma anzi agevolato se non ci sono controlli da parte di chi ha strutturato questa politica».La proposta è, quindi, quella di una app da inserire sul sito Giovanisì attraverso cui il tirocinante può segnalare con un pulsante qualche difformità nel suo percorso. «L’assessora Nardini si è mostrata disponibile. È persuasa dal fatto che il programma Giovanisì vada cambiato perché è uno strumento che festeggia 10 anni e per quanto innovativo all’epoca, nel tempo le maglie larghe sono diventate così facili da infiltrare che i meccanismi di verifica si aggirano facilmente».La Repubblica degli Stagisti ha provato a contattare l’assessora per un commento, ma l'invito è stato declinato con la spiegazione che il tema sarà «oggetto di un’iniziativa specifica». Nel corso di quest'anno, infatti, «si avvierà su questo punto la concertazione in tripartita». «Abbiamo trovato una buona disponibilità da parte della Regione anche grazie al fatto che partirà il nuovo settennato del Fondo sociale europeo e c’è volontà di rafforzare questa politica. Sicuramente la regione sta prendendo in mano la possibilità di fare più controlli e coinvolgere l’ispettorato del lavoro su questo punto», anticipa Chiosi. Che conferma al momento sia allo studio anche una modifica della legge regionale sui tirocini, «è già partito un percorso per aumentare da 500 a 600 euro il rimborso minimo e dal nostro canto incalzeremo la politica per ottenere dei risultati». La sensazione del sindacato è di un parziale ottimismo su un 2022 come l’anno che può portare alla concretizzazione delle proposte presentate. «Sono di buon senso e partono da un dato incontrovertibile: oggi come 12-13 anni fa il tema dei tirocini sta tornando. I dati crescono e cresceranno gli abusi e per salvare questo strumento è giusto riformarlo e dare prova della capacità di migliorarsi. L’assessora ci dice che è in corso una riflessione su come collegare lo stage e l’apprendistato, che noi favoriamo perché è un vero rapporto di lavoro. E da qui potrebbe partire un nuovo dibattito per la Cgil, provare a sfidare le istituzioni con delle proposte che siano volte a rendere lo stage un momento di passaggio per delle condizioni più tutelate».Marianna Lepore