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Stage in ambasciata, pubblicato il bando per 82 posti: e finalmente c'è un compenso

I tirocini Mae-Crui sono tornati: e la novità assoluta è che saranno pagati. Da ieri la notizia, anticipata dalla Repubblica degli Stagisti ad aprile, è ufficiale: è stato infatti pubblicato il «Bando di selezione per 82 tirocini curriculari trimestrali presso le Rappresentanze diplomatiche del Ministero degli affari esteri e della Cooperazione internazionale». Solo due settimane - il termine per la presentazione delle candidature scade lunedì 13 luglio - a disposizione per tutti coloro che aspirano a fare un periodo di stage presso le ambasciate italiane in giro per il mondo. «Sono molto contenta per la partenza in tempi strettissimi di questo bando, che ha richiesto un lavoro rapido ed efficace di Maeci e Crui» dice alla Repubblica degli Stagisti la giovane deputata dem Lia Quartapelle, che per molti mesi ha lavorato per la riattivazione di queste opportunità, in questo momento in missione a Detroit nell'ambito di un programma del Dipartimento di Stato.Il Mae-Crui cambia il suo nome in Maeci-Miur-Crui (noi qui, per semplicità, ci limiteremo a "Maeci-Crui") e, come si legge nella prima pagina del bando, «si basa su una convenzione sottoscritta da Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e Fondazione Crui per le università italiane, tesa ad integrare il percorso formativo universitario e a far acquisire allo studente una conoscenza diretta e concreta delle attività istituzionali svolte dal Maeci nel quadro della campagna a sostegno della candidatura italiana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Infatti una grande differenza rispetto ai Mae-Crui è che, mentre questi erano aperti sia a studenti sia a neolaureati entro i primi 18 mesi dalla laurea, al nuovo programma Maeci-Crui si possono candidare esclusivamente gli studenti universitari: i tirocini sono infatti «curriculari». E infatti nel bando vi è anche uno specifico riferimento al riconoscimento di crediti formativi universitari: «Al tirocinante spetta il riconoscimento di almeno 2 crediti formativi universitari (CFU) per mese di attività effettiva, sulla base di quanto inserito nel progetto formativo».I tirocini messi a bando si svolgeranno in 53 sedi in giro per il mondo, tutte ambasciate più sei Rappresentanze permanenti: quella presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo, quella presso l'Onu a Roma, quelle presso le organizzazioni internazionali a Vienna e a Ginevra, quella presso L'Unione Europea e infine quella presso le Nazioni Unite. Queste ultime sono quelle che metteranno a disposizione il maggior numero di opportunità: in Belgio verranno ospitati 8 stagisti Maeci-Crui, e 8 a New York. In tutto i posti sono solamente 82, lontani dai grandi numeri del vecchio Mae-Crui (che metteva a bando, negli ultimi anni, quasi 2mila posti all'anno, suddivisi in tre bandi che raggruppavano 600-700 posti l'uno) e a dir la verità anche lontani dalle previsioni, più contenute, di qualche mese fa. «Si tratta di un primo anno sperimentale, per questo le borse sono ancora non molte e anche le classi di accesso sono ridotte» ricorda però Lia Quartapelle. Bisogna qui tener conto di due fattori: innanzitutto, si tratta una prima ripartenza in un certo senso "sperimentale", dopo la chiusura del Mae-Crui nel 2012. In secondo luogo, per la prima volta questi tirocini hanno un costo, dato che prevedono che agli stagisti venga erogata una indennità. Un elemento fondamentale, sul quale la Repubblica degli Stagisti ha svolto in questi anni una battaglia, denunciando l'ingiustizia e l'iniquità di un programma che, non fornendo un sostegno economico, escludeva sistematicamente da queste esperienze tutti quei ragazzi sprovvisti di famiglie abbienti alle spalle. Famiglie che potessero sobbarcarsi la spesa per viaggio, vitto e alloggio dei giovani stagisti, per tre mesi, in Paesi stranieri.L'emolumento è, comunque, piccolo. 400 euro al mese. Pressoché simbolico, dirà certamente qualcuno: che ci fai con 400 euro al mese a New York? O a Ginevra? Senz'altro è vero. In effetti, la proposta che la Repubblica degli Stagisti aveva fatto al ministero degli Esteri già molti anni fa era di prevedere un emolumento di 500 euro al mese per gli stage svolti in Europa, e di 1000 euro al mese per stage in Paesi extraeuropei. I fondi però, in questo periodo di crisi e sopratutto di feroce spending-review negli enti pubblici, non erano facili da trovare. Questo è il massimo che si è riusciti a ottenere: e per dirla tutta, è sempre meglio 400 euro che zero.Arriviamo al bando, dunque. Riguarda 82 stage che si svolgeranno nell'ultimo trimestre del 2015, con avvio il  1° ottobre e fine il 31 dicembre 2015 («La durata dei tirocini offerti dal Maeci e pubblicati in questo avviso è di 3 mesi senza possibilità di proroga»). Chi si vuole candidare prima di tutto deve soddisfare i requisiti di avere la cittadinanza italiana, non avere ancora compiuto 29 anni («un’età non superiore a 28 anni» si legge, cioè «non aver compiuto il ventinovesimo anno di età al momento della scadenza del presente bando») ed essere iscritto presso una delle 43 università italiane che aderiscono al bando (in calce a questo articolo, l'elenco completo), alle facoltà di Giurisprudenza, Finanza, Relazioni internazionali, Scienze dell'economia, Scienze della politica, Scienze delle pubbliche amministrazioni, Scienze economiche per l'ambiente e la cultura, Scienze economico-aziendali, Scienze per la cooperazione allo sviluppo, Studi europei, Servizio sociale e politiche sociali, Sociologia e ricerca sociale. Gli aspiranti stagisti devono inoltre avere acquisito «almeno 60 CFU nel caso delle lauree specialistiche o magistrali e almeno 240 CFU nel caso delle lauree magistrali a ciclo unico» e superato «il 70% degli esami, se iscritti a corsi di studio del vecchio ordinamento» con «una media delle votazioni finali degli esami non inferiore a 27/30».Infine, i candidati non devono avere guai giudiziari («non essere stati condannati per delitti non colposi», non essere «imputati in procedimenti penali per delitti non colposi», e non essere «destinatari di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza o di misure di prevenzione») e sapere bene almeno l'inglese con «una conoscenza, certificata dall’Università o da organismo ufficiale di certificazione, della lingua inglese almeno a livello B2» più «una eventuale conoscenza della seconda lingua straniera, se richiesto dalla sede ospitante» - come per esempio accade per l'Ambasciata d'Italia ad Abidjan, in Costa D'Avorio, che indica il francese come seconda lingua facoltativa; o quella a Tbilisi, in Georgia, che apprezza candidati che sappiano il russo.Come ci si candida? Bisogna compilare entro le 17 di lunedì 13 luglio il form online inserendo i propri dati anagrafici, il curriculum vitae, il curriculum universitario («completo di tutti gli esami sostenuti nell’intero percorso di studi universitari con relativi voti, pena la nullità della domanda»), l'autocertificazione della veridicità delle informazioni fornite e del rispetto dei requisiti del bando («Il modulo di autocertificazione deve essere scaricato dalla sezione “Candidatura” dell’applicativo, compilato, firmato, scannerizzato insieme al documento di identità in un unico file pdf e caricato nella medesima sezione dell’applicativo»), più una lettera motivazionale.Al momento della compilazione, a ciascun aspirante stagista Maeci-Crui viene richiesto di indicare due sedi di destinazione preferite: devono essere obbligatoriamente scelte una destinazione all'interno del Gruppo 1 (che comprende i Paesi Ue, la Svizzera e gli Usa) e una nel Gruppo 2 (cioè il resto del mondo). Il bando precisa che «l’indicazione delle sedi all’interno della candidatura non è da intendersi come un ordine di preferenza».Cosa succede una volta inviata la propria domanda? «Tutte le candidature pervenute entro la data di scadenza del presente bando saranno preselezionate dalle rispettive università di afferenza che verificheranno il possesso dei requisiti indicati nel bando. Al termine della preselezione, le candidature ritenute idonee dagli atenei verranno esaminate da una Commissione congiunta Maeci-Miur-Fondazione Crui che effettuerà la selezione dei tirocinanti da destinare alle Rappresentanze diplomatiche inserite nel bando». Chi non verrà selezionato non riceverà alcuna comunicazione: la Fondazione Crui comunicherà «esclusivamente i nominativi dei candidati selezionati alle singole università tra l’ultima settimana di agosto e la prima di settembre 2015». A quel punto le università, a loro volta, «informeranno i vincitori che dovranno accettare o rifiutare l’offerta di tirocinio entro tre giorni lavorativi». Saremo dunque intorno al 10 settembre quando gli 82 selezionati verranno contattati: tempi strettissimi per consentire la partenza, come da tabella di marcia, entro il 1° ottobre. Meglio dunque che i candidati non prevedano di dare.E se qualcuno dovesse rifiutare la proposta, il posto resterebbe vacante? «A fronte di una rinuncia ad un posto di tirocinio, viene attivata una procedura di subentro attraverso cui il posto di tirocinio rimasto scoperto viene proposto al candidato nella posizione immediatamente successiva in graduatoria. Per le sedi di destinazione in cui non vi siano candidati si procede all’individuazione di curricula idonei tra quelli dei candidati non vincitori di altre sedi e si propone loro di effettuare il tirocinio in una sede non prescelta nella candidatura». E ancora, se dopo aver accettato qualcuno dei partecipanti cambiasse idea e volesse tirarsi indietro all'ultimissimo momento? «Qualora il vincitore decidesse di rinunciare dopo aver già accettato il posto di tirocinio, è tenuto a comunicare tempestivamente la decisione per evitare disordini nella programmazione delle attività all'interno delle sedi ospitanti». Dal punto di vista economico, come anticipato rispetto al passato questo nuovo programma di tirocini prevede un sostegno ai giovani partecipanti: «Trovo molto positivo che anche il ministero dell'Università abbia messo sul programma delle risorse proprie» aggiunge Lia Quartapelle «permettendo di raddoppiare quanto a disposizione per i rimborsi e di arrivare alla cifra finale di 400 euro al mese». Perché infatti, come puntualizza il bando, dei 400 euro mensili «200 euro sono pagati dalla Rappresentanza diplomatica presso la quale si svolge il tirocinio e 200 euro dall’università di appartenenza». C'è anche una seconda opzione: quella di percepire un emolumento dimezzato, e poter però usufruire di un alloggio gratuito: «La messa a disposizione di un alloggio sostituisce la corresponsione della quota a carico della Rappresentanza diplomatica, pertanto ai tirocinanti che sceglieranno una sede con alloggio spetta un rimborso forfettario di 200 euro mensili». Specialmente in sedi diplomatiche ubicate in città dove il costo della vita è molto alto, il baratto 200 euro vs alloggio risulterà certamente vantaggioso per i tirocinanti. In realtà però sono solo 16 su un totale di 53 le sedi che propongono la possibilità di alloggio: tra queste 16 ci sono per esempio l'Ambasciata d'Italia a Copenhagen, in Danimarca; quella di Riad in Arabia Saudita; quella di Teheran in Iran.Insomma, i tirocini in ambasciata son tornati, e stavolta a condizioni più eque: chi vuole candidarsi si affretti.Eleonora VoltolinaUniversità aderenti- Alma Mater Studiorum Università di Bologna- Libera Università "Maria SS. Assunta" - LUMSA- Libera Università di Lingue e Comunicazione - IULM- Libera Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli" - LUISS- Sapienza Università di Roma- Università Ca' Foscari Venezia- Università Cattolica del Sacro Cuore- Università Commerciale "Luigi Bocconi"- Università degli Studi dell'Insubria- Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"- Università degli Studi di Bergamo- Università degli Studi di Brescia- Università degli Studi di Cagliari- Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale- Università degli Studi di Catania- Università degli Studi di Firenze- Università degli Studi di Genova- Università degli Studi di Milano- Università degli Studi di Milano Bicocca- Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia- Università degli Studi di Napoli "Federico II"- Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"- Università degli Studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"- Università degli Studi di Padova- Università degli Studi di Palermo- Università degli Studi di Parma- Università degli Studi di Pavia- Università degli Studi di Perugia- Università degli Studi di Roma Tor Vergata- Università degli Studi di Roma Tre- Università degli Studi di Salerno- Università degli Studi di Sassari- Università degli Studi di Siena- Università degli Studi di Teramo- Università degli Studi di Trento- Università degli Studi di Trieste- Università degli Studi di Udine- Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"- Università degli Studi di Verona- Università degli Studi Internazionali di Roma - UNINT- Università del Salento- Università per Stranieri di Perugia- Università Politecnica delle Marche

