Verso una nuova riforma del servizio civile, gli operatori denunciano: «Noi esclusi dal dibattito»

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 24 Mar 2022 in Notizie

Forum Nazionale servizio civile riforma servizio civile

Doveva essere discusso lo scorso 24 febbraio in Consiglio dei ministri, ma la cronaca degli avvenimenti in Ucraina hanno fatto slittare il dibattito per ora a data sconosciuta. Ma le polemiche c'erano e restano: la ministra per la gioventù Fabiana Dadone ha presentato un disegno di legge delega al governo che tra gli obiettivi ha anche «la revisione della disciplina del servizio civile universale»: dimenticando però di coinvolgere gli operatori del settore, avvisati solo tramite comunicato stampa a cose fatte.

«Abbiamo già avuto una riforma abbastanza complessa e ambiziosa del Servizio civile nel 2017, che continua a modificare in maniera significativa la rotta del servizio civile e di cui attendiamo gli elementi di valutazione di impatto delle novità introdotte» spiega alla Repubblica degli Stagisti Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum Nazionale Servizio Civile: «Dal testo alla prima pratica reale siamo partiti tra il 2018 e il 2019, quindi è ancora uno scorcio temporale troppo breve. E mentre eravamo tutti quanti concentrati sull’attuazione della riforma in corso abbiamo appreso dalla stampa l’intenzione della ministra di chiedere una delega al governo per cambiare le politiche giovanili, l’agenzia nazionale giovani e il servizio civile universale».

La prima reazione degli operatori del settore è stata di sorpresa: «La nostra forza è sempre stata quella di lavorare in maniera sinergica: politica, dipartimento, consulta. Non capiamo l’urgenza di prevedere un disegno di legge per perfezionare una riforma in atto senza poi intervenire, nella sostanza, con delle vere novità».

Borrelli chiarisce che quanto previsto dal testo del ddl è già disciplinato dal servizio civile e andrebbe solo in qualche modo perfezionato senza agire tramite una legge: basterebbe organizzare la procedura e la regolamentazione secondaria. «L’ultima riforma è nata da un processo lungo di concertazione, audizioni, verifiche. Un lavoro straordinario di partecipazione e democrazia del precedente Governo che ha coinvolto tutto il sistema Paese: giovani, enti, categorie, rappresentanze. Questa riforma, invece, non nasce da alcuna esigenza particolare».

Lo schema del disegno di legge che la Repubblica degli Stagisti ha potuto visionare è composto da sei articoli; nel primo, in cui si definiscono l’oggetto e le finalità della deroga, si assicura «il coinvolgimento e la più ampia partecipazione dei giovani e delle organizzazioni che li rappresentano nei processi decisionali, anche mediante consultazioni pubbliche volte a conoscere le loro istanze e acquisire i loro contributi». Non è un particolare di poco conto.

Il testo del ddl infatti è nato anche dai contributi raccolti attraverso un questionario online distribuito in occasione della giornata del servizio civile, il 15 dicembre 2021. Una iniziativa per la quale la stessa ministra aveva chiesto aiuto alle organizzazioni: «Noi enti del servizio civile abbiamo dovuto veicolare e diffondere il questionario, quindi le 14mila risposte ottenute sono di giovani del servizio civile» dice Borrelli: «Se da un questionario del genere aspetti di ricevere l’umore e il desiderio, va bene; ma non mi sembra sia un modo di procedere partecipato se invece lo usi come base per una riforma normativa escludendo il confronto con la Consulta nazionale del servizio civile, composta da enti, giovani, enti locali, regioni; se escludi la rappresentanza nazionale dei volontari, dimostrando poco interesse per i giovani che non ascolti; se parli al cittadino con domande per così dire “tendenziose”, cioè che in alcuni casi, nel questionario, sembravano formulate per ottenere determinate risposte, e dalle risposte ottenute agisci una riforma... all’insaputa del mondo coinvolto!», si sfoga Borrelli.

La Consulta del servizio civile peraltro viene nominata ogni tre anni dal ministero della Gioventù e riassume oltre il sessanta per cento delle maggiori rappresentanze del servizio civile in Italia: «Non si capisce perché non si dialoghi con loro prima di aprirsi a ulteriori consultazioni arricchenti» dice ancora Borrelli.

Il questionario era composto da una ventina di domande, di cui quindici inerenti il servizio civile e alcune sul rapporto con il mondo del lavoro. Dai dati raccolti, quasi otto giovani su dieci risultano essere convinti che sia un modo per avvicinarsi al mondo del lavoro e altrettanti ritengono fondamentale il rilascio di una certificazione delle competenze a fine servizio. E infatti all’articolo 3 comma 1g della bozza di disegno di legge si parla di valorizzare la formazione dei giovani operatori volontari al fine di migliorare il «loro livello di occupabilità, anche attraverso sistemi efficaci di riconoscimento, convalida e certificazione delle abilità e competenze professionali formali e non formali acquisite, utile a promuovere l’accesso all’attività lavorativa» e si aggiunge di «valutare l’impatto dei programmi di servizio civile in territori caratterizzati da alto livello di vulnerabilità sociale».

