Categoria: Approfondimenti

Garanzia Giovani, cambia il meccanismo per pagare i tirocini: ora le aziende “cofinanziano” l'indennità

Con la fine del 2015 la Garanzia giovani è entrata nella sua seconda fase, introducendo delle importanti novità per quanto riguarda il finanziamento dell’indennità di tirocinio. Se precedentemente era finanziata dalle Regioni (nella maggior parte dei casi tramite l’Inps) con fondi comunitari, con l’avvio della seconda fase dal marzo 2016, è previsto tra gli obblighi del soggetto ospitante l’erogazione di una quota di compartecipazione dell’indennità di tirocinio. Un cambiamento notevole che ha lo scopo di responsabilizzare l’azienda. Perché se non ha più lo stagista gratis a spese delle Regioni, ma è obbligata a corrispondergli una somma mensile, sarà più incentivata a dargli vera formazione e un futuro inserimento lavorativo alla fine del tirocinio.Il cofinanziamento o “compartecipazione” prevede una quota pubblica a carico della Regione e una quota privata stabilita su base regionale: ecco spiegato perché lungo lo stivale si hanno tante modalità diverse.In Lombardia dove l’indennità minima è di 400 euro lordi al mese, si tende a premiare la durata. «Al fine di accelerare la fruizione dell’indennità da parte del tirocinante», si legge sul sito, la Regione «chiede al soggetto ospitante o promotore di anticiparne l’erogazione. Al momento della comunicazione di conclusione del tirocinio, Regione Lombardia provvede al rimborso della indennità anticipata». Per un tirocinio di 4 mesi l'azienda eroga al ragazzo 1600 euro complessivamente, avendone poi indietro 400 dalla Regione (in questo caso dunque la Regione partecipa per un 25% al finanziamento dell'indennità); per un tirocinio di 5 mesi ne eroga 2mila, avendone indietro 800 (pari al 40%); per un tirocinio di 6 mesi ne eroga 2.400, avendone indietro 1.200 (arrivando così al 50%). In Piemonte il cofinanziamento regionale arriva solo dal quarto mese per tirocini che durino effettivamente sei mesi:  in questo caso dopo i primi 90 giorni l’indennità di 600 euro al mese viene erogata dalla Regione tramite l’Inps. Mentre l’indennità dei primi mesi è a carico dell’azienda che viene resa più «consapevole dell’importanza del tirocinio e incentivata a investire sul giovane». Ma attenzione, non tutti i tirocinanti di Garanzia Giovani hanno qui diritto al confinanziamento: la Regione ha deciso di riconoscere «il contributo pubblico» solo «per tirocini di 6 mesi» e solo se attivati nei confronti «di giovani disoccupati (ex art.19 del D.lgs. n. 150/2015), unicamente per  tirocini  a  tempo  pieno,  registrati  nel  SILP  con  stati  occupazionale  D  (disoccupato)  e  I  (inoccupato)». Invece  «non  sono  ammessi  al  contributo  pubblico i giovani in stato occupazionale D2 (precari) e D4 (sospesi); o di giovani svantaggiati (ai sensi dell’art. 7 DGR n. 74/2013), per tirocini a tempo pieno e a tempo parziale». In Friuli Venezia Giulia con un decreto di fine maggio è stata confermata un’indennità di partecipazione per il tirocinante che va dai 300 ai 500 euro, a seconda dell’impegno orario richiesto, di cui il 40% a carico del soggetto ospitante. Si tratta, però, di una «remunerazione a risultato per il soggetto promotore a conclusione del tirocinio».  Significa quindi che è l’azienda ad anticipare i soldi, ed eventualmente subire i ritardi dei rimborsi regionali, salvo poi ottenere attraverso il Piano integrato di politiche per l’occupazione e il lavoro (Pipol) della Regione un rimborso che va dai 200 ai 500 euro in corrispondenza della distanza dal mercato del lavoro del tirocinante (da bassa a molto alta).In Veneto è stata ridotta la quota di indennità a carico del fondo Garanzia Giovani per un massimo di 300 euro, erogati direttamente dall'Inps, lasciando i restanti 100 a carico dell’azienda ospitante. Quota che può anche essere sostituita dall'erogazione di buoni pasto o mensa. L’indennità di tirocinio a carico del Programma Garanzia Giovani non può comunque essere superiore ai 1800 euro in tutto il periodo. E nel caso il tirocinio non abbia un impegno orario superiore alle 80 ore mensili, entrambe le quote, a carico dell'Inps e dell'azienda, possono essere ridotte del 50%. In Liguria l’indennità di partecipazione è di 500 euro mensili per un massimo di sei mesi e in questo caso è divisa mensilmente tra i 300 euro a carico dell’inps e i 200 a carico dell’azienda ospitante. In Emilia Romagna l’indennità minima per il tirocinante è di 450 euro di cui 300 finanziati da Garanzia giovani e il restante dalle aziende ospitanti. Dal 23 maggio, però,  le risorse europee sono state esaurite e in attesa di rimodulare la convenzione con il ministero per utilizzare altri fondi, è stato sospeso il finanziamento del 70% dell’indennità lasciando quindi interamente al soggetto ospitante la copertura della somma. La Toscana, da sempre all’avanguardia con il cofinanziamento tra azienda e regione, lascia all’azienda il pagamento dei 500 euro mensili salvo poi, a conclusione del periodo di stage e dell’avvenuto pagamento, rimborsare di 300 euro l’impresa. In Umbria è previsto un finanziamento di 300 euro da parte della regione e 200 dall’azienda, ma a seguito dell’esaurimento delle risorse sono state sospese nuove convenzioni di tirocinio e si è iniziato a usare convenzioni preesistenti senza cofinanziamento con un’indennità massima di 500 euro a carico di Garanzia giovani.Anche nel Lazio con il nuovo avviso della fase II è stata prevista una compartecipazione dell’indennità di tirocinio tra azienda e Regione. Quindi dei 500 euro mensili, 300 sono erogati dalla Regione e i restanti 200 da parte dell’azienda, che può anche decidere di aumentare la cifra. Entrambe le quote vengono corrisposte mensilmente, quella della Regione, a carico del PAR Lazio, è versata dall'Inps attraverso bonifico, quella dell'azienda è versata sempre mensilmente attraverso bonifico o assegno circolare.  In Campania i giovani hanno diritto a un’indennità di partecipazione «pari a 500 euro mensili per un massimo di sei mesi», in aumento quindi rispetto al regolamento regionale del 2013 che ne prevedeva 400. Dei 500 previsti, la Regione ne copre 300 euro per l’indennità del tirocinio da fondi Pon Iog mentre i restanti sono a carico dell’azienda ospitante. Mentre in Basilicata è prevista un’indennità mensile lorda di almeno 600 euro, di cui 450 a carico della Regione e i restanti 150 pagati direttamente dall’azienda ospitante al tirocinante, oltre ai costi per le assicurazioni obbligatorie. Un passo avanti, quindi, rispetto alla formula precedente che prevedeva un’indennità mensile non inferiore ai 450 euro.La Calabria ha, invece, un’indennità di 400 euro mensili che viene suddivisa in «300 a carico della Regione come soglia massima di contributo pubblico» erogato dall’Inps e «100 dalle aziende ospitanti come cofinanziamento privato» erogato mensilmente. Entrambe le quote sono erogate a condizione che il tirocinante abbia maturato almeno il 70% delle ore previste ogni mese nel progetto formativo. In Puglia, per i tirocini attivati dal 1° marzo l’indennità di partecipazione di 450 euro è suddivisa in 300 euro erogate dall’Inps a carico del PAR Puglia Garanzia Giovani e 150 minimo a carico del soggetto ospitante, che può decidere anche di aumentare la cifra, e che provvede ad erogarla con cadenza mensile. Questo il quadro, dunque, della distribuzione delle indennità lungo lo Stivale dopo l’avvio della seconda fase della Garanzia giovani. Quasi ogni Regione ha una modalità diversa, e non sono differenze di poco conto: è proprio dalla modalità di erogazione dei rimborsi che discende la attribuzione di “responsabilità” in caso di ritardo nei pagamenti.Marianna Lepore

Splitit, la startup che ha reso possibile la colletta digitale

Raccogliere fondi per una causa benefica o anche solo per un regalo ad un amico? Oggi si può fare in Rete grazie a Splitit, start-up fondata a Catania dal 33enne Carlo Graziano. Un ex expat, un cervello di ritorno: partito per l'Australia subito dopo la laurea in Economia per lavorare e proseguire la sua carriera di giocatore professionista di pallanuoto, che anche oggi gli permette di mantenersi in attesa di essere stipendiato dalla sua azienda.Proprio in Australia è nata l'idea per Splitit: «Nei Paesi anglosassoni si usano molto queste cene per raccogliere fondi, eventi cui partecipano anche 400 persone», racconta alla Repubblica degli Stagisti: «Con il fatto che ero italiano risultavo simpatico a tutti, e dunque ero sempre io a dovermi occupare di invitare le persone e di raccogliere i soldi: mi capitava poi di trovarmi con 40mila dollari in contanti nel cassetto!».Problema che non avrebbe avuto se fosse esistita una piattaforma sulla quale versare il denaro. Un sito per le collette digitali, che è esattamente quello che Graziano ha cominciato a progettare quando nel 2012 motivi familiari lo hanno riportato in Sicilia. Il meccanismo alla base di Splitit è molto semplice: si crea una raccolta fondi, che può essere pubblica se si tratta di beneficenza o privata se l'obiettivo è una lista nozze oppure un regalo di compleanno: da quel momento in poi è possibile effettuare le donazioni. Niente a che vedere con il crowdfunding, visto che non sono previste ricompense per chi versa denaro e i soldi vengono liquidati anche se non si raggiunge l'obiettivo. Alla somma viene solo applicata una commissione del 2%, che rappresenta la fonte di guadagno per la startup.Fondata nel 2013, operativa on line dal febbraio 2014, la creazione di Splitit ha richiesto un investimento iniziale di 20mila euro, soldi che Graziano ha messo di tasca sua. A novembre dello scorso anno è stata rilasciata una nuova versione del sito realizzata grazie ad un finanziamento bancario da 100mila euro. «Si tratta di fondi per startupper under 35 per i quali il Mise fa da garante [attraverso il Fondo centrale di garanzia, ndr] e che vengono erogati dopo una valutazione del business plan da parte dell'istituto di credito». Queste risorse hanno permesso, oltre ad avere due grafici che collaborano con la start-up, anche di assumere una community manager.Si tratta di Giulia Tumminelli, 26enne laureata, entrata in azienda grazie al programma Garanzia Giovani. «In generale, secondo me, GG non ha funzionato», spiega la diretta interessata, «ci sono tanti che ancora aspettano mesi di rimborsi, io stessa sono in attesa di due mensilità. Diciamo che però nonostante tutto io sono stata fortunata: ho avuto una bella esperienza e sono stata assunta, ma il mio è purtroppo un caso isolato e raro». Perché però ha deciso di percorrere questa strada? «Ero da poco reduce da un'altra esperienza lavorativa, anche quella molto interessante, ed ero in cerca di una nuova occupazione. Mi è sembrata un'ottima opportunità quella di svolgere un tirocinio di sei mesi per poi probabilmente essere assunta». Una possibilità che per Tumminelli si è trasformata in un contratto a tempo indeterminato.È anche su di lei che fa affidamento Graziano per lo sviluppo futuro di Splitit. Al momento l'azienda sta cercando un finanziamento da 150mila euro per un piano promozionale della durata di due anni. Fino ad oggi questa start-up si è fatta conoscere investendo in pubblicità su Google e Facebook e scambiando banner, ad esempio, con siti di wedding planner. Proponendosi, cioè, come la piattaforma sulla quale gestire la raccolta fondi per una lista nozze o una lista viaggio. Finora funziona: «L'anno scorso abbiamo gestito campagne per un totale di 70mila euro: da quando a novembre è andata online la nuova versione del sito ad oggi siamo passati a 220mila. Di cui 100mila solo negli ultimi tre mesi». I numeri crescono, ma per arrivare al pareggio di bilancio ci vorranno ancora dai dodici ai diciotto mesi. Anche per questo si lavora già all'internazionalizzazione: «A novembre tornerò in Australia per vedere se c'è la possibilità di lanciare Splitit anche da quelle parti».Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it 

Innovazione e competenze in Italia, quanto sono «digitali» aziende e candidati?

Oltre a essere un termine molto usato e spesso abusato nel mondo della politica e dell’economia, l’innovazione è oggi un’esigenza sempre più concreta da parte delle aziende, in rapporto ai propri processi produttivi e quindi inevitabilmente alle professionalità che si trovano al suo interno e che ne sono parte integrante. Trovare però risorse in grado di essere al passo con i cambiamenti non è facilissimo, come dimostra la costante ricerca dei cosiddetti profili Stem, acronimo inglese che sta per scienze, tecnologia, ingegneria e matematica e indica dunque figure professionali di tipo scientifico. «Di recente la Commissione Europea in occasione del lancio della New Skills Agenda ha richiamato l’attenzione sul numero drammatico dei cosiddetti analfabeti digitali: sul territorio comunitario, infatti, circa il 40% della popolazione adulta non possiede sufficienti digital skill, nonostante entro il prossimo decennio si stimi che la presenza di tali competenze sarà richiesta dal 90% delle occupazioni» dice alla Repubblica degli Stagisti Giulia Rosolen, ricercatrice dell'Adapt, l'associazione fondata da Marco Biagi per la promozione di studi e ricerche dedicati al lavoro: «Sicuramente non si tratta di un dato incoraggiante e lo è ancor meno se si considera che, già adesso, il 40% delle aziende fatica a trovare lavoratori in possesso delle giuste competenze, non solo digitali, per l’innovazione e lo sviluppo del business». Sulla stessa lunghezza d’onda Diego Ciulli, public policy manager di Google: «la carenza di competenze digitali rappresenta uno dei principali freni, per l'Italia, per cogliere tutto il potenziale dell'economia di internet. Secondo i dati di Unioncamere in Italia la difficoltà di reperimento dei giusti candidati in possesso di competenze digitali si rivela mediamente più elevata rispetto a quella delle altre professioni, ossia il 16% contro il 10,1%». Per rispondere a questa e ad altre necessità è nata IRoad, progetto presentato lo scorso maggio presso l’Università Cattolica di Milano, che si concretizza in una piattaforma di job innovation placement, voluta da Adapt in collaborazione con l’agenzia per il lavoro Quanta. «IRoad si prefigge l’obiettivo di sperimentare percorsi volti a facilitare, attraverso la leva della formazione, da una parte le transizioni occupazionali di giovani ad elevato potenziale, dall’altra i processi di innovazione delle aziende di tutti i settori professionali».In sostanza, IRoad a differenza di altre piattaforme non offre solo opportunità di lavoro ma «percorsi ci crescita professionale fondati sull’alta formazione quale leva principale di placement». Per iscriversi basta compilare il form web di accesso alla piattaforma con i proprio dati. In seguito «il team di IRoad procede a un immediato contatto e alla fissazione di un primo colloquio conoscitivo nei 7 giorni successivi alla registrazione. Lo step successivo è l’inserimento nel nostro network ed il coinvolgimento nei nostri percorsi finalizzati allo sviluppo di progetti di ricerca innovativi, di start-up anche attraverso l’attivazione di percorsi di alta formazione in assetto lavorativo progettati in collaborazione le imprese, le università e le istituzioni dell’alta formazione: Its, centri di ricerca», spiega la Rosolen.«Sono numerosi i settori in cui le tradizionali istituzioni formative non sono in grado di preparare, da sole, delle persone in grado di interpretare e guidare le sfide poste dalla grande trasformazione del lavoro» continua la ricercatrice: «La responsabilità, in ogni caso, non può e non deve ricadere esclusivamente sul tessuto formativo: occorre maggior dialogo tra tutti gli operatori - pubblici e privati - per la definizione delle competenze che saranno richieste in futuro, al fine di orientare al meglio le riforme, i piani di formazione e gli investimenti».Dal canto suo Google, in collaborazione con ministero del Lavoro e Unioncamere, ha dato vita tempo fa al progetto Crescere in Digitale, finalizzato a diffondere competenze digitali tra i cosiddetti Neet, cioè i giovani che non studiano né lavorano. Attualmente sono in fase di svolgimento i primi tirocini presso le aziende che hanno aderito al progetto.L'iniziativa è coerente con le esigenze che gli studi più recenti evidenziano: «Secondo quanto emerge dai dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro, nel corso del 2015 le imprese hanno previsto oltre 47mila assunzioni programmate per figure con questo tipo di professionalità» riassume Ciulli: «Una richiesta che dà soprattutto alla generazione dei millennials, tra i 18 e i 34 anni, una chance in più di trovare lavoro. Ai giovani under 30, professionisti del digitale, si rivolgono più in particolare due assunzioni su cinque».Parallelamente per sviluppare questo tipo di competenze anche tra gli imprenditori è stato avviato il corso Eccellenze in Digitale. A sostenere l’importanza dei canali digitali e dell’innovazione tecnologica in ambito aziendale è anche Julia Sciuto, Education & Employer Branding Manager di Elica: «I canali digitali sono fondamentali per la valorizzazione del nostro  brand, dei prodotti e dei servizi in rete con contenuti di qualità, la generazione di contatto diretto con il consumatore e la gestione delle relazioni a 360°. Diventa quindi importante trovare figure che si occupano  di attività a supporto dello sviluppo dei nuovi business, analisi commerciali e costruzione del piano di comunicazione».Anche l’azienda in cui lavora sta percorrendo nuove strade per reclutare e formare professionisti «tecnologici»: «Siamo diventati più social, da circa due anni l’azienda ha deciso di investire in LinkedIn. Questo significa che quasi tutte le selezioni vengono gestite dalla piattaforma recruiter e tutte le maggiori informazioni Hr vengono veicolate tramite la nostra company page. Infine sin dall’inizio abbiamo deciso di aderire ad Employerland, il primo gioco a quiz dedicato al mondo del lavoro che aiuta i giovani ad entrare in contatto con le aziende. Attraverso l’applicazione, infatti, ogni utente può costruire il suo curriculum di gioco e partecipare a quiz specifici promossi dalle aziende, finalizzati a farle entrare in relazione con potenziali nuovi talenti da inserire nella propria organizzazione».Solo puntando sulla formazione e stringendo sempre più il contatto tra candidati e aziende si può provare a diminuire il gap tra forte richiesta di competenze digitali e risorse non sufficientemente all’altezza dei compiti richiesti. Nella consapevolezza che più che il futuro, le cosiddette professioni digitali sono ormai una realtà.  Chiara Del Priore

Anche lo stagista deve presentare la dichiarazione dei redditi. Ma solo se supera gli 8mila euro annui

«Mio figlio è occupato come stagista e riceve un rimborso spese. Deve fare il 730?». Con questo tweet qualche tempo fa un lettore chiedeva alla redazione della Repubblica degli Stagisti se per i tirocinanti esistesse o meno l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. Questione collegata a un'altra sollevata lo scorso anno, e cioè se i figli che percepiscono un'indennità di tirocinio devono considerarsi 'a carico' dal punto di vista fiscale. Risposta positiva, a detta della Fondazione nazionale commercialisti, sempre che il reddito totale del ragazzo non superi all'incirca i 2.840 euro. Questa volta a sciogliere il nodo sulle incombenze fiscali degli stagisti è Pasquale Saggese, membro della Fondazione Nazionale dei Commercialisti e ricercatore di diritto tributario.Quando scatta l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi?I redditi che derivano da borse da studio e per analogia dai tirocini sono assimilati al lavoro dipendente, benché non via sia reale analogia, e a questi è applicato un trattamento fiscale molto simile a quello di una normale busta paga. Solo se il reddito complessivo non supera gli 8.145 euro annuali si rientra nella no tax area e non diventa più obbligatorio dichiarare. Esiste poi anche tutta una serie di borse di studio escluse da imposizione: per esempio quelle erogate dalle regioni agli universitari, quelle per i dottorati di ricerca, gli assegni di ricerca post laurea, le Erasmus mundus e plus.Uno stagista può provvedere da solo alla dichiarazione oppure è necessaria l'assistenza di un commercialista o di un caf?È il datore di lavoro che si occupa del 730 dello stagista nel caso in cui presti l'assistenza fiscale e attui come sostituto d'imposta. Non è detto che accada, perché per esempio talvolta i piccoli imprenditori non se ne fanno carico. In quel caso lo stagista può richiedere loro il cud e rivolgersi a un professionista o a un caf, oppure risolvere da solo. Oggi sono stati predisposti mezzi “fai da te” attraverso i modelli web dell'Agenzia delle Entrate. Come funziona per l'eventuale recupero di trattenute Irpef non dovute?Per importi minimali la detrazione fa sì che non si paghino imposte. Ma la soglia di esenzione dipende in realtà dai mesi lavorati. Per effetto del meccanismo delle detrazioni e dei relativi calcoli succede quindi che per gli stage annuali la soglia di reddito entro cui l'Irpef dovuta è pareggiata dalla detrazione Irpef, quindi non viene trattenuta, è pari a 8.145 euro. Per uno stage di 6 mesi invece la predetta soglia scende a 6mila euro. Superata quella cifra, a partire mettiamo dai 6100 - sempre sui sei mesi - si paga un supplemento Irpef che è prelevato dal datore o versato direttamente da stagista. E in quel caso sì che bisogna dichiarare. La borsa di studio sconta in pratica l'Irpef e le  relative  addizionali a seconda di quanto si percepisce nel mese. Ci spieghi meglio...Non esistono delle spese scaricabili, come per le partite Iva, nel caso degli stage. Ma delle detrazioni forfettarie a cui hanno diritto gli stagisti al pari dei normali dipendenti per i costi di produzione sostenuti, di cui la legge tiene conto. Ci sono di mezzo per esempio le spese di trasporto. Oppure i casi speciali, come nel caso delle trasferte: lì il tirocinante ha diritto a vedersi decurtate anche le spese per l'alloggio. È in base ai calcoli realizzati su trattenute e detrazioni Irpef che si ottengono quelle soglie a cui si faceva riferimento, e che determinano l'esenzione dalle imposte. A quanto corrisponde la tassazione a cui in media è sottoposto uno stagista?Fino a 15mila euro, tetto sotto cui normalmente si colloca uno stage, si rientra nel primo scaglione. In questi casi l'Irpef è al 23% più le addizionali. Se dovessero esserci anche altri redditi, allora l'aliquota sale: la più alta arriva fino al 43%. Come funziona per l'eventuale recupero di trattenute Irpef indebitamente sottratte?  In linea teorica è poco probabile che se ne abbia diritto, perché se si applicano le detrazioni di solito si tenderà a non prelevare niente di più del dovuto: semmai si dovrà versare qualche somma aggiuntiva. Se invece non sono state applicate le detrazioni in modo corretto allora ci potrà essere qualcosa da riscuotere. Compilando il 730 si farà richiesta di rimborso, che potrà arrivare sia in busta paga che tramite assegno. Ma ci vuole un po' di tempo.  E per gli stage all'estero?Se per esempio un'impresa italiana ha un tirocinante in una sede estera e gli eroga la borsa, questa sarà soggetta alla tassazione italiana. E se dovesse scattare anche quella del paese ospitante, bisogna vedere però caso per caso, esistono tutta una serie di meccanismi compensativi come il credito per le imposte all'estero o l'esenzione nel paese di residenza che evitano eventuali doppie tassazioni.  Come siamo messi in fatto di scadenze per la dichiarazione?In verità il termine è già passato, risale al 16 luglio. Ma si può sempre rimediare con il cosiddetto 'ravvedimento operoso', che prevede delle sanzioni irrisorie. Per ora siamo allo 0,1% per ogni giorno di ritardo fino al 15esimo giorno e via via si sale. Finché non arriva l'avviso bonario c'è tempo per dichiarare. Ilaria Mariotti 

Bookingbility, la start-up che aiuta i disabili a scegliere gli alberghi

C'è chi su TripAdvisor si lamenta della presenza dei disabili in albergo e chi invece fonda un'azienda per permettere anche a loro di scegliere il posto migliore per andare in vacanza. «Non è un bello spettacolo per i miei figli» questo il commento pubblicato da un uomo in vacanza a Roseto degli Abruzzi per lamentare la presenza di molti ragazzi disabili nell'hotel in cui aveva prenotato. Dal più popolare sito di recensioni di esercizi pubblici, l'improvvida lamentela è stata negli ultimi giorni ripresa sui social network suscitando una caterva di critiche. «Il pacco è servito» è il titolo scelto dall'uomo per il suo commento, che contiene addirittura una minaccia di azioni legali contro l'albergatore. «Questa cosa non l'ho nemmeno condivisa, per non dare visibilità ad un imbecille», dice senza mezzi termini alla Repubblica degli Stagisti Annalisa Riggio: «Mi sembra talmente assurda che stento a credere che possa essere autentica. Anche se non è la prima volta che sento commenti del genere: a volte i gestori degli hotel mi dicono che i clienti si lamentano per la presenza di disabili». Niente di più lontano dalla sua mentalità, che l'ha portata ad aprire l'anno scorso una start-up proprio per aiutare i diversamente abili a prenotare un soggiorno in alberghi senza barriere architettoniche e con tutte le caratteristiche necessarie per accoglierli al meglio. Bookingbility è stata fondata a Palermo da tre trentenni: oltre alla Riggio, oggi 35enne, ci sono Giuseppe Sciascia (33) e Aurelio Buglino (37). «In Italia la disabilità non è ammessa» riflette lei: «Nella migliore delle ipotesi le persone provano disagio in presenza dei disabili. È un problema culturale importante, ma abbattendo le barriere architettoniche riusciremo ad abbattere anche quelle mentali».Diplomata all'Accademia di Belle arti, mentre i suoi soci sono rispettivamente perito informatico e ingegnere gestionale, i tre si sono conosciuti ad Epidemia Lab, agenzia di comunicazione web per la quale tutti al momento continuano a lavorare. «L'idea per questa start-up nasce da me, anche se non ho alcuna relazione con la disabilità, non ho per esempio famigliari disabili» racconta Riggio: «All'inizio pensavo che questo potesse essere un deterrente. In realtà, non lo è stato». La “scintilla” da cui è nata Bookingbility è scoppiata «mentre stavo prenotando un soggiorno su Internet. Guardavo i filtri che si possono applicare per affinare la ricerca e mi sono accorta che non c'era nulla che facesse riferimento alle persone con disabilità». Da lì ha cominciato a navigare in Rete alla ricerca di piattaforme che tenessero conto di questo tipo di esigenze: «Non c'era nulla. E così quella che era stata un'intuizione è diventata un'ossessione». Nel percorso che ha portato dall'idea all'azienda Riggio ha avuto modo di conoscere e di confrontarsi con molte persone diversamente abili: «Mi sono lasciata guidare da loro e, se c'è una cosa che ho capito, è che ognuno ha le proprie esigenze che non sono standardizzabili». Certo, nessuno può affrontare una rampa di scale con una carrozzella, ma poi «c'è chi vuole il water alto e chi lo preferisce basso, chi si accontenta semplicemente di una stanza grande» all'interno della quale muoversi più agevolmente.Ad oggi sono un centinaio le strutture ricettive presenti sulla piattaforma. «Molte le abbiamo contattate noi, a partire dai database delle associazioni di persone disabili che sono sempre i più attendibili». Ma ci sono già alcuni alberghi che stanno scrivendo a Bookingbility chiedendo di comparire sul loro sito. «Chi richiede l'iscrizione deve compilare una modulistica, allegando delle foto e una documentazione che testimoni l'accessibilità della struttura». L'algoritmo elaborato dalla start-up assegna quindi un punteggio agli alberghi a seconda delle loro caratteristiche, al quale si sommano poi le recensioni degli utenti. Una volta avvenuta la prenotazione, la start-up trattiene una quota pari al 15% dell'importo, sulla linea di quello che fanno le principali piattaforme per la ricerca di hotel.In poco più di un anno di attività Bookingbility si è già aggiudicata diversi premi. Il primo lo scorso anno allo Startup Weekend Tourism Edition. «È stato qui che ho presentato per la prima volta l'idea» racconta Riggio.Quindi è stata la volta di Wcap di Tim, «che ci ha permesso di vincere un periodo di incubazione all'interno degli spazi del consorzio Arca, l'incubatore di impresa dell'università di Palermo», dove attualmente ha sede l'azienda. Un'esperienza, quella di condividere gli spazi di lavoro con altri startupper, «che sta dando valore aggiunto in termini di network». E per rendere ancora più fitta questa rete di contatti utile per la crescita dell'azienda «ci siamo iscritti all'Associazione startup turismo, grazie alla quale partecipiamo ad incontri con soggetti interessati ad investire nel nostro settore».Al momento i tre soci non prendono uno stipendio e continuano a lavorare anche per l'agenzia di comunicazione nella quale si sono conosciuti. Solo due sviluppatori sono pagati con un contratto di collaborazione: «Stiamo cercando un investitore». Nella speranza che il fatto di aver registrato l'azienda come start-up innovativa a vocazione sociale, con tutti i vantaggi fiscali che questo comporta per chi investe nel progetto, possa rendere più facile la ricerca di nuovi fondi che permettano ai disabili di trovare delle strutture adatte alle loro esigenze per trascorrere le vacanze.Riccardo Saporitistartupper@repubblicadeglistagisti.it 

Leadership al femminile: «In Italia ancora poche donne in posizioni apicali»

Casi eccellenti di donne che sul lavoro ce l'hanno fatta: sono le storie di Cristina Scocchia, 42enne ad di L'Orèal Italia [nella foto sotto], e Patrizia Ravaioli, 50 anni e amministratore dell'Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana [nella foto a sinistra], raccontate allo Young Women Leadership Workshop. L'evento è stato organizzato alla Luiss da Mentors4u – programma per il mentoring non-profit  – e dedicato al tema della leadership femminile. Un momento di riflessione su cosa significa in questo paese non solo essere donne lavoratrici, ma leader. «Le donne sono poco rappresentate in posizioni di leadership» spiegano gli organizzatori, perciò «lo scopo è sensibilizzare fin dai banchi universitari le ragazze interessate a avviare una carriera nel mondo dell’azienda, affinché acquisiscano la consapevolezza necessaria». Punto di partenza il fattore 'diversity', vale a dire quel modo di essere, la peculiarità che le donne portano all'interno delle organizzazioni, il proprio stile. Che non deve sfociare nello stereotipo ma caratterizzare la persona. A esemplificarlo il racconto della Scocchia: «Non mi chiedo mai se il mio team sia composto da uomini o donne» ha spiegato alla platea di universitarie, «ma che tipi di persone siano, se aggressive, capaci di imporsi o invece più collaborative». La questione centrale non deve essere il genere ma la diversità che apporta il singolo: «Mi sentirò meglio quando smetteremo di parlare di leadership femminile o maschile». Il concetto è più facilmente applicabile all'estero, dove la Scocchia ha lavorato per anni: «C'è una differenza enorme con l'Italia. Mi sono resta conto di essere donna quando sono rientrata». Alla Procter&Gamble, che l'ha tenuta negli Stati Uniti per 13 anni, «io ero una manager che sapeva fare alcune cose bene e altre meno bene», senza nessun peso per il genere. Da noi invece permane il pregiudizio, per cui ormai neppure ci si offende più «se si viene scambiati per la segretaria del capo in quanto donna». Oppure se vai a un congresso e ti chiamano «'signora', e agli uomini invece si dice 'dottori'». In più da noi lo scotto da pagare è che come tali «bisogna sempre essere piacenti e allo stesso tempo ragazzine perché si continua a dare molto peso alla bellezza femminile». Senza contare che si «lavora come muli se si è anche madri». Diverso il punto di vista della Ravaioli, che amplia il suo sguardo oltre i confini del mondo occidentale: «Ci sono paesi» ha detto, «che hanno ancora restrizioni legali per le donne, che non possono mai assumere posizioni apicali. Ho per esempio gestito convegni in Pakistan e in Iraq, e non è stato per niente facile». Al centro del dibattito una delle misure che più sta prendendo piede per agevolare l'inclusione femminile sul lavoro: lo smartworking. Per la Scocchia «un'opportunità di conciliazione e anche uno strumento culturale». In L'Orèal si applica oggi quattro giorni al mese. Ma per evitare di sconfinare negli stereotipi di genere, «è aperto a tutti i dipendenti, altrimenti il rischio è pensare che della casa debbano sempre occuparsi le donne». E «ha funzionato bene». L'auspicio della Ravaioli è che «si radichi anche nel pubblico e non solo nel privato». Perché è il modo di approcciare al lavoro che deve cambiare. Proprio a livello culturale: «È stato fatto un test negli Usa chiedendo di correre davanti a una telecamera come un uomo o come una donna» ha raccontato la Scocchia. «I ventenni lo facevano atteggiandosi secondo i canoni che di solito si attribuiscono all'uno o all'altro sesso, tutto il contrario dei bambini di dieci anni, che invece non hanno ancora in mente certi preconcetti». È il famoso video “Like a girl”, che ha milioni di visualizzazioni e che veicola il messaggio che definire una azione “da ragazza” (noi in italiano diremmo “da femminuccia”) deve smettere di avere un connotato dispregiativo e diminutivo.Potremmo avere un futuro diverso insomma, ma molto resta da fare. Perché i diritti acquisiti che consideriamo scontati non lo sono più se si pensa, come ha ricordato la Ravaioli, che «secondo una ricerca molte migranti abbandonano l'università per dedicarsi alla vita da casalinga, e che si praticano ancora mutilazioni genitali nel nostro Paese». Serve concentrarsi anche su aspetti come l'inclusione sociale per eliminare le barriere. Il consiglio per riuscire in una carriera manageriale ma non solo è allora di «provarci con coraggio e determinazione» ha ribadito la Scocchia, non puntando solo «sui lavori di moda o che danno chance più alte perché la vita non è solo razionalità. Meglio guardarsi dentro senza lasciarsi fermare dalle difficoltà tra punto di partenza e punto di arrivo». Senza «mai scendere a compromessi con quello che si è: conta essere persone trasparenti, oneste e generose, più di quello che si guadagna». Per la Ravaioli «va interrogata la pancia e sentire quello che dice: perché poi ci si deve guardare allo specchio e piacersi». Parole simili a quelle della coach della Wise Growth Consulting Maria Cristina Bombelli: «Si deve costruire un'identità e trovare quell'angolo di felicità dove il tempo passa perché si lavora con passione». Ilaria Mariotti 

Entrare nella Guardia di Finanza, ogni anno centinaia di posti a concorso: ma le donne sono solo il 3%

Sono in corso oggi le celebrazioni per il 242esimo anniversario della fondazione del corpo della Guardia di Finanza, la terza forza di polizia italiana. Come l’Arma dei Carabinieri, ha una struttura militare simile a quella delle gendarmerie europee e fa parte a pieno titolo delle forze armate italiane anche se non è dipendente dal Ministero della Difesa ma da quello dell’Economia. La Guardia di Finanza nasce nel 1774, con il nome “Legione truppe leggere”, per volere del Re di Sardegna. Ottiene il suo attuale nome nel 1881: i suoi compiti iniziali riguardavano il controllo delle frontiere e la lotta al contrabbando, per poi andare da fine ‘800 in poi anche a reprimere i reati fiscali. Oggi la Guardia di Finanza occupa oltre 61mila persone: svolge in primo luogo la funzione di polizia tributaria e si occupa del contrasto alla corruzione e agli interessi imprenditoriali della criminalità. In secondo luogo il corpo viene impiegato per la pubblica sicurezza e il controllo delle frontiere, oramai esclusivamente marittime. La GdF è composta da 3.225 ufficiali, 23.602 ispettori, 13.500 sovrintendenti, 27.807 appuntati e finanzieri. Come per le altre forze di polizia, l’accesso avviene esclusivamente attraverso un concorso pubblico, che riscuote sempre grande attenzione da parte dei giovani (di fatto, purtroppo, quasi esclusivamente maschi) in cerca di lavoro: basti pensare che nel 2015 per il concorso che metteva a bando 347 posti da maresciallo sono arrivate 23mila domande, e per i 57 posti da dirigente i candidati sono stati oltre 10mila. Ecco una panoramica le modalità per candidarsi. Il reclutamento. «Il reclutamento di personale nel Corpo della Guardia di Finanza avviene esclusivamente attraverso il superamento di concorsi pubblici, per le tre categorie: ufficiali, ispettori e finanzieri. Possono partecipare i cittadini italiani, anche se già militari, che godano dei diritti civili e politici, non siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione», spiega l’ufficio stampa.Divenire finanziere. Per poter partecipare al concorso per il reclutamento degli allievi finanzieri è necessario avere tra i 18 ed i 26 anni. Per gli ex militari o per i militari in carriera il limite massimo è innalzato per il tempo effettivamente impiegato in armi e comunque l’aspirante non può avere più di 29 anni e deve essere in possesso del diploma di scuola media. A partire dall’anno 2016 il concorso è aperto anche a coloro che non hanno prestato servizio militare, ai quali è riservata – in ogni concorso – una percentuale dei posti disponibili. La selezione prevede un test a risposta multipla su materie della scuola dell’obbligo; seguono alcune prove fisiche (corsa, salto in alto, salto in lungo ecc.) e una visita medica. Superata la selezione, i vincitori vengono ammessi alla frequenza del corso di formazione di base, della durata di 10 mesi, presso la Scuola Alpina di Predazzo o la Scuola Allievi Finanzieri di Bari per il contingente ordinario, e presso la Scuola Nautica di Gaeta per il contingente di mare. Per questi ultimi è previsto un ulteriore periodo di addestramento. La formazione della categoria allievi finanzieri con ferma di un anno è invece demandata al Comando Legione Allievi di Bari. Durante le formazione lo stipendio è pari a 940 euro; a partire dal momento dalla nomina a finanziere semplice la retribuzione sale a 15.643 euro netti annui, pari a poco più di 1.300 euro al mese. Come per le forze armate, sono previste due tipologie di ferma: quadriennale o annuale, con possibilità di rinnovo per ulteriori 12 mesi. Per i sovrintendenti il concorso è solo interno. Per quanto riguarda il ruolo per i sovrintendenti della Guardia di Finanza, il concorso è riservato esclusivamente agli appartenenti al ruolo degli appuntati e dei finanzieri. Il 70% dei posti è riservato a coloro che hanno il grado di appuntato scelto. Il concorso dà accesso ad un corso professionale obbligatorio di almeno tre mesi; prevede una prova scritta su materie di cultura generale e accertamento della lingua italiana. Gli idonei alla prova scritta possono procedere alla valutazione dei titoli per la definizione della graduatoria finale. Al termine del corso, previa idoneità, i candidati vengono nominati vicebrigadieri: un vicebrigadiere di prima nomina viene retribuito 17.342,63 euro netti l’anno, pari a 1.455 euro al mese.Il ruolo dei marescialli aperto anche ai civili. Per accedere al ruolo degli ispettori della Guardia di Finanza è invece previsto un concorso pubblico. Il 70% dei posti a disposizione nell’anno solare viene assegnato con un bando aperto al mondo civile. Possono partecipare tutti i cittadini italiani che abbiano concluso la scuola media superiore, che non siano stati condannati per reati dolosi, che abbiano idoneità psico-fisica e che non abbiano compiuto il 26° anno di età (limite innalzato a 35 anni per gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza). Anche i sovrintendenti e i finanzieri possono partecipare al concorso se non hanno ricevuto sanzioni disciplinari maggiori della consegna negli ultimi due anni e se non sono stati rinviati a giudizio. Il concorso prevede una prova preliminare con questionario a risposta multipla, una prova scritta di composizione in lingua italiana, accertamento dell’idoneità attitudinale e dell’idoneità psico-fisica, una prova orale di cultura generale, esame facoltativo in una o più lingue straniere (scritta e orale), una prova facoltativa di informatica. I vincitori devono seguire un corso triennale presso una delle Scuole marescialli della Guardia di Finanza, equiparata ad una laurea di primo livello in Economia e commercio o in Economia aziendale. Gli allievi marescialli hanno uno stipendio di 900 euro per i primi due anni. Lo stipendio netto di prima nomina – al terzo anno – è pari a 18.655,88 euro netti all’anno (circa 1550 euro al mese). Nel 2015 sono stati messi a disposizione 347 posti per più di 23 mila domande.Ufficiali della Guardia di Finanza, la carriera dirigenziale. Gli ufficiali si dividono in cinque ruoli: normale, speciale, tecnico-logistico, ferma prefissata e Accademia militare. Nella Guardia di Finanza, gli ufficiali si differenziano anche in base alle specialità: “normale” (cioè l’impiego classico terrestre), “aeronavale” e “tecnico-logistico-amministrativo”. Per accedere al ruolo normale si deve partecipare ad un concorso per esami che consente l’accesso all’Accademia militare sia per la specialità normale che per quella aeronavale. Per entrare è necessario non aver riportato condanne penali, avere un diploma di scuola superiore quinquennale, aver compiuto 17 anni e averne meno di 22. Anche l’altezza conta: almeno 168 cm per gli uomini e 164 per le donne. Il concorso consiste in una prova preselettiva eventuale, una prova scritta di accertamento della conoscenza della lingua italiana, una prova orale, una prova fisica, oltre alla verifica della lingua straniera e delle capacità attitudinali e sanitarie. Dopo il primo biennio gli allievi ottengono la nomina di sottotenente (con stipendio di prima nomina annuo netto di 20.587,13, dopo due anni con stipendio da allievo pari a 900 euro). Gli studi proseguono per altri tre anni, al termine dei quali si ottiene la laurea in Giurisprudenza a ciclo unico. L’ultimo anno si ottiene la nomina a tenente. Nel 2015 sono stati messi a disposizione 55 posti per il ruolo normale e sette per quello aeronavale. Sono pervenute per il ruolo normale quasi 9.900 domande, mentre quel quello aeronavale poco più di 1.200. Per quanto riguarda il ruolo speciale, il concorso per titoli ed esami è riservato ai marescialli, agli ufficiali di complemento in congedo e agli ufficiali in ferma prefissata. In questo caso i limiti di età vanno dai 32 per gli ufficiali in congedo fino ai 40 per i marescialli. Il concorso consiste in una prova preselettiva eventuale, due prove scritte (cultura generale e materia tecnico-professionale) e una prova orale oltre alla verifica della lingua straniera, dei titoli e degli accertamenti attitudinali e sanitari. Coloro che provengono dalla ferma prefissata dovranno seguire un corso formativo di un anno prima di essere immessi in ruolo. Gli ufficiali del ruolo tecnico-logistico vengono reclutati attraverso un apposito concorso per titoli ed esami. Possono accedervi i giovani laureati con meno di 32 anni e i marescialli dell'Arma con meno di 40 in possesso del diploma di laurea richiesto dal bando di concorso. Sono ammessi al concorso anche gli ufficiali in ferma prefissata ausiliari del ruolo tecnico-logistico. In ogni bando sono definite le tipologie di prove e le materie. Altro ruolo degli ufficiali è quello della ferma prefissata. Come nelle forze armate, questa tipologia è di fatto una ferma “a tempo”: la permanenza nella Guardia di Finanza è di 30 mesi, rinnovabili per altri 12. Gli Ufp possono accedere, se non hanno compiuto ancora 34 anni, al ruolo speciale o a quello tecnico, attraverso concorso. Si viene arruolati nella ferma prefissata con un concorso pubblico per titoli ed esami. Sono previste prove fisiche e teoriche, oltre alle valutazioni psico-attitudinali e mediche. I candidati devono avere un’età non superiore ai 32 anni. Il superamento del concorso permette l’accesso ad un corso di formazione di almeno quattro mesi con stipendio netto di 900 euro al mese, al termine dei quali si ottiene la nomina. Coloro che posseggono un diploma di scuola superiore almeno quinquennale vengono nominati sottotenenti (con stipendio annuo netto di 20.587,13), i laureati, invece, divengono subito tenenti (21.475,50 euro).Sportivi in Finanza. Anche la Guardia di Finanza ha il suo gruppo sportivo. Per l’accesso viene indetto un concorso per titoli. I requisiti richiesti sono gli stessi previsti per la carriera dei finanzieri e appuntati. Inoltre valgono come titoli i risultati sportivi a livello nazionale ottenuti nella specifica disciplina sportiva, certificati dal Coni o dalle singole federazioni sportive. La Guardia di Finanza periodicamente seleziona sportivi specializzati in atletica leggera, judo, karate, nuoto e tuffi, scherma, tiro a segno e tiro al volo, canottaggio, canoa, vela, sci biathlon, salto e combinata, bob e pattinaggio sul ghiaccio. Nel 2015 sono stati messi a disposizione 18 posti a fronte di 174 domande. C’è tempo fino al 30 giugno per presentare la domanda per i gruppi sportivi 2016.La Finanza per i musicisti: la Banda. La banda musicale della Guardia di Finanza nasce ufficialmente nel 1926, riunendo in un'unica compagine le varie fanfare istituite presso alcuni reparti del Corpo. Attualmente è un complesso artistico stabile composto da un Maestro direttore, un Maestro vice direttore, inquadrati come ufficiali del ruolo speciale, e 102 esecutori provenienti dai diversi conservatori italiani ed incorporati tramite concorso nazionale. Per l’ammissione è necessario essere cittadini italiani, godere dei diritti politici, non aver riportato condanne dolose, non essere stati obiettori di coscienza, avere meno di 40 anni (limite che sale a 45 per gli appartenenti alle forze armate), non essere stati espulsi dalle forze armate, e possedere il diploma strumentale rilasciato dal conservatorio, oltre al diploma di scuola superiore. Il concorso prevede la valutazione dei titoli, gli accertamenti psico-attitudinali e prove musicali. Attualmente è in corso la selezione di un maestro vice direttore.La presenza femminile. Dal 2000 anche le donne possono partecipare ai vari concorsi di accesso alla Guardia di Finanza, e dal 2006 non è prevista più alcuna limitazione percentuale. In quindici anni però non molto è cambiato: nel 2015 le donne impiegate nel Corpo erano però solo 1.807, pari al 3% della forza effettiva. La concentrazione maggiore di donne è tra gli ufficiali (9%), quella minore tra i sovrintendenti (solo lo 0,1%).

Un sussidio di disoccupazione europeo, allo studio un nuovo sistema di welfare

Si è riaperto il dibattito sul reddito minimo garantito (attenzione a non confonderlo con il reddito di cittadinanza!) e ora spunta un'ulteriore ipotesi: un sussidio universale di disoccupazione – "Eubs", da European Unemployment Benefit Scheme – che potrebbe essere realizzato in tutti i paesi Ue nelle stesse modalità. Ne hanno discusso in un recente seminario i giuristi della Scuola europea di relazioni industriali (Seri), riuniti per l'occasione in un think tank sulle politiche di governo, la Fondazione Giacomo Brodolini. L'idea di fondo è sempre la stessa: restituire potere d'acquisto ai cittadini, fiaccati da anni di crisi economica, disoccupazione e remunerazioni sempre più basse. Per Michele Faioli [nella foto a destra], ricercatore di diritto del lavoro e membro della Seri, è urgente «costruire un sistema pan-europeo aromonizzato di sostegno», come scrive in uno dei paper presentato all'incontro. «Una comune prestazione previdenziale sia nella fase di accesso che in quella di beneficio a carico dei datori di lavoro in parti uguali» per quello che può essere considerato un «Jobs Compact europeo».Rispetto ai dati sui posti di lavoro il quadro europeo non è certo florido: Eurostat rilevava a dicembre 2015 «quasi 22 milioni di disoccupati nell'Unione, di cui circa 17 nell'Eurozona, con un tasso di disoccupazione che si aggira attorno al 10%, in rialzo di circa un punto rispetto al 2000» ricorda Elena Monticelli, giuslavorista della Sapienza. Per lei uno dei problemi chiave per l'Unione è proprio la mancanza di un coordinamento fiscale e di una reale applicazione del principio di solidarietà, da tenere in conto «specie nei riguardi di quella flexsecurity verso cui si sta virando». Sarebbe bene che questo parametro guidasse anche il funzionamento dell'Eubs, che «dovrebbe configurarsi come strumento flessibile, capace di modellarsi sulle performance dei singoli stati».Un fondo sopranazionale, in sostanza, «che trasferisca risorse ai paesi colpiti dalla recessione, e a cui gli stati contribuiscano allo stesso costo dei sussidi di disoccupazione di loro competenza ma in questo caso basandosi su linee guida europee» chiarisce la studiosa. Ne verrebbe fuori un meccanismo per cui «si andrebbero a sanare solo i periodi di breve disoccupazione» prosegue la Monticelli, «e che scatterebbe solo in caso di forti shock macroeconomici». Del resto una proposta simile, racconta nel suo paper, è già stata studiata qualche tempo fa dal Centro europeo di studi politici di Bruxelles, sotto forma di «assicurazione per la perdita del lavoro».Il vero nodo è però un altro. Se i costi – come i diversi studi condotti finora hanno ipotizzato – dovessero attestarsi attorno all'1% del prodotto interno lordo europeo, «la proposta diventerebbe difficile da accettare per molti Paesi» ragiona Monticelli, «perché non si manterrebbe la proporzione tra quanto sborsato da ciascuno e quanto poi effettivamente beneficiato». Si apre anche una questione parallela. Nel preliminary research paper discusso alla fondazione si parla di un rischio conosciuto come «azzardo morale», fenomeno sociale per cui «se un soggetto sa di poter contare su una qualche garanzia di fronte a un rischio, si comporterà in modo diverso da come farebbe non potendo invece usufruirne». I potenziali beneficiari – un po' come si obietta nei confronti di tutte le tipologie di reddito a carico dello Stato – potrebbero cioè tendere a adagiarsi, smettendo di sforzarsi di uscire dalla propria condizione di svantaggio. E a lungo andare i risultati sarebbero controproducenti. Ma gli ostacoli non finiscono certo qui, perché «anche armonizzare i sistemi di sicurezza sociale di 28 paesi diversi è un'operazione estremamente complessa, che richiederebbe probabilmente interventi preliminari in campo politico e giuridico» riflettono Simone D'Ascola e Fabio Ferrari dell'università di Verona nel loro studio.Secondo Tiziano Treu [nella foto a sinistra], ex ministro al Lavoro e ai Trasporti intervenuto alla conclusione del dibattito, al di là delle basi giuridiche che «già esistono per uno strumento simile», la misura è da apprezzare «come stabilizzatore anticiclico e di sostegno ai consumi». Resta il macigno dei costi («quanto investire di risorse europee») e il problema della «platea dei beneficiari da determinare insieme alla verifica delle condizioni di accesso». Sarebbe un peccato quindi non approfondire questo nuovo abbozzo di policy di welfare, che «potrebbe facilitare la ripresa, trattandosi di fondi già disponibili e spendibili subito» secondo l'analisi di Silvio Bologna dell'università di Palermo. Specie per l'Italia, dove varrebbero come «garanzia per quei lavoratori occasionali che oggi si dividono tra Naspi e Discoll». Ilaria Mariotti 

Come diventare ufficiali dell'Arma dei Carabinieri? l'Accademia non è l'unica via

L’Arma dei Carabinieri è una forza di polizia ad ordinamento militare. Svolge sia funzioni di polizia militare che le funzioni di pubblica sicurezza. Nel 2000 le è stato riconosciuto il rango di quarta forza armata italiana. Gli ufficiali si dividono in cinque ruoli: normale, speciale, tecnico-logistico, ferma prefissata, Accademia Militare. Il percorso ordinario per diventare ufficiali dell’Arma è l’Accademia. Tuttavia, come per le altre forze armate, esistono percorsi alternativi.Per accedere al ruolo normale si deve partecipare ad un concorso per esami che consente l’accesso all’Accademia militare di Modena. Per entrare è necessario non aver riportato condanne penali, avere un diploma di scuola superiore quinquennale, aver compiuto 17 anni e averne meno di 22. Anche l’altezza conta: almeno 170 cm per gli uomini e 165 per le donne. Il concorso consiste in una prova preselettiva eventuale, una prova scritta per l'accertamento della conoscenza della lingua italiana, una prova orale, una prova fisica oltre alla verifica della lingua straniera e delle capacità attitudinali e sanitarie. Dopo il primo biennio gli allievi ottengono una laurea in scienze giuridiche e la nomina di sottotenente - con stipendio di prima nomina annuo netto di 20.587 euro, dopo due anni con stipendio da allievo pari a 900 euro. Gli studi proseguono per altri tre anni, al termine dei quali si ottiene la laurea in Giurisprudenza.Per quanto riguarda il ruolo speciale, il concorso - per titoli ed esami - è riservato in prevalenza ai marescialli, agli ufficiali di complemento in congedo e agli ufficiali in ferma prefissata. In questo caso i limiti di età vanno dai 32 per gli ufficiali in congedo fino ai 40 per i marescialli. Il concorso consiste in una prova preselettiva eventuale, due prove scritte (cultura generale e materia tecnico-professionale) e una prova orale oltre alla verifica della lingua straniera, dei titoli e degli accertamenti attitudinali e sanitari. Coloro che provengono dalla ferma prefissata devono seguire un corso formativo di un anno prima di essere immessi in ruolo. Fanno parte del ruolo speciale anche il direttore e il vicedirettore della Banda musicale.Gli ufficiali del ruolo tecnico-logistico vengono reclutati attraverso un apposito concorso per titoli ed esami. Possono accedervi i giovani laureati con meno di 32 anni e i marescialli dell'Arma con meno di 40 anni in possesso del diploma di laurea richiesto dal bando di concorso. Sono ammessi al concorso anche gli ufficiali in ferma prefissata ausiliari del ruolo tecnico-logistico. In ogni bando sono definite le tipologie di prove e le materie.Altro ruolo degli ufficiali è quello della ferma prefissata, anticamera del ruolo speciale. Come nelle altre forze armate, questa tipologia è di fatto una ferma “a tempo”: la permanenza nell’Arma è di 30 mesi, rinnovabili per altri 12. Gli Ufp possono accedere, se non hanno compiuto ancora 34 anni, al ruolo speciale o a quello tecnico attraverso concorso. Si viene arruolati nella ferma prefissata con un concorso pubblico per titoli ed esami. Sono previste prove fisiche e teoriche, oltre alle valutazioni psico-attitudinali e mediche. I candidati devono avere un’età non superiore ai 32 anni. Il superamento del concorso permette l’accesso ad un corso di formazione di nove settimane - con stipendio netto di 900 euro al mese - al termine delle quali si ottiene la nomina. Coloro che posseggono un diploma di scuola superiore quinquennale vengono nominati sottotenenti, con stipendio annuo netto di 20.587; i laureati diventano subito tenenti, con una retribuzione leggermente superiore: 21.475 euro all'anno. La formazione prosegue per altre sette settimane di specializzazione. Agli ufficiali di ferma prefissata è riservato l’80% dei posti disponibili per il ruolo tecnico e il 40% di quelli per il ruolo speciale.Paolo Ribichini

Diventare carabinieri, tutto quello che c'è da sapere per partecipare ai concorsi

L’Arma dei Carabinieri è la seconda forza di polizia italiana. Può contare su 104mila tra ufficiali, sottufficiali e carabinieri. Nell’ambito della pubblica sicurezza è un corpo di gendarmeria, cioè un corpo di polizia ad ordinamento militare; dal 2000 è stata elevata a forza armata. Come per la Polizia di Stato, si accede alla carriera nell’Arma attraverso un concorso pubblico per esami. «Ogni concorso è finalizzato a soddisfare determinate esigenze di reclutamento e quindi di formazione», spiega alla Repubblica degli Stagisti il tenente colonnello Gaetano Vitucci dell’ufficio stampa dell’Arma. «Il nostro è un sistema di reclutamento oramai collaudato che ci accompagna da 200 anni». Che attrae ancora migliaia e migliaia di giovani: basti pensare che al concorso Marescialli, che apre più o meno 500 posti all'anno, si candidano mediamente oltre 20mila persone, con picchi di oltre 30mila in alcuni anni.Carabinieri semplici, solo se già militari. I ruoli di accesso all’Arma sono quattro: carabinieri (e appuntati), sovrintendenti, ispettori e ufficiali. Per i ruoli di base il reclutamento, però, non è aperto a tutti, ma è per legge riservato ai militari ed ex militari che abbiano effettuato almeno un anno di ferma prefissata. È necessario avere la licenza media, non aver riportato condanne penali, non avere procedimenti penali in corso e avere un’età non superiore ai 26 anni. L’altezza minima per gli uomini è di 165 cm e per le donne – ammesse dal 2000 – 161 cm. Al termine dei test psico-attitudinali, i migliori accedono al corso per allievi carabinieri della durata di sei mesi con retribuzione di 940 euro. Il corso prevede l’alternanza tra materie teoriche - diritto penale, procedura penale, tecniche di circolazione stradale... - e periodi di allenamento fisico. Al superamento di tutti gli esami, gli allievi verranno nominati carabinieri semplici. La ferma, cioè il periodo di permanenza in divisa, è di quattro anni. Un carabiniere alla prima nomina riceve uno stipendio di 15.643 euro netti annui, pari a poco più di 1.300 euro al mese. I posti messi a concorso sono di norma circa 1.000 all'anno.Per i sovrintendenti concorso solo interno. Per quanto riguarda il ruolo per i sovrintendenti dei carabinieri, il concorso è esclusivamente interno. I posti vengono riservati per il 70% agli appuntati scelti (grado massimo nel ruolo più basso) e per il 30% agli appuntati, ai carabinieri scelti e ai carabinieri con almeno sette anni di servizio. Il concorso dà accesso ad un corso professionale obbligatorio di almeno tre mesi. Se per gli appuntati scelti è sufficiente la graduatoria di merito, il concorso per gli altri include anche una prova scritta di accesso al corso. Al termine del corso, previa idoneità, i candidati vengono nominati  vicebrigadieri. Un vicebrigadiere di prima nomina viene retribuito 17.342,63 euro netti l’anno, pari a 1.455 euro al mese.Il ruolo dei marescialli aperto anche ai civili. Per accedere al ruolo degli ispettori dei carabinieri è invece previsto un concorso pubblico parzialmente aperto al mondo civile. Il 70% dei posti a disposizione nell’anno solare viene assegnato con un bando aperto a tutti. Per l’assegnazione di questi posti possono partecipare tutti i cittadini italiani che abbiano concluso la scuola media superiore, che non siano stati condannati per reati dolosi, che abbiano idoneità psico-fisica e che non abbiano compiuto il 26° anno di età (limite innalzato a 28 anni per gli ex militari). Anche i sovrintendenti e i carabinieri possono partecipare al concorso (con un limite di età di 30 anni) se non hanno ricevuto sanzioni disciplinari maggiori della consegna negli ultimi due anni e se non siano stati rinviati a giudizio. Le prove del concorso consistono in un tema per l’accertamento della padronanza della lingua italiana, una prova orale su materie stabilite dal bando, una visita medica e una valutazione psico-attitudinale, oltre che una prova di efficienza fisica. I vincitori dovranno seguire un corso triennale presso una delle Scuole marescialli dei carabinieri equiparata ad una laurea di primo livello in Scienze Politiche della Sicurezza Sociale. Gli allievi marescialli hanno diritto a uno stipendio di 900 euro per i primi due anni e di 1.600 euro dal terzo. Il restante 30% dei posti a disposizione nell’anno viene assegnato ai sovrintendenti e agli appuntati (con almeno sette anni di servizio) attraverso un concorso per titoli ed esami. Le prove previste riguardano un tema scritto sui servizi di istituto, un esame orale su materie stabilite dal bando, un accertamento attitudinale e una visita medica. I vincitori della graduatoria accedono ad un corso annuale. Entrambi i corsi prevedono alternanza di materie teoriche di tipologia universitaria e materie pratiche. Al termine del corso annuale o alla conclusione dei primi due anni, gli allievi vengono nominati marescialli. Lo stipendio netto di prima nomina è pari a 18.655,88 euro netti all’anno (circa 1550 euro al mese). «Il concorso Marescialli ha numeri piuttosto importanti: oltre 20mila domande», spiega l’ufficio stampa. «Qualche anno fa abbiamo raggiunto addirittura le 32mila richieste» per circa 500 posti.Per l’accesso ai gruppi sportivi viene indetto un concorso per titoli. I requisiti richiesti sono gli stessi previsti per la carriera di carabinieri e appuntati. Inoltre, valgono come titoli i risultati sportivi a livello nazionale ottenuti nella specifica disciplina sportiva, certificati dal Coni o dalle singole federazioni sportive.La banda musicale oggi conta 102 orchestrali. I musicisti che fossero interessati a farne parte devono superare le prove di un concorso dedicato, indicando – nella domanda di iscrizione – lo strumento di specializzazione. È necessario essere cittadini italiani, godere dei diritti politici, non aver riportato condanne dolose, non essere stati obiettori di coscienza, avere meno di 40 anni (45 per gli appartenenti all’Arma, alle altre forze di polizia o alle altre forze armate), non essere stati espulsi dalle forze armate, e possedere il diploma strumentale rilasciato dal conservatorio, oltre al diploma di scuola superiore. Il concorso prevede la valutazione dei titoli, gli accertamenti psico-attitudinali e prove musicali. Non sono al momento calendarizzati concorsi per questa specialità.Paolo Ribichini