Cervelli in fuga, la legge Controesodo una "tachipirina di successo": ma ora la sfida è europea

Una «tachipirina» che ha riportato in Italia 7mila cervelli in fuga. Ma che non può bastare a riequilibrare il brain drain, ovvero il fenomeno delle menti italiane fuggite all'estero, con in tasca una o più lauree e in testa conoscenze e competenze per cui gli altri Stati, sentitamente, ringraziano. Questa è la legge Controesodo per Beppe Severgnini, firma del Corriere della Sera che nella legge ci ha creduto fin dall'inizio. Ma non è un giudizio pessimista: «É già stata un successo. Ha sgombrato il cammino. Ora c'è bisogno di un passo in più». Lo dice nel seminario "Circolazione dei talenti", a Bruxelles. Luogo e titolo significativi. Alessia Mosca, eurodeputata democratica, ha voluto rilanciare dal Parlamento europeo il dibattito, insieme a Guglielmo Vaccaro, deputato Pd: da loro nel 2008, quando erano entrambi parlamentari italiani, era partita la proposta di legge. Dopo il varo nel 2010 e il rinnovo nel 2013, la Controesodo ha strappato qualche mese fa una seconda estensione, e non senza fatica, dentro al decreto Milleproroghe. Due anni e mezzo ancora, fino alla fine del 2017: tanto è il tempo a disposizione degli under 40 che hanno studiato o lavorato all'estero per almeno due anni per beneficiare di uno scudo fiscale (tasse sul 20% dello stipendio o del reddito per le donne e 30% per gli uomini) se decidono  di rientrare. «Da qui passa unica possibilità dell'Italia di riprendersi. Nell'ultimo decennio sono 150mila i laureati under 40 che se ne sono andati. L'Italia non potrà modernizzarsi senza di loro»: il pensiero di Vaccaro è "tranchant". Per questo lui avrebbe voluto un'estensione per almeno altri cinque anni. La proroga è «importante, ma non sufficiente», aggiunge. «Il nostro sguardo era teso alla mobilità nel suo complesso più che al rientro. Ma è stata realizzata solo la legge sul Controesodo». Tanto che le altre proposte per agevolare gli investimenti degli italiani dall'estero e per attrarre talenti stranieri in Italia, non sono passate. Lo sguardo, insomma, andrebbe allargato ad una prospettiva più ampia. «Ad una politica per il bilanciamento del saldo migratorio dei talenti, per favorire la mobilità giovanile e gli investimenti da parte di chi è andato via», sottolinea il deputato. Una  politica dove le parole chiave siano circolazione, mobilità, restituzione. E Europa. La legge sul Controesodo dovrebbe essere il tassello di un puzzle molto più grande. Se non altro perché i numeri, in sé, raccontano - e nemmeno in modo troppo preciso - un fenomeno molto più massiccio.. «L'Anagrafe degli italiani residenti all'estero ha passato da poco i 5 milioni di iscritti» dice Matteo Lazzarini, segretario generale della Camera di commercio belgo-italiana, sfornando gli ultimi aggiornamenti presi dal consolato. Cifre ufficiali ma parziali: perché l'iscrizione per chi risiede all'estero da più di un anno è obbligatoria, ma non c'è nessuna sanzione per chi non lo fa. E così, tanto per dire, in Inghilterra l'anno scorso si sono registrati all'Aire in 14mila. Ma 51mila italiani, quasi quattro volte tanto, hanno chiesto l'iscrizione all'assistenza sanitaria inglese. Numeri certi e ufficiali su quanti siano davvero gli italiani all'estero non ce ne sono. Però «secondo l'Aire, le partenze nel 2014 hanno sforato quota 100mila, oltre 14mila solo verso la Germania» snocciola ancora Lazzarini, riferendosi ai 101.297 connazionali emigrati, soprattutto dalle Regioni del Centro-Nord Italia (la Lombardia da sola registra un quinto degli espatri, con oltre 18.400 partenze). L'anno prima erano stati 94mila. Nel 2010 "appena" 60.500. Se non è un esodo questo… La soluzione? «I talenti sono come il sangue, bisogna farli circolare, agevolarli», suggerisce Severgnini. Nel concreto: lavorare, ad esempio, ad un mercato del lavoro europeo. Un mercato unico, dove sia non solo possibile giocarsi ad armi pari la partita per un posto di lavoro, che sia o meno ad alta qualificazione professionale. Il futuro è una cornice comune armonizzata anche a livello normativo e burocratico, per consentire una mobilità veramente efficace. «E il momento per parlarne è questo, perché il pacchetto sulla mobilità del lavoro è allo studio del commissario Thyssen, in vista di dicembre», puntualizza Ilaria Maselli, ricercatrice, che con i colleghi del think tank europeo Ceps sta lavorando anche ad una proposta di schema europeo di disoccupazione. La mobilità però è «ancora troppo bassa, dal punto di vista di Bruxelles, e non è aumentata in modo sostanziale con la crisi», rimarca la ricercatrice mettendo in luce un flusso annuo di spostamenti pari a 1 milione e mezzo di persone. Lo 0,3% della popolazione Ue. La sfida quindi pare essere italiana ed europea allo stesso tempo. Questione di equilibri: il nocciolo è come creare un sistema efficace per evitare il brain drain, un sistema che consenta a lavoratori e talenti di partire e di tornare, anche di ripartire, o di contribuire comunque allo sviluppo del proprio Paese. «Sono convintissima che ritornare non sia l'unica strada per dare aiuto all'Italia. Essere fuori, e con convinzione, conta moltissimo, forse anche di più. L'importante è capire come rendere effettiva la restituzione», riflette Alessia Mosca. «Un modo concreto è agevolare il flusso di uscita e di ingresso, agendo sulle semplificazioni sociali e burocratiche. Questo è definire cos'è l'Europa. Questo è sentirsi europei». Lo "scivolo" fiscale della legge Controesodo è qualcosa, ma non abbastanza. «Degli incentivi fiscali non sono molto entusiasta. La decisione di rientrare dovrebbe essere guidata da altri motivi. Come, ad esempio, avere a disposizione dei centri di eccellenza», riflette ancora Ilaria Maselli. Come dire: il terreno fertile dovrebbe essere la qualità e la meritocrazia di un sistema Paese. Vaccaro però ci crede. «I cervelli di rientro sono come le cellule staminali, capaci di rigenerare il tessuto, cioè il Paese, senza aggredirlo. Se i 7mila rientrati in questi anni diventeranno 70mila, l'Italia cambierà. Mollare è impensabile», chiude. Consapevole però che la legge sul Controesodo resta «un risultato portato a casa, non una politica completa. La questione resta quella di una mobilità di qualità». Magari dentro una cornice pienamente europea, per risposte strutturali che vadano oltre i benefici di una "tachipirina". Maura Bertanzon@maura07 (la foto in alto è presa da Flickr)

Un welfare e una pensione dignitosa anche per i freelance, i tre punti della «Proposta decente» di Acta

Può capitare in Italia, se si lavora come freelance, di subire un intervento chirurgico – anche importante – e dover tornare al lavoro subito dopo. Perché non si hanno tutele e il rischio è di perdere clienti, e dunque fatturato. È successo ad esempio a Federica De Pasquale, vicepresidente di Confassociazioni, che ha raccontato la sua esperienza all'evento che Acta, associazione consulenti del terziario, ha organizzato pochi giorni fa a Roma per presentare un nuovo modello di welfare per lavoratori autonomi. Quello della De Pasquale non è un caso isolato: in Italia, come spiega Acta sul suo sito, un lavoratore su quattro non ha un contratto di lavoro dipendente, ed è quindi un professionista indipendente (negli Usa lo è uno su cinque). Acta, da anni attiva sul fronte della tutela dei freelance  ha dunque focalizzato i problemi principali del welfare dei "non dipendenti" e ha elaborato una sua 'proposta decente' su tre punti, illustrati all'incontro dalla presidente Anna Soru. Il primo è proprio la tutela della malattia. Per quelle «gravi e di lunga durata si chiede l'ampliamento del periodo di tutela oltre gli attuali 61 giorni; un'indennità pari all'80% del reddito per malattia ospedalizzata e al 30% per quella domiciliare e copertura di tali periodi con contributi figurativi; la possibilità di sospendere le quote Inps e Irpef che saranno poi dilazionati a partire dalla ripresa dell'attività lavorativa e l'esclusione degli studi di settore». Il secondo punto è una equa contribuzione pensionistica: il riferimento è all'aliquota che deve versare chi versa alla Gestione separata dell'Inps, la cassa destinata appunto ai freelance senza ordine professionale  – e quindi cassa di previdenza  – specifico. La soglia è oggi al 27% «ma è destinata a aumentare fino a arrivare al 33%», come ha confermato anche Stefano Fassina, viceministro dell'Economia all'epoca del governo Letta e nei giorni scorsi uscito polemicamente dal Pd, in contrasto con le scelte di Renzi sopratutto in materia di lavoro e di scuola. Al dibattito ha sottolineato che «se fino all'annno scorso si è riusciti a bloccarla, a fine anno tornerà a salire», facendo commettere al governo «l'errore culturale di giustapporre il lavoro dipendente a quello autonomo». L'aliquota di riferimento sarà infatti la stessa per le due categorie se l'aumento - come prospettato - ci sarà. Acta propone invece di sospenderlo e di «equiparare la contribuzione dei freelance a quella degli altri autonomi che è il 24%», con l'obiettivo di «prendere come riferimento la riforma delle pensioni del 2011 per artigiani e commercianti». Una proposta che raccoglie anche sostenitori inaspettati: Antonello Crudo, direttore centrale pensioni con funzioni vicarie del direttore generale presso l'Inps, intervenendo al dibattito ha ammesso che l'abbassamento dell'aliquota sarebbe sostenibile. Spingendosi ad affermare che l'innalzamento delle soglie contributive «fa diventare il contributo un tributo: oggi non è più un investimento sulla futura pensione, ma risponde all'esigenza delle coperture dei costi del momento». Ovvero: con i contributi dei lavoratori di oggi si pagano le pensioni di oggi, spesso generose ma altrettanto spesso non sorrette da una contribuzione proporzionata e sufficiente; e per le pensioni di domani, chissà. La terza proposta di Acta, strettamente legata alla seconda, si focalizza sulla necessità di prevedere un'equa pensione per tutti. «La riforma della previdenza italiana verso il sistema contributivo introdotta dalla legge 335 del 1995 ha cambiato drasticamente le prospettive pensionistiche: moltissimi non arriveranno a percepire una pensione decente, adeguata a garantire la sopravvivenza in vecchiaia». Con il paradosso, anzi, per cui con il sistema attuale per molti sarebbe addirittura più conveniente non lavorare, oggi, visto che un freelance che lavorasse tutta la vita con retribuzioni (e quindi contributi) non alti, alla fine  si ritroverebbe a «percepire una pensione intorno ai 600 euro al mese, pur avendo lavorato e versato contributi tutta la vita». La stessa cifra a cui ammonta la pensione sociale, che viene garantita a partire da una certa età anche a coloro che non hanno mai lavorato, come rileva una esponente di un'associazione di autonomi. La riforma ha infatti colpito soprattutto autonomi e parasubordinati, «i primi a essere catapultati nel sistema contributivo puro».L'attenzione della politica è invece tutta sui pensionati del sistema retributivo, come dimostrano i provvedimenti su «esodati, flessibilizzazione dell'età di pensionamento, recentissimo bonus pensioni a seguito della sentenza della Corte dei conti». Per gli altri solo rinvii a data da destinarsi. La proposta di Acta è quindi di intervenire su tre direzioni: «rivedere le modalità di valutazione del montante pensionistico, rendendolo premiante; in secondo luogo introdurre una pensione minima, equiparata all'assegno sociale, come in Svezia, con la copertura della fiscalità generale, per chi raggiunge un numero minimo di anni di versamento, con l'aggiunta di una parte variabile calcolata con il contributivo», a cui lo stesso Crudo ha alluso auspicando per il futuro un avvicinamento verso il sistema anglosassone, composto appunto da due tronconi. Terzo cardine, «una maggiore incentivazione alla previdenza complementare». Chiara Gribaudo del Partito Democratico e Tiziana Ciprini del Movimento Cinque Stelle, entrambe under 40 ed entrambe in Commissione lavoro alla Camera, erano presenti all'evento di Acta e su questi temi promettono battaglia in Parlamento. «Dopo i decreti delegati del Jobs Act sarà la volta dei lavoratori autonomi» assicura la Gribaudo. Primo passo, il «blocco delle aliquote e le tutele per la malattia». Del resto al Festival del Lavoro di Palermo, che si è chiuso ieri, il professor Maurizio Del Conte, consigliere di Renzi in materia di lavoro, ha annunciato che, a margine del JobsAct, il governo presenterà un decreto di riordino del lavoro autonomo ad agosto. I freelance restano in attesa, tenendo alta l'attenzione, affinché le promesse non restino solo parole.Ilaria Mariotti 

Concorso "Young Tax Professional of the Year" di EY: un'occasione per studenti di economia e giurisprudenza

EY è una società di consulenza che occupa 190mila persone nel mondo, con un fatturato di 27,4 miliardi di dollari. In Italia il gruppo EY, composto da sei società e con poco meno di 3mila dipendenti, attua un comportamento decisamente responsabile nei confronti dei giovani - il gruppo fa infatti parte, dallo scorso febbraio, anche dell'RdS network - offrendo per esempio un rimborso spese mensile di 850 euro al mese ai suoi stagisti (circa 450 ogni anno) e utilizzando molto bene il contratto di apprendistato: nel solo 2014, per dare un'idea, ha assunto oltre 400 giovani con questo tipo di contratto, aggiudicandosi per questo anche l'RdS award 2015 per il miglior utilizzo dell'apprendistato. EY ha avviato da qualche settimana lo YTPY 2015, che sta per "Young Tax Professional of the Year": un concorso - quest'anno alla sua terza edizione - rivolto a studenti iscritti al primo o secondo anno di un corso di laurea magistrale in Economia o al quarto e quinto anno di un corso a ciclo unico in Giurisprudenza, che abbiano almeno un esame di diritto tributario all’interno del proprio piano di studi e una  forte motivazione verso le tematiche Tax. Quella riservare la competition agli studenti, anziché aprirla anche ai neolaureati, è una scelta precisa: «Vogliamo far conoscere EY agli studenti oltre che a chi sia affaccia al mondo del lavoro» spiega alla Repubblica degli Stagisti Diana De Filippis, da due anni nell'ufficio HR di EY con il ruolo di recruiter: «Riteniamo che, ai fini della loro formazione, sia un’ottima opportunità per mettersi alla prova cimentandosi nella risoluzione di un case study, nell’esposizione delle loro idee davanti ad una giuria di esperti del settore e provare a partecipare alla competizione internazionale. I neolaureati hanno la possibilità di candidarsi e di avere direttamente delle opportunità lavorative presso la nostra realtà. L’idea della competizione nasce per dare l’opportunità anche agli studenti di fare un’esperienza eccezionale».In concreto, l'YTPY 2015 prevede due fasi: la prima comincerà dopo il 5 luglio, termine ultimo per le candidature. Per partecipare è sufficiente avere i requisiti e candidarsi sul sito, entro appunto il 5 luglio, allegando il curriculum e il piano di studi che attesti l’esame di diritto tributario nel percorso accademico.I ragazzi in linea con le caratteristiche necessarie per la competizione avranno la possibilità di mettersi in gioco subito entrando nel vivo della sfida: «Inizialmente riceveranno dei test logico attitudinali da compilare online e un test di inglese» anticipa Diana De Filippis: «Chi supererà questa prima fase di selezione parteciperà ad un assessment di gruppo presso le nostre sedi di Milano e Roma e a seguire, sosterrà un colloquio individuale motivazionale». Chi tra questi primi prescelti non dovesse non essere domiciliato in Lombardia o in Lazio, verrà rimborsato per le spese di viaggio. «Chi supererà questa fase riceverà un case study sul quale lavorare individualmente» continua De Filippis: «La giuria valuterà tutti i case study ricevuti e decreterà i finalisti che parteciperanno alla sfida finale il 30 ottobre a Milano». I finalisti saranno al massimo 6 e discuteranno il case study da loro elaborato davanti ad una giuria di professionisti: per farlo si ritroveranno a Milano (è sempre previsto il rimborso del viaggio per chi venisse da fuori Lombardia) e il vincitore della finale italiana parteciperà ad un corso di fiscalità internazionale ad Amsterdam, presso l'International Bureau of Fiscal Documentation, della durata 3 giorni, per il quale EY si farà carico di tutte le spese. Ma non è finita: ci sarà anche una finale internazionale, che si svolgerà tra il 29 novembre e il 3 dicembre 2015 ad Amsterdam. Al vincitore della competition dell'anno scorso, per fare un esempio, come premio è arrivato un giro del mondo di 30 giorni: un viaggio di lavoro con visite in centri chiave di EY per il settore tasse a Londra, Washington D.C. e Hong Kong.«Siamo alla terza edizione della YTPY, la partecipazione degli studenti italiani è stata sempre alta e siamo fieri di far confrontare i nostri studenti con quelli degli altri Paesi partecipanti» dice Diana De Filippis. Con un certo orgoglio "rosa": «Le vincitrici delle due scorse edizioni sono state due ragazze, Daiana Buono nel 2013 e Flavia Vespasiani nel 2014». E vincere la YTPY sembra essere anche un ottimo viatico per il proprio futuro professionale: sia Daiana sia Flavia attualmente lavorano in EY: «Entrambe hanno colpito la giuria per la loro tenacia e per il modo in cui hanno affrontato tutta la fase di selezione e, soprattutto, la presentazione».«Io mi sono laureata alla Federico II e attualmente lavoro in EY da un anno e mezzo. Ho deciso di partecipare alla competizione principalmente per avere l'opportunità di entrare in contatto con un'azienda come EY, e magari anche di avere poi un'offerta di lavoro» racconta in maniera molto diretta Daiana in una video-testimonianza pubblicata sulla pagina Facebook EY Italy Careers: «A parte l'ansia di dover risolvere e discutere un caso in inglese di fronte a persone così importanti, è stata comunque una esperienza per mettersi in gioco e per superare i propri limiti. E poi è stato divertente perché abbiamo fatto la caccia al tesoro nel centro storico di Copenhagen, abbiamo cenato sul battello lungo il fiume, ho potuto conoscere persone da tutto il mondo con background diversi e con esperienze culturali diverse. E non solo persone che come me avevano partecipato alla competizione ma anche persone che già lavorano in EY in tutto il mondo e che quindi ci hanno portato la propria esperienza». Daiana non ha vinto anche la competizione internazionale, ma non importa: un lauto bottino lo ha portato a casa lo stesso: «Lavoro in EY quindi ho avuto l'offerta di lavoro che desideravo. Il consiglio che vi posso dare è quello di provarci comunque. Anche se pensate che non conoscete abbastanza bene l'inglese, oppure avete paura perché non tutti all'università si confrontano con temi di fiscalità internazionale. Io ad esempio non lo avevo mai fatto, quindi ho risolto il caso senza sapere quasi nulla praticamente, studiando lì per lì: e vi assicuro che si può fare. Provateci comunque, non abbiate paura dei vostri limiti e credete nel vostro talento. EY vi sta cercando, non vi nascondete»«A breve dovrò laurearmi in economia all'università cattolica di Piacenza e ho deciso di prendere parte l'anno scorso al YT principalmente per mettermi alla prova, e poi ho pensato che sarebbe stato un'esperienza oltre che stimolante anche divertente» le fa eco Flavia, raccontando qualche dettaglio dell'iter della competizione: «La prima fase noi dovevamo sviluppare un case study che poi avremmo dovuto discutere di fronte ad una commissione composta dai principali tax manager di grandi società italiane, alcuni partner di EY, e professori delle maggiori università italiane. La seconda fase si è disputata l'anno scorso ad Amsterdam, ed è stata una piacevole sorpresa perché lì ho avuto modo di conoscere tanti altri ragazzi che avevano condiviso la mia stessa esperienza». Anche per Flavia la possibilità di conoscere tanti giovani di diverse nazionalità è stato un valore aggiunto, ma non solo: «Tutti i coach dell'EY e anche i partner stessi che erano presenti all'evento ad Amsterdam ci hanno messi a nostro agio e oltre alla parte prettamente tecnica ci hanno dato delle delucidazioni sulle soft skills, quindi è stato molto costruttivo anche da un punto di vista non tecnico». Fino ad arrivare al momento più emozionante: «discutere il case study davanti a una commissione di esperti della consulenza fiscale a livello internazionale».Insomma, finora nessun italiano ha vinto la finale internazionale: «Uno stimolo in più per partecipare» secondo Diana De Filippis, che chiude con un consiglio chiaro ai giovani potenziali partecipanti: «Provateci: non abbiate timori, credete in voi stessi e datevi una possibilità. Ci rendiamo conto che gli step di selezione sembrano tanti, duri e difficili ma vi assicuriamo che è una bellissima esperienza. Tutti i ragazzi che hanno partecipato alle precedenti edizioni ci hanno detto che, indipendentemente dal risultato, per loro è stata un’esperienza altamente formativa. Non capita sempre di riuscire a confrontarsi con professionisti di così alto spessore e quindi vi invitiamo a cogliere questa opportunità. Del resto… cosa avete da perdere? Un grandissimo in bocca al lupo e che vinca il migliore!».

Al via a Palermo il Festival del Lavoro 2015: tre giorni di incontri e dibattiti su crisi, riforme e nuove opportunità

Start up innovative, microcredito e fondi europei: quali sono le nuove opportunità per fare impresa? Come si "sfonda", oggi, su internet? E, ancora, quale sarà l'impatto della riforma dei contratti di lavoro approvata con il Jobs Act sui diversi settori? A queste (e molte altre) domande risponderà la VI edizione del “Festival del Lavoro”, in programma a Palermo da domani al 27 giugno fra il Teatro Massimo, il Teatro al Massimo e il cinema Rouge et Noir.L’iniziativa organizzata dalla Fondazione Studi e dall’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro, in collaborazione con il Comune di Palermo, si articolerà in più di trenta fra tavole rotonde, confronti, question time e tavoli di lavoro divisi in quattro sezioni: “L’ora del capitale umano”, “La riforma del lavoro live”, “La fabbrica delle idee” e “Lavoro 2.0”.Si parte domani pomeriggio al Teatro Massimo (ore 15.15 - 17), dall’“Emergenza occupazione”: secondo i dati Istat, in meno di 7 anni sono stati 1,7 milioni i posti di lavoro persi. Garanzia Giovani, gli sgravi contributivi previsti dall’ultima legge di Stabilità e il Jobs Act riusciranno a invertire questa tendenza? A discuterne saranno il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti [nella foto a sinistra], il responsabile della segreteria tecnica del ministero, Bruno Busacca, il vicepresidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro, Vincenzo Silvestri, il presidente della commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi, e i segretari confederali di Cgil e Cisl, Serena Sorrentino e Gianluigi Petteni. Ma il primo giorno si parlerà anche di quali contratti, dopo la riforma, siano più adatti nei vari settori, dei diritti dei contribuenti, del nuovo licenziamento per giustificato motivo e delle conseguenze di un licenziamento illegittimo fra “vecchi” e “nuovi” assunti, della pressione fiscale sulle imprese (in un colloquio con Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate), di “come sfondare su internet” e delle nuove frontiere del welfare con un intervento del presidente dell’Inps, Tito Boeri.Mentre venerdì si parlerà tra le altre cose di beni confiscati come risorsa per creare occupazione, di lavoro sommerso, delle nuove possibilità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, delle opportunità professionali per i consulenti del lavoro, di infrastrutture per il rilancio dell’economia. E, ancora, della riforma degli ammortizzatori sociali e di Garanzia Giovani. Anche il direttore della Repubblica degli Stagisti, Eleonora Voltolina, sarà presente venerdì pomeriggio e modererà il panel “La cassetta degli attrezzi” al Teatro al Massimo (ore 15 - 16.30), in cui sarà presentata dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone la guida “Ci vediamo al lavoro: 10 risposte per 10 domande”, pensata per aiutare i ragazzi – nel delicato passaggio fra la scuola e il mondo del lavoro – nella scelta del loro futuro professionale.Sabato, infine, al Teatro Massimo si affronteranno anche i temi della scuola e della riforma (con l’intervista al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini [nella foto a destra], “Una buona scuola per un buon lavoro”, alle 9.30), della giustizia, con il ministro Andrea Orlando (ore 11.15), e dell’immigrazione, nell’incontro “Europa e immigrazione: fra rigore e accoglienza”, a cui parteciperà anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano (ore 10).Più di 180 i relatori, fra cui i ministri citati, oltre al viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, ai sottosegretari Davide Faraone (Istruzione), Simona Vicari (Sviluppo), Luigi Bobba (Lavoro), ai vicepresidenti della Camera Simone Baldelli e Luigi Di Maio e al vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. Prevista anche la presenza delle eurodeputate Lara Comi e Michela Giuffrida, e di numerosi parlamentari, da Cesare Damiano (Pd, presidente commissione Lavoro alla Camera) a Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia-An). Mentre per il ministero del Lavoro parteciperanno anche il segretario generale, Paolo Pennesi, e i direttori generali Grazia Strano e Danilo Papa. Non mancheranno rappresentanti dei sindacati, ma anche i presidenti dell’Ance, Paolo Buzzetti, del Consiglio nazionale ingegneri, Armando Zambrano, della Fondazione nazionale commercialisti, Giorgio Sganga, della Cna professioni, Giorgio Berloffa. E ancora: il presidente di Equitalia Vincenzo Busa, gli amministratori delegati Mauro Moretti (Finmeccanica), Domenico Arcuri (Invitalia) e Luigi Calabria (Mediocredito centrale). E ancora i direttori dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, dell’Agenzia beni confiscati, Umberto Postiglione, dell’Inail, Giuseppe Lucibello. I presidenti della Regione Veneto, Luca Zaia, e della Regione Basilicata, Marcello Pittella, l’assessore al Lavoro della Regione Sicilia, Bruno Caruso. E i magistrati Nicola Gratteri, Bruno Giordano e Giuliana Sammartino.Per tutta la durata del festival a piazza Verdi sarà allestito il Job Village per fornire a chi è in cerca di occupazione assistenza, guide pratiche, servizi e informazioni. Ma non mancheranno nemmeno lo sport e l’intrattenimento, con spettacoli serali e la mini-maratona “FestivalRun”. Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno la partecipazione al festival è gratuita, ma con iscrizione obbligatoria (quelle online sul sito www.festivaldellavoro.it, dove è possibile scaricare anche il programma dettagliato delle tre giornate, sono chiuse, ma sarà possibile accreditarsi direttamente al festival). La partecipazione ad alcuni incontri permetterà, inoltre, di acquisire crediti per la formazione continua obbligatoria per gli iscritti agli Ordini dei Consulenti del lavoro, dei Commercialisti, dei Giornalisti, degli Ingegneri e degli Avvocati.Sara Grattoggi

La Banca Mondiale cerca i leader di domani: in scadenza il bando per lo Young Professionals Program

Retribuzioni nette annue oscillanti tra  i 70mila euro e i 99mila euro, cioè tra 5800 e poco più di 8mila euro al mese. Questo sarebbe già un motivo più che valido per definire «un’opportunità unica per i giovani appassionati di sviluppo internazionale per diventare leader del futuro», così come è presentata sul sito, il Programma per giovani professionisti (Young Professionals Program) della Banca Mondiale, per il quale sono aperte le candidature fino al prossimo 30 giugno.Non è stato stabilito ancora il numero preciso di partecipanti, che viene deciso a fine processo di selezione sulla base dell’esito dello stesso e delle opportunità aperte sulla base delle esigenze e risorse disponibili. Di solito sono mediamente 30 i partecipanti al programma, che darà la possibilità di effettuare un’esperienza professionale della durata di cinque anni rinnovabili all'interno dei quali i primi due sono da Young Professionals, prevedendo cioè un programma di lavoro ma anche un continuo training, con la possibilità di svolgere il lavoro a Washington, ma anche, da una delle sedi dell'organizzazione presenti nei paesi in via di sviluppo.Requisiti per partecipare alle selezioni età non superiore ai 32 anni (bisogna essere nati dopo il 1982), laurea magistrale o master in svariati corsi di studio. «C’è spazio per qualsiasi disciplina che possa offrire sbocchi nell’ambito dello sviluppo e dei paesi in via di sviluppo. Familiarizzare con le attività della Banca può aiutare a capire quali discipline possano offrire però maggiori opportunità», racconta alla Repubblica degli Stagisti Roberto Amorosino, senior recruiter della World Bank. Tra questi economia, finanza, istruzione, salute pubblica, scienze sociali, ingegneria, urbanistica e gestione delle risorse naturali e avere tre anni di esperienza professionale legata agli ambiti di attività della World Bank o a un percorso di dottorato. Criteri non certo ampi, più che altro perché, quantomeno in Italia, è difficile trovare persone che abbiano maturato già tre anni di esperienza professionale significativa o abbiano a curriculum un dottorato. Il programma però, ci spiega Amorosino, «ha l’obiettivo di identificare, fra l’altro, anche - almeno alcuni fra - i future leaders della Banca».  Necessaria la conoscenza fluente dell’inglese mentre è considerato un plus la padronanza di una delle lingue ufficiali della Banca, ossia arabo, cinese, francese, portoghese, russo, spagnolo. Fondamentale anche aver approfondito  tematiche vicine alle attività della World Bank.Il processo di candidatura prevede come step la registrazione al sito, l’accesso e la compilazione dell’application form online, cui vanno allegati cv, eventuali certificazioni e abstract della propria tesi di master o dottorato. Sono numerosissime, circa 10mila, le richieste che ogni anno arrivano alla World Bank; e in tutto 1700 quelli che ce l'hanno fatta: cioè che sono assunti dall’istituzione del programma, nel 1963, a oggi. Persone che hanno successivamente fatto carriera all’interno dell’istituzione a diversi livelli. Criteri privilegiati nel processo di selezione sono «formazione accademica e tecnica adeguata, field and policy work, writing and presentation skills, client engagement, team work», spiega Amorosino. Alla Repubblica degli Stagisti sarebbe piaciuto sapere, e poter raccontare ai suoi lettori, quanti italiani mediamente si candidano ogni anno al programma, quanti ce la fanno, e quanti di quei "fantastici 1.700" sono di nazionalità italiana: ma purtroppo, dopo settimane in paziente attesa di risposte, la Banca Mondiale ha fatto cadere nel vuoto le richieste.A che cosa avranno diritto i «vincitori» del Programma? Nella FAQ presenti sul sito si parla di un entry level commisurato alla propria formazione e precedente esperienza professionale: «In World Bank il salario è stabilito su tre fattori: livello della posizione, anni di esperienza rilevante e valutazione del candidato sulla base dell’esito delle qualificazioni, esito delle interviste, e così via. Il Programma YP è a livello GF  che prevede una forbice fra un minimo di 78.300 e un midpoint di 111.900 dollari netti annuali» chiarisce a RdS Amorosino. Stipendi di tutto rispetto, proprio perché il programma  non è rivolto a neolaureati "comuni", e prevede criteri di selezione abbastanza impegnativi. Ma, come si dice, tentar non nuoce: per cui perché non provare a cogliere questa opportunità?Chiara Del Priore 

Bandi Erasmus Plus, oltre 800 stage all'estero a bando: da Sassari a Roma tutte le scadenze

Parafrasando un famoso detto, «i bandi Erasmus Plus non finiscono mai». Chi cerca nuove opportunità di formazione all’estero può provare a candidarsi. «È possibile effettuare una mobilità per traineeship all’estero, dai 2 a 12 mesi, presso una impresa o altra organizzazione, in uno dei Paesi partecipanti al Programma» si legge nella pagina ufficiale del sito Erasmus+: oltre agli studenti, «anche gli assistenti di lingua, così come i neolaureati, possono fare domanda di traineeship. Questi ultimi dovranno rispondere al bando di Ateneo e risultare selezionati, prima di laurearsi; dal momento del conseguimento della laurea, ci sono 12 mesi di tempo per svolgere la mobilità di traineeship».Partiamo dalle scadenze più imminenti. Il prossimo 25 giugno è l’ultima data utile per fare domanda per il programma di mobilità promosso dall’università Tor Vergata di Roma. Destinatari studenti di corsi triennale, specialistica o a ciclo unico che non abbiano già beneficiato di mobilità Erasmus Plus o effettuato altri scambi internazionali, con una conoscenza della lingua del paese ospitante pari almeno al livello A1. L’ateneo offre 500 borse di mobilità con partenze previste a settembre 2015 e febbraio del prossimo anno di durata variabile tra i tre e i 12 mesi. Il periodo di mobilità deve necessariamente concludersi entro il 30 settembre 2016. Gli importi netti mensili oscillano tra i 230 euro di paesi come Bulgaria e Polonia e i 280 di Stati come Austria, Danimarca o Norvegia, a cui si aggiunge un contributo di 200 euro mensili. La domanda di partecipazione va effettuata esclusivamente online, collegandosi all’area dedicata agli studenti del portale dell’università.Sono 337 invece le borse di studio per tirocini all’estero di durata tra i due e i sei mesi messe a bando dall’università di Sassari. L’ultimo giorno per candidarsi è il 26 giugno 2015. I contributi stanziati per le borse di studio vanno dai 430 euro netti mensili di paesi di terza fascia con costo della vita basso, tra cui Malta e Ungheria, ai 480 ad esempio di Svezia e Regno Unito. A questi importi si aggiunge una borsa aggiuntiva fissata dal Miur di 270 euro o 220, variabile anch’essa in base al costo della vita dei paesi ospitanti. Destinatari gli studenti di qualsiasi corso di laurea dell’ateneo. La presentazione delle candidature è articolata in due fasi: compilazione del modulo di candidatura online sul sito dell’università, cui va allegato il proprio cv e invio della stampa cartacea del modulo in duplice copia all’ufficio Relazioni Internazionali dell’università (via Macao 32, Sassari) entro la data indicata.Il progetto Mobility Consortia, gestito dall’ente capofila Mine Vaganti NGO, comprende invece una serie di enti pubblici e privati e nove università italiane (università degli Studi di Padova, università Alma Mater Studiorum di Bologna, università Tor Vergata di Roma, università degli Studi di Sassari, università degli Studi della Basilicata, università della Calabria, Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, università “Kore” di Enna e università di Messina). Il bando del consorzio rende disponibili 100 borse di mobilità di tre mesi ciascuna, destinate a studenti di qualsiasi corso di laurea iscritti nelle università precedentemente elencate. Nel dettaglio sono state fissate 13 borse per gli studenti regolarmente iscritti all’Università degli studi di Padova, 10 per Bologna, 13 per Tor Vergata,  13 per Sassari, 10 per la Basilicata, 10 per la Calabria, 11 per l’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro, 10 per  di Enna e 10 per Messina. Il 30 giugno la data di scadenza del bando. L’importo mensile cambia in base al costo della vita del paese di destinazione e può oscillare tra i 230 e i 480 euro netti mensili, validi come contributo forfettario per le spese di viaggio, vitto e alloggio. La cifra è erogata in due fasi, la prima, pari al 30% del totale, entro il primo mese di permanenza e la restante quota entro 120 giorni dalla fine del soggiorno. La candidatura va inviata esclusivamente online attraverso la compilazione del modulo disponibile sul sito www.heiconsortium.it, da inviare poi all’indirizzo di posta elettronica info [chiocciola] heiconsortium.com, allegando cv formato europeo in italiano e nella lingua del paese di destinazione.Può fare con più calma - la scadenza è fissata al 15 ottobre - chi intende concorrere per una delle 70 borse di mobilità della durata di un mese per paesi anglosassoni e Spagna messe a bando nell’ambito del progetto FORM-AZIONE II, promosso dalla cooperativa sociale Ferrante Aporti. Destinatari neodiplomati (il titolo deve essere stato conseguito da non più di un anno) provenienti da Puglia, Abruzzo, Molise, Lazio, Umbria, Marche, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, che desiderino fare un’esperienza formativa in realtà del settore turistico o sociale, con partenza fissata da maggio del prossimo anno. Per partecipare è necessario compilare il modulo (disponibile a questa pagina), cui vanno allegati cv formato europeo, certificato di diploma ed eventuali certificati linguistici. La domanda può essere inviata via email all’indirizzo laura.sgura [chiocciola] lavaligiadileonardo.it, consegnata a mano alla cooperativa o spedita mediante raccomandata all’indirizzo della cooperativa (viale Commenda 26, 72100 Brindisi). La borsa copre, tra i vari servizi, soggiorno in pensione completa presso famiglia o ostello e viaggio andata e ritorno per e da i paesi di destinazione. Il tirocinante non dovrà anticipare nulla, in quanto tutti le spese saranno pagate dalla cooperativa prima della partenza.Chiara Del Priore

Best Stage 2015 ai blocchi di partenza: ecco tutte le novità della Repubblica degli Stagisti per i suoi lettori

Oggi è il giorno di Best Stage. La Repubblica degli Stagisti organizza infatti dall'anno scorso un evento annuale, con l'obiettivo di mettere intorno un tavolo giovani, aziende, istituzioni, mondo della politica, dell'università, del sindacato e in generale tutti gli attori che agiscono nel mercato del lavoro ogni giorno, per fare il punto sull'occupazione giovanile in Italia e sull'utilizzo dello strumento del tirocinio.Ed è anche il momento in cui la Repubblica degli Stagisti presenta le sue novità alle migliaia e migliaia di persone che ogni giorno leggono i suoi articoli navigando sul sito, guardano le offerte di stage di lavoro, si candidano agli annunci interessanti, leggono il Forum scambiandosi opinioni e commenti con gli altri lettori o chiedendo informazioni alla redazione. Best Stage è infatti prima di tutto e sopratutto il titolo della nostra guida annuale, un vademecum per tutti i giovani che si affacciano al mondo del lavoro: un PDF scaricabile gratuitamente che contiene tantissime informazioni utili su come e dove trovare le migliori occasioni di stage, sulle leggi che regolamentano i diritti e i doveri degli stagisti nelle varie Regioni italiane, e naturalmente sulle aziende virtuose che fanno parte dell'RdS network e che dunque garantiscono ai giovani un trattamento rispettoso e dignitoso durante (e dopo) lo stage - ecco le aziende che fanno parte del network: Arval, Assioma.net, Axteria, Gruppo Bosch, Carglass, Contactlab, Gruppo Danone, DPV, Elica, Everis, EY, Ferrero, Hilti, Indra, Infocert, Insiel, JTI, Kellogg, KpnqWest, Leroy Merlin, Medtronic, Gruppo Nestlé Italia, Novamont, Philips, ProgettoED, PwC, Reti, Sic Servizi integrati e consulenze, Spindox, Tetrapak e Varvel (qui l'elenco sempre aggiornato).Nel 2014 abbiamo pubblicato la prima guida Best Stage, e abbiamo ottenuto l'incredibile risultato di 50mila download: considerando che gli stagisti italiani sono 500mila ogni anno, potremmo quasi dire che uno stagista su dieci ha letto la nostra guida.Questo ci è stato da stimolo per farne nel 2015 una versione ancora più bella e ancora più ricca, aggiungendo ex novo due sezioni che l'anno scorso non c'erano: la prima dedicata alle migliori occasioni di stage all'estero, negli organismi europei e internazionali, con un buon rimborso spese naturalmente: Parlamento europeo, Nato, Osce, Banca centrale europea e molti altri aprono periodicamente bandi offrendo opportunità di stage, e in Best Stage 2015 sono riassunte tutte le informazioni più importanti per potersi candidare. La seconda sezione è quella delle FAQ, che ci sono state richieste a gran voce da molti lettori: quando si compiono i primi passi nel mercato del lavoro effettivamente è facile trovarsi in difficoltà. Nelle FAQ sono contenute le risposte ai più comuni dubbi e problemi: uno strumento utile, potremmo dire un "no panic tool" per trovare velocemente la risposta al proprio quesito. (E se invece la risposta non c'è… C'è sempre il Forum per postarla!)C'è però un altro servizio che da oggi la Repubblica degli Stagisti offre al suo pubblico. Si tratta in questo caso di una novità assoluta: una APP. Negli ultimi mesi infatti, come è del resto naturale, c'è stata una impennata delle visite al nostro sito attraverso i device mobili: smartphone e tablet. Insomma le persone non leggono più la Repubblica degli Stagisti solamente dal proprio computer, ma attraverso i loro dispositivi mobili. Per questo abbiamo deciso di creare una APP che permetta di navigare sul nostro sito in una maniera totalmente innovativa. La APP si chiama "RdS Job Community" ed è scaricabile su Androïd, iOS, Amazon (qui). "RdS Job Community" è gratuita, grazie alla sponsorizzazione di una delle aziende dell'RdS network - Spindox - e permette di fruire di tutti i contenuti del sito: articoli, annunci, discussioni sul Forum. Ovviamente non solo fruire ma anche interagire, per esempio intervenendo con un post, oppure candidandosi in pochi clic a un annuncio.Il simbolo che abbiamo scelto è quello di una volpetta, perché la volpe è un animale intelligente, furbo, capace di sfruttare a suo vantaggio le situazioni. La nostra APP insomma è una volpetta che diventa l'alleata di ciascuno dei nostri lettori perché attraverso la sezione "consigli" è in grado di seguire gli interessi di ciascuno, e suggerirgli automaticamente articoli e annunci di stage e di lavoro in linea con quelli che ha visualizzato in precedenza. Insomma una personal assistant che all'interno del nostro sito va a trovare proprio quei contenuti che potrebbero interessare il suo "padrone".Oggi presenteremo queste due novità nel corso di Best Stage 2015, e metteremo tanta carne al fuoco conversando con le aziende, le istituzioni, la società civile.Al dibattito parteciperanno il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, l'assessora al Lavoro del Comune di Milano Cristina Tajani, l'eurodeputato Brando Benifei, la giornalista Daniela Stigliano, la presidente di Acta Anna Soru, il direttore de Linkiesta.it Francesco Cancellato. Ci saranno poi 5 top manager: Patrizia Manganaro, Head of People Department di Everis; Manuela Kron, direttore Corporate Affairs del Gruppo Nestlé in Italia; Gianmaurizio Cazzarolli, HR and Services Director del Modena Site di Tetra Pak; Fabio Dioguardi, Global Employer Branding & Talent Acquisition Director di Ferrero; e Rosaria Lodigiani, responsabile dell'area Giuslavoristica di PwC Italia. E ancora il professor Alessandro Rosina, che presenterà in anteprima alcuni dati inediti del Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo relativi a come i giovani italiani percepiscono lo stage. Oggi insomma è un giorno speciale per la Repubblica degli Stagisti: naturalmente racconteremo su queste pagine, prossimamente, i contenuti emersi dal dibattito che avrà luogo questa mattina. Intanto, chi vuole può seguirci su twitter: l'hashtag è #beststage2015, e ogni condivisione è più che benvenuta.

Dai cocopro all'assegno di ricollocazione, tutte le novità del Jobs Act: ma niente salario minimo

Stop ai contratti di collaborazione a progetto e più tempo per beneficiare del congedo parentale facoltativo. Ma anche riduzione della durata della cassa integrazione, che viene estesa però anche alle imprese con oltre cinque dipendenti. Sono alcune delle principali novità contenute nei decreti attuativi del Jobs Act approvati dal Consiglio dei Ministri l’11 giugno, su proposta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti [nella foto a destra]. Approvati in via definitiva i decreti legislativi sulla “Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro" e sulla "Disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni", mentre gli altri quattro decreti (sugli ammortizzatori sociali, le politiche attive del lavoro, l'attività ispettiva e la semplificazione) sono stati approvati in via preliminare. «L’unico argomento di delega che non è stato affrontato» come ha dichiarato Poletti «è quello sul salario minimo». RIORDINO DEI CONTRATTI DI LAVORO – A partire dall’entrata in vigore del decreto, che ora dovrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, i contratti di collaborazione a progetto non potranno più essere attivati (mentre quelli in corso potranno proseguire fino alla scadenza). Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016, è previsto il superamento dei co.co.pro e dell'associazione in partecipazione: ai rapporti di collaborazione che prevedano prestazioni di lavoro continuative con modalità organizzate dal committente saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Restano salve, però, le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi stipulati dai sindacati. Non spariranno il contratto di somministrazione (per cui si eliminano le causali e si fissa un tetto all’utilizzo del 20%, calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa), quello a chiamata e i voucher per il lavoro accessorio (con un aumento fino a 7 mila euro del tetto dell’importo per il lavoratore). In tema di mansioni, è previsto che il lavoratore possa essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento, purché rientri nella medesima categoria (e non più soltanto a mansioni «equivalenti», che implichino cioè l'utilizzo della stessa professionalità). In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi, l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino a un livello, senza modificare il suo trattamento economico. Prevista anche la possibilità di accordi individuali, «in sede protetta», tra datore di lavoro e lavoratore che possano contemplare la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione. SERVIZI PER IL LAVORO E LE POLITICHE ATTIVE - ll decreto legislativo istituisce una Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal), formata dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro, dall’Inps, dall’Inail, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, compresi Italia Lavoro e Isfol. Sarà istituito un Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro, un Sistema informativo delle politiche del lavoro e il fascicolo elettronico del lavoratore. I disoccupati o i lavoratori a rischio disoccupazione saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipula di un Patto di servizio personalizzato. Il Patto dovrà riportare la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative formative, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro. In quest’ottica, la domanda di Aspi, Naspi o Dis-coll equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità del lavoratore. Si introduce inoltre un assegno di ricollocazione, per i disoccupati da oltre sei mesi, che potrà essere usato per acquistare servizi finalizzati al rientro nel mondo del lavoro. ATTIVITÀ ISPETTIVA – Prevista l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che coordinerà anche gli ispettori Inps e Inail, in vista di un accentramento di tutte le funzioni di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria. SEMPLIFICAZIONE – Fra le novità contenute nel decreto legislativo sulle “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, l’introduzione delle “ferie solidali”. Vale a dire, «la possibilità per i lavoratori di cedere, a titolo gratuito, ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, che svolgono mansioni di pari livello e categoria, i riposi e le ferie maturati, con esclusione dei giorni di riposo e di ferie minimi garantiti dalla legge, al fine di assistere i figli minori» che abbiano bisogno di assistenza e cure. CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA E LAVORO – Si allungano i tempi per poter godere del congedo parentale facoltativo: si passa dai 3 ai 6 anni di età del bambino per quello parzialmente retribuito (al 30%), con possibile estensione per le famiglie meno abbienti, e dagli attuali 8 ai 12 anni di vita del bambino per quello non retribuito, la cui durata resta comunque di sei mesi. Un’analoga previsione è stata introdotta per i casi di adozione o di affidamento. Ciascun genitore, inoltre, potrà scegliere di fruire del congedo su base oraria (anziché giornaliera), trasformando il proprio congedo parentale in un part-time al 50%. Si riduce, poi, da quindici a cinque giorni il periodo minimo di preavviso al datore di lavoro per fruire del congedo parentale, che diventa di due giorni per quello su base oraria. Il congedo obbligatorio di maternità, invece, diventa più flessibile in alcuni casi: i giorni di astensione non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo successivo, anche quando la somma dei due periodi supera il limite complessivo di cinque mesi (una previsione pensata soprattutto per i parti prematuri). Per quanto riguarda i congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non più solo a quelli dipendenti, la possibilità di fruirne nei casi in cui la madre non possa. Prevista anche l’estensione dell’automaticità delle prestazioni (e cioè dell’erogazione dell’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento dei relativi contributi) ai lavoratori iscritti alla gestione separata di cui alla legge n. 335/95 e non iscritti ad altre forme obbligatorie. Infine, la norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che lo concedano per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti. Mentre un’altra norma introduce la possibilità di congedo per le donne vittime di violenza di genere. RIORDINO DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI – La durata massima della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, scende a 24 mesi in cinque anni, fatti salvi solo gli accordi già in essere, ma può salire a 36 con il ricorso al contratto di solidarietà. Questi interventi di integrazione salariale vengono estesi alle imprese con più di 5 dipendenti, per eventi «di sospensione o riduzione del lavoro» verificatisi dal 1° luglio 2016: a partire dal 1° gennaio 2016 sarà versata un'aliquota dello 0,45% della retribuzione per quelle tra 6 e 15 dipendenti e dello 0,65% per quelle oltre i 15 dipendenti. Introdotto anche un meccanismo di "bonus-malus" sulle aliquote pagate dalle imprese per la cassa integrazione: per le aziende che più utilizzano la Cig è fissato un contributo addizionale del 9% della retribuzione fino a un anno, del 12% fino a due anni e del 15% fino a tre. In generale, però, per tutte è stato introdotto uno sconto del 10% circa sul contributo ordinario. Dal 1° gennaio 2016 la cassa integrazione straordinaria non potrà essere richiesta nei casi di cessazione definitiva dell'attività produttiva dell'azienda, ma è previsto che possa essere autorizzata per sei mesi entro il limite di 50 milioni di euro di spesa per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, nei casi in cui «l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale». Durata massima di 24 mesi per la Naspi, anche dopo il 2016 (inizialmente era stato previsto che scendesse a 18 mesi nel 2017). Stabilita, infine, l’estensione dei trattamenti di integrazione salariale per chi ha un contratto di apprendistato professionalizzante. Con le norme previste dallo schema di decreto, sottolinea il governo, «vengono estese le tutele a 1,4 milioni di lavoratori sinora esclusi». Sara Grattoggi

I dottorandi non sono lavoratori: per loro niente indennità di disoccupazione

Estendere la Dis-coll a una platea di 5-6mila dottorandi e assegnisti di ricerca, per un periodo di sei mesi: è quanto chiedono Adi (associazione dottorandi) e Flc Cgil (sindacato dei lavoratori della conoscenza) per la nuova disoccupazione per collaboratori disposta dal Jobs Act. A fine maggio hanno organizzato un sit in di protesta sotto il ministero del Lavoro a Roma: qualche decina di precari dell'università, rappresentati del sindacato e uno striscione con la scritta «È un lavoro, non un hobby», per ricordare al ministro che chi per mestiere studia dentro gli atenei è un lavoratore al pari degli altri. «È un diritto che va riconosciuto per garantire la sussistenza di chi fa ricerca», ricorda alla Repubblica degli Stagisti Alessio Rotisciani di Adi.«È una questione politica: così facendo il ministro dimostra di non considerare la categoria appartentente al mondo dei lavoratori» gli fa eco Claudia Pratelli di Flc Cgil, convinta che l'esclusione dalla fascia di beneficiari del nuovo sussidio non abbia ragione d'essere: «Incomprensibile lasciare fuori assegnisti, dottorandi e borsisti, negando la dignità del lavoro a circa 60mila persone che rappresentano una delle poche possibilità di rilancio del nostro Paese».Il decreto 22 del 4 marzo 2015, sul riordino degli ammortizzatori sociali stabilisce infatti che la cosiddetta Dis-coll abbia come destinatari i «collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto - con esclusione degli amministratori e dei sindaci - iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l’Inps, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione». Ma come sottolineato sul sito di Adi, assegnisti e dottori di ricerca «hanno l’obbligo di versare contributi previdenziali presso la Gestione separata Inps, pagando un’aliquota contributiva del 30% sul loro reddito annuo». Condizione che li equipara «ai lavoratori parasubordinati», senza contare che «per le peculiari caratteristiche delle attività da loro svolte appaiono pienamente assimilabili ai collaboratori coordinati e continuativi, ovvero a progetto».Dal punto di vista finanziario, i costi sarebbero contenuti in caso di allargamento dell'indennità. Secondo i calcoli Adi, tarati su un reddito medio netto di mille euro al mese per i dottorandi e di circa 1400 per gli assegnisti di ricerca, l'importo oscillerebbe tra i 700 e i 900 euro mensili, da erogare su sei mensilità. A spanne la somma necessaria per la copertura ammonterebbe a circa 30 milioni di euro: «cifra microscopica per le finanze pubbliche», fa notare Pratelli. Eppure Poletti sul tema è stato chiaro. Di fronte all'interrogazione parlamentare della deputata Pd Anna Ascani sulla possibile estensione dell'indennità ai lavoratori universitari, il ministro ha spiegato che «assegnisti e ricerca e dottorandi sono iscritti alla Gestione separata per previsione di legge ma non come categoria di lavoratori coordinati e continuativi». «La finalità del dottorato non è quella di eseguire prestazioni lavorative dietro pagamento di un compenso» ha aggiunto Poletti «ma di consentire al beneficiario della borsa di studio di dedicarsi ad attività di studio e di ricerca utili a perfezionare il proprio bagaglio di conoscenze». Non un vero lavoro dunque: ma allora perché far pagare i contributi? Inoltre non bisogna dimenticare che oggi è proprio l'apporto delle figure più precarie a consentire il proseguimento della didattica dentro gli atenei, ormai giunte a coprire un terzo dell'intero organico universitario, con un turn over sempre più all'osso: la Repubblica degli Stagisti ha dedicato al tema vari articoli, da cui emergono i numeri drammatici sulla precarizzazione dei sistema. Si tratta di persone non più giovanissime, quasi tutte over 30. Forse Poletti «pensa che quello della ricerca sia un hobby di massa coltivato da 30-40enni annoiati» si legge ancora nel comunicato.Eppure per il ministro «la loro situazione non è assimilabile a quella dei collaboratori che svolgono attività in contesto di vero e proprio rapporto di lavoro». Qualche apertura lascia tuttavia ben sperare. «Se si volesse estendere la Dis-coll ci vorrebbero un intervento normativo specifico. Un'ipotesi valutabile solo dopo la verifica degli effetti della misura, al momento sperimentale, e per cui si potrebbe prevedere una proroga». Più o meno analogo il senso dell'incontro il giorno del sit in tra la delegazione di Adi e Flc Cgil e Ugo Menziani, direttore generale presso l'ufficio ammortizzatori sociali, che ha promesso che «la situazione sarà presa in considerazione». Un po' poco, per ora, ma la battaglia non si ferma.Su Change.org è in corso la petizione #perchénoino per chiedere il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione Dis-coll a dottori di ricerca e assegnisti, e le firme sono già oltre 7mila. A giugno sono invece in programma nuove giornate di protesta in attesa che dal ministero qualcosa si muova. La questione non è marginale: «Cosa succederebbe se tutti questi 'non lavoratori' smettessero di svolgere le loro attività e di versare i contributi, come andrebbero avanti gli atenei e gli enti di ricerca, come si sosterrebbe il sistema previdenziale?» si chiedono dal sindacato.Ilaria Mariotti