In pratica quindi si vorrebbe valorizzare la formazione dei giovani e le competenze in un’ottica di occupabilità nel mondo del lavoro. «Tutto questo ci sta a cuore, ma recentemente la ministra ha introdotto la certificazione delle competenze come uno degli asset di cui dobbiamo occuparci noi enti della progettazione del servizio civile, confondendo le competenze di chi spinge carrozzine, porta pasti ai senza tetto, con quelle degli enti che fanno politiche attive del lavoro. Anche le Regioni si sono espresse in disappunto rispetto a questa proposta e il ministero del Lavoro non condivide che il servizio civile assurga a politica attiva del lavoro. La ministra, però, avanza una proposta perché ritiene che i giovani vogliano la certificazione delle competenze».

Il riferimento è, appunto, al questionario dello scorso anno in cui, secondo Borrelli, manca una spiegazione reale su cosa significhi mettere in pratica un processo di certificazione: diversanente da un semplice “attestato”, una certificazione implicherebbe un esame pubblico «che potresti non superare, dopo il quale eventualmente potresti avere la certificazione della competenza, cosa ben diversa dal dire ti certifico le competenze che hai acquisito». C’è poi la questione relativa alle spese: «se la valutazione di impatto dovesse essere un’attività da far ricadere in mano agli enti, essi dovrebbero farsi carico anche di questo compito oneroso» riflette Borrelli «E questo ci preoccuperebbe per i costi che ne conseguono. Siamo favorevolissimi a una valutazione ma che sia lo Stato a farsi carico di valutare».

Ci sono poi degli approcci che presentano criticità oggettive: l’articolo 2 comma 1f punta per esempio a ridefinire la disciplina dell’Agenzia nazionale per i giovani, ma «sembra che il governo voglia rivedere l’organizzazione dell’Ang» fa notare Borrelli «che tuttavia è struttura di carattere europeo: quindi non potrebbe farlo!».

L’articolo dedicato specificamente al servizio civile universale è il terzo, in cui si parla di riordino degli strumenti di attuazione del servizio, «anche se basterebbe farlo a livello regolatorio modificando una circolare, senza agire con una norma» ripete Borrelli. Vi sono riferimenti alla necessità di armonizzare le funzioni in materia di servizio civile universale tra il livello nazionale e le Regioni; individuare forme di partecipazione degli enti – «proprio nel momento in cui con questo decreto si attua la totale esclusione dalla partecipazione» constata amaro Borrelli – e prevedere una maggiore partecipazione della Consulta nazionale, con un evidente confitto quindi tra ciò che è scritto e quello che si fa: «Non è stata ascoltata ad oggi... però vogliono ampliarla? La Consulta sta esprimendo pareri contrari fino ad ora inascoltati alle proposte della ministra... che però vuole potenziare l’istituto?».

E poi c’è la questione mobilità che il decreto intende promuovere nei Paesi esteri, in particolare europei. In linea teorica una gran bella novità, ma nella pratica difficile da realizzare. «I progetti sono fatti per rispondere a un bisogno, a esigenze di territori, persone. I ragazzi sono la leva attraverso cui gli enti pubblici lo realizzano. Se la missione del servizio civile, come dice la legge, è la difesa della Patria che si esplicita attraverso questa progettualità sociale, allora i ragazzi danno il loro contributo al raggiungimento di questa progettualità. Se invece come intende la ministra i beneficiari del servizio civile sono i giovani, allora è comprensibile che possano richiedere anche l’esperienza all’estero», nell'ottica di arricchire ancor di più il proprio periodo di servizio civile, accumulare più esperienze e competenze, magari perfezionare una lingua.

Borrelli offre un esempio pratico: «Il Comune che fa il bando per avere dei ragazzi per mantenere la biblioteca aperta o per aiutare i disabili, che esigenza ha di mandare i volontari tre mesi a Parigi? Nessuna, perché ha l’esigenza cogente del progetto che ha presentato. In questo modo si stravolge il servizio civile che non è più il contributo che i ragazzi offrono ad attività di interesse generale, ma ciò che noi facciamo per i ragazzi. Non siamo contrari», puntualizza, «ma questo non è il servizio civile».

Il decreto parla di promuovere la mobilità dei giovani operatori volontari ma non dà indicazioni sulla gestione di tutto il percorso per gli enti. Questi enti si troverebbero a dover costruire partnership con realtà simili all'estero, vagliare le opportunità, verificare la serietà dei percorsi e delle organizzazioni, senza alcun ulteriore supporto in termini di risorse umane e monetarie da parte del Governo?


Dopo mesi di silenzio, finalmente l'altroieri c'è stato un primo incontro
, una call martedì sera tra la ministra Dadone e gli enti del servizio civile, con la proposta da parte del Forum di «uno stralcio della parte sul servizio civile dal disegno di legge». Certo però si parte da posizioni pressoché opposte: il ministero che vuole una nuova legge, il Forum che non ravvisa la necessità di alcuna nuova riforma, dato che già ve ne è stata una pochissimi anni fa, di cui ancora non si è avuto il tempo di valutare l'efficacia.

Intanto di servizio civile continua ad occuparsi anche la politica con la discussione sempre nella giornata di martedì 22 della mozione di Maria Chiara Gadda, parlamentare di Italia Viva, che vorrebbe aumentare il numero di ragazzi coinvolti e innalzare la qualità dei progetti proposti. Insomma di questo argomento sembra vogliano occuparsi in tanti, non tutti però forse si rendono conto che il punto centrale dovrebbe essere aumentare le risorse e semplificare la gestione dei progetti.     

Marianna Lepore